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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, XIV della Serie II dei Documenti Diplomatici Italiani, riguarda il periodo intercorso fra la data nella quale venne formato il quarto governo Depretis (29 maggio 1881) e la data della firma della Triplice Alleanza fra l'Italia, l'Impero Germanico e l'Impero Austro-Ungarico (20 maggio 1882). È dunque ovvio che la parte centrale della documentazione riguardi il negoziato preparatorio di tale Alleanza. Da tale documentazione vengono messe in luce con notevole precisione le condizioni internazionali e interne nelle quali la Triplice venne preparata e viene chiarito il ruolo svolto dai singoli attori della trattativa. Appare assai evidente la svolta impressa alla politica estera con la formazione del governo Depretis e grazie alla presenza, in questo, nella carica di Ministro degli Esteri, di Pasquale Stanislao Mancini. Mancini risulta essere la figura politicamente centrale nell'opera di mediazione fra coloro che giudicavano necessaria un'alleanza a qualsiasi condizione (come il Blanc e, per quanto risulta, re Umberto l), per rafforzare a un tempo la posizione diplomatica dell'Italia e l'istituzione monarchica, rispetto alla solidità della quale si nutrivano timori non sempre convalidati dalle fonti, e coloro che volevano l'alleanza ma a condizione di poterne almeno in parte determinare il contenuto e il peso: sia per darle una reale consistenza diplomatica nella vita europea (come pensava il di Robilant), sia per meglio legarla agli sviluppi della politica interna, come dovette fare il Mancini. A questi spetta il merito di avere vinto anche le proprie interne esitazioni, pur di risolvere la situazione diplomatica senza uscite nella quale le forze più determinate a imprimere una svolta alla diplomazia italiana lo spingevano. Risulta poi con altrettanta evidenza come l'alleanza fosse in primo luogo il risultato dell'azione di pochissime personalità e come la vera discussione avesse quali protagonisti il Blanc, allora segretario generale al Ministero degli Esteri, e il di Robilant, rappresentante a Vienna. Per quanto importanti, gli altri protagonisti, fatta eccezione per il Mancini, ebbero una parte meno risolutiva nel determinare l'esito del negoziato. Un altro motivo che risulta confermato con assoluta evidenza è il totale controllo della situazione da parte del Bismarck: tutte le iniziative della politica estera non solo germanica, com'era ovvio, ma anche austriaca erano il risultato di consultazioni condizionate anche nei minimi particolari dagli orientamenti e dalla volontà del cancelliere germanico.

Altri temi che sono riccamente documentati nelle fonti edite dal presente volume riguardano sia il contrasto con l'Egitto per la questione del porto di Assab, sia l'intenso scambio diplomatico sulla situazione egiziana, sia gli strascichi delle vertenze riguardanti gli italiani di Tunisia o la portata effettiva che gradatamente il trattato del Bardo, che aveva istituito il protettorato francese sulla Tunisia stessa, veniva assumendo.

2. I documenti pubblicati in questo volume sono tratti principalmente dall' Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, dalle serie seguenti:

I. Gabinetto e Segretariato Generale:

a) corrispondenza telegrafica; b) carteggio confidenziale e riservato.

II. Divisione Politica:

a) registri copialettere in partenza; b) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

III. Archivi delle Ambasciate a Londra e Vienna.

Alcuni interessanti documenti provengono anche da Archivi privati, quali le Carte Mancini, conservate presso il Museo Centrale del Risorgimento, le Carte Crispi e le Carte Depretis conservate nell'Archivio Centrale dello Stato.

3. Varii documenti erano già editi, integralmente o in parte, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo).

Libro Verde 31, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) con lettera àlla Presidenza in data del 15 settembre 1881, Questione turco-ellenica (1881) (LV 31);

Libro Verde 32, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 7 dicembre 1881, Incidenti di Beilul e Raheita (Assab) (LV 32);

Libro Verde 33, Documenti Diplomatici relativi alla guerra tra la Repubblica del Chilì e le Repubbliche del Perù e di Bolivia (Seconda Serie) presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 7 dicembre 1881 (LV 33);

Libro Verde 34, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 12 giugno 1882 (Assab) (LV 34);

Libro Verde 35, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 14 dicembre 1882, Questione d'Egitto 1881-1882 (LV 35);

Libro Verde 37, Documenti Diplomatici relativi alla guerra tra la Repubblica del Chili e le Repubbliche del Perù e di Bolivia (Terza Serie) presentati dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 23 gennaio 1883 (LV 37);

Libro Verde 39, Documenti Diplomatici relativi alla Questione turco-ellenica (1882) (Serie Seconda) presentati dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 13 marzo 1883 (LV 39);

Libro Verde 41, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 13 marzo 1883, Seconda inchiesta di Beilul (LV 41).

L'Italia in Africa, serie storica, vol I, Etiopia -Mar Rosso, tomo II, a cura di C. Giglio, Roma, 1959.

S. SONNINO, Diario 1866-1912, vol. I, Bari, 1972.

4. La pubblicazione di questo volume non sarebbe stata possibile senza la preziosa collaborazione alle ricerche archivistiche della dott. Maria Laura Piano Mortari e senza la supervisione attenta e perspicace della dott. Emma Ghisalberti, con le quali ha lavorato, sopra.ttutto per la collazione dei testi e per la preparazione del volume per la stampa anche la dott. Paola Amadei. Mi è gradito ringraziarle tutte calorosamente. Ringrazio anche la signora Fiorella Giordano per la compilazione dell'indice dei nomi e delle appendici, la signora Livia Maccarone per la correzione delle bozze e la signora Piera Ottaviani per la trascrizione di numerosi documenti manoscritti in francese di difficile lettura.

ENNIO DI NOLFO


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 862. Parigi, 30 maggio 1881, ore 13,47 (per. ore 15,50).

Me trouvant compris dans le blame qui a frappé le Cabinet précédent, j'ai prié M. Cairoli par dépeche télégraphique du 15 courant (l) de soumettre au Roi mes démissions en meme temps que celles du ministère. Je viens d'apprendre qu'on ne l'a pas fait contrairement à la promesse que j'en avais reçue. C'est ainsi que je prie V. E. de vouloir bien soumettre à Sa Majesté le décret de ma démission. Cette démarche datée de 15 jours ne saurait avoir rien de désobligeant pour V. E. ni pour le nouveau ministère. C'est une résolution qui m'est imposée par les circonstances et surtout par les accusations prononcées contre moi à la Chambre des députés. Il me tarde naturellement de me justifier. Mais pour cela il faut avant tout que je quitte la place d'ambassadeur et que je reprenne ma liberté d'action.

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALLE AMBASCIATE E LEGAZIONI IN EUROPA

T. 498. Roma, 30 maggio 1881, ore 18.

J'ai pris hier la direction du département des affaires étrangères heureux des rapports personnels que mes fonctions m'appellent à entretenir avec vous CV. E.).

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 499. Roma, 30 maggio 1881, ore 21,55.

A mon télégramme officiel d'aujourd'hui (2), j'ajoute l'expression de mes sentiments personnels de vénération et d'affection désormais ancienne pour

V. E. Je considère sa démission donnée avant l'acceptation de ma part des fonctions de ministre, comme une circonstance malheureuse. Malgré votre télégramme (3), je sens vivement que je dois la prier de m'autoriser à en référer au conseil des ministres sans que V. E. y insiste d'une manière absolue.

(l) -T. 797, non pubblicato nel vol. XIII della serle II. (2) -Cfr. n. 2. (3) -Cfr. n. l.
4

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 866. Parigi, 31 maggio 1881, ore 14,25 (per. ore 5,40 del 1° giugno).

J'attache beaucoup de prix au témoignage d'estime et d'affection que

V. E. veut bien m'exprimer dans son télégramme d'hier au soir (1). Je ne demande pas mieux que de vous confier ma cause, elle ne saurait etre en meilleures mains. J'ai été accusé par la presse italienne et, ce qui est plus grave, à la Chambre des députés de négligence, imprévoyance et incapacité. Si ces accusations sont fondées, le Gouvernement du Roi ne doit pas me laisser à Paris; si elles ne le sont pas il faut me justifier dans l'intéret meme du service, car le ròle d'ambassadeur, délicat de sa nature, devient ìmpossible si l'estime et la confiance du pays qu'il représente lui font défaut. Ma justification repose entièrement dans ma longue correspondance officielle et privée avec votre prédécesseur. Veuillez la soumettre à une enquete parlementaire. Si cela ne vous parait pas praticable, trouvez autre chose, mais justifiez-moi. V. E. doit comprendre que je ne puis pas garder la piace d'ambassadeur tant que l'opinion publique me croit négligent et incapable, mais si vous ne pouvez rien faire pour me réhabiliter complètement, acceptez alors ma démission et permettez que je m'occupe moi meme de ma justification. Je trouve tout nature! que V. E. entretienne le Conseil des ministres de la facheuse position que les circonstances m'ont faite, d'autant plus que le nouveau Ministère se trouve hors de cause et que ma démission dictée par des événements précédents ne peut avoir aucune signification blessante pour lui.

5

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2808. Berlino, 31 maggio 1881 (per. il 4 giugno).

Si désirable qu'il soit que dans les conjonctures actuelles il se fasse à notre Chambre le moins de bruit possible au sujet de la question de Tunis, il me semble cependant indiqué de prévoir le cas où des interpellations se produiraient. Certains organes de nostre presse ont déjà pris les devants de demander un «po' più di luce :), surtout depuis les publications récentes du livre jaune français et du livre bleu anglais. Ils ne ménagent les critiques ni au Gouvernement du Roi, ni à ses plénipotentiaires au Congrès taxés d'ingénus ou pis <>.ncore.

(l} Cfr. n. 3.

Pour ce qui concerne la position faite à ces derniers sans préparation aucune et dans l'isolement le plus complet je me suis déjà expliqué dans mon rapport CDnfidentiel du 29 juin et dans celui du 18 juillet 1878 n. 2097 (1), et 2120 (2). Si je ne visais qu'à mes propres convenances, j'en désirerais la publication.

Pour ce qui a trait à Tunis, je rappelerai un télégramme que j'adressais le 16 juillet de la meme année (3), trois jours après la clé>ture du Congrès, à S. E. le Président du Conseil conçu en ces termes:

«II serait prudent d'avoir l'oeil ouvert à Paris relativement à des combinaisons éventuelles se rattachant à Tunis. Le Comte Corti qui est parti ce matìn vous a écrit par la poste».

J'ignore le contenu de sa Iettre à cet égard. Mais jene doute pas qu'il il aura vivement insistè dans le sens du conseil que je me permettais de donner au Gouvernement dès que le départ du ministre des Affaires Etrangères me rendait la piume libre pour écrire sur tout ce qui rattachait de près ou de loin aux intérets de I'Italie. Il s'etait réservé camme de raison, le soin de renseigner Iuimeme sur la partie essentiellement politique des pourparlers avec nos collègues, tandis que je devais me borner aux compte-rendus des délibérations du Congrès, et à prendre part en meme temps aux séances des Comités de rédaction et de délimitation de frontière où j'avais été délégué.

Malgré le désintéressement affecté par M. Waddington, le télégramme précité était inspiré à un soupçon confirmé par mon entretien avec le marquis de Salisbury, dans le salon meme des conférences le Iendemain ou le surlendemain (9 ou 10 juillet) du jour où la nouvelle se répandait d'un arrangement entre la Turquie et l'Angleterre à l'égard de l'ile de Chypre. J'avais eu soin d'informer le Comte Corti de cette conversation. Mon rapport du 11 aoiì.t 1878

n. 2135 (4), explique pourquoi j'ai cru devoir résumer cette conversation, et fixer une seconde fois l'attention du Ministère, afin de ne pas nous Iaisser surprendre par Ies événements.

En lisant le Blue Book, je trouve au moins singulière l'assertion de Lord Salisbury (dépéche à Lord Lyons du 7 aoiì.t 1878): « Je ne suis pas en mesure de connaitre Ies vues précises du Gouvernement italien. . . . Aucune communication n'ayant été échangée entre Ies deux Gouvernements, toute opinion de ce genre (sur notre attitude éventuelle) eiì.t été formée dans l'ignorance entière de la vérité ». N'avais-je pas Iaissé entendre clairement que s'il se manifestait quelque tendance à modifier le statu quo, Ies exigences de notre position géographique ne nous permettraient pas de consentir à des changements qui porteraient une trop grave atteinte à nos Iégitimes intérets? ... Tout en alléguant que le littoral africain était assez vaste pour que la France et l'Italie y trouvassent au besoin des compensations, ne convenait-il pas que mieux vaudrait, au point de vue britannique aussi, que l'Italie se fortifiat dans la Méditerranée de préférence à la France? II est vrai que très probablement il venait de s'engager, en vaie privée, ou du moins qu'il avait déjà entamé la

(-4) Cfr. serie II, vol. X, n. 413.

question avec M. Waddington. Mais pourquoi, avant de s'avancer de la sorte, le principal Secrétaire d'Etat n'a-t-il pas sondé le terrain pour connaitre les dispositions de notre ministre responsable des affaires étrangères qu'il rencontrait chaque jour? ... Il aurait pu et diì au moins le faire subséquemment et s'en expliquer nettement avec M. Waddington car mon langage ne devait lui laisser aucun doute sur la manière de voir du Gouvernement du Roi.

L'argumentation du marquis de Salisbury est faible, embarrassée, et trahit une mauvaise conscience.

Le Ministère, ainsi qu'il résulte des documents diplomatiques, n'a rien négligé dans son action à Paris et à Londres pour enrayer les convoitises françaises. Un de ces documents témoigne que S. E. le comte Menabrea a tenu un Iangage assez analogue au mien. S. E. le général Cialdini avait obtenu la promesse que le Cabinet de Paris ne changerait rien au statu qua, sans se concerter préalablement avec nous.

Pour mon compte j'ai de larges épaules, quoiqu'il m'en colite, pour supporter les critiques dirigées contre ma modeste personne. Mais, je le répète, je puis démontrer, documents en main, que dans le cercle de ma compétence j'ai concouru de mon mieux à sauvegarder les intéréts du Pays.

En attendant que l'histoire impartiale attribue à chacun sa part de responsabilité, je ne doute pas que V. E. saura nous défendre à la Chambre contre les attaques injustes, et qui, lors méme qu'elles auraient un semblant de vérité, nuisent au prestige de notre diplomatie.

(l) -Cfr. serie II, vol. X, n. 222. (2) -Non pubblicato nel vol. X della serie II. (3) -Cfr. serie II, vol. X, n. 311.
6

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. RR. 607/952. Londra, 31 maggio 1881 (per. il 4 giugno).

Il 25 corrente questa R. Ambasciata riceveva da codesto Ministero il seguente telegramma in chiaro, partito da Roma lo stesso giorno alle ore 2,10 (a.m.) (1).

« Voici un télégramme du Comte Corti dont V. E. peut faire tel usage qui lui paraitrait opportun:

"Un télégramme de l'Agence Havas de ce matin dit que le Standard publie une pièce diplomatique rendant compte d'une conversation entre M. Waddington, le comte Corti et le Marquis de Salisbury, d'après laquelle il aurait été convenu que l'Italie pourrait prendre la Tripolitaine si la France s'annexait la Tunisie. Pareille conversation n'ayant jamais eu lieu, la pièce doit étre apocrife. Je prie V. E. (le Ministre des affaires Etrangères) de la faire démentir. Signé Corti" :1>.

Nel medesimo giorno io telegrafavo, in chiaro, a codesto Ministero nei termini seguenti (l);

«Le Times publie aujourd'hui un télégramme de Rome informant que

M. Corti dément la conversation avec Lord Salisbury qu'on lui attribue, pour faire donner Tripoli à l'Italie, dans le cas où Tunis serait annexé à la France. Cette question a provoqué une interrogation de M. Arnold, dans la dernière séance de la Chambre des Communes. Sir Charles Dilke a répondu qu'il n'y avait pas eu, au sujet de Tripoli, d'échange de correspondance entre les deux Gouvernements anglais et italien. D'autres interrogations ont également eu lieu, sur Tunis; elles n'ont amené aucune résolution. Signé Menabrea ».

La sera stessa del giorno 25 in cui erano stati ricevuti e spediti i telegrammi anzidetti, io incontrai, al ballo di corte, il sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri, Sir Charles Dilke, che, fermandosi, mi disse spontaneamente di essere stato sorpreso della smentita data dal Conte Corti, imperocché esistevano al Foreign Office persone, o documenti che fossero, che si riferivano alla sovraccennata conversazione. Egli soggiunse che questa doveva essere, all'indomani, oggetto di una nuova interrogazione nella Camera dei Comuni, ma che egli eviterebbe di entrare in discussione in proposito, rifiutando di dare ulteriori spiegazioni.

Infatti, nella seduta del 26 corrente, ebbe luogo nella Camera l'interrogazione annunziata. Traduco dal Times del 27 maggio il resoconto che vi si riferisce:

« Tripoli e Tunisi. -Il signor Arturo Arnold chiede se vi sia qualche documento della conversazione tenuta da lord Salisbury relativamente all'occupazione di Tripoli per parte dell'Italia, in compenso dell'ingresso della Francia a Tunisi. Sir Charles Dilke (risponde): Tutte le informazioni che il Governo di Sua Maestà è in grado di somministrare sono contenute nei documenti che sono stati deposti sulla tavola della Camera; ed io non sono disposto (! am unwilling) ad essere trascinato, rispondendo all'interpellanza del mio onorevole amico, in una discussione sopra quell'argomento».

Una tale risposta essendomi sembrata alquanto equivoca, mi recai l'indomani, 27 corrente, dal Conte Granville, al quale domandai qualche spiegazione esplicita in proposito, affine di non lasciare pesare un dubbio sopra un fatto pubblicamente smentito.

Il nobile lord mi rispose che non v'era stato scambio di corrispondenza fra i nostri due Governi a proposito di Tripoli; che non vi erano documenti ufficiali relativi a quell'argomento; ma nello stesso tempo mi dichiarò, confidenzialmente, che non poteva rispondermi né dirmene di più.

Nel congedarmi dal conte Granville, io gli dissi ridendo:

«Je vois que V. E. fai t comme un de nos anciens Ministres, le commandeur Galvagno, qui, pressé de donner à la Chambre des explications sur des faits qu'il ne croyait pas devoir discuter, se débarassa des interpellations en disant ces mots restés célèbres: «Je réponds que je ne réponds pas ».

Il nobile lord si mise a ridere dicendomi: «anch'io rispondo che non

rispondo~.

Io vidi di nuovo il conte Granville l'indomani 28 corrente, alla serata data nel Foreign Office in onore del giorno onomastico della Regina. Egli mi prese a parte e mi disse con molto garbo: «Ieri le ho parlato confidenzialmente sulla quistione Tripolitana, ma mi accorgo che quella mia riserva è inutile, ed Ella è padrona di scrivere che ho risposto ch'io non rispondevo alle di lei interrogazioni~.

Questi fatti mi hanno lasciato l'impressione che presso il Foreign Office esiste il convincimento che la questione della cessione di Tripoli all'Italia, in compenso dell'abbandono di Tunisi alla Francia, venne ventilata in qualche conversazione al Congresso di Berlino.

Ho creduto dover mio di riferire questo fatto all'E. V., sia per rispondere adeguatamente al telegramma sopra trascritto di codesto R. Ministero, sia per metterla in grado di apprezzare quale influenza abbiano potuto aver~ certi incidenti sullo svolgimento della quistione tunisina.

(l) T. 488, partito in realtà aLle ore 23,35 del 24 maggio, non pubbli~ato nel vol. XIII della serie II.

(l) Cfr. serie II, vol. XIII, n. 905.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 501. Roma, 1° giugno 1881, ore 11,25.

Le Chili propose convention établissant principe arbitrage pour résoudre toutes questions diplomatiques y compris celles concernant réclamations pour dommages de guerre. J'ai écrit là-dessus à V. E. (1). Mais une interrogation m'étant annoncée à la Chambre sur ce sujet, je vous prie me faire connaitre par télégraphe, à cet égard la pensée du Gouvernement auprès duquel vous etes accrédité (2).

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO'

T. 503. Roma, 1° giugno 1881, ore 18,20.

Je confirme télégramme de mon prédécésseur en date du 15 mai (3). Il est d'une part, essentiel que rien, dans nos actes, ni dans notre langage, implique, pour le Gouvernement du Roi, la reconnaissance directe ou indirecte

des faits accomplis et l'accord, entre le Bey et la France dont nous n'avons, ni d'un coté, ni de l'autre reçu aucune communication officielle. Mais il n'en est d'autre part, pas moins essentiel que vous vous absteniez soigneusement de tout ce qui, dans les circonstances actuelles, pourrait, en créant des incidents intempestifs, nous obliger de sortir de la réserve absolue qui convient le mieux à notre situation. Il me serait agréable de recevoir de vous, le plus tot possible, un rapport détaillé contenant l'indication des points dans lesquels notre réglme conventionnel avec la Tunisie pourrait directement ou indirectement etre atteint par le traité du 12 mai (1).

(l) -Con dispaccio del 29 maggio, non pubblicato. (2) -Menabrea rispose con t. 882/756 del 4 giugno non pubblicato perché riassunto nel n. 23. Claldlnl rispose con t. 872 del 2 giugno che !l Governo francese ad un primo esame non vedeva l'utilità del proposto trattato generale d! arbitraggio. (3) -T. 456, non pubblicato in serle II, vol. XIII con eu! Cairoli comunicava che essendo il ministero d!mlss!onar!o non poteva dare altre istruzioni se non quella di astenersi da atti che potessero pregiudicare la situazione del governo italiano nel riguardi del regime in Tunis1a stab111to dal trattato francese.
9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 505. Roma, 1° giugno 1881, ore 23,50.

Il nous serait particulièrement intéressant de savoir ce que signifie selon

V. E. la réserve extrème, que le Cabinet anglais a observé devant la Chambre au sujet des bruits concernant Tripoli. Le démenti formel du comte Corti nous met en quelque sorte hors de cause, mais nous attacherions du prix à étre renseignés sur ce qui peut, au Foreign Office, résulter à l'égard de l'attitude de l'Angleterre dans cette affaire.

10

L'AMBASCIATORE A VIENNA DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1458. Vienna, 1° giugno 1881 (per. il 5).

Dacchè ebbe principio la testè ultimata crisi Ministeriale mi astenni dal presentarmi al Ministero Affari Esteri non trovandomi in grado di rispondere alle interrogazioni che in proposito mi si avrebbe potuto fare, e volendo altresì evitare di sentirmi esprimere apprezzamenti che non avrei ravvisato conveniente di discutere col Ministro Imperiale degli Affari Esteri.

Costituitosi il nuovo Ministero, mi recai ieri dal Barone Haymerle alla sua settimanale udienza, e mi feci dovere di annunciargli che l'E. V. con suo telegramma della sera prima (2), mi aveva partecipato di avere assunto la direzione del dipartimento degli Affari Esteri.

S. E. si astenne dal manifestare qualsiasi personale suo sentimento intorno alla composizione del nuovo Gabinetto, parlò in termini generali della crisi, e della soluzione ch'essa aveva avuto, fece cenno delle voci corse nei giornali intorno alla ventilatasi candidatura del tenente generale Mezzacapo pel Mini

stero della Guerra, e mostrò non comprendere come in uno stato di sl piena pace quale egli ravvisa l'attuale momento, si potesse volere a bilancio già votato, com'egli diceva, chiedere nuovi crediti per l'Esercito. Essendosi egli limitato a far quest'osservazione a cui d'altronde mi mancavano dati di fatto per rispondere, parvemi più opportuno lasciar correre, e non intavolare discussione in proposito a mio avviso poco opportuna. Per finire anzi il discorso feci rilevare che sostanzialmente la stampa austriaca non aveva fin qui formulato ben precisi apprezzamenti intorno alla costituzione del nuovo Gabinetto. A ciò S. E. risposemi esservi in ciò nulla di straordinario poiché è di poco interesse per gli austriaci l'esservi un personaggio piuttosto che l'altro nel Gabinetto italiano: ciò che importa, soggiungeva ancora, si è che all'interno non si manchi della voluta fermezza per impedire quegli atti che sarebbero in contraddizione col linguaggio che si tiene verso l'estero, e che nella politica estera si proceda liberi da nocive influenze. La conversazione trovandosi posta su di un terreno abbastanza pericoloso credetti necessario tagliar corto ed evitare almeno avesse a continuare a quel modo; e quindi senz'altro entrai in discorso su argomenti affatto estranei alle cose nostre.

Da quanto ho riferito più sopra l'E. V. non potrà a meno di rilevare come me, che l'accoglienza fatta dal Gabinetto di Vienna al nuovo nostro Ministero ha uno spiccato carattere di somma riserva. Il linguaggio tenutomi dal Barone Haymerle abbastanza conforme a quello della stampa austro-ungarica è l'espressione di un'aspettazione poco simpatica per noi. Non conviene farsi illusione: la cosa è così. Il Gabinetto di Vienna ci aspetta ai fatti, ed in conseguenza di essi regolerà la sua attitudine a nostro riguardo.

Sebbene non abbia ancora avuto l'occasione di conoscere con precisione le vedute dell'E. V. nelle sue linee generali almeno, per quanto riguarda la politica estera dell'Italia, credo non [andare] errato ritenendo che riuscirebbe grato al R. Governo di potere nuovamente conseguire il riavvicinamento dell'Italia alla Germania. Certo però si è che nelle attuali contingenze europee ciò non si potrà ottenere se prima non ci saremo riamicati coll'Austria, facendo sparire quelle diffidenze che, vano è il nascondersi, essa nutre sempre a nostro riguardo. Ma per raggiungere quel risultato riuscirebbero infruttuosi tutti i tentativi di persuasione che si potrebbero intraprendere a parole. Dirò di più: le nostre dichiarazioni in tal senso fatte oggi a Vienna, rivestirebbero il carattere di una necessità del momento, e ci farebbero più male che bene. Se dunque vogliamo realmente ripristinare relazioni coll'Austria, che ci possano, pel contraccolpo che un tal fatto avrebbe anche sulla Germania, assicurare un'eventuale base d'alleanza per le future e forse non lontane contingenze, è mia opinione fondata sulla lunga conoscenza che ho del Governo Imperiale, che dovressimo anzitutto astenerci dal fare ora speciali dichiarazioni d'amicizia, che nuocerebbero alla nostra dignità senza produrre effetto; ma eliminare con tutti i mezzi quelle tante occasioni di sospetto contro di noi, che lasciano sempre si profonda traccia nell'animo dell'Imperatore, del Suo Governo

e dirò anche dei popoli tutti dell'Austria-Ungheria. L'« irredentismo l) ha rovinato per una lunga serie d'anni molte aspirazioni italiane, anche non poche fra le più sane; ogni qualsiasi risveglio di esso, sia pure rivestito di velatissime for

me, allontanerebbe sempre maggiormente l'epoca in cui ci potressimo trovare

liberi nella scelta delle nostre alleanze.

Deves~ dunque vegliare indefessamente affine di svellere dal nostro cammino sì grave inciampo. Ciò facendo colla massima attenzione e cura, ci sarà tanto più facile mantenere nelle varie questioni pendenti, nonché in quelle che mano mano si produrranno, quell'attitudine che la tutela dei nostri diretti interessi sarà per consigliarci. La nostra condotta leale verso l'Austria le imporrà rispetto ed essa dovrà astenersi d'ora in poi dall'accusarci di subdoli intendimenti, ogni qual volta il nostro avviso non sarà conforme al suo, in questioni in cui i nostri interessi sono in giuoco e divergono dai suoi. Opportune concessioni poi, fatte in cose che non feriscano interessi nostri anche remoti, completerebbero a mio avviso il sistema mediante il quale sarebbe possibile raggiungere il riavvicinamento, ove lo si volesse fermamente.

Io mi lusingo che questo mio franco linguaggio dettatomi unicamente dalla mia devozione al Re ed al paese non riuscirà sgradito all'E. V.; non ho quindi esitato a manifestarLe colla massima schiettezza i miei apprezzamenti sulle nostre relazioni con l'Austria fin dal primo giorno in cui ho l'onore d'indirizzarle la mia corrispondenza ufficiale. Ho d'altronde sempre ritenuto essere mio assoluto dovere il non nascondere menomamente al R. Governo le mie impressioni poggiate sull'esperienza dei fatti, ancorché potessi talvolta supporre che per avventura siffatto schietto parlare potesse tornare meno gradito. Non dubito punto che continuando ad agire così, l'E. V. nel suo elevato sentire non potrà a meno di rettamente apprezz~,re il movente a cui sempre ebbi ed avrò a ispirarmi (l).

(l) -Con t. 874 del 2 giugno, non pubblicato, Macciò comunicò che avrebbe inviato appena possibile tale rapporto. (2) -Cfr. n. 2.
11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 510. Roma, 4 giugno 1881, ore 18,15.

Lors meme qu'on réussirait à conclure en quelques mois le nouveau traité de commerce entre nous et la France, il est évident qu'on ne pourra jamais le faire approuver avant le 8 novembre par Parlements respectifs, vu que les Chambres termineront bientòt leurs _ travaux pour ne les reprendre qu'en novembre. Je serais donc fort obligé à V. E. de pressentir à ce sujet les intentions du Gouvernement français afin que s'il était disposé pour ces raisons à prolonger de quatre à six mois le régime actuel on puisse demander dés à présent au Parlement l'autorisation nécessaire à cet effet (2).

(l) -Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazàoni, rispettivamente di Mancini e di Blanc: <<Si mandi al Presidente del Consiglio e Ministro della Guerra con una mia lettera di comunicazione per sua norma ed intelligenza». «Ringraziare, e approvare questi concetti, che sono esattamente conformi a quelli cui vuole ispirarsi la presente amministrazione nei suoi rapporti con l'Austria-Ungheria. Sarebbe opportuna una specilllle conferenza di S. E. coi capi di servizio e con me per definire praticamente la linea da seguire in ogni questione anche comm0rciale che interessi l nostri .rapporti coll'Austria». Per la risposta inviata a Robilant cfr. n. 27. (2) -Per la risposta cfr. n. 15.
12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 512. Roma, 5 giugno 1881, ore 17.

A la demande de lord Granville je vous prie vous joindre aux démarches de vos collègues pour prompte signature de la convention turco-grecque et nomination immédiate des commissaires ottomans. Les nòtres partent mardi soir.

13

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 884. Tunisi, 5 giugno 1881, ore 17,50 (per. ore 1,30 del 6).

Des entrevues réitérées de M. Martorelli avec M. Grand, arbitre du Gouvernement, ont ouvert la voie à des explications. Le sens a été qu'au lieu d'un jugement de la question du chemin de fer Mancardi, un arrangement serait préférable. M. Martorelli a proposé alors service cumulatif avec chemin de fer compagnie Bona Guelma; faculté à M. Rubattino de construire ligne Riana et interdition à la compagnie française de station et port à Radès et du port à Hammanlif. M. Roustan, à qui M. Grand en avait référé, a désiré voir M. Martorelli, et, après avoir discuté cette combinaison, lui a déclaré qu'il la trouve parfaitement raisonnable, qu'il s'engage à la présenter à son Gouvernement par un rapport qu'il enverra mardi, et s'interposer de bonne foi et avec toute son influence, l'engageant en faire autant de son còté. Je considérerais comme très satisfaisant d'en arriver à ce résultat et tandis que je désire avec M. Martorelli de connaitre l'opinion de V. E. (1), je la prie de faire à Paris au moment opportun les démarches nécessaires pour avoir le consentement du Gouvernement français.

14

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO'

T. 514. Roma, 6 giugno 1881, ore 12,30.

Des télégrammes annoncent que le Bey a décidé passer outre toute opposition concernant tracé chemin de fer de Susa. Veuillez me télégraphier à cet egard exacte situation d es choses (2).

(l) -Cfr. n. 16. (2) -Cfr. n. 17.
15

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 885. Parigi, 6 giugno 1881, ore 13,48 (per. ore 15).

A l'égard de la prorogation du temps utile pour conclure un traité de commerce avec la France (l) je crois à propos en parler d'abord à M. Tirard ministre de l'agricolture et du commerce. Il est absent depuis quelques jours, mais il sera de retour probablement demain. Je désire lui parler avant tout parce que de tous les ministres il est le plus bienveillant pour nous. Je verrai après ce qu'il y a de mieux à faire dans le but de prolonger le régime actuel.

16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO'

T. 516. Roma, 6 giugno 1881, ore 23,55.

Rubattino télégraphie à Martorelli que sa première impression est bonne et qu'en attendant les détails contenus dans la lettre qu'il lui a annoncée, il approuve ses démarches. Rubattino ajoute que Martorelli peut partir mercredi et qu'à son arrivée ici une décision pourra étre prise. De notre còté nous partageons la manière de voir de M. Rubattino. Une action diplomatique de nostre part, à Paris nous paraitrait donner à cette affaire un caractère qu'elle ne doit pas avoir. Mais je tacherai d'en dire officieusement un mot avec marquis de Noailles.

17

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 887. Tunisi, 7 giugno 1881, ore 10 (per. ore 13,50)

Etat question chemin de fer Susa est tel quel il a été indiqué dans mon rapport 2 courant n. 393 (2) c'est-à dire que français passeront par Radès sans y faire une station. Il faut ètre convaincus que le Bey n'y entre ni pour permettre ni pour s'opposer et que dans cette affaire comme dans toute autre, tout dépend de la seule volonté des français. Ces jours-ci Gouvernement a

notlfié à Ravasini que puisque arbitre Rubattino est arrivé sans acte originai de concession, il la considérerait comme n'ayant plus aucune valeur. Ravasini et Martorelli protesteront et celui-ci rentrera en Italie. La décision dont il s'agit a été connue quand on avait déjà entamé les pourparlers dont j'ai rendu compte par mon télégramme d'avant hier (1).

(l) -Cfr. n. 11. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

D. 1223. Roma, 7 giugno 1881.

Col pregiato rapporto del 25 maggio scorso (3), l'E. V. mi trasmetteva l'originale della convenzione relativa alla questione turco-ellenica firmata il giorno precedente all'ambasciata d'Inghilterra.

Con la firma di quell'atto veniva condotto felicemente a termine un difficile negoziato, e posto fine ad una controversia che minacciò più volte di trascendere ad aperto conflitto.

L'Europa liberata da non lieve pericolo, può andar lieta dell'operato de' suoi rappresentanti a Costantinopoli, ai quali principalmente è dovuto se vennero appianate, in breve termine difficoltà che erano sembrate insuperabili.

Per parte mia non voglio ritardare a significare a V. E. l'intera approvazione del R. Governo ed esprimerle il mio compiacimento per la parte onorevolissima che l'ambasciatore di Sua Maestà ebbe in quei negoziati.

19

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI. CORTI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. 2090. Therapia, 7 giugno 1881 (per. il 13).

Ebbi l'onore di ricevere i due telegrammi che l'E. V. si compiacque rivolgermi li 2 (5) e 5 corrente (6), relativamente alla nomina dei commissari per l'esecuzione della convenzione del 24 maggio, e mi pregio offrirle i miei distinti ringraziamenti per questa comunicazione.

L'ambasciata d'Inghilterra riceveva in pari tempo l'avviso che quel Governo aveva pure provvisto alla nomina dei suoi due commissari. Nè risultava che gli

altri Governi avessero presa analoga determinazione, però all'ultima riunione dei rappresentanti delle potenze si fecero le idonee premure onde non intervenisse alcun indugio da parte di queste nel prendere una misura di tanta importanza per l'esecuzione della convenzione.

Ed appena venne a mie mani il secondo dei precitati telegrammi dell'E. V., feci calde pratiche presso la Sublime Porta onde si procedesse alla firma della convenzione turco-greca non che alla nomina dei commissari ottomani. Quanto alla prima, il signor ministro degli Affari Esteri rispose che s'aspettava l'iradé del Sultano. Pei commissari, S. E. non sapeva quale dei ministri avesse a nominarli. Se queste scelte non saranno fatte anteriormente, l'arrivo dei commissari europei le affretterà.

Il termine fissato per lo scambio delle ratifiche spirerebbe il 14 del presente e mi fu grato d'intendere che quelle di S. M. il Re partirebbero il 7. L'ambasciatore di Germania ci fece conoscere che per lo scambio delle ratifiche si seguirebbe il precedente del trattato di Berlino. Il R. ministero m'interrogava contemporaneamente se avessero a farsi due ratifiche oppure bastasse una pei due atti. D'altra parte, era sorto il dubbio, se si dovessero fare sette ratifiche per ciascun Governo, oppure una da depositarsi negli archivi del Governo presso il quale si procedeva allo scambio, rilasciando a ciascuno dei plenipotenziari una copia autentica del relativo processo verbale. Epperò stimai opportuno di telegrafare al R. ministero d'intendersi, presso il Gabinetto di Berlino, riguardo alla forma delle ratifiche. Analoga comunicazione era indirizzata da alcuni miei colleghi ai rispettivi Governi, dimodochè non dubito sarà intervenuto un completo accordo sul modo di procedere in proposito.

(l) -Cfr. n. 13. (2) -Ed. in LV 31, pp. 207-208. (3) -Cfr. serie II, vol. XIII, n. 907. (4) -Ed. In LV 31, p. 210. (5) -T. 507, non pubblicato (6) -Cfr. n. 12.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1462. Vienna, 7 giugno 1881 (per. ore 10).

Il Barone Haymerle mi tenne oggi parola assai lungamente degli affari di Bulgaria, mostrandosi preoccupato della piega che accennerebbero a voler prendere.

Senza entrare in discussione di principio sulle misure adottate dal Principe per mutare la forma del suo governo, Egli dicevami, doversi a cosa fatta considerare le gravi conseguenze che quasi inevitabilmente emergerebbero dalla non riuscita di quel tentativo. L'abdicazione del Principe Alessandro non potrebbe a meno di porre le potenze in grave imbarazzo; convenire quindi a tutti i Gabinetti di scongiurare quel pericolo dando a quel Sovrano il maggior appoggio possibile, ed ajutandolo cosi a vincere quelle resistenze che gli vengono sollevate da patrioti più ardenti che savi. Aggiungevami ancora che i Gabinetti di Vienna, Berlino e Pietroburgo agivano in tal senso.

Avendogli io chiesto per mia informazione se si fossero fatti passi, nel senso del discorso ch'Egli tenevami presso altri Gabinetti, S. E. rispondevami negativamente dicendo però che in egual maniera si era espresso coi miei colleghi d'Inghilterra e di Francia.

Non credetti per conto mio di dover manifestare un preciso parere in proposito e quindi la conversazione finì. Non voglio però omettere, nel ciò riferire all'E. V., che per conto mio ravviserei conveniente la nostra attitudine in questa questione s'accostasse quanto più possibile a quella delle tre Corti Imperiali. Infatti, lasciando da parte ogni esame teorico della questione è certo che non solo non ci può convenire si producano nuove complicazioni nella penisola Balcanica le di cui conseguenze sono difficilmente calcolabili, ma di più è assolutamente contrario al nostro interesse sorga in Bulgaria uno stato di cose che potrebbe dar luogo eventualmente ad un intervento militare che, a dire il vero, sarebbe poco di nostra convenienza ma che non riusciressimo ad impedire in determinate circostanze (l).

21

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

D. 1128. Roma, 8 giugno 1881.

Recenti informazioni che ci giungono da Assab ci fanno supporre che il contegno di alcune autorità inglesi d'Aden non corrisponda alla benevolenza dimostrataci oramai dal Governo della Regina, per rispetto a quella nostra Colonia. Il R. Commissario a Assab ha notato nelle autorità britanniche la persistenza di un atteggiamento che mostra chiaramente da parte loro una diffidenza che non ha nessuna ragione di essere.

Questo stato di cose che potrebbe intralciare l'azione del R. Commissariato, fa sorgere in noi l'idea se nel reciproco interesse, non convenga di concordare fra i due Governi rispetto ad Assab, un modus vivendi tale che, mentre sia pegno della lealtà nostra e guarentigia dei legittimi interessi britannici, assicuri al nostro possedimento la benevolenza ed il favore dei funzionarii inglesi e dello stesso Governo della Regina.

Sottometto queste considerazioni all'esame dell'E. V.: i modi migliori di attuare l'idea sovraespressa potrebbero agevolmente essere escogitati tra l'E. V. ed il Conte Granville. Qualunque proposta ci venisse fatta in proposito, sarà da noi esaminata col più vivo desiderio di addivenire ad una cordiale intelligenza.

R. -Agente in Sofia, si possa lasciar comprendere a quest'ultimo, affinché ne abbia norma, che anche a noi sembra sopratutto pericolosa una eventua;lità, quale sarebbe l'abdicazione del Principe, che ad una situazione oramai conosciuta ed assodata, malgrado incertezze e oscillazioni d'ordine puramente interno, farebbe succedere uno stato di cose gravide di complicazioni esteriori». Mancini Invece annotò: «Agli atti».

*P. S. -Come esempio dei particolari nei quali si potrebbe concretare un modus vivendi, accennerei la facoltà di un carteggio diretto tra la autorità di Aden e il nostro Commissario in Assab, di un Agente inglese accreditato presso il nostro Commissario e simili modi di reciproca intelligenza ed intima comunicazione.*

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Parrebbe veramente che, senza contraddire al linguaggio liberale tenuto personalmente dal (2) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, p. 61 e in L'Italia in Africa, Serie storica, vol. I Etdopia-Mar Rosso, tomo II, a cura di C. Giglio, Roma 1959, p, 1811.
22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1129. Roma, 8 giugno 1881.

A scopo d'esplorazione puramente scientifica e commerciale del territorio

circostante, per indagare sopratutto la possibilità d'aprire uno sbocco ai pro

dotti dell'interno verso il mare, il R. Commissario civile in Assab, di propria

iniziativa ma non stimando uscire dalla cerchia delle sue attribuzioni, diresse

recentemente una piccola spedizione verso il Qualima, corso d'acqua che dal

l'altipiano scende al mare alquanto al nord di Assab.

S'ignora come precisamente era composta questa spedizione che da Beilul, sulla costa del Mar Rosso, doveva risalire il corso del Qualima; essa era guidata da certo signor Giulietti, persona nota per precedenti esplorazioni geografiche, che fungeva da Segretario del R. Commissariato in Assab.

Dal R. Agente al Cairo ci giunge ora la notizia che il Ministro egiziano degli Affari Esteri lo ha informato che diversi italiani sbarcati a Beilul, avrebbero commessi degli atti da turbare la tranquillità pubblica, molestando gli abitanti e provocando le popolazioni nomadi delle vicinanze per cui il tPoverno del Khedivè aveva dovuto dare ordine al Governatore Generale delle coste del Mar Rosso di fare rispettare la sua autorità ed aveva declinato ogni responsabilità qualora fossero necessarie misure di rigore.

Beilul è inccntestabilmente territorio egiziano, ed ho inteso con vivo rincrescimento questo incidente che può mettere in diffidenza i Governi dei territori vicini alla nostra incipiente colonia.

Ho quindi immediatamente invitato il R. Commissario in Assab a verificare l'accaduto e, se occorre, a provvedere affinchè non si ripeta. Al tempo stesso stimo dover ragguagliare di tutto V. E. per norma del suo linguaggio, qualora le si tenesse parola di questo spiacevole incidente.

All'ultimo momento ci perviene da Aden una notizia telegrafica (l) che comunico a V. E. con tanta maggiore riserva in quanto spesso è accaduto che si spargessero simili voci senza fondamento alcuno.

Un indigeno Danakil, arrivato da Beilul avrebbe detto a quel R. Console che Giulietti e tutta la spedizione sarebbero stati assassinati a quattro giornate da Beilul.

Attendiamo ulteriori informazioni per prendere quei provvedimenti che fossero suggeriti dalle circostanze.

Però, già fin d'ora è da ritenersi che, qualora la notizia si confermasse, il caso sarebbe da trattarsi col Governo egiziano, secondo le norme consuete, essendo, come già accennai, la località di Beilul nella cerchia de' suoi territori ed essendo nostro proposito di nulla fare che non sia rigorosamente corretto o possa far nascere delle complicazioni in quelle regioni.

(l) T. 878 del 3 giugno, non pubblicato.

23

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

D. 1130. Roma, 8 giugno 1881.

Dal dispaccio ministeriale del 29 scorso (2), V. E. avrà potuto esattamente rilevare quali sieno gli intendimenti del Governo del Re relativamente alla proposta di arbitrato presentata dal Governo chileno.

Se, per una parte, non ci mostrammo alieni dall'accogliere in massima una tale proposta, come quella che, rispondendo ad un concetto che abbiamo ognora cercato di far prevalere, ci sembra acconcia a risolvere praticamente le molte quistioni derivanti dall'ultima guerra, noi riteniamo, però, che in niun caso le Potenze che hanno interessi comuni nel Pacifico dovrebbero separare la loro azione. Imperocchè noi siamo fermi nel pensare che nell'accordo di tutti gli interessati consiste la migliore guarentigia per conseguire il legittimo intento che dobbiamo proporci.

Nostro primo pensiero, di fronte alla proposizione chilena, fu quello di conoscete quale accoglienza essa avrebbe incontrata presso gli altri Gabinetti (3).

Tale essendo il nostro concetto, noi non possiamo che compiacerci nello scorgere, come il Governo britannico si disponga a prendere l'iniziativa di una proposta avente per iscopo di invitare le altre Potenze a far causa comune nell'azione diplomatica che, per regolare, nell'interesse dei rispettivi nazionali, gli effetti della recente guerra sia da esercitarsi presso il Governo di Santiago.

L'E. V. può quindi assicurare lord Granville che il Governo del Re, secondochè già Le telegrafai il 6 di questo mese (4), è fermamente deciso a non dipartirsi, in questa circostanza, dalle altre Potenze, pronto ad accogliere con favore tutti quei suggerimenti che procedano dal Governo britannico e possano ottenere l'adesione degli altri Gabinetti.

* P. S. -Qui acchiudo, ad ogni buon fine, il testo delle parole che sopra questo soggetto ebbi a dire alla Camera nella tornata del 2 corrente * (5).

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi e con alcune varianti, in LV 33, p. 64. (2) -D. 1116, non pubblliCato ma cf.r. n. 7. (3) -T. 872 e 882 del 4 giugno, non pubblicati. (4) -T. 513, in rewltà del 5 giugno, non pubblicato. (5) -Non si pubblica.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2812. Berlino, 8 giugno 1881 (per. il 12).

Les événements qui se passent dans la Tunisie, le laissez-faire de l'Europe en présence d'une expédition française expliquée par les motifs les plus spécieux et aboutissant à une occupation ou à une annexion déguisée, donnent beaucoup à réfléchir ailleurs aussi qu'en Italie. Par son attitude, la France démontre qu'elle n'entend pas restreindre la question de l'Algérie dans les limites des provinces conquises en 1830. Sous le prétexte d'y garantir la sécurité de ses possessions elle poursuit sur les cotes d'Afrique d'autres agrandissements territoriaux. Elle veut ouvrir de nouveaux débouchés à son commerce et à son industrie et étendre son influence maritime. Après Tunis elle pourrait chercher à placer également sous sa férule TripoU et le Maroc, ou du moins à y exercer une prépondérance nuisible à des intérets rivaux. Pour les besoins de sa cause, elle y importerait, en quelque sorte, comme à Tunis, la doctrine empruntée au parlementarisme: le souverain règne et ne gouverne pas.

D'un autre coté, son équipée dans la Régence de Tunis servirait de précédent et d'encouragement à qui serait tenté de marcher sur ses traces. Au reste, les Etats barbaresques finiront par s'abimer dans l'anarchie qui mine partout l'Islamisme.

C'est le choc de deux mondes. L'un se sentant envahi, pressé de toute part, fait des efforts suprémes pour vivre ou mourir dans son immobilité ennemie. L'autre avance soutenue par le prestige de la force, par le flot de la civilisation, quelle que soit, sous le rapport politique, la divergence de vues entre les Puissances européennes.

Le Marce nommément, un des principaux intermédiaires du commerce de l'Europe avec les peuples de l'Afrique Centrale, ne peut manquer de jouer un ròle important dans le drame, dont la cote septentrionale de l'Afrique est le théatre. Par sa proximité, par les besoins de son commerce, de son industrie agricole et par ses possessions conservées en Afrique, l'Espagne est la nation qui a le plus d'intéréts engagés dans le Maroc. Une paix active, ou la guerre, telle est l'alternative où se trouvent placés ces deux peuples. Il leur est impossible de s'éviter.

C'est sous le coup de l'émotion produite par les succès si faciles, jusqu'ici du moins, de la France dans la Tunisie, que le Cabinet de Madrid a adressé à ses représentants près les grandes Cours une circulaire leur préscrivant de tenir un langage qui ne laissat aucun doute sur les intérets vitaux que l'Espagne doit sauvegarder vers le Maroc. Peut étre que ses convoitises ont été excitées par l'exemple de la France. Comme de raison, le Gouvernement espagnol ne la laisse pas entrevoir. Il voudrait ne pas se laisser prendre au dépourvu par les événements. Il déclare ne viser qu'au maintien du statu quo. Il espère qu'on prendra en considération ses · intéréts et que, le cas échéant, sa voix sera écoutée. Il ne demando aucune réponse, mais il croit de son devoir de s'expliquer franchement, ainsi qu'il convient entre Gouvernements amis.

La démarche verbale a été fait ici le 2 juin.

Le Secrétaire d'Etat a dit au Comte de Benomar que l'Espagne ne pouvait douter des sentiments amicaux du Cabinet de Berlin. Le Comte de Stirum s'est tenu dans les généralités et cela d'autant plus qu'à sa connaissance du moins il n'y avait aucun indice que l'Empire du Maroc fut l'objet d'une combinaison quelconque de nature à altérer le statu quo.

Il est évident néanmoins que si cette question surgissait, l'Allemagne n'y mettrait pas son veto, s'il devait en résulter, camme pour l'affaire de Tunis, un désaccord entre la France et l'Angleterre. L'Espagne ne viendrait qu'en seconde ligne, et encore pour autant qu'elle servirait les convenances du Cabinet de Berlin. C'est là de la politique utilitaire qui certes vaut mieux que celle dictée par le sentiment.

Pour ce qui nous concerne, si la force des choses amenait l'Espagne à prendre dans ces régions une extension coloniale, nous n'aurions, il semble, aucune objection à y faire. Il est bon que deux péninsules se fortifient et favorisent mutuellement l'essor de leur marine pour équilibrer au besoin celle des autres. Il est vrai que le Maroc n'est pas aussi exposé que la Tunisie à changer de maitre. Il est protégé par la jalousie altière de la Puissance que du haut de Gibraltar surveille tout ce qui se fait dans cette partie de l'Afrique. Des deux clefs du détroit, l'Angleterre consent bien à n'en avoir qu'une, mais elle ne saurait consentir à ce que la seconde passe entre les mains d'une autre Puissance.

Le Maréchal des logis M. Panzetti est arrivé ici le 5 de ce mois. Il est reparti le lendemain pour St. Pétersbourg. Ci-joint le récépissé des documents diplomatiques dont il était porteur pour cette ambassade.

En accusant réception des dépeches politiques de V. E. n. 1167 (l) 1170 (2) et des dépèches politiques s.n. du 31 mai dernier et du 2 juin courant (3)...

25

IL MINISTRO RESIDENTE A LIMA, VIVIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. Lima, 8 giugno 1881 (per. il 14 luglio).

Il Signor Gioacchino Godoy, spedito dal Governo chileno in missione a Lima, giungeva qui il 28 maggio. Il R. Ministro in Santiago mi annunciava, con officio del 17 dello stesso mese, pervenutomi il 30 (5), che il Signor Godoy si recava a Lima provveduto

di istruzioni amplissime e di pieni poteri, con ordine d'intendersi col Governo provvisorio e coi rappresentanti delle tre Potenze mediatrici. Il conte Sanminiatelli aggiungeva che la ricognizione del Governo provvisorio, per parte del Chili, dipendeva dalla accettazione dei preliminari di pace, dei quali era latore il Signor Godoy.

Stando così le cose, era da credere che, non appena giunto a Lima, il Signor Godoy, si sarebbe messo in relazione coi rappresentanti delle tre Potenze mediatrici. Or non avendo egli dato segno alcuno di vita, il Signor Ministro di Francia gli scrisse, il 2 corrente. a nome di noi tre, per ricordargli il mandato conferitoci dai nostri rispettivi Governi e fargli ad un tempo conoscere le informazioni che, intorno alla sua missione, si erano ricevute da Santiago.

Il Signor Godoy rispose subito con la lettera, diretta al collega di Francia, di che accludo copia; essa punto non coincide con ciò che il Signor Ministro degli Affari Esteri asseriva al R. Ministro in Santiago.

Tale mia impressione fu confermata da una visita fatta dal Signor Godoy a miei colleghi ed a me, il 3 corrente; visita che aveva per manifesto scopo di lasciarci intendere: 1° non avere egli avuto dal proprio Governo ordine alcuno d'intendersi con noi; 2° che la nostra ingerenza nei negoziati di pace, anzichè gradita, sarebbe riuscita molesta, perchè soverchia.

Il Signor contrammiraglio Lynch, comandante in capo dell'esercito di occupazione, al quale il Signor Godoy sembra essere subordinato, tiene un linguaggio anche più esplicito di quello usato da esso Signor Godoy.

Tutto ciò fu da me riferito al R. Ministro in Santiago fino dal 4 corrente, affinchè egli vegga di ottenere da quel Signor Ministro degli Affari Esteri categoriche spiegazioni, da servirei di regola.

Quanto al Governo provvisorio, sono in grado di affermare che il Signor Godoy non entrò finora in relazione di sorta con esso. Il Signor Galvez, ministro degli Affari Esteri, essendosi recato a vi: itarlo, fu ricevuto dal contrammiraglio Signor Lynch, il quale gli disse che gli avrebbe fatto conoscere quando egli avrebbe potuto trattare, non col Signor Godoy, ma direttamente con lui.

* Opinione dei miei Colleghi e mia è che il Gabinetto di Santiago, lavorando a doppio, miri non tanto a procurare di agevolare la conclusione della pace, quanto a creare una situazione, dalla quale scaturisca l'apparente giustificazione di una indefinita prolungazione della occupazione, la quale, oltre al consentirgli di continuare a sfruttare al possibile il paese, potrebbe preparare l'incorporazione al Chilì del territorio occupato. *

In conclusione, i miei Colleghi ed io siamo convinti che il Governo del Chilì, vedendo nella mediazione un ostacolo alla sua piena libertà d'azione, intenda restar padrone della situazione col rendere impossibile l'esercizio dei buoni uffici, offerti, nè da lui rifiutati il 23 marzo, per avere modo d'imporre al Perù un suo trattato di pace * nel quale i diritti acquisiti da neutrali n.:>n sarebbero presi in considerazione alcuna. E ciò avverrà certamente se le Potenze mediatrici non assumono un'attitudine diversa dalla presente. *

ALLEGATO

GODOY A VORGES

L. Lima, 2 giugno 1881.

Mi pregio segnarle ricevuta della gradita sua nota in data d'oggi, manifestandole che sarò lieto di essere a disposizione di Lei, come degli antichi miei colleghi, in qualunque giorno, dalle prime ore della mattina alle più avanzate della sera; negli uffici di questo Ministero degli Esteri; però prima md riprometto di dare a V. S., come ai Signori Saint John e Viviani, l'occasione di conferire con me sopra ciò che fosse loro desiderio, col procurarmi ;il piacere di visitarli personalmente non più tardi di domani.

Riguardo all'offerta dei buoni offici, cui la S. v. allude, dovrò pormi in comunicazione col mio Governo.

Si dia o no, nel corso degli affari che mi sono raccomandatd, la opportunità di accettarli, in ogni caso l'offerta, che importa una dimostrazione di amichevole sollecitudine, sarà cordialmente apprezzata da parte nostra.

(l) -Del 24 maggio, non pubblicato nel vol. XIII deUa serie II. (2) -Del 2 giugno, non pubblicato. (3) -Non pubblicati. (4) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi in LV 33, pp. 84-85. (5) -R. 359, non pubbUcato nel vol. XIII della serie II.
26

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MACCIO', AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 899. Tunisi, 9 giugno 1881, ore 17 (per. ore 21,40).

M. Roustan vient d'adresser aux agents étrangers une note par laquelle il communique le traité du 12 mai, sa nomination à ministre résident, plus un décret du Bey qui le nomme son seul intermédiaire officiel pour les rapports avec les représentants des puissances étrangères accrédités auprès da sa personne, et le charge de leur en donner participation officielle.

M. Roustan nous annonce par conséquent d'étre entré dans l'exercice de ses doubles fonctions, et nous demande la réciprocité de ses bons sentiments. Me conformant aux instructions reçues de ne faire aucun acte qui puisse préjuger la situation du Gouvernement du Roi vis-à-vis du régime établi par le traité français, je m'abstiens, camme mes collègues, de toute réponse à M. Roustan et soumets l'affaire à V.E. L'article 5 du traité ne parait pas avoir cette portée, et le Bey n'a fait aucune démarche auprès de nous dans le sens du décret qui nous est notifié de sa part.

27

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1164. Roma, 9 giugno 1881.

Ho letto con molto interesse il rapporto del lo giugno N. 1458 (l), che a

v. E. è piaciuto di rivolgermi nell'iniziare meco la corrispondenza ufficiale,

e sento il debito di tosto manifestarle quanto io Le sia grato di avermi aperto il pensiero suo con piena schiettezza d'animo e con perfetta chiarezza di termini. Appunto perché io faccio intero assegnamento sulla valida cooperazione che dall'E. V. mi può venire, amo che Ella non esiti mai a dirmi francamente gli apprezzamenti suoi sulla situazione; essendo io, dal canto mio, ben risoluto a tenerne quel conto che si addice al giudizio di chi vanta lunghi anni di devoti ed insignì servizi a pro' del Re e del paese.

Mi giova, del resto, di soggiungere che i concetti da Lei svolti nel suo rapporto coincidono perfettamente con quelli cui vuole ispirarsi la presente amministrazione nei suoi rapporti con l'Austria-Ungheria. Anch'io tengo per fermo che sia politica savia e praticamente vantaggiosa quella che miri a dimostrare il nostro vivo desiderio di mantenere con la vicina monarchia una salda amicizia, e del pari io penso, con l'E. V. che la sincerità di questo nostro desiderio debba apparire, non già da astratte ed intempestive dichiarazioni, sibbene da fatti concreti, e sopratutto da un atteggiamento sempre rigorosamente corretto. Io mi lusingo per questo rispetto, che la questione danubiana, di cui è cenno nei miei carteggi d'altra serie, abbia a fornirci, fin d'ora, la opportunità di far palese al Gabinetto di Vienna la cordialità e la benevolenza dei nostri intentimenti a suo riguardo.

(l) Cfr. n. 10.

28

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Pietroburgo, 9 giugno 1881.

Vi dò il benvenuto al Ministero degli Affari Esteri, ed· approfitto di un corriere per scrivervi due righe che avranno per iscopo di constatare brevemente la situazione della Russia all'interno e ne' suoi rapporti coll'estero, specialmente con noi.

Voi siete senza dubbio informato dello stato, poco soddisfaciente, delle relazioni dell'Italia co' suoi potenti vicini, la Francia, l'Austria, la Germania. La trattazione di questo argomento spetta ad altri colleghi miei, anziché a me che sono più particolarmente incaricato dei nostri rapporti colla Russia. A quel riguardo non mi permetto che un cenno. Non so se e come la questione di Tunisi potesse evitarsi o risolversi con mÌ.nor danno nostro. Io, per lo spazio di 15 anni, la tenni stretta nei limiti dai quali era desiderabile che non uscisse. Non voglio dire con questo che la cosa fosse egualmente facile o anche possibile ora, né voglio cercare se siano stati commessi errori o no. Né certo alcuno può dubitare che sia mancata la buona volontà e la ferma intenzione di ben fare nel nostro Ministero degli Affari Esteri ed in tutti indistintamente gli agenti suoi all'estero. Non è su questo punto ehe vi ehiedo facoltà di ehiamare la vostra attenzione. Il fatto più grave di questi ultimi anni, il

fatto che è destinato a dominare la politica europea nenultimo quarto del nostro secolo, è l'alleanza austro-germanica. Ora quest'alleanza che ha modificato così profondamente l'equilibrio delle forze in Europa e tolse all'Italia gran parte della sua importanza nel mondo, è, almeno in qualche proporzione, il frutto degli errori della nostra politica interna. Non v'è dubbio che l'una delle cause (e per la Germania la principale) di questo grande avvenimento politico fu la persuasione in cui venne il Principe di Bismarck che non potesse più contare sull'alleanza russa in caso di conflitto della Germania colla Francia, sia perché la Russia, uscita malcontenta della Germania dal Congresso di Berlino si mostrava raffreddata a di lei riguardo, sia perché l'appoggio materiale d'un paese, come è la Russia, minato da gravissimi mali interni, ed indebolito militarmente e finanziariamente, non parve più sufficiente al gran Cancelliere germanico. Ma d'altra parte non vi è dubbio nemmeno che l'Austria non avrebbe prestato così facile orecchio alle proposte germaniche ove avesse avuto la persuasione di poter contare sulla leale amicizia dell'Italia. Le mene irredentiste, troppo tollerate del nostro Governo, le tolsero questa persuasione e la gettarono in braccio deHa Germania. Mi permisi queste brevi osservazioni sopra un punto di politica generale, anche nello scopo di diminuire la responsabilità, a questo riguardo, del nostro Ministero degli Affari Esteri. È chiaro, che per certe questioni, come nel caso preaccennato, la politica estera italiana è strettamente connessa coll'interna ed anche in certa guisa subordinata ad essa. Tenete conto di ciò, ve ne prego, nell'interesse dell'onor nostro, e del nostro paese, che tutti desideriamo prospero, forte e rispettato.

Ora vengo alla Russia. Ci vorrebbero volumi per descrivervi lo stato sociale di questo vasto Impero. Se si lasciano in disparte la Finlandia, le provincie Baltiche e la Polonia, che hanno civiltà occidentale più o meno progredita, e religione protestante o cattolica, e se non si contano le popolazioni tartare, mussulmane ed altre non ariane, rimane una massa imponente di popolazione propriamente russa ed ortodossa che forma l'immane nucleo dell'Impero. Ora lo stato sociale di questa imr.J.ensa popolazione è simile, presso a poco, a quello in cui si trovava la Francia di Luigi XV, e dal lato religioso bisogna risalire prima della riforma per trovare qualche cosa che somigli alla chiesa ortodossa russa ed alla coscienza religiosa del contadino russo. Eccovi adunque un popolo che ha a fare tre rivoluzioni od evoluzioni, la politica, la sociale e la religiosa. Non entro in particolari, che voi conoscete probabilmente. Il giovane Imperatore è pieno di buona volontà, ma inesperto. Le persone che gli stanno più da vicino sono imbevute d'idee russe, cioè a dire contrarie alle idee che chiamano occidentali. Prevale quindi una tendenza sempre crescente di reazione nel senso delle tradizioni russe anteriori a Pietro il Grande. Non mi aspetto nulla di buono da queste tendenze, e spero che la forza delle cose porterà l'Imperatore ed i suoi consiglieri in una direzione meno esclusivamente russa.

Queste considerazioni sulla politica interna della Russia sono per voi soltanto, giacché non stimo debito mio il criticare la direzione che il Governo russo .crede dover imprimere all'amministrazione interna dell'Impero. E passo

con soddisfazione a parlarvi della politica estera della Russia. La quale non potrebbe essere ora né migliore né più corretta. Essa è essenzialmente pacifica. L'Imperatore ha dichiarato solennemente che vuol rimanere fedele alle amicizie tradizionali della Russia, accennando specialmente alla Germania. Il signor de Giers che è il consigliere ascoltato ed accettato nelle cose di politica estera, è uomo di sensi retti, alieno dalle indebite ed eccessive ingerenze, correttissimo, amante della pace e della concordia, pieno di buona volontà, e uomo d'un grande buon senso. Mi è veramente grato il non poter dire che molto bene della politica estera della Russia, dopo il Congresso di Berlino, e di chi ne è il principale ispiratore presso l'Imperatore. Per quanto spetta più particolarmente alle relazioni dell'Italia colla Russia, esse sono eccellenti e cordiali, senza che né ora, né prima d'ora, l'azione reciproca delle due Nazioni sia stata menomamente vincolata. Vi dico questo perché di quando in quando i giornali nostri ed altrui rimproverano al nostro Governo velleità d'alleanze colla Russia. Non fu mai questione di ciò. La Russia e l'Italia sono troppo lontane. Non si possono fare né molto bene né molto male. Ma non hanno, di regola generale, interessi divergenti. Sono chiamate ad essere amiche e lo sono. Vi ripeto, non vi è nessun vincolo speciale, né vi fu, ma le relazioni tra i due Governi e fra le due Corti non potrebbero essere né migliori né più cordiali. Mi studierò a mantenerle tali; ed è questo, credo, tutto quello che il Governo del Re chiede da me in queste lontane regioni.

Vi auguro ogni prospero successo...

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 90~. Parigi, 11 giugno 1881, ore 14,30 (per. ore 16,10).

Les journaux français publient le texte ùu décret par lequel le Bey, en date du 8 juin, institue le représentant français son intermédiaire avec les puissances étrangères et le charge de leur notifier le décret « qui consacre officiellement et définitivement le protectorat de la France à Tunis ». Voici done l'explicaticn de la circulaire de Roustan que j'ai signalée à V. E. (l). On m·::ssure de bonne source que le Gouvernement français a renoncé à son intention de supprimer le Ministère des affaires étrangères à Tunis. Le Bey aurait été jusqu'à menacer d'abdiquer si cette mesure était adoptée et ses lamentations ont influencé le Cabinet français; mais il est entendu que le représentant français désignera le directeur des affaires étrangères de Tunis.

M. de St. Hilaire s'occupe lui-méme activement de l'organisation financière visée par l'article VII du traité.

(l) T. 897 del 9 giugno, non pubblicato, ma cfr. n. 26.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A SANTIAGO, SANMINIA TELLI (l)

D. 74. Roma, 11 giugno 1881.

Col pregiato rapporto del 31 marzo scorso (2) la S. V. comunicava la proposta di codesto Governo di addivenire con quello di Sua Maestà alla stipulazione di una convenzione in forza della quale l'Italia ed il Chilì si obbligherebbero a deferire ad una Commissione arbitrale la risoluzione di ogn1 controversia che potesse insorgere fra i due Stati. Tale convenzione avrebbe effetto retroattivo per le questioni suscitate dai casi della recente guerra.

Questa proposta rispondendo ad un concetto che il Governo italiano si è sempre studiato di far prevalere, specialmente nei rapporti suoi cogli Stati dell'America, noi non saremmo in massima alieni dall'accoglierla favorevolmente; tanto più che essa ci porgerebbe il mezzo di risolvere amichevolmente le molte quistioni derivanti dall'ultima guerra e di ottenere un'equa liquidazione dell'ingente quantità di reclami che già vennero sporti dai nostri connazionali.

Il R. Governo, però, mentre si riserva di deliberare circa quella proposta, che si sta ora studiando, ritiene fin d'ora che le Potenze aventi interessi comuni nel Pacifico non dovrebbero separare la loro azione, " giacché nell'accordo di tutti gli interessati sta la miglior guarentigia di conseguire il legittimo intento che dobbiamo proporci. *

Noi ci siamo quindi affrettati a metterei in comunicazione cogli altri Gabinetti, per conoscere quale accoglienza essi sarebbero disposti a fare alla proposta chilena; l'atteggiamento del Governo del Re dipenderà in parte da questo scambio di idee colle altre Potenze.

Frattanto il Gabinetto britannico chiedeva, in questi giorni, al Governo italiano se sarebbe stato disposto ad associarsi all'azione che esso intendeva esercitare a Santiago per ottenere una adeguata soddisfazione delle offese recate dall'esercito chileno alle vite ed alle proprietà dei neutrali, specialmente dopo le ultime battaglie combattute nei pressi di Lima.

Dall'unita copia della nota che ho diretto, in data dell'll corrente, all'ambasciatore d'Inghilterra (3), Ella potrà esattamente rilevare i termini della proposta inglese e la risposta del Governo del Re.

Aderendo alla domanda fattaci dal Governo della Regina, alla quale molto probabilmente si accosteranno gli altri Gabinetti, noi avemmo principalmente in mira di mantenere quell'accordo che ci sembra, come accennai, condizione prima di riuscita.

Ella è pertanto autorizzata ad associarsi al suo collega d'Inghilterra in quelle pratiche, che questi, a seconda delle proprie istruzioni, farà presso codesto Governo allo scopo anzidetto.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 33, p. 68. (2) -Non pubblicato nel vol. XIII della serle II. (3) -Non si pubblica.
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L'INCARICATO D'AFFARI A WASHINGTON, CAMPOREALE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 338. Washington, 12 giugno 1881 (per. il 28).

Telegrammi recenti annunciano che trattative hanno attualmente luogo tra diverse Potenze Europee in vista di assicurare e di garantire la neutralità del progettato Canale di Panama. Questa notizia, vera o falsa che sia, ha qui causato una certa emozione, e da buona fonte ho appreso che, quando fosse confermata, i rappresentanti diplomatici degli Stati Uniti sarebbero tosto incaricati di comunicare ai Governi presso i quali sono accreditati una circolare portante che questo Governo non può vedere con indifferenza (view with unconcern) qualsiasi accordo fra Potenze Europee in vista di immischiarsi o d'intervenire negli affari interni di qualunque delle vicine Repubbliche Americane.

Quale sia il pensiero del Governo degli Stati Uniti rispetto a questa questione di un canale interoceanico è stato altamente e ripetutamente proclamato in messaggi presidenziali, in discussioni al Congresso e nella stampa. Vuolsi che il canale sia sotto l'esclusivo controllo degli Stati Uniti e vuolsi soprattutto che niuna altra Potenza abbia, o possa prendere in avvenire, un controllo sovra di esso. Avrebbesi qui vivamente desiderato che l'impresa di tagliare il canale fosse stata assunta da una società americana giustiziabile dai Tribunali Americani, e non è dubbio che il Congresso le avrebbe in questo caso prestato il suo appoggio materiale e morale. Ma per quanto grandiosa ed utile sia ritenuta l'impresa, essa è qui creduta poco rimunerativa, ed i capitalisti esitavano e discutevano ancora la miglior via a scegliersi e l'ammontare del probabile costo quando il Conte De Lesseps già aveva formato la sua società, raccolto i fondi e messo mano al lavoro.

Quantunque il Governo francese abbia formalmente dichiarato che quella del Signor De Lesseps è impresa privata alla quale esso Governo è e intende rimanere affatto estraneo, pur nondimeno essa è qui vista con diffidenza e gelosia e non v'è dubbio che questo Governo Federale non sia per adottare riguardo ad essa misure apertamente ostili quando individualmente o collettivamente alcuna potenza Europea mostri di voler interessarsene. E parimenti è certo che gli Stati Uniti rifiuteranno di addivenire ad un accordo con altre Potenze riguardo a questa gestione.

Già l'inverno scorso gli Stati Uniti negoziarono e sottoscrissero un trattato col Governo della Colombia destinato a sostituire quello vigente del 1846. Con l'articolo 35 di quest'ultimo trattato gli Stati Uniti hanno garantito la neutralità di ogni via di comunicazione presente e futura attraverso l'istmo di Panama e garantirono pure alla Nuova Granada i diritti di sovranità e di proprietà

sopra detto tcrrito:·io. Nasceva però il dubbio se sotto pretesto di garantire la neutralità di questa via di comunicazione potessero gli Stati Uniti imporre non richiesti la loro protezione e tutela, ovvero se questa potesse esercitarsi solo dietro domanda del Governo della Nuova Granada. Quantunque il testo del trattato che fu sottoscritto a Washington l'inverno scorso sia stato tenuto segreto, pure è noto che suo scopo era appunto di chiarire l'accennato dubbio nel senso di dare agli Stati Uniti facoltà di giudicare quando e in qual misura la sua intervenzione fosse necessaria per garantire la neutralità del Canale. Le ultime notizie qui ricevute portano che il Senato della Colombia non abbia approvato e ratificato questo trattato, ma: è certo che gli Stati Uniti tenteranno di nuovo di intendersi con quel Governo.

Come l'E. V. ne fu a suo tempo ragguagliata, fin da quando prese consistenza il progetto del Signor De Lesseps, gli Stati Uniti, col pretesto di stabilirvi depositi di carboni per l'approvvigionamento della loro marina, presero possesso dei due soli porti utilizza bili all'imboccatura dell'Atlantico e del Pacifico del futuro canale, e quest'anno ancora fu dal Congresso votata vistosa somma per l'ampliamento di queste stazioni.

Infine il Comitato del Senato per gli Affari Esteri presentò una risoluzione (ordine del giorno) che unitamente alla relazione che l'accompagna e ad un sunto della discussione cui diede luogo invio all'E. V. (l).

Questa risoluzione riaffermando la nota teoria del Presidente Monroe sull'ingerenza dell'Europa in affari riguardanti il continente americano, proclama che il consenso degli Stati Uniti è necessaria condizione all'esecuzione del progettato canale il di cui uso per parte del naviglio di altre nazioni dovrà essere regolato dagli Stati Uniti.

Questa risoluzione non potè essere adottata dal Senato per strettezza di tempo; è però assai probabile che essa lo sia, forse in forma alquanto modificata nella ventura sessione; in tutti i modi è notevole come indicazione di quanto qui si desidera e si vuole rispetto a questa questione (2).

(l) Sull'ambiente e sui precedenti nei quali la questione de:l canale di Panama si andava delineando si veda ora J.Y. MoLLIER, Le Scandal de Panama, Parigi, 1991, pp. 77-161. pp. 77-161.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (3)

T. 536. Roma, 13 giugno 1881, ore 11,50.

Un télégramme confidcntiel d'Aden confirmerait malheureusement nouvelle Giulietti massacré avec son escorte dont 14 italiens. J'ai télégraphié au Caire (4) donnant connaissance confidentielle de ce triste événement au Gouvernement vice-royal, le priant faire procéder par autorités locales enquète rigoureuse

punition coupables du massacre d'une expédition purement scientifique commerciale. Nous ferons pendant l'enquete stationner à Beilul l'« Ettore Fieramosca» actuellement à Assab. V. E. ne croirait-elle pas sage et convenable de laisser comprendre au Gouvernement britannique que nous serions bien aisés de voir paraitre, à Beilul, pendant l'enquete, le pavillon anglais? J'attends réponse de V. E. avant de lui donner instructions sur ce point (1).

(l) -Non si pubblicano. (2) -Allegato a questo rapporto è il seguente .appunto: «Sentire, confidenzialmente. cosa pensano gll altri principall Governi marittimi di Europa circa la tendenza che, a questo riguardo, si manifesta nelle sfere parlamentari e ufficiaU agli Stati Uniti». (3) -Ed. in italiano, con alcune vari.anti, in LV 32, p. 4. (4) -T. 535, pari data, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (2)

T. 538. Roma, 13 giugno 1881, ore 14,20.

On est très ému, ici, pour la catastrophe de Beilul. Nous comptons sur la justice et la bonne amitié du Gouvernement du vice-roi pour que l'enquete soit vigoureusement conduite et la punition sévère des coupables ne se fasse pas trop attendre. Je vous prie de ne pas prendre votre congé jusqu'à ce que cette affaire ait sa solution. D'après les détails arrivés au Ministère de la Marine l'escorte qu'on avait donnée au voyageur Giulietti composée d'un officier et d'onze hommes, aurait été toute massacrée à quatre journées seulement de Beilul. L'autorité égyptienne a sans doute assez d'énergie et d'efficacité pour que les criminels soient découverts et punis. J'attends votre réponse avec impatience (3).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 920/762. Londra, 13 giugno 1881, ore 23,20 (per. ore 3,15 del 14).

Voici le résumé de ma conversation d'aujourd'hui avec Granville sur la question de Tunis. Le Foreign Office ne voit pas que la nomination de Roustan camme intermédiaire pour les affaires étrangères du Bey puisse créer des difficultés vu que cette qualité est considérée comme indépendante de celle de représentant de la France et ne préjuge aucun des droits que l'Angleterre réclame en vertu des traités. Le Bey de Tunis n'a point de consulats dans les possessions anglaises. J'ai demandé alors au noble lord ce que ferait l'Angleterre en présence des protestations de la Sublime Porte qui réclame le droit de protéger les tunisiens comme étant ses sujets. L'Angleterre qui reconnait la

suzeraineté du Sultan, reconnaitra-t'elle les consuls français comme consuls tunisiens? Elle qui n'a pas voulu jusqu'ici admettre les consuls du Bey. Granville m'ayant demandé ce que nous ferions à ce sujet, je lui ai répondu que lorsque j'étais ministre des affaires étrangères, le Bey de Tunis avait insisté pour établir des consulats mais que ne voulant pas blesser les susceptibilités de la Sublime Porte, j'avais admis seulement que le Bey pùt désigner dans les diverses places de commerce d'Italie, des agents d'affaires sans aucun caractère consulaire ni officiel auxquels ses sujets pourraient recourir pour défendre leurs intérèts camme le ferait un procureur quelconque; que plusieurs de ces agents ont existé jusqu'à présent et que leur mandat, suivant mon avis personnel, pouvait etre confié à toute autre personne que le Bey croirait devoir choisir sans pour cela que notre Gouvernement doive reconnaitre en ceux-ci aucun caractère officiel; que j'ignore d'ailleurs la détermination ultérieure que mon Gouvernement aurait prise à ce sujet. A la suite de cette conversation Granville m'a dit qu'il aurait de nouveau examiné les questions et m'aurait donné son avis dans une prochaine entrevue. Selon mon avis lorsque Roustan parlera au nom du Bey, il ne devra pas ètre considéré camme ministre de France mais simplement camme Roustan fonctionnaire au service du Bey. Aujourd'hui doivent avoir lieu des interpellations à la Chambre des Communes sur ces nouvelles phases de la question de Tunis.

(l) -Per la risposta di Menebrea cfr. n. 35. (2) -Ed. parzialmente in italiano in LV 32, p. 4. Analogo telegramma viene inviato lo stesso giorno a Londra col n. 537. (3) -Cfr. n. 38.
35

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 921/763. Londra, 13 giugno 1881, ore 23,18 (per. ore 2,50 del 14).

Granville n'avait pas encore reçu aujourd'hui la nouvelle du massacre du personnel de l'expédition italienne à Beilul. Je l'ai informé que le Gouvernement du Roi avait provoqué une enquète sur cette catastrophe auprès du Gouvernement egyptien et qu'il avait envoyé sur les lieux un de nos navires de station à Assab. J'ai déclaré que nous n'avions aucunement l'intention d'empiéter sur le droit de l'Egypte, mais que justice devait ètre faite et qu'il était de l'intérèt de toutes les puissances européennes de démontrer qu'elles étaient solidaires lorsqu'il s'agissait de punir tel forfait. Lui ayant demandé si l'Angleterre se serait préoccupée de ce triste événement il m'a répondu ne pouvoir rien me dire avant d'avoir r~u un rapport à ce sujet, J'ai saisi l'occasion pour lui parler d'Assab en lui disant que, vu le fait de notre établissement entre Assab et Aden il serait utile d'établir un modus vivendi entre ces deux stations afin que les autorités respectives puissent communiquer entre elles tout en laissant intactes !es questions qui avaient surgi relativement à la souveraineté sur ce territoire. Granville s'est également réservé de me donner après demain une réponse à ce

sujet, après l'avoir examinée. Je ne lui ai rien dit des tracasseries signalées par notre commissaire, cela me semblant inutile, voire miìme imprudent d'autant plus que je ne connais pas les faits dont il se plaint. Avant de donner mon avis sur l'opportunité d'engager officiellement l'Angleterre à faire paraitre son pavillon à Beilul, je pense devoir attendre les réponses que Granville m'a promises. Je reçois en ce moment dernier télégramme (l) auquel celui-ci répond.

(l) Ed. in italiano con alcune varianti in LV 32, p. 5 e parzialmente in L'Italia in Africa, vol. cit., p. 189.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 928. Therapia, 14 giugno 1881, ore 19,25 (per. ore 19,45).

Aujourd'hui nous avons échangé à la Porte les ratifications de la convention grecque. Les ambassadeurs de France et de Russie ne les ayant pas encore reçues, ont signé déclaration équivalente et les remettront plus tard.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

D. 150. Roma, 14 giugno 1881.

Secondochè Le telegrafai il 13 corrente (2), questo Ministero è stato informato dalla R. Ambasciata a Berlino (3), che il Gabinetto di Madrid avrebbe indirizzato ai suoi Rappresentanti presso le Grandi Potenze una circolare relativa al mantenimento dello statu qua al Marocco nella quale prescrive loro di non lasciar sorgere alcun dubbio sulla importanza degli interessi che ha la Spagna nel vicino Impero, e sulla sua ferma intenzione di difenderli in ogni miglior modo.

L'Ambasciatore spagnuolo a Berlino avrebbe dato verbale comunicazione, il 2 giugno, di questa Circolare a quel segretario di Stato, il quale si sarebbe limitato ad assicurare il Conte di Benomar dei sentimenti amichevoli del Gabinetto Imperiale verso la Spagna.

Nessuna comunicazione di questo genere essendo pervenuta finora al

R. Governo, io amerei che ht S. V. potesse procurarmi qualche maggiore informazione, sia sul fatto in se stesso, sia sulle particolari considerazioni che hanno potuto in questo momento consigliare alla Spagna un tal passo, nonché, in genere, sui veri intendimenti di codesto Gabinetto a tal riguardo.

(l) -Cfr. n. 33, nota 2. (2) -T. 542, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 24.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R 764. Alessandria, 14 giugno 1881 (per. il 19).

I due telegrammi dell'E. V. sulla catastrofe di Beilui (2), a pochi momenti J'intervallo, mi sono pervenuti che ero sulle mosse d'imbarcarmi, ed ho potuto in esecuzione dell'ordine di V. E. trattenermi in questa residenza.

* Ho l'animo attristato di un fatto così deplorevole sotto tutti i rapporti, e che pure si poteva, e si doveva evitare.

Allorchè il R. Commissario passò per Cairo, per quella esperienza e cono>Cenza che ho del paese acquistata dalla storia dei fatti successi durante il mio lungo soggiorno in questa residenza, io mi permisi consigliare: 1° Che l'unico pensiero esser dovea quello di assodare la posizione d'Assab, perchè potesse divenire una base, sicura ed incontestata, di future aspirazioni, che erano questioni di tempo che qualsiasi precipitazione metterebbe in pericolo; 2° Di non pensare ad estendersi sul litorale finchè il primo problema non fosse sciolto, e per non suscitare la suscettibilità di chi vede di mal occhio la nostra impresa, ~ontro la qual2 non ha mai cessato d'at;ire segretamente su quelle popolazioni ,.>er renderle a noi ostili. Ho sempre dubitato che il Clero Copto in Abissinia ne ,osse uno dei principali istrumenti; 3° Come consiglio il più importante di non ...vventurarsi mai nell'interno finchè non si fosse più che sicuri di non aver ostile l'Hanfari d'Aussa che domina tutti i piccoli Capi dei Danalcil, perchè ha .~ chiavi di tutte le comunicazioni con l'Abissinia, lo Scioa, l'Harar ed i Gallas. ~uale sia la potenza dell'Hanfari lo ha ben dimostratJ l'infelice spedizione

nilitare di Munzingher Pascià massacrata in una notte.

La nota del Ministro Esteri Moustapha Pascià che ho trasmessa all'E. V. ;ùl mio rapporto del 28 mese scorso di n. 760 (3) mi mise in grande appren;ione, temendo che potesse essere un pretesto per l'Inghilterra per imporre al 3-overno egiziano di fare opposizione, e per mostrarsi ancor più diffidente di quanto finora si è mostrata sul nostro possesso d'Assab.

Speravo però che si trattasse di una incursione sul litorale, che probabilmente non avrebbe avuta altra conseguenza che la nota direttami da questo Ministro. E di questa nota, come ne informai l'E. V. ne trasmisi una Copia al

R. Commissario per di lui norma.

Nella scorsa settimana ricevetti una lettera particolare del signor Branchi con la quale mi dicea semplicemente che era sospesa la partenza della missione presso l'Hanfari, ed ogni trattativa per renderselo amico; e che il Giulietti era partito per l'interno alla scoperta di un corso di acqua, perchè ad ogni costo bisognava tentare di aprire una via che conducesse ad Assab le poche carovane che dall'interno arrivano a Beilul.

Confesso all'E. V. che ne rimasi costernato, e fu una delle ragioni principali che mi decisero a partire per poter conferire con l'E. V. su questa quistione. Prevedevo dei tristi fatti, ed i telegrammi di V. E. vennero a verificare le mie apprensioni. È difficile per me il poter comprendere come si siano potuti avventurare dodici uomini ad una tale escursione che dovea assolutamente riuscire alla più triste delle catastrofi. Avrei compreso che il Giulietti per amor della scienza, per ambizione, si esponesse ad un sicuro pericolo; ma che a questo pericolo si esponesse un ufficiale ed uomini d'equipaggio della R. Corvetta, mi pare imprudenza assai grande. Escludo, se si vuole, la certezza, ma il solo dubbio di un disastro dovea sconsigliarla -si doveva considerare quale commozione desterebbe in Italia un successo disgraziato: quanto renderebbe più difficile l'assodamento del possesso di Assab: quali complicazioni con un Governo, il quale se per debolezza verso l'Inghilterra, pretende la sovranità di quelle contrade, pur non vi ha nessuna autorità, e la prima e sola volta che volle esercitarla, inviò un corpo di truppe al macello, e non potè dopo far altro che compiangerlo.

Chiedo tutta l'indulgenza dell'E. V. se mi esprimo con qualche vivacità, che vorrà attribuire all'emozione dell'animo mio. *

n Khedive è al campo delle manovre militari, e non potrò vederlo che nelle ore pomeridiane. I Ministri sono al Cairo e qualora non avessero a venir qui come usano ogni giovedì, dacché il Khedive abita Alessandria partirò per quella città dopo aver veduto il Vicerè.

È assai difficile su i telegrammi di V. E. di poter formarsi un giusto criterio dei fatti, che mi sarebbe tanto utile per le pratiche che debbo intraprendere. * Mi atterrò alle vaghe informazioni della lettera particolare del cav. Branchi * per dare alla spedizione del Giulietti un carattere esclusivamente scientifico e commerciale.

Interrotto il presente rapporto per recarmi a palazzo, ho reso conto all'E. V., per telegrafo (1), della conferenza avuta col Khedive. Egli si mostrò assai addolorato della catastrofe di Beilul -si lamentò di simili escursioni, e mi posò il dilemma seguente, se si considerano quelle cotnrade come territorio egiziano nessuna spedizione e scientifica e commerciale avrebbe dovuto internarsi nel paese senza l'autorizzazione del suo Governo e particolarmente in contrade ove si va incontro a sicuri pericoli, e quando a più riprese il Governo egiziano ne declinò la responsabilità; se si disconosce la giurisdizione egiziana in quelle province perchè renderlo responsabile della catastrofe che si deplora? A questo punto però Egli mi fece comprendere che non intendeva parlare del territorio d'Assab, ma soltanto di Beilul, ove dice Egli governano le Autorità egiziane. Discusse anche le grandi difficoltà che avrà a sormontare perché sia condotta prontamente una severa inchiesta in contrade cosi lontane, abitate da popolazioni selvagge e nomadi.

Pregai Sua Altezza di non entrare in discussione sulla questione di sovranità. Trattarsi di un delitto commesso su territorio nel quale è riconosciuta la giurisdizione dell'Autorità egiziana, qual è Beilul, e perciò incombergli la respon

~-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

sabilità della sicurezza degli stranieri. E concretata la questione in questi termini, il R. Governo fa pieno affidamento su i di lui sentimenti di giustizia, e sulla buona amicizia che esiste tra i due Governi per una soddisfacente soluzione a si tristi fatti. Il Khedive mi replicò di non metterlo in dubbio, e mi pregò di assicurare l'E. V. che prenderebbe tutte le misure possibili per scoprire i colpevoli e punirli. La sua intenzione sarebbe di far subito partire per Beilul il Governatore Generale del Mar Rosso, qui in congedo, ma a prendere una decisione ha voluto attendere i Ministri che saranno qui dimani a sera. Non ho creduto insistere oltre e spero che posdomani potrò telegrafare all'E. V. le misure che saranno adottate.

*Prego l'E. V. di esser indulgente su questo disorganizzato rapporto, scritto alla corsa per non mancare la partenza del postale per Brindisi. *

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra aste,rischi, e con alcune varianti, in LV 32, pp. 7-8. (2) -Cfr. n. 32, nota 4 e n. 33. (3) -Non pubblicato nel vol. XIII della serle II.

(l) T. 927 del 14 giugno. non pubblica-to.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

D. 1138. Roma, 15 giugno 1881.

Già, col dispaccio dell'B di questo mese (2), ebbi a manifestare il vivo desiderio nostro che possa concordarsi, tra il nostro Governo ed il Governo britannico, tale un modus vivendi, rispetto a Assab, che ci consenta di escludere ogni incertezza circa le condizioni officiali di quel nostro possedimento, e ne guarentisca, praticamente, cosi la presente sicurezza, come il futuro sviluppo.

Un più maturo studio dell'argomento e lo stesso doloroso incidente di Beilul (per quanto questo possa apparire estraneo alla questione di Assab) mi hanno vieppiù confermato nel mio convincimento.

Consta bensl dai carteggi anteriori che il Governo della Regina, pur riservando la sua opinione circa il tema storico-geografico della sovranità territoriale in Assab, ha oramai rinunciato a muovere abbiezione alcuna; e consta altresì come, pago delle esplicite dichiarazioni del R. Governo, che, cioè, Assab non sarà mai per assumere il carattere di uno stabilimento militare, né vi saranno costruite opere di fortificazione, il Gabinetto britannico si è indotto a considerare senza sospetto e senza ombra di animo ostile la nostra intrapresa, sol dimostrandosi riluttante a rilasciarci, di tali suoi sentimenti amichevoli una dichiarazione scritta e perentoria. Nondimeno a me sembra che, mentre un tale stato di cose non corrisponda ancora, nè a quella schietta amicizia che in ogni materia fortunatamente esiste e vogliamo rassodare tra i due Governi, nè a quanto possa desiderarsi nei necessari rapporti tra il nostro stabilimento di Assab ed il vicino emporio coloniale della Corona britannica, manchi d'altra parte una ragione qualsiasi per cui non si abbia, nel reciproco interesse, ad addivenire ad un più intimo e cordiale accordo. Per

me è evidente che tra le previsioni, anche le più ampie, di cui l'avvenire d'Assab possa essere oggetto, non una sola si saprebbe accennare per cui l'Impero britannico debba seriamente impensierirsi, ed è, per me, del pari evidente che, tra le guarentigie di cui l'Impero britannico potesse mai concepire il desiderio, non una sola si saprebbe ragionevolmente presumere che, alle. svolgimento di Assab, abbia a suscitare ostacolo od impedimento qualsiasi.

Sn questa duplice considerazione si fonda quel concetto di un modus vivendi che noi vorremmo vedere favorevolmente accolto dal Governo della Regina. Ond'è che, essendosene ieri presentata la opportunità, il pensiero nostro fu esposto a questo signor Ambasciatore d'Inghilterra con molta franchezza e con abbondanza di particolari.

A noi preme che la situazione sia ben definita; tanto che, per accennare a tutte le ipotesi, anche a quella che la sincera amicizia dell'Inghilterra verso l'Italia rende affatto inverosimile, noi preferiremmo, ad una permanente incertezza, agli equivoci e alle complicazioni che potrebbero sorgere quando che sia, una ben netta dichiarazione che il Governo britannico non è disposto ad ammettere, nel Mar Rosso, uno stabilimento italiano anche solo di carattere e di intenti meramente commerciali. Ma se, come ne abbiamo intera fiducia, il Governo della Regina persiste nelle sue buone disposizioni, noi gli facciamo calda istanza di volerei aiutare nella ricerca di quei patti, di quelle guarentigie su cui possa fondarsi, per Assab, un assetto chiaro, ben definito e scevro d'ogni elemento aleatorio.

Già dissi, nel mio dispaccio dell'B giugno, che noi siamo disposti ad accogliere con favore tutte quelle proposte che, a questo riguardo, fossero per esserci presentate dal Governo britannico. Tale è, invero, il metodo che ci si affaccia come il più pratico e il meglio conforme alle esigenze della situazione. Noi vorremmo che, dopo avere escluso, mercè solenne nostra dichiarazione, la eventualità che Assab possa mai costituire, da un punto di vista militare, una minaccia qualsiasi, il Governo della Regina si facesse a considerare quali siano, in qualsiasi ordine di idee e di fatti, le preoccupazioni che, dal punto di vista generale degli interessi britannici, possano essere suscitate dalla esistenza in Assab di uno stabilimento commerciale posto sotto giurisdizione italiana. Dopo di che, non dovrebbe riuscire malagevole, allo stesso Governo della Regina, di immaginare quali condizioni, da concordarsi fra i due Gabinetti, siano atte ad eliminare, ad una ad una, quelle preoccupazioni, in quanto si riconoscano legittime e ben fondate. Dal canto nostro già fin d'ora abbiamo sicura fiducia d'un facile accordo; imperocché ne sono un pegno la illimitata benevolenza del Governo britannico a nostro riguardo, e la lealtà dei nostri propositi in tutto quello che si riferisce al presente e all'avvenire di Assab.

Nel colloquio di ieri con Sir A. Paget furono anche accennate, a guisa di esempio, quelle condizioni che potevano sembrare naturali e suggerite dalle circostanze: carteggi diretti tra le autorità di Aden e il Commissariato di Assab, presenza in Assab, sia pure a titolo ufficioso, di un Agente del Governo di Aden; cooperazione per iscopi d'interesse generale, come sarebbe la soppressione della tratta dei neri; divieti e regolamenti particolari per speciali

commerci, e cosi via. Questi, però, ripeto, furono semplici cenni, parendo a nof preferibile di lasciare ogni iniziativa, in questa materia, allo stesso Governo britannico. Per ora, questo solo ci sta a cuore che il principio del modus vivendi sia accolto, salvo a fissarne indi le modalità e i mezzi di pratica attuazione.

L'Ambasciatore d'Inghilterra mi sembrò riportare, delle cose dettegli, una buona impressione, e promise di riferirne minutamente al suo Governo. * Ond'è che, come io confido che il rapporto di Sir A. Paget possa esercitare, sulle disposizioni personali di Lord Granville, una favorevole in'fluenza, ho stimato opportuno, nel mio telegramma di ieri (l) d'accennare a questa circostanza, affinché si lasci tempo a codesto signor Ministro degli Affari Esteri di tener conto, prima di farci una risposta qualsiasi, degli elementi di giudizio che Sir A. Paget sarà per fornirgli. *Intanto V. E. potrà da questo mio dispaccio, in cui l'animo nostro è schiettamente esposto in ogni particolare, trarre conveniente norma di linguaggio nelle sue conversazioni con Sua Signoria (2).

(l) -Ed., a.d eccezione del brano tra asterischi, in LV 34. pp. 62-64. (2) -Cfr. n. 21.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2092. Therapia, 15 giugno 1881 (per. il 21).

Ho avuto l'onore di ricevere il dispaccio che l'E. V. si compiacque rivolgermi il 7 del presente n. 1224 (3), affine d'espormi i concetti del R. Governo in ordine a' procedimenti del Governo francese in Tunisia. Ed era precedentemente venuto a mie mani il telegramma (4) pel quale l'E. V. m'ordinava di lasciar copia di questo dispaccio al signor Ministro degli Affari Esteri se S. E. me ne faceva richiesta, e se lo credessi opportuno. Non mancherò di conformare il mio linguaggio con questi Ministri alle sagge considerazioni contenute in quel documento, e d'agire in ogni cosa secondo le istruzioni dall'E. V. impartìtemi.

Ho parimenti ricevuto il dispaccio dell'E. V. del 26 maggio, n. 1216 (5) e comparve indi la pubblicazione relativa alle cose di Tunisi la quale era in quello menzionata. Delle importanti nozioni in esse contenute io farò parimenti tesoro nelle mie comunicazioni in proposito co' membri del Gabinetto ottomano.

E frattanto l'irritazione esistente alla Sublime Porta ed a Palazzo per le cose di Tunisi si è grandemente risvegliata in questi giorni per la notizia che il signor Roustan era stato incaricato delle relazioni fra il Governo del

Bey e gli Agenti esteri a Tunisi. Il signor Ministro degli Affari Esteri va domandando a questi rappresentanti délle potenze quale sia il significato di quella misura, che atteggiamento queste saranno per prendere innanzi ad essa cui nessuno è in grado di fare adeguata risposta. Né credo le spiegazioni fornite avant'ieri dal Governo britannico alla Camera de' Comuni saranno per dargli maggiore soddisfazione. Però il Governo ottomano non ha finora preso alcuna decisione in proposito.

(l) -T. 547 del 14 giugno, non pubblicato. (2) -Con t. 99 del 24 giugno, non pubbUcato, Menabrea comunicò di aver informato del contenuto di questo dispaccio Granvllle il quale intendeva sottoporre la questione al Consiglio del ministri prima di dare una risposta. (3) -Non pubbJic,ato. (4) -T. 528 del 10 giugno, non pubblicato. (5) -Non 'PUbbUcato nel vol. XIII della serie II.
41

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 482. Madrid, 15 giugno 1881 (per il 20).

Il foglio ufficioso l'Iberia nel suo numero di ieri ritorna sulla questione del Marocco collo scopo di combattere le asserzioni di due giornali inglesi, il Morning Post e lo Standard. Quest'ultimo nel suo numero delli 7 corrente sviluppa il seguente concetto, cioè: che nell'istesso modo che la Francia considera Tunisi come complemento dell'Algeria, la Spagna medita seriamente d'estendere i suoi dominii nel Marocco. Ora l'Iberia anzi tutto chiede quale atto del Governo Spagnolo giustifica una tale accusa? L'ultima occasione in cui il Governo spagnolo, e fu durante la precedente amministrazione, s'imbattè per recare un giudizio sulle cose del Marocco fu nelle conferenze che si tennero l'anno scorso in Madrid, nè certo, osserva ben a diritto il periodico, in quell'o(!casione si manifestarono progetti ambiziosi per parte della Spagna. L'articolo dello Standard tradisce gelosia colla Germania, rivalità colla Francia. ed alcun poco d'emulazione colla Spagna in ciò che si riferisce alle legittime influenze di quest'ultima sul territorio Africano. Lo Standard commette un anacronismo allorché sembra supporre che la Spagna disponga al dì d'oggi dell'invincibile armada dei tempi di Filippo II. Quei tempi sono passati ed ora la Spagna si consacra esclusivamente allo sviluppo delle sue forze produttrici e confida solo nella pace e nella neutralità per ristabilire l'antico suo potere, e frattanto s'appoggia non sulla Germania o sulla Francia, ma piuttosto sul proprio dovere e sul proprio onore. Ciò non toglie che se vi fossero offese da castigare nel Marocco, non mancherebbe chi impugnasse la vittoriosa spada del Generale O'Donnell.

Passa dappoi l'Iberia a ribattere i ragionamenti del Morning Post, il

quale suppone che scorrano il Marocco Agenti incaricati di prepararne l'an

nessione alla Spagna e che esiste un partito sulla cui bandiera sta scritta

quest'annessione. Ora il foglio del Signor Sagasta, Presidente del Consiglio

chiede «quale è questo partito? È forse il dominante? Ma in !spagna non

v'hanno partiti di fronte alle questioni internazionali, giacché tutta la na

zione pensa nello stesso modo a loro riguardo. Così, interroghi il periodico

inglese un ultramontano spagnuolo un possibilista un radicale che pensi del

l'occupazione di Gibilterra, di quest'occupazione della propria nostra casa, che ci priva d'una chiave dello stretto e d'un punto di scalo e di libera comunicazione dei due mari? La risposta sarà unanime. Quest'occupazione confermata dal trattato d'Utrecht è, e sarà sempre, un marco d'ignominia per gli Spagnuoli ed un motivo di scandalo per tutte le nazioni civili». Ritornando poi l'Iberia sul primitivo assunto, afferma che in !spagna non esiste verun pensiero d'annessionare il territorio marocchino, perché prima sorgerebbe la eterna questione di Gibilterra, questione che certamente potrebbe appianarsi per mezzo d'una permuta o d'un indennizzo, nè mancano statisti inglesi i quali opinano nell'istesso modo. Una simile questione d'onore nazionale rimane sempre viva e giammai trascorre l'opportunità per trattarla e per risolverla.

Degne finalmente di fermare l'attenzione generale sono le seguenti parole con cui I'Iberia chiude le sue avvertenze: «Se noi volessimo che questo articolo servisse di segnale ad un movimento d'energia nella nostra politica estera dopo le inutili conferenze di Madrid sugli assunti del Marocco, sapremmo particolarmente accentuarlo, perché da tutti fosse compreso il nostro oggetto; però noi ci siamo solo proposto di rettificare gli erronei giudizi dei periodici inglesi conservatori, conoscendo che le loro opinioni non riflettono quelle del Ministero whig predieduto dal Signor Gladstone, stanteché il partito whig al quale appartiene il ministero inglese presente, è quello che professa pensamenti più favorevoli alla restituzione di Gibilterra ed alla influenza spagnuola nell'Africa».

L'articolo dell'Iberia, da me ora esaminato, destò vivamente la pubblica attenzione.

42

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P.R. Parigi, 15 giugno 1881.

Il 31 del mese scorso (l) in risposta al cortese telegramma dalle E. V. (2) ebbi l'onore di dirle per telegrafo ch'io non potrei conservare la carica d'Ambasciatore del Re a Parigi, qualora non si trovasse modo di smentire efficacemente le accuse d'imprevidenza, negligenza ed incapacità formulate contro di me nella Camera de' Deputati e ripetute dalla stampa italiana.

Ogni mia discolpa essendo riposta nella corrispondenza da me sostenuta coll'egregio di Lei predecessore accennavo all'opportunità di sottoporre la parte che tratta della quistione di Tunisi all'esame di una Commissione Parlamentare, composta vale a dire di Senatori e Deputati, la quale senza divulgare que' documenti potesse farsi giusto criterio dell'opera mia e trovandola cor

retta e previdente fosse in grado di rendersene mallevadrice verso il Parlamento ed il Paese.

Aggiunsi che se codesta mia idea non le sembrasse praticabile io pregava l'E. V. di trovare qualche altro mezzo diverso nella forma, ma conducente allo stesso scopo, a riconoscere cioè ed a dichiarare esplicitamente, s'io abbia o no meritata la taccia che mi venne apposta.

Sino a tutt'oggi attesi indarno una parola, un cenno di risposta. Il silenzio dell'E. V. mi conferma nel presentimento che la mia difesa potendo rivestire qualche sembianza di accusa contro la politica del precedente Ministro degli Esteri divenga per ciò solo cosa delicata e malagevole per l'E. V.

Se così fosse, desiderando di non creare imbarazzi, né difficoltà di sorta, al nuovo Ministero non saprei insistere più oltre nella mia domanda. Spero però che in ricambio Ella vorrà riconoscere meco che senza piena e pubblica giustificazione non mi è lecito di rimanere a posto con utilità del R. servizio nè con decoro mio.

Devo dunque pregare l'E. V. di concedermi l'invocata dimissione dall'Ufficio d'Ambasciatore del Re presso la Repubblica Francese.

(l) -Cfr. n. 4. (2) -Cfr. n. 3.
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IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 483. Madrid, 16 giugno 1881 (per. il 20).

A seconda delle istruzioni (l) trasmessemi due giorni or sono, dall'E. V., mi occupai a raccogliere quelle informazioni che Ella mi chiese, senza uscire dalla riserva che mi fu indicata. Avendo dovuto recarmi jeri dal Ministro di Stato, il quale non tiene giorno fisso per conferire col Corpo Diplomatico, onde trattare seco Lui d'un appunto di cui mi occupo in rapporto confidenziale d'altra serie, gli tenni discorso sugli articoli del giornale minlsteriale l'Iòeria, del che era ben naturale che lo trattenessi, stante la vivissima attenzione da essi risvegliata nel pubblico, e così senza affettazione sdrucciolai sullo argomento del Marocco e delle comunicazioni che poterono essersi fatte a quel riguardo, rifuggendo, bene inteso, da diretta interrogazione. Raccolsi in allora sul labbro del Ministro di Stato, che infatti eransi trasmesse ai rappresentanti di Spagna all'estero delle indicazioni sul modo col quale dovevano tener discorso allorché loro capitasse di esprimersi sugli avvenimenti di Tunisi nelle loro conferenze coi loro vari Ministri degli Affari Esteri. Queste indicazioni in modo identico, furono trasmesse alle principali Legazioni di Spagna, e quindi ho luogo di credere anche a quella in Roma, con:avvertenza però di non dar lettura del dispaccio che le conteneva. Non precisò il Ministro di Stato il concetto da lui sviluppato in quelle comunicazioni, ma non credo

trovarmi lontano dal vero, affermando che queste contenevano un biasimo per la condotta della Francia nella Tunisia, ed esprimevano il parere che riscontra alla Spagna di vegliare a che non venga alterato l'equilibrio nel Mediterraneo, senza una previa intelligenza degli Stati che vi si bagnano, tanto più avendo essa una propria missione a compiere nel Marocco.

Riguardo agli articoli dell'Iberia il cui sunto mi feci l'onore di portare coi due miei precedenti rapporti alla conoscenza dell'E. V. (1), mi confermò il Ministro di Stato, che nel secondo specialmente degli accennati articoli, trovavasi racchiuso il pensamento del Governo spagnolo a riguardo della questione di Gibilterra. Dissemi che, all'invero, per l'addietro eran già stati discussi alcuni punti che avrebbero poi potuto condurre allo scambio di Gibilterra con Ceuta. Ma in oggi la Spagna non crede più doversi accostare ad un siffatto progetto, giacché la consegna di Ceuta all'Inghilterra, per averne In cambio Gibilterra, implicherebbe una rinunzia agli eventuali ingrandimenti a cui la Spagna, a seconda delle circostanze, poteva aspirare nel Marocco. Ammise il Marchese de la Vega de Armijo che il Ministero inglese in oggi al potere, palesavasi assai conciliante verso la Spagna, e mostravasi disposto ad accettare un modus vivendi nelle questioni che più di sovente contribuiscono ad irritare i rapporti fra i due Stati, come quella del contrabbando. Il Governo spagnolo è pronto ad entrare in questa via, purché rimanga bene accertato, che un simile aggiustamento non può in modo alcuno imporre silenzio alla Spagna allorché reclama Gibilterra.

Conversando col Conte Solms, Ministro di Germania, sugli articoli dell'Iberia, questi mi disse, che avevano fissata la sua attenzione, come se la Spagna mirasse ad uscire dalla sua inazione: ma mi chiedeva: «Che può fare questo paese senza flotta, senza armata e senza denari?» Sembravagli d'altronde che il linguaggio del giornale officioso tendesse a porre in evidenza più la questione di Gibilterra che quella del Marocco, confessò il mio collega, che la politica osservata verso la Spagna dal passato Ministero conservatore Inglese, aveva di molto inasprito i rapporti tra i due paesi, e che quella professata dal presente Gabinetto Whig, era assai più favorevole alla Spagna, e perciò alle di lei aspirazioni in Africa, dubitava però che lo spirito di conciliazione verrebbe spinto sino a tradurre in atto la tanto ambita restituzione di Gibilterra ed a lasciare libero l'adito in Africa.

(l) Cfr. n. 37, nota 2.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 941/766. Londra, 17 giugno 1881, ore 18,40 (per. ore 20,45).

Ainsi que j'en ai informé V. E. par mon télégramme n. 763 (2), j'avais commencé à entretenir Granville des rapports à établir entre notre commis

(I) -Cfr. n. 41 e il R. 481 del 14 giugno, non pubblicato.

saire à Assab et les autorités d'Aden. Granville m'avait demandé un promémoire à ce sujet, mais par suite de la conversation que V. E. m'a informé avoir eue avec Paget, je me suis abstenu et j'ai prévenu Granville qu'il recevrait de ce dernier un rapport à cet égard. En attendant le noble lord m'a dit aujourd'hui que si nous voulons qu'un petit navire de guerre anglais agisse de concert avec celui que nous expédierons à Beilul pour surveiller l'enquète relative au massacre de l'expédition italienne tout était disposé pour y envoyer une cannonière aussitòt que nous en exprimerions le désir. Le bruit s'était répandu que la France avait occupé une station sur la còte occidentale de la Mer Rouge; Granville m'a di t que cette nouvelle n'était pas confirmée. Puis il m'a parlé des rapports diplomatiques de l'Angleterre avec Tunis et il m'a dit que d'après l'avis des juges de la Couronne la nomination de Roustan comme intermédiaire entre le Bey et les Puissances ne portait aucune atteinte aux droits de l'Angleterre consacrés par les traités; le Consul anglais ayant été informé de cette décision il devra continuer à traiter les affaires comme précédemment nonobstant le changement de personne; camme il n'y avait en Angleterre ni consub ni agents tunisiens, le Gouvernement n'a pas à se préoccuper de la remise des archives aux Consulats français. J'ai demandé au noble lord si le consul anglais à Tunis devrait accepter la correspondance de Roustan sur des papiers portant l'indication et le cachet de la legation française ou bien s'il devait exiger un papier spécial indiquant le Gouvernement du Bey. Granville m'a dit que ce détail méritait reflexion et qu'il y penserait; je désirerais connaitre avis de

v. E. à cet égard. Dans la dernière séance de la Chambre des Communes il y a eu discussion orageuse au sujet de position faite au consul anglais à Tunis par suite de celle acquise par Roustan. Sir C. Dilke a refusé répondre pour le moment. Peut-ètre aujourd'hui discussion continue.

(2) -Cfr. n. 35.
45

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2821. Berlino, 20 giugno 1881 (Per. il 24).

Aucune communication ayant été jusqu'ici faite à Rome de la Circulaire espagnole à laquelle se référait mon rapport n. 2812 du 8 juìn (l) V. E. tiendrait à connaitre le texte, ou du moins la substance de ce document (dépèche du 14 du mème mois n. 1178) (2).

Je me suis adressé à cet effet au Comte de Benomar, qui m'avait luimème parlé, confidentiellement, de cette circulaire datée du 28 mai échu et de la démarche faite par lui ici le 2 juin. Il ne se croyat pas autorisé a m'eu fournir le texte mèrne, mais je pourrais en relever le sens général, quand il m'aurait donné lecture de son rapport à Madrid sur le langage qu'il avait tenu au Comte de Limburg-Stirum. La dépèche de san Gouvernement le chargeait d'appeler éventuellement l'attention du Cabinet de Berlin sur le Maroc, en lui laissant le soin de donner aux arguments qui prouvent l'importance de cette question les développements que lui suggéreraient des connaissances acquises par une longue mission à Tanger. La dépèche susdite n'était que le canevas sur lequel il devait broder, sans s'écarter des idées principales qui en constituaient le fond.

Voici en résumé comment il s'est exprimé dans san entretien avec le Secrétaire d'Etat intérinaire.

Le protectorat de la France sur l::t Tunisie n'inquiète: pas l'Espagne. Ses relations avec la France sont très-cordiales, et on ne veut créer aucun embarras au Gouvernement de la République. Mais la question de Tunis a ouvert, ou peut ouvrir la question de l'Afrique mème, en connexité avec celle des forces et de 'équilbre dans la Méditerranée. Les journaux européens s'occupent non seulement de Tunis, mais déjà de Tripoli et de l'Egypte. «Nous ignmons ce qu'il peut avoir de vrai dans des projets de compensations ou de distribution de territoires; mais si dans l'avenir de tels projets devaient s'étendre aussi au

Maroc il en ··surgirat pour l'Espagne une question très grave, une question d'existence ».

Une occupation de ce territoire par quelque Grande Puissance placerait en quelque sorte l'Espagne en état de blocus permanent. Elle se trouverait enfermée, emprisonnée de divers còtés où ses intérèts vitaux lui commandent de garder le passage libre. Les avantages de sa position géographique seraient annulés.

Cette question a une telle importance, et surexcite à un si haut dégré la fibre nationale, que tout Ministère qui aurait transigè ne pourrait pas rester vingt quatre heures au pouvoir, et qui pis est, le prestige de la dynastie en souffrirait une forte atteinte.

L'Espagne s'est dédiée à l'oeuvre de la reconstitution nationale. Elle y travaille avec profit depuis la fin de la guerre civile, et de la révolte de Cuba. Elle n'aspire pas aux conquètes. Elle n'a d'autre désir que celui du maintien du statu qua. Mais si dans un jour méme éloigné on verrait, soit par des communications de Cabinet à Cabinet, soit par des Conférences européennes, à soulever la question d'Afrique, le Cabinet de Madrid espère que ses intérèts dans l'Empire du Maroc seront pris en considération et que sa voix sera écoutée. Dans cette éventualité l'Espagne compte sur la bonne amitié du Cabinet de Berlin. En attendant, elle ne formule aucune demande, ne sollicite pas de réponse à une communication verbale dictée par la confiance et l'amitié qui existent dans les rapports entre les deux Pays.

La réponse faite de vive voix par le Comte de Limburg-Stirum est conforme à ce que j'ai déjà mandé a V.E.

(l) Cfr. n. 24.

(2) Non pubblicato.

46

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MANCINI (l)

R. 766. Alessandria, 20 giugno 1881 (per. il 24).

Giungo in questo momento da Cairo, e per l'anticipata partenza del postale per Brindisi ho appena il tempo materiale di rimettere all'E. V. le note ufficiali che ho scambiate con questo Ministro degli Esteri (2), per avere un documento che fissi l'inchiesta convenuta nei termni dei telegrammi di V. E. (3).

Questo Governo dimostra una premura insolita di far bene le cose. L'inchiesta è affidata a Ruschdi Pascià, che ha occupate distinte posizioni ufficiali, ed al Governatore di Massawa. Ruschdi Pascià partirà da Suez nel corso della settimana subito che sarà pronto il vapore che deve condurlo. Toccherà Massawa per prendere quel Governatore, e recarsi quindi a Beilul. Si calcola che non potrà giungervi prima dell'B del mese entrante.

Nella nota egiziana si riparla dell'attitudine degli Italiani al loro giungere a Beilul, ed unisce una traduzione del telegramma del Governatore di Massawa, che provocò la nota di Moustapha Pascià in data del 24 scorso mese, ch'ebbi l'onore di rimettere all'E. V. (4).

Assicurando che l'inchiesta sarà condotta con vigore e buona volontà, il Ministro Egiziano osservò però che dovendosi procedere nell'interno contro popolazioni nomadi e selvagge, non potrà forse esser portata a fine in breve tempo. E per questa stessa ragione, che l'azione del Governo dovrà spiegarsi a considerevole distanza dal litorale, Egli crede che l'Autorità locale non potrà valersi della presenza in quella sede dell'« Ettore Fieramosca ».

Ciò non toglie che l'E. V. deve persistere nella decisione che la R. Corvetta resti di stazione a Beilul, durante l'inchiesta. Non potrà prestare un'assistenza pratica, ma la presenza di quel legno da guerra avrà una grande influenza morale. * Prego l'E. V. dare le debite istruzioni al Comandante perchè non abbia a succedere qualche malinteso. *

Attenutomi letteralmente alle istruzioni contenute nei diversi telegrammi di V. E. ho compiute, almeno per il momento, le mie pratiche presso questo Governo, e vi è abbondante ragione per ritenere che trascorrerà bastante tempo prima che si possa conoscere qualche risultato dell'inchiesta. * Però mi permetto fin da ora a fare un'osservazione. A giustificare il nostro possesso d'Assab abbiamo sempre messo innanzi come principale argomento che il Governo egiziano non ha mai avuta autorità e giurisdizione, e sovranità sul territorio dei Danakil; l'avere in questa triste circostanza dichiarato che Beilul appartiene alla giurisdizione egiziana, per reclamare da questo Governo giustizia della catastrofe successa, e la punizione dei colpevoli, temo possa far risorgere la

questione d'Assab per la quale si sarebbe forse dato a questo· Governo un serio argomento di discussione. *

P. S. -In questo momento mi giunge il telegramma di V. E. (l) col quale m'informa di aver date le dovute istruzioni al Comandante del «Fieramosca», e che anche un legno da guerra inglese rimarrà a Beilul durante l'inchiesta.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varianti in LV 32, pp. 9-10. (2) -Non si pubblicano. (3) -Cfr. n. 32, nota 4 e n. 33. (4) -Non pubblicato nel vol. XIII della serie II.
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IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 61. Assab, 20 giugno 1881 (per. il 10 luglio).

Nuove informazioni assunte recentemente da fonte diversa dalle altre provano sempre più la partecipazione di tutto il paese di Beilul al massacro dei nostri. Secondo le medesime 32 persone sarebbero partite di là contemporaneamente alla spedizione con l'intento espresso di trucidarla. Ne sarebbe stato capo un tal Umma di Ibrahim che noi sapevamo già anche da una lettera scrittami da Rissa e da Francesco (che è l'ultimo documento pervenutomi da alcuno di loro) aver servito di guida al Giulietti fino a 4 giorni nell'interno. Il piano di azione sarebbe stato discusso quasi apertamente a Beilul e i capi del paese vi avrebbero pienamente acconsentito opponendosi solamente a che l'assalto fosse dato al di qua di Beiru, come paese troppo vicino alla costa e quindi troppo compromettente. È probabile che fosse in forza di. questa raccomandazione che si attese ad agire allorchè i nostri erano sul punto di sfuggire dalle mani dei danakil. Daddatu infatti, tutti dichiarano è a un giorno solo dalle terre dei Galla e di là dove seguì l'eccidio si vedevano le creste delle montagne d'Abissinia.

Questo nuovo dettaglio mi è parso abbastanza importante per meritare di esser telegrafato all'E. V. Ho dato quindi commissione al Comandante Preve della « Chioggia » di farlo al suo giungere in Aden, ed ora insisto più che mai perchè cotesto R. Ministero ci lasci liberi di agire nel modo che già ebbi l'onore di proporre. Se, come spero, potremo farlo, io non mancherò di fare ogni indagine possibile sull'intervento di terzi in quest'affare. Tutto infatti spira una parola d'ordine data non si sa da chi, ma che per me non può venir che da coloro che già indicai col mio precedente rapporto riservato (3). E se qualche deposizione potessi riuscire ad ottenere a questo riguardo sarà mia cura di redigerne minutissimi verbali da sottoporli in seguito all'E. V. per quell'uso che crederà di farne.

P. S. -A Beilul incominciano già a tornare e vi passeggiano impunemente col segno al braccio della vittoria riportata (come fanno i danakil)

-o con le spoglie indosso quei che presero parte al massacro. Lo sceik di Ed

ha loro invece proibito di venire in paese ed ha recentemente scritto a Achito (così mi vien riferito) che se gli italiani si presentano egli dichiarerà loro fino all'ultimo chi furono gli autori del fatto onde non esservi implicato anch'egli.

(l) -T. 560 del 19 g~ugno, non pubblicato. (2) -Ed in LV 32, pp. 21-22 e 1n L'Italia in Africa, vol cit., pp. 190-191. (3) -Con R. r. 60 del 14 giugno, JJ.on pubblicato Branchi aveva riferito che Gordon Paacià aveva dichiarato che il governatore d! Massaua era stato l'!stigatore del massacro d! Beilu!.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2098. Therapia, 21 giugno 1881 (per. il 28).

Le voci corse in questi ultimi tempi riguardo a colloqui seguiti al Congresso di Berlino in ordine alle cose di Tunisi e l'interpellanza che si fece nella Camera dei Comuni avendo dato occasione a recenti corrispondenze officiali col R. Ministero, credo opportuno d'aggiungere poche parole a quelle che ~già scrissi sull'argomento.

Allorchè giunse a Berlino la notizia della convenzione stipulata fra l'Inghilterra e la Turchia per l'occupazione dell'isola di Cipro da parte della prima, si manifestò una grande agitazione fra quei Plenipotenziarj, e discorsi di vario genere furono scambiati fra di essi. Ma quelle non furono che parole accademiche ed ispirate dalle impressioni personali del momento, le quali non potevano costituire alcun impegno per l'avvenire. Di Tunisi e di parecchi altri luoghi fu parlato a Berlino, ed è possibile che Lord Salisbury abbia eziandio fatto menzione di Tripoli con qualcuno. Ma io posso affermare nel modo più positivo che dal mio canto non ammisi mai nè potevo ammettere che fosse lecito alla Francia d'occupare la Tunisia, lasciando Tripoli all'Italia come compenso, imperocchè non potevo in ogni modo dipartirmi dal concetto che sempre inspirava il R. Governo di mantenere lo statu quo nell'Africa settentrionale. Né di fatto fu pronunziato il mio nome nelle interpelanze occorse ala Camera dei Comuni.

Il fatto è che la quistione di Tunisi non esisteva come quistione europea

al Congresso di Berlino, chè essa aveva anzi formato poco prima soggetto d'uno

scambio di comunicazioni fra i Governi d'Italia e di Francia. Le aspirazioni

di questa sulla Tunisia non erano invero un mistero per alcuno nè allora nè

poi. ma sarebbe uno strano modo d'impicciolire sì grave quistione il volerla far

dipendere da alcuni propositi incidentali pronunziati in quei momenti di per

turbazione. I relativi piani furono preparati in appresso dai Gabinetti, e svilup

pati secondo che essi intesero gli interessi dai rispettivi stati. Il trattato pel

quale l'Inghilterra ebbe Cipro, i negoziati intervenuti a Londra fra l'Ambasciata

di Francia e il Foreign Office sulle cose di Tunisi e che approdarono al dispaccio

di Lord Salisbury del 7 agosto 1878, l~ disposizioni che durante i tre anni che

seguirono furono spiegate dai Governi che esistevano all'epoca del Congresso

e da quelli che loro succedettero, lo scopo cui essi miravano, gli effetti che ne

seguirono son fatti gravissimi che si collegano colle più alte quistioni di politica

Europea, ne' quali non è questo nè il tempo nè il luogo per me d'entrare.

49

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 982. Parigi, 22 giugno 1881, ore 15,05 (per. ore 16,40).

Regrettable incident de Marseille vient de déchainer de nouveau la presse de Paris contre nous. Des articles d'une violence extreme à l'adresse de l'Italie ont paru. J'en suis à craindre que l'on cherche à pousser les deux pays aux dernières extremités. V. E. saura mieux que moi à quoi s'en tenir là-dessus.

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 575. Roma, 22 giugno 1881, ore 22,55.

Le Gouvernement du Roi a donné les ordres les plus sévères pour empecher et au besoin réprimer avec la plus grande vigueur toute démonstration dangereuse pour les bons rapports des deux pays. Le Président du Conseil a fait hier et renouvelé aujourd'hui à cet égard les déclarations les plus énerglques à la Chambre. De votre còté vous devez maintenir fermement les attestations de notre consul confirmées par des témoignages non suspects prouvant qu'aucun coup de sifflet n'est parti du Club, et entre autres d'un français qui était dans le Club, dont la lettre a été publiée dans le Petit Marseillais du 19 juin. Quelle que soit l'obscurité des faits il est alnsi prouvé que la première provocation n'est point venue des italiens, c;.uoique les quatorze témoins du préfet supposent des italiens cachés derrière les fenetres. Votre dernier télégramme (l) est grave. C'est par vous que le Gouvernement du Roi doit savoir à quoi s'en tenir sur les véritables intentions du Gouvernement français et sur dangers qui menacent de la part de la France la paix des deux pays. Il ne suffit point d'exprimer des craintes. C'est à vous de découvrir la source du danger et de travailler sans relache à le prévenir en ne laissant passer aucun incident sans l'éclaircir amicalement et à fond avec le Gouvernement français.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 940. Roma, 22 giugno 1881.

Come Le telegrafai oggi (2), il Governo del Re ha fatto alle Camere le dichiarazioni le più precise, ed ha impartito a tutte le autorità gli ordini i

più severi perché siano prevenute ed al bisogno represse le dimostrazioni che potessero nuocere ai buoni rapporti fra l'Italia e là Francia.

È stretta giustizia poi di riconoscere che non un solo cittadino francese ebbe a soffrire in Italia quelle violenze di cui furono vittime a Marsiglia cittadini italiani, non solo operaj, ma di ogni classe; violenze che la giustizia francese ha d'altronde punite (1).

Rimane intanto incontrastabile dopo le testimonianze precise di francesi stessi, il fatto che V. E. vorrà fermamente mantenere, che cioè la prima provocazione dei disordini di Marsiglia non venne dal Club Italiano; tali testimonianze escludono infatti assolutamente la supposizione emessa dai quattordici testimoni interrogati dal Prefetto, secondo le quali i fischi avrebbero potuto provenire da individui nascosti dietro le finestre del Club. E ciò dà carattere tanto più rincrescevole al fatto che lo stemma del Club fu rovesciato non dalla folla ma da due consiglieri municipali, che non sembrano avere dato del loro procedere spiegazioni pubbliche e soddisfacenti.

Il Governo del Re adopera tutti i mezzi di cui dispone per attenuare il contraccolpo prodotto nella stampa italiana dalle notizie false e malevole sparse in tutta l'Europa da una parte della stampa francese, e specialmente dalla Agenzia Havas, che continua l'opera funesta che già produsse così lamentevoli risultati, di fomentare nella pubblicità dei due paesi, uno scambio di recriminazioni, che per parte di quei pochi fogli italiani che, come è inevitabile, trasmodano, hanno almeno per scusa quella di aver carattere di replica e di refutazione.

È urgente che da V. E. si faccia ogni sforzo per porre in chiara luce una situazione che, prolungandosi, non sarebbe scevra di pericoli. Il Governo del Re confida che nelle spiegazioni amichevoli, che giova siano costantemente scambiate tra Lei ed il Signor Barthélemy de Saint Hilaire,

V. E. saprà fare in modo che in così delicate circostanze nessun punto rimanga oscuro, nessuna difficoltà sia lasciata pendente, nessun lievito di complicazioni possibili rimanga negletto. Avendo V. E. preveduto ed addidato il pericolo, Le si presenta ora naturale il compito più importante di prevenirlo, e combatterlo indefessamente. Mi affido perciò al patriottismo di V. E. ed alla autorità che le parole della R. Ambasciata saranno certamente per avere presso un Gabinetto amico, dal quale non ci mancavano, ancora, in questi ultimi tempi, dichiarazioni di benevolenza.

(l) -Cfr. n. 49. (2) -Cfr. n. 50.
52

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1471. Vienna, 22 giugno 1881 (per. il 27).

Discorrendo jeri col Barone Haymerle degli affari di Bulgaria, S. E. dicevami risultargli, dalle ultime notizie trasmessegli dall'Agente Imperiale a Sofia, che

l'opinione pubblica nel principato si pronuncia in questi giorni in senso assai più favorevole a riguardo del Principe Alessandro. Avendogli io poi chiesto cosa pensasse della candidatura posta innanzi dal Principe Waldemaro di Danimarca rispondevami: che chi mette innanzi simili candidature il fa al solo scopo di provocare eventualmente il non dubbio rifiuto di quei candidati Principeschi, onde, sgombrando così il terreno, far posto all'agognata dittatura di un ben noto agitatore affigliato ai comitati nihilisti della Russia. Aggiungevami poi ancora con tono interrogativo essere stato testé diretto da Sofia un indirizzo a Gladstone ed all'E. V. onde ottenere l'appoggio dell'Inghilterra e dell'Italia a favore del mantenimento dell'attuale costituzione. A questa indiretta interpellanza non essendo in grado di rispondere mi limitai a stringermi nelle spalle. Non credo però dover dissimulare all'E. V. essere io sempre d'opinione che all'Italia pure convenga fare astrazione in questo caso da un sentimentalismo costituzionale inopportuno in casa altrui e schierarsi invece francamente dalla parte del Principe Alessandro. Infatti noi abbiamo ogni interesse acché l'anarchia non acquisti il predominio in Bulgaria poiché un tale stato di cose sarebbe di natura a riaprire la questione d'Oriente occasionando anzitutto un per nulla improbabile intervento estero nel Principato. A questo proposito aggiungerò ancora, che avendo avuto negli scorsi giorni occasione di scandagliare indirettamente il pensiero al riguardo del Barone Haymerle, S. E. si esprimeva intorno a quell'eventualità come se non fosse mai stata presa in considerazione ma evitava però di escluderne in modo assoluto la possibilità. Quel linguaggio lasciavami l'impressione che effettivamente un intervento austriaco potrebbe essere stato posto in considerazione fin d'ora per determinate circostanze. Questo mio apprezzamento parmi conveniente non !asciarlo ignorare all'E. V. (1).

(l) Per maggiori part~co1ari sugùi incidenti di Marsiglia cfr. n. 66.

53

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Costantinopoli, 22 giugno 1881.

Domando all'E. V. la licenza di rivolgerle delle lettere particolari quando si tratti di soggetti delicati sopra i quali sia inopportuno d'allargarsi nella corrispondenza ufficiale. E contando sulla benevolenza di cui già mi diede una esimia prova le toccherò oggi d'un soggetto retrospettivo che non manca d'interesse.

Il generale Menabrea cerca d'ingrossare quanto può il significato di qualche frase gettata in aria a Berlino relativamente alla Tunisia, e non è difficile

Accennare tl telegramma venuto dal Presidente dell'Assemblea, e la risposta fatta, additandone il carattere di assoluta astensione».

capirne lo scopo. Quello scambio di parole tra Salisbury e Waddington avvenne quando scoppiò la bomba di Cipro, nella quale congiuntura alcuni di quegli uomini di stato offrivano provincie ed isole a destra ed a manca, prendendo però grande cura di non offrire quello che loro apparteneva. Erano discorsi talvolta seri talvolta scherzosi, e per chi ne voleva non c'era che d'andarsele a pigliare. Si figuri se io potevo ammettere la cessione di Tunisi alla Francia, massime facendo parte d'un Ministero che non cessò mai di seguire la politica dello statu quo. I concetti politici furono poi concordati dai rispettivi Gabinetti; e per quel che mi riguarda, io mi ritirai poco appresso, per altre ragioni, dal Ministero. Mi è difficile di comprendere perché la Germania non cessasse di soffiare nella quistione di Tunisi, e gli altri Governi dimostrassero tanta indifferenza riguardo ad essa. Ma è per lo meno strano che tanta importanza sia data ad alcune frasi sfuggite a Salisbury in un colloquio confidenziale a Berlino da chi per tre anni e più ha avuto a trattare questa quistione coi Ministri di S. M. Britannica, ed a cui apparteneva per conseguenza di conoscere appieno le disposizioni di quel Governo nell'eventualità che si stava preparando. La verità è che quel colloquio non fu noto ad alcuno a Berlino, nè esso sarebbe mai venuto in luce se non fosse pei negoziati che seguirono di poi a Londra. Delle determinazioni prese successivamente dal Governo di Francia, degli accordi intervenuti fra questo ed il Gabinetto di San Giacomo, degli effetti che ne seguirono io declino con tutta l'energia del mio animo ogni specie di responsabilità, chè a me non spettava d'illuminare il R. Governo da Costantinopoli sopra i fatti che andavano svolgendosi a poco a poco a Parigi ed a Londra, e che per dir vero non erano assai difficili a prevedersi. Io sono sempre pronto a portare tutta la responsabilità de' miei atti, non quella degli altri. Per oggi mi limito a questo ...

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Comunicare al Generale Robilant le listruzioni impartite al Cav·alier De Martino [cfr. n. 69]. Senza volerei punto intromettere nelle controversie d'ordine interno che si agitano nel Principato, •anche noi desideriamo che siano risparmiate alla Bulgaria e all'Europa contingenze piene dii dubbiezza e di pericoli.

(2) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

54

IL CAPITANO INCISA ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. Roma, 23 giugno 1881, ore 7,10.

Depretis me charge de vous télégraphier qu'il fait appel a votre patriotisme, à votre dévouement au Roi, à votre amitié pour lui. Il a dit que votre démission dans les circonstances actuelles aurait des conséquences très graves. La surexcitation des esprits en Italie est très vive partout. Dans les villes les plus importantes il y a des démonstrations populaires antifrançaises très prononcées. On a donné aux préfets des instructions sévères pour empécher et reprimer toute manifestation qui pourrait compromettre nos rapports avec la France mais le mouvement qui s'est manifesté ne s'est pas encore arrété. Mancini vous envoie ce soir un télégramme (l) qui expliquera son télégramme précédent (2). Dans la situation actuelle des choses votre démission aurait l'im

portance d'un acte du Gouvernement italien hostile à la France sous la pression des manifestations populaires. Il le repète c'est un appel à votre bienveillance pour lui; !es difficultés qui entourent le Gouvernement sont énormes; votre démission Ies rendrait insurmontables. Le Président du Conseil m'a dit de vive voix pour V. E. que la dépèche qui vous a deplu n'était pas de Blanc mais de Mancini lui méme, qu'il faut avoir un peu de patience; que c'est sa manière de faire autocratique; Depretis finira entièrement de lire votre correspondance à midi. Il m'a dit d'attendre votre réponse; ainsi je ne partirai pas aujourd'hui. J'ai aussi vu Mancini hier au soir; il me parait beaucoup plus conciliant et me dit qu'il vous aime beaucoup.

(l) -Cfr. n. 60, in realtà del 24 giugno. (2) -Cfr. n. 50.
55

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 988. Parigi, 23 giugno 1881, ore 14,42 (per. ore 16,30).

Mon dernier télégramme d'hier {1), si V. E. veut bien le relire, faisait allusion d'une façon, à mon avis assez claire, à une possible influence étrangère qui pourrait bien étre la meme qui vient de pousser la France à Tunis. Il est évident dès lors que V. E. devait savoir à quoi s'en tenir mieux que moi, car Elle réunit dans ses mains les informations de tous les représentants d'Italie à l'étranger. Voilà dane ce que mon télégramme voulait dire et si V. E. ne savait pas encore ce que j'allais probablement lui écrire à ce sujet, ma correspondance de forme officielle et privée avec votre prédécesseur est là que je l'ai toujours bien renseigné. Il me reste après cela à déclarer à V. E. que je ne saurais tolérer que l'an me parle d'une manière aussi peu mesurée qui n'est pas meme admise dans le langage militaire si dur et impérieux de sa nature. Votre télégramme (2) m'a froissé; V. E. a mes démissions. Je la prie de Ies soumettre au Roi sans retard et de m'autoriser par télégramme à remettre l'ambassade au baron Marochetti.

56

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 993. Londra, 23 giugno 1881, ore 21,20 (per. ore 23,45).

Voicl le résumé des instructions donnés au consul anglals à Tunis, telles que me l'a exposées Granville: 1° Il ne doit point se préoccuper du décret qui institue Roustan camme intermédiaire des affaires étrangères du Bey. Il évi

tera toute démarche qui pourrait provoquer une discussion, soit avec le Gouvernement du Bey, soit avec M. Roustan au sujet des fonctions que celui-ci s'est arrogées. 2° Les jurisconsultes de la Couronne ayant décidé que le nouvel état de choses à Tunis ne portait aucune atteinte aux droits qui appartiennent à l'Angleterre en vertu des traités, le consul continuera à expédier Ies affaires comme auparavant, sans tenir compte du changement de personnes. Il se mettra en relation avec Roustan lorsque le Gouvernement du Bey l'adressera à ce dernier, pour faire parvenir ses propres communications. 3° Plusieurs questions à régler restent encore en suspens, comme celle du domicile de Roustan en sa qualité d'intermédiaire du Bey. Je crois que la juridiction exercée par la Cour d'Aix dans les questions d'appel, preoccupe également le Cabinet anglais, mais toutes ces questions se résoudront au fur et à mesure que les cas se présenteront.

(l) -Cfr. n. 49. (2) -Cfr. n. 50.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2104. Therapia, 23 giugno 1881 (per. il 30).

Al telegramma che indirizzai al signor ministro degli Affari Esteri, li 21 del presente, riguardo alla Commissione di evacuazione, S. E. mi rispondeva ieri sera per telegrafo: la prima zona essendo Arta, i commissari delle potenze avrebbero a trasferirsi a questa località; essi vi sarebbero raggiunti dai delegati ottomani.

Non trovando questa risposta assai soddisfacente, ed essendo, d'altra parte, urgente di prendere una risoluzione riguardo alla partenza dei commissari, convocai i miei colleghi per stamane, affine di deliberare in proposito. E fu deciso d'invitare i commissari a partire domani sul vapore del Lloyd, passando per Corfù, dove troverebbero delle comunicazioni ulteriori da nostra parte; noi faremmo, intanto, le più calde pratiche presso la Sublime Porta affine di far dare all'autorità competente le istruzioni necessarie per metterli in grado d'entrare immediatamente nell'esercizio delle loro funzioni, e per facilitare loro il viaggio fino ad Arta. E fu, in pari tempo, mandata alla Sublime Porta la nota di cui unisco copia al presente (2).

L'E. V. conosce come, per l'articolo 18 della convenzione, la Turchia e la Grecia avessero a firmare immediatamente una convenzione identica. S'interposero per noi ripetute sollecitazioni presso la Sublime Porta affine si addivenisse a questa formalità, per la quale il ministro di Grecia aveva ricevuto gl'idonei pieni poteri. Ma queste pratiche rimasero vane finora, la Sublime Porta allegando non essere venuto l'Iradé ad hoc da Palazzo.

L'Ambasciatore d'Inghilterra ne fece ieri parola a S. M. il Sultano, ma non ne riceveva che una risposta evasiva. Ed oggi i nostri dragomanni hanno l'istru

zione d'intrattenerne nuovamente il signor ministro degli affari esteri, nè si cesserà d'insistere in proposito. Quest'indugio, però, non porta alcun ostacolo, né ritardo, all'esecuzione della convenzione, poichè ebbimo cura, e non a caso, di stabilire tutte le relative date dallo scambio delle ratifiche colle Potenze.

(l) -Ed. in LV 31, p. 215 (2) -Non si pubblica.
58

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIA'LE 246. Atene, 23 giugno 1881 (per. il 28).

La crisi che attraversa la Bulgaria, e che accenna ad una soluzione violenta e radicale, senza impensierire oltre modo il gabinetto di Atene, è tale pertanto da richiamare la sua attenzione.

Mi è avvenuto di discorrerne col signor Comondours, ed ho potuto trarre, dalle sue parole, la persuasione come un voto favorevole della grande assemblea, che si riunirà ben presto a Sistovo, al manifesto del principe Alessandro tornerebbe più gradito in Grecia che la partenza di lui. E siffatta preferenza trova la sua origine nella tema di vedere anche il nuovo principato fatto segno alla cupidigia di casa d'Austria, la cui influenza, in tal caso, non avrebbe più limiti nella penisola balcanica.

Dal momento in cui la Russia, per debolezza interna, ebbe a subire l'umiliazione di una revisione dei patti di S. Stefano, ottenuti a prezzo di sanguinosi trionfi, e a sottoscrivere all'occupazione della Bosnia e della Erzegovina per parte di una potenza rimasta spettatrice impavida della guerra combattuta, il primato in Oriente dovea necessariamente trasferirsi nelle mani di questa stessa potenza; onde è pur naturale che i timori e le diffidenze nutriti sempre mai dalla Grecia verso la Russia mutino oggi d'indirizzo. Queste apprensioni assumono più serie proporzioni in quanto che è nota purtroppo la superiorità di assorbimento materiale e morale di casa di Absburgo, la quale, se non riesce a fondere le varie nazionalità che frastagliano 1 suoi vasti doIninii possiede incontestabilmente il segreto di sapersele assimilare. Tutti i mezzi le sembrano buoni se proficui, ed una volta l'ingrandimento conseguito, sia che occupi, sia che conquida, la sua tradizionale burocrazia, avvicendando le blandizie col sommo rigore, provvede al resto.

La propaganda Koutzo-Valaca, le continue velleità albanesi, ora contro il Sultano, ora contro questo reame, sono, dicesi, armi di fabbrica viennese, destinate un giorno a fiaccare la resistenza ottomana ed a moderare le ambizioni elleniche.

Il Sovrano e gli uomini di Stato della Grecia non si dissimulano probabilmente siffatte cose, ed allorché il pacifico possesso dei nuovi acquisti sarà compiuto, la principale attenzione sarà senza dubbio e con ragione, rivolta verso la politica austro-ungherese i cui progressi in Oriente qui destano i più seri timori.

Si lamenta da tutti i partiti l'oltraggio recato dal principe Alessandro alle istituzioni liberali, ma, non paventandosi da alcuna che il contagio oltrepassi i Balkani, si fanno fervidi voti perché la grande assemblea si pronunzi in suo favore.

59

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 65. Assab, 23 giugno 1881.

Al momento di chiudere la posta è giunta in porto la corvetta inglese «Dragon ~ portandomi da Aden il telegramma dell'E. V. del 20 corrente (1). Secondo le istruzioni contenutevi l'ho comunicato al Comandante Frigerio, il quale parte stamani per Beilul per assistere all"l.nchiesta. Così avendo deciso cotesto R.· Ministero a noi non resta che ad obbedire. Sembrava però a me che noi essendo gli offesi e in paese che non può dirsi di nessuno, a noi stesse unicamente il sincerarci chi fossero i colpevoli e punirli in conseguenza. Col sistema adottato saranno invece le nostre navi da guerra che aiuteranno gli Egiziani a prendere possesso di Beilul che non avevano mai fatto e che non avrebbero neppure adesso osato di fare se noi non avessimo consentito a scortarli. L'Inghilterra ottiene da parte nostra la desiderata ricognizione di sovranità Egiziana sulla costa Danakil, contro la quale, interpreto i documenti passati noi avevamo fin qui e giustamente protestato. Noi invece perdiamo ogni mezzo di raggiungere i colpevoli. L'inchiesta per chi conosce il paese è completamente inutile per la impossibilità di ottenere testimonianze. Essa non farà che provare che Achito aveva consigliato alla spedizione di non andare, ma non proverà certamente quello che noi già sappiamo, che 32 persone partirono da Beilul contemporaneamente ai nostri e con l'intenzione di trucidarli, che il piano fu quasi pubblicamente discusso nel villaggio e che i capi non si opposero stipulando solo che l'attacco seguisse lontano dal paese, che capo dei 32, di alcuni dei quali possiamo dare i nomi, fu un tale Ummade Ibrahim quegli stesso che per 405 giorni servì di guida al Gìulietti e che appartiene al villaggio di Beilul, che colui sotto la cui direzione l'attacco è Ibuahan, lo sceiko di Biru il quale parte almeno dell'anno dimora a Beilul, che fu un di lui figlio Anfari il quale con tre colpi di lancia uccise Gambetta rkevendone un colpo di revolver che gli sfiorò la testa asportandone la pelle e i capelli, che pochi giorni or sono tre di coloro che presero parte all'attacco passeggiavano impunemente le strade di Beilul portando al braccio l'anello di ferro che i Danakil sogliano portare in segno di vittoria, ed uno di loro con addosso una fascia che dalla descrizione fu riconosciuta come quello del tenente Biglieri, e che appena successo il fatto tanto lo sceiko Mahmud che è il vero capo del villaggio, quanto Ornar figlio di Achito si misero in campagna per prender parte anch'essi al bottino.

Ad ogni modo dopo la decisione del Ministero la cosa esce completamente dalla mia competenza: io mi limito quindi a dichiarare che se dentro un certo tempo noi non avremo dato di fronte ai Danakil qualche segno del vigore, lo non rispondo senza una guarnigione e delle serie precauzioni neppure della sicurezza della fattoria.

,._

P. S. Il commendator Frigerio mi incarica di dire che egli parte da qui 5 ore dopo il « Dragon » perché questo possa al suo arrivo in Beilul cercare di ottenere qualche informazione che non gli sarebbe data alla presenza di una nave da guerra italiana.

(l) T. 561 in realtà del 19 giugno, non pubblicato.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 579. Roma, 24 giugno 1881, ore 23,55.

Appréciant les derniers événements, V. E. manifestait sa crainte que l'on cherchàt à pousser la France et l'Italie aux dernières extrémités (1), et ajoutait que je devais savoir là-dessus à quoi m'en tenir. Ma réponse (2) ne pouvait avoir d'autre but que d'engager V. E. à partager la responsabilité dont elle me chargeait. Le Gouvernement du Roi s'attendait de votre haute capacité un conseil sur une situation nouvelle, ainsi que ses appréciations sur les intentions du Gouvernement français et sur les dangers dont l'Italie pourrait etre menacée. J'ai donc rempli un devoir et témoigné de ma confiance envers V. E. avec un langage qui n'a rien de moins convenable, surtout pour sauvegarder des intérets de premier ordre de notre patrie. Le Conseil des ministres n'a pas jusqu'ici délibéré sur vos démissions. Leur acceptation corncidant avec les événements de Marseille pourrait donner lieu à des interprétations blessantes que mes égards personnels envers V. E. m'imposent d'éviter. Aussitòt qu'une situation normale sera rétablie j'insisterai pour une délibération en soumettant au Conseil votre correspondance et j'aurai l'honneur de vous communiquer ses décisions.

61

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1004. Parigi, 25 giugno 1881, ore 15,25 (per. ore 17).

Je remercie v. E. des explications qu'elle a eu la bonté de me donner dans un télégramme de cette nuit (3). Il était loin de ma pensée d'en deman

der. Je me suis borné à la prier de soumettre sans retard à la signature du Roi le décret de ma démission (1). V. E. parait craindre que son acceptation en ce moment-ci puisse donner lieu à des interprétations blessantes pour moi. Je suis touché de l'intérllt qu'elle veut bien me témoigner; mais je dois la prier de nouveau de m'obtenir de suite ma démission sans se préoccuper le moins du monde de ce qu'on pourra dire sur mon compte.

(l) -Cfr. n. 49. (2) -Cfr. n. 50. (3) -Cfr. n. 60.
62

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 768. Alessandria, 25 giugno 1881 (per. il 3 luglio).

Le informazioni di questo Agente inglese al Foreign Office, che l'E. V. mi ha comunicate con telegramma del 25 corrente (3) sono inesatte, come ha potuto assicurarsene dalla nota di questo Governo in data del 19 della quale ho trasmesso copia con il mio rapporto di n. 766 (4).

Questo Governo non crede all'eventualità che le autorità locali possano, in caso di bisogno, necessitare dell'assistenza della R. Corvetta «Ettore Fieramosca», tanto più che il delitto è stato commesso nell'interno, e che i colpevoli dovranno ricercarsi lontano dalle coste; ma giammai nelle conferenze e col Khedive, e con i suoi Ministri, che hanno preceduto lo scambio delle note ufficiali per stabilire l'inchiesta, e posteriormente, si è da essi fatta la massima obiezione al giusto desiderio del R. Governo che l'« Ettore Fieramosca » stazionasse a Beilul durante l'inchiesta. Anzi allorché officiosamente informai questo Ministro degli Affari Esteri della probabile presenza anche di un legno da guerra inglese, Egli mi disse: «La présence de ces navires produira un bon effet sur les populations ». E qualora il Governo egiziano mi avesse fatta la più piccola obiezione, non mi sarei certamente trattenuto di darne all'E. V. immediata informazione telegrafica.

Debbo dunque supporre ad un malinteso dell'Agente inglese, al quale però certamente dev'essere stata comunicata la nota direttami da questo Governo in data del 19 ed io stesso gliene partecipai verbalmente il contenuto. Oso sperare quindi che il mio telegramma del 25 (5) abbia chiarito ogni dubbio, e che non sia stata revocata la necessaria presenza della corvetta a Beilul.

" Il R. Commissario mi ha diretto da Aden, in data del 13 corrente una nota ufficiale notificandomi le prime notizie della catastrofe che io conoscevo

dai telegrammi di V. E. (l). II Cav. Branchi, non ammettendo la sovranità dell'Egitto su Beilul, mi scrive di aver proposto al R. Governo, d'accordo col Comandante Frigerio, di fare uno sbarco, catturare quante più persone influenti si possano avere, e tenerle come ostaggi fino a tanto che non sla consegnato il capo che diresse l'eccidio, e coloro che vi sono più implicati.

Non saprei associarmi a questa proposta. •

Nella mia piccola opinione l'E. V. ha adottata la via più saggia, la più prudente, e nello stesso tempo la più efficace per arrivare a risultati pratici, e nell'incidente doloroso che deploriamo, e più per l'avvenire del nostro stabilimento ad Assab. La vera giustizia finisce per esser apprezzata anche dai selvaggi. La ingiustizia e la tirannia li rende implacabili nemici. * Ma valga l'esempio dello stesso fatto di Zeila, citato dal R. Commissario per consigliare di seguire le orme della Francia. Furono impiccati degli innocenti: il vero capo che fece uccidere l'Agente Consolare francese, Abu Baker n'ebbe onori e potenza, tanto che ora Io stesso Governo egiziano Io teme: crebbero a dismisura l'odio contro gli stranieri, ed i pericoli d'internarsi in quelle regioni. * Lo vediamo ogni giorno quale spirito di vendetta ha eccitato contro il nome Egiziano in tutte le contrade dei Grandi Laghi, del fiume Bakher el Ghazel, la spedizione dell'inglese Baker Pascià, che vi avanzava mitragliando intere popolazioni.

La proposta del Cav. Branchi ci renderebbe nemici implacabili quelle orde di selvaggi, quando non fossero colpiti i veri colpevoli del misfatto: darebbe campo al Governo egiziano, che ha agito, ed agisce sempre per eccitamento dell'Inghilterra, di sollevare una questione di diritto: rinforzerebbe Ie apprensioni dell'Inghilterra, che potrebbe prenderne pretesto per immischiarsi direttamente nella questione. A me consta positivamente che questo Agente inglese abbia appoggiata con calore la nostra domanda che si proceda ad una rigorosa inchiesta, ed alla punizione dei colpevoli, allorché si assicurò che da noi si riconosceva la giurisdizione di questo Governo su Beilul.

Né può negarsi che l'Egitto abbia giurisdizione su quel territorio. Ammettendosi anche e dall'Egitto, e dall'Inghilterra, ciò che abbiamo sempre sostenuto, che tutto il territorio dei Danakil non è mai stato sottoposto alla sovranità della Turchia e dell'Egitto, come noi abbiamo preso possesso di Assab, egual diritto ha avuto l'Egitto di prender possesso di Beilul. Atto di possesso l'Egitto lo ha fatto in Assab, soltanto mi sono assicurato, e da persone che presero parte al Governo dell'Egitto, che lo ha fatto dopo di aver noi preso possesso di Assab, e perciò non è a temersi il dubbio, che manifestai nel mio rapporto di n. 766, che il nostro riconoscimento della giurisdizione egiziana su Beilul potesse infirmare quella dell'Italia su di Assab.

Ammessi questi principi, quali li hanno ammessi i telegrammi dì V. E., è di assoluta competenza del Governo egiziano la punizione dei delitti sul suo territorio ed a lui ne ricade tutta la responsabilità.

* Se sia stato saggio ad assumere questa responsabilità, è affar suo -se l'autorità che vanta in quelle regioni sia effettiva o nominale, è affar suo.

L'opinione dei più è che sarebbe stato molto più saggio consiglio di abbandonare le vanitose pretese di sovranità in quelle contrade. *

Ora egli ha assunto un impegno dal quale non può svincolarsi se non che con la riuscita del suo intento, o con un insuccesso. Io credo che si sia fermamente proposto di agire con buona fede, e con energia. Se ottiene l'intento, se proverà di avere una autorità reale su quel territorio, non può disconoscersi che sarebbe più vantaggioso per l'avvenire d'Assab di avere per vicino un Governo costituito, piuttosto che avere limitrofe popolazioni selvagge nemiche. Se va incontro ad un insuccesso, e debbo dire all'E. V. che questa è l'opinione generale, sarà sciolto quel problema che ha intralciato finora la nostra libertà d'azione in Assab, e l'Inghilterra si vedrà costretta a non farsi più campione a sostenere infondati diritti dell'Egitto e della Turchia. Ed allora invece non potrà essere contrastato il diritto del R. Governo di garantire gli interessi e la vita degli Italiani, di punire gli attentati, i misfatti, che si commettono da quelle popolazioni. * Ed allora non solo mi associerei alla proposta del Cav. Branchi. ma consiglierei l'occupazione di Beilul, e di quant'altro territorio fosse creduto necessario per la sicurezza, lo sviluppo, e l'avvenire d'Assab. *

In conclusione sarebbe mio pensiero di non uscire dalla legalità, di non precipitare gli eventi con avventure azzardose, di attendere l'opportunità per agire con sicurezza, con diritto, e con successo.

* Prego l'E. V. di volermi perdonare se mi sono permesso di entrare in un campo di considerazione che non è di mia competenza. *

Per riparazioni indispensabili al vapore che deve condurlo a Beilul, Ruschdi Pascià partirà da Suez dopodimani 27 corrente. Imbarcherà due compagnie di truppe a Massawa.

* Con lettera particolare, unita alla nota officiale, il Cav. Branchi m'informa confidenzialmente che Gordon Pascià, ex Governatore Generale del Sudan, di passaggio in Aden, sentito del massacro della spedizione Giulietti, ha mandato a dire al R. Console signor Bienenfeld, che non dubita un momento che tutto ciò sia stato istigato dal Governatore di Massawa. Sarebbe poco prudente di accogliere ciecamente le insinuazioni di Gordon Pascià, che dal momento del suo licenziamento ha intrapresa con la stampa una guerra così accanita contro questo Governo; ma d'altra parte non bisogna perder le di vista. Non era possibile farne a questo Governo una comunicazione ufficiale, poiché non si potrebbe supporre che il Governatore di Massawa avrebbe agito di motu proprio. Ne ho però confidenzialmente informato questo Ministro degli Esteri, nel senso dell'interesse che deve avere questo Governo a procedere lealmente, e a non dare appiglio ad ingiuriosi sospetti. Questo Ministro ha naturalmente respinto l'accusa con indignazione, ma non ha potuto nascondere la contrarietà che la stampa potesse occuparsene. Il mio scopo è stato di convincerli di non affidarsi al tempo, con la lusinga che il tempo potesse calmare la nostra giusta irritazione, o che una ambigua soluzione potrebbe appagarci.

L'E. V. però deve riconoscere che passeranno non meno di due mesi prima che si possa sapere qualche risultato dell'inchiesta. *

(l) -Cfr. n. 55. (2) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti, in LV 32, pp. 18-19. (3) -T. 578, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 46. (5) -T. 1000, non pubblicato.

(1) Olr. n. 33.

63

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 170. Bucarest, 26 giugno 1881 (per. il 3 luglio).

La tendenza manifesta della diplomazia dei Gabinetti nordici a favorire l'espansione della supremazia austriaca in tutta la regione danubiana venne ad urtare un solo ostacolo, la resistenza della Rumania nella quistione del regolamento di navigazione fra Galatz e le porte di ferro.

Esposi in un rapporto di questa serie che porta la data del 22 agosto dell'anno passato (1), tutti i successi, che quella diplomazia avea ottenuti dal 1878 in poi e come i medesimi fossero ad un tratto compromessi per avere il Gabinetto viennese troppo presunto del suo ascendente sovra il piccolo Stato rumeno.

Nell'anno or decorso, la stessa quistione danubiana ha mantenuto vivo lo spirito di resistenza dei Rumeni verso la vicina monarchia, la quale ha fatto però, nello stesso periodo di tempo, passi giganteschi per assoggettare ai suoi voleri i Governi della riva destra del Danubio. Non è mestieri ricordare ciò che è accaduto in Serbia perchè quel Governo principesco non ha saputo trovare, neppure nei patti da lui firmati con altri Governi, il mezzo di resistere alla pressione del Gabinetto austro-ungarico. Ciò che si prepara in Bulgaria vuolsi sia stato concertato nell'ultimo passaggio del principe Alessandro per Vienna e Berlino e che l'eventuale resistenza dei Bulgari al loro principe potrebbe essere il segnale del principio di una politica d'intervenzione militare che avrebbe per effetto di mettere in mano di presidi austriaci il quadrilatero bulgaro, Sciumla Roustchouk e Varna, con l'aggiunto di Vidin che comanda la principale strada che conduce al cuore della regione balcanica.

Queste cose si osservano e si dicono qui fra gli uomini ai quali preme mantenere incolume l'indipendenza nazionale appena acquistata. E se dell'ultimo mutamento ministeriale avvenuto in Bucarest si volesse trovare la cagione vera, si dovrebbe in null'altro ricercare che nella opinione che era invalsa non essere il Signor Demetrio Bratianu tal uomo da saperne imporre al capo dello Stato nel caso mai questi si piegasse alle esortazioni od alle intimazioni dell'estero. A premunire il Sovrano contro le proprie debolezze, si schierarono ai suoi fianchi come consiglieri della corona, i capi del partito nazionale, il Signor Giovanni Bratianu ed il Signor Rossetti, veterani entrambi ai quali sarebbe riuscito gradito il riposo se le circostanze loro l'avessero consentito.

Sperano ancora questi Signori che l'assemblea di Sistovo non abbia ad opporre resistenza ai voleri del principe Alessandro. Essi vedono nel compimento di questa loro speranza il solo modo di evitare gravissime perturbazioni le quali porrebbero la Rumania in posizione difficilissima. Le esortazioni che partono di qui per i Bulgari, antichi emigrati ed ospiti della Rumania, sono in questo senso e della loro sincerità sono garanti gl'interessi rumeni che in caso diverso correrebbero serio pericolo.

Questa, Signor Ministro, è la situazione presente del paese presso il quale ho l'onore di rappresentare il Governo di Sua Maestà.

In tale situazione l'esito dei dibattimenti di Galatz aveva un'importanza speciale tanto al punto di vista dell'appoggio morale che ne emergeva per il partito nazionale rumeno, quanto per infrenare certe impazienze che, qualora fosse stato dimostrato non trovare più alcun ostacolo la espansione austriaca in questa regione, avrebbero potuto manifestarsi nelle forme le più assolute e prepotenti.

Il sottomettere alla sua supremazia incontestata tutta la regione del Danubio pare debba essere per l'Austria Ungheria il passo decisivo che deve permetterle il compimento di altro disegno forse già maturato e che ha per obbiettivo la valle del Vardar. Nell'opera sua il Gabinetto di Vienna era da prima strenuamente favorito dall'appoggio di quello di Berlino, dalla astensione calcolata di quello di Pietroburgo. L'appoggio della Germania non gli è venuto a mancare. Sul contegno della Russia pare siano nati alcuni dubbi.

V. E. che ben conosce con quanta cura la politica italiana sia stata rivolta dal 1876 in poi non a promuovere, ma a frenare troppo rapidi rivolgimenti che si sarebbero compiuti in opposizione al principio nazionale sul quale l'Italia è costituita, vedrà come anche nella quistione della navigazione danubiana si tratti sostanzialmente di conservare lo stato di cose che al congresso di Parigi fu stabilito per dare salda base alla ricostituzione delle popolazioni danubiane a vita economica e politica indipendente. Tutto ciò che, nella sfera di azione che spetta al Governo nostro, potrà farsi per mantenere la quistione del Danubio nei termini nei quali l'hanno posta i trattati europei, parmi non dover essere negletto, se pure non vogliamo con l'opera nostra contribuire a preparare il compimento di avvenimenti che avrebbero per inevitabile conseguenza di scemare ognor più l'importanza relativa dell'Italia rispetto alle grandi agglomerazioni politiche già esistenti. È per queste ragioni che io scrissi recentemente a V. E., che l'indole altamente politica degli interessi che si connettono con le risoluzioni da prendersi nella quistione danubiana, fa di questa una delle più delicate che l'applicazione del trattato di Berlino ha fatto sorgere.

(l) Non pubblicato nel vol. XIII della serie II.

64

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2827. Berlino, 27 giugno 1881 (per. il 3 luglio).

Un certain optimisme se manifeste ici dans les regwns officielles à l'égard de la France, surtout depuis les derniers échecs parlementaires de M. Gambetta. La position du président actuel de la République en a été raffermie et il peut se rendre le témoignage que son calme et sa réserve stoYque ont eu gain de cause. Les prochaines élections auront lieu dans des conditions qui mettront une limite aux projets ambitieux de son compétiteur. Celui-ci conservera sans doute une piace éminente parmi Ies élus de la nation, mais le danger qui résulterait de son élévation a diminué par ses échecs récents. Lors mème que son avènement au pouvoir n'aurait pas signifié une guerre à courte échéance, il n'aurait pas moins entretenu en Europe de continuelles appréhensions.

Le fait est que l'attitude de la presse inspirée continue à etre très amicale pour la France. Les officieux n'admettent pas l'existence d'un antagonisme d'intérets fatai et permanent entre Ies deux Pays. En 1870 l'Allemagne a repoussé une agression injuste et obtenu par la paix de Francfort Ies garanties nécessaires pour donner au vaincu le sentiment qu'il s'exposerait à des désastres plus grands encore s'il voulait tenter une seconde fois la fortune des armes. Si la France comprend la portée de cette démonstration, tout ira bien. Loin de songer à l'annihiler ou à la mutiler, l'Allemagne assiste sans inquiétude et meme avec satisfaction au relèvement intérieur de son voisin, et aux efforts du Cabinet de Paris pour diriger d'une autre còté e besoin d'expansion qui jadis le poussait vers la frontière Rhénane. Les journaux officieux Iaissent entrevoir que MM. Grevy et Barthélemy Saint Hilaire sont disposés à entrer dans Ies vues du Prince de Bismarck. S'ils ne l'ont pas encore fait ostensiblement, c'est qu'ils redoutaient le prestige de M. Gambetta et son action sur l'opinion publique. Désormais le Gouvernement français n'aura plus à compter autant avec l'exdictateur, et Ies relations entre Ies deux Pays prendront une tournure de plus en plus rassurante.

L'avenir prouvera si ces appréciations cadrent avec la réalité des choses.

M. Gambetta considère-t-il la partie comme compromise sans espoir? Malgré les récentes déceptions qui lui ont été infligées, ne restera-t-il pas un des principaux facteurs avec Iequel il faut compter? N'y a-t-il pas dans le Cabinet trois Ministres qui prennent le mot d'ordre au Palais Bourbon? Un vote du Sénat, et meme de la Chambre des Députés peut-il ébranler un homme arrivé au point où on l'a Iaissé venir? S'il existe ici un sentiment de sécurité, causé aussl par la diversion tunisienne contre laquelle le Cabinet de Berlin n'a dit mot; si les Français semblent se détourner de l'Alsace-Lorraine et concentrer leur attention sur les intérets africains, rien ne démontre qu'à la première occasion favorable on ne cherchera pas à recommencer l'aventure de 1870. Le Chancelier désire sans doute arriver à une sorte de compromis donnant à la France une satisfaction partielle aux dépens de tiers; mais la force des choses, les passions qui dans ce pays jouent un si grand ròle, pourraient bien rendre illusoire l'arrangement qu'implique l'adhésion de l'Allemagne au programme tunisien.

Quoi qu'il en soit, cette confiance affectée ou sérieuse de l'Allemagne, la sécurité basée sur ce qu'elle croit détourner tout attaque de ses frontières, en laissant en quelque sorte carte bianche à la France dans d'autres directions, ce fait doit nous donner beaucoup à réfléchir. L'expédition de Tunis a été un premier pas dans cette voie. On voudrait mettre maintenant une sourdine, nous faire envisager cette expédition (circulaire de M. Barthélemy Saint Hilaire du 20 juin) sous les déhors Ies plus honnetes et les plus pacifiques. C'est jouer sur les mots et se moquer du public. Jamais les faits n'ont été en contradiction plus flagrante avec les déclarations. L'étrange doctrine des Kroumirs pourrait à un moment donné résusciter vers d'autres points de la frontière française.

mème sur notre continent. Et quand on pense que, sauf l'Italie et l'Angleterre, l'Europe ferme les yeux sur de telles équipées, nous devons nous tenir comme avertis contre les aspirations d'un patriotisme aveugle.

Puisque nous nous trouvions isolés notamment dans cette question O'appui moral de la Grande Bretagne ne changeant rien à cette situation), il était sage de ne pas nous répandre en vaines récriminatons sur Tunis et sur l'épilogue de Marseille. Ce sont là des faits que nous ne sommes en état ni de redresser, ni meme de modifier. Il n'y a qu'une manière de les dominer en partie du moins, si on ne veut pas etre absolument et irrévocablement dominés par eux, c'est de s'élever assez pour les regarder de haut, et de s'armer de sang froid et surtout de vrai patriotisme et de raison. Les discours prononcés à la Chambre par le President du Conseil et par V. E. ont obtenu l'assentiment de tous les esprits réfléchis. En effet des assurances qui dépasseraient des déclarations générales d'amitié et de bon vouloir, iraient au-delà du but, et blesseraient notre dignité. Nous devons réserver nos appréciations sur ce qui vient de se passer.

Bref, nous n'avons rien de bon à attendre de la France, ni sous le Ministère actuel, ni sous la domination de M. Gambetta. Une intimité avec l'Allemagne -intimité très à l'arrière plan aujourd'hui -qui n'aurait point le contrepoids d'un rapprochement préalable avec l'Autriche, ne nous fournirait pas de solides garanties. Je ne puis que me référer à ce que j'ai écrit à ce sujet dans des rapports précédents, entre autres dans celui n. 2804 du 28 mai échu (l).

J'ai lu avec un vif intéret le N. 290 (2) (XXXIX) des documents diplomatiques. Le Comte de Robilant émet des considérations que je partage pleinement. Ma correspondance en fait foi. Je vois par la réponse de V. E. n. 291 (3) de la meme série que vous vous placez dans le meme courant d'idées. Mettons nous à l'oeuvre dans cette voie, et quoi qu'il arrive nous aurons du moins la conscience de n'avoir rien négligé pour améliorer la situation qui nous est faite par les événements. Mais nous devons avant tout compter sur nous-memes et nous mettre en état de suffire à notre propre défense.

Je me permets de signaler à l'attention de V. E. l'article ci-joint que je détache de la Gazette de Cologne n. 174 du 25 juin (4). Il porte la date de Paris, mais je serais presque tenté de croire qu'il a été composé à Berlin et méme qu'il est de source officieuse, tellement cet article reproduit des arguments ayant cours ici.

65

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1476. Vienna, 27 giugno 1881 (per. il 5 luglio).

Il barone Haymerle prima di partire in congedo nel prendere da me commiato dicevami scherzando «rimettere in mia mano le relazioni fra i nostri

due paesi» e tosto soggiungeva: « du reste du còté de l'ltalie je suis sans crainte jusqu'à mon retour ». Al che io risposi del pari con brevi parole scherzose, senza dissimularmi però che tanto il linguaggio, quanto il tuono del barone Haymerle significavano che l'Italia, trovandosi seriamente impigliata in questo momento con la Francia in conseguenza dell'affare tunisino aveva ad altro da pensare che a dare noia all'Austria e quindi essere egli perfettamente tranquillo che per qualche tempo sarebbe esente da fastidi da parte nostra.

Alcuni giorni [prima] essendo venuto a farmi una visita in campagna si venne a parlare delle relazioni fra l'Austria e l'Italia. Io non mancai di cogliere quella propizia occasione per fargli cenno dei così schietti e leali intendimenti in proposito manifestatimi dall'E. V. fin dal primo momento in cui ebbe ad assumere la direzione degli Affari Esteri (l), e senza entrare in inutili particolari, né formulare inopportunamente speciali dichiarazioni, mi studiai di fare intendere al mio interlocutore che le vedute del R. Governo sulla condotta a seguirsi nelle nostre relazioni colla Monarchia Austro-Ungarica corrispondevano nel modo il più completo ai miei personali sentimenti intorno ai quali il Gabinetto di Vienna non poteva nutrire dubbio di sorta.

S. E. mostrassi soddisfatto di ciò che gli diceva, ma nondimeno si mantenne assai riservato nel rispondermi. Ecco press'a poco ciò ch'egli mi disse: «Se l'Italia ci mette dal canto suo buon volere, le relazioni fra i due Stati non possono che essere buone, nessuno dei due avendo cosa da chiedere all'altro, non si può se non vivere assieme in pace ». Ciò detto, troncò il discorso e parlò d'altro.

Come l'E. V. vede, il barone Haymerle evitò scrupolosamente di accennare a vincoli più stretti fra i due Paesi conseguenza d'interessi o scopi comuni. Vivere con noi in pace ecco tutto ciò che qui si vuole in questo momento. Così stando le cose non ci converrebbe cercar di più; per edificare fa d'uopo che il terreno malamente smosso, si assodi nuovamente. La troppa fretta di raggiungere precisi risultati li comprometterebbe indubbiamente. È d'altronde bene non dissimularsi che assai poco si desidera qui dovere in determinate circostanze ricercare la nostra alleanza e quindi attenerla mediante quegli oneri che non è difficile prevedere. L'Austria ravvisa ben più conforme ai suoi interessi l'averci all'uopo come incondizionati alleati costretti a quel passo dall'isolamento in cui saremmo caduti per colpa nostra o per abilità d'altri. Ciò rende evidentemente abbastanza imbarazzante la nostra presente situazione, ma pur ritengo sia in nostro potere il migliorarla. Con una condotta prudentissima e sempre leale, ma non disgiunta da quella fiducia nella propria forza che una compatta nazione di 28 milioni d'abitanti deve avere, non tarderemo a ristabilire il nostro prestigio purtroppo alquanto scosso in questi ultimi tempi. Non mostrando di ricercare alleanze, lo che farebbe supporre velleità d'avventure acquisteremo credito col miglioramento delle nostre condizioni economiche finanziarie e militari e così il giorno non tarderà a venire in cui chi non sarà stato da noi ricercato spontaneamente st mostrerà compreso dall'interesse di averci in Sua compagnia. Ogni altra maniera di procurarci alleanze nelle presenti nostre contingenze trarrebbe seco,

a mio avviso, non solo gravi disillusioni, ma comprometterebbe anche l'avvenire. Ho creduto dover ritornare su quest'argomento avendo dovuto notare nel leggere i nostri giornali l'insistenz::J. con la quale l'opinione pubblica in Italia si è volta in questi giorni ad eccitare il Governo a stringersi alla Germania ed all'Austria come se per farlo dall'oggi al domani, bastasse il volerlo (1).

(l) -C'l'r. serle Il, vol. XIII, n. 909. (2) -Cfr. n. 10. (3) -Cfr. n. 27.

(4) Non pubbUcato.

(l) Cfr. n. 27.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

D. 943. Roma, 29 giugno 1881.

Nei giorni scorsi, e dopochè, con dispaccio 22 giugno (2), ebbi fatto conoscere a V. E. le nostre prime impressioni circa i fatti di Marsiglia, e le energiche disposizioni prese ad attenuarne, tra noi, il contraccolpo, ho scambiato con

V. E., col console Generale a Marsiglia, e coi Prefetti del Regno, le comunicazioni telegrafiche urgentemente richieste dalle successive esigenze della situazione.

La calma è ora sottentrata all'eccitamento cui avevano soggiaciuto gli animi, e in Italia ed in Francia. E possediamo, d'altronde, oramai un sufficiente complesso di relazioni sicure per ricapitolare imparzialmente ed apprezzare i fatti.

Una prima osservazione è questa: le manifestazioni che, in seguito ai casi di Marsiglia, ebbero luogo in parecchie città italiane, non trascesero mai ad atti di violenza; mentre il Governo tosto prendeva, di fronte ad esse, le più energiche e pronte misure, a tutela dell'ordine, e le interpellanze che, a più riprese, gli venivano rivolte, a tale riguardo, in parlamento, gli fornivano l'opportunità di enunciare le dichiarazioni le più concilianti e le più atte a calmare gli animi, nell'interesse degli amichevoli rapporti fra i due paesi. Non un solo francese ebbe a soffrire ingiuria o danno, e neppure consta che sia stato, in alcun luogo, fatto insulto ad emblemi nazionali francesi. Le autorità civili e militari seppero provvedere a che la folla non potesse accostarsi alle sedi dei consoli francesi o delle rispettive cancellerie.

Questi furono i fatti occorsi; e del contegno delle autorità locali resero onorevole testimonianza i consoli stessi di Francia, in rapporti di cui ebbi dal marchese di Noailles cortese comunicazione. L'Ambasciatore di Francia mi espresse, inoltre, i ringraziamenti del ministro francese degli Esteri per gli sforzi miei intesi a dissipare le prevenzioni e ad eliminare le cause di malintesi fra le due nazioni.

A Marsiglia gli avvenimenti hanno avuto ben diverso carattere e ben altra gravità. Cominciando dall'incidente iniziale del 17 giugno, mi riferisco anzi

61 tutto a quanto già affermai, in proposito, sia al cospetto della Camera, sia nel predetto mio dispaccio del 22 giugno. Un punto non è controverso: che, al passaggio delle truppe francesi reduci di Tunisia sotto la residenza del Club italiano di Marsiglia si udirono dei fischi. Ma qui tosto si affacciarono due versioni diverse: l'una attribuiva i fischi a persone frammiste alla folla e irritate nello scorgere sulla residenza del Club italiano (fregiati essendo di bandiera i balconi e le finestre lungo la strada) stare infissa l'asta priva di bandiera. L'altra versione attribui i fischi a persone che si sarebbero trovate sul balcone del Club italiano. Questa seconda versione ha per unico fondamento le deposizioni raccolte per opera del Prefetto, le quali, comunque si vogliano presentare come una inchiesta completa, sono ben lungi dall'esserlo, constando che il console italiano additò altri testimonii, italiani e francesi, da interrogarsi, nè risulta che questi siano stati chiamati a deporre. Oltre di che non uno, fra i quattordici testimoni interrogati, fu in grado di enunciare una affermazione positiva. Cinque non sanno indicare d'onde venissero i fischi; a sette altri parve di vedere, dietro una finestra, delle persone in atto di recarsi le dita in bocca per fischiare; infine i due ultimi (due ufficiali dello Stato Maggiore del generale Vincendon) argomentano solo dalla direzione che ad essi parve avere il suono dei fischi, e dalla circostanza che, rivoltisi in quel momento verso il balcone del Club, videro allontanarsene le persone che ivi si trovavano.

Di fronte a cosi vaghe indicazioni abbiamo invece, per la prima versione, la sola verosimile, la precisa e pubblica dichiarazione delle poche persone, sole presenti nel Club; tra le quali un francese, il signor Gibon, cosi si esprimeva nella sua lettera pubblicata dal Petit Provençal del 19 giugno: « Le soussigné, sujet français, qui se trouvait, dans l'après-midi du 17, sur le balcon du Club National Italien, au moment du passage des troupes, proteste formellement, per respect pour la vérité contre les accusations répandues dans le public et reproduites par la presse que des sifflets soient parties du balcon, lors du passage de l'armée française. Ni lui, ni aucune des personnes qui se trouvaient en sa compagnie, n'ont fait aucune manifestation hostile à nos braves soldats et il aurait été le premier à reprimer tout acte de ce genre, s'il s'était produit en sa présence, et à en dénoncer les auteurs. Il déclare, en outre, que Ies salles du Club étaient complètement désertes en ce moment là, et que les seules personnes présentes étaient MM. Tonietti père et fils, armateurs, Pieruzzini Henri et Pirro Raffaele, qui se trouvaient près de lui sur le balcon ~

Del resto, il prefetto si mostrò, fin da principio, così poco sicuro della propria opinione, che, nell'ordinanza di chiusura del Club, invocò considerazioni di ordine pubblico, non già colpa alcuna che al Club si potesse imputare.

Non è quindi dubbio, oramai, che la prima provocazione non fu punto imputabile ai nostri connazionali; ed è grandemente rincrescevole che l'opinione pubblica, in Francia, sia rimasta, a questo riguardo sotto l'impressione delle erronee dichiarazioni enunciate nella Camera francese.

Un secondo incidente fu lo sfregio fatto allo stemma del Club per opera, non già di anonimi autori, sibbene di due magistrati municipali, i consiglieri Gelu e Castan, cui non valse a trattenere l'opposizione, dapprima del commissario di polizia, e indi del Prefetto presente sul luogo.

Senza volere qui esaminare se l'atto dei signori Gelu e Castan, quale ingiurioso ed attentatorio ad una proprietà privata, non sia giuridicamente incriminabile, ben lo si deve, ad ogni modo, di fronte a quello che accadde dipoi, qualificare siccome inescusabile e pericolosa provocazione, da cui purtroppo la folla potè vedersi incoraggiata alle violenze che seguirono.

Lo stesso giudizio sembra doversi recare del sindaco di Marsiglia, il quale, nel suo proclama del 18 giugno, troncando di sua autorità ogni dubbio tra le due versioni, imputava al Club italiano la causa dei disordini, ed, accentuando ancora la propria affermazione in un discorso pronunciato sulla tomba dei due francesi morti nei torbidi dei dì successivi, coinvolgeva nell'ingiusto biasimo l'intera colonia italiana di Marsiglia, ed eccitava contro di essa gli odii popolari.

Dopo i primi fatti non è meraviglia se, malgrado gli adoperamenti concilianti del Prefetto e del R. Console generale, malgrado le energiche misure tosto adottate dalle autorità civili e militari, Marsiglia potè, nei giorni 18, 19 e 20, esser teatro di inaudite violenze. Troppa esca erasi aggiunta al fuoco latente, in Marsiglia, per la consueta rivalità di operai indigeni contro i sobri e laboriosi. operai italiani, e per frequenti e anche recenti velleità di sciopero. Si cominciò, da pochi giovinastri, trascinando con ignobili sfregi la bandiera italiana, che però fu loro tolta per opera d'un magistrato municipale; vennero indi gli oltraggi ad italiani, non solo operai, ma di ogni classe; finalmente le aggressioni, la resistenza, le percosse, le reciproche ferite.

Le disgustose scene, narrate con poche varianti dai giornali locali, e indarno travisate dai telegrammi della Agenzia Havas, ebbero, per confessione di imparziali spettatori, tutta la apparenza di una caccia bandita contro gli italiani.

Spettava all'autorità giudiziaria, postasi tosto all'opera con lodevole prontezza, e dimostratasi imparzialmente severa, di pronunziare la sua sentenza sopra ogni singolo caso. Però, dal complesso delle circostanze, dal rispettivo numero e dalla natura stessa delle ferite, e dalle sentenze pronunciate dai magistrati, ben si deduce che, tranne forse qualche raro caso isolato, la provocazione venne da gente del paese, e che gli italiani non esercitarono che un diritto di difesa, l'eccesso del quale apparve scusabile agli occhi dei giudici stessi. Sopra ogni altro sta eloquente il fatto che 16 furono i feriti italiani, sette i feriti francesi, benché di questi, due siano morti, e di quelli, uno solo.

Deplorevole corollario di sì tristi avvenimenti fu questo: che, venute meno, per gll operai italiani in Marsiglia, le guarentigie della pubblica sicurezza, incominciò una improvvisa emigrazione, che prese rapidamente proporzioni enormi.

In pochi giorni furono non meno di mille e settecento gli operai italiani partiti da Marsiglia. Né è d'uopo di notare le tristi conseguenze di un siffatto fenomeno: pericolosa commozione nei porti d'arrivo; non lieve onere per gli indispensabili soccorsi; perturbamento nelle condizioni famigliari ed economiche degli emigrati.

Questo è il racconto sommario dei fatti di Marsiglia; e, come già con telegramma (l) e dispaccio del 22 giugno impartii a V. E. l'istruzione di man

9 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

tenere, in quanto concerne il primo episodio, la giusta versione, cosi stimo ora conveniente di consegnarne l'integrale esposizione, in questo mio dispaccio, per norma del linguaggio dell'E. V. Tanto più ci sembra necessario che rimanga così fissato, in un documento diplomatico, il preciso ricordo di ciò che è avvenuto, in questi ultimi giorni, a Marsiglia e in Italia, in quanto che, ispirati da intenti di conciliazione e di pacificazione, il Presidente del Consiglio ed io, ci sforzammo di attenuare, per quanto stava in noi, nelle nostre dichiarazioni parlamentari, un troppo doloroso raffronto.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: << Rlngr,aziare in modo speeiale di questo e del due precedenti rapporti. Questo terzo rapporto, che entrerà nella serle dei documentA dLplomatici deUa rispettiva serie, parrebbe 'anche dover fornire al Ministero l'occasione di confermare le precedenti dichiarazioni, pur approvando Il riserbo In cui il Generale di Robilant si contenne nei brevi discorsi con Haymerle >>. (2) -Cfr. n. 51.

(l) Cfr. n. 50.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A SANTIAGO, SANMINIATELLI (l)

D. 77. Roma, 29 giugno 1881.

Dal rapporto col quale la S. V. mi comunicava la proposta di una convenzione d'arbitrato (2), che Le era stata fatta da codesto Governo, mi era sembrato di poter argomentare che una proposta analoga sarebbe stata ugualmente presentata alle altre Potenze che hanno, come noi, rilevanti interessi nel Pacifico.

In seguito ad una tale supposizione, io mi son rivolto ai Gabinetti di Parigi e di Londra (3) per conoscere quale accoglienza essi si proponevano di fare alle entrature del Governo di Santiago.

Ho, invece, appreso come quei Gabinetti non avessero finora ricevuto, a quel proposito, alcuna comunicazione dal Governo chileno.

Come ebbi a dirle nel mio dispaccio dell'll corrente (4), per quanto favorevoli in massima ad una proposta che risponde ad un concetto che l'Italia si è sempre studiata di far prevalere, noi non potremmo fin d'ora separare la nostra azione da quella delle altre Potenze, colle quali già ci trolliamo in comunicazione. Siccome però stringe il tempo, e d'altra parte ho motivo di ritenere che il Gabinetto britannico sarebbe disposto a far buon \liso alla proposta di una convenzione d'arbitrato, qualora dal Governo chileno ricevesse formale invito di aderirvi, io La autorizzo, nel caso dì accettazione da parte del suo collega britannico, ad accettare Ella pure la proposta convenzione; e solo mi riservo di renderne più praticamente efficace il valore, con una clausola aggiuntiva che sarò per trasmetterle in breve.

Forse non sarà fuori di proposito che delle buone disposizioni del Governo britannico, Ella renda confidenzialmente edotto il Governo chileno; e ciò per affrettare una conclusione nel comune interesse.

(l) -Eld. in LV 33, p. 75. (2) -Non pubblicato nel vol. XIII della serie II. (3) -Cfr. n. 7. (4) -Cf<r. n. 30.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI

T. 604. Roma, 30 giugno 1881, ore 23,10.

V. E. par sa lettre (l) et par son dernier télégramme (2) m'a mis dans la pénible nécessité de me conformer à son désir et de présenter sans retard llltérieur à Sa Majesté et au Conseil des ministres la confirmation de ses démissions. Le Conseil estimant impossible et sans précédents la commission parlementaire demandée par V. E. pour apprécier sa correspondance avec le Cabinet précédent ou un autre moyen équivalent, et croyant qu'il est un devoir patriotique d'éviter toute publication ou polémique rétrospective, dangereuse pour les bons rapports entre l'Italie et la France, a pleine confiance dans la sagesse de V. E. et avec un véritable regret consent à l'acceptation de ses démissions réitérées des fonctions d'ambassadeur du Roi à Paris. La gestion intérimaire de l'ambassade reste confiée au baron Marochetti camme chargé d'affaires. Mes anciennes relations personnelles avec V. E. me font sentir bien profondément la perte que je fais de sa collaboration autorisée. Je l'assure qu'à la première occasion je ne manquerai pas de prendre, devant le Parlement, la défense des actes de V. E. Sa Majesté s'est réservée de télégraphier et écrire directement à V. E.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI, CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DÌ ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO

T. 605. Roma, 30 giugno 1881, ore 23,55.

Le chargé d'affaires de Russie nous demande, au nom de son Gouvernement, si nous sommes disposés à télégraphier à notre agent à Sophia instruction de se concerter avec ses collègues pour donner lecture et copie au ministre bulgare des affaires étrangères d'une déclaration ainsi conçue: «Les grandes Puissances envisageant la situation présente de la Bulgarie sont tombées d'accord pour respecter l'indépendance du Prince et du peuple de la Bulgarie quant aux affaires intérieures de la Principauté dans les limites des stipulations du traité de Berlin. Camme signataires de ce traité qui a créé la Principauté de Bulgarie dans un intérèt européen et en vue d'assurer la paix de l'Orient, les Puissances ne peuvent que faire des voeux pour que l'union désirable entre prince Alexandre et la nation bulgare qui l'a

élu avec la sanction de l'Europe, soit maintenue afin de préserver le pays d'un état d'anarchie contraire aux vues et aux intérets de l'Europe ~. L'Italie étant tout aussi bien que les autres Puissances signataires du traité de Berlin, intéressée à ce que de nouvelles complications ne se produisent en Orient, nous adhérons volontiers, en ce qui nous concerne, à l'initiative de la Russie.

(Per le Ambasciate) L'agent du Roi à Sofia vient d'etre autorisé à se joindre à la démarche qui serait faite, dans le sens ci-dessus indiqué, par tous ses collègues avec instruction cependant d'y surseoir et d'en référer si quelque Puissance faisait des objections.

(Per Sofia) Vous etes autorisé à vous joindre à la démarche qui serait faite dans le sens ci-dessus par tous vas collègues. Vous devrez naturelleinent y surseoir et m'en référer si quelqu'un de vas collègues faisait des objections.

(l) -Cfr. n. 42. (2) -Cfr. n. 61.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA E A PARIGI, CIALDINI (l)

D. Roma, 30 giugno 1881.

L'E. v. non ignora come il Governo chileno, non appena le sue truppe ebbero occupata la provincia peruviana di Tarapacà, si affrettò ad impossessarsi dei numerosi stabilimenti salnitreri, che formano la ricchezza di quelle contrade.

Questi stabilimenti, già proprietà particolare, erano stati espropriati con legge 28 maggio 1875 dal Governo peruviano, il quale, con decreto del 14 dicembre detto anno, si obbligava a pagare ai proprietari il prezzo della vendita nel termine di due anni, o prima, se possibile, ed a corrispondere nel frattempo l'interesse a ragione dell'8 %.

Ai venditori venivano rilasciati certificati nominali od al portatore, a loro elezione, e si dichiarava espressamente, negli atti di vendita, che le officine e territori venduti restavano specialmente ipotecati fino a che venisse effettuato il pagamento integrale. Non avendo potuto il Governo peruviano effettuare il pagamento nel termine stabilito di due anni, il 13 di luglio 1878 conchiuse col banco La providencia un contratto in forza del quale questo assumeva l'amministrazione delle officine di salnitro e si incaricava della vendita in Europa, obbligandosi al pagamento degli interessi dei certificati menzionati, come anche della ammortizzazione del debito a ragione del 4% annuo.

In questo contratto si dichiarava che il banco La providencia otteneva ipoteca sulle officine e terreni di salnitro espropriati dal Governo per le somme anticipate allo Stato, dovendosi riconoscere come ipoteca anteriore e privilegiata quella pattuita negli atti di compravendita.

Il banco La providencia mantenne fino alla metà del 1879 l'obbligo assunto di pagare gl'interessi dei certificati, e solo ne sospese il pagamento in seguito all'occupazione della provincia di Tarapacà, avvenuta poco tempo

dopo. Da quell'epoca sono oramai trascorsi due anni, senza che il Governo chileno, effettivo possessore delle officine di Tarapacà, che non ha lasciato di sfruttare a proprio vantaggio, si sia curato affatto della triste condizione nella quale trovansi ridotti i possessori di certificati, nè tampoco abbia manifestato l'intenzione di voler regolare la loro posizione per l'avvenire.

È bensì vero che, nelle istruzioni impartite ai suoi delegati alle conferenze di Arica dello scorso anno, il Governo di Santiago dichiarava che, qualora fosse stata ceduta al Chili la provincia di Tarapacà, questo avrebbe assunto sopra di sè quegli stessi oneri che incombevano al Perù. Ma questa dichiarazione ha perduto ogni valore per l'interpretazione restrittiva che le si volle dare in seguito, secondo la quale l'obbligo, cui era disposto a sobbarcarsi il Chili, si doveva intendere condizionato alla cessione formale della provincia di Tarapacà, e, questa cessione non avendo avuto effetto immediato, il Chili si riteneva libero da ogni speciale impegno.

Inoltre, dal complesso delle disposizioni emanate dal Governo di Santiago circa gli stabilimenti salnitreri, parrebbe doversi trarre il dubbio che quel Governo li consideri oramai come proprietà fiscale del Perù.

In questo stato di cose, ignari delle vere intenzioni del Chili, i numerosi italiani possessori di certificati salnitreros si sono rivolti al R. Governo, perché voglia far valere i loro diritti ed impedire che sia consumata, a loro danno, una manifesta spogliazione.

Trattandosi d'interessi rilevantissimi, che abbiamo comuni con altre potenze, i cui sudditi sono pur possessori di certificati per somme ingenti, prima di muovere alcun passo presso il Gabinetto di Santiago, noi gradiremmo di conoscere se codesto Governo sarebbe disposto ad entrare. con noi, in uno scambio di idee circa il modo più opportuno di iniziare un'azione comune.

L'E. V. vorrà intrattenere opportunamente codesto ministro degli esteri del desiderio del R. Governo, e mi farà quindi conoscere le sue intenzioni in proposito.

(l) Ed., con a!{!Une varianti, in LV 33, pp. 80-81.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 30 giugno 1881.

Je transmets au Ministère avec la présente expédition un rapport du comte Tornielli (l) dont j'ai pris connaissance l'ayant reçu sous pli ouvert à mon adresse. Le Ministre du Roi à Bukarest aurait raison dans ce qu'il dit, si nos circonstances étaient autres qu'elles ne sont; mais en l'état des choses je persiste à croire qu'il est d'une nécessité suprème pour nous de ne pas aigrir l'Autriche en persistant dans une hostilité qui ne saurait du reste avoir aucun résultat pratique. J'ai écrit à ce sujet assez au long à mon collègue à Bukarest mais ce que je lui dis moi ne saurait produire beaucoup

d'effet. Je croirais donc indispensable que le Ministère verse lui de l'eau dans ce vin trop généreux (l).

On me fait ici des allusions continuelles à l'action hostile du comte Tornielli; à la quelle du reste on attribue déjà depuis longtemps à Vienne, une influence probablement supérieure à la réalité. De toute manière j'ai cru bien faire en Vous avertissant de cet état de choses.

Camme vous voyez M. le Baron j'ai pris le parti de sauter à pieds joints su une faule d'usages de la bonne compagnie, en vous écrivant directement sans avoir l'avantage d'étre connu de Vous. Mais le service du Pays me semble devoir faire passer sur beaucoup de formalités; et étant convaincu que la correspondence particulière est non seulement utile mais indispensable au service diplomatique, j'ai pris mon courage à ... une main, et me voilà vous adressant ma première lettre qui j'éspère sera suivie de beaucoup d'autres si vous voudrez bien m'user de réciprocité et me fournir au besoin sous la meme forme tous les éclaircissements, toutes les instructions particulières que Vous croirez convenable de m'adresser.

Ma manière un peu cavalière peut-étre d'entrer en correspondance avec Vous, doit au moins Vous prouver tout le plaisir qu j'éprouve de me trouver dans le cas d'entrer en rapports intimes avec Vous.

Votre position n'est pas facile je le sais, mais les services que le Pays attend de Vous, vous les Lui rendrez, si aucun concours ne Vous fait défraut: quant au mien dans la limite de mes forces il vous est assuré.

J'aurais voulu pouvoir aller saluer le Ministre, et faire Votre connaissance personnelle au plus tòt, mais celà m'est impossible pour le moment. J'éspere que tant S. E. que Vous, voudrez bien me tenir compte au moins de la bonne intention.

Je m'arréte pour ne pas abuser de Votre temps dès le premier jour ...

P. S. Comme c'est la Section Commerciale qui m'écrit sur l'affaire du Danube mes rapports à ce sujet sont depuis quelque temps de Série Commerciale, mais la question étant absolument politique, je crois qu'il serait bien que la Direction Généraìe Politique en prenne également connaissance.

(l) Cd'r. n. 63.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, MENABREA, E A PARIGI, CIALDINI

T. 612. Roma, 1° luglio 1881, ore 18,20.

J'informe à toute bonne fin V. E. que les nouvelles de la cote méridionale en Tunisie étant alarmantes, j'ai autorisé notre consul (2) à envoyer à Sfaz l'avviso «Cariddi» pour la protection de nos nationaux, se concertant avec consul d'Angleterre pour envoi simultané d'un bàtiment anglais et parité d'action pour secours des nationaux respectifs.

(l) -Cfr. n. 119. (2) -T. 610, pari data, non pubblicato.
74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI (l)

D. 52. Roma, 1° luglio 1881.

Dopo che mi furono giunti, intorno al doloroso incidente Giulietti, i Rapporti di Lei e segnatamente quello segnato di n. 59, in data del 14 giugno (2), ho attentamente considerato, di concerto anche coi miei colleghi, il complesso della situazione, e sopratutto i suggerimenti da Lei presentati, per l'attenimento di una esemplare riparazione, di concerto col signor Comandante Frigerio. Da siffatto studio mi trovai condotto a confermarmi in quegli stessi convincimenti che mi avevano additato, fin da principio, le pratiche d'urgenza iniziate presso il Governo Vicereale d'Egitto, e che ebbero tosto favorevole accoglienza. * Quali criterii abbiano informato il nostro pensiero, apparisce dalla qui acchiusa Memoria confidenziale in cui è anche trattata la delicata questione di sovranità territoriale, sia sopra Beilul, sia sopra Assab; ed io vorrei lusingarmi che, dopo matura riflessione, anche a V. S. sia per apparire savio il procedimento da noi adottato di fronte ad una situazione avente parecchi aspetti, tra i quali quello relativo ai nostri rapporti coll'Inghilterra che ha, per il presente e l'avvenire di Assab, decisiva importanza. *

Mi giova quindi di confermare i varii telegrammi che Le furono diretti, a questo proposito, negli ultimi giorni, * tra i quali feci, per risparmio di tempo, spedire l'ultimo al R. Console in Aden (3), oggi stesso, per essere recapitato direttamente al Comandante Frigerio, contenendo esso l'invito di suggerire allo stesso Commissario egiziano l'idea di procedere alla repressione per via di ostaggi. * Il piano concordato è, in riassunto, questo:

Un alto funzionario egiziano, Ruschdi Pascià, procede tosto alla inchiesta recandosi sui luoghi col Governatore di Massawa sopra un legno da guerra. Durante l'inchiesta, per guarentirne la serietà, ed anche, eventualmente, per prestare quella cooperazione di cui fosse richiesto, sarà presente in rada di Beilul l'« Ettore Fieramosca», al quale potrà aggiungersi, se arriva in tempo, il «Rapido » che recasi a dare il cambio allo Stato Maggiore ed all'equipaggio dello Stazionario. Infine, si ha ragione di credere che, a testimonianza palese di sentimenti solidali di fronte ad attentati contro la civiltà, sarà pure presente a Beilul, durante l'inchiesta, per desiderio da noi ufficiosamente manifestato, un legno della marina da guerra britannica.

Rimane ora che si attenda l'esito della repressione, con fiducia nella lealtà del Governo egiziano, e con riserva di quelle ulteriori deliberazioni che le circostanze rendessero più tardi necessarie.

Significandole intanto la mia approvazione per il contegno da Lei tenuto in questa dolorosa emergenza ...

(l} Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti, in LV 32, p. 16

(3l 'I'. 609, non pubblicato.

ALLEGATO

MEMORIA

Giugno 1881.

La catastrofe della spedizione Giwietti avvenne ad una distanza, dalla costa, che si fa variare tra le quattro e le dieci giornate di cammino.

La spedizione, partita da Assab verso la metà di aprile, e giunta per via di terra a Beilul in sul finire del mese, erasi di là inoltrata verso l'interno nei primi giorni di maggio.

Circa la cagione immediata della catastrofe corrono due versioni: che sia stllita opera degli indigeni del luogo per desiderio di lucro e in seguito ad attriti con alcuno dei capi villaggio; o che, invece, sia ·stata effetto di eccitamenti per parte di gente interessata a non lasciar mutare le condizioni dei traffici in quelle regioni.

Il commissario Branchi e il comandante Frigerio reputano indispensabile una esemplare repressione. Essi suggerivano che l'Ettore Fieramosca si recasse improvviso a Beilul ed ivi, operato uno sbarco a terra, si impadronisse, a titolo d'ostaggi, di quanti ivi si trovassero della tribù o delle tribù dell'interno che presero parte al massacro; nè questi si sarebbero rilasciati in fino a che non fossero consegnati gli autori del misfa;tto.

Malgrado la fede, che uomini assennati, come il Branchi e il Frigerio, si meritano, è però lecito alcun dubbio circa l'efficacia pratica del mezzo di repressione da essi proposto. Laonde era debito del governo, di fronte a un simile suggerimento, di considerare la situazione ~n cui si sarebbe trovato qualora, operato lo sbarco a Beilul, e non potendosi conseguire con mezzi incruenti, cioè per via di pacifica presa di ostaggi, l'intento prefi.sso, si dovesse poi subire l'alternativa, o d'una rinuncia alla punizione dei colpevoli, o d'una impresa militare di cui, come insegna la dura esperienza d'altri paesi, è malagevole assai misurare in anticipazione le difficoltà., le contingenze e gli enormi dispendi.

E per soprappiù tosto si presenterebbe il delicato problema della sovranità territoriale a Beilul; imperciocchè il suggerimento Branchi-Fl'igerio si poggia sul presupposto che si abbia a considerare Beilw e il territorio circostante come regione indipendente dall'Egitto e soggetta solo ai ca~ indigeni del luogo.

Le condizioni di sovranità territoriale sulla costa del mar Rosso furono sempre incerte. Mancando titoli diplomatici è mestieri ricorrere alle fonti storiche, anch'esse oscure e dubbiose.

L'Inghilterra, nel tempo della guerra di Abissinia, non riconosceva che la sovranità dell'Egitto si protendesse di molto al sud di Massawa. Si fu sopratutto sul fondamento di questa opinione che il governo del Re fin dal 1870 sostenne Assab essere regione indipendente e suscettibile di occupazione da parte nostra. Ora invece l'Inghilterra, senza affermare una opinione diversa, non vorrebbe essere considerata come vincolata dall'opinione precedente. Laonde apparisce che, come l'Egitto, dal canto suo, dopo avere, in sul principio, enunciato delle riserve, sembra avere rinunciato a sostenere ulteriormente le sue pretese su Assab, H nodo della quistione, per il pacifico possesso di Assab, si concreta nelle disposizioni dell'Inghilterra.

Quando con questa si fosse concordato un modus vivendi, il pacifico esercizio della nostra sovranità su Assab si potrebbe dire definitivamente assicurato.

Ben diverse stanno le cose per Beilul.

Beilul travasi a non grande distanza dal limite settentrionale del possedimento di Assab, ma la distanza è notevole assai (ventiquattro o venticmque miglia) quando si misuri dal centro del possedimento (rada di Buja).

Malgrado gli eccitamenti che a più riprese non mancarono, il governo del Re rimase fermo nel non volere che i limiti dello stabiHmento nostro avessero a portarsi più al nord del capo Dermah, tantochè per Bahr Assalì, nonostante le offerte degli indigeni, si volesse stipulato un mero contratto di eventuale exploitation di quelle saline. Ed è certo che se una velleità di ulteriore occupazione da quella parte fosse da noi manifestata, sarebbe stata inevitabile, con tutte le sue rovinose conseguenze, l'ostilità aperta dell'Inghilterra. In tale stato di cose è evidente che la tesi per noi più favorevole è quella appunto che attribuisce all'Egitto il dominio sopra il territorio di Beiltù; imperocchè, non volendosi da noi occupare, il sostenerne la indipendenza equivarrebbe al volere che vi si insedii invece l'Inghilterra, gelosa d'ogni possibilità d'occupaZlione da parte di altri.

È giusto, inoltre, riconoscere, circa Beilul, che dopochè si prese, nel 1870, da noi possesso dà Assab, l'Egitto vi fece, a sua volta, atti di possesso, sia inviando un delegato del governatore di Massawa a piantarvi .bandiere, sia entrando in comunicazione coi capi indigeni. È ozioso disput•are sulla maggiore o minore efficacia giuridica di quegli atm. L'Egitto potrà sempre sostenere che, anche ammessa, per il periodo anteriore al 1870, la nostra tesi della indipendenza della intera costa danakil, esso ha, dopo quell'epoca, acquistato sopra Be1lul diritti almeno eguali a quelli che noi vantiamo sopra Assab. Sta poi il fatto decisivo che il capo di Beilul e della regione circostante si confessa vassallo dell'Egitto, tantochè, quando ivi comparve, nel maggio, il signor Giulietti cm suoi compagni, tosto ne denunciò l'arrivo e i procedimenti al governatore di Massawa. Onde avvenne che, ancor prima della catastrofe, già l'Egitto l1ivendicasse, in comunicazioni officiali a noi dirette, il suo diritto di sovranità sopra Beilul.

Or come si sarebbe potuto, avvenuto il doloroso fatto, sconoscere la sovranità dell'Egitto e procedere a diretta repressione? Certo il governo, mettendosi per tale via, si sarebbe impigliato nelle più gravi complicazioni. Le proteste dell'Egitto sarebbero state inevitabili e tosto spalleggiate dall'Inghilterra; tantochè, fin dal nostro primo passo per la repressione, avremmo dovuto trovarci di fronte a pericolose complicazioni, che, anche nella migliore ipotesi, avrebbero avuto, per l'avvenire di Assab, le più funeste ed !irreparabili conseguenze.

Evitando, invece, la quistione di sovrani.tà sopra Beilul, e rivolgendoci roll'Egitto, ottenemmo che il governo vicereale si incaricasse officialmente della repressione e vi si accingesse, come si esprime il comm. De Martino, con prontezza ed eccezionale efficacia d'azione, ottenemmo che alla repressione potesse essere presente un nostro legno, e con questo apparisse pure, in rada di Beilul, un legno -inglese; ottenemmo, infine, che, ancora una volta, il governo vicereale (anzi lo stesso Kedive) manifestasse la sua buona disP<>sizione a non più sollevare la quistione di sovranità su Assab.

Certo può anche avvenire che, malgrado la migliore volontà dell'Egitto, malgrado la presenza, a Beilul, dei legni d'Ita1ia e d'Inghilterva, e malgrado il suggtrimento, che gli sarà dato, di procedere per via di ostaggi, il commissario vàcereale non possa attenerci giustizia in località troppo inoltrata verso .l'interno. Ma si sarà almeno conseguito il vantaggio di poter, a suo tempo, deliberare sul da farsi, di fronte a simile eventualità, senza timore di contrasto coll'Egitto, che avrà dovuto confessare la sua impotenza e senza timore di sospetto da parte dell'Inghilterra, che sarà stata tf'stimone della lealtà nostra.

74. L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINSTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l) R. 773/986. Londra, 1° luglw 1881 (per il 5).

Col mio telegramma n. 774 del 24 giugno u. s. (2), io ebbi l'onore di partecipare all'E. V. che io aveva comunicato al Conte Granville il contenuto del di lei dispaccio del 15 dello scorso giugno (3) relativo alle relazioni da stabi

lirsi tra il R. Commissario ad Assab e le Autorità britanniche ad Aden. Come io lo accennavo nello stesso telegramma il nobile Lord non potendo rispondermi immediatamente, mi domandava, giusta la sua abitudine, un promemoria riassuntivo della quistione.

Riferendomi all'autorizzazione data dall'E. V. * col suo telegramma del 22 giugno scorso (1), di rilasciare, all'uopo, al Conte Granville una copia del detto dispaccio, * non ho creduto di potergli rifiutare il compendio che egli mi chiedeva e nel quale sono indicate, per sommi capi, le proposte e le considerazioni svolte nel dispaccio di cui si tratta. Nell'ultimo convegno che io ebbi con Lord Granville gli consegnai il detto promemoria. Avendo egli di nuovo preso conoscenza del dispaccio di V. E. mi ringraziava della comunicazione fattagli, e si espresse in modo da !asciarmi intendere che approvava assai le ragioni svolte da V. E. e mi disse che, stando nei termini espressi, egli era volenteroso di assecondare i desideri del Governo italiano. Però egli non poteva, in quel momento, darmi alcuna risposta assoluta perchè la questione dipende da un altro dipartimento, !asciandomi intendere che doveva essere sottoposta al consiglio dei ministri.

Da quanto posso giudicare dalle parole di Lord Granville, l'affare mi pare piuttosto bene avviato e vi è da sperare che non sorgeranno contro le moderate proposte di V. E. intoppi * che sono purtroppo sempre da temere cogli Inglesi quando si tratta di indurii a sciogliere questioni che hanno relazioni coi loro interessi marittimi e commerciali. *

(2) Non pubblicato. (l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti, in LV 34, p. 64. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 39.

75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PARIGI CIALDINI, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO

T. 619. Roma, 3 luglio 1881, ore 16,20.

La Russie propose pour le projet de déclaration à présenter au Gouvernement bulgare le nouveau texte que voici: «Les Puissances signataires du traité de Berlin considèrent que le maintien de l'ordre et de la tranquillité en Bulgarie est une des bases de la paix en Orient. Animées du désir de préserver la Bulgarie d'un état d'anarchie contraire aux vues et aux intérets de l'Europe, elles sont tombées d'accord pour exprimer le ferme espoir que l'assemblée nationale bulgare évitera toute décision de nature à empecher l'union entre le peuple bulgare et le prince Alexandre, dont l'élection a été confirmée par l'Europe ». Nous attendons de savoir si cette nouvelle formule rencontre l'adhésion de toutes les Puissances.

(l) T. 574, non pubbUcato.

76

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1083. Sofia, 4 luglio 1881, ore 15,30 (per. ore 21,45).

Mon collègue d'Allemagne vient de me dire qu'il a reçu des instructions pour s'associer à la déclaration dans sa forme modifiée (1), meme dans le cas où elle ne sera pas faite à l'unanimité. Il est parti aujourd'hui pour Varna où le représentant russe se trouve avec le prince. L'autrichien est parti cette nuit. Je partirai jeudi prochain directement pour Sistowo où j'espère arriver dimanche, assemblée ayant lieu le treize. Je crains qu'il n'y aurait pas le temps de demander et de recevoir nos instructions si dans pourparlers que nous aurons à Sistowo concernant cette déclaration quelque agent diplomatique refusera de s'associer au nouveau texte. Je crois devoir vous informer de ces circonstances afin que les décisions de V. E. puissent arriver à temps.

77

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1082. Vienna, 4 luglio 1881, ore 17,17 (per. ore 21,15).

Dernière formule note à présenter à la Bulgarie (l) a été rédigée ici. Il va sans dire que le Cabinet impérial y adhère et récommande vivement l'acceptation.

M. de Kallay vient de me dire qu'il espère que toutes les Puissances y adhèreront, mais que dans le cas qu'une ou deux Puissances refuseraient consentement, Cabinet impérial présenterait quand meme la note ainsi formulée à la Bulgarie conjointement à l'Allemagne et Russie qui ont adhéré. Je n'ai pas besoin de dire à V. E. que dans cet état de choses, mon avis est que nous ne devons pas hésiter à nous associer à cette démarche.

78

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1085. Tunisi, 4 luglio 1881, ore 17,45 (per. ore 5 del 5).

Sixcent cinquante soldats français campés près de Bardo se sont embarqués ce matin à la Goulette sur transport français << Sarago » destinés pour Sfax où

les opérations de débarquement ne tarderont pas à commencer. Cuirassé «Maria Pia~ parfì ce matin à 11 heures. Nos agents et nos colonies de la cote ne cessent de réclamer par tous les moyens une protection efficace. Sousa surtout parait menacé par le voisinage du Jelynau. Sans exagérer outre mesure le danger il serait prudent la présence de deux autres «avis» soit pour l'extensiol'l. du litoral à protéger soit pour la nature de la cote qui ne permet pas l'approche à des gros navires. J'ai reçu des nouvelles de Sfax; la plupart des européens ont voulu rester en rade et sont entassés par centaines sur chaque voilier. On est unanime à me signaler l'intrépide et heureuse conduite de notre agent consulaire. On commence à me présenter des mémoires et protestations pour indemnités considérables, et je prie V. E. de vouloir bien porter son attention pour que je reçoive au plus tòt des instructions sur l'usage à en faire, vu la situation politique actuelle.

(l) Cfr. n. 75.

79

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2113. Therapia, 4 luglio 1881 (per. il 12).

Li 2 del presente fu firmata alla Sublime Porta da S. E. Server Pascià e

S. E. il signor Condouriotis, la convenzione turco-greca, relativa alla frontiera dei due Stati. Essa è identica a quella che fu firmata coi plenipotenziari delle Potenze li 24 maggio, all'eccezione del preambolo pel quale, nella presente, le due parti si limitarono a dichiarare che, volendo esse dare esecuzione all'articolo XVIII della convenzione del 24 maggio avevano convenuto di stipulare i seguenti articoli.

Della firma della convenzione turco-greca diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V. (2).

80

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 84. Parigi, 4 luglio 1881 (per. il 7).

In questi ultimi tempi ho chiamato più volte l'attenzione del signor Barthélémy Saint Hilaire sulla violenza del linguaggio che il giornalismo francese tiene contro l'Italia; e non appena ebbi ricevuto il pregiato dispaccio ministeriale del 22 giugno, n. 940 (3), insistetti ancora sulle notizie false e

malevoli, che sparge specialmente l'Agenzia Havas fomentando così nella pubblicità dei due paesi uno scambio di deplorevoli recriminazioni.

In seguito alle mie osservazioni, il ministro degli affari esteri ieri m'indirizzò l'unito biglietto confidenziale (l), ove dichiara di avere « predicato la moderazione per quanto lo abbia potuto fare, e di averla pure raccomandata all'Agenzia Havas ». Nello stesso tempo, per· dimostrarmi come trasmodino certi fogli italiani, me ne segnala parecchi estratti, annessi alla predetta comunicazione confidenziale; aggiungendo che, mentre alcuni nostri giornali hanno parlato di guerra contro la Francia, nessun organo di questa stampa ha mai raggiunto simil grado di violenza (2).

(l) -Ed. in LV 31, p. 220. (2) -T. 1067 del 2 luglio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 51.
81

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 5 luglio 1881.

Je ne veux pas perdre un instant pour vous exprimer ma gratitude pour la confiance que vous m'avez témoignée et l'honneur que vous m'avez fait dans l'intéret du service en me permettant d'entrer en correspondance avec Vous (3). J'ai accepté une tache ingrate, sachant qu'un homme étranger aux partis ne saurait trouver faveur auprès d'eux; je l'ai acceptée après avoir exprimé franchement mes idées aux ministres, et après avoir eu de Sa Majesté l'ordre de prendre ce poste, et des ministres l'assurance que mes idées n'étaient pas désapprouvées. Non point que je prétende me donner plus d'importance personnelle qu'il ne convient. Mais j'ai sur les erreurs commises vis-à-vis de nos voisins du Nord et sur l'inconvénient d'avoir laissé le parlementarisme envahir le ministère des sentiments qui nécessairement me règleront dans la part d'action qui me revient. Je me réserve de vous écrire à coeur ouvert, M. le Comte, par le prochain courrier, et en attendant je veux seulement vous exprimer la satisfaction que j'éprouve à constater en toute circonstance que M. Mancini est entièrement d'accord avec vous sur la ligne à suivre. Toute votre dernière expédition qui vient d'arriver, comme les précédentes, va servir de régle à suivre. M. de Wimpffen ayant signalé au ministre une inscription inconvénante placée à Livourne sur un monument à des victimes de 1849, ordre a été donné de l'effacer. Ayant su que des caricatures admises à l'exposition de peinture humoristique de Milan pouvaient avoir blessé des susceptibilités Iégitimes, je me suis adressé à un de mes amis, M. Pietro Brambilla, qui a sans bruit et personnellement obtenu que les peintures fussent remplacées par d'autres.

Ce sont des bagatelles, mais on fera de meme pour les affaires seneuses. Vous savez sans doute que l'affaire de la dot de la Reine Christine, à Iaquelle avec qui nous avons en général, et particulièrement en ce moment où nous ne désespérons pas de servir de trait d'union entre l'Autriche et l'Angleterre avec qui nous avons en général, et particulièrement en ce moment ou nous avons à traiter avec elle Ies affaires d'Assab, de Tunis et des traités de commerce, grand intérèt à rester en parfaite entente. C'est cet intérèt, trop nature! pour ne pas étre admis, et trop inoffensif pour exciter le moindre ombrage, qui nous conseille de concilier dans une certaine mesure le désir de partager Ies initiatives austro-allemandes avec le besoin de ne pas nous séparer de l'Angleterre. Mais vous verrez qu'au lieu de nous appuyer sur Ies résistances anglaises nous ne ferons aucun mystère de nos efforts pour que l'Angleterre se rapproche autant que possible du point de vue autrichien. Nous agirons avec une grande clarté, c'est à dire une entière Ioyauté. Ce qui peut paraitre maintenant au scepticisme des cabinets une simple nécessité de situation de notre part, apparaitra peu à peu, avec le temps, sous le jour plus vrai d'une direction définitive prise par l'Italie après dix ans de tatonnements et d'oscillations. Je ne me fais aucune illusion sur la durée de notre administration. Mais nous ferons en sorte que nos successeurs trouvent une situation mieux engagée. Quand je remettrai mes fonctions au secrétaire général de M. Sella, j'espère pouvoir dire que je lui aurai facilité sa tache, et je le féliciterai de pouvoir poursuivre dans des conditions plus favorables la méme oeuvre pour laquelle combat avec moi contre vents et marées mon cher et excellent chef Mancini.

Et à propos des obstacles qu'il faut combattre, il me semble que l'un des moyens de Ies diminuer serait que l'Agence Stefani qui vient d'étre réorganisée, et qui est selon moi le seui moyen de publicité dont il convienne à ce ministère de se servir, parce qu'il est efficace et non compromettant, que l'Agence Stefani, dis-je, pub!Hì.t assidùment des télégrammes de Vienne résumant Ies articles de journaux autrichiens sur l'Italie. Critiques de notre politique extérieure, compliments quand on nous en fait, tout peut etre utilisé pour établir un courant plus constant et un échange plus fréquent d'idées entre les deux pays, pour habituer l'opinion italienne, déjà travaillée par des articles de journaux (vous aurez remarqué la dernier numéro de l'Antologia) à I'idée d'une entente pratique et positive avec I'Autriche sur chaque question qui se présentera. Des télégrammes de ce genre publiés dans toute l'Italie agiraient utilement sur l'esprit de certains de nos hommes politiques eux mèmes. Je ne sais si, en présence de l'incurable négligence du Correspondenz-Bureau, il y aurait moyen de faire adresser par quelque personne, qui resterait innommée, et sous un nom convenu, des télégrammes à l'Agence Stefani dans l'esprit indiqué. Ce qui est certain, c'est que l'Agence rembourserait de cout de ces télégrammes. Je soumets simplement à V. E. la question de savoir si on pourrait organiser quelque petit service à cet effet.

Encore une fois, M. le Comte, veuillez recevoir mes vifs et profonds remerciements pour la Iettre dont vous m'avez honoré, et à Iaquelle je répondrai plus amplement par la prochaine occasion.

(l) -Non si pubblitca. (2) -Mancini ris,pose con d. 958 del 10 luglio di cui si pubblLca il seguente brano: «Si potrebbe replicare al Signor St. Hilaire che, come ri.conosce eglli pure, il gd.ornalismo ufficioso italiano si è condotto con prudenza e moderazione, mentre lo stesso non può dirsi del giornalismo ufficioso francese, testimoni l'Havas e il Temps. Ora che, da una parte e dall'altra è subentrata Ja calma, preferisco esprimere la fiducia che nuUa più sopravvenga a turbar:a >>. (3) -Cfr. n. 71.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 794/992. Londra, 6 luglio 1881 (per. il 10).

Ieri partecipai al Conte Granville la notizia consegnata nel dispaccio di

V. E. del 30 giugno ultimo (n. 1155, Serie Politica) (1), dietro la quale si tratterebbe di accreditare in qualità di Ministri Residenti gli Agenti inglese e francese presso il Kedivè e di affidare loro il controllo che ora è esercitato da altri funzionari. Il Nobile Lord mi rispose, che questa era la prima volta che sentiva parlare di una simile combinazione.

Io suppongo che questa idea possa avere preso origine nella Cancelleria francese dove l'esempio del signor Roustan è di natura a provocare delle imitazioni, tanto più che l'ultima rivalità manifestatasi ultimamente tra l'Agente ed il Controllore francese, dimostra in certo modo, che la convivenza fra tali funzionari è cosa assai difficile (2).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 795/993. Londra, 6 luglio 1881 (per. il 10).

Pochi giorni sono il signor Carlos Holguin, Ministro Plenipotenziario di Colombia presso il Governo britannico, venne a farmi intorno al futuro canale dell'istmo di Panama, una comunicazione di qualche importanza, pregandomi di riferirla all'E. V., visto che il suo Governo non ha rappresentanti in Italia. Ecco di che si tratta. La società costituitasi sotto la presidenza del signor Lesseps per praticare un Canale di navigazione attraverso l'Istmo di Panama per unire l'Oceano Atlantico col Pacifico, ad eseguire il quale sono chiamati a contribuire i capitali di tutte le nazioni, pose per principale condizione che il canale fosse ugualmente libero a tutte le nazioni e neutro in tempo di guerra.

Il Governo degli Stati Uniti di America aderiva bensì a questa condizione, ma sotto pretesto di tutelarlo e di mettere il canale al riparo dei tentativi di qualche potenza europea per rendersene padrona, si rivolgeva al Governo di Colombia sul territorio del quale deve aprirsi il canale, affìnché il medesimo fosse in certo modo messo sotto la protezione degli Stati Uniti che ne garantirebbero la neutralità. Per dare forza a quella protezione, quel Governo chiedeva l'autorizzazione di occupare le due estremità del Canale con opere di fortificazione.

Il Senato di Colombia, cui la proposta venne sottoposta, la respinse.

Ma quel Governo teme che quello degli Stati Uniti non si arrenda a tale deliberazione; epperciò egli ha ricorso ai Governi europei che hanno interesse alla libera navigazione del futuro canale, affine di essere sostenuto contro le ulteriori pressioni, che potessero essere fatte dal suo potente vicino dell'America del Nord.

Il Conte Granville, a cui parlai di questo incidente, mi disse di esserne già informato, e riconosceva tutta l'importanza del ricorso fatto dalla Colombia alle potenze europee. Egli mi partecipò riservatissimamente che il signor Challemel Lacour, gliene aveva parlato per parte del signor Barthélémy di Saint-Hilaire che sembra molto preoccupato di quelle pretese degli Stati Uniti, e bramerebbe che l'Inghilterra prendesse l'iniziativa di un accordo da concertare fra le diverse potenze, affine di sostenere la Colombia contro le proposte del Nord America e per assicurare in modo efficace la neutralità del futuro Canale. Siccome questo lavoro sarà dovuto all'iniziativa francese, la Francia non crede che tocchi ad essa di prendere una tale iniziativa.

Il Conte Granville si riserva di esaminare l'argomento, che gli sembrava meritare tutta l'attenzione dei Governi Europei. Forse egli aspetta che la questione si svolga di nuovo tra la Colombia e gli Stati Uniti, ma intanto egli crede opportuno che ognuno dei Governi interessati si preoccupi del modo di evitare il predominio che l'America del Nord sembra voler esercitare sopra la nuova comunicazione, che sta per aprirsi al commercio dei due emisferi (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Annotazione a margine di Malvano: «si capisce».
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2117. Therapia, 7 luglio 1881 (per. il 15).

I Ministri di S. M. il Sultano si mostrano sempre più preoccupati degli intendimenti del Governo di Francia riguardo alla Tripolitania. M'è riferito da buona fonte che il signor Tissot, nella occasione d'una visita che ricevette dal Primo Ministro pochi istanti prima di partire in congedo, disse a Sua Altezza che, se la Sublime Porta non cessava di eccitare da quella parte i Musulmani alla riscossa contro la Francia, questa sarebbe costretta d'occupare quella provincia colle sue forze. Gli organi officiosi di quel Governo continuarono di poi ad accusare la Sublime Porta d'eccitare quelle popolazioni, ed a reclamare l'invio delle truppe della repubblica in quella direzione. Non è quindi a meravigliarsi che l'inquietudine cresca ognor più da questa parte. II Governo ottomano mandò ancora, or non ha guarì, in quelle acque un trasporto carico di armi e di munizioni, ed altre spedizioni di tal genere si stanno preparando. Però bene non s'intende quale sia lo scopo di siffatte dimostrazioni. Sarebbe il Governo

ottomano effettivamente disposto a difendersi nel caso quella provincia dell'Impero fosse invasa dalle forze francesi? V'ha certamente un partito che sostiene vigorosamente questa tesi. Ma arduo sarebbe di fare pronostici sulle determinazioni che la Turchia sarebbe per prendere in quella estrema eventualità, e tanto più arduo se si considera che esse dipenderebbero precipuamente dalle disposizioni che in quel momento animerebbero la Maestà del Sultano. Però non v'ha dubbio che il quesito si sta discutendo nei Consigli della Corona. Ed i Francesi colgono questo pretesto per accusare la Turchia di suscitarle difficoltà, quasi che fosse delitto perfino di far segno di voler difendere l'integrità dello Stato.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «RlfeJ:irsi al dispaccio che già e;ra stato preparato in base al Rapporto di Washington. L'Italia porta interesse a questo argomento, importante anche per i nostri traffichi; ma deve r]asciare l'iniziativa delle proposte e degli scambi di idee alle potenze ma;ggiormente inte;ressate >>.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1119/787. Londra, 8 luglio 1881, ore 19,30 (per. ore 23,25).

J'ai communiqué aujourd'hui à Granville le contenu du dernier télégramme de V. E. relatif à la Bulgarie (1). Il apprécie les sages indications de V. E. et il m'à répété que le Cabinet anglais avait accepté la première rédaction proposée pour la déclaration à la Bulgarie parce qu'il interprétait dans le sens qu'elle écartait toute idée d'intervention des Puissances dans les affaires intérieures de ce pays. La deuxième note suggérée par l'Autriche donnant lieu à une interprétation contraire ne pouvait etre agréée. L'Ambassadeur de Russie avait personnellement suggéré pour celle-ci une modification que en atténuait un peu la portée, mais elle n'a pas été elle-méme jugée acceptable. Granville pense que puisque le Prince a obtenu une grande majorité dans la récente votation c'est à lui qu'il faut donner des conseils de modération et non à l'Assemblée. Le noble lord donne toujours la préférence au premier projet de note qui se borne à témoigner de l'intérèt que prennent les Puissances à la Bulgarie, et il ne semble pas vouloir accepter une autre rédaction qui s'écarterait de l'interprétation donnée; il m'a dit que d'après les dernières nouvelles de Berlin, Bismarck serait disposé à se ranger à toute autre rédaction différente de celle du deuxième projet.

!l6.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT

D. Roma, 8 luglio 1881.

Con telegramma del 30 giugno (2), e con dispaccio del 2 luglio (3), Le feci conoscere come il Governo del Re avesse, dal canto suo, accettato il testo

IO -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

proposto dal Governo russo per una dichiarazione da presentarsi al Governo Bulgaro alla vigilia del giorno in cui l'Assemblea del Principato sta per deliberare intorno alle condizioni alle quali il Principe subordina il ritiro della sua abdicazione. Il R. Agente e Console Generale in Sofia aveva anche ricevuto istruzione di associarsi a quel passo tostochè fossero assenzienti tutti i suoi colleghi, e solo nel caso di obiezione, da parte d'alcuno di essi, avrebbe dovuto soprassedere, riferendone al Ministero.

Senonchè più tardi mi venne rimessa dall'Incaricato d'Affari di Russia una Nota con cui questi mi significava che, in seguito ad osservazioni del Gabinetto di Vienna e di Berlino, la prima formula aveva dovuto subire una modificazione.

Il nuovo testo è qui acchiuso, assieme con la Nota dell'Ambasciata di Russia (l).

Mentre il R. Governo stava deliberando circa questa seconda formula, ricevemmo, quasi simultaneamente, da Londra l'annuncio che quel Gabinetto non l'accettava e si atteneva alla prima, e da Berlino la notizia che, in seguito alle osservazioni dell'Inghilterra, una terza formula si stava preparando. Ci si riferiva, inoltre, da Vienna e da Sofia che la dichiarazione sarebbe stata presentata, nel suo secondo testo, dai Gabinetti assenzienti, quando pure alcuno fra i Gabinetti non l'accettasse.

V. E. conosce ormai il nostro pensiero circa gli attuali casi di Bulgaria. Senza volerei intromettere in questioni d'ordine puramente interno, noi desideriamo vivamente, nell'interesse del Principato a cui nuove commozioni potrebbero essere funeste, ed anche nell'interesse generale dell'Europa, che si trovino tra il popolo e il Principe i termini di una giusta e soddisfacente conciliazione. Tale essendo, a nostro avviso, Io scopo cui si dovrebbe mirare, ci parrebbe grandemente desiderabile che l'atteggiamento dell'Europa apparisca unanime. È evidente che un'azione discorde sarebbe, negli effetti suoi, peggiore dell'astensione assoluta, imperocchè quel partito che, in Bulgaria, non sembra disposto ad accettare le condizioni poste dal Principe, sarebbe indotto a supporre di poter trovare un appoggio presso quelle, fra le Potenze, che non abbiano accettato la formala più recisa, o si siano astenute dal fare un ufficio qualsiasi.

Se non andiamo errati nel nostro apprezzamento, la ragione per cui l'lnghilterra stima di non potere accettare la seconda formala, e persiste a preferire la prima, consisterebbe in ciò che quella ha tutta l'apparenza di una pressione diretta, che dall'Europa si voglia collettivamente esercitare sopra un'Assemblea deliberante, in uno Stato straniero, nella pienezza della sua competenza costituzionale. Ma a noi non parrebbe indispensabile che si faccia, nella progettata dichiarazione, menzione esplicita dell'Assemblea per far comprendere ai Bulgari che l'Europa è unanime nel desiderare il mantenimento, al potere, del Principe di cui essa sancì l'elezione. Quella terza formala, di cui :tvemmo un cenno da Berlino, potrebbe assai probabilmente, con opportuno emendamento nel senso qui indicato, rimuovere gli scrupoli dell'Inghilterra, dei quali, del resto, dobbiamo noi stessi riconoscere il valore, pur lasciando integra l'efficacia dell'azione che si vorrebbe spiegare dalle Potenze a Sofia.

In questi termini Le telegrafai ieri sera (l) ed ora qui confermo il mio telegramma. Il tempo stringe, essendo affatto imminente la convocazione della Assemblea a Sofia; e noi saremmo lieti assai se potesse tosto ristabilirsi, anche a questo riguardo, un perfetto accordo tra le sei Potenze.

(l) -T. 635 del 7 luglio, non pubblicato ma cfr. n. 86. (2) -Cfr. n. 69. (3) -D. 1174, non pubblicato.

(l) Non si pubblicano gli allegatl. Cfr. in proposito n. 75.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1167. Roma, 8 luglio 1881.

Come consta dai rapporti della E. V. e come consta altresì dalle dichiarazioni parlamentari del Gabinetto britannico, l'Inghilterra, senza aver ancora formulato il suo pensiero in istruzioni precise e conclusive, si mostra sollecita, sopratutto, di evitare, a Tunisi, la contingenza che il nuovo ordine di cose, creato dal trattato del 12 maggio e dal decreto del Bey dell'8 giugno, abbia a suscitare controversia o conflitto con la Francia. Notevole è, a questo riguardo, il parere dei legali della Corona, i quali sembrano aver opìnato che, nel trattato del 12 maggio e nello stesso decreto dell'8 giugno, nulla sì contenga che leda direttamente i diritti, gli interessi e le prerogative che, in virtù dei trattati, spettano alla Gran Bretagna.

Non è mestieri che io dica a V. E. come, anche da parte nostra, si desideri sinceramente di cansare ogni ragione d'attrito per effetto di uno stato di cose a cui noi ci siamo tenuti, finora, perfettamente estranei. Ma, appunto per questo, ci sta a cuore di avere minuta notizia del pensiero del Governo della Regina in così delicata e complessa materia, essendo nostro convincimento che, tanto più sembrerà conciliante e scevro di secondi fini il nostro atteggiamento, quanto più apparisca suggerito da quei legittimi interessi per cui le due potenze hanno identità perfetta di posizione giuridica.

Molti sono i dubbi che il presente stato di cose, nella Reggenza, solleverebbe; e forse, nella maggior parte, non trarranno la loro soluzione pratica che dall'opera lenta del tempo. Però, tra essi, alcuni in certo modo si impongono a quei Governi a cui preme, per un sentimento di imprescindibile responsabilità, di non pregiudicare le ragioni che hanno fondamento e sanzione nei trattati. Così accade, ad esempio, di questi tre punti che addito a V. E., affinchè, senza farne oggetto di formale interrogazione, Ella possa, avendone la opportunità, scandagliare, in proposito, il pensiero di codesto governo.

Anzitutto sta bene che possa concepirsi la delegazione che il Bey ha stimato di fare, col decreto dell'8 giugno, delle funzioni relative ai rapporti esteriori della Reggenza. Ma poichè la delegazione fu fatta a favore, non già di una determinata persona, sibbene del Ministro residente di Francia, si può dubitare della incompatibilità di una duplice rappresentanza, per cui la stessa persona sarebbe chiamata a sostenere gli interessi di due Governi -il Governo Tunisino

e il Governo Francese, i quali, in date emergenze, potrebbero rispettivamente trovarsi nella situazione di creditore e di debitore; queste locuzioni dovendo, naturalmente, intendersi nell'amplissimo loro significato giuridico.

Altro punto dubbioso è quello che si riferisce ai patti vigenti con l'Italia e con l'Inghilterra (art. 1° del trattato italo-tunisino, e art. 2° del trattato anglotunisino), in forza dei quali devono estendersi ipso facto ai consoli rispettivi dell'uno e dell'altro paese tutte le prerogative e tutti i privilegi che fossero conferiti ai consoli di un'altra potenza qualsiasi. Come può conciliarsi una simile clausola con la posizione affatto eccezionale che il decreto dell'8 giugno ha attribuito, non già alla persona del signor Roustan, ma a quegli che, malgrado la sua nuova qualità di ministro residente, è pur sempre console di Francia a Tunisi?

È, infine, per lo meno a dubitarsi che sia indifferente all'Italia e all'Inghilterra la guarentigia che la Francia ha assunto, in virtù del trattato del 12 maggio, di ogni obbligazione che incomba al Governo Tunisino verso Governi stranieri. Imperocchè, nel caso di inadempimento di quegli obblighi, non è cosa indifferente, per un'estera potenza, dovere astringere, coi mezzi consentiti dal diritto internazionale, alla esecuzione, non più il Governo Tunisino ma il Governo Francese, che se ne è fatto mallevadore; e la situazione si farebbe ancor più notevolmente diversa nel caso in cui alle obbligazioni del Governo Tunisino, si contrapponessero i diritti di quest'ultimo, non più dal Governo stesso del Bey, ma dal Governo Francese.

Uno scambio amichevole di idee sopra questi punti ci tornerebbe manifestamente utile.

(l) T. 635 del 7 luglio, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1132. Vienna, 9 luglio 1881, ore 16,49 (per. ore 21).

La situation spéciale faite par l'article premier de notre loi électorale aux italiens qui ne seraient pas par droit de naissance ou d'origine électeurs, est trouvée par le Cabinet autrichien non correcte et peu correspondante aux rapports d'amitié que l'Italie veut entretenir avec I'Autriche. M. Kallay m'a longuement entretenu à ce sujet déclarant reconnaitre n'avoir aucun droit de s'immiscer dans une question intérieure, mais vouloir me prévenir tout à fait particulièrement de la facheuse impression que ce fait aurait sur le Gouvernement austrohongrois ainsi que des graves conséquences sur les futures relations entre les deux Gouvernements. Nous avons parlé ensemble sur ce sujet si épineux à deux reprises, sans qu'il m'ait été possible de faire démordre mon interlocuteur de sa conclusion qui était que le Gouvernement autrichien ayant fait connaitre ainsi sa manière de voir, s'en remettait à la sagesse du Gouvernement italien. J'ai écrit à ce sujet un long rapport à V. E. (l) qui ne peut cependant pas

etre expédié par poste et parviendra dane à Rome par le courrier à la moitié du mais. J'ai cependant télégraphié pour vous prévenir dès à présent de cet incident qui ne manque pas de gravité, car il démontre que l'Autriche fait dépendre son amitié et son alliance éventuelle d'une renonciation solennelle du Gouvernement italien à toute idée qui sous une forme quelconque, vise les italiens sujets de l'Autriche. Je n'ai pas manqué de représenter qu'en soulevant de semblables questions on créerait précisément des obstacles presque insurmontables à cette bonne entente qu'on montrait désirer camme nous. J'ai ajouté que cet incident était d'autant plus grave qu'en l'état des choses, en face d'une loi déjà votée par la Chambre des Députés, cette sagesse meme du Gouvernement italien, à laquelle on a fait appel, l'empechait de se preter aux désirs du Gouvernement austro-hongrois. Nos entretiens à ce sujet n'ont rien laissé à désirer des deux còtés camme courtoisie de forme et non plus camme précision sur le fond de la question. V. E. en sera du reste juge en lisant mon rapport que je conclus en conseillant de ne rien répondre, rien faire, sauf de continuer à prouver à l'Autriche, par nos actes grands et petits, la loyauté de nos intentions en maintenant dorénavant une attitude parfaitement correcte et nous préparer une armée qui puisse faire rechercher notre alliance. Le Cabinet impérial finira par comprendre qu'il est de son intéret, de nous avoir camme amis, malgré article premier de notre loi électorale.

(l) R. 1480 dell'8 luglio, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

'l'. 1127. Parigi, 9 luglio 1881, ore 16,55 (per. ore 18,15).

Les nouvelles de Chambéry que vous me drmnez (l) semblent se rattacher à celles que je vous ai télégraphiées hier (2), n:.,Js lors méme qu'une mobilisation de 120 mille hommes aurait lieu, je ne pense pas qu'elle soit dirigée contre nous, d'abord rien ne justifierait aujourd'hui une pareille mesure à nostre égard et ensuite pour attaquer l'Italie il faut, Dieu merci, plus que cela. Evidemment on ne voudra pas étre pris au dépourvu si les affaires d'Afrique prennent des proportions plus menaçantes, et surtout si la Porte s'en mélait. Dans ce cas il est prudent d'avoir des troupes sous la main et rapprochées de Toulon. L'ambassadeur d'Angleterre intéressé à découvrir ce qu'il y a de vrai dans ce bruit, est aussi à la recherche d'informations. Notre ambassade en fera autant de son còté, cependant mon avis serait d'aborder la question de front et de demander des explications à M. de Saint-Hilaire. Si V. E. partage mon opinion et désìre que je fasse moi-méme cette démarche, veuillez me le dire avant lundi matin (3) car je pourrais en parler dans ma visite de congé à M. de Saint-Hilaire après avoir remis mes lettres de rappel.

(l) -T. 639 del 9 luglio, non pubblicato. (2) -T. 1114 dell'8 luglio, non pubblicato. (3) -Con t. 642 del 10 luglio, non pubbUcato Mancini accettò con riconoscenza l'idea di Cialdini.
90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. 960. Roma, 10 luglio 1881.

Con telegramma di ieri sera (2), S. E. il Generale Cialdini mi riferiva una conversazione da lui avuta col Ministro degli Affari Esteri di Francia, in base al mio dispaccio del 29 giugno n. 943 (3).

Il slgnor de St. Hilaire (così telegrafa il Generale Cialdini) ha, senza esitazione, riconosciuto che la condotta del Governo italiano, di fronte alle dimostrazioni che ebbero luogo in parecchie città del Regno, è stata correttissima e affatto amichevole verso la Francia.

In quanto poi concerne i fatti di Marsiglia, egli non ha ammesso, in modo assoluto, che sia dimostrato non essere partiti i fischi dal Club italiano; bensì riconosce che la presunzione sta in favore della nostra tesi.

Dopo queste dichiarazioni del Ministro francese, delle quali ci giova intanto di pigliare atto, non ci sembrerebbe necessario di porgergli con la comunicazione testuale, o per estratto, del mio dispaccio del 29 giugno (4), l'occasione di enunciarne delle altre ancora.

Il solo punto che non si.a dall'una e dall'altra parte concordemente assodato, è quello che si riferisce alla provenienza dei fischi, cagione prima dei deplorevoli incidenti di Marsiglia. A questo riguardo, di fronte a quella, che per noi è ormai certezza assoluta, sta, da parte del Governo francese, una presunzione a favor nostro non sufficientemente chiarita.

Il mezzo più naturale, per rimuovere anche quest'ultima dubbiezza, consisterebbe in quella inchiesta supplementare, che il R. Console di Marsiglia si fece tosto a chiedere, e che, a nostra volta, additammo come il metodo più efficace per istabilire la verità in ogni suo particolare. Ma oramai, dal momento che la verosimiglianza, per confessione dello stesso signor de Saint-Hilaire suffraga la nostra versione, deve importare al Governo francese, più che a noi stessi, di giungere ad un positivo accertamento, in difetto del quale la versione per cui sta la presunzione ha giuridica prevalenza.

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A LIMA, VIVIANI (5)

D. 91. Roma, 10 luglio 1881.

Col pregiato rapporto del 17 maggio scorso (6), la S. V. mi trasmetteva copia della nota che codesto ministro degli affari esteri ha indirizzato ai rap

presentanti d'Italia, di Francia e d'Inghilterra per pregarli di prender parte, quali mediatori, alle conferenze che si sperava avessero luogo prossimamente fra i plenipotenziari degli Stati belligeranti per la conclusione della pace.

Approvo pienamente la risposta da Lei data, d'accordo coi suoi colleghi, alla domanda direttale, e mi auguro che il Gabinetto di Santiago, conformemente alle sue ripetute dichiarazioni, si mostri disposto ad entrare in negoziati col Governo provvisorio del Perù.

(l) -Il dispaccio è indirizzato a Marochetti, ma Cialdini presentò le lettere di richiamo 1'11 lugl!o. (2) -T. 1125, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 66. (4) -Tale comunicazione era stata suggerita da Cialdini col t. di cui alla nota 2.

(5) Ed. in LV 33, p. 84.

(6) Non pubblicato nel vol. XIII della serie II.

92

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1141. Pietroburgo, 11 luglio 1881, ore 15 (per. ore 16,15).

Ayant communiqué le contenu de votre dépeche télégraphique d'avant hier (l) à M. de Giers, ce dernier me fait connaitre qu'il n'a pas connaissance d'une troisieme rédaction du projet de déclaration, mais il assure d'avance que le Gouvernement russe adhérera à toute déclaration [qui] réunira le suffrage des puissances. M. de Giers ajoute que le résultat élections en Bulgarie est si favorable au prince qu'il est permis d'espérer qu'on ne sera pas dans le cas d'exercer une presslon quelconque sur l'assemblée. Selon S. E. il n'y aurait lieu à se servir de déclaration identique qu'en cas d'urgence imprévue dans cette éventualité. M. de Giers espère que les agents des puissances se mettraient d'accord, ne fùt ce que sur la base de la première proposition russe.

93

L'AMBASCIATORE A PARIGI, CIALDINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1143. Parigi, 11 luglio 1881, ore 16,39 (per. ore 18,40J.

Président de la République ministre des affaires étrangères et ministre de la guerre déclarent de la maniére la plus formelle et absolue qu'il n'y a pas un mot de vrai dans la prétendue mobilisation de 120 mille hommes dont ont parlé certains journaux anglais, ni de celle du XlVe corps d'armée non plus. Loin de là on va tirer de la Savoie quelques bataillons pour les envoyer en Algérie. Il est utile d'ajouter que le différend qui s'était produit entre France et Turquie, à propos de Tripoli parait à la veille de s'arranger. Toujours est-il que la Porte se serait excusée vis-à-vis de la France, d'avoir voulu envoyer des troupes à Tripoli, se disant dans la nécéssité de prendre des précautions contre les velléités de l'Italie. Grévy m'a echargé de répéter à V. E. les mots suivants: «La France ne sera jamais la première à tirer un coup de fusil contre l'Italie 1>.

(l) T. 635, in realtà del 7 luglio, non pubblicato ma cfr. n. 86.

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L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1144 Atene, 11 luglio 1881, ore 17 (per. ore 19).

La commission européenne chargée de surveiller l'évacuation et l'occupation des territoires cédés à la Grèce est arrivée hier ici après avoir achevé sa besogne à Arta, et les commissaires, dont une partie va partir mercredi pour Constantinople sont convenus en attendant de correspondre entre eux ainsi qu'avec les commissaires tures et de se rendre sur les lieux aussitòt que leur présence sera jugée nécéssaire. Il a été en outre convenu entre la commission européenne et le premier commissaire ottoman que la deuxième section sera remise dans quarante jours au plus tard à partir du 6 juillet, la troisième section dans 50 jours, la quatrième dans 58 et la cinquième dans 70. Le colone! Velini juge convenable de rester à Athènes pour ne pas trop s'éloigner du théàtre des opérations. Cet officier a adressé hier à V. E. un rapport détaillé sur l'occupation d'Arta. Il désire vivement une réponse à sa demande concernant l'envoi d'un adjoint.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, R. DE MARTINO.

T. 645. Roma, 11 luglio 1882, ore 17,15.

L'ambassadeur de Russie à Londres a reçu instruction de dire que la marche des élections en Bulgarie permettant d'espérer une issue favorable et pacifique, la démarche proposée peut étre tenue en réserve en cas de besoin. La Russie prend acte en attendant de l'adhésion du Cabinet anglais à sa proposition dans l'espoir qu'il prescrira à son agent à Sophia de parler dans ce sens. Le chargé d'affaires de Russie me communiquant ce qui précède, m'a exprimé le désir que des'instructions analogues soient données à notre agent à Sophia. Je lui ai répondu que celui-ci recevrait immédiatement instruction soit de se joindre, le cas écheant, à ses collègues, pour présenter la déclaration russe d'après la première

formule, soit de tenir, en attendant un langage conforme au sens de cette déclaration. (Solo per Sofia) La présente dépèche vous donne la double autorisation ci-dessus indiquée.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 772. Alessandria, 11 luglio 1881 (per. il 19).

* Mi è pervenuto il dispaccio di V. E. del 1° corrente n. 388, con l'annessa memoria sui fatti di Beilul, (2) e che tratta anche della delicata questione di sovranità territoriale sopra il territorio dei Danakil. E sono lietissimo che con il mio rapporto del 26, scorso mese, di n. 768 (3), io mi trovi in armonia con i criteri che hanno guidato l'E. V. al savio procedimento che ha adottato di fronte ad una situazione che potrebbe minacciare serie complicazioni. *

Dagli ultimi documenti diplomatici, che l'E. V. mi ha rimessi, parrebbe che il Gabinetto di Saint James non ha rifiutata la proposta di conchiudere un modus vivendi sul nostro pacifico possesso d'Assab. * Ma se a Londra il Ministro inglese non palesa apertamente il suo pensiero, in Egitto continua una pressione a noi contraria.

Profitterò subito dell'autorizzazione concessami di prevalermi del congedo ottenuto, e partirò dopodimani per Napoli, onde con l'esposizione di fatti convincere l'E. V. che l'Egitto da molto tempo avrebbe rinunciato a sostenere ulteriormente le sue pretese in Assab, e che il nodo della questione si concreta sempre nelle disposizioni dell'Inghilterra. *

Ne abbiamo una nuova prova nella nota ufficiale dì questo Ministro degli Esteri in data del 7 corrente che mi ha rimessa jeri Egli stesso, con una memoria stampata, tendente a rivendicare la sovranità territoriale d'Assab (4). Ne rimetto copia all'E. V. * e da una semplice lettura potrà convincersi da quale fonte ella venga. Del resto la sola forma inusitata di unire in istampa una copia della comunicazione, è per me prova evidente che il Ministro egiziano non è che un agente di trasmissione. *

Non posso esprimere un'opinione sui numerosi titoli diplomatici inglesi, citati nella memoria egiziana; ed esiterei a credere che ci sarebbe dato di poter raccogliere dalla stessa fonte argomenti in nostro favore.

Accennerò semplicemente dei fatti, sui quali mi riservo conferire con l'E. V., che la memoria egiziana non avrebbe dovuto dimenticare.

La Turchia e l'Egitto hanno essi fatta opposizione allorché l'Inghilterra prese possesso di Aden, e quindi dell'isola di Perin, e l'anno scorso comprò un'intera provincia all'est di Aden, nel Golfo Persico, sul litorale dell'Arabia, che pur fa, o facea parte integrante dell'Impero Turco?

* Il Governo egiziano mise innanzi alcune pretese, fece atto qualunque a garantire diritti di sovranità, allorché la Francia fece da sé a punire l'assassinio del suo Console a Zeila, ed impiccò degli abitanti del paese? *

E quale fu l'esito del tentativo dell'ex Khedive allorché per far guerra all'Abissinia, tentò di passare con un corpo di truppe, comandato da Munzinger Pascià, per il territorio dei Danakil?

* Risulta certamente da fonti storiche che la Turchia ebbe una certa sovranità su quelle coste; ma è storia antica come tante altre, e da lunghi anni, come tante altre, è sovranità perenta. *

Con l'Egitto la questione sarebbe semplicissima. Abbiamo un fatto compiuto da oltre dieci anni, ed ora soltanto si rammenta a presentare una memoria per discutere i suoi diritti di Sovranità. Non solo potremmo far trascorrere altrettanti anni per rispondere; ma a troncare la questione si dovrebbe rispondergli che il fatto è compiuto, e che non vi è più luogo da discutere. * E l'Egitto, lr,sciato a se solo non si attenterebbe ad una nuova replica. *

Ma siamo sempre di fronte all'ambigua condotta, e linguaggio dell'Inghilterra, ove si concreta la questione del nostro possesso d'Assab. Quindi l'E. V., senza darsi nessun pensiero dell'Egitto, deve rivolgere ogni sua premura a stabilire il modus vivendi che ha proposto al Gabinetto britannico.

Al Ministro egiziano ho accusato semplicemente ricevuta della sua nota; ma verbalmente non ho potuto trattenermi dal dirgli che il Governo egiziano ha scelto un momento molto inopportuno per iniziare una discussione.

(l) -Ed., ad eccezione dei brand. tra asterl.schi e con alcune varianti, in LV 34, p. 65. (2) -n dispaccio non è pubblicato. Per la memoria cfr. n. 73, alleg,ato. (3) -Cfr. n. 62. (4) -Non si pubblicano, sono ed. in LV 34, pp. 66-81.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1148. Parigi, 12 luglio 1881, ore 13,20. (per. ore 15,20).

J'apprends de bonne source que vendredi dernier l'ambassadeur de Turquie a proposé à M. St. Hilaire de rechercher !es bases d'un modus vivendi pour arriver à maintenir d'un commun accord l'ordre sur les frontières de la Tunisie et de la Tripolitaine. Il parait que M. St. Hilaire ne s'est pas encore prononcé. Je viens de lire la lettre d'un journaliste très lié, parait-il, avec l'ambassadeur de Turquie à Londres. Ce dernier lui aurait dit que la Turquie arriverait à s'entendre avec la France au sujet de la Tripolitaine << à l'exclusion de l'Italie ».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. Roma, 12 luglio 1881.

Come l'E. V. certamente non ignora già ebbero princ1p10 i lavori della colossale intrapresa ideata dal signor Di Lesseps. Dall'apertura del canale di Panama si ripromettono grandi vantaggi le nazioni commerciali di tutto il mondo civile, quelle particolarmente che hanno continui rapporti colle ricche ed industriose regioni del Pacifico.

Questi. vantaggi sarebbero però singolarmente diminuiti se non venisse assicurata la neutralità del progettato canale, ed è quindi evidente, per le principali potenze marittime, la necessità di studiare fin d'ora il modo migliore di garantire, di comune accordo, al commercio mondiale la libera navigazione del nuovo stretto. E quest'accordo sarebbe facilmente raggiunto se non si avesse a temere l'aperta opposizione, o per lo meno la mal celata diffidenza degli Stati Uniti di America, gelosi di ogni intervento europeo sotto qualsiasi forma si manifesti.

Quale sia il pensiero del Governo di Washington in questa questione, non .è lecito ignorare, non avendo esso fatto mistero del suo fermo proposito di esercitare sul nuovo canale un esclusivo controllo. Col trattato, firmato l'inverno scorso col Governo della Colombia ma non ancora approvato da quel Senato, gli Stati Uniti cercarono procurarsi il diritto esclusivo di intervento ogni qualvolta lo considerino necessario per garantire la neutralità del canale, e coll'occupazione dei due soli porti utilizzabili all'imboccatura dell'Atlantico e del Pacifico se ne assicurarono il possesso.

Ancora da ultimo il Comitato del Senato per gli Affari Esteri presentò una risoluzione nella quale, riaffermando la nota teoria di Monroe, si proclama che il consenso del Governo Americano è necessaria condizione all'esecuzione del Canale, «il di cui uso, per parte del naviglio di altre Nazioni, dovrà essere regolato dagli Stati Uniti».

Questa dichiarazione dimostra chiaramente di qual genere sia la neutralità del Canale che il Governo di Washington intende garantire.

Di fronte a queste tendenze, cosi apertamente esclusive, manifestatesi nelle sfere parlamentari ed ufficiali degli Stati Uniti, sarebbe utile conoscere quale linea di condotta si propongano seguire le principali potenze marittime a salvaguardia ed a tutela dei loro interessi nei due Oceani.

Io sarei perciò grato all'E. V. se trovasse modo d'indagare, in via del tutto confidenziale e riservata, se il Governo, presso il quale Ella è accreditata, ha ancora avuto occasione di occuparsi di questa importante questione, e se qualche scambio di idee in proposito ha, per avventura avuto luogo fra codesto Gabinetto ed altri Stati marittimi.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2121. Therapia, 13 luglio 1881 (per. il 19).

Ieri ricevetti il telegramma (l) che l'E. V. mi faceva l'onore di rivolgermi per significarmi: «Essa erasi rifiutata a credere all'affermazione del corrispondente del Times da Parigi, relativamente alle spiegazioni date alla Francia dalla Porta per giustificare la spedizione di truppe a Tripoli, ma un telegramma giunto 'in giornata da S. E. il Generale Cialdini (2) confermava che la Porta aveva realmente allegato, per iscusarsi, la necessità di prendere delle precauzioni contro le velleità dell'Italia. Se questo strano linguaggio fu tenuto dal Governo ottomano, io ero invitato ad esprimere la meraviglia insieme al dispiacere che il R. Governo provava nel vedere quello del Sultano prestar fede a siffatte voci quanto assurde altrettanto malevole. Procurassi d'ottenere una rettificazione, in forma accettabile, d'un'asserzione che non aveva alcun fondamento».

Risposi (3) immediatamente nè in questi giornali, nè ne' circoli politici erano corse siffatte voci, la sola spiegazione che dal signor Ministro degli Affari Esteri era fornita di quei fatti, essere il desiderio di mantenere l'ordine nella provincia di Tripoli, però agirei nel senso che dall'E. V. erami ingiunto. Qui non fu mai allegato che le spedizioni fatte a quella destinazione fossero motivate da apprensioni riguardo agl'intendimenti del R. Governo. Era infatti di pubblica notorietà quali fossero lo scopo e la significazione di quegli atti, ed il darne diversa ragione, innanzi agli avvenimenti che si stavano svolgendo in quelle regioni, sarebbe stato assurdo ed incredibile. Lo stesso Incaricato d'Affari di Francia dicevami, alle ultime osservazioni da lui fatte in proposito alla Sublime Porta avere avuto per risposta quell'aumento di forze non aver altro scopo che quello di assi:::urare il mantenimento dell'ordine e della tranquillità nella provincia. Ed unisco al presente la copia d'un telegramma (4) diretto dal Signor Ministro degli Affari Esteri all'Ambasciatore ottomano a Parigi, nel quale è precisamente contenuta la suddetta spiegazione. E questo telegramma è pubblicato nel giornale officioso La Turquie di ieri.

Io agirò dunque nel senso degli ordini dall'E. V. impartitimi. Senonchè, non conoscendo quale sia l'autorità alla quale S. E. il Generale Cialdini attribuisce l'asserzione precitata, in nome della Sublime Porta, e tutti i discorsi tenuti da' ministri del Sultano essendo di diverso tenore, sarebbe per me difficile d'indirizzare analoghi reclami alla Sublime Porta. Mi limiterò quindi a fare, colla dovuta prudenza, in modo da provocare da essa qualche dichiarazione, la quale sia per soddisfare ai desideri dell'E. V.

Nel segnare ricevuta all'E. V. dei dispacci di questa Serie nn. 1233, 1234 e 1235 (5) ...

(l) -T. 648 del 12 luglio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 93. (3) -T. 1154 del 12 lug;!io, non pubblicato. (4) -Non pubblicato. (5) -Del 29 giugno, non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1482. Vienna, 13 luglio 1881 (per. il 18).

Il desiderio che il Principe Alessandro avrebbe espresso si prescindesse per ora dal rivolgere al suo Governo la progettata comunicazione collettiva tenendosi Egli abbastanza sicuro del favorevole voto dell'Assemblea per potere fare a meno della pressione che su di essa i Gabinetti nordici si proponevano esercitare, venne assai opportunamente a togliere ragione d'essere alle divergenze che la redazione di tale comunicazione aveva fatto sorgere fra alcuni Gabinetti.

Mi risulta però che il concetto di un'eventuale pressione che uscirebbe anche dai limiti di un semplice ammonimento non è affatto abbandonato; e che ove le circostanze rendessero necessaria una più energica azione, onde conservare la Corona al Principe Alessandro, non s'indietreggerebbe ad impiegare quei mezzi che al momento dato si crederebbero più acconci allo scopo. Anzi dirò, che se non ho dati positivi ho però forti indizi per credere che i tre Governi Imperiali stiano concretando l'azione materiale da impiegarsi in quell'evenienza; ma su di ciò probabilmente l'E. V. avrà analoghe ed anche più precise informazioni da altre parti. Ad ogni modo parmi conveniente, onde il

R. Governo sia in grado di formarsi un'idea ben precisa della situazione, di fare notare due fatti che ai miei occhi non mancano d'importanza e che essenzialmente meritano la nostra attenzione.

Il primo si è che l'iniziativa di un passo collettivo a farsi a Sofia fu presa a Vienna e che non fu, se non dopo un'apertura fatta in tal senso a Pietroburga dal Conte Kalnoky, che il Governo Russo ebbe a dirigere ai varii Gabinetti la sua prima comunicazione. All'E. V. poi è già noto che la seconda formala a cui i Gabinetti di Londra e di Roma non credettero potersi associare era redazione del Gabinetto di Vienna.

Secondo fatto assai interessante per l'Italia negli attuali momenti si è che la Francia onde fare cosa gradita a Berlino, non esitò menomamente a mettere da parte quegli scrupoli che la forma di Governo a cui è retta avrebbe dovuto suggerirgli ed accettò immediatamente e senza osservazioni quella seconda formala che a Londra ed a Roma non si ritenne conciliabile coi moderni principi costituzionali.

Siffatta attitudine della Francia mi risulta sia stata assai apprezzata qui, mentre ebbe a causare qualche disillusione la riserva dimostrata dall'Italia che in tal maniera ebbe a porgere un efficace appoggio alla resistenza dell'Inghilterra.

Parvemi conveniente riferire all'E. V. quanto pervenne a mia conoscenza intorno a questa fase della questione bulgara che già può dirsi traversata affinché Ella sia in grado di giudicare con precisione l'attitudine che ci converrà assumere nel successivo svolgimento di quella vertenza, che io ritengo gravida ancora di gravi complicazioni per l'avvenire.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L.P Costantinopoli, 14 luglio 1881

Non ha alcuna importanza l'emozione momentanea che S. M. il Sultano provò per la comparsa della nostra squadra a Smirne. (2) Dopo la dimostrazione navale dell'anno passato, dopo la minaccia fatta poscia balenare dall'Inghilterra d'impadronirsi di Smirne, dopo le recenti vicende Africane, in presenza d'altri segni di future tempeste, la Maestà del Sultano va soggetta a parossismi di terrore che qualcosa si trami contro l'Impero. E l'arrivo della più potente nave del mondo nelle sue acque contribuì a turbarle per un'istante la quiete. Però fece immediatamente ammenda onorevole ordinando al suo Governatore di festeggiare in modo speciale la Maestà del Re, la nostra bandiera, la nazione Italiana, nel dare i quali ordini io credo veramente che Sua Maestà seguisse gli impulsi del suo animo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AI MINISTRI A BRUXELLES, FE' D'OSTIANI, A L'AJA, BERTINATTI, A LISBONA, OLDOINI, A MADRID, GREPPI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E A BERNA, RIVA

T. 658. Roma, 15 luglio 1881, ore 12,15 {3).

Ce télégramme est pour votre information et pour vous mettre en mesure de rectifier, le cas échéant, les versions erronées de ce qui s'est passé à l'occasion du transfert de la dépoùillc de Pie IX du Vatiean à San Lorenzo. Le préfet de Rome avait reçu une demande écrite, signée par le comte Vespignani au nom du Chapitre de Saint Pierre, pour que le transfert pùt se faire la nuit du 12 au 13 en forme entièrement privée sur un char sans pompe suiv1 de deux ou trois voitures sans autre cortège conformément aux dernières volontés de Pie IX. L'autorisation fut aussitòt donnée et des mesures de police furent prises en conséquence. Mais au dernier moment une manifestation politique fut organisée par des circulaires des chefs du parti clérical dont on possède des copies, et une grande et bruyante procession de plus de deux mille

personnes avec chants, flambeaux, feux de bengale et cris demandant l'illumination des maisons au milieu de la nuit, parcourut la ville à la suite du char; des groupes de jeunes gens réagirent contre les provocateurs sur plusieurs points du parcours. Quelques bousculades sans gravité matérielle du reste s'ensuivirent, la force publique intervint aussitòt pour protéger le convoi funèbre assurant sa marche jusqu'à San Lorenzo où l'inhumation et les cérémonies religieuses s'accomplirent en tranquillité. Nous avons vivement regretté que le Vatican qui savait que le Gouvernement du Roi aurait rendu les plus grands honneurs à un convoi funèbre digne d'une circonstance si solennelle, n'ait pas pu empècher les zélateurs d'organiser un genre de cérémonie qui était de toutes la plus bruyante et la plus dangeureuse. Des arrestations ont été opérées parmi les jeunes gens et le procès ayant été instruit par sommation directe six d'entre eux ont été hier condamnés de 2 à 3 mais de prison, plus des amendes.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -De Gubernatis aveva Informato con R. 237/1497 del 9 luglio che Il governatore generale di Smirne aveva ricevuto due telegrammi, l'uno del Sultano e l'altro del Gran Vlsir, che mostravano preoccupazione per l'arrivo In quel porto della 1• Divisione della squadra Italiana del Mediterraneo. (3) -Ad alcuni destinatari il telegr.amma fu Inviato alle ore 17.
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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 91. Parigi, 15 luglio 1881 (per. il 18).

Nella prima visita che feci quale Incaricato d'Affari al. signor Barthélemy Saint Hilaire, S. E. s'ingegnò a pcrsuadermi che certi giornali francesi e sopratutto la stampa estera esagerano di molto i pericoli della situazione in Algeria; osservò che nella provincia Oranese l'insurrezione si va calmando, e che non è veramente da meravigliarsi se la operazioni dirette contro Bon-Amema non sono riuscite dopo una lotta di poche settimane, giacché tutti sanno come la guerra intrapresa contro un altro Bon-Amema (Abdel-Kader) durò perfino cinque anni.

Il Ministro passando poi alla Tunisia, mi disse la squadra francese essere già partita per Gabes, ave è necessaria una dimostrazione navale, e forse un'eventuale occupazione della piazza, ormai diventata un vero magazzino (8ntrepòt) di contrabbando di guerra d'ogni genere. Non avendo istruzioni per discutere questa delicata questione tunisina col signor Barthélemy Saint Hilaire, mi limitai ad ascoltarlo con marcato riserbo.

Il Ministro mi annunciò poi per incidente, e per dimostrarmi come l'orizzonte si rischiarava, che la Porta aveva data al Gabinetto francese «plausibili» spiegazioni intorno al concentramento delle sue truppe nella Tripolitania, motivandalo sulla necessità di prendere anch'essa delle precauzioni contro gli Arabi, i quali odiano la dominazione turca quanto la francese. L'Ambasciatore di Germania mi ha confermato l'esattezza di questa versione, aggiungendo che non vi è stata fra la Francia e la Turchia comunicazione scritta relativamente alle cose tripolitane: i Gabinetti di Parigi e di Costantinopoli si sono finora limitati ad uno scambio d'idee in proposito.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. Roma, 20 luglio 1881.

Il rapporto del R. ministro in Lima, di cui qui acchiudo copia (2), mostrerebbe essersi dileguate, o almeno d'assai attenuate, quelle buone disposizioni che da principio scorgevansi nel Governo chileno per la conclusione di una pace onorevole sotto gli auspici delle Potenze.

Non è dubbio che l'attuale situazione, nel Perù, riesce quasi esclusivamente 1>. danno delle colonie estere, tra cui l'italiana ha parte preminente. Ci parrebbe quindi venuto il momento di scambiare, con gli altri Governi interessati, le nostre idee, con l'intento di esaminare se non sia possibile e conveniente alcun nuovo officio comune, presso il Gabinetto di Santiago, per affrettare la conclusione della pace.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, MAGLIANO (3)

D. 78. Roma, 20 luglio 1881.

Già con dispacci dell'll e del 29 giugno (4) avevo fatto conoscere al conte Sanminiatelli i nostri apprezzamenti circa la con7enzione di arbitrato propostaci da codesto Governo per la definizione delle eventuali controversie fra i due paesi, ivi comprese quelle che avessero origine dai reclami presentati da R. sudditi per i casi della recente guerra.

In sostanza, noi abbiamo fatto buon viso al concetto; n è poteva essere altrimenti, mentre noi fummo tra i primi a propugnare il principio dell'arbitrato, ravvisandovi come una conquista cui la civiltà moderna deve aspirare. Però ci è sembrato indispensabile di ben chiarire, in questa circostanza, che, nè noi volevamo separare, fin tanto che la cosa sia conciliabile coi nostri interessi particolari, la azione nostra da quella delle altre potenze con cui procedemmo finora di conserva, nè ci pareva neppure conveniente di accettare la convenzione di arbitrato qualora questa avesse dovuto essere un atto isolato da parte nostra. Traducendo questo pensiero in forma concreta, io autorizzai, col dispaccio del 29 giugno, il conte Sanminiatelli ad accogliere la proposta convenzione, tostochè questa fosse del pari offerta al collega britannico e da questi accettata. Solo io avvertiva il R. ministro che in breve gli avrei tra

smesso lo schema di una clausola aggiuntiva, intesa a rendere più efficace, praticamente, il divisato accordo.

A chi consideri il progetto di convenzione quale ci fu trasmesso dal conte Sanminiatelli col rapporto del 31 marzo (l) si fa tosto palese la notevole lacuna che ivi esiste. Imperocchè, rispetto alla nomina degli arbitri non altro è detto all'infuori di questo (art. 2): «L'arbitro o gli arbitri saranno nominati, presentandosi il caso, con un protocollo speciale »; nè essendo contemplata la ipotesi in cui le due parti non riescano a mettersi d'accordo per la nomina degli arbitri, il più delle volte la convenzione potrebbe rimanere lettera morta.

È evidente, ed anche conforme alla pratica costante, che una convenzione internazionale di arbitrato, al pari d'ogni patto compromissorio, debba in sè stessa racchiudere la guarentigia della propria efficacia, indipendentemente dal maggiore o minor buon volere delle parti. Nè tale guarentigia sussiste se la costituzione del magistrato arbitrale non è oggetto di esplicita stipulazione che segni il procedimento da seguirsi, in guisa da sottrarlo alla inerzia o alla malizia dell'una o dell'altra delle parti. Lasciando a Lei la cura di concordarne i termini precisi, Le addito, come primo schema, la seguente formala, che terrebbe luogo del presente articolo 2~ del progetto chileno:

4 La costituzione del magistrato arbitrale si effettuerà mediante protocollo speciale, nel quale saranno determinate chiaramente la quistione o le quistioni che dovranno essere risolute.

Ciascuna delle due parti nomina un suo arbitro. I due arbitri, prima di entrare nell'esercizio delle loro funzioni, nomineranno, a loro volta, un terzo arbitro. Qualora i due arbitri non riescano a mettersi d'accordo per la designazione del terzo arbitro, la parte più diligente avrà facoltà di rivolgersi per tale designazione a... ».

L'articolo 3° dovrebbe pure subire lieve modificazione, surrogandovi, cioè, le parole magistrato arbitrale alla parola arbitro, che attualmente ivi si legge.

Ammessi questi nostri concetti dal Governo chileno, rimarrebbe solo, per addivenire alla redazione definitiva della stipulazione dell'atto, a concertarsi per la indicazione del personaggio cui spetterebbe, eventualmente, la designazione del sovr'arbitro. Trattandosi di argomento delicato, e che affido in modo particolare alla prudenza di Lei, converrà procedere, anzitutto, mediante pratiche verbali e di carattere personale, salvo a fare una proposta formale ed officiale tostochè la accettazione del candidato da proporsi sia assicurata. A noi piacerebbe, come nome da intercalarsi all'art. 2°: in prima linea quello * di S. M. l'imperatore d'Austria-Ungheria; in secondo luogo quello di S. M. l'imperatore del Brasile; e in terzo quello di S. E. il presidente della confederazione elvetica. Come Ella vede, abbiamo assunto per criterio il fatto della assenza di ogni particolare interesse, nelle cose chilene, da parte del governo a cui stanno a capo i due sovrani e il presidente testè accennati. *

Col prossimo corriere Le invierò i pieni-poteri che La autorizzino a firmare la convenzione, la quale, secondochè mi annunziava il conte Sanminiatelli, dovrebbe entro il settembre sottoporsi alla approvazione delle Camere chilene.

(l) -Ed. in LV 33, p. 86. (2) -Cfr. n. 25. (3) -Ed., ad e,ccezione del brano tra a&terischi, in LV 33, pp. 86-87. (4) -Cfr. nn. 30 e 67.

(l) )lon pubblicato nel vol. XIII della serie II.

106

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 496. Madrid, 21 luglio 1881 (per. il 26).

I fatti di Roma hanno dato pretesto alla stampa clericale intransigente di aprire una nuova campagna contro il Governo italiano. Le corrispondenze di Roma riferite dai giornali di questo partito narrano l'avvenimento coll'esagerazioni le più spinte, tirandone per conseguenza, che, non solo sono incompatibili in Roma le due potestà, ma che è urgente l'unione di tutti i veri cattolici per rimettere la Santa Sede nella sua completa indipendenza e nel possesso del rapitogli potere temporale.

I giornali dello scaduto partito conservatore, senza spingere le cose al punto a cui mirano quelli del partito clericale, pure espongono la situazione nostra in Italia con marcata malignità, nè si astengono da allusioni sulla poca stabilità che, a loro credere, tengono le cose nostre. Fra questi periodici notisi la Epoca, la quale durante l'amministrazione del signor Canovas del Castillo si mostrò sempre assai tenera verso l'Italia. Il suo patrono non abitando più a Roma come rappresentante di Spagna, il giornale sembra trovare in questa circostanza sufficiente motivo per farci il viso arcigno, credendo così con maggior efficacia nuocere al Governo del signor Sagasta.

Ora però mi è grato segnalare il modo egregio ed energico col quale il principale organo del presente Ministero, l'Iberia, mentre deplora e condanna gli eccessi commessi, piglia le difese del Governo italiano e combatte le teorie e le tendenze dei giornali dell'opposizione. Ho l'onore quindi di qui acchiudere un brano del suaccennato periodico (1), i cui passaggi più importanti ho segnato in rosso.

Frattanto il telegramma col quale il Cardinale Jacobini rispose a quello del Cardinale Moreno già da me segnalato nel mio precedente rapporto (2), contrasta colla sua placidezza, alla veemenza spiegata dall'Arcivescovo di Toledo. Il Cardinale Segretario di Stato !imitasi a dire « che destò particolare allegrezza nel Santo Padre, profondamente afflitto per i fatti della notte del 12, la figliale manifestazione del Cardinale Moreno, che Sua Santità benedice affettuosamente insieme a tutti quelli che aderiscono ai suoi nobili sentimenti).

107

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1212. Madrid, 22 luglio 1881, ore 17,45 (per. ore 21,25).

Aujourd'hui nonce a Iu au sous-secrétaire d'Etat note du Vatican dans laquelle après narration faits déplorables de Rome, niant toute provocation de

la part du cortège funèbre, conclut en disant que si un Pape défunt à été l'objet d'une manifestation hostile quel sort serait réservé au Pape actuel se présentant au public; par conséquent Léon XIII a raison de se considérer prisonnier dans le Vatican.

(l) -Non si pubbllca. (2) -R. 495 del 19 luglio, non pubblicato.
108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 684. Roma, 23 luglio 1881, ore 23.

Le chargé d'affaires de Grèce a reçu de son Gouvernement un télégramme exprimant la crainte que le Gouvernement turc veuille ajourner jusqu'à la fin du Ramadan l'évacuation de la deuxième zone; si cette appréhension était fondée je vous prie de vous concerter avec vos collègues pour ne pas admettre un délai au delà des termes convenus qui constituerait un précédent dangereux. Je vous autorise également à vous concerter avec vos collègues pour étudier les facilités à demander en faveur des propriétaires et fermiers d'Arta qui se trouvent compris en dehors de leurs biens par la nouvelle frontière. Il y a un droit de douane et un péage dont il serait équitable d'obtenir la suspension au moins jusqu'à accord direct entre les deux parties intéressées (l).

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 1195. Roma, 23 luglio 1881.

Nei suoi recenti rapporti l'E. V. espone, intorno alla situazione, concetti e considerazioni che interamente coincidono cogli apprezzamenti nostri. E benchè, secondo il mio pensiero, questo debba essere dispaccio di carattere officiale, amo seguire l'esempio che V. E. ha voluto porgermene, facendole confidenzialmente aperto l'animo nostro.

Solleciti sopratutto di preservare l'Italia, anche in occasioni così propizie, come furono le visite dei due Imperatori al Re Vittorio Emanuele, da impegni che potevano forse parere prematuri o dubitando forse che tali impegni non corrispondessero alla rispettiva posizione delle varie potenze verso l'Italia, i Ministeri che ci hanno preceduto al potere non sono riusciti, vano sarebbe dissimularlo, ad evitare gli inconvenienti di una astensione completa da definitivi concerti con le potenze che hanno coll'Italia interessi comuni.

Se però, come mi diceva testè in un colloquio privato questo Ambasciatore di Germania, la cagione prossima, di quel che si vuoi chiamare isolamento, sta nelle agitazioni del 1878, ben possiamo ora dichiarare che quella cagione fu effimera, assai meno seria, in realtà, all'interno, di quel che apparì fuori e che, ad ogni modo, ogni traccia ne è ora scomparsa.

Recentemente ancora comunicavamo a tutte le Ambasciate di Sua Maestà integralmente approvandolo, un rapporto (l) col quale il Conte di Robilant tracciava, per le nostre speciali relazioni coll'Austria-Ungheri.a un piano di politica affatto concorde con quello che Ella costantemente additò qual norma direttiva della nostra politica generale.

E già la nostra azione concreta cominciò ad esplicarsi in tal senso nelle varie questioni speciali che, in questi ultimi tempi, si vennero presentando. Senonchè importa ripigliare da più alto lo studio della questione, e considerare nel suo complesso la nostra situazione verso l'Austria-Ungheria. Imperocchè non si può oramai disconoscere che origine prima delle condizioni mal definite della nostra situazione estera sta nel contegno in cui si trovò l'Italia verso l'Austria-Ungheria fin dai primordi dell'ultima crisi orientale.

Ora, senza entrare qui nei particolari delle singole questioni che, nella penisola dei Balkani, implicano interessi austro-ungarici ed eventualmente anche interessi italiani, debbo dichiararle esser questi i miei concetti sostanziali e direttivi: non poter essere, in fondo, contraria agli interessi essenziali dell'Italia, quella spinta verso l'Oriente che il Principe di Bismarck imprime alla politica austro-ungarica; esser per noi savio consiglio, anzichè isolarci in sterili e dispettose velleità di opposizione, i cui risultati, anche nocivi alla nostra influenza, si verificarono purtroppo al Congresso di Berlino, lasciare che oramai si svolga la missione che dentro certi limiti gli accordi di Berlino hanno assegnato all'Austria-Ungheria in una parte della penisola dei Balkani, senza che assumiamo ombra di responsabilità per le difficoltà che tale missione incontrasse. Ed è nostro convincimento che l'avvenire aperto alle razze della penisola dei Balkani dal Trattato di Parigi del 1856 non può che essere, in quanto dipende da noi, vìeppiù assicurato quando si assegni alla nostra politica lo scr,po di cooperare a quanto ivi possa giovare alla maggior libertà ed allo sviluppo delle comunicazioni, dei commerci, dei rapporti di comune interesse, degli f;lementi t1-.1tti di vita locale, affrettando così quel progresso politico ed e~cnomico di ogni singola razza che, come in questa omogenea Italia consolidò l'unità, così tra quelle popolazioni potrà, meglio assai che non immature combinazioni politiche o antiquate rivalità di Gabinetti, agevolare transazioni e trasformazioni fondate sopra la legittima attività di ciascuna delle razze medesime.

Ed in quanto alla missione consentita dall'Europa all'Austria-Ungheria in una parte di quella penisola, è agevole riconoscere come essa, per Esperienza storica, si sia dimostrata capace di adattarsi vantaggiosamente a tali tl·ansazioni e trasformazioni in regioni tanto diverse dalla nostra.

Fermi in tale concetto di pacifico svolgimento d'ogni naturalE' elemento di eiviltà, concetto che vorremmo estendere a tutte le nostre relazione all'estero,

abbiamo deplorato come un regresso in questa via l'apparire nel Mediterraneo di una situazione che ha suscitato sulle coste d'Africa reazioni micidiali per tutti gli interessi europei, e destato nelle popolazioni di Francia e d'Italia sospetti. ed animosità che il ·Governo del Re si sforzò con ogni mezzo più pfficace di calmare, ma che non sono senza pericoli.

Noi non abbiamo nulla a ridire sul contegno osservato dalla Germania verso la direzione presentemente presa dall'espansione francese. L'Italia riserva intanto, in conformità dei trattati, gli interessi legittimi e punto esclusivi che, così m•l Mediterraneo, come altrove, sono rappresentati dalle sue paciflche e laboriose colonie, e limita la propria azione alla protezione dei suoi r.azionali. L'avvenire dirà se vi possa essere definitivo vantaggio per Lhi recava, nel campo della semplice concorrenza economica, la ragione prevalente delle armi. Non ci resta ora che aspettare, come altri Governi di noi meno direttamente colpiti, che l'esperimento si compia.

Ma l'intera fiducia riposta dal Governo del Re verso il suo rappresentante presso un antico alleato, quale è la Germania, non ci consente lo stesso silenzio sulla situazione creata oggidì dal sentimento popolare in Francia e in Italia. Il popolo italiano ha troppo alta coscienza della propria dignità per aspettarsi che il suo Governo faccia presentemente ad altre potenze alcuna proposta che possa apparire ispirata da momentanee impressioni o diretta ad aumentare i rischi di eventuali complicazioni. V. E. avrà osservato che, malgrado le profonde simpatie dimostrate in occasioni più liete verso la Famiglia Imperiale e verso il popolo Germanico, non una voce si alzò, nelle presenti circostanze per fare un appello che sarebbe sembrato interessato. Ma, dopo dieci anni di raccoglimento e di un'opera di consolidazione interna, che assorbì tutte le nostre cure, gli avvenimenti non lasciano all'Italia l'illusione che siano venuti i tempi in cui potremo coltivare con uguale sicurezza di reciprocità le nostre relazioni di gratitudine e di affetto verso l'uno dei due alleati, che variamente contribuirono alla nost.~a indipendenza. Non sono dubbi invece i segni che, nel sentimento pubbiico in Italia, indipendentemente da ogni eccitamento attuale, si è fatto definitivo il concetto che al nostro alleato del 1866 ci lega una perfetta e permanente comunanza di interessi e di intendimenti nel grande e legittimo scopo della rispettiva difesa e della preservazione della pace Europea da imprudenti perturbazioni e pericoli.

Tale essendo la innegabile realtà, spetta alla Germania il considerare a quali pratiche conseguenze debba condurre l'anzidetta comunanza d'interessi nelle presenti circostanze; le quali hanno questo di notevole che, per la cordialità delle relazioni stabilitesi tra la Germania e l'Austria, sembra più facile e più notevole, che non in altri tempi, un atteggiamento comune per uno scopo eminentemente pacifico e conservativo di quelle potenze con noi e forse con l'Inghilterra stessa.

Appunto perché nelle attuali contingenze un siffatto intento comune di pace e di conservazione ci riuscirebbe più specialmente vantaggioso, è naturale la nostra riserva nel suggerire le risoluzioni che meglio assicurerebbero un tale scopo.

Ma mentre non sarà forse lontano il momento in cui le forze normali del paese avranno raggiunto la proporzione ragionevole richiesta dai bisogni della sua difesa e sicurezza, come già visibile è il progresso delle sue forze economiche, forse non è lontano altresì il momento in cui ai nostri amici naturali, come a noi stessi, apparirà venuta l'opportunità di praticamente attuare quella solidarietà di interessi che sarebbe vana ed effimera illusione, se dovesse sempre, ed anche di fronte alla previsione di gravi contingenze ed eventualità, rimanersi nel campo dell'astratto e dell'ideale. È anzi nostro convincimento che tale solidarietà debba, fra i tre Stati, giunti oramai a stabile e maturo assetto, assumere anche essa un corrispondente carattere di duratura permanenza.

Non devo nasconderle che l'ambasciatore di Sua Maestà a Parigi ci avvertiva, poco fa, che noi dovevamo sapere a che tenerci sugli interessi che pu(l avere un'altra Potenza a provocare una guerra tra la Francia e l'Italia.

V. E. è giudice della misura in cui una tale supposizione dev'essere presa in considerazione. Ma la possibilità sola che essa abbia potuto essere emessa, sembra rendere desiderabile, in tempo opportuno ed in occasioni, di cui lascio la scelta a V. E., uno scambio meno raro, che noi fu finora, di amichevoli comunicazioni col Principe di Bismarck.

So di potermi pienamente affidare all'alta saggezza ed al devoto patriottismo di Lei per l'attuazione di un programma di politica generale, di cui mi limitai ad additarLe le linee principali.

Preoccupandomi sopratutto di quanto in esso ha importanza intrinseca e sostanziale, desidero che la esplicazione se ne compia con un intimo e liberissimo scambio d'idee coll'E. V. e La prego di voler prendere il presente dispaccio come punto di partenza; sia per la nostra corrispondenza ulteriore, che per l'azione illuminata che Ella crederà di poter esercitare (l).

(l) Questo telegramma fu comunicato alle altre ambasciate e al1a legazione ad Atene con t. 685, pari data.

(l) Cfr. n. 10.

110

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1218. Therapia, 24 luglio 1881, ore 11,40 (per. ore 23,35).

Aux demandes de délai de l'évacuation qui nous ont été faites par la Porte (2), nous avons répondu que l'évacuation devait s'effectuer dans le terme prescrit par la convention et que pour les détails ont devait s'entendre avec la commission; pour ce qui regarde les fermiers d'Arta nous avons déjà fait des démarches officieuses auprès de la Porte.

(l) -Per la r!spoota cfr. n. 149. (2) -Cfr. n. 108.
111

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1219. Atene, 24 luglio 1881, ore 11,40 (per. ore 13,45).

Ministre des affaires étrangères informé déjà par son chargé d'affaires de la double autorisation donnée au comte Corti (1), me prie d'en exprimer ses plus vifs remerciments à V. E. Chargé d'affaires de Grèce à Londres mande que Granville tout en étant opposé en principe à admettre un délai pour l'évacuation de la deuxième zòne se réserve d'interroger les autres Cabinets à ce sujet.

112

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2844. Berlino, 24 luglio 1881 (per. il 27).

A peu d'exceptions près la presse de ce Pays s'est montrée assez impartiale dans ses récits et commentaires sur ce qui s'est passé lors du transfert de la dépouille mortelle de Pie IX du Vatican à S. Lorenzo.

Parmi les exceptions, il n'est pas besoin de citer les journaux catholiques, la Germania entre autres. Du còté des feuilles libérales, si la Koelnische Zeitung prend la défense de notre Gouvernement, une correspondance de Rome de la National Zeitung du 20 juillet, critique notre imprévoyance. Mais, quant aux faits, ils ont été, dans leur ensemble, relatés dans un sens qui se rapproche beaucoup du télégramme que V. E. m'a transmis en date du 14 de ce mois (2). Je n'ai donc pas été dans le cas de rectifier des versions erronées. ronées.

C'est ce que j'ai eu l'occasion de laisser entendre au nouveau Secrétaire d'Etat ad interim le Comte de Hatzfeldt, qui s'est abstenu de toute appréciation, sauf qu'au point de vue objectif et sans se prononcer sur qui retombait la responsabilité, il considérait l'incident comme regrettable.

Il a été parlé d'une circulaire du Cardinal Jacobini. Si réellement elle existe, il ne me résulte pas qu'elle soit déjà parvenue au Cabinet de Berlin.

Ce ne pourrait ètre d'ailleurs que de seconde main, car depuis la rupture des relations diplomatiques avec la Cour Pontificale, !es communications à titre officieux ont lieu par l'entremise de la Nonciature et àe l'Ambassade Impériale à Vienne.

Puisque V. E. m'a encouragé dans mon franc-parler qu'il me soit permis d'ajouter que son télégramme a laissé dans mon esprit une triste impression. Il était à prévoir que le transfert ne s'opérerait pas sans quelque démonstration bruyante, à moins que l'autorité ne prit dans la plus large mesure !es dispositions voulues pour imposer respect à ceux qui méditaient un scandale. Une police qui ne sert qu'à reprimer des excès que elle devrait chercher à prévenir, néglige une partie essentielle de son ròle. C'est là un reproche, qui nous a déjà été fait lors des démonstrations de l'irrèdentisme. Je ne saurais, il est vrai, juger les choses à distance d'une manière assez exacte pour me former une opinion définitive. Mais, de prime abord, je ne puis m'empècher de regretter très vivement que nous ayons prété le flanc à des ennemis qui ne cherchent que des prétextes pour nous nuire. Du mème coup, nous avons en quelque sorte paralysé nos amis -et certes ils ne sont pas nombreux qui ont aussi à ménager chez eux les sentiments des catholiques que dans ces conjonctures on ne manquera pas d'exploiter à notre détriment. Le Cabinet de Berlin ne pèche point sans doute par tendresse à leur égard. Néanmoins, à la veille surtout des élections, il tache de se concilier les suffrages de la fraction du Centre, non pas sur des questions de principe dans la Iutte entre l'Eglise et l'Etat mais sur le terrain des faits.

Le Prince de Bismarck disait dernièrement qu'on ne saurait mériter le titre d'homme d'Etat dans l'entière acception du mot, qu'en tenant compte des forces morales dont dispose la Papauté. En effet, il a été amené peu à peu à mitiger Ies rigueurs du Kulturkampf. Quant à l'Autriche, l'Empereur François Joseph et son Gouvernement doivent. plus encore que l'Empire Germanique faire la part des influences religieuses et méme ultramontà.ines. Il n'est pas jusqu'à la France, dont nous avons motif de suspecter les allures, qui dans ces derniers temps fait mine de se rapprocher du Saint Siège. Et c'est au moment où nous voudrions établir des relations plus intimes avec l'Autriche et avec l'Allemagne -deux Etats formant une unite politique dans le& questions étrangères -qu'il se produit à Rome un fait que nos adversaires s'appliquent à représenter comme étant en contradiction avec la loi des garanties, et avec les paroles adressées par notre Auguste Souverain au Parlement le 7 mars 1878.

En se plaçant donc sur le terrain politique, on ne peut que déplorer Ies désordres commis, malgré notre meilleure volonté, et dont tant de gens ont un intérét à nous rendre responsable (1).

(l) -Cfr. n. 108, nota l. (2) -In realtà del 15 luglio, cfr. n. 102.

(l) Allegate al presente .rapporto si trovano le seguenti annotazioni rispettivamente di Malvano e di Mancini: «Ci sarebbe parecchio a ridire circa questo Rapporto, ma non credo che piaccia a S. E. di entrare, a questo riguardo, in polemica con l'Ambasciatore a Berlino>>. «Gioverà In risposta comunicargli il dispaccio o memoria, che si sta preparando, non dovendosi lasciare sussistere una impressione fondata su mendaci informazioni>>.

113

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1227. Parigi, 26 luglio 1881, ore 13,37 (per. ore 15).

Hier au Sénat [au cours de] la discussion du budget des affaires étrangères répondant au due de Broglie, M. de St. Hilaire d'après le Journal Officiel a dit: «Nous ne voulons ni la conquete ni l'annexion de la Tunisie ~-Il a parlé de l'occupation de certains points comme si elle n'était que momentanée; il a rassuré au sujet de la Tripolitaine et déclaré avoìr exposé nettement à l'Angleterre les intentions du Gouvernement français, traitant de reverie celles que les journaux lui ont pretées. Il a dit textuellement: «La Turquie est chez elle dans la Tripolitaine de sorte que si la France entrait dans ce territoire, ce serait une invasion dans une partie de l'Empire Ottoman ». A propos de l'Italie, il a dit textuellement: «Je laisse de còté l'Italie ainsi que l'a fait lui meme le due de Broglie et je l'en remercie. J'espère qu'aujourd'hui les passions qui avaient été suscitées par des rivalités et des polémiques tout à fait intempestives sont apaisées aussi bien chez nous que de l'autre còté des Alpes ».

114

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1230/797. Londra, 26 luglio 1881, ore 14,10 (per. ore 18,10).

Voici ce que Granville m'a écrit confidentiellement: «Nous présenterons bientòt au parlement des documents contenant les communications entre le Gouvernement anglais et celui de la République française au sujet de Tripoli. Les assurances que M. de St. Hilaire nous a données à cet égard sont tout ce que votre Gouvernement et le nòtre peuvent désirer comme déclaration de politique ». Je vois que ces assurances ont été confirmées par le ministre des affaires etrangères de France de la manière la plus explicite dans le discours prononcé par lui hier au Sénat (1).

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

D. 1194. Roma, 27 luglio 1881.

Facendo seguito ai miei dispacci del 29 maggio e 8 giugno p.p. (3), e in relazione al suo rapporto del 12 dello scorso mese (4), mi pregio comunicare

(-4) R. 678/966, non pubblicato.

alla S. V. copia del dispaccio da me diretto, in data del 20 luglio corrente, al

R. incaricato d'affari in Santiago, (l) circa la convenzione di arbitrato propostaci dal Governo del Chili. L'E. V. osserverà che, coerente alle precedenti mie dichiarazioni, ho autorizzato il conte Sanminiatelli ad accogliere la proposta convenzione, tostoché questa fosse del pari offerta al collega britannico e da questo accettata.

(l) Cfr. n. 113.

(2) Ed. in LV 33, p. 00.

(3) -Cfr. n. 23 e il d. 1116 del 29 m&ggio, non pubblicato.
116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Roma, 27 luglio 1881

Dopo che, con telegramma del 14 di questo mese (2), Le ebbi succintamente narrato gli incidenti che nella precedente notte erano occorsi in Roma, avrei stimato inopportuno di tornare un'altra volta sopra così spiacevole argomento. Quelli, siccome schiettamente li narrai, furono i fatti; nè più diffuso commento avrebbe giovato ad accrescere precisione ed efficacia al racconto.

Senonché abbiamo ora, da più lati, la notizia che la Cancelleria vaticana voglia insistere nell'attribuire ai casi del 13 luglio un carattere che ad essi punto non ispetta, sopratutto per trarne conclusioni tali che potrebbero indurre la pubblica opinione i!l un fallace apprezzamento circa la vera condizione del Pontefice nella capitale italiana. E nel tempo stesso vediamo manifestarsi, in alcuni paesi cattolici, un fittizio movimento, col quale si vorrebbero, se pur fosse cosa possibile, apprestare molestie e minacce contro il regno. Obbedendo evidentemente ad una parola d'ordine, che forse non viene neppure dal Vaticano, non pochi Vescovi e il partito clericale hanno suscitato, e si studiano di t:mer viva una insolita agitazione, con manifestazioni apertamente offensive alla unità italiana, incarnata nella Monarchia di Savoja, e ad un ordine politico riconosciuto da tutte le nazioni civili.

I Governi, mi affretto a dichiararlo, sono rimasti affatto estranei, ed inaccessibili così alle accuse enunciate nei documenti vaticani, come alla provocazione dei moniti episcopali, dimostrando per tal guisa il loro fermo proposito di resistere a qualsivoglia velleità di ingiusti ed ostili eccitamenti. Alcuni fra essi, anzi, o con aperte dichiarazioni, o nel linguaggio dei loro agenti accreditati presso il Governo Italiano, deplorano quelle manifestazioni e le disapprovano. Non è quindi mestieri che io accenni altrimenti che per titolo di semplice ipotesi, all'eventualità che alcuna rimostranza, in via officiale o in via officiosa, venisse mai espressa, da alcun governo, intorno ai fatti del 13 luglio, sia direttamente, sia per mezzo dei nostri Rappresentanti all'estero. Nella quale contingenza, quando pure si fossero osservate le forme più amichevoli e cortesi, il Governo del Re, e i suoi rappresentanti, conscii del debito

loro e del diritto nazionale, saprebbero anzitutto ricusare ogni discussione sopra tema di ordine puramente interno, nè suscettibile di trattazione internazionale. Il Governo del Re non potrebbe mai ammettere che una estranea intromissione turbi il sentimento della responsabilità che tutta vuole, e deve, a se stesso rivendicare, per il mantenimento dell'ordine pubblico, e per il rispetto di tutte le libertà proclamate dalle leggi vigenti.

Intanto, però, è ben manifesto che le proteste dei Vescovi, quanto sono in fatto contrarie a ciò che è di verità notoria, altrettanto disconoscono in diritto la giusta imputabilità dei deplorevoli casi. Esse tacciono, celano anzi, che tutta la colpa, tutto l'abuso furono dalla parte dei settari clericali, i quali osarono profanare una pia cerimonia, convertendola in una dimostrazione e provocazione politica, clandestinamente organizzata. Esse tacciono e dissimulano che la condotta del Governo italiano fu, invece, corretta ed energica nel proteggere la sicurezza del funebre convoglio fino alla pia sua meta; tanto che, se rimprovero di mollezza potesse farglisi, quello sarebbe di avere eccessivamente tollerato la baldanza dei provocatori.

Secondo la legislazione italiana, come pure secondo quella di altri paesi, non sono permesse le processioni religiose anche di giorno, fuori delle chiese e nelle pubbliche vie, quando se ne neghi licenza dell'autorità civile. Sono poi assolutamente interdette in Italia, e da lunghi anni non se ne ha esempio, le processioni notturne, occasione quasi inevitabile di disordini e pericoli, anche quando non abbiano scopo o significato politico. Al Governo del Re non solo non fu chiesta la permissione di una processione notturna (ché tale permissione sarebbe stata necessariamente negata), ma non fu chiesta per una processione qualsiasi; anzi, nella domanda per iscritto firmata dal Conte Vespignani, architetto del Vaticano, qual mandatario di tre Cardinali esecutori testamentari del Pontefice defunto, Pio IX, si escludeva assolutamente che dovesse aver luogo una processione di fedeli; la traslazione doveva eseguirsi di notte, senza fare accompagnare il carro funebre da altro seguito fuorché da due o tre carrozze, ed in forma affatto privata, appunto per evitare qualunque pubblicità, e per uniformarsi all'ultima volontà dello stesso Pontefice. In tali limiti, e con siffatte condizioni, l'autorità si dichiarò annuente.

In conseguenza il solo fatto della processione di migliaia di persone, con fiaccole, di notte, segretamente reclutata ed organizzata, non solo costituisce un inganno alla buona fede del Governo, ed un atto fraudolento per violare le pattuite condizioni, ma è già, per sé solo, una flagrante violazione della legge, ed un atto colpevole i cui autori, e tanto più i promotori, cadevano di pieno diritto sotto le sanzioni repressive.

Tale segreta macchinazione, e la forma della insolita processione notturna, senza esempio numerosa, percorrente, da una estremità all'altra, una città, ed una città come Roma, dovevano assumere il carattere di una dimostrazione e provocazione politica, tanto più per le grida sediziose che in alcuni luoghi si levarono al Papa-Re.

Contro questa provocazione reagirono, in modo di protesta, poche centinaia dì giovani e di popolani, quasi a significare come ben diversa da quella

dei provocatori fosse l'opinione della immensa maggioranza della popolazione romana, rimasta tranquilla ed estranea ai fatti di quella notte. Se alcuni tra essi eccedettero nei modi, certo non vorrò risparmiare il biasimo, come non lo ha risparmiato, con le sue dichiarazioni nell'aula del Senato, il mio on. collega Presidente del Consiglio. Però l'autorità fece tutto il suo dovere, arrestandoli, ed ottenendo che fossero, con procedura immediata, giudicati e condannati a pene che l'opinione pubblica stimò eccessive.

A viemmeglio dar ragione di ciò che avvenne, giova questa circostanza notevole, che fra gli arrestati fu uno dei clericali componenti l'accompagnamento funebre. Questi, che menava percosse, trovassi provvisto di coltello, e si riscontrò di precedenti tutt'altro che lodevoli, essendo stato altre volte condannato per turpe reato.

Tali essendo i fatti, e tale il loro apprezzamento giuridico, se ne desume come manifesta deduzione:

1°) che sommamente ingiuste e temerarie sono le doglianze di coloro che vorrebbero trarre profitto dalla propria infrazione delle leggi, dal proprio fatto delittuoso, per le conseguenze che ne sono derivate, conseguenze per altro ben lievi, non solo grazie alla energia spiegata dal Governo nel proteggere la pia cerimonia secondoché era debito suo, ma grazie altresì alla sua tolleranza verso gli autori di una manifestazione altamente inopportuna e pericolosa;

2°) Che perciò non ha menomo valore logico il corollario che ora vorrebbesi accreditare: non essere sperabile che si faccia rispettare il Pontefice vivente, quando piacesse a Sua Santità di comparire in pubblico nelle vie di Roma. Imperocché, ben lungi dal costituire, come i casi del 13 luglio, un fatto contrario alle leggi, ed una provocazione politica, ciò sarebbe, agli occhi degli Italiani, il desiderato esercizio di un eminente diritto e la implicita ricognizione del presente ordine di cose.

In un solo caso, in una sola ipotesi che accenno per escluderla, non si potrebbe rispondere, in Roma, della pubblica tranquillità; se, cioè, il Pontefice permettesse a sè d'intorno un corteggio fazioso di provocatori, i quali, con modi o grida sediziose, turbassero l'ordine ed offendessero le nazionali istituzioni.

D'altronde, dopo che una felice esperienza di oltre un decennio ha dimostrato al mondo con quale scrupolosa lealtà, e con quanta pienezza di effetto, il Governo italiano abbia procacciato al Sommo Pontefice sicurezza ed indipendenza nell'esercizio della sua autorità spirituale, e come gli atti più solenni e memorabili siansi compiuti nella città di Roma senza che i più ferventi cattolici abbiano potuto manifestare, in tali occasioni, il menomo lamento

o desiderio, questo tardivo ed unico tentativo di giovarsi di un accidente, artificialmente provocato ed esagerato da quei medesimi cui oggi serve di pretesto, è nuova dimostrazione che mancò sempre ogni causa di ragionevole doglianza, e che la sovranità italiana è la migliore delle garanzie della indipendenza spirituale del Papato contro i pericoli, ben altrimenti minacciosi, delle interne commozioni e delle straniere occupazioni, che funestarono la storia dell'ultimo e non breve periodo anteriore al 1870.

I particolari e le considerazioni che venni esponendo in questo mio dispaccio, sono, come già avvertii nel dirigerLe il telegramma del 14 luglio, esclusivamente per informazione di Lei e per norma del suo linguaggio.

Sappiamo che nella legislazione di parecchi Stati si contengono mezzi legali ed efficaci per impedire o reprimere gli atti della potestà ecclesiastica, quando di essi si abusa per fine politico, e specialmente per turbar le buone relazioni internazionali. Né è a dubitarsi che, qualora si riscontrino, in alcuna tra le inconsulte manifestazioni cui alludo, gli estremi additati dalla legge, l'applicazione severa della legge stessa sarebbe, per i Governi amici, il miglior modo di sconfessare manifestazioni contro la incolumità del nostro regno, quale presentemente è riconosciuto, delle quali al certo sta loro a cuore di ripudiare ogni più remota o indiretta solidarietà. Pero, se uno spontaneo provvedimento ci sembra, a questo riguardo, altamente da desiderarsi là dove, per lo stato della legislazione, esso sia possibile, noi crediamo che la medesima scrupolosa indipendenza, da noi rivendicata per le nostre cose interiori, debba consigliarci la astensione da officii attivamente intesi a sollecitare l'applicazione della legge altrui. E la fiducia stessa di vedere la legge applicata solo allora dovrà esprimersi, quando già si abbia ragione fondata di credere che tale sia il pensiero del Governo locale.

(l) -Cfr. n. 105. (2) -Cfr. n. 102.
117

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 500. Madrid, 27 luglio 1881 (per. il 31).

Mi trovo in possesso del dispaccio che l'E. V. mi fece l'onore di dirigermi in data delli 19 corrente n. 153 di questa Serie Cl). Prontamente mi sono occupato d'indagare se fra questo Stato ed il Portogallo corressero delle intelligenze per un'azione comune che avrebbe per mira il Marocco. Non mi fu possibile di scoprire altra traccia che quella indicata dal Marchese Oldoini nel suo rapporto (2) all'E. V. cui copia stava annessa al di Lei dispaccio, cioè che un giornale spagnolo aveva tenuto parola di questo assunto riportato poi da un giornale portoghese con alcuni commenti. L'Incaricato d'Affari di Portogallo che mi è buon amico e col quale tenni discorso sull'argomento come se ne fosse movente l'attenzione in me destata dalla lettura del suaccennato articolo, mi disse che a lui nulla constava e che se anche delle intelligenze si fossero incamminate a Lisbona direttamente tra il ministro degli Esteri ed il rappresentante di Spagna, fuor di dubbio egli ne sarebbe stato fatto partecipe. Mi osservò inoltre che benchè fra i due Stati limitrofi corra buona amicizia, tutta

via molto difficile riescirebbe un accordo nella questione marocchina stante la gelosia che sempre esistette al riguardo d'essa fra Spagna e Portogallo.

Già ebbi più volte l'onore di richiamare l'attenzione del R. Ministero degli Esteri sulle mire della Spagna verso il Marocco, argomento che non perdo di vista un solo istante, sapendo che la Spagna non aspetta che un'occasione per riprendere tale questione, benché coll'astenersi da qualsiasi apparecchio militare accenni a non crederla così vicina. Mi permetto del pari d'osservare all'E. V. che qui non si sa conservare segreto sugli affari e che indiscrezioni sono prontamente commesse appena s'intavolano accordi di carattere diplomatico, com'ebbi ad esperimentarlo io stesso in recente circostanza. Si parlò in questi ultimi tempi di rinforzi inviati ai presidii spagnuoli d'Africa e dalle accurate e confidenziali informazioni assunte a mezzo dei R. consoli in Cadice, Valenza e Malaga fu constatato che solo venne effettuato il consueto scambio semestrale delle guarnigioni. Il console di Malaga aggiunse alle sue informazioni quella che ai presidii era stato inviato alcun materiale nuovo di guerra.

Può essere che qualche Governo s'adoperi a tener svegliata l'attenzione della Spagna sulle cose del Marocco e voglia lusingare il suo amor proprio spingendola a porsi sui ranghi come potenza di primo ordine. Ho luogo di credere che se venisse posta sul tappeto la questione di accordi per l'appianamento o per il regolamento delle crescenti difficoltà suscitate dai conflitti africani, la Spagna chiederebbe di farne parte e sarebbonvi altri Stati che s'impegnerebbero a facilitare questa sua aspirazione.

(l) -Non pubblicato. (2) -R. 451 del 5 luglio, non pubblicato.
118

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1240/799. Londra, 28 luglio 1881, ore 15,43 (per. ore 18,40).

Hier le Ministère a présenté au Parlement la correspondance relative à Tripoli. Cette correspondance confirme mon télégramme n. 797 du 26 courant (l). Toutefois il est à remarquer que le Cabine t anglais, tout en déclarant que la souveraineté du Sultan sur Tripoli doit ètre respectée et qu'il accepte avec confiance les déclarations de M. de St. Hilaire en ce sens, laisse entrevoir que si la Turquie fournit le moindre prétexte à la France pour qu'elle poursuive ses conquetes dans la Tripolitaine, l'Angleterre laissera faire sans trop protester. C'est l'interprétation générale qu'on donne à ces dépéches de Granville que probablement je ne pourrai voir de sitot parce qu'il est indisposé depuis quelque temps. Les suppositions vont meme plus loin. On prétend que le Gouvernement anglais laissera volontiers la France s'engager à TripoU tandis que l'excluera de l'Egypte où l'Angleterre tend à dominer elle seule.

(l) Cfr. n. 114.

119

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI

D. 98. Roma, 28 luglio 1881.

Con rapporto del 26 giugno scorso n. 170, di questa Serie (1), la S. V. illustrissima notava la intima connessione esistente tra la questione speciale che in quei giorni erasi dibattuta a Galatz e la questione più generale dell'atteggiamento che a noi convenga di assumere di fronte all'espansione dell'Austria-Ungheria verso le regioni del Basso Danubio. Corollario pratico di siffatta connessione sembrerebbe a lei dover essere quello stesso concetto che, dal 1876 in poi, ha ispirato la politica del R. Governo studiarsi, cioè, di frenare troppo rapidi rivolgimenti che si sarebbero compiuti, e che ancora si compirebbero, nelle Contrade Danubiane in opposizione al principio nazionale sul quale l'Italia è costituita.

Non saprei nasconderle, dopo l'esperimento che ormai l'Italia ha fatto di una simile politica, che, agli occhi miei, ne sono altrettante dubbiose così la efficacia come la opportunità dal punto di vista dei nostri interessi fondamentali. Certo non potrà mai essere animo nostro di favorire in alcuna guisa, od anche solo di ammettere una deroga a quei principii di libertà commerciale e di diritto nazionale che sono la essenza del nostro diritto pubblico. E neppure sarà mai nostro intendimento di contribuire a che siano violati o negletti quei Trattati che sono base e guarentigia del presente assetto europeo. Ma a noi non sembra che questo duplice proposito sia inconciliabile con tale una politica che ci consenta di prendere, verso la vicina Monarchia, un atteggiamento di costante benevolenza. Il tempo ha corretto, in rapido volgere di vicende, molti giudizi troppo as::;oluti, nè parrebbe ora, dopo i casi occorsi dal 1878 in poi, potersi raffermare che eguale asseveranza che il moto dell'AustriaUngherla verso Oriente sia la necessaria antitesi di ogni aspirazione liberale, segnatamente nel campo economico, e neppure di quel principio di nazionalità che, nello intrecciarsi di razze e lingue diverse per cui si contraddistingue la penisola balcanica, non può esplicarsi con la stessa semplicità ed evidenza di forme per cui spicca fortunatamente, ad esempio, l'Italia nostra. Anzi non è avventata supposizione il presumere che il reciproco atteggiamento amichevole dell'Italia e dell'Austria-Ungheria, mentre gioverà a guarentirci una base sicura di azione nel concerto europeo, varrà altresì ad esercitare, sulla stessa politica austro-ungarica nelle regioni danubiane, una influenza benefica, non solo dal punto di vista dei principii, ma altresì dal punto di vista degli interessi materiali e diretti di quelle popolazioni.

Del resto, a ben chiarire quale sia, a questo riguardo il mio pensiero, stimo utile di qui riprodurre confidenzialmente quanto ebbi, in proposito, a scrivere di recente al R. Ambasciatore in Berlino (2).

Questi sono, come accennai, 1 nostri concetti direttivi. Neile singole questioni, che siano per presentarsi, mi riservo, naturalmente, di porgerle, di volta in voita, quelle istruzioni che parranno opportune.

(l) -Cfr. n. 63. (2) -Cfr. n. 109.
120

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 105. Parigi, 28 luglio 1881 (per. il 31).

Ho l'onore di segnare ricevuta del dispaccio del 20 luglio (2) relativo alla conclusione della pace fra le due repubbliche del Sud-America. Ne tenni parola ieri al signor Barthélmy St. Hilaire, e giusta il suo desiderio gli lasciai per iscritto l'esatta traduzione del passo di quel dispaccio ove l'E. V. esprime l'opinione che «parrebbe venuto il momento di scambiare, con gli altri Governi interessati, le nostre idee, con l'intento di esaminare se non sia possibile e conveniente alcun nuovo ufficio comune presso il Gabinetto di Santiago per affrettare la conclusione della pace ».

Il signor Barthélemy St.-Hilaire, dopo essersi concertato col Gabinetto inglese, mi scriverà, o ad ogni modo mi avviserà in proposito. Ma intanto egli mi autorizza ad assicurare l'E. V. delle migliori sue disposizioni. Egli stima che sarebbe infatti opportuno «de faire des démarches, meme vives, auprès du Cabinet de Santiago pour arriver à un résultat ». Ebbi cura, bene inteso, di chiamare l'attenzione di questo signor ministro sull'atteggiamento del signor Godoy rispetto ai rappresentanti d'Italia, Francia ed In~hilterra a Lima, ma non lo trovai ancora abbastanza informato di quanto il slgnor Viviani riferiva intorno alla missione dell'inviato chileno, per paterne fare utile argomento di conversazione.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 697. Roma, 29 luglio 1881, ore 13,50.

D'après les dernières publications et déclarations officielles anglaises on doit penser que le Cabinet de Londres n'est désormais pas loin de reconnaitre à Tunis les faits accomplis. Nous ne saurions, le cas échéant, suivre cet exemple. Nos intérets de sécurité nationale et les intérets spéciaux de nos colonies dans ces parages nous le défendent. Mais il nous importe, en tout cas, de savoir, à ce sujet, le dernier mot de lord Granville. Se dispose-t-il bien réellement à

admettre situation à Tunis? Quelles sont, en définitive, les limites, les formes, les conditions, sous réserve desquelles il autorise les rapports entre son consul et M. Roustan? C'est seulement après avoir reçu la réponse (l) de V. E. sur ces points qui ont déjà formé l'objet de ma correspondance antérieure, que nous pourrons prendre une décision sauvegardant nos intérets et réservant notre situation en droit vis-à-vis du régime créé par le traité du 12 mai.

(l) -Ed., con alcune varianti, in LV 33, p. 99. (2) -Cfr. n. 104.
122

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 699. Roma, 29 luglio 1881, ore 15,15.

De Naples où il se trouve maintenant le ministre me charge de transmettre à V. E. télégramme suivant: «Si vous n'avez pas d'observations en contraire envoyez télégramme suivant à De Launay et Robilant: « Donnez télégraphiquement votre avis si jugez convenable transmission suivant télégramme au nom de S. M. le Roi aux Empereurs à Gastein le 1er aout avec certitude d'avoir digne réponse. Demandez s'il le faut renseignements confidentiels; proposez au besoin modifications dans le texte. Voici le projet de télégramme: "Dans ce jour heureux pour cordiale rencontre de Vos Majestés Impériales j'ai la certitude d'exprimer les sentiments de la nation italienne en vous adressant félicitations, voeux de bonheur et en m'associant en esprit à vos nobles efforts pour assurer à l'Europe le bienfait de la paix. Humbert"l) (2).

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (3)

D. 1198. Roma, 29 luglio 1881.

Dopo lunghissimo indugio, il Governo egiziano ha risposto, con una nota e con una memoria, alla memoria che, fin dai primi mesi dello scorso anno, noi gli avevamo presentato a dimostrazione del buon diritto che ci assiste nella questione relativa alla sovranità sopra il territorio di Assab. Acchiudo copia dei due documenti, non che del rapporto con cui il R. Agente al Cairo me ne fece invio (4).

Non è animo nostro continuare, fin d'ora col Governo egiziano, una discussione della quale ci sembra per lo meno assai dubbia la pratica efficacia; imperocchè, per più indizi, abbiamo ragione di ritenere che il Governo Vice

12 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

reale non persisterebbe punto nella sua tesi, qualora il presente statu quo, in Assab, fosse riconosciuto, od almeno ammesso di fatto, da quella Potenza che ha, nel Mar Rosso, la maggior somma di interessi. Nondimeno sarei grato assai all'E. V. se, dopo attenta lettura della memqria egiziana, Ella potesse procacciarsi e fornirci utili elementi per quella replica che, a tempo conveniente, si stimasse di fare.

Una avvertenza torna, intanto, fin d'ora opportuna. Tanto nella nota, quanto nella memoria, il Governo egiziano vuoi trarre un argomento, a beneficio della sua tesi, dal fatto che, in una memoria presentata nel 1871 dal commendator De Martino, sarebbe stato ammesso che « en 1862, le scheik Ahmed Amir, père du Naib Irdis d'Arkiko, fut nommé par la Porte moudir et gouverneur des còtes des Dancalis et il pianta le drapeau turc sur le litoral jusqu'à Raheita, au nord de la baie d'Assab ». E la memoria rileva l'errore geografico, in quanto che Raheita travasi invece al sud di Assab, che sarebbe quindi, per confessione nostra, quasi una enclave entro il territorio ottomano. Ora la memoria del 1871 del commendator De Martino, * che questi stimò naturalmente superfluo di trasmettere, in quel tempo, al ministero, * altro non è che la riproduzione del dispaccio dell'an. Visconti Venosta, in data 16 agosto 1870 (1), * che figura al n. IX nella serie preliminare di documenti annessi al n. I dell'incartamento XXIII. * L'Onorevole Visconti Venosta cosi si esprimeva: «...Si seppe che nel 1862 lo scheick Ahmed Amir, fratello (frère e non père) di Naib Idris, d'Arkiko, fu nominato, dal Mudir della Porta, a governatore della costa dei Dankali (non già fut nommé par la Porte moudir et gouverneur des còtes des Dankali) e piantò la bandiera turca lungo il litorale sino nelle vicinanze di Raheita, al golfo d'Assab ». Se adunque l'erronea indicazione «al nord del golfo di Assab » figura nel documento cui allude ora il Governo egiziano, vuolsi ravvisare in essa una interpolazione, non avente maggior valore degli altri errori testè accennati, in parentesi, tra i quali però è degno di nota quello per cui la nomina del capo indigeno a governatore delle coste dancali apparirebbe effetto, non già della iniziativa d'un semplice mudir, ma di un firmano della Sublime Porta. Ma quello che la memoria attuale dell'Egitto passa sotto silenzio, e che, invece, ha efficacia decisiva, è il passo immediatamente susseguente del dispaccio dell'On. Visconti Venosta; il quale passo, di certo riprodotto dal commendatore De Martino nella sua memoria, suona così (V. documento succitato): «Ma il capo indigeno possessore della parte meridionale del golfo (evidentemente il redattore del dispaccio sapeva che Raheita è al sud di Assab) ricusò di riconoscere l'alto dominio della Turchia, dicendo essere egli soggetto ad un capo dell'interno, il quale era, egli stesso, vassallo o tributario del Negus di Abissinia». D'onde apparisce che, ben !ungi dallo avere riconosciuto che la sovranità ottomana siasi mai estesa fino a Raheita, il Governo italiano fin dal 1870 poneva in sodo l'inutile tentativo fatto, a tale intento, nel 1862; ed apparisce altresì corroborata la nostra tesi: che, cioè, solo dopo il 1870, l'Egitto riuscì a fare, fino a Beilul, ma non oltre, degli atti di possesso, da cui possa ora trarre, a beneficio della sovranità ottomana, alcun corollario giuridico.

Però, ripeto, noi non vogliamo ora impegnarci in una discussione, bastandoci di aver rilevato un errore materiale, e di averle fatto preghiera di fornirci, potendolo, degli elementi per una replica futura. Ciò che ci sta sommamente a cuore è di stringere, quanto prima sia possibile, col Governo britannico quell'accordo di fatto, quel modus vivendi, per la conclusione del quale ci affida la benevolenza degli uomini che dirigono ora .la politica inglese, e che, come già spiegai, sarebbe, in pari tempo, pegno sicuro di quieto svolgimento per Assab, e guarentigia di quei legittimi interessi di cui il Gabinetto di Londra si preoccupa in vista soprattutto dei rapporti fra la metropoli e l'impero indiano. Per noi, per il commendator De Martino che fu a Roma in questi giorni, come per quanti ebbero ad occuparsi della quistione d'Assab, è evidente che quel modus vivendi eliminerà, circa quel nostro possesso, ogni ulteriore controversia.

(l) -Cfr. n. 133. (2) -Launay rispose con t. 1250 del 29 luglio, non pubblicato consigliando l'invio del telegramma solo se avevano già avuto luogo a Vlenna del pourparlers per li r!avvicinamento ad Austria e Germania. Robllamt rispose con t. 12581 del 30 lugliio, non pubbliicwto, sconsigliando assolutamente l'invio del teleg;ramma poiché l'incontro fra i due Imperatori non aveva alcuno speciale significato politico. (3) -Eld., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varl,antl, in LV 34, pp. 81-82. (4) -Cfr, n. 96.

(l) Non pubblicato nel vol. XIII della serie I.

124

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 902/1029. Londra, 29 luglio 1881 (per. il 2 agosto).

Confermando il mio telegramma n. 799 in data d'ieri (1), ho l'onore di rassegnare all'E. V. un esemplare della corrispondenza n. l relativa agli affari di Tripoli presentata ultimamente al Parlamento dal Gabinetto inglese. Io porto particolarmente l'attenzione di V. E. sul dispaccio n. 12 indirizzato dal Conte Granville a Lord Dufferin, nel quale trovansi riassunti tutti gli scambi di comunicazioni che ebbero luogo in proposito tra i due Governi francese ed inglese. Ecco la traduzione di quel dispaccio ch'è del 26 luglio: «Milord Trasmetto qui unite all'E. V. copie della corrispondenza coll'Ambasciata di Sua Maestà in Parigi dalla quale risultano le comunicazioni scambiate dal Governo di Sua Maestà ed il Governo di Francia cii·ca Tripoli.

Nel mio dispaccio del 12 corrente io informava V. E. che ripetei a Musurus Pascià il consiglio già datogli: che cioè la Sublime Porta dovesse usare grande prudenza col non dare al Governo francese motivi di doglianze plausibili. Il Governo di Sua Maestà desidera che V. E. parli nello stesso senso ad Assim Pascià ed anche a S. M. il Sultano, qualora se ne presenti un acconcia opportunità.

Si scorgerà dalla detta corrispondenza (la quale sarà tosto presentata al Parlamento) che il Governo di Sua Maestà significò al Governo francese doversi considerare Tripoli siccome posto in una condizione diversa da quella di Tunisi, e che il Governo francese non esitò ad ammetterlo ed a riconoscere che la sovranità del Sultano sopra Tripoli è incontestabile. In tali circostanze la responsabilità della Porta pel mantenimento dell'ordine sul confine, ove l'autorità sua è fuori di questione, diviene tanto più seria.

Egli potrebbe condurre a gravi conseguenze se la Porta giudicasse male l'intenzione delle comunicazioni risultanti da questa corrispondenza e suppo

nesse di poter contare sull'appoggio della Gran Bretagna qualora sorgessero difficoltà dal fatto che per imprudenza alcuna autorità turca incoraggiasse gli Arabi in Tripoli a congiungersi colle tribù tunisine per attaccare i Francesi.

Epperò sarebbe bene che V. E. spiegasse chiaramente alla Porta che il Governo di Sua Maestà «ha interessi i quali fanno sua politica che Tripoli non sia posto sotto l'influenza d'alcun'altra Potenza che esso perciò desidererebbe di vedervi mantenuto lo statu qua, come del pari desidera che il territorio del Sultano non sia esposto ad ingiusta aggressione; ma che egli non è disposto a difendere il Governo turco dalle conseguenze che potrebbe attirarsi non tenendo conto dell'amichevole consiglio che dal Governo di Sua Maestà gli fu dato».

Come scorgerà l'E. V., il Conte Granville si limita a far osservare al Governo francese che Tripoli si trova in condizione diversa di Tunisi, il che è ammesso da qual Governo. Anzi il signor Barthélemy Saint Hilaire protestò che i soli nemici della Francia possono spingerla all'occupazione di Tripoli (vedi il documento n. 9 terzo capoverso). D'altra parte, il nobile Lord invita la Porta alla massima prudenza verso i Francesi col dissuaderla da qualsiasi pensiero che l'Inghilterra possa venirle in ajuto in caso che sorgessero difficoltà tra la Turchia e la Francia. In fine mette il Governo turco in avvertenza che se da una parte l'Inghilterra ha interesse a che lo statu qua si mantenga in Tripoli, essa non è però disposta a difendere la Turchia e le lascia tutta la responsabilità delle conseguenze che possono derivare dal non dare retta agli amichevoli consigli del Governo della Regina.

Questa corrispondenza è stata accolta piuttosto con favore; ma pochi -per non dire nessuno -si fanno illusione sulla portata delle dichiarazioni del Conte Granville. Se sotto un pretesto qualsiasi la Francia è spinta ad occupare il Tripolitano, l'Inghilterra non tirerà la spada per difendere quel territorio ottomano. Il sentimento generale prevalente in questo paese è che il Governo della Regina deve cogliere tutte le opportunità di liberarsi dall'ingerenza francese nelle cose egiziane, e molti non esitano ad emettere nei giornali l'opinione che l'Inghilterra deve abbandonare anche Tripoli alla Francia, purchè questa lasci all'Inghilterra il predominio in Egitto. Queste previsioni non si realizzeranno forse così presto: ma v'ha una tendenza marcata a giungere a quella mèta.

(l) Cfr. n. 118.

125

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 906/1032. Londra, 29 luglio 1881 (per. il 2 agosto).

L'E. V. avendo manifestato, col dispaccio in data del 20 corrente (2), l'opinione che fosse venuto il momento per esaminare con gli altri Governi inte

ressati se non sia possibile oramai, ed opportuno, alcun nuovo ufficio comune presso il Gabinetto di Santiago, per affrettare la conclusione d'una pace onorevole tra il Chili ed il Perù, io diressi a lord Granville una lettera in questo senso, e lo pregai di farmi conoscere prontamente le sue intenzioni.

Con una lettera in data di ieri, il nobile Lord mi risponde che il Governo della Regina si varrà con piacere d'ogni opportuna occasione allo scopo di fare nuovi sforzi per condurre i due Stati suddetti a condizioni onorevoli di pace, ma che, nelle circostanze attuali, egli non si crederebbe giustificato d'agire a tal fine <would not feel themselves justified ìn taking turther action in the matter).

(l) Ed. in LV ;13, p. 99.

(2) Cfr. n. 104.

126

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Bucarest, 29 luglio 1831.

La ringrazio cordialmente delle ultime sue lettere. Approfitto del ritorno a Vienna del colonnello Lanza per rispondervi a cuore aperto e senza reticenze postali.

Premetto che io non ricevo tutte le serie di documenti diplomatici. Fra le altre il n. IX che mi pare sia quella intitolata «Tunisi ~. mi manca completamente. Non l'ho domandata, nè la domando, perché essendo notoria la divergenza fra le mie idee e quelle che da tutti (meno il Farini) furono salutate con favore l'anno passato, posso credere che forse non per caso si sia omesso di farmi conoscere gli atti della causa, ormai perduta troppo completamente perché giovi ragionarci sopra. Accenno a questo fatto del comune consenso di tutti i capi partito nella nuova politica tunisina iniziata con l'acquisto della Tunisi-Goletta, perché mi valse un rimbrotto dispiacevole per parte di Sella che in presenza di parecchi amici mi trattò di lustra-scarpe di Gambetta sol perchè io sosteneva, nell'ottobre passato, che avremmo assai meglio provveduto all'interesse nostro ripigliando le trattative del trattato di commercio con la Francia che non mettendoci in una concorrenza insostenibile sul suolo africano. Mi suonano, dico il vero, ancora amare anche le parole di Minghetti che qualche settimana dopo felicitava, appunto nella discussione del bilancio degli esteri ed a proposito delle cose di Tunisi, la migliorata politica del Gabinetto di sinistra sotto la direzione di Cairoli.

Ora tutti gridano agli errori, all'isolamento!

Domando un poco di giustizia e la domando intanto a Lei, caro conte, perché la conosco immune da quella disgraziata lebbra che è lo spirito di partito. Forse un dì o l'altro, e se mi seccano, potrei trovarmi costretto a chiederlo pubblicamente in parlamento.

Eccole come a grandi tratti, e senza soffermarmi a darne le prove che Ella in gran parte come me conosce, quale è stata la politica generale dell'Italia.

Politica generale, prima dell'acquisto della Venezia non se ne poté fare nè in Oriente, né in Occidente. In Oriente la nostra politica generale ebbe principio dopo il ristabilimento delle nostre relazioni con Vienna, e quando la nostra posizione di grande potenza non ci fu più contestata. L'indirizzo preso allora fu, salvo qualche leggera deviazione, continuato per tutto il tempo in cui ebbi l'onore di rimanere al ministero, cioè per circa 14 anni consecutivi.

Mi ricordo che, già nel 1867, essendo ministro Menabrea, e nel 1869 quando rientrò al ministero Visconti-Venosta, si domandava da alcuni diplomatici esteri il mio allontanamento dalle cose politiche orientali per le quali quei due egregi uomini riconoscevano una certa mia competenza speciale. Come Ella vede, ciò che è accaduto e forse accade anche ora, ha radici lontane. La differenza è questa che allora i ministri con me ne parlavano liberamente ed ora noi fanno.

Ma ritorniamo al soggetto principale. L'indirizzo preso allora era questo. Mantenere l'Impero ottomano possibilmente fino al momento in cui le popolazioni comprese sotto la sua dominazione si troverebbero in grado di raccoglierne esse stesse la successione. Riconoscere i fatti compiuti ovunque si producessero per interna forza delle nazionali autonomie.

In Africa, purtroppo, l'indirizzo era meno sicuro. Vi facevano ostacolo atti. recenti del ministero La Marmora del 1865 contro i quali era difficile lo andare mentre la politica nostra, per la quistione romana, non poteva dirsi disimpegnata da quelle esigenze che sempre crea ad uno Stato grande o piccolo che sia, un obiettivo speciale, fisso e determinato. Questo obiettivo scomparve nel 1870 e da quel momento siamo entrati propriamente nel pelago della politica generale.

Mi ricordo di una discussione a Montecitorio nella quale un oratore affermava che a Roma eravamo entrati male. Visconti, allora ministro, se la cavò con spirito chiedendo al preopinante se dovevamo uscirne per potervi rientrare bene. Ma ogni quistione di spirito a parte, il fatto è che a Roma siamo entrati con l'isolamento inerente necessariamente alla neutralità.

Nel 1870 si poteva dubitare, ed ora si può tanto più discutere, conoscendone le conseguenze, se la neutralità convenisse al nostro paese, ma io persisto nella opinione che quella fosse la sola politica savia e se fu errore il seguirla, confesso che, in condizioni uguali, persisterei nel medesimo.

Dove il mio giudizio diventa più severo è nel periodo immediatamente successivo alla pace di Francoforte sino al riaprirsi della quistione orientale (nota Andrassy).

In questo periodo siamo stati inoperosi. Abbiamo dimenticato che i neutri ebbero sempre un conto da pagare. Abbiamo creduto sul serio che ci sarebbe possibile, senza danni diretti né indiretti, ricusarci di pronunciarci fra i due nostri antichi alleati e mantenerci in una libertà d'azione che, nelle nuove circostanze dell'Europa non poteva invece che aggravare a scapito nostro l'isolamento cagionato dalla neutralità. So bene che il ministero d'allora ha molte circostanze attenuanti da produrre a sua discolpa e fra l'altre quella d'aver avuto le orecchie piene delle dichiarazioni che la Germania non s'ingeriva di questioni orientali. Ma il fatto è che quando si avrà a scrivere la storia vera della nostra diplomazia, la data che segnerà l'isolamento dell'Italia, sarà appunto quella di cui, con poco giudizio, a mio credere, si continua a menar vanto, cioè quella del famoso viaggio del nostro Re a Berlino {1).

So che un posto, anche dopo di allora, ci fu lasciato vacante perché l'Italia potesse mettersi accanto all'Austria ed alla Germania. La figura del nostro gran Re ne imponeva anche agl'Imperatori. Ma a quali condizioni il gabinetto di Vienna, fatto ormai arbitro della situazione, ci avrebbe ammessi? Il suo vangelo lo abbiamo letto lei ed io nella lettera a Wimpffen (2). Questa lettera fu il tesoro occulto (si rammenti la mia corrispondenza particolare di allora) che il primo ministero di sinistra ereditò dall'ultimo di destra.

Da destra e da sinistra, ma più da destra che da sinistra fui allora pregato di rinunziare al mio posto di Atene per rimanere in Roma e mantenervi le tradizioni della nostra politica estera.

Vi rimasi e, con la mano sul cuore posso affermare che d'allora in poi, dall'isolamento nel quale eravamo, non vi fu che una sola fuggitiva occasione per uscire. Quando, alla formazione del Ministero Broglie, la Germania impaurita ci richiese d'appoggio, la nostra amichevole e ponderata risposta non ebbe seguito perché, rassicurata ben tosto da altre parti e per effetto di altre influenze, non ebbero più a Berlino bisogno di noi. L'occasione, il dissi, fu fuggitiva. Non credo che altri l'avrebbe potuta afferrare. Ma il fatto è capitato e vorrei che più spesso e meglio ci si riflettesse sopra.

Intanto null'altro si poteva fare che mantenere possibilmente la tradizione della nostra politica passata che, come tutto ciò che è tradizionale avea una certa rispettabilità intrinseca ed inoltre un valore vero per la logica e la rettitudine alle quali s'inspirava. Si strinsero dunque i freni. Ci siamo collocati sul terreno comune dei trattati. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per impedire la guerra alla quale la Russia impreparata fu trascinata per i capelli. All'interno non si tollerò la metà di ciò che a Trentini ed Istriani era sempre stato tollerato dai ministeri precedenti, da quello di Lanza in particolare.

La nostra politica dispiaceva soltanto a chi avea obiettivi contrari ai nostri. Si incominciò a attribuirci ogni sorta d'intenzioni, di nascosti disegni, d'ambiziose concupiscenze. La stampa pagata gridò forte e contro la calunnia sfacciata si sa che non valgono smentite.

Allora vi fu chi, non so se in buona fede, stimò doversi ad ogni patto ingraziare l'Austria e con essa la Germania. Il guardiano della politica tradizionale divenne il punto di mira di tutti gli strali. Allontanato dagli affari l'importuno segretario generale, si fecero a Berlino atti di resipiscenza continui. Non vi fu minchioneria, scusi la parola poco diplomatica, geografica, economica, finanziaria, politica alla quale l'Italia non si associasse plaudente con l'aggravante che essa vi era rappresentata da chi l'avea rappresentata a Costantinopoli per vari anni, epperciò certe cose le avrebbe dovute sapere. Gli

agenti ufficiali ed ufficiosi di coloro che nel Congresso non aveano voce, trovarono costantemente l'uscio chiuso in faccia quando ebbero il mal pensiero di andare a cercare appoggio o consiglio all'Italia. Viva Dio una più completa ristaurazione dei buoni principii non si era mai veduta! Eppure qui incominciamo a pagare i danni «la note à payer ~ della nostra ·neutralità del 1870 e dell'isolamento conseguente. L'affare di Bosnia ed Erzegovina, per il quale sino dal 1866 avevamo uno scambio di idee aperto con la Russia, l'estensione della polizia marittima austriaca nell'Adriatico, ecc ... erano danni indiretti, ma certamente gravi. Abbiamo forse fatto opposizione? Eppure l'Imperatore Alessandro avea detto a Nigra «se dovrò entrare in Turchia, ne saprò uscire~. N'è uscito lui, ma ci lasciò entrare altri. Intanto che si rovistavano gli antiquari per trovare dei cocci rotti, dietro le spalle nostre si preparavano anche gli eventi d'Africa.

Sulla fede del conte Launay che me lo disse nell'autunno del 1878, qualunque più ostinata opposizione nostra nel Congresso non avrebbe potuto farci una posizione peggiore di quella che alla chiusura del medesimo ci trovammo di avere verso le potenze nordiche.

Intanto lo spirito pubblico si era irritato fortemente in Italia e, siccome il grosso pubblico non è composto di diplomatici, così s'ebbero tutti i danni che si conoscono e che per essere stati momentaneamente attutiti, non cessarono però di sussistere, hanno prorotto di nuovo in occasione dell'impresa francese in Tunisia e costituiscono, lo creda, un male serio perché è nel sentimento della nazione che non potendosela pigliare con gli uomini che mutano, finisce per prendersela con le istituzioni.

Ritorniamo al 1878. Eravamo soli dopo il Congresso assolutamente come prima. Avevamo sommessamente inscritto alla partita «perdite», ciò che ci era stato imposto, all'attivo avevamo da inscrivere «le mani nette» ma anche questo non lo osavamo dire.

Se non lo abbiamo inscritto noi però, lo inserissero le popolazioni orien

tali a favor nostro e così pur qualche compenso ce ne è derivato.

Gran foga di tutti gli attinenti a palazzo Chigi (e per una coincidenza

bizzarra s'incontravano con i frammassoni) nell'autunno del 1878 per allon

tanare dal Governo l'importuno personaggio che oggi ha l'onore di scrivere

a lei, caro Generale, tutte queste cose.

Ma il Segretario generale reintegrato nelle sue funzioni non seppe trovar

di meglio che seguire l'antica politica, ricadere, se così si vuole, negli stessi

errori.

Vi erano dei fatti compiuti, ostici a digerire. Ma l'indirizzo nostro era di

riconoscerli in pace. Dove si cercava d'imbrogliare le cose per cavarne fuori

altri progressi della espansione austriaca, l'opera nostra corretta e pacifica

non fu senza effetto. Lo insegnino le carte relative all'affare greco, alla co

stituzione della Rumelia orientale per la quale si fu a due dita di una in

tervenzione armata ecc ...

La fiducia rinasceva non per effetto di propaganda di principii, di pro

messe, o che so io, ma unicamente perché i fatti smentivano quotidiana

mente i disegni calunniosamente attribuiti all'Italia.

Questo dispiaceva più di tutto e s'ebbe il secondo ministero Cairoli con le sue altalene e con le conseguenze che tutti sanno, non tutte però, a parer mio, imputabili più a Cairoli che a tutti gli altri uomini politici di vario colore che applaudivano ad una politica africana di rivalità con la Francia.

Il bravo colonnello Lanza le dirà, dove ne siamo noi e dove ne è l'Austria nelle simpatie delle popolazioni orientali.

Quello che le posso dire io è che il dispetto del gabinetto di Vienna sta nel confronto che esso pur deve fare fra la sua e la nostra posizione. A lui che non riesce di guadagnarsi un briciolo di quelle simpatie che a noi sono così facili, pare che l'Italia ed i suoi agenti debbano mettere sossopra mezzo mondo per giungere a ciò che egli con molti sforzi non può ottenere. Bisogna dunque screditare quest'Italia e se non si può screditarla, ingiuriarla e calunniarla nei suoi agenti.

Fin qui è storia. Ora mi consenta, caro generale, un po' di metafisica.

Che al Governo che ha abolito il macinato, che ha soppresso l'agio dell'oro in proporzioni cosi sensibili, aumentando pur in buona misura i bilanci della guerra, della marina, dei lavori pubblici ecc., si venga ora a rimproverare

dagli avversari ogni specie di mali per la politica estera, non mi fa meraviglia. Anzi non me ne lagnerei neppure se, in fondo a questo strepitare, senza certamente che lo vogliano molti di coloro che più vi contribuiscono, non vedessi quel certo danno di cui ho parlato sopra che intacca a lungo andare le istituzioni.

Se si sono commessi degli errori, li abbiamo commessi tutti insieme.

Forse, dico forse, nel 1873 avremmo potuto prendere a fianco della Germania il posto che vi ha avuto l'Austria od, andando allora con l'Austria, avremmo potuto fare condizioni che avrebbero alleggerito il conto da pagare della nostra neutralità. Ma ciò non avendo fatto allora, non fummo più in occasione di farlo dopo ed ormai io vedo bene i danni che deriverebbero da una politica di troppo intimo ravvicinamento a quei due impen; ma non ne scopro i vantaggi.

Se avessimo una politica vincolata ad un intento determinato da conseguire, capirei tutto, sacrifici materiali e d'ordine morale. Ma quest'intento noi non abbiamo. L'Italia, tutti lo sanno, non ha forze espansive. Se andassimo in Africa, che Dio non voglia, andremmo a lavorare per altri che, a lavoro ben avviato, ci pregherebbero di ritornare a casa.

Tutta la nostra politica è di conservazione e chi ci minaccia?

Ella mi scrive che si tratta dell'esistenza. Ma a me non risulta che vi sia chi voglia calare in Italia con un esercito per disfarci solo perché abbiamo la disgrazia di avere un Governo liberale.

Se così fosse, raccomandiamoci a Dio ed al patriottismo degli Italiani. Sul soccorso dal di fuori non mi pare vi sia in nessuna guisa da far conto.

Il peggior danno consiste, a parer mio, e scusi se lo ripeto, nel gridare a coloro che non hanno giudizio, che il Governo è andato di errore in errore, che la politica italiana ha sofferto jatture intollerabili e sopratutto poi nell'esagerare il valore della parola isolamento.

Ora che abbiamo fatto il più lungo cammino ora che abbiamo pagato l'Austria per la Germania e la Francia, io sono d'avviso che il peggior danno della politica di equilibrata amicizia fra i due nostri antichi alleati, è passato e se quella politica potrà portare dei frutti, li porterà a suo tempo. Ricordiamoci del conto che l'Austria ha pagato per la sua neutralità del 1854. È stato assai più salato del nostro.

Se sopravvenissero grosse complicazioni in Europa, verranno a cercarci appunto come è accaduto quando si formò il Ministero Broglie.

Vedo con piacere i giornali più assennati che incominciano a ragionare con maggior calma e la Perseveranza ed altri hanno voluto in questi giorni dimostrare che ci conviene astenerci dallo impegnare la nostra politica con l'estero riservandoci di farlo quando davanti a noi vi sia uno scopo, un oggetto determinato. Questo linguaggio mi rassicura. Ma perché non Io direi a Lei, caro generale, che ha tutta la mia stima e fiducia, non sono ugualmente rassicurato pensando a chi ci guida!

Scrivo due parole sulla quistione del Danubio. Mi faccia il favore di leggerle e spedirle a Roma. Vedrà che io non ci ho proprio nulla da fare. Dacché sono in questi paesi mi è occorso molte volte di dover trattenere, mai di spingere verso una politica che creando una tensione eccessiva con l'Austria potrebbe in ultimo riuscire a scopi opposti. Mai io sono quel tale del 1866, del 1876, del 78 e tanto basta. Questo mi pare di sapere, cioè che forse io più che altri, conoscendo intus et in cute certi disegni, li ho spesso denunziati prima che fossero maturi ed i frutti fossero irrevocabilmente raccolti.

(l) -Cfr. S€rie II, vol. V, DD. 97, 99, 100, 101, 105 e 108. (2) -Cfr. serie II, vol. V, D. 413, nota l.
127

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI (l)

D. 396. Roma, 30 luglio 1881.

Riferendomi al rapporto 11 luglio corrente (2), con cui il commendatore De Martino mi trasmetteva copia di una nota e di una memoria consegnatagli dal Governo egiziano circa la questione della sovranità territoriale in Assab, mi pregio di qui acchiudere, per informazioni di Lei, copia d'un dispaccio che in proposito diressi al R. ambasciatore in Londra (3).

Convenendo appieno nell'avviso del commendatore De Martino, che cioè sarebbe inopportuna la continuazione immediata della discussione, credo però che Ella farà bene, quando la circostanza si presentasse propizia, a rilevare la grave inesattezza che, come ho spiegato nel mio dispaccio al generale Mena

brea, si riscontra nella memoria eg1z1ana. Del resto, gioverà altresì, avendo il commendatore De Martino segnato ricevuta della nota egiziana, che Ella lasci comprendere che la ricevuta stessa, e il nostro silenzio successivo punto non implicano ammissione, da parte nostra, della argomentazione recata ora innanzi dal Governo vice-reale.

(l) -Ed. In LV 34, p. 83. (2) -Cfr. n. 96. (3) -Cfr. n. 123.
128

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1491. Vienna, 1° agosto 1881 (per. il 4).

L'E. V. con suo dispaccio del 12 scorso mese n. 1180 (l) invitavami ad indagare se il Gabinetto di Vienna già si fosse occupato della questione dell'apertura del canale di Panama al cui riguardo gli Stati Uniti dell'America del Nord ebbero a dimostrare di volere assumere un'attitudine di natura poco rassicurante pel commercio mondiale.

L'E. V. desiderava inoltre conoscere se un qualche scambio di idee in proposito fosse già avvenuto fra il Governo Imperiale e quelli di altri stati marittimi.

Fu mia cura interpellare tosto su di ciò il Capo Sezione che ha la Direzione degli Affari Commerciali a cui la trattazione degli affari di questa natura è devoluta alla Cancelleria di Stato.

Il Conte Wolkenstein risposemi che essendo stato assai lungo tempo assente ignorava se qualche comunicazione su quest'argomento fosse pervenuta al Ministero ma mi promise che farebbe ricerche e che non mancherebbe di ragguagliarmi intorno al' loro risultato.

Non essendomi più stato possibile seco Lui conferire stante che Egli ebbe nuovamente ad assentarsi da Vienna credetti bene tenere parola della cosa col Signor Kallay. S. E. mostrassi pienamente informata dell'affare, e dissemi tosto che, una quindicina di giorni or sono, il nuovo rappresentante degli Stati Uniti era venuto a dargli lettura di un lunghissimo dispaccio del suo Governo su quella questione, finita la quale avevagli chiesto il suo apprezzamento. Il Signor Kallay dissemi avere invitato il Ministro Americano a !asciargli quel documento onde poterlo studiare: non nascondendogli però che l'Austria-Ungheria non avendo si può dire interesse di sorta in quelle regioni, non intende entrare in discussione su si grave argomento, riservandosi all'evenienza a conformare la sua attitudine a quella dei Governi. più direttamente interessati. S. E. lasciavami poi intendere che il documento di cui è caso venne passato all'Archivio e che quindi resterà senza risposta.

Onde completamente adempiere alle istruzioni impartitemi chiesi ancora se per avventura Egli avesse date istruzioni agli Agenti Imperiali all'estero

d'indagare le vedute al riguardo degli altri Gabinetti: al che S. E. risposeml ciò non essersi fatto né si farebbe il Gabinetto di Vienna non intendendo di fare altro in quella questione se non eventualmente tenere dietro a quegli altri Gabinetti che, avendo reali interessi da tutelare in quelle regioni, crederebbero di assumere in proposito una qualche iniziativa.

(l) Cfr. n. 98, inviato a VLenn<t con protocollo 1190.

129

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Monza, 2 agosto 1881, ore 12,05 (per. ore 12,45).

Ricevuto lettera (l) della quale ringrazio. Approviamo pienamente circolare sua e telegramma (2). Le comunico i seguenti particolari avuti da per0

sona in relazione col Vaticano. Agosto. Papa doveva in Concistoro segreto pronunciare una violenta allocuzione contro Governo, minacciando partire. Prima 12 luglio Papa aveva esternato ambasciatori desiderio uscire. In seguito al rapporto signor Desprez, Presidente Grévy ha scrittogli lettera autografa dichiarandogli che dai rapporti avuti da Noailles ed altri, Governo italiano essere impotente garantire ordine, per cui pregava caldamente non uscire. Dopo 13 luglio Grévy riscriveva al Papa emettendo parere non restargli altro mezzo che di lasciare Roma, senza però invitare recarsi Francia. Gli ambasciatori e ministri che il Papa ha convocati dopo il 13 gli consigliano partire. In Vaticano riparlasi partenza. Sembrerebbe che il Papa vogliasi recare in Inghilterra. I cardinali più retrivi insistono per la partenza. Lietissimo buone notizie conferenze. La prego di continuare informazioni. La saluto affettuosamente.

130

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1268. Tunisi, 2 agosto 1881, ore 13,23 (per. ore 15,30).

L'ile de Gerba a été définitivement occupée par l es français; ceux-ci vont maintenant occuper Cartage et Haman-Enf. Maison agent consulaire Sfax toujours occupée par les militaires. Il se trouve ainsi dans des grandes difficultés pour accomplir sa besogne.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Cfr. n. 102 e 116.
131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 982. Roma, 2 agosto 1881.

Il rapporto, che qui acchiudo, del R. Consolato in Tunisi (l) e i documenti annessi espongono i casi occorsi a Sfax, in occasione della recente occupazione, con tale e tanta chiarezza di particolari, che non sembra dubbia la grave responsabilità in cui la Francia, per il fatto delle sue truppe, è incorsa in quella circostanza.

Quella stessa città che, soggetta per più settimane alle insurrezione araba, andò, a quanto consta finora, immune da ogni disordine, sarebbe invece divenuta, tostoché le truppe francesi vi ebbero posto il piede, teatro di rapine, di saccheggi e di atti arbitrarii d'ogni maniera.

Stando le cose così come ci sono riferite, è manifesto il duplice diritto nostro: ottenere un risarcimento integrale a pro' dei regi sudditi che ebbero danno per fatti punto non richiesti dalle necessità militari; conseguire giusta soddisfazione per la violazione della residenza consolare e la manomissione dell'archivio. La ragione, che in questa circostanza ci assiste, ha un carattere così spiccato di evidenza, che io non esiterei a tosto impartirle istruzione di dirigere, in proposito, formale comunicazione a questo Governo se non mi trattenesse il pensiero che, ad aggiungere efficacia agli officii nostri, varrà sopratutto la risultanza dell'inchiesta a cui procede, in questo momento, con l'autorizzazione del ministero, significata al Reggente il Consolato in Tunisi, e con l'assistenza di un ufficiale della <<Vedetta», il R. Agente Consolare a Sfax. Tale inchiesta, che ha per iscopo l'accertamento preciso della entità e qualità dei danni, non che di ogni circostanza atta a ben fissare la responsabilità dei casi occorsi, ci fornirà, senza dubbio, documenti conclusivi e irrecusabili per la domanda che già fin d'ora siamo risoluti a presentare a codesto Governo.

Intanto, le indicazioni contenute nel rapporto qui acchiuso Le potranno giovare come norma di linguaggio, e per dare, fin da questo momento, ragione, se così il comportassero i discorsi di Lei col signor di Saint-Hilaire, del reclamo che ci proponiamo di enunciare.

132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A MADRID, GREPPI

T. 720. Roma, 4 agosto 1881, ore 23,55.

Le ministre d'Espagne est venu me communiquer un télégramme de son Gouvernement exprimant combien celui-ci a été contrarié de voir un prélat

ll3

espagnol s'immiscer dans des questions politiques et témoignant espoir que ce frane désaveu ainsi que la sincérité de san empressement à resserrer les bons rapports, avec le Roi et le peuple italien, donneront la preuve de ses véritables sentiments. Je vous prie de réitérer, au nom du Gouvernement, au ministre d'Etat, et par san obligeant intermédiaire au président et aux membres du Conseil des ministres, les remerciements que j'ai déjà exprimé moi-meme à

M. del Mazo ainsi que notre satisfaction de voir ainsi consacrée par une manifestation publique la bonne amitié heureusement existante entre les deux pays.

(l) R. 429 del 4 luglio, non pubblicato.

133

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 939/1041. Londra, 4 agosto 1881 (per. l' 8).

Col mio telegramma n. 805 in data d'ieri (l) io informava l'E. V. che, stante la prolungata indisposizione del Conte Granville che lo impedisce di ricevere per trattare d'affari, io m'era rivolto a Lord Tenterden per poterle dare qualche risposta intorno al di Lei dispaccio del 22 luglio ultimo (Poi. n. 1190) (2), ed al telegramma del 29 dello stesso mese (3) che in qualche modo era connesso con quel dispaccio.

Avendo fatto conoscere a Lord Tenterden la sostanza dei detti due documenti, egli mi fece sentire di non essere in grado di farmi alcuna dichiarazione categorica in proposito; ma dalla sua risposta ho potuto afferrare che egli esprimeva l'opinione vera del suo Governo. Lord Tenterden mi disse che la posizione del Governo inglese rispetto alla Tunisia era quella che emerge dalla ultima corrispondenza pubblicata sugli affari di Tunisi (vedi il fascicolo n. 7 del Blue Book relativo a Tunisi), e soggiunse che finora non si era parlato di annessione, che anzi il signor Barthélemy St. Hilaire declinava per parte sua qualsiasi intenzione di tale sorta, e che in conseguenza non era il caso di preoccuparsi d'una simile eventualità o d'altre che finora non stanno per avverarsi.

In quanto al titolo di Residente francese assunto, dal signor Roustan, quel fatto non era stato ancora segnalato dal Rappresentante inglese a Tunisi. In una precedente conversazione che io aveva avuta al riguardo con Lord Tenterden si era fatto osservare che quel titolo di Residente francese corrispondeva a quello preso dai Rappresentanti inglesi presso i Principi indiani ed include in sè l'idea di vassallaggio della potenza che riceve il Residente verso quella che lo manda. Ma il Governo della Regina, dissemi Lord Tenterden, non sembra disposto a muovere querela per questioni secondarie di tale fatta.

In una parola, l'indirizzo preso dal Governo della Regina nella faccenda tunisina sembra essere quello di mantenere integri i diritti dell'Inghilterra consacrati dai trattati, senza avere l'aria di troppo curarsi del come e da chi la Reggenza sia governata. Basta che gli interessi materiali inglesi vi stiano in salvo.

Con ciò non è a dire che l'Inghilterra sia indifferente ai fatti che si svolgono nell'Africa settentrionale. In un precedente mio rapporto (Pol. 1029 in data 29 ultimo) (l) io notai quale sia a mio parere l'obiettivo cardinale dell'Inghilterra: quello cioè d'assicurarsi il predominio in Egitto. Essa ha da lottarvi contro la concorrenza della Francia, che non nasconde una uguale aspirazione. Per cui tutto ciò che potrà indebolire questa potenza e suscitarle avversarii nel Mediterraneo sarà dall'Inghilterra accolto con soddisfazione. Così è la politica conquistatrice che la Francia inalberò in Tunisia e che forse sarà costretta ad estendere oltre i limiti della Reggenza.

Io porto opinione che se noi ci faremo forti nell'interno, coll'ordine, col lavoro, se si giungerà a porre un freno alla agitazione delle fazioni che sorgono audaci contro il nostro ordinamento costituzionale o che tentano di compromettere il R. Governo, e se inoltre avremo una potenza militare adeguata alle esigenze della nostra difesa, in modo da destare il convincimento (che purtroppo non esiste ancora all'estero) che siamo diventati oramai una nazione forte, l'Inghilterra avrà interesse ad averci per amici. Siccome ci vorrà molto tempo ancora prima che possiamo destare la sue apprensioni, essa vedrà in noi una potenza capace di paralizzare col suo peso le aspirazioni d'una rivale assai più temibile che pretende ad un prepotente dominio nel Mediterraneo. Senza voler pregiudicare la futura politica estera del R. Governo, io sono intimamente convinto che, qualunque essa possa essere, noi dobbiamo anzitutto coi fatti infondere la persuasione che l'Italia è ormai diventata una nazione ordinata e forte (2).

(l) -T. 1269/805 del 3 a;gosto, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 121.
134

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 149~. Vienna, 4 agosto 1881 (per. il 7).

Il disgraziato incidente che turbò la pubblica quiete nelle vie di Roma, in occasione del trasporto della salma di Pio IX, diede occasione in Italia a mani

[T. 730 dell'H agosto, non pubblicato] del quale ritenni copia per poterlo spedire al primo cenno di S. E. ». «Si aggiunga al dispaccio il foglio delle mie osservazioni !asciandolo qui annesso». Il foglio delle osservazioni non è stato rinvenuto.

festazioni contro la Legge delle Guarentigie, che trovano appoggio in alcuni dei nostri più reputati giornali, e che accennano anche ad assumere il carattere di clamorose dimostrazioni di piazza.

Sono convinto che il R. Governo è assolutamente contrario a quel movimento, ed è deciso ad opporsi entro i limiti consentiti dalle leggi, acché esso prenda un pericoloso sviluppo. Non posso però dissimulare all'E. V. ch'io riterrei assai necessario, il R. Governo non lasciasse dubbio di sorta sul suo intendimento di mantenere inalterata quella legge, all'ombra della quale fummo sempre in grado di respingere qualsiasi intromissione nelle nostre relazioni col Supremo Gerarca della Chiesa Cattolica, che taluna potenza ebbe talvolta a velatamente tentare, prendendo a pretesto gl'interessi universali del mondo cattolico.

Non conviene dissimularci che il Vaticano, cogliendo l'occasione dei fatti della notte del 13 luglio, abilmente provocati, tende a mettere in scena un'agitazione cattolica contro l'Italia. Uno degli Stati dove essa troverà relativamente maggior ascolto, si è indubbiamente l'Austria; ed a malgrado il Governo imperiale sappia sempre far prevalere gl'interessi dello Stato sulle considerazioni di natura religiosa, non è però men vero che nelle presenti circostanze interne dell'Impero, un'agitazione clericale potrebbe creare serii imbarazzi al Governo. Ove ciò avesse a verificarsi, il Gabinetto di Vienna potrebbe, ponendoci sott'occhio siffatta situazione, farci presente la convenienza per l'Italia, di far opera amica togliendovi il pretesto. Or bene, a me sembra sia sommo interesse per noi, il prendere il passo innanzi, onde evitare ci si tenga un discorso di quella natura, poiché per quanto la forma possa esserne cortese e riguardosa, però rivestirebbe sempre il carattere di un'indebita intromissione nelle faccende nostre interne.

Questo mio suggerimento mi è dettato dall'esperienza del passato, poiché in più di un'occasione, il Gabinetto di Vienna ebbe a tenerci discorsi in questo senso, a cui sempre però ci fu dato rispondere, appoggiandoci su quella Legge delle Guarentigie che forma tuttora salda base al nostro Diritto pubblico in sì delicata materia.

Fino ad ora nessuno ebbe a farmi parola su quest'argomento, ma temo assai che ove le manifestazioni dell'opinione pubblica in Italia, acquistassero vigore, ed il R. Governo mantenesse il silenzio, quella riserva potrebbe cessare. Sarebbemi quindi sommamente necessario l'aver per tale eventualità una sicura norma a cui informare il mio linguaggio; tanto più che a difetto di essa, non potrei se non !imitarmi ad espressioni evasive, ispiratemi da una necessaria prudenza che già rivestirebbe un carattere poco rassicurante, e quindi compromettente (1).

N. -B. -Sarà opportuno se le riunioni continuano trasmettere al nostri rappresentanti all'estero le risoluzioni ed i propositi del Governo ».

Il 13 agosto fu Inviato a Vlenna Il d. 1195, non pubblicato, che segue la falsariga di queste annotazioni.

(l) -Cfr. n. 124. (2) -Allegate al presente rapporto si trovano due annotazioni, rispettivamente di Malvano e di Mancini: <<È evidente che converrà provvedere, da noi, a garantire la nostra posizione. Sto studiando la formula: ma forse converrà aspettare che si confermi 1la notizia che Roustan cesserebbe di rappresentare la Francia nella qualità consolare e sarebbe, in questo, surrogato dal Vice Console signor Legueux. Ho preparato, in proposito, l'acchJ.uso schema di telegramma. (l) -Allegate al presente dispaccio si trovano le seguenti annotazioni rispettivamente di Malv,ano e di Manctni: «Rispondere approvando e riferendosi alla notlizia telegraficamente inviatagli circa H comizio di Domenica. -11/8/81 ». <<Sono pochi indivinllli, e sempre gli stessi, promotori di tutte le dimog,trazioni ed anche dd questa contro la Legge delle Guarentigie. Il Governo è fermo e risoluto nel mantenimento dell'osservanza e del rispetto di quella senza però impedirci l'esercizio del diritto di riunione e di petizione.
135

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1494. Vienna, 4 agosto 1881 (per. il 7 ).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione che Le piacque darmi col suo dispaccio del 28 scorso mese n. 1187 (1), di altro dispaccio ch'Ella rivolgeva all'Eccellentissimo mio collega di Berlino in data 23 luglio (2) facendo oggetto di esame la politica italiana rimpetto alla Germania ed indicandone la stretta connessione colle relazioni che il R. Governo vorrebbe stabilire e mantenere con l'Austria-Ungheria. Sarà mia cura avere presenti in ogni occasione le indicazioni in tal maniera fornitemi sull'attitudine che l'E. V. intende osservare verso la Monarchia Austria-Ungarica a fronte di quella spinta verso l'Oriente che il Principe di Bismarck ebbe ad imprimere al vicino Impero. Il rendermi interprete delle istruzioni così adombratemi, mi riuscirà tanto più facile ch'esse sono essenzialmente conformi al mio modo di vedere non mai dissimulato al R. Governo, e ben prima ancora del Congresso di Berlino, cioè fin da quando la questione d'Oriente ricomparsa in sullo scacchiere europeo coll'insurrezione dell'Erzegovina accennò a prendere le maggiori proporzioni che mano mano andarono verificandosi. Tutta la mia corrispondenza col R. Ministero da molti anni a questa parte, non esito a dire, fa fede del mio costante modo di vedere in proposito; non occorre quindi ch'io ricordi oggi i suggerimenti da me le tante volte rispettosamente ripetuti, e che ho la soddisfazione di constatare attualmente conformi alle vedute del R. Governo.

Meglio sarebbe indubbiamente stato porsi prima di ora francamente su quella via, ma ad ogni modo ritengo che siamo ancora in tempo di affermare coi fatti questa nostra politica, la sola che presenti un carattere veramente pratico e di natura a portare tanto migliori frutti per l'avvenire se sapremo spogliarla da ogni apparenza che possa mostrarla ispirata da momentanee impressioni, o diretta ad aumentare i rischi di eventuali complicazioni, idea questa che è necessario combattere con tanto più attenta cura che non conviene nascondersi essa comincia a farsi giorno negli animi qui ed a consequentemente manifestarsi in alcuni fra i giornali di Vienna che meglio riflettono le impressioni dell'opinione pubblica.

Ogni qualsiasi troppo esplicita manifestazione nel senso che accentui la nuova politica che intendiamo seguire, deve essere scrupolosamente evitata; il successo della nostra azione sarà tanto meglio assicurato se sapremo procedere sulla via da noi scelta con sommo tatto e particolare prudenza coll'uniforme insensibile lavoro di ogni giorno; non porgendo così occasione acché ci si inviti a manifestare in modo più appariscente i nostri intendimenti, locchè potrebbe porci in delicatissime condizioni, tali da farci trovare a fronte di situazione assai compromettente.

n -Documenti diplomatici -Serle II -VoL XIV

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 109.
136

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 456. Cintra, 4 agosto 1881 (per. 1'11).

Ricevuto l'interessante telegramma di V. E. in data delli 15 scorso luglio (1), sugli avvenimenti della notte del 13 al 14 di quel mese all'occasione del trasporto della salma di Pio IX dal Vaticano alla Basilica di San Lorenzo, credei utile trasmetterne confidenzialmente da qui il sunto dettagliato al Ministro degli Affari Esteri sotto forma di comunicazione verbale, pregando S. E. a volerla comunicare puranche personalmente al Re, ed alla Regina, « sapendo per prova, soggiunsi nella mia lettera, quanto le loro Maestà Fedelissime degnano sempre interessarsi all'Italia~.

Mio scopo principale in questa informazione personale, per così dire, al Ministro ed ai Suoi Augusti Sovrani fu di prevenire con l'autenticità dei fatti e l'autorità incontestabile di V. E., l'impressione di altre comunicazioni in diverso senso che, non dubitavo, sarebbero pervenute a Lisbona, come difatti pervennero poco dopo.

Il signor Hintze Ribeiro mi rispose egualmente per lettera particolare, ringraziandomi della mia comunicazione.

Giorni sono, alla fine del mio colloquio a Lisbona già riferito a V. E. su altri soggetti col Ministro degli Esteri, S. E. mi chiese se avevo ricevuto altre notizie sui fatti di Roma e sulle loro conseguenze. Risposi negativamente circa notizie officiali, ma riferii quelle della nostra stampa la quale, anche la più ostile all'attuale Ministero, riconosce che la cerimonia affermata prima -malgrado il desiderio del Governo di rendere gli onori Sovrani al defunto Ponte

fice -come assolutamente privata col corteggio di qualche centinaja di persone al più, si era invece convertita in cerimonia solenne con 3.000 persone e provocazioni illegali -«quindi, soggiunsi, abyssus abyssum invocat »; né aver d'uopo di assicurare che il Governo del Re deplora altamente l'accaduto e farà il suo dovere.

Terminai dicendo che S. E. doveva ben sapere quanto sia facile il trascendere alle passioni nelle ardue questioni politiche ed ancor più se complicate da idee religiose, né certo alcuno potrebbe affermare per esempio che le sommosse popolari che ebbero luogo a Lisbona pochi mesi sono per abbattere il Ministero progressista colla sua grande maggioranza parlamentare, fossero ispirate o menomamente incoraggiate dagli onorevoli Ministri che sono attualmente al potere, ed esser certo che l'attuale Governo portoghese deplora questi attentati pubblici non previsti, come S. E. può esser certo che il Governo del Re deplora quelli accaduti a Roma, tanto più che in Italia Corona, Governo e Nazione, non era d'uopo per me perorarlo, hanno il maggior interesse e la ferma volontà

di rispettare e far rtspettare l'autorità religiosa ed i privilegi Sovrani del Sommo Pontefice.

Il Ministro comprese bene i miei detti, rispondendo esser vero che non tutto si può prevedere ed a tempo reprimere. Soggiunse aver ricevuto in proposito rapporti da Roma dall'Ambasciata e dalla Legazione portoghesi, senza affatto accennarne il tenore, come neppure delle comunicazioni scritte e verbali di questo Nunzio apostolico.

Crederei utile, se V. E. concorda nella mia opinione, che a suo tempo fossi in grado di constatare qui al Governo portoghese, specialmente per la favorevole impressione che può fare alle Loro Maestà Fedelissime, atteso gli intimi rapporti personali di questa Corte col Vaticano, le misure prese successivamente dal R. Governo, relativamente agli avvenimenti romani.

Quanto all'opinione pubblica portoghese in generale ben poco si è preoccupata di questo deplorabile accaduto, e S. E. il Nunzio, del quale io rimango immediato ai Circoli di Corte, continuò domenica scorsa a parlar meco tutto il tempo colla sua solita affabilità e cortesia (l).

(l) Cfr. n. 102.

137

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 112. Parigi, 5 agosto 1881 (per. il 12).

Ho l'onore di accusare ricevuta del telegramma del 14 luglio (2) nonché del ben pregiato dispaccio (Serie Politica n. 976 bis, in data del 27 stesso mese) (3) che l'E. V. si compiacque dirigermi intorno agl'incidenti di Roma nella notte dal 13 al 14 mese citato, in occasione della translazione delle spoglie del Pontefice Pio IX. Nell'assicurarLa di aver presa buona nota delle istruzioni contenute in quella circolare, pronto a valermene qualora si fosse presentato il caso, approfitto ad un tempo della circostanza che mi si offre, per riferire all'E. V., che, nè ufficialmente nè ufficiosamente, mi venne mossa parola intorno ai fatti sopramenzionati; io, del resto, ho evitato a bello studio di prendere l'iniziativa e di provocare il discorso sopra l'argomento.

Non mi risulta che il Governo francese abbia prestata attenzione alla versione di coloro che cercavano travisare i fatti nell'interesse di partito; mi consta invece da sicura fonte che al Cardinale Guibert, Arcivescovo di Parigi, vennero

«Ringraziare. Approvare pienamente. Premettere che, come già si fece in questi giorni, così si continuerà a fornirgli tutte le utili indicazioni circa gli incidenti connessi con la situazione reciproca del Regno e del Pontefice.

Agosto 1881 ».

«Non sono disposto ad approvare tut,to ciò che si contiene in questo dispaccio e che non sembra conforme alle istruzioni contenute nel nostro telegramma e più chiaramente nel1ia successiva Circolare del 27 luglio.

Mi pare che accusandone ricevuta, si dovrebbe far richiamo della Circolare ed invitare il Ministro ad uniformarsi alle istruzioni in essa contenute».

dirette, ignoro se verbalmente o per iscritto, non dal Ministro dell'Interno e del Culti, sibbene dal Presidente istesso del Consiglio, severe rimostranze per la forma e la violenza della Pastorale da lui diretta al Pontefice Leone XIII contenente espressioni sì ostili verso un Governo amico.

(l) Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti .annotazioni rdspettiv.amente di Malvano e di Mancini:

(2) -Cfr. n. 102, in realtà del 15 luglio. (3) -Cfr. n. 116, inviato a Parigi con protocollo 976 bis.
138

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1284. Atene, 7 agosto 1881, ore 18,20 (per. ore 22).

Président du Conseil, qui est de retour depuis avant hier, a temoigné le plus vif désir au colone! Velini et à moi de voir repoussée la demande du délai de quinze jours faite par la Porte. Il nous a fait un tableau effrayant des désordres sur les frontières, dont Théssalie est le théàtre, et a insisté sur la nécessité d'occuper au plus tòt cette province pour y rétablir l'ordre. Il a aussi l'intention de s'adresser au doyen du corps diplomatique en le priant d'appeler l'attention de la commission sur cette situation difficile dans l'espoir peutétre de l'amener à rejeter délai. En présence de ce fait il serait désirable commissaire royal fiìt instruit des intentions du Gouvernement du Roi afin d'y conformer sa conduite. J'ai communiqué ce télégramme à Constantinople.

139

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1285. Atene, 7 agosto 1881, ore 18,40 (per. ore 22).

Commission d'évacuation, ici présente au complet, s'est réunie ce matin en conférence pour délibérer sur la question du nouveau délai de 15 jours demandé par la Porte. Elle a interrogé aussi le chef de la commission grecque pour étre informée du minimum de temps nécessaire au mouvement des troupes d'occupation. Vu la difficulté d'arrèter d'avance un pian d'action combinée, elle a décidé à l'unanimité de se porter sur les lieux avant de formuler son avis sur la question du nouveau délai. A cet effet la commission partira demain soir, lundi, pour Stylide et se rendra ensuite à Volo, où elle se trouvera le dix pour y conférer avec le premier commissaire ottoman. Dans le rapport qu'il a adressé à V. E., le 4 courant (1), colone! Velini a exprimé son opinion sur la question du délai. Ensuite de la discussion qui a eu lieu ce matin commissalre royal pense que Ia majorité de la commission est favorable au délai. J'ai communiqué ce télégramme à Constantinople.

(l) Non pubblicato.

140

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1286. Therapia, 8 agosto 1881, ore 11,55 (per. ore 13,20).

A la réunion des représentants tenue aujourd'hui, j'ai présenté réclamation du Gouvernement grec relative aux dates pour l'évacuation des différentes zones. Tous mes coiTègues ont été d'avis que, cette question ayant été laissée à la commission et ne touchant pas aux termes de la convention, il n'y avait pas lieu d'intervention auprès de la Sublime Porte. Nous continuons à faire les démarches les plus énergiques pour obtenir de la Porte continuation des travaux de délimitation.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, AI MINISTRI A BERNA, FE' D'OSTIANI, A BRUXELLES, MAFFEI, A LISBONA, OLDOINI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A L'AJA, TUGINI, E A PARIGI, MAROCHETTI

T. 726. Roma, 8 agosto 1881, ore 19,18.

C'est pour votre information et pour vous mettre en mesure de rectifier au besoin des versions erronées que je viens vous exposer les faits tels qu'ils se sont passés au cornice d'hier. Quelques discours violents contre la loi des garanties on été prononcés; après quoi un ordre du jour portant fausse appréciation de la souveraineté constitutionnelle italienne, et de la loi des garanties dont on réclamait abolition ainsi qu'occupation des palais apostoliques ayant été proposée, une nouvelle lecture et la votation en furent défendues par un délégué de sureté publique qui, en se conformant aux instructions supérieures, fit immédiatement dissoudre assemblée sans avoir du recourir à la force. Le calme s'est maintenu parfait en ville où la population demeure indifférente. Gouvernement a ainsi prouvé qu'il est bien résolu de concilier son respect scrupuleux de la liberté de réunion avec la protection absolue de la liberté et des garanties au Souverain Pontife. Des journaux contenant à l'occasion du cornice des articles offensifs pour le Pape ont été immédiatement saisis et dénoncés aux tribunaux.

142

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 116. Parigi, 8 agosto 1881 (per. il 12).

Pochi giorni or sono, feci una visita all'Ambasciatore di Turchia. S. E. diede principio alla conversazione, avviandola immediatamente sulle cose di Tunisi e di Tripoli. Quanto mi disse in proposito Essad-Pacha, merita certo di essere riferito all'E. V. L'Ambasciatore s'ingegnò a dimostrarmi come la Francia si trovasse molto imbarazzata nella Tunisia, e dovesse ricorrere al concorso della Porta per sostenersi in piedi nella Reggenza.

« Voici ce que j'ai dit à ces Messieurs -aggiunse il rappresentante ottomano -l'image n'est pas poétique, mais elle dépeint la situation. Pendant que la Porte avait le dos tourné, vous avez profité du moment pour lui prendre son gateau. Vous l'avez mal avalé, il vous fait mal à l'estomac, et vous prétendez maintenant que la Porte vous aide à le digérer ». L'Ambasciatore seguitò dicendo che il Bey «Luogotenente del Sultano» agli occhi degli Arabi e dei Musulmani non era più a quest'ora che il «traditore del Sultano e lo schiavo, di una potenza cristiana »; esserne del resto tante prove evidenti le continue insurrezioni, le diserzioni dei soldati Tunisini, le defezioni, etc. etc.

Questa situazione, continuò il mio interlocutore, ci obbligò a mandar truppe nella Tripolitania vicina per mantenervi l'ordine ed impedire che la ribellione vi si estendesse. Un tale provvedimento, lungi dall'inquietare la Francia, la deve anzi rassicurare. Essa si trova obbligata di ricorrere all'influenza morale della Porta per potere « digérer le gateau». Ma il Bey «est le drapeau de la rébellion et de l'insurrection, et le traité du Bardo gène la France vis-à-vis des Puissances ».

«Ma-soggiunsi io--vous pousseriez donc à la destitution ou à l'abdication du Bey! ». L'Ambasciatore non replicò punto a questa mia osservazione; e vedo stampato nel Mémorial Diplomatique del 6 corrente un entrefilet che mi pare dover andare unito a questo rapporto! (1). Domandai allora all'Ambasciatore se fossi stato bene informato, quando (come ebbi l'onore di telegrafare all'E. V. il 12 luglio) (2) intesi a dire che la Sublime Porta aveva suggerito alla Francia un modus vivendi sui limiti della Tunisia e della Tripolitania. Essad-Pacha mi rispose sorridendo in modo da farmi comprendere che la proposta fu bensì fatta,

ma solo per dar prova di buone disposizioni verso la Francia, quelle frontiere essendo mal definite ed il clima funesto alle truppe in questa stagione a causa dei calori e della mancanza d'acqua.

(l) -Il trafiletto era il seguente: «D'après ce qu'on nous écrit de Londres, dans le cas où le bey de Tunis se déciderait à abdiquer, la Sublime Porte renouvelerait ses efforts pour arriver à une entente avec la France sur la question tunisienne. Les négociations seraient empreintes de la plus grande cordialité et arrivant à un résultat très satisfaisant pour la France, auraient l'avantage de maintenir le protectorat, tout en sauvegardant la dignité du sultan, dignité à laquelle l'empereur des ottomans attache le plus de prix et pour laquelle n est prèt à faire de très grands sacrifices ~. (2) -Cfr. n. 97.
143

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 967/1051. Londra, 9 agosto 1881 (per. il 14).

Confermando il mio telegramma n. 806 in data d'oggi (1), ho l'onore d'accusare ricevuta del telegramma in data del dì precedente (2) col quale l'E. V. si compiacque di esporre in quale modo si siano passate le cose nella riunione che ebbe testè luogo a Roma per provocare l'abolizione della Legge sulle Guarentigie e quali misure abbia preso il R. Governo per evitare tutto ciò che potesse compromettere l'ordine pubblico ed essere contrario al rispetto dovuto alla persona del Sommo Pontefice.

Non mancherò di valermi di queste informazioni per rettificare le versioni erronee che possono prodursi intorno a questo nuovo incidente, come già ebbi occasione di farlo più volte rispetto ai disordini occorsi nel trasporto della salma di Pio IX dal Vaticano alla Chiesa di S. Lorenzo fuori mura. Non devo però dissimulare all'E. V. che queste dimostrazioni sono in generale assai male interpretate fuori d'Italia. Non vi si scorge che uno sfregio fatto al Pontefice, senza addentrarsi nel fondo delle cose e cercar le ragioni che poterono destare simili manifestazioni. I partiti ostili al Governo italiano se ne valgono per inveire contro di lui; coloro che ci sono amici se ne dolgono per l'interesse che ci portano. Così, pochi giorni or sono, io esponeva al signor Mundella, membro del Gabinetto specialmente incaricato della pubblica istruzione, come le cose erano accadute in occasione del trasporto . della salma di Pio IX. Il signor Mundella, di cui il liberalismo nel senso più largo della parola non può certamente essere sospetto, mi rispondeva che non metteva in dubbio quanto io gli narravo, ma che cionondimeno i disordini accaduti, qualunque ne fosse stata la causa, erano un fatto assai lamentevole.

Iersera un mio amico, molto intimo col Primo Ministro, venne a dirmi d'aver avuta una conversazione coll'on. Gladstone il quale, avendo inteso che si organizzavano in Roma meetings contro la Legge delle Guarentigie, gli avrebbe detto: «Ma che cosa vogliono, dove vanno gli italiani? Non si accorgono che comportandosi in quel modo essi danno ad alcune potenze argomento d'ingerirsi nelle cose d'Italia, sotto pretesto di difendere il Papa, mentre noi non potremmo dare appoggio all'Italia in difficoltà provocate da fatti che disapproviamo?».

Non si può perdere di vista che la Legge sulle Guarentigie è una specie di compromesso tacito tra l'Italia e le Potenze che hanno interesse ad usare riguardi al Sommo Pontefice e le quali non possono naturalmente fare a meno di preoccuparsi delle minacce fatte contro questa medesima legge.

Quantunque poco numeroso, il partito oltremontano in Inghilterra è assai ardente, e si ode sussurrare che il Papa dovrebbe cercare un rifugio momen

taneo fuori d'Italia colla speranza di poter tosto rientrare trionfante nel Vaticano.

Metto termine a questo rapporto coll'unirvi un articolo pubblicato nel Morning Post di questa mattina (l) circa l'attitudine presa dal Vaticano dopo questi ultimi fatti. L'articolo è redatto dal signor Roberto Stuart. Lo indurrò a rettificare ugualmente le inesattezze e le esagerazioni che di quando in quando compaiono nei giornali inglesi intorno a quelle questioni (2).

(l) -T. 1289/806, non pubbUcato. (2) -Cfr. n. 141.
144

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 506. Madrid, 9 agosto 1881 (per. il 13).

Il ministro di Stato trovandosi di passaggio a Madrid, giacché tra brevi giorni partirà alla volta del suo castello di Mox in Galizia ove avrà l'onore d'ospitare le Loro Maestà durante il loro viaggio marittimo, fui a visitarlo e cosi potei dare compimento all'onorevole e grato incarico che l'E. V. si compiacque affidarmi e di cui è parola nel mio rapporto di questa Serie n. 504 delli 5 corrente (3).

H Marchese de la Vega Armijo ascoltò i miei ringraziamenti e la preghiera di comunicarli parimenti al presidente del consiglio ed ai suoi colleghi, con visibile compiacimento, e mi replicò che il Governo di S. M Don Alfonso XII era stato felicissimo di trovare la opportunità d'attestare la sua sincerissima amicizia al Governo italiano. Egli confidenzialmente mi fece parte del lamento espressogli dal Nunzio per il biasimo inflitto alla pastorale del Cardinale Moreno e per le parole tanto benevole indirizzate all'Italia, mentre il Gabinetto di Madrid erasi limitato a far giungere al Vaticano solo la sterile espressione del suo rincrescimento per i fatti che avevano tanto afflitto il Santo Padre all'occasione del trasporto delle ceneri di Pio IX; a questo rispondevagli il ministro di Stato, osservando che la irregolare condotta tenuta dal Cardinale Moreno, mischiandosi tanto brutalmente in assunti politici, essendo rimasta senza repressione per parte del Vaticano, il Governo spagnuolo aveva dovuto ricorrere ad un mezzo, e mezzo mitissimo, per correggere il male che il principale prelato di Spagna, aveva tentato di provocare.

«Si comunichi al Presidente del Consiglio. Se ne dia lettura confidenziale ai Ministri Berti e Zanardeili. Servirà di risposta l'invio da farsi a tutti i nostri rappresentanti lllll'estero di un esemplare della Gazzetta ufficiale che conterrà il comunicato».

(3} Non pubblicato ma cfr. n. 132.

Continuando poi il Marchese de la Vega Armijo la sua conversazione in tuono amichevole e confidenziale, mi partecipava le sue apprensioni per certi sintomi che sembravagli avere osservato presso alcuni Governi e presso il Vaticano cioè che nei primi si risvegliasse l'idea che mancava un atto preciso col quale per parte loro fosse st::tto ratificata l'abolizione del potere temporale dei Papi, e nel Vaticano si maturasse il pensiero d'indurre il Papa ad abbandonar Roma. Il ministro degli Esteri si affrettava esso stesso a protestare contro l'assurdo concetto attribuito ad alcuni Governi che non nominò, benché parmi che tra questi annoverasse la Germania, dicendo che dal momento che tutti i Governi tenevano i loro rappresentanti a Roma, presso la Corte di

S. M. il Re d'Italia, questo solo fatto era sufficiente per distruggere ogni dubbio sulla completa ricognizione della radicale trasformazione politica compitasi in Italia in questi ultimi quattro lustri. Tuttavia mi sembrò che il pensiero potesse il Pontefice abbandonare Roma in cerca di un rifugio, preoccupasse alquanto il ministro di Stato. È evidente che il Nunzio tentò destare spavento nell'animo suo, insinuandogli questa congettura come una necessaria conseguenza degli ultimi fatti, e della trepidezza che molti Governi dimostrarono per gl'interessi della Santa Sede. Valendomi delle egregie considerazioni svolte dall'E. V. nel dispaccio che mi fece l'onore di dirigere in data dellì 27 luglio ultimo scorso n. 153 bis della presente Serie (l), io gli dimostrai che il Governo del Re era fermamente risoluto a mantenere i suoi impegni colla Santa Sede, sempre che questa si astenesse dall'aizzare i partiti reazionari, di nuovo armeggianti in Roma, ad intraprendere alcun che contro l'unità italiana, solennemente riconosciuta da tutti i Governi e quindi s'astenesse dal contribuire essa stessa a rendere impossibile l'azione del governo, azione tanto moderatrice.

Del resto il signor Marchese de la Vega de Armijo non è per nulla disposto a scendere per la china sulla quale il Nunzio vorrebbe spingerlo ed egli si augura solo che a lato della podestà religiosa del Pontefice rispettata in Roma, si mantenga intatta quella del Re e del Governo italiano.

Invano il clero ed i suoi addetti cercano destare in tutta la Spagna l'agitazione religiosa a favore del potere temporale dei Papi. Questa agitazione non si sparge e rimane ristretta entro gli usati limiti. Non è men vero che la audacia in queste sfere va crescendo; cosi veggo annunziato sui fogli un opuscolo che porta per titolo: «Urgente necessità d'una crociata per la liberazione del Sommo Pontefice», di cui è autore un certo Carulla. Ma questo fatto più che la forza del partito, attesta la sua insania.

I fogli del partito conservatore-liberale accettano nella massima parte le considerazioni della stampa clericale contro di noi. Il periodico l'Epoca che nel tempo in cui il Conte Coello, suo patrono, rappresentava la Spagna a Roma, mostravasi tanto benevolo per noi, ora prende le difese del Santo Padre, insolentisce contro l'Italia e ci profetizza prossima ruina (2).

(l) -Non si pubblwa. (2) -Allegate al presente r·apporto si trovano le seguenti annotazioni rispettivamente di Malvano e di Mancini: <<Mi parrebbe utile di mandarne copia al Presidente del Consiglio. S. E. potrebbe anche permettermi di comunicare, confidenzialmente, il rapporto al Ministro Berti». (l) -Cfr. n. 116, inviato a Madr~d con protocollo 153 bis. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: Venendo a Capodimonte mi permetterò di esporre a S. E. un mio pensiero circa l'ultima parte di questoRapporto, trovandomi io in ottimi termini col Conte di Coello. Naturalmente mi occorrerebbero precise istruzioni da S. E. ».
145

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 81. Assab, 9 agosto 1881 (per. il 28).

Già da qualche tempo ho domandato all'E. V. di far fare qualche amichevole rimostranza a Londra sul contegno che le autorità coloniali di Aden tengono verso di noi e specialmente sulle trattative che avevano cercato di intavolare con l'Oasir di Raheita. Tornate queste inutili, esse si sono rivolte più alto e recentissimamente hanno fatto formale proposta a Berehan di comperargli l'isola Dumeira. Sta quest'isoletta rimpetto al capo del medesimo nome e vicina al passaggio più largo dello stretto di Bab-el-Mandeb. Io spero di poter quanto prima inviare all'E. V. copia della lettera con cui facevano tale proposta; ma posso fin d'ora garantire l'esattezza della notizia, avendola letta l'interprete Said in una sua recente gita a Raheita. Berehan ha per ora rifiutato, ma noi avremmo molto torto se credessimo che il trattato che abbiamo con lui possa aver tale influenza da farlo resistere alla lunga a simili offerte, specialmente se accompagnate dalle somme considerevoli di cui può sempre disporre anche un'autorità subordinata inglese, qual'è il governatore di Aden. Non prendendo quindi la precauzione che io aveva suggerita, è probabile che noi ci troveremo un bel giorno di fronte a un contratto, stipulato, è vero, senza autorizzazione del governo centrale, ma che questo si guarderà bene dal non riconoscere una volta che sia passato nella categoria dei fatti compiuti.

146

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (2)

L. P. Roma, 10 agosto 1881.

Dopo il lungo telegramma (3) che or ora Le inviai, avrei scrupolo di scriverle diffusamente. Nondimeno il telegramma di Menabrea (4} e i rapporti che già si erano ricevuti da Menabrea stesso, non che da Launay e Robilant (5), mi fanno una certa impressione, e mi inducono a sottomettere a V. E. -idea appena abbozzata -il concetto di una manifestazione del Governo, in quella forma che fosse più conveniente, ma che escluda ogni dubbio sulla riprovazione degli attacchi contro la persona del Pontefice, e sul fermo volere di mantenere rispettata e illesa la Legge delle Guarentigie. Non tutti, segnatamente all'estero, conoscono le nostre vere condizioni interne né sanno che il movimento

attuale è opera di quella stessa minoranza che minaccia ogni altra istituzione fondamentale nostra. Secondo il telegramma di Menabrea, il signor Gladstone gìà confonde in uno stesso giudizio e nella stessa rampogna tutti gli Italiani. È giusto che il Governo, emanazione della immensa maggioranza del paese, si sciolga da una solidarietà troppo pericolosa. A Camera aperta facile sarebbe il modo; ma ora, a Camera chiusa, la Gazzetta Ufficiale presentasi come il solo organo possibile del pensiero governativo. Temo che l'assoluto silenzio nostro lasci radicare un falso apprezzamento, e che questo sia usufruito da coloro che spingono il Papa ad alcuna novità, nella speranza di trarne vantaggio. Una nostra schietta ed autorevole dichiarazione sventerebbe la manovra.

Scusi, Signor Ministro, questo mio libero discorso. Ma io ho, lo · confesso, l'animo molto preoccupato per le conseguenze che un colpo di testa del Vaticano avrebbe per l'avvenire del nostro paese.

A questo riguardo, la nota sciocchissima, pubblicata jeri sera dal Diritto, è deplorevole. Ho visto, oggi, parecchi del Corpo diplomatico; i quali tutti la interpretavano come se veramente il Governo avesse notizia del progetto di partenza, e mostrasse di non volervi annettere grande importanza. Temo che finiremo per non più poterei servire di quel giornale, che oramai non ha più direzione. Già domenica sera pubblicò l'insulsa e cervellotica notizia circa le pretese dichiarazioni di Noalles, e fu cagione che questo spedisse a Parigi lo spiacevole telegramma qui acchiuso (l), a me comunicato per il consueto uso confidenziale.

Martuscelli è a Roma. Gli consegnai quella certa lettera da V. E. già firmata, e gli dissi il pensiero di Lei circa la dilazione d'ogni ulteriore movimento. Non si arrese: temo voglia ancora insistere, presso V. E., per l'immediata promozione.

Tra le carte d'oggi invio lo schema di dispaccio per l'accettazione della sospensione della giurisdizione consolare in Bosnia (2). Non ho creduto di accentuare assai la riserva che tale sospensione è subordinata alla permanenza di una amministrazione austriaca in quelle province; sia perché tale riserva già emerge dalle considerazioni stesse con cui l'Austria corrobora la sua domanda, e che io ebbi cura di ben riassumere, sia perché la temporaneità dell'occupazione austriaca in Bosnia è tema assai delicato, in cui il Gabinetto di Vienna patisce d'una sensibilità eccessiva.

(l) -Ed. in L'Italia in Africa, vol. cit., p. 198. (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Non pubblicato. (4) -T. 1289/806 del 9 agosto, non pubblicato, ma cfr. n. 143. (5) -Cfr. nn. 112 e 134.
147

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

Vienna, 10 agosto 1881 (per. il 16).

Il primo articolo della Neue Freie Presse che qui compiego sarà indubbiamente riprodotto dalla stampa Italiana e le idee in esso svolte sono persuaso saranno apprezzate con simpatia nel Paese nostro.

II desiderio in sì cordiale maniera caldeggiato dal più importante giornale della Monarchia Austro-Ungarìca che un intimo accordo a scopo di pace si stabilisca fra l'Italia e l'Austria-Ungheria trova la sua più manifesta espressione nel modo col quale il giornale viennese togliendo pretesto dalla notizia data dalla Politik di Praga (organo del partito feudale federalista) che S. M. il Re Umberto si disporrebbe a visitare l'Imperatore Francesco Giuseppe fa all'eventuale effettuazione di quel fatto la più calorosa e simpatica accoglienza.

Indubbiamente devesi tenere gran conto di simili manifestazioni della stampa poiché sono di naura ad influire notevolmente sull'opinione pubblica dei due Paesi, ed a produrre essenzialmente favorevolissima impressione in Italia.

Ciò posto in sodo è dover mio far presente all'E. V. che se la Neue Freie Presse è, come dissi, il più importante giornale della Monarchia, d'altra parte poi non solo non rappresenta menomamente le idee del Governo, ma neppure è in grado di esercitare su di esse la desiderata influenza: anzi direi che ordinariamente raggiunge lo scopo contrario ai voti ch'essa esprime.

La politica estera in Austria è diretta unicamente dal Sovrano in collaborazione col suo ministro degli Affari Esteri. Talvolta la stampa è chiamata tt riflettere gli intendimenti della mente direttiva della politica dell'Impero ma essa non è mai in grado d'imprimervi una direzione qualsiasi. Non intendo dire con ciò che la visita di Re Umberto non riuscirebbe gradita all'Imperatore Francesco Giuseppe, poiché anzi sono persuaso l'Imperatore sarebbe assai lieto che il nostro Augusto Sovrano gli facesse esprimere un desiderio di quella natura. Non saprei però per conto mio raccomandare negli attuali momenti l'appigliarsi ad un cosi significativo partito.

Presente a due incontri di Vittorio Emanuele con Francesco Giuseppe so ciò che in tali circostanze il nostro Gran Re ebbe a dire all'Imperatore; e gli avvenimenti svoltisi dippoi non mi lasciano dubbio di sorta che in un abboccamento col Re Umberto la conversazione verrebbe tosto posta sullo stesso tema che già formò oggetto di esplicite dichiarazioni da parte dell'Augusto Suo Genitore. Se anche la lunga conoscenza che ho di questo paese non me ne desse la certezza non potrei più farmi illusioni dopo il così. esplicito linguaggio tenutomi tanto dal Barone Haymerle che dal signor Kallay.

Vano sarebbe sperare di eliminare il pericolo di esplicite dichiarazioni mantenendo il discorso sulle generalità, la questione acuta della formale rinuncia ad ulteriori annessioni in qualsiasi eventualità verrebbe posta in campo se non anche prima del convegno certamente durante questo. Il non risolverla con precisione ci metterebbe in posizione peggiore di prima ed il mettervi fine con una dichiarazione quale sola soddisfazione qui non saprei per conto mio consigliarlo.

Conviene quindi continuare a battere quella via di lenta ma continua conciliazione fra i due Stati, sulla quale s'è posto l'attuale Governo di Sua Maestà eà. a cui s'informano tutti gli atti dell'E. V. ed aspettarne pazientemente i risultati, cogliendo opportunamente le circostanze propizie per accelerarli ma

ben guardandosi dal volerne precipitare la conclusione con uno di quei fatti clamorosi, che se non ben riusciti lasciano dietro conseguenze peggiori dei mali a cui s'intendeva metter riparo.

L'E. V. non può dubitare della coscienziosa saldezza dei miei convincimenti poiché è troppo evidente che a nessuno piucché a me dovrebbe tornar gradito, l'assistere ancora una volta all'incontro del mio Sovrano con quell'Imperatore presso al quale sono accreditato da oltre dieci anni, ed il vedere così alla mia presenza cementato quell'accordo, stretta quell'alleanza che sempre ìo desiderai nell'interesse dell'Italia e che fu ben posso dire l'aspirazione al cui compimento non cessai un sol giorno di lavorare ben inteso tenendo sempre alta la nostra bandiera, che nella mia mano non ebbe mai ad essere ripiegata anche nei momenti i più procellosi che non furono pochi ben posso accertare l'E. V.

Attualmente quindi non saprei consigliare che di non !asciarci andare alla tentazione di quella visita a cui ci invita la Neue Freie Presse. Se da parte più autorizzata ci venisse tenuto parola in proposito la cosa potrebbe essere presa in attenzione, ma anche in questo caso non perdendo di vista i pericoli gravi a cui ci esporremmo, cedendo troppo facilmente a cogliere un frutto il cui sapore potrebbe essere lontano dal rispondere alle sue promettenti apparenze (1).

(l) -N<m allegato. (2) -D. 1193 del 12 agosto, non pubblicato.
148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 729. Roma, 11 agosto 1881, ore 23,45.

Notre consul à Tunis a lieu de craindre que la France ne veuille pas admetLre l'efficacité de l'enquète que les agents d'Italie et d'Angleterre font en ce moment à Sfax pour constater la nature et le montant des pertes subies par nos nationaux ainsi que pour en établir la responsabilité. D'autre part Marochetti mande que, sans mème attendre l'issue de l'enquète confiée au général Logerob, M. de Saint Hilaire déclare déjà que les arabes sont seul coupables. Je pense qu'il convient plus que jamais à nos deux Gouvernements de continuer à marcher d'accord dans cette question et je prie V. E. de vouloir bien en entretenir confidentiellement lord Granville. Il s'agit d'intérèts légitimes qui ne sauraient étre abandonnés et dont il faut s'attendre à devoir rendre compte devant les Chambres, à Londres tout aussi bien qu'à Rome.

«Ringraziare il Generale Robilant -dire che dei suoi savii e patriottici apprezzamenti si tiene gran conto -e che, secondoché egli stesso propone in fine del secondo rapporto, si ripiglierà il discorso alla sua prossima venuta in Italia».

«Approvo. Ma vorrei mandare a sua Maestà riproduzione di questo dispaccio e l'altro 2126 per sua intelligenza accompagnandoli con una lettera. La t,roverà qui alla sua venuta».

(l) Allegate M presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni rispettivamente di Malvano e di Mancini:

149

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2853. Berlino, 11 agosto 1881 (per. il 17).

Le dernier courrier, arrivé ici le 4 aout, m'a remis la dépeche confidentielle de V. E., n. 1195, du 23 juillet échu Cl). Si j'en ai bien saisi le sens, voici quels sont les poil1ts essentiels développés par V. E.

l"' Nous renonçons au programme d'avoir les mains libres de tout engagement, parce que cette indépendance nous a conduits à l'isolement. Ce dernier offre plus d'inconvénients, que l'indépendance absolue n'offre d'avantages.

2° Pour sortir de l'isolement, il nous convient, entre les deux anciens alliés, de donner la préférence à celui de 1866.

3° A cela s'opposent nos rapports avec l'Autriche, depuis les agitations qui se sont manifestées en 1878 et depuis le Congrès de Berlin. Pour aplanir cette difficulté, nous renonçons à voir des dangers dans la politique orientale inaugurée par l'Allemagne en faveur de l'Autriche. Nous assistons avec bienveillance à l'épreuve qui se fait.

4° Notre intention n'est pas de provoquer des hostilités contre la France en suite de sa conduite dans la question de Tunis. Nous ne visons qu'à assurer notre avenir, en nous associant à l'Allemagne et à l'Autriche dans un but de défense et de conservation de la paix générale.

5° Nous ne prenons pas l'initiative de formuler une proposition, en signalant la communauté d'intérets entre l'Italie et l'Allemagne, nous nous en remettons à la sagesse du Prince de Bismarck.

Les numéros l, 2 et 4 sont conformes aux idées souvent, et mème à satiété, émises dans ma correspondance avant et depuis 1870.

Au numéro 3, je me permets de rappeler que, bien avant le Congrès de Berlin, je démontrais au Ministère que nous nous préparions des déceptions par l'absence d'un programme, et qu'il conviendrait d'étudier sérieusement si nous ne retirerions pas, en nous y prenant à temps, quelque profit d'une entente avec le Cabinet de Vienne. Nous nous sommes abstenus, soit de battre le rappel pour l'empècher de s'étendre dans la péninsule des Balkans, ou du moins pour y mettre certaines réserves, soit de favoriser son extension dans de certaines limites. Nous nous sommes mème vantés d'arriver au Congrès sans aucun accord préalable. Comme il fallait un bon émissaire pour des mécomptes qui devaient immanquablement se produire dans ces circonstances, j'ai eu ma part des critiques à l'adresse des plénipotentiaires, placés sur la brèche comme de& sentinelles perdues. Il a fallu toute la générosité et la loyauté de caractère de S. E. Cairoli pour prendre notre défense, et je n'oublie pas, M. le Ministre, la modération de votre Iangage à la Chambre. Il s'agit maintenant de réparer les fautes, commises malgré mes avertissements en temps voulu. Mais il ne

faudrait pas tomber d'un excès dans l'autre, en laissant supposer à Vienne que nous donnons en quelque sorte un blanc-seing. Il faudrait plutòt allécher l'Autriche par des concessions successives, au fur et à mesure des événements qui se découleront dans la Turquie d'Europe. Nous devrions nous approprier le mot bien connu du Comte Andrassy: von Fall zu Fall, mais en nous rendant bien compte jusqu'où nos convenances nous conseilleraient de favoriser gratuitement sa marche en avant.

J'ajouterai au n. 3, n'en déplaise à M. de Keudell, que l'irrédentisme en 1878, n'est pas la seule origine du mal. Dans ces dernières années, nous avons constamment fait preuve d'une telle instabilité de Gouvernement, que forcément les Cabinets de Berlin et de Vienne ont dù renoncer à nous prendre pour confidents et à compter avec nous.

Quant au n. 5, je ne puis que me référer à mes observations antérieures. L'ocuvre de rapprochement doit étre commencée par Vienne, avec ce tact et cette dignité dont le Comte de Robilant a fourni maintes preuves. Tant que le terrain n'y sera pas préparé, mon action ici serait vaine. L'adhésion préalable de l'Autriche i: une entente, est une condition sine qua non d'une intimité avec l'Allemagne. C'est là un travail qui doit se faire sans précipitation, et sans vouloir en quelque sorte forcer une porte qui n'est pas encore entreouverte. La maison de Savoie et l'Italie ne doivent admettre que les grandes entrées, sans s'exposer à des fins de non recevoir, ou à passer par des conditions qui ne tiendraient pas compte de justes susceptibilités. La confiance d'ailleurs ne s'impose pas. Si on a l'air de vouloir l'imposer, elle prend nom de présomption.

Je prends note avec une véritable satisfaction du passage de la dépèche précitée, où il est dit que le moment n'est pas éloigné où nos forces militaires auront atteint le développement requis pour les besoins de la défense et de la sureté de nos frontières, et que, en attendant, le progrès de nos forces économiques est déja visible. C'est là sans doute un appàt pour trouver des amis. Mais il faut davantage pour établir une solidarité avec eux, pour sortir de l'abstrait et de l'idéal, et pour lier partie sérieuse. Et j'en reviens au reproche du manque de stabilité. C'est là une grande pierre d'achoppement pour toute combinaison. Ainsi, sans parler de ses prédécesseurs, V. E. n'a été appelée que depuis un peu plus de deux mois à diriger les affaires étrangères: les occasions n'ont pas encore été assez fréquentes pour traduire sur le terrain des faits les declarations de bon vouloir dans nos relations avec Vienne et Berlin. Sans les transitions voulues nous aurions trop l'apparence, depuis les incidents de Tunis, d'agir sous la pression d'une nécessité impérieuse, et nous courrions le risque qu'on nous tint la dragée très haute. En outre, on ne saurait se le dissimuler, l'attitude de notre Chambre actuelle des Députés laisse supposer à l'étranger qu'elle ne permettra pas longue vie au Ministère. Il est de fait qu'elle empiète sur les attributions du pouvoir exécutif. Elle est tombée dans toutes les incoherences. On dirait que les partis épuisent leur force à se fractionner, sauf à se coaliser pour renverser de six mois en six mois le Gouvernement qui un moment a obtenu leurs suffrages. Ils oublient que, dans les conjonctures présentes la première condition c'est qu'il y ait un Gouvernement assez fort, assez puissamment armé, ayant une certaine facilité d'initiative, capable d'agir au be::;oin avee une pleine et entière responsabilité, sous le contrale toujours sérieux et libre, mais parfois silencieux, de l'Assemblée. C'est là surtout et pour longtemps une nécessité de politique extérieure. Il faut que les Cabinets étrangers sachent qu'ils ont devant eux un Gouvernement avec lequel ils puissent traiter, dont la parole n'est pas sans cesse à la merci des partis, qui peut mettre de la suite, de la discrétion, tous les ménagements requis dans la conduite des affaires, et qui, en ayant une certaine liberté d'allures, est en état de répondre devant l'Europe de la sureté de ses engagements, comme de l'ordre parfait à l'intérieur du Pays. Croit-on qu'on irait très loin avec une diplomatie obligée d'accepter toutes les interpellations, de rendre compte des négociations qu'elle poursuit, des c0mbinaisons qu'elle prépare? Si la Chambre veut que le Gouvernement ait du crédit à l'extérieur, elle ne devrait pas lui refuser ce qui donnerait du crédit nommément à Vienne et à Berlin. Sans doute il n'est pas aisé, pour un Gouvernement, de se mettre à l'abri des vicissitudes des partis dans le Parlement. Aussi me semble-t-il que le meilleur moyen d'assurer une certaine continuité dans la direction au moins des affaires étrangères et militaires, serait celui qu'il fUt entendu que le programme, une fois admis, aurait pour son maintien dans l'avenir la garantie du Roi. C'est évidemment, nous en avons hélas la preuve aujourd'hui, dans le but de soustraire au jeu des partis les questions de paix et de guerre, que l'article 5 de notre Statut veut que l'armée et la politique étrangère relèvent du Roi. C'est là une question d'un intérét tellement majeur, que tous les partis, que chaque Cabinet en arrivant au pouvoir, ne peut à moins que de s'incliner, s'il ne veut pas encourir le blàme de piacer ses intéréts particuliers au dessus du bien de la Couronne et de la Nation.

Il faut bien se le dire, avec franchise d'hommes dévousés à la Monarchie et à l'Italie, aujourd'hul dans les conditions actuelles il n'y a plus de piace pour les déclamations vaines, pour les fantaisies individuelles, pour les impatiences de partis. Il faut oser s'avouer que tout ce qui se fait, se lie à un ensemble de choses dont on n'est pas toujours maìtre, que des discussions inopportunes, actes, manifestations, excentricités, peuvent avoir des conséquences irréparables.

En d'autres termes, la stabilité du Gouvernement, un retour de la Chambre aux sages doctrines constitutionnelles, des préférences marquées pour l'Autriche -sans pousser bien entendu la condescendance jusqu'à des sacrifices de dignité -amèneront peu à peu l'évolution désirée. Quand le Cabinet AustroHongrois verra pratiquement que nous offront de sérieuses garanties, il viendra tout naturallement à nous, et entraìnera le concours de l'Allemagne. Ne secouons pas l'arbre avant que le fruit ne soit mur par nos propres soins, et surtout procédons par ordre; gagnons d'abord l'Autriche et nous aurons l'Allemagne par surcroìt.

V. E. m'invite, en temps opportun et en des occasions dont Elle me laisse le choix, à un échange de communications amicales avec le Prince de Bismarck. Le Ministère ne saurait ignorer que cet homme d'Etat se rend de plus en plus inaccessible aux représentants diplomatiques à résidence fixe à Berlin. Les exceptions sont fort rares et dans des cas urgents. Maintenant que le Comte de Hatzfeldt remplit les fonctions de Secrétaire d'Etat avec toute l'autorité qui

découle de son ancienne position diplomatique, le Chancelier se déchargera davantage encore sur lui de l'expédition des affaires et des communications avec les ambassadeurs. Au reste je ne saurais trop le répéter, le moment n'est pas venu pour engager ici la question, tant que le terrain n'aura pas été déblayé à Vienne. C'est ce que je laissais entendre notamment dans ma réponse à certain projet de télégramme, transmis par V. E. en date du 29 juillet dernier (1).

Preuve en soit que, à deux reprises et en dernier lieu le 5 aoùt, j'ai sondé très indirectement le terrain, soit auprès de M. Busch, soit auprès du Comte de Hatzfeldt. Je disais au premier que j'avais constaté avec intérèt le langage sympathique de notre presse à l'égard des deux Empires, et combien il serait désirable que le mème courant se révélàt du còté de l'opinion publique de ce Pays. Sa réponse n'a pas été concluante. Le Secrétaire d'Etat parlait du dernier discours de M. Goschen, qui n'avait été accueilli que sous réserve à Vienne. J'en exprimais mes regrets, car le Ministère Gladstone et ses organes publics s'efforçaient, camme nos journaux, de témoigner de leur amitié pour l'Autriche camme pour l' Allemagne, dans le but de préserver la paix générale de tout danger. Le Comte de Hatzfeldt n'a rien ajouté. J'ai dù me convaincre que tel était le mot d'ordre, et j'ai détourné la conversation.

A ce propos je mentionnerai que, en vertu sans doute du meme mot d'ordre, les journaux officieux s'abstiennent de tout commentaire sur l'évolution inaugurée par notre presse, dans les sens d'une accession de l'Italie à l'alliance austro-allemande. Des organes du parti conservateur, et mème du parti libéral, en discutant l'éventualité de ce rapprochement, ne se gènent point, à peu d'exceptions près, pour exprimer des réserves de nature à blesser notre amour propre national.

Je citerai, entte autres, la Post, la National Zeitung et la Kreuzzeitung.

Dans la dépèche à laquelle je réponds, V. E. fait allusion à un avertissement, donné par notre ambassadeur à Paris, sur les convenances que peut avoir l'Allemagne à provoquer une guerre entre la France et l'Italie. Ce sont là des conjectures, sur lesquelles on ne saurait se prononcer vu l'impossibilité de découvrir le fond de la pensée du Prince de Bismarck. Il compte parmi les plus hardis joueurs. Il ne recule pas devant les grands coups, s'il y voit un intérèt de son Pays à sauvegarder ou à favoriser. Que la France éprouve des embarras dans les régions africaines, tant mieux! Qu'elle cherche maille à partir, qu'elle veuille s'épuiser dans une lutte vers les Alpes, il y aurait avantage pour le Cabinet de Berlin, sauf à prononcer un «quos ego» si son voisin ultra-rhénan visait à s'approprier des territoires qui lui assureraient une position trop prépondérante. C'est un danger pour nous, il n'y a pas de doute; mais le meilleur moyen de le conjurer ou de l'amoindrir, serait précisément celui de préparer un rapprochement sérieux avec l'Autriche et l'Allemagne, dans un but défensif, pour la conservation de la paix.

Nous devons également cultiver l'amitié de l'Angleterre, mais non d'une façon aussi marquée que dans les derniers temps. Je veux dire par là que, tout en nous appliquant à conserver les sympathies du Cabinet Gladstone, nous

14 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

cherchions à les concilier, dans les questions à résoudre, avec les égards dùs aux Cabinets de Vienne et de Berlin. Nous ménagerons par là le parti tory, qui lorsqu'il arrivera à son tour au pouvoir, reprendra probablement les traditions de l'ancien Ministère Beaconsfield-Salisbury. Après le Congrès de 1878, ces deux hommes d'Etat avaient négocié une alliance avec les Cabinets de Vienne et de Berlin pour l'exécution fidèle du traité du 13 juillet de la meme année, alliance dont la pointe était surtout dirigée contre la Russie. Des négociations, au moins pour un rapprochement intime avec les deux Cours impériales, seraient très probablement reprises et favorisées dans une nouvelle combinaison ministérielle. Nous ne devons pas perdre de vue une semblable éventualité, et éviter tout ce qui pourrait rendre notre situation moins nette.

A l'égard de la France, il va de soi que toute provocation de notre part serait inconsidérée. Mesurons envers elle nos actes, notre langage, toute notre conduite politique. Soyons pour elle comme l'acier, sans preter le flanc. Notons dans notre livre noir son attitude récente, et surtout -si corrects que soient nos rapports de courtoisie et de bon voisinage -n'encourons plus le reproche qui nous a été fait en haut lieu, avec une crudité d'expression que je rougis de reproduire, de revenir quand meme à nos premières amours «sicut canis ad vomitum ».

Vous voyez, M. le Ministre, que j'ai usé et peut ètre abusé de l'entière franchise, à laquelle vous me conviéz et dont vous me donnez l'exemple. Je m'exprime sans réticence, en m·inspirant de ce que je crois etre le bien du Roi et de la Nation. L'Italie doit sentir le prix de la vigilance, le danger du temps perdu et des incohérences intérieures, la nécessité d'une organisation fixe complètement régularisée, sur laquelle puisse s'appuyer une action diplomatique assez forte pour sauvegarder en toute circonstance nos intérèts d'indépendance, de dignité et d'avenir (1).

(l) Cfr. n. 109.

(l) Cfr. n. 122 e p. 111, nota 2.

150

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1300/807. Londra, 12 agosto 1881, ore 19,20 (per. ore 22,45).

Simultanèment dans un rapport que Granville m'a fait lire aujourd'hui Lyons dit que le ministre des affaires étrangères de France s'en tenant aux informations données par les généraux français n'admet pas que les troupes de la République aient commis aucun excès à Sfax. Il en accuse au contraire les arabes. Toutefois on nommera incessamment une commission d'enquète, camme il y a lieu de croire, vu que chargé d'affaires d'Angleterre à Paris vient de télégraphicr Foreign Office qu'il est allé chez ministre des affaires étran

gères pour hater cette nomination. Granville est entièrement de l'avis de V. E. (1), nos deux Gouvernements doivent procéder complètement d'accord dans cette question.

(l) Aliegata al seguente xapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «VIvi ringraziamenti per questo e per il successivo rapporto. Se ne tiene il debito conto, coincidendo essi col pensiero del Governo. H discorso potrà essere rip!gl!ato al prossimo incontro del Ministro coLl'Ambasciatore».

151

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1301. Tunisi, 13 agosto 1881, ore 14,30 (per. ore 16).

Si un accord ne peut pas se faire avec Londres sur une commission mixte d'enquète, et si la nòtre actuelle ne présente pas des preuves suffisantes pour éviter un conflit avec la France, qui pourrait devenir sérieux, je suis d'avis que, en considérant les soldats français au services du Bey, celui-ci devrait etre tenu responsable de tout ce qui s'est passé sur le chef. Une entente ne peut etre difficile avec les autres Gouvernements, et comme le principe d'indemnité est admis par le ministre de France, mème que celui ci avance, dans des considérations particulières, la nécessité d'une commission ìnternationale avec l'intervention des délégués du Bey, pour vérifier la portée exacte des pertes, l'idée ne me semble pas à dédaigner, sauf les restrictions des formes qui nous sont imposées par la situation. En tout cas je crois utile de vous en informer, soit que le Gouvernement vienne à ètre sondé à cet égard, soit qu'il veuille en prendre l'initiative dans le cas que le consentement de l'Angleterre pour l'enquète commune vienne à manquer.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

D. 1210. Roma, 13 agosto 1881.

Da un rapporto del R. incaricato d'affari a Parigi (3), rilevo che il ministro francese degli affari esteri, accostandosi al nostro modo di vedere, non stimerebbe inopportuno di fare nuovi uffici presso il Gabinetto di Santiago, affinché si induca a sollecitare la conclusione della pace. Il signor Saint-Hilaire avrebbe anzi incaricato l'ambasciatore di Francia a Londra di far conoscere il suo pensiero a lord Granville, con la speranza di avere il Gabinetto britannico partecipe alla divisata azione comune.

Amerei che l'E. V. si procurasse l'opportunità di tornare, con lord Granville, sopra questo argomento; e sarei lieto se S. S. mostrasse alcuna disposizione a dipartirsi da quel contegno di assoluto riserbo in cui da ultimo, come V. E. mi ha riferito col rapporto del 29 luglio (4), pareva volersi mantenere.

(l) -Cfr. n. 148. (2) -Ed. in LV 33, p. 102. (3) -R. 109 del 4 agosto, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 125.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1309. Costantinopoli, 14 agosto 1881, ore (l) (per. ore 10).

Le Sultan m'a fait appeler le neuf courant, c'était une simple audience de courtoisie en réponse aux remerciements que je lui avais envoyés en conformité de la dépeche de V. E. n. 1246 (2). II ne m'a pas retenu à diner et il ne m'a pas parlé de politique. Il n'a meme pas prononcé le mot de Tunis, ni de Tripoli. J'en ai écrit par la poste mercredi (3).

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 737. Roma, 15 agosto 1881, ore 11,15.

D'après les télégramme du général Menabrea (4), j'ai lieu de croire que l'Angleterre va se contenter de la participation de son officier à l'enquete française. II est dane, urgent, pour éviter de nous trouver dans une position moins favorable, que M. de Salnt-Hilaire nous fasse une proposition identique. Je vous prie de vous rendre, le plus tòt possible, chez le ministre des affaires étrangères. Vous lui direz que nos renseignements continuent à ne pas coincider avec les siens, qu'il est du plus haut intéret d'épargner aux deux Cabinets une contestation qui, portant sur des faits faciles à constater n'a pas raison d'etre, que pour atteindre ce but la seule méthode possible est une enquete serieuse et offrant toutes garanties à tous les intéressés à quelque nationalité qu'ils appartiennent. II est impossible, à mon avis, pour peu que vous sachiez diriger la conversation, que M. de Saint Hilaire ne soit pas amené à nous faire la meme offre qu'il a faite à l'Angleterre et que nous seront libres d'accepter aussitòt seulement que l'acceptation de l'Angleterre nous sera connue. Je vous recommande d'une manière spéciale cette affaire qui exige beaucoup de tact et d'adresse.

Allegato al telegramma Il seguente appunto di Malvano:

Un telegramma malig;no dell'Agenzia Havas annunciava, jer! sera, che Il Conte Corti era stato chiamato dal Sultano, Il quale dopo avergl! concesso lunga udi.enza, lo aveva trattenuto a pranzo.

Da alcuni giorni è ev!dente la tendenza degli organi offic!osi di Francia a porre l'Ital!a sotto la luce di chi, in certo modo, complotti colla Turchia. Ho quindi creduto d! chiedere schiariment! a Corti, Il quale poche ore dopo, rispondeva coll'unito telegramma.

n di.spaccdo mi.n!srter!ale lvi citato è quello con cui si incaricava Corti di ringraziare il Sultano per le accogl!enze fatte, a Sm!rne, alla nostra squadra».

(l) -Manca l'indkaz!one deH'ora di partenza. (2) -Non pubblicato. (3) -R. 2144 del 10 agosto, non pubWi.cato.

(4) Cfr. n. 150.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 738. Roma, 15 agosto 1881, ore 11,35.

Marochetti mande (l) que M. de Saint Hilaire répondant par écrit à une note écrite du chargé d'affaires d'Angleterre lui a annoncé que le ministre résident de France à Tunis a reçu l'ordre de former une commission composée d'officiers français de terre et de mer, à laquelle pourrait preter son concours un officier anglais, M. Frison, du «Monarque >>, qui est à meme de juger des choses. Tàchez de me télégraphier le plus tòt possible si cette proposition est acceptée par lord Granville (2).

156

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1315. Parigi, 16 agosto 1881, ore 14,30 (per. ore 16,15).

Réponse au télégramme de V. E. du 15 (3). M. de Saint Hilaire écrira, ce soir, à Noailles, le chargeant de proposer à V. E. que le commandant du cuirassé italien en station prete son concours à la nouvelle commission d'enquete sur les faits de Sfax. Voici comment la commission serait composée. «Les commandants des trois cuirassées italien, anglais, français, et un supérieur nommé par le général Logerot, un délégué du Gouvernement tunisien, un employé du consulat français ». Je puis affirmer qu'il ne pourra y avoir aucun doute sur le fait que l'initiative est venue du Gouvernement français.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI (4)

T. 741. Roma, 16 agosto 1881, ore 23,30

* L'issue de l'enquete égyptienne à Beilul, telle qu'on vient de vous l'annoncer a tout lieu de nous surprendre. M. M. Frigerio et Bianchi en signalant la coroplicité

(-4) I brani fra asterischi sono editi in italiano in LV 32, p. 31.

de plusieurs habitants de Beilul, ne s'étaient pas bornés à des simples affirmations; ils avaient articulé d es faits que les commissaires égyptiens auraient pu facilement, s'il l'avaient voulu, convertir en preuves irrécusables. Nous attendrons, cependant, avant de nous prononcer, les derniers rapports de M. Frigerio, nous bornant, pour le moment, à faire toutes nos réserves. * Je ne comprends pas pourquoi les commissaires égyptiens ont pris, pour se rendre de Be.ilul à Massaua, la voie de Raheita. Quoi qu'il en soit nous comptons qu'ils se sont abstenus, dans cette localité, de tout acte de nature à troubler le statu qua de l'établissement d' Assab. * Gouvernement italien aurait préféré refus à une enquete illuso ire.

* Si commission devait partir le 8 comment vous en a-t-on averti seulement après cette date? ~' Veuillez me faire rapport détaillé, proposant moyens pour arriver si possible à la découverte de la verité, et pour faire au besoin valoir nos justes réclamations * vis-à-vis du Gouvernement égyptien (1).

(l) -T. 1308 del 14 agosto, non pubblicato. (2) -Menabrea rispose co.n t. 1322/812 del 16 agosto, non pubblicato che tl Governo inglese accettava la proposta. (3) -Cfr. n. 154.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1214. Roma, 16 agosto 1881.

Traendo argomento dalle impressioni raccolte presso il Foreign Oftice, e riferitemi con rapporto del 4 agosto, n. 1041 (2), l'E. V. mi addita rispetto al migliore e più efficace indirizzo ulteriore della nostra politica, concetti che tanto più volentieri accolgo in quanto che, siccome Ella stessa non poteva dubitarne, essi concordano interamente col nostro pensiero.

Ma io vorrei che V. E. si facesse a riconsiderare il tema, più modesto bensì, ma di non lieve importanza per le sue conseguenze eventuali, su cui già più volte ebbi a richiamare la sua attenzione. Mi premerebbe che V. E. fosse meco consenziente nel non potersi ammettere che sia esaurita con le vaghe, incomplete ed inesatte dichiarazioni di Lord Tenterden la questione relativa alla situazione che il Trattato del 12 maggio ed il decreto dell'8 giugno hanno creata in Tunisia, alle rappresentanze straniere ed agli stessi esteri governi. Quali che siano gli intendimenti del Governo britannico circa la propria politica generale, nelle cose mediterranee, io non posso acconciarmi a credere che al Foreign Office si voglia declinare, quando si spieghi il legittimo movente della nostra insistenza, una discussione che si fonda sopra fatti e titoli troppo concreti perchè la si possa ravvisare come astratta ed oziosa.

Io amerei che V. E. si procacciasse ancora su questo argomento una nuova conversazione con Lord Granville. Questi che, al pari di me, deve aver ricevuto da Tunisi parecchi documenti ove il signor Roustan si firma: «Le Résident français délégué aux affaires étrangères », non potrebbe in un intimo colloquio,

addurre quella deficienza di notizie precise con cui Lord Tenterden ebbe a schermirsi.

I giornali recano ora, ma da Tunisi punto non ci si conferma, la novella che la Francia voglia scindere la propria rappresentanza presso la Reggenza: il signor Roustan rimarrebbe Ministro residente ed un funzionario subalterno, il signor Lequeux, diverrebbe Console. Dato pure che questa combinazione si attuasse. non mi parrebbe che la situazione fosse per essere gran fatto mutata, imperocchè il testo del Trattato italiano e della Gran Bretagna con Tunisi contiene l'assimilazione e l'estensione ipso facto, ai Consoli italiani e britannici, di tutte le attribuzioni, prerogative e privilegi che dal Bey si concedono, non solamente ai Consoli, ma ai rappresentanti (in genere) di ogni altra potenza. Perciò, affidandosi il Ministero degli Esteri, non già ad un privato qualsiasi, ma ad un rappresentante della Francia, sia che questi rivesta qualità di Console, sia di Ministro residente, sempre le conseguenze sono le stesse. Si attribuisce a quel rappresentante una posizione di gran lunga preeminente, ed i Trattati con l'Italia e la Gran Bretagna sono manifestamente violati. Certamente non possiamo nè intendiamo forzare il Governo inglese a diverso atteggiamento, se egli si accontenta delle spiegazioni, ai nostri occhi insufficienti, che gli furono fornite, e mostra di credere che il presente regime convenzionale in Tunisia è illeso. Ma è indispensabile per noi avere da un Governo amico e che ha con noi interessi essenziali nel Mediterraneo, una risposta decisiva e perentoria con cui nella estrema ipotesi si ricusi, a questo riguardo, ogni procedimento in comune, e si lasci il Governo italiano provvedere nel miglior modo alla integrità e preservazione del precedente stato di diritto.

(l) -R. 786 del 19 agosto, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 133.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 993/1060. Londra, 16 agosto 1881 (per. il 20).

In seguito al dispaccio di V. E. in data del 13 corrente n. 1210 di Serie Politica (2), ho chiesto oggi al conte Granville se la Francia gli avesse manifestato qualche intenzione di fare nuovi uffici, presso il Gabinetto di Santiago, affinchè s'induca a sollecitare la conclusione della pace col Perù. Il nobile Lord non mi disse d'avere ricevuta alcuna nuova entratura al riguardo, ma rispose che i rappresentanti dell'Inghilterra avevano per istruzione di associarsi a tutti i tentativi che fossero fatti in quel senso, purchè presentassero qualche probabilità di successo.

(1) -Ed. in LV 33, p. 123. (2) -Cfr. n. 152.
160

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 457. Cintra, 16 agosto 1881 (per. il 24).

Gli stessi motivi che m'indussero a comunicare particolarmente a questo Ministro degli Affari Esteri, e per di lui mezzo alle Loro Maestà Fedelissime il sunto delle prime informazioni telegrafiche sui tristi fatti di Roma, di cui è cenno nel mio dispaccio, confidenziale di questa Serie n ...... delli ... (l) corrente, m'indussero parimenti a fare in egual modo la seconda comunicazione riassunta dal telegramma ministeriale delli 9 corrente (2).

Ebbi cura nella mia lettera particolare d'accompagnamento di osservare al Signor Hintze Ribeiro, esser certo, dopo le pronte ed energiche misure prese dal Governo del Re per disciogliere il comizio senza neppure lasciar leggere l'ordine del giorno e tanto meno procedere alla votazione sì l'uno che l'altro extra-legali e perfino far processare giornali, che S. E. ed i Suoi Augusti Sovrani apprezzerebbero vieppiù l'azione governativa per tutelare gl'impegni dell'Italia verso il Vaticano, consacrati dalla Legge delle Guarentigie e dal rispetto dovuto al Sommo Pontefice.

Queste mie comunicazioni di carattere semplicemente verbale e quasi ad omaggio per un paese amico come il Portogallo, il quale ci ha sempre ed utilmente prestato la sua migliore cooperazione per gli affari romani, sopratutto all'epoca del Conclave e dell'elezione papale, ebbero come già dissi per iscopo principale di attenuare possibilmente la spiacevolissima impressione dei fatti romani e prevenire le comunicazioni senza dubbio molto accentuate del Vaticano.

Per quanto attenuanti e prevenienti abbiano potuto essere le mie comunicazioni, l'essenziale era di conoscere il pensiero intimo del Governo portoghese circa i fatti di Roma e le conseguenze che da questi possono derivare.

In presenza della completa riserva di questo Ministro ad interim degli Affari Esteri -riserva alla quale sono ben !ungi dall'essere abituato poiché il linguaggio meco di tutti i predecessori del signor Hintze Ribeiro fu sempre il più franco ed esplicito, specialmente quello del signor de Andrade Corvo e del signor di Braamcamp, che perfino si compiacquero darmi contezza per extensum dei dispacci dell'ambasciatore portoghese in Roma, e delle istruzioni ministeriali ad esso -in presenza, ripeto, di questa inusitata riserva, neppur consentanea alla cortesia personale del Ministro verso di me, ho dovuto cercare altri mezzi per ottenere informazioni esatte sugli apprezzamenti romani del Governo portoghese.

Ecco qui appresso quanto il Ministro degli Affari Esteri di Sua Maestà Fedelissima ha risposto di recente a persona amica e di mia piena fiducia.

«S. E. disse primieramente che la Santa Sede protesta con veemenza contro quanto ebbe luogo in Roma, che il Portogallo Le ha fatto esprimere il suo rincrescimento (ses regrets) perché effettivamente i disordini di Roma sono stati profondamente spiacevoli (regrettables); ma il Governo di Sua Maestà Fedelissima non può andare al di là. L'affare non è politico. La questione, se questione havvi, non riguarda le potenze straniere. Essa concerne il Vaticano ed il Governo italiano.

Per certo non si può sospettare il Governo italiano di malvolenza. Esso è il primo a soffirne; è lui per conseguenza che deve deplorare più di tutti tristi avvenimenti di cui Roma è stato il teatro».

Dalle informazioni del signor Hintze Ribeiro sembra che le altre potenze abbiano agito come il Portogallo. S. E. ha soggiunto che sgraziatamente l'affare non era finito in Italia. «Da un lato vi sono attacchi degli ultra-radicali contro la Legge delle Guarentigie e contro il Vaticano. Dall'altro il desiderio della Santa Sede di spingere le cose all'estremo. «Essa è nel suo diritto; ma il Governo italiano avrà senza dubbio la saggezza di non fornire alimento all'agitazione e di far i maggiori sforzi perché essa non si prolunghi. È sperabile che riuscirà, poiché se la questione politica dovesse sorgere essa sarebbe ancora più spiacevole delle scene tumultuose verificatesi pel trasporto della salma del defunto Pontefice».

Contemporaneamente alle precedenti informazioni mi viene supposto che alcuni Vescovi portoghesi abbiano fatto delle proteste più o meno energiche; ma o queste non sono state pubblicate, oppure non hanno trovato eco. In ogni caso il Ministro degli Affari Esteri non sembrò esserne informato.

Relativamente al Dispaccio Circolare di V. E. al n. 169 bis di questa Serie, in data delli 27 luglio scorso (1), che mi sembra meritevole di essere universalmente conosciuto, come lo furono già per mezzo di pubblicazioni i documenti del Vaticano, non ho creduto, in vista della riserva da me precedentemente riferita e puranche in omaggio all'istruzioni più o meno esplicite di

V. E., di farne per anche oggetto di comunicazione neppure verbale; ma coglierò per certo la prima opportunità propizia per far conoscere, spero con maggior utilità, l'alto concetto sì lucidamente e dettagliatamente sviluppato che informa l'importante circolare italiana.

P. S. Unisco al presente una mia lettera particolare per V. E. (2).

(l) -Le lacune sono nell'originale ma si tratta del R. confidenziale 456 del 4 agosto. Cfr. n. 136. (2) -Cfr. n. 141.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 746. Roma, 17 agosto 1881, ore 17.

Notre chargé d'affaires à Paris nous annonce (3) que le Gouvernement français va nous proposer de prendre part, pour l'affaire de Sfax, à una com

m1sswn d'enquète ainsi composée: les 3 commandants des cuirassés étrangers, un officier supérieur français, un délégué du Bey, un employé du consulat farnçais. Nous allons accepter cette proposition aussitòt qu'elle nous sera présentée. L'Angleterre a déjà accepté. Vous devez cependant continuer pour notre compte notre enquete particulière conformément aux instructions que vous possédez déjà et à celles que je vais incessamment vous donner (1).

(l) -Cfr. n. 116, inviato a Lisbona con protocollo 169 bis. (2) -Non pubblicata. (3) -Cfr.n. 156.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 512. Madrid, 18 agosto 1881. (per. il 24).

Conformemente alle istruzioni contenute nel Dispaccio ministeriale di questa Serie n. 138 in data del 13 Agosto corrente (2), fu mia cura d'investigare quale sia l'atteggiamento attuale della Spagna verso il Marocco e quanto possa esservi di vero nella notizia di negoziati col Portogallo per un accordo nelle faccende marocchine.

Colsi l'occasione di discorsi tenuti nei giornali su questo argomento per chiedere, incidentalmente, al Sotto Segretario di Stato Signor Mendez Vigo se e sino a qual punto le notizie date dalla stampa\siano conformi alla verità. Il Signor Mendez Vigo dissemi che la Spagna desiderava ora anzitutto pace e tranquillità per svolgere il commercio e le industrie e per introdurre riforme; gli animi sarebbero distolti dal lavoro pacifico se il Governo accentuasse, in un senso qualsiasi, la politica estera. Non mi nascose però le preoceupazioni del Governo spagnuolo per fatti, che pur debbonsi prevedere come possibili, e che potrebbero forse, a suo dire, svolgersi nel Marocco in un avvenire non Iontar.o. Egli teme che la Francia prenda ben tosto provvedimenti rigorosi, anzi violenti nell'Africa, che avrebbero conseguenze forse difficilmente calcolabili anche per gli stessi uomini di stato francesi. Evidentemente, soggiunse se i Francesi si credessero obbligati a varcare la frontiera marocchina, ciò che spero non accadrà, questo fatto sarebbe quasi certamente causa di moti convulsi nell'impero, e noi spagnuoli non potremmo rimanere intieramente passivi, avendo interessi vitali da tutelare. Alla mia richiesta di ciò che farebbe la Spagna in tale caso egli risposemi che, a suo avviso personale, non vi rimarrebbe altra via che d'inviare una flotta e di occupare con truppe una zona del Marocco, limitrofa ai possedimenti spagnuoli, che ciò si farebbe tentando di ottenere il consenso o anche il concorso della Francia, ma non lasciandosi distrarre dall'impresa neanche per un rifiuto. La rilevanza di questa dichiarazione sembrami però attenuata dalla considerazione che, a mio credere, le forze attuali di terra e di mare, delle quali può disporre la Spagna, non sarebbero sufficienti

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per un'azione molto efficace e energica, qualora essa prendesse grandi proporzioni.

Il Signor Mendez Vigo negommi poi recisamente qualsiasi negoziato per condurre ad un accordo col Portogallo in questa faccenda, perché, soggiunse, ad onta di tanti interessi comuni, quel Reame persiste a sospettare gli intendimenti della Spagna e non ha fiducia che nell'Inghilterra. Questo asserto del Sotto Segretario di Stato mi fu confermato pienamente dal mio collega portoghese, il quale nega l'esistenza di negoziati colla Spagna e afferma che il Gabinetto di Lisbona non farà ora, come quasi sempre, che seguire i consigli dell'Inghilterra.

Sembrami poter dedurre dalle investigazioni fatte anche discorrendo con persone competenti, che la Spagna non sarebbe forse aliena dal porsi d'accordo col Portogallo per date eventualità concernenti il Marocco, e forse non nascose a Lisbona questo suo intendimento; ma perché i negoziati avessero probabilità di effetto, la loro iniziativa dovrebbe, a mio avviso, essere consigliata al Portogallo dalla Gran Bretagna.

(l) -Cfr. n. 163. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 75~. Roma, 19 agosto 1881, ore 23,55.

La participation d'un officier italien à l'enquete française n'écarte point, ainsi que je vous l'ai expliqué, l'utilité de notre enquete particulière, faite, si possible, de concert et collectivement avec les agents d'Angleterre et d'Espagne. Je dois d'ailleurs supposer que les difficultés signalées par le commandant Conti (l) tiennent à une idée pas assez exacte de l'enquete particulière, telle que nous l'entendons. Je vais donc résumer ici les instructions, que je vous ai données à plusieurcs reprises, sur ce sujet. Il s'agit d'abord d'une enquete purement administrative, destinée à fournir, en vue d'une négociation diplomatique, non pas des preuves mais des éléments d'appréciation. Nous ne sommes par conséquent pas tenus à nous conformer en ce qui concerne la procédure et la compétence dans les limites juridictionnelles ordinaires. Vous pouvez, d'une part, faire collaborer à l'enquete des officiers de marine, et d'autre part les dépositions devront etre toujours volontaires, les étrangers peuvent étre utilement interrogés. En ce qui concerne la substance de l'enquéte, elle doit d'abord viser à établir le fait générique que le pillage n'a commencé qu'après l'évacuation de Sfax par les arabes, sauf peut-etre quelques maisons détermmees, le consulat français par exemple; elle doit, en suite viser à établir le fait spécifique des dommages et de la valeur des objets enlevés; elle

doit, enfin, constater toutes circons'.;ances spéciales concernant l'atteinte portée au pavillon et à la résidence consulaire. Il est essentiel, en outre, d'éliminer le cas de force majeure, par la conciliation du fait que toute resistance avait cessé, et Ies maisons forcées par Ies français n'étaient plus occupées, à ce moment, par Ies insurgés arabes. Vous recevrez par poste une dépeche (l) développant ces instructions. En ce qui concerne la participation éventuelle de notre officier à l'enquéte française voici en quelques mots mes instructions. Le commandant Conti doit dans les questions de forme et de procédure, ètre conciliant autant que possible, se tenant à l'unisson dans Ies cas douteux avec le collègue anglais. Quant au fond il doit se proposer tout exactement le méme but auquel viserait notre enquéte particulière.

(l) Allegato al R. 472 del 16 agosto, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1502. Vienna, 20 agosto 1881 (per. il 23).

Devo oggi ritornare sull'argomento dell'eventuale visita di Re Umberto all'Imperatore Francesco Giuseppe, poiché proprio la diceria in proposito sparsane dai giornali ha assunto le proporzioni della questione del giorno.

Che quell'idea sia vagheggiata oggi dall'opinione pubblica in Italia non è da meravigliarsi, tanto più che il primo accenno ne fu fatto da un giornale di Boemia che non manca di buone relazioni col Governo Imperiale; e che gli altri giornali sia dell'Austria che dell'Ungheria con alla testa i più officiosi fra essi accolsero e continuano a caldeggiare quella diceria da essi posta in giro, con un favore ed un'insistenza anche veramente degna d'attenzione.

Chi in Italia scrive nei giornali su siffatto argomento, non può evidentemente conoscere tutti gli aspetti che la questione presenta effettivamente, e quindi è assai naturale non ne veda che i Iati d'indiscutibile convenienza per noi, senza forse neppure dubitarsi dei pericoli che vi si nascondono; poiché sarebbe qui più che mai il caso del timeo Danaos et dona terentes ove non si proceda colla massima calma e circospezione.

Il giornalismo austriaco ispirato dal Press-Bureau, giacché ciò chiaramente apparisce oggi, non discute neppure più la cosa, ma esplicitamente invita il Governo Italiano a rompere gli indugi ed a raccomandare al Nostro Augusto Sovrano di prendere quell'iniziativa che, senza circonlocuzioni ci si fa intendere, troverebbe la migliore accoglienza qui.

A fronte di una simile attitudine che ben può dirsi assunta dal Governo Imperiale, e tenuto anche conto della corrente d'opinione che si manifesta in Italia, ritengo dover mio non lasciar l'E. V. in dubbio intorno al mio apprezzamento.

Già ebbi a manifestarle, signor Ministro, in altri miei rapporti ciò che il Governo imperiale intende porre siccome condizione sine qua non di un maggior avvicinamento, di un'eventuale alleanza anche, con noi. Si pretende anzitutto da noi una formale rinuncia a qualsiasi aspirazione, anche per un lontano avvenire, alla riunione in qualunque modo alla Patria nostra delle terre italiane rimaste sotto la dominazione austriaca. Parmi difficile conservare dubbio al riguardo dopo il discorso tenutomi dal signor Kallay intorno al lo articolo della nostra Legge elettorale, di cui d'altronde, leggendo tra le righe, si trova anche traccia nei varii articoli dei giornali ufficiosi austriaci di questi ultimi giorni. Questo risultato ottenuto, l'Austria si mostrerà disposta a entrare in conversazione con noi. Ma le dichiarazioni di Ministri che passano non bastano a Vienna; si è una parola Reale che, come già altra volta, nuovamente qui si vuole, ed ecco lo scopo a cui si tende solleticandoci in ogni maniera onde ottenere la a quel fine veramente desiderata visita di Sua Maestà. Or bene, non esito a dire che, in tali condizioni, tenuto conto dell'appena assopita insensata ed antipatriottica agitazione per l'Italia Irredenta, la venuta del Re a Vienna sarebbe un'andata a «Canossa>! L'Italia si consegnerebbe in tal modo piedi e mani legati all'Austria e le conseguenze di quel fatto sarebbero talmente gravi, che la Dinastia potrebbe riceverne un'irreparabile scossa, e l'avvenire della Patria nostra ne sarebbe forse irremediabilmente compromesso.

Qui mi conviene fare notare una circostanza ancora, e di grande momento anzi, che a mio avviso getta molta luce sulla premura che a Vienna si dimostra perché quella visita Reale si compia oggi, e non si rimandi alla primavera prossima o ad altro miglior tempo.

Di questi giorni precisamente tutta la stampa austriaca si occupa delle difficoltà della posizione fatta dal trattato di Berlino all'Austria-Ungheria nella Bosnia, e quasi senza disaccordo di sorta propugna come sola soluzione possibile l'annessione pura e semplice di quelle Provincie. Già in precedente mio rapporto ebbi a fare conoscere alcun tempo fa all'E. V. ciò essere precisamente l'idea dominante nelle sfere dirigenti dell'Impero ed accennare al tempo stesso non trattarsi che di cogliere il momento opportuno. Orbene, questo parrebbe lo si ravvisi prossimo; poiché non solo la stampa la più officiosa si esprime nello stesso senso, ma anche la Wiener Zeitung accoglieva nelle sue colonne una corrispondenza della Politische Correspondenz che esplicitamente formulava il voto che l'annessione si compia senza ritardo.

Se dunque, come tutto lo fa credere, il Governo Imperiale vuol mostrare di avere la mano forzata dall'opinione pubblica a procedere all'annessione, assai probabilmente troverebbe anche il mezzo di farsi esercitare una pressione in tal senso dalle prossime Delegazioni facendo nascere un pretesto qualsiasi non difficile ad escogitare.

Non tratterebbesi poi in fondo che di uno strappo di forma al Trattato di Berlino, e certo non sarebbe il Governo germanico che vi farebbe opposizione: ma affinché la cosa avesse a passare proprio liscia e senza che alcun'altra potenza potesse toglierne occasione da porre sul tappeto altre modificazioni a quel Trattato, che non sarebbero della convenienza dell'Austria, sarebbe grandemente necessario l'aver sotto mano una terza potenza che rafforzasse l'alleanza Austro-Germanica, e fosse disposta ad accettare quel nuovo fatto compiuto senza neppure discuterlo, nè cercare di premunirsi contro le ulteriori prevedibili sue conseguenze. Evidentemente ad un tal giuoco nessuna potenza meglio dell'Italia si presterebbe nelle vedute austriache, e quindi ciò spiegherebbe assai bene quell'impazienza che qui si dimostra di vederci chiedere di venire a porgere qui la più solenne assicuranza che checché avvenga, non s'innalzerà mai più da noi pretesa di sorta su territori austriaci: in compenso di che ci sarebbe concesso di legare indissolubilmente la nostra azione politica a quella dei due Imperi senza ben inteso poter sperare che il nostro avviso possa mai prevalere.

Or bene a me non pare vi possa essere una mente in Italia a cui un accordo di tal natura poggiato su quelle basi, possa sorridere. La Patria nostra ha già dato troppo ascolto alle Sirene ed ora parmi basti così.

Nessuno più di me desidera l'alleanza dell'Italia colla Germania e coll'Austria, ma pur che la si stringa a patti convenienti e quali s'addicono ad una grande potenza, quale effettivamente siamo, e dobbiamo sempre più affermarci, se non vogliamo ruzzolare da quel posto a cui siamo giunti con tanti sacrifici. Onde raggiungere questo scopo è indispensabile premunirei anzitutto contro la ìmpazienza, lasciare al tempo di compiere l'opera sua, preparando col lavoro di ogni giorno la strada che ci deve condurre là dove vogliamo arrivare.

È chiaro in oggi che l'Austria desidera anch'essa la nostra alleanza, se dunque sapremo astenerci dal mostrare soverchia premura di andare incontro a quel voto, dall'elemosinarlo mi permetterò di dire, poichè proprio così si deve nomare la campagna che la stampa nostra forzando la misura sta facendo, saremo ricercati, invitati, a malgrado ci si dica oggi che ciò non si farà. Allora soltanto potremo entrare in quella alleanza senza ripiegare la nostra bandiera. Ben inteso che sarà indispensabile che coi fatti si sia dimostrato nulla nascondersi nelle pieghe di quella bandiera, che possa dare ombra ai nuovi amici. Ammessa in tal maniera la nostra accessione all'alleanza, conseguenza più dei fatti che delle trattative diplomatiche, sarà allora conveniente una visita Reale che dia solenne consacrazione alla cosa; ed in quel fausto giorno, se sarà stata condotta con tutta la necessaria preparazione, non sarà diffìcile all'Augusto Nostro Sovrano il trovare parole degne di Lui e della Corona che cinge, per rispondere a richieste meno decorose, se ancora potesse venire in mente di fargliene, correndo rischio di compromettere un fatto, che già avrebbe cominciato a portare i suoi frutti, e che tutte le Potenze veramente pacifiche d'Europa già avrebbero salutato con gioja.

A questo momento non siamo ancora giunti, ciò parmi evidente; quindi non può essere il caso di prendere in discussione l'eventualità della venuta di Sua Maestà a Vienna, o di un incontro altrove in Austria-Ungheria con Sua Maestà Francesco Giuseppe. Sono quindi di assoluto parere di dovere lasciare per ora interamente cadere la cosa, mostrando che quell'idea altro non fu se non l'espressione delle nuove tendenze sorte nell'opinione pubblica dei due Paesi, conformi a quelle dei rispettivi Governi; ed intanto continuare in quell'efficace lavoro di preparazione a cui già felicemente si è posto mano con tanto attenta cura.

1S6

(l) D. 125 del 20 agosto, non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. Roma, 22 agosto 1881.

Fin dall'aprile scorso, la R. legazione a Santiago del Chilì riferiva come in quelle sfere governative si maturasse il progetto di abbandonare il monopolio dell'industria del salnitro nella provincia di Tarapacà (oggetto di precedente corrispondenza con cotesta R. ambasciata), riducendo l'ingerenza e l'interesse fiscale alla percezione d'un dazio di esportazione.

Quel progetto venne recentemente adottato con decreto presidenziale che qui si trascrive tradotto:

«Santiago, 11 giugno 1881. -Ministero delle finanze. -Gli stabilimenti salnitreri del territorio di Tarapacà, che il Governo del Perù aveva acquistato emettendo, per il relativo prezzo, dei certificati di pagamenti non effettuati provvisoriamente, e senza pregiudizio del diritto dei terzi, saranno restituiti a coloro che depositeranno, per lo meno tre quarte parti dei certificati emessi per il valore di ciascuna salnitrera, e verseranno inoltre in una tesoreria fiscale, in moneta corrente, una somma eguale al prezzo dell'altra quarta parte, somma che verrà restituita all'interessato, quando questi rimetterà tutti i certificati emessi per il valore della rispettiva salnitrera. Firmato: Pinto. -Controfirmato: Giuseppe Alfonso ».

Questo decreto avrebbe, a quanto sembta, per effetto pratico di convertire i buoni salnitreros, sospendendo il servizio dei rispettivi interessi, in moneta convenzionale atta a ricomprare le officine di salnitro. La situazione, sarà, per i possessori, più o meno vantaggiosa, secondo che le condizioni economiche e politiche saranno più o meno favorevoli all'industria, e soprattutto secondo che sarà più o meno oneroso il dazio di esportazione che si surrogherebbe al monopolio. Sullo stesso decreto amerei conoscere il parere di cotesto Governo (2).

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1021/1073. Londra, 23 agosto 1881.

(per. il 27).

Giusta il desiderio espressomi dall'E. V. col Suo dispaccio del 16 corrente, Serie Politica n. 1214 (3) io, ebbi ieri col Conte Granville un colloquio relativo

alle cose di Tunisi, e specialmente a quelle che si riferiscono alla pos1z1one presa dalla Francia con i suoi agenti ed alle future conseguenze dell'attuale occupazione militare della Reggenza.

Io devo anzitutto notare che dopo l'invio del dispaccio di V. E. si compì un fatto che vi era già previsto, quello cioè della nomina di un Console francese in luogo del signor Roustan, il quale tuttavia conserva la sua qualità di Ministro, di fatto se non di nome, del Bey, ed a quanto pare anche quella di Rappresentante politico della Francia.

Non mancai di chiamare su questa nuova situazione l'attenzione del Conte Granville il quale mi disse che la nomina del Console francese aveva avuto luogo in seguito alle osservazioni da lui inoltrate al Governo della Repubblica sulla incompatibilità delle molteplici attribuzioni del signor Roustan che gli conferivano una posizione assai più elevata di quella degli altri Consoli, mentre i trattati assicuravano a questi un trattamento non inferiore a quello che potesse essere attribuito all'Agente francese. Il Conte Granville soggiungeva che non era ancora informato che il signor Roustan avesse conservata la doppia qualità di Ministro del Bey e di Rappresentante della Francia ma che qualora ciò fosse e ne derivasse qualche inconveniente nei rapporti coll'Inghilterra, egli non avrebbe mancato di segnalarlo affinché il Governo francese provvedesse per farlo sparire.

Io colsi questa opportunità per portare l'attenzione del nobile Lord sulla impotenza del Governo del Bey che diventa ogni giorno più esautorato, per cui si prevede il momento, forse non lontano, in cui i francesi dovranno essi stessi assumere l'amministrazione della Reggenza e compierne, in tale modo, l'annessione, se non di nome certamente di fatto, come ciò ebbe luogo per parte dell'Austria nella Bosnia e nell'Erzegovina. Il Conte Granville non disconobbe la probabilità d'un tale evento, ed avendogli io chiesto che cosa avrebbe fatto il Governo della Regina qualora ciò accadesse, egli mi rispose che la questione non era stata ancora trattata. Come al solito, si aspettano i fatti prima che il Governo britannico palesi le sue intenzioni. Però, soggiunse egli, se non posso dirvi che cosa faremo, posso dirvi il mio pensiero intimo a quel riguardo, coll'avvertire che queste mie idee non hanno alcun carattere ufficiale, sono a me personali e che ve le comunico affatto confidenzialmente. E proseguendo quindi egli disse che si trovava sotto l'impero di due preoccupazioni: da una parte egli considera preferibile un'amministrazione ordinata, come sarebbe quella francese, all'anarchia che minaccia d'invadere tutta la Reggenza; per altra parte egli pensa che l'annessione francese trarrebbe per conseguenza l'abolizione det trattati che assicurano all'Inghilterra un trattamento molto favorevole. Epperciò, anziché perdere i vantaggi che da questi derivano, sarebbe forse preferibile di rinunziare ai miglioramenti che arrecherebbe alla Reggenza una amministrazione più regolare affidata alla Francia.

Non potei trattenermi di far osservare al Conte Granville che la sua esitazione lasciava tuttora incerta la linea di condotta da tenere riguardo agli avvenimenti che si svolgono in Tunisia e che in conseguenza l'Italia, benché desideri mantenere il massimo accordo coll'Inghilterra in tutte le questioni che si riferiscono alla Reggenza, sarebbe perciò costretta a provvedere da se stessa nel migliore modo alla integrità ed alla preservazione del presente stato di diritto,

procurando sempre però di nulla fare che possa essere contrario agli interessi di una Potenza amica come lo è l'Inghilterra.

Questa mia osservazione venne senz'altro accolta dal nobile Lord, ed io credo che il Governo della Regina sia desideroso di svincolarsi da qualsiasi impegno con altre potenze in ciò che si riferisce alla Reggenza. D'altronde il giorno in cui ha lasciato compiersi la spedizione francese in Tunisia, il Gabinetto inglese ha dimostrato abbastanza quali fossero i suoi intendimenti rispetto alle conseguenze, che ne potevano derivare per l'avvenire di quel paese.

Io ne ho già esposto altrove le ragioni. Si può stabilire per massima che l'Inghilterra nelle cose sue si lascia raramente guidare da principii assoluti o preconcetti, nè in essi ripone molta fiducia, preferendo i dettami della sperienza e volendo in generale rimanere libera da qualsiasi vincolo, per poter agire secondo le circostanze a beneficio dei proprii interessi. L'ho detto più volte e lo ripeto ancora: è molto importante per noi d'avere l'amicizia dell'Inghilterra, per cui conviene d'agire in modo da non comprometterla urtando i suoi interessi

o suscitando i suoi sospetti; ma non bisogna aspettare da essa che si esponga verso alcuna Potenza per una idea, o per sentimento di amicizia. Essa rimarrà fida amica finchè non torni a suo svantaggio l'esserlo: ma tutto ciò che potrebbe distrarla dal raggiungere il suo obbiettivo, incontrerà in lei un potente ostacolo.

Esposte queste considerazioni, io credo che il meglio sia di agire per nostro conto, senza troppo fondare calcoli su ciò che farà l'Inghilterra (1).

(l) -Ed. in LV 33, pp. 123-124. (2) -Per le risposte cfr. LV 33, p. 132. (3) -Cfr. n. 158.
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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1353. Alessandria, 24 agosto 1881, ore 5,35 (per. ore 7,20).

Je viens de recevoir dépéche du ministre des affaires étrangères réclamant contre opposition commandant Frigerio à débarquement soldats égyptiens à Raheita, demandant au Gouvernement du Roi le désavouer et donner ordre télégraphique pour éviter complications, dont Gouvernement égyptien décline responsabilité. Il ajoute qu'il envoie ordre télégraphique pour que corvette «Kartoum:. se rende immédiatement de Beilul à Raheita débar<iuer troupes. Je vais protester contre tout acte de nature à troubler statu qua à Assab et

dépendances.

Malvano e di Mancini:

«Questa risposta è poco concludente; ma non sembra che 1giovi insistere ulteriormente».

« Ml si mandi copia di questo dispaccio, per averlo presente nelila revisione della

Memoria pei fatti di Tunisi ».

15 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

(l) Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni, r!ape,ttivamente di

168

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Roma, 24 agosto 1881.

Mi sta a cuore di porgerle più minuta spiegazione dei concetti che il R. governo ha voluto esprimere con la Nota pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 di questo mese. Qui ne acchiudo copia, perchè ne rimanga traccia nel nostro carteggio.

Tutto ciò che si attiene alle condizioni del Pontificato, in Italia, secondochè furono regolate, in quanto ci concerne, dalla legge delle guarentige, è tema di ordine puramente interno; nè mai saremo per consentire che se ne formi oggetto di controversia con governi esteri. Ciò fu esplicitamente e reiteratamente dichiarato nel corso della discussione parlamentare della legge medesima. Ma, appunto acciò i rappresentanti nostri siano in grado di escludere, con l'accertamento preciso della situazione, qualsivoglia occasione di discussione, intempestiva ed inaccettabile, mi preme di fornir loro ogni più esatto elemento di giudizio, e tutti quei particolari da cui risulti con maggior esattezza ed efficacia la realtà dei fatti.

Ciò che ora avviene, tra noi, è opera di una esigua minoranza che, in più modl, e per sistema, contrasta l'opera del governo. Come già si fece rispetto ad altri argomenti connessi con gli ordini fondamentali del regno, così ora si è tentato propagare, col mezzo di popolari adunanze, una agitazione artificiale contro il papato e la legge delle guarentige, quasi che fosse mestieri di cosi rispondere all'agitazione precedentemente suscitata da alcune frazioni del partito clericale, in Italia e fuori, in senso contrario all'unità d'Italia.

In presenza di questi opposti eccitamenti dell'opinione pubblica, e dei discordi apprezzamenti sul comizio adunato in Roma nel dì 7 agosto, il governo del Re, bramando di evitare i pericoli dell'equivoco e dell'incertezza, ha creduto saggio consiglio manifestare apertamente e spontaneamente il suo pensiero e le norme rego1atrici della sua condotta.

Custode delle libertà garantite dallo Statuto della nostra monarchia costituzionale, il governo ha l'obbligo di rispettare il libero esercizio del diritto di riunione e di quello di petizione, anche quando, senza negare alle leggi esistenti obbedienza e rispetto, vogliasi discutere, con serietà e convenienza di forme, la loro influenza sul bene pubblico, e ricercare se sia opportuno di rivolgersi alla autorità legislativa per chiedere, di alcuna di esse, la modificazione o la revoca.

Un ministero liberale, fedele interprete delle dottrine costituzionali, ammaestrato dall'esempio di altre libere nazioni, non impedirà, nè scioglierà, le pubbliche riunioni dei cittadini, fuorchè quando, per manifesti indizii, o per l'esperienza di convegni anteriori, sia dimostrato che l'adunanza implichi offesa alle istituzioni, alle leggi, alle persone; od involga altri fatti ed eccitamenti incriminabili; ovvero, infine, minacci turbamento all'ordine pubblico o violazione dei doveri internazionali.

Questa fu, per il governo, norma costante di condotta fin dal primo apparire della attuale agitazione.

La speranza che il comizio adunato in Roma si tenesse nei limiti di una calma e decorosa discussione intorno al merito della legge sulle garentie, senza trascorrere a manifestazioni ingiuriose ed a pericolosi eccitamenti, essendo rimasta delusa, l'autorità fece il suo dovere intimandone lo scioglimento.

L'infelice esperimento non fu bastevole avvertimento agli stessi promotori di altre pubbliche riunioni, convocate dipoi in altre città per l'identico scopo; onde, anche per questo, apparve tanto più necessario che recise dichiarazioni escludessero il pericolo che quanto, da parte del governo, era doveroso rispetto delle franchigie costituzionali lo esponesse a vedere erroneamente interpretate le sue intenzioni.

Il governo del Re ha deplorato, e dal suo canto disapprovato altamente siffatte adunanze, come pericolose ed inopportune, specialmente nelle attuali condizioni politiche; ed è convinto che le medesime non possano praticamente produrre altro effetto se non quello di fornire fallace apparenza di fondamento ai timori e lamenti di precarietà e di difetto di sicurezza, che sono l'argomento favorito di coloro che rimpiangono la cessazione del potere temporale del Papato. Così i partigiani di un passato irrevocabile ricevono dai loro avversari involontario servigio.

Coloro che mostransi, per tal modo, inconscii di quanto v'ha di grave e di delicato in una così complessa situazione, qual'è quella in cui il Papato travasi costituito in mezzo all'Italia ritornata ad unità e indipendenza, dovrebbero almeno riflettere che, anche astrazione fatta da quella che ormai è legge dello Stato, i principii liberali obbligherebbero a considerare come un prezioso diritto dei cittadini, in un paese costituzionale, la libertà delle credenze e delle professioni religiose, e quindi l'ordinamento di garentie efficaci a proteggere l'esercizio di codesta libertà, specialmente nella religione professata dalla immensa maggioranza della nazione.

La legge del 23 maggio 1871, ben lungi dall'essere un espediente empirico e di temporanea opportunità, non fece, in realtà, che applicare alla nuova situazione del Papato quei principii stessi che sono conquista del liberalismo moderno. Con essa si vollero, per lo appunto, determinare le condizioni reputate necessarie a questo triplice intento: assicurare la piena indipendenza dell'autorità spirituale del Capo Supremo del Cattolicesimo nel mondo, benchè la eserciti nella capitale della nazione italiana; allontanare, con la inviolabilità della persona, ogni pericolo, ancorchè immaginario, di pressioni e violenze; rendere facili e libere le sue comunicazioni religiose con tutti i popoli della terra.

Queste condizioni non furono imposte, nè patteggiate; emanando spontaneamente dalla volontà libera della stessa nazione italiana costituzionalmente rappresentata, sono perciò, esse stesse, splendida attestazione della eminente prerogativa della nazionale Sovranità.

Quale sia, del resto, nel diritto pubblico italiano, il vero carattere della legge delle garentie, apparisce da una circostanza speciale, che tanto più giova ricordare, in quanto che spesso furono tratti, ad arte, erronei corollarii dalla

discussione parlamentare che precedette, in parlamento, l'adozione di quella legge. In occasione di quella discussione parecchi degli attuali ministri, allora soltanto deputati, mentre si affaticarono a migliorarne 11 testo venuto innanzi alla Camera, fin d'allora dichiararono che, quale essa fosse per uscire dalle deliberazioni dell'assemblea, avrebbe dovuto acquistare un carattere permanente e inalterabile, come una di quelle leggi organiche dello Stato, la cui politica efficacia dipende dal credito della loro stabilità, non dall'altrui accettazione o consenso. Legge di ordine pubblico interno, non vincolata a patti internazionali, essa, però, fin d'allora si disse, rimarrà raccomandata all'onore ed alla lealtà del popolo italiano, ed al senno dei suoi rappresentanti. Più tardi ancora, nell'anno 1876, allorchè la Sinistra fu chiamata al governo della cosa pubblica, ed in altra memorabile discussione parlamentare del 1877, fu dichiarato apertamente in parlamento, ad eliminare ogni dubbiezza, il proposito dei nuovi ministri di mantenere e far rispettare la legge sulle garentie, nel bene inteso interesse della politica italiana. L'esperimento di un quinquennio provò oramai la sincerità di quelle dichiarazioni.

Lealmente eseguita dal governo italiano, la legge del 23 maggio 1871, si è anche sperimentata innocua; nè veruna connessione essa ebbe con gli ultimi spiacevoli avvenimenti. Essa anzi, piuttosto, può avere giovato come pegno visibile della indipendenza spirituale del papato, dato dall'Italia alle coscienze cattoliche, apprestando il primo esempio della astinenza dello Stato anche da quella tradizionale ingerenza nelle nomine e materie ecclesiastiche, che altri governi cattolici sono ben lontani dal volere imitare.

È degno di un gran popolo civile offrire al mondo prova di costante rispetto ai principii di giustizia e di libertà, come è degno dei suoi reggitori perseverare nella serena dignità e nella imperturbata saggezza, anche di fronte alle provocazioni e alle passioni dei partiti estremi.

Il governo del Re, forte del sentimento del dovere e della coscienza della propria responsabilità verso il paese, è fermamente risoluto di non lasciarsi, nè dall'uno, nè dall'altro di codesti partiti fuorviare dal suo programma. Esso saprà, in tutte le occasioni, e con tutti i mezzi autorizzati dalla legge, circondare di efficace tutela la sicurezza personale e l'indipendenza spirituale del Sommo Pontefice; mantenere forza ed autorità alla legge delle garantie, come ad ogni altra legge dello Stato; reprimere, con uguale severità, le offese al capo della Chiesa cattolica e alla libertà religiosa, come pure le offese e macchinazioni di coloro che, col pretesto della religione, insidiassero od oltraggiassero l'Unità e Sovranità nazionale o le nostre libere istituzioni.

Quanto alle adunanze popolari, che fossero ancora per tenersi, il governo veglierà acciò non degenerino in manifestazioni delittuose o in altri fatti vietati dalla legge, nè turbino l'ordine pubblico. Se l'esperienza confermerà che tali ne sono gli effetti, non si mancherà d'impedirle e di scioglierle.

Questi sono i nostri intendimenti; nè mi sembrano tali da lasciare adito ad ulteriore ambiguità di apprezzamento. Così, il presente dispaccio, destinato esclusivamente ad informazione di Lei, Le somministrerà modo sicuro di respingere ogni meno esatta asserzione, e di correggere ogni giudizio che si fondi, in buona fede o ad arte, sopra una erronea esposizione dei fatti.

ALLEGATO

EsTRATTO dalla Gazzetta Ufficiale (parte ufficilllle) del 20 agosto 1881.

Continuando l'agitazione artificialmente promossa in Italia contro la legge delle guaa-entigie pontificie col mezzo di comizi popolari, il governo del Re, per dissd.pare pericolose illusioni e incertezze, reputa opportuna una franca manifestazione dei suoi pensieri e intendimenti.

Fedele ai principii costituzionruli, rispetta i diritti di riunione e di petizione garantito. da:llo statuto, e non impedisce nè scioglie le pubbliche adunanze dei cittaddni sol perché si propongono discutere intorno aH'influenza di una legge sul pubblico bene, e alla convenienza di chiederne dal parlamento la modlifica2àone o la revoca: ma si crede nel diritto e nell'obbligo di intervenire laddove esse degenerino in fatti dalla legge vietati, ovvero minaccino turbamento dell'ordine pubblico o delle rela2lioni internazioimili.

Quanto allo scopo della presente agitazione, il governo è fermamente risoluto di circondare, in ogni occasione e con tutti i •legittimi mez2li, di piena ed efficace tutela, la sicurezza dei!. Sommo Pontefice, e la indipendenza deUa sua sovranità spirituaJe, reprimendo a un tempo le offese all'unità e alla sovrani·tà na2àonale.

Disapprova e deplora come dannosi ai supremi interessi del paese, i comizi che si succedono, e dichiara che manterrà forza e autorità alla legge delle guarentigie come legge dello Stato; e cosi operando non si allontanerà dalle dichiarazioni che alcuni degli attuali ministri già fecero in parlamento fin dalla discussione della legge stessa, e che ripeterono nel 1876 a nome delia sinistm chiamata al governo della cosa pubblica; che cioé la legge del.le guarentigie, benché di ordine interno, non imposta, né vincolata a patti internazionali, ma spontanea emanazione della volontà nazionale, nondimeno avrebbe preso posto nel diritto pubblico italiano tra quelle leggi organiche la cui efficacia politica dipende dal credtto delia loro stabilità, non dell'altrui accettazione o consenso.

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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

L. P. Roma, 24 agosto 1881.

Tra l'uno e l'altro telegramma d'oggi, di V. E. (2), ebbi la visita del Wood, il quale, invece di jeri sera, è partito soltanto oggi per Londra. Avendo tastato precedentemente il terreno (ma sa che il signor Wood è diventato assai sensibile nelle materie pontificie), mi accorsi che, non solo non sarebbe stato punto disposto a far precedere, sul Times, la circolare 27 luglio (3) da equi apprezzamenti, ma si sarebbe certo accinto, come si accingerà in ogni ipotesi, a dimostrare inesatte alcune delle nostre affermazioni. Non era la prima volta che io discorrevo di questo spinoso argomento col Wood; e questi mi rifece, la terza o la quarta volta, la narrazione di ciò che egli dice di aver visto con gli occhi suoi.

Si è sotto l'impressione del mio colloquio col Wood che io telegrafai a

V. E. (1), essere meglio prescindere da ogni pubblicazione: parendomi preferìbile la agitazione di una curiosità insoddisfatta, al pericolo di riaccendere una polemica retrospettiva. Di più provavo una certa esitazione nel suggerire che, dopo aver congedato un giornalismo officioso, si crei ora all'estero un giornalismo avente attinenza con noi.

Senonchè proprio all'ultimo momento giungono simultaneamente, due acchiusi telegrammi, l'uno del Gen. Robilant (2), l'altro del Direttore della Politische Correspondenz. Essi mi sembrano mutare alquanto la situazione; imperocchè, per una parte il voto del Generale Robilant ha grandissimo peso; e, d'altra parte, se la Politische accoglie il documento come desiderata rettifica di una sua prima versione inesatta, e lo accompagna di benevoli commenti, sparisce ogni ombra di officialità e rimane solo un atto di schiettezza da parte del Governo italiano. Naturalmente dovrebbesi telegrafare a Robilant in termini precisi: pregarlo, cioè, di consegnare il documento al Direttore della Correspondenz (che è un impiegato del Ministero Esteri, certo sig. Hirschfeld) alla duplice condizione che il giornale, pubblicandolo, dichiari di averselo potuto procacciare per rettificare la sua prima versione inesatta, e pigli inoltre l'impegno di recarne benevolo ed imparziale apprezzamento. Attendo, domattina, le istruzioni di V. E. in questo che oramai non manca di importanza per il rumore che continua a farsene dai giornalisti oziosi (3).

Con le firme invio, a V. E. lo schema di circolare esplicativa del Comunicato sulla Legge delle Guarentigie (4). Attendo il cenno di Lei, per farne le copie destinate alla firma.

Vidi oggi lungamente il ministro Magliani e l'Ellena. Entrambi pensano che non sia conveniente la aggiunzione di un quarto negoziatore. Anzi non posso nascondere a V. E. che l'Ellena era alquanto contrariato di una simile contingenza. Il ministro Magliani ha, jeri, voluto riferirne ancora al ministro Berti, mi scrive stassera, -e ritiene, ad ogni modo, che V. E. non faccia, di quella aggiunzione, una condizione assoluta. A questo riguardo, mi sono permesso di porgere al ministro Magliani una dichiarazione rassicurante. Il ministro Magliani approva grandemente la lettera da Lei scritta al Presidente della Camera di Commercio di Napoli, e stima che questo atto di deferenza sarà apprezzato convenientemente.

Col ministro Magliani parlai anche del bilancio nostro; ed egli fu lieto assai quando io gli dissi che probabilmente i nostri aumenti saranno differiti ad una Nota di Variazione. Per ragioni politiche e parlamentari, ma sopratutto per contenere gli altri colleghi in giusti limiti, egli desidera vivamente che il Bilancio preventivo 1882 apparisca ora quanto meno sia possibile disforme da quello del 1881. Attendo, anche a questo riguardo, i cenni di V. E.

Sono vergognoso di dovere scrivere con tanta rapidità, ma mi sono lasciato ridurre alle nove pomeridiane, dopo aver avuto tutta la giornata occupata.

( 4) Cfr. n. 168.

(l) -Da Museo CentraHe del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 116. (l) -Non pubbllcato. (2) -T. 1349, non pubblicato. (3) -Con t. 764 del 25 agosto vennero date a Robilant le istruzioni suggerite da Malvano.
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IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

T. Roma, 25 agosto 1881, ore 1,15 (per. ore 7).

Il console Machiavelli telegrafa (2) che il Governo egiziano ci chiede impartire ordini telegrafici al comandante Frigerio perchè non impedisca sbarco di soldati egiziani a Raheita. Corvetta egiziana attualmente a Beilul riceve ordine telegrafico recarsi a Raheita per operare sbarco. Quantunque Raheita travisi fuori del possedimento di Assab noi non possiamo senza grave offesa del nostro prestigio consentire che truppe egiziane sbarchino Raheita ave il Sultano Berehan, con cui stipulammo un trattato di amicizia, e che ci avea ceduto parte dei suoi territori formanti ora il possedimento di Assab, fu sempre da noi considerato e trattato secondochè egli stesso si afferma indipendente dall'Egitto. Proporrei quindi telegrafare Cairo che non possiamo permettere in così grande prossimità di Assab, in località che noi consideriamo indipendente dall'Egitto e soggetta a Sultano nostro amico uno sbarco di truppe se non dopo che ce ne sarà stata data una spiegazione soddisfacente.

Frigerio riceve dunque istruzione di trasferirsi a Raheita con entrambi i legni nostri che sono in quei luoghi e di opporsi allo sbarco senza fare a meno di provocare atto di ostilità. Noi respingiamo ogni responsabilità delle complicazioni che un atto inaspettato ed inesplicabile del Governo egiziano potrebbe suscitare in quella regione ove noi reputavamo esistere almeno il tacito consenso di non turbare lo statu quo.

Conchiuderei facendo serio appello alle lealtà ed amicizia dell'Egitto cui certo non può giovare di alienarsi gratuitamente Italia. Analogamente si telegraferebbe a Frigerio e sopratutto a Londra. Attendo urgenti istruzioni di V. E. (3).

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (4)

T. Napoli, 25 agosto 1881, ore 11.

Approvo sue proposte (5) dietro l'inaspettata iniziativa del Governo egiziano. Aggiungerei rammentando recente assicurazione data personalmente Khedive al console De Martino circa mantenimento statu quo senza sollevare inopportune complicazioni ed inoltre diretto interesse Governo italiano nella

( 4) Cfr. n. 170.

posizione del Sultano di Raheita per l'acquisto fattone di Assab. Quindi potrebbero divenire inscindibili le due quistioni di Raheita e di Assab. Essendo poi indispensabile procurare! tempo chiederei positivamente che prima si dessero spiegazioni richieste, attendendo nostre risposte altrimenti sbarco sarebbe considerato provocazione offesa gratuita all'Italia obbligata respinger la (l). Scopo del ritardo deve essere l'invio immediato di una nostra corazzata a Raheita, pregandone immediatamente Ministro Marina avvertendolo grave responsabilità comune nel caso di impotenza dei piccoli legni stanziati in Assab. Reputo essenzialissimo non solo telegrafare energicamente Londra (2) ma sopratutto presenza di una corazzata nelle località. Faccio assegnamento sulla sua attività e fermezza. Attenderò suoi telegrammi questa sera.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 167. (3) -Cfr. n. 171.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI (3)

T. u. 760. Roma, 25 agosto 1881, ore 16,25.

Votre télégramme (4) nous cause la plus pénible surprise. Nous pensions, surtout depuis les assurances personnellement données à M. De Martino par le Khedivé lui-méme, que rien ne serait fait par l'Egypte de nature à troubler le status qua à Assab. Raheita est, il est vrai, en dehors notre possession, mais c'est tout-à-fait à proximité de la limite méridionale. De plus le Sultan de Raheita, Berehan, que nous considérons et traitons comme indépendant, et avec lequel nous avons stipulé un accord d'amitié et assistance réciproque, est celui qui nous a cédé la plus part des territoires formant l'établissement d'Assab. Les deux situations sont donc mutuellement connexes et nous ne saurions admettre à Rahelta un débarquement de troupes qui n'étant pas justifié par un motif quelconque ne viserait qu'à altérer à notre détriment l'état actuel des choses. Je vous prie donc de faire, auprès du ministre des affaires étrangères, une démarche immédiate et pressante afin qu'en attendant que dès explications satisfaisantes nous soient données il télégraphie sur le champ ordre au «Chartoum ) de suspendre son excursion à Raheita. Le commandant Frigerio ayant sous ses ordres deux avisos le «Rapido» et l'« Ettore Fieramosca», ne ferait qu'obéir à nos instructions si le « Chartoum » essayant d'opérer le débarquement, il s'y opposerait et c'est sur le Gouvernement egyptien que retomberait la responsabilité de toutes les conséquences d'une initiatiTie aussi inexplicable qu'inattendue. Vous devez faire un serieux appel à la sagesse du ministre des affaires étrangères, et ne pas lui cacher notre étonnement de voir le Gouvernement Vice-Royal se ménager gratuitement, avec l'Italie, un conflit dans lequel il n'a certes rien à gagner. J'attends avec impatience résultat de vos démarches.

(l) -Per il telegramma inviato a MaiChiavelli cfr. n. 178. (2) -Cfr. n. 173. (3) -Ed. in italiano in LV 32, p. 112. (4) -Cfr. n. 167.
173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

T. 761. Roma, 25 agosto 1881, ore 17.

Nous recevons du Caire (2) notification que le Gouvernement égyptien envoie de Beilul à Raheita un navire pour y débarquer des troupes. Raheita est au delà de la limite méridionale de notre possession, mais V. E. sait que c'est Berehan le sultan de Raheita qui nous a vendu la plus part des territoires formant la possession d'Assab et que, le considérant comme chef indépendant nous avons stipulé avec lui un traité d'amitié et d'assistance réciproque dont vous connaissez la teneur. Nous ne saurions donc admettre un débarquement de troupes qui, à défaut d'autre but appréciable, n'aurait que celui d'altérer à notre détriment un statu quo qu'on était tacitement convenu de respecter au moins jusqu'à l'issue des négociations pendantes. Notre consul au Caire a donc reçu instructions (3) de faire auprès du Gouvernement égyptien démarche pressante afin qu'il soit sursis à l'envoi projété de troupes à Raheita. Il doit ne pas cacher que le commandant Frigerio ayant sous ses ordres deux navires italiens devrait, d'après ses instructions s'opposer au débarquement. Je prie V. E. de vouloir porter d'urgence ce qui précède à la connaissance de lord Granville faisant appel à sa bonne amitié afin qu'il donne aux ministres égyptiens avec l'autorité que la situation de l'Angleterre lui assure au Caire, le conseil de s'abstenir d'une provocation gratuite et tout-à-fait inattendue. J'attends avec impatience le résultat de votre démarche.

174

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (4)

D. 1224. Roma, 25 agosto 1881.

Non saprei nasconderle l'impressione penosa di cui ci sono cagione la freddezza dimostrata finora dal Gabinetto britannico a nostro riguardo in quanto concerne la quistione di Assab, e l'indugio, oramai di tanto protrattosi, nel farci conoscere gli intendimenti suoi rispetto al modus vivendi da noi propostogli.

Gli incidenti successivamente occorsi in occasione della inchiesta egiziana a Beilul furono tali da lasciar sorgere nell'animo, non solo del nostro Commissario Civile e del Comandante l'« Ettore Fieramosca», ma dello stesso Reggente la nostra Agenzia in Egitto l'opinione che il Governo della Regina

non abbia voluto prestarci, in questa circostanza, più di un concorso meramente apparente, e quale male avrebbe potuto negarci, da noi richiesto, trattandosi di quella causa civile e umanitaria in cui tutte le Potenze sono e debbono sentirsi solidali. Siffatta opinione, che facilmente si sarebbe dileguata se il linguaggio degli Agenti britannici fosse stato fin da principio, e sempre, così caloroso quale si addiceva a caso tanto crudele, e segnatamente se le istruzioni del Comandante inglese, in rada di Beilul gli avessero consentito di comportarsi energicamente nei rapporti suoi coi due Pascià egiziani, non è stata senza deplorevolissimi effetti sopra l'andamento dell'inchiesta. Questa non si sarebbe chiusa in modo che, per ora, ci asteniamo dall'apprezzare, ma di cui non possiamo certo dichiararci soddisfatti, se il Comandante inglese avesse lasciato comprendere che il suo Governo, non meno del Governo italiano annetteva speciale importanza a che la verità fosse rigorosamente accertata ed i colpevoli fossero esemplarmente puniti. Tanto più è stata spiacevole questa mancanza di istruzioni abbastanza esplicite e categoriche, in quanto che consta altresì, dai rapporti nostri, che personalmente il Comandante inglese divide perfettamente, circa l'andamento e le conclusioni della inchiesta egiziana l'avviso del suo Collega italiano, e sdegnosamente ebbe a respingere la richiesta, di rilasciare una dichiarazione di approvazione del suo operato.

Come dissi testè, noi non ci siamo ancora pronunciati circa la inchiesta egiziana, e ci riserbiamo, in proposito, piena libertà di giudizio. Se, fino da questo momento, ho voluto porgerne questo cenno a V. E. si è perché, quello che, da parte dell'Inghilterra, è occorso rispetto a quella inchiesta, ci conferma, purtroppo, nel concetto che, delle disposizioni di codesto Governo circa la quistione di Assab in genere, abbiamo dovuto formarci.

Noi ci eravamo lusingati d'avere dato pegno irrecusabile della lealtà dei nostri propositi, e di avere eliminato ogni ragione di dubbiezza. La proposta che noi presentammo, di un modus vivendi, che, una ad una, appagasse tutte le legittime esigenze, e dissipasse tutti gli scrupoli del Governo della Regina, nell'interesse dei suoi domini indiani, era tale che avrebbe dovuto, così noi speravamo, essere accolta con sollecitudine e con compiacimento. Invece corsero le settimane ed i mesi, senza che alcun altro cenno ci sia pervenuto, tranne che l'avvertenza che la proposta nostra forma oggetto di studio presso il Dicastero delle Colonie. Noi non contrastiamo, a questo riguardo, che debba lasciarsi, in materia così complessa e delicata, ogni desiderabile agio per la determinazione delle specifiche e precise condizioni. Ma ci sembra che un assentimento di massima avrebbe potuto essere assai più pronto, come quello che doveva essere, a nostro avviso, il naturale corollario della franchezza nostra, e della intima amicizia che unisce fra loro i due Governi dopoché la cosa pubblica è, in Inghilterra, retta dagli uomini del partito liberale.

La quistione di Assab è di quelle a cui si annette, in Italia, uno specialissimo interesse. È un primo esperimento a cui la nazione, giovine ancora, e novizia nel campo delle intraprese coloniali, si è voluta accingere, con la fiducia di giovare, sia pure in modesta misura, al proprio avvenire nella direzione dell'estremo Oriente, ma sopratutto col convincimento di nulla fare o

meditare che potesse menomamente provocare le suscettibilità od i sospetti di altra Potenza. Sarebbe ora doloroso assai che la persistenza dell'Inghilterra ln un atteggiamento di ingiustificata diffidenza creasse un grande ostacolo alla attuazione del nostro disegno.

Vorrei che V. E. prima di lasciare codesta Ambasciata per venire in congedo, si procurasse l'occasione di un colloquio conclusivo col principale Segretario della Regina per gli Affari Esteri. *Dal giorno in cui si inaugurò, con l'avvenimento al potere di un Ministero Gladstone, una fase di grande cordialità fra i due Gabinetti, il Governo Italiano ebbe più volte, con molto suo compiacimento la opportunità di prestare opera di valido ausiliario, che fu anche oggetto di pubblica attestazione da parte del Governo britannico. Si presenta ora, per la prima volta, al Governo britannico, il modo di farci, senza il menomo suo sacrifizio, cosa gradita. Se nulla si ottenesse, rispetto alla quistione di Assab, prima che si riapra il Parlamento nostro, noi temeremmo di udìrvi l'eco di uno scettico giudizio, che certo noi non professiamo, ma che trova, purtroppo credito anche in Italia: la reciprocità non essere una tradizione dell'amicizia britannica, e questa solersi esplicare., a benefizio altrui, in forma platonica e senza pratica efficacia.

In questi termini l'E. V. vorrà esprimersi, secondo che è debito di schiettezza intorno a questo argomento, che in modo particolare raccomando alla sua sollecitudine ed alla autorità della sua parola *

(1) -Ed. in italiano in LV 32, p. 113. (2) -Cfr. n. 167. (3) -Cfr. n. 172. (4) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi e con alcune vartanti, in LV 34, pp. 84-85.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1076. Londra, 25 agosto 1881 (per. il 29).

Col dispaccio del 3 corrente pol. n. 1203 (1), V. E. mi ragguagliava del colloquio avuto dal cav. Machiavelli col console inglese signor Cookson intorno ad Assab. Quest'ultimo avrebbe fatto intendere che, se l'Inghilterra deve vigilare con occhio attento su quanto accade in quelle regioni, un trattato dell'Italia con la Gran Bretagna avrebbe un valore il quale mancherebbe ad un trattato coll'Egitto.

Il signor Machiavelli interpreta queste parole nel senso che il governo inglese sarebbe disposto a riconoscere la legittimità del nostro possedimento di Assab, in ricambio di una solenne guarentigia sullo scopo puramente commerciale del nostro stabilimento.

L'E. V. mi esprime il desiderio di sapere che cosa vi possa essere di vero ln questa supposizione. Per corrispondere a questo suo desiderio, non crederei di poter affrontare direttamente la questione col conte Granville; ma, per scandagliare la di lui

opmwne al riguardo, mi valsi della circostanza del pro-memoria che io gli aveva rimesso qualche tempo fa (vedi il mio rapporto del 1° luglio, serie politica) (l), sul modus vivendi proposto da V. E. per !stabilire rapporti regolari tra il nostro commissario civile ad Assab e le autorità inglesi ad Aden, pro-memoria del quale io avevo chiesto notizie a lord Tenterden (vedi mio rapporto poi. 1044 del 4 agosto corrente) (2) che mi rispondeva che esso era tuttora sotto l'esame del dipartimento delle Indie.

In conseguenza il giorno 12 del corrente mese, avendo avuto l'opportunità di vedere il conte Granville, io lo pregai di farmi conoscere l'opinione del dipartimento anzidetto sul proposto modus vivendi. Il nobile Lord mi rispose che aveva discussa quella questione col marchese Hartington, ma che questi era d'avviso che a lui bastava la dichiarazione dell'Italia di non voler formare alcun stabilimento militare ad Assab, mentre la questione di sovranità ch'era tuttora riservata sarebbe stata compromessa dal fatto stesso di un accordo tra l'Italia e l'Inghilterra per stabilire relazioni ufficiali tra le autorità dei due paesi, le une ad Aden, e le altre, quantunque meramente civili, ad Assab.

Non potei trattenermi d'esprimere al conte Granville la mia meraviglia per un simile ragionamento. Gli feci osservare che l'Inghilterra e l'Italia si erano dati, in questi ultimi tempi, segni non equivoci e non inutili di buona amicizia e che le conclusioni del marchese di Hartington metterebbero in certo modo, rispetto ai rapporti civili, i nostri due paesi in condizioni meno facili di quelle che avemmo coll'Austria che per molti anni, sino al 1866, non riconobbe il Governo d'Italia, e col Governo pontificio che non ci riconobbe mai. In fatti, durante quei periodi di rottura diplomatica l'Italia non cessò mai dl. conservare relazioni amministrative regolari con quei due Stati, per provvedere agli interessi privati dei rispettivi sudditi. In conseguenza mi pareva meno razionale il rifiuto di sanzionare con un accordo simili relazioni tra due punti occupati da due nazioni che stanno in stretta amicizia e non differiscono fra loro che sopra una questione d'importanza più storica che reale.

II conte Granville prestò assai attenzione al mio ragionamento e mi promise che ne avrebbe parlato con lord Hartington, e quindi mi avrebbe fatto conoscere la conclusione alla quale essi sarebbero giunti.

Io ebbi, il giorno 22 corrente, col conte Granville (che non istà bene in salute e partì ieri pel suo castello, donde non so quando ritornerà) un colloquio nel quale egli nulla mi disse a quel riguardo. Io non giudicai opportuno d'insistere in proposito, imperocchè mi parve scorgere che il Gabinetto inglese desidera di lasciare la questione di Assab in riposo: egli non vuole protestare altrimenti di quanto ha fatto da principio; d'altra parte è suo desiderio di non compromettersi con un qualsiasi accordo del quale, io suppongo, egli teme le conseguenze, non rispetto a noi -giacchè è persuaso che manterremo la nostra parola di non fare d'Assab uno stabilimento militare -ma bensì

riguardo a qualche altra potenza che ha manifestato abbastanza il desiderio d'avere anch'essa un porto non di là dallo stretto di Bab-el Mandeb dove ne possiede già uno, ma sulla sponda occidentale stessa del mar Rosso. In fatti, non ha guari, la Francia faceva perlustrare da una sua nave da guerra tutto quel litorale dove i suoi ufficiali riconobbero che la migliore stazione era quella da noi occupata. Ma non è certo che quella circostanza distolga la Francia dal crearsi qualche stabilimento su quella costa, non tanto per il suo commercio, quanto per mantenere sull'Egitto una influenza che le è contrastata dall'Inghilterra. Per altra parte, il ministero attuale non vuoi dare al partito tory nuove armi contro di sè, giacchè gli si rimproverò già con alquanta durezza d'aver abbandonato le conquiste di lord Beaconsfield nel Transvaal e nell'Afganistan.

Ciò essendo, è ben possibile che il Foreign Oftice non risponda per ora se non in modo evasivo, oppure non risponda affatto alla nostra domanda di stabilire il chiesto modus vivendi. E finchè esso non sarà disposto a risponderei esplicitamente al riguardo, non vedo come potrebbe proporsi il trattato supposto dal signor Machiavelli.

In questo stato di cose, io penso che il più prudente per noi è di lasciare le cose come stanno attualmente. Noi siamo in possesso effettivo di Assab. L'Inghilterra non ha titolo per poterne riconoscere la legittimità. La nostra colonia, a quanto pare, va sviluppandosi. Abbiamo il diritto di proprietà che risale a più anni; questo è un fatto che ogni giorno acquista maggior forza e stabilisce un precedente di fronte ad una potenza che nelle quistioni di diritto fonda i suoi giudizi massimamente sui precedenti. Il tempo accomoda molte cose, e siccome i rapporti tra la nostra colonia e quella inglese di Aden sono inevitabili, si formerà da sè un modus vivendi basato sulla sperienza dei bisogni reciproci.

(l) Non pubblicato.

(l) -Cfr. n. 74. (2) -Non pubblicato.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 516. Madrid, 25 agosto 1881 (per. il 30).

Quasi tutti i giornali di Madrid contengono nel loro numero di jeri un telegramma da Parigi, che discorre di negoziati tra la Francia e il Marocco per impedire conflitti possibili in conseguenza di operazioni militari, progettate dalla Francia nel Sud della provincia di Orano. Il Sultano del Marocco si mostrerebbe favorevole ai desideri della Francia.

È evidente ch'io non posso oggi constatare la verità esatta della notizia qui giunta da Parigi; essa è, in ogni modo, una conferma delle preoccupazioni che esistono in !spagna per la questione marocchina, e commenta e chiarisce il linguaggio deciso e alquanto concitato tenutomi dal signor Mendez

Vigo, Sotto Segretario di Stato, pochi giorni or sono, e ch'ebbi l'onore di portare a conoscenza dell'E. V. con mio rapporto di questa serie n. 512 in data del 18 agosto corrente (l).

Mi pregio ora trasmettere, qui unito, all'E. V. un articolo del giornale Epoca di jeri a sera (2), organo del partito conservatore liberale, che discorrendo della notizia telegrafica sovramenzionata adopera, come l'E. V. potrà constatare, quasi le parole stesse dettemi dal signor Mendez Vigo. L'Epoca afferma la sua ferma volontà di pace ma dichiara che in caso di difficoltà coll'estero ogni dissenso politico sparirebbe tra gli spagnuoli. Una tale dichiarazione di concordia dei partiti in contingenze determinate, fatta all'indomani di una lotta accanita, per le elezioni, sembrami meritevole di attenzione e prova come l'influenza, pur grande della Francia in Spagna, si dileguerebbe ferendo la dignità e gli interessi del paese.

177

IL MINISTRO. DEGLI ESTERI, MANCINI, (3) AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI

T. 767. Roma, 27 agosto 1881, ore 1,35.

A la réponse que vous aurez donnée hier au ministre des affaires étrangères égyptien (4) veuillez ajouter encore une nouvelle note déclarant avoir reçu de votre Gouvernement instructions cathégoriques d'exprimer au Gouvernement égyptien nos impressions en vue de l'éventualité inattendue d'un débarquement de troupes égyptienne à Raheita. La participation à l'enquete du gouverneur de Massaua soupçonné de complicité dans le dèsastre de Beilul; le refus d'agir contre quelques habitants de cette localité; les démarches faltes pour éloigner de l'enquéte le commandant italien et anglais; l'envoi d'un long mémùire pour nous contester, en cette occasion, nos droits sur Assab (5), en contradiction avec les assurances données par S. A. le Vice Roi, en personne à notre agent De Martino, de ne pas vouloir soulever cette question; la forme dérisoire de ce simulacre d'enquete et après tout cela cette tentative de débarquement, à si peu de distance de Assab dans un territoire gouverné par un sultan ami de Italie qui nous a cédé Assab, toutes ces circonstances nous conduisent, malgré nous, à ces deux conclusions: la première c'est que le Gouvernement égyptien aurait saisi l'occasion de notre confiant rappel à son amitié et en se donnant l'apparence d'empressement à nous obtenir une juste réparation il chercherait à profiter de notre bonne foi, ce qui ne manquerait pas de

soulever le sentiment public de la nation italienne contre Gouvernement Vice Roi; la seconde c'est qu'un débarquement à Raheita non motivé par aucune nécessité, ne pouvant à l'état actuel des choses s'effectuer sans mettre en danger et en contestation notre possession d'Assab, le Gouvernement italien se trouverait directement intéressé à s'y opposer le regardant comme un acte d'hostilité et comme l'exécution d'un plan prémedité contre l'établissement italien, ce qui justifierait les mesures et ordres nécessaires pour sauvegarder respect de nos droits et le maintien du statu qua. Vous apprécierez si en demandant une audience à S. A. le Vice Roi et en lui rappelant ses promesses à M. De Martino vous pourriez avoir un résultat avantageux. Veuillez aussi exprimer votre avis si les 400 hommes embarqués sur nos deux navires suffiraient pour le cas extrème où des ordres de résistance au débarquement seraient donnés, et si envoi-d'un cuirassé italien ferait certainement abandonner projet de tout débarquement (1).

(l) -Cfr. n. 162. (2) -Non si pubblica. (3) -Questo ed altri telegrammi recano la firma di Mancini anche se il minis,tro era a Napoli. (4) -Cfr. n. 172. (5) -Cfr. n. 96, nota 4.
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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIA VELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1364. Alessandria, 27 agosto 1881, ore 18 (per. ore 21).

Des erreurs de chiffre se sont glissés dans transmission dernier télégramme de V. E. (2) J'ai compris a peu près; il n'y a que toute petite corvette et deux transports sans artillerie à méme de partir sur-le-champ; deux stationnaires d'Alexandrie à Alexandrie et Port Said ne sont pas, à ce qu'il parait, en mesure à s'aventurer à navigation sans radoubes; envoi de cuirassés couperait court à toute velléité de débarquement. Si l'Angleterre ne se mele pas, on peut l'envoyer en attendant Port Said pour traverser le canal, le cas échéant. Je pense qu'il serait utile renforcer la station de la mer Rouge par l'envoi d'un autre aviso ou cannonière. Demain matin je verrai le Vice Roi.

«Vi prego mandare al Machiavelli il telegramma francese qui unito autorizzandovi introdurvi qualche modificazione che possiate stimare opportuna.

Scopo essenziale da raggiungere è di evitare assolutamente lo sbarco di truppe egiziane, e la presenza di una corazzata avrebbe con certezza codesto effetto preventivo. Avvenuto lo sbarco, o tentato, e dovendosi opporre materiale resistenza delle nostre truppe, oltre la grave responsabilità che assumiamo se poi non si riuscisse ad impedire ùo sbarco potendo il Governo egiziano a ,cosi bTeve distanza mandare altri suoi legni, l'opinione pubb!Lca in tutta Ita.lia se ne commoverebbe, ed inoltre nel mio convincimento lo stabilimento di Assab, in condizioni cosi precarie, e con l'audacia che si ,accrescerebbe nelle vicine tribù, potrebbe considerarsi come perduto. Perciò non sono persuaso delle obbiezioni dell'Acton, interessato a non disporre di una corazzata per uno stablllmento della cui utilità egli non è punto convinto. Rinnoviamo le premure con lui, acciò consideri la cosa dal nostro punto di vista, cioè per la necessità di prevenire sicuramente il pericolo dello sbarco, se trovasi già a Castellamare telegrafategli trascrivendo e commentando queste mie considerazioni. Attendo questa sera vostro telegramma». Per la risposta di Machiavelli cfr. n. 178.

(l) LI testo di questo telegramma era s.tato invi:ato da Napoli da Mancini a Malvano allegato al seguente telegramma del 26 agosto (Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini):

(2) Cfr. n. 177.

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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1367. Alessandria, 28 agosto 1881, ore 20,35 (per. ore 23,15).

Collègue anglais déclare sur premier point avoir répété déclaration ministre des affaires étrangères egyptien; sur second n'avoir pas affirmé que nous considérons Raheita dépendance Assab, mais répété seulement termes ma première protestation contre altération statu quo à Assab et dépendances {1). II m'a dit confidentiellement avoir conseillé Gouvernement égyptien ne pas brusquer situation et tenir compte nécessités créées au Gouvernement du Roi par opinion publique italienne. J'ai été reçu par le Vice Roi, qui m'a déclaré ne veut pas se mettre en guerre avec nous, mais que l'on examine question d'après justice. Il nie catégoriquement avoir fait à De Martino déclaration concernant Assab. En attendant qu'on réponde à ma note, calquée sur télégramme de V. E. du 25 (2), Son Altesse m'a laissé comprendre que véritable position politique de Béréhan, que l'on s'obstine considérer fonctionnaire égyptien, devrait, à son avis étre examinée ensemble sur les lieux avec concours Angleterre, à qui Egypte a démandé envoi corvette à Raheita. Somme toute, question me semble avoir perdu, au moins pour le moment, caractère aigu, et

V. E. jugera si c'est encore le cas d'adresser au ministre affaires étrangères nouvelle note, dont il est question dans télégramme d'hier (3), ou bien différer.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI (4)

T. 777. Roma, 28 agosto 1881, ore 23.

On nous propose de procéder à une contre enquète italienne à Beilul avec concours éventuel agent anglais pour démentir résultat prétendu enquéte égyptienne. Avant de donner cette autorisation je désire connaitre quels moyens pourront étre employés pour obtenir un témoignage digne de confiance et s'il y a probabilité d'arriver à un résultat suffisant pour servir de base à nos réclamations vis-à-vis du Gouvernement égyptien (5).

(l} Con t. 774 del 27 agosto, non pubbHcato, Mancini aveva comunicato a Machtavehli che 11 suo coHega inglese affermava che Béréhan era soggetto all'Egitto e che l'Italia considerava Rahéita dipendente da Assab.

(2) -Cfr. n. 172. (3) -Cfr. n. 177. (4) -Il testo del telegramma era stato inviato da Mancini al Ministero con t. del 27 agosto. (5) -Maehiavell! rislpose eon t. 1372 del 29 agosto, non pubh1icato, ehe a suo giudizio non vi erano mezzi !doMi per ottenere una testimonianza sincera.
181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1003. Roma, 29 agosto 1881.

Nello scorso dicembre questa Ambasciata Ottomana rivolgevasi al Governo del Re per ottenere che a mente dell'art. 9 del Trattato di Berlino fosse dalle Potenze firmatarie stabilito l'importo annuo del tributo della Bulgaria. Di tale comunicazione questo Ministero faceva partecipe codesta Ambasciata con Dispaccio del 4 Gennajo ultimo n. 848 (l) di questa Serie, e La pregava di investigare quale fosse al riguardo il pensiero del Gabinetto francese.

La questione sollevata dalla Sublime Porta non essendo stata risolta, questo Ambasciatore Ottomano ha ricevuto istruzioni di pregare il Governo del Re di volersi porre d'accordo con le altre Potenze, cui, mi è noto, sarà fatta nel medesimo tempo un'eguale sollecitazione.

Io La prego, Signor Cavaliere, di farmi conoscere quale accoglienza abbia incontrato presso codesto Gabinetto la domanda della Sublime Porta, di cui non puossi disconoscere l'intrinseca giustizia e il fondamento che essa trova nelle disposizioni del trattato (2).

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (3)

T. Napoli, 30 agosto 1881, ore 19.

Nella conferenza Branchi con Acton questi approvò benanche doversi impedire sbarco egiziano; quindi ha spedito «Affondatore» Porto Said, ed autorizza trasmettersi al comandante Frigerio per mezzo del console ad Aden seguente telegramma a nome del ministro della marina di accordo con quello degli affari esteri. -Ecco il testo del telegramma: «Al comandante Frigerio Spedito «Affondatore » Porto Said urge impedire sbarco egiziano con mezzi persuasivi ed anche con maggiore efficacia in caso di estn~ma necessità, evitando occasione conflitto con nave inglese, anzi invitandola a cooperare per impedire sbarco o almeno ritardarlo. Acton » (4). Ella potrà comunicare notizie tali ordini anche a Machiavelli ed a Branchi autorizzando il primo a trasmettere al ministero degli affari esteri egiziano anche la seconda nota più energica se si insisterà negli ordini di sbarco. Gioverà suggerirgli giovarsi di altro argomento,

(-4) Il t. fu inviat o alle ore 23,55 del 30 agosto con il n. 780.

16 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

cioè essersi recentemente dal Governo egiziano a noi trasmessa una Memoria sulla sovranità di Assab (1), e condizione del Sultano di Raheita verso l'Egitto, alla quale Memoria noi prepariamo risposta. Pendente discussione in via diplomatica, con turbamento dello statu quo di fatti essere atto di ostilità contrario a tutte le consuetudini internazionali.

Giungendo favorevoli risposte da Londra, voglia immediatamente telegrafarle al Machiavelli ed al Frigerio.

(l) -Non pubblicato nel vol. XIII, della serie II. (2) -Marochetti rispose con t. 1399 del 2 settembre, non pubbllicato che il Governo francese intendeva uniformare il suo comportamento a quello del Governo tedesco. (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mamcd:ni.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (2)

T. Napoli, 30 agosto 1881, ore 20.

Mancando soddisfacenti risposte da Londra circa progettato sbarco Raheita credo opportuno telegrafare Menabrea colloquio Machiavelli con Vice-Re (3). Sua Altezza desiderando esame questione sopra luogo col concorso dell'Inghilterra evidentemente dipenderà dal Ministero britannico incoraggiare sbarco, ovvero impedirlo come inopportuno e causa immancabile di gravi complicazioni. Quindi indispensabile determinare Granville a trasmettere istruzioni in quest'ultimo senso, altrimenti saremo costretti in momento così decisivo persuaderei delle disposizioni poco benevole dell'Inghilterra verso di noi, e dovremo attribuire il fatto dello sbarco all'influenza inglese (4).

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 781. Roma, 31 agosto 1881, ore 12,30.

Nous sommes impatients de connattre, à l'égard de l'affaire de Rahéita, bien exactement la pensée du Gouvernement britannique. Il dépend évidemment de lul d'encourager le débarquement ou de l'empecher comme étant cause inévitable de graves complications. Si lord Granville ne se décide pas à expédier aussitòt au Caire instructions en ce dernier sens nous devrions en ce moment décisif nous convaincre d es intentions peu bienveillantes de l'Angleterre envers nous, et attribuer à son influence le fait lui-meme du débarquement.

(l} Cfr. n. 96, nota 4.

(2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Cfr. n. 179. (4) -Per il t. inviato a Menabrea cfr. n. 184.
185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI

T. 782. Roma, 31 agosto 1881, ore 13,15.

Je vous prev1ens confidentiellement que le cuirassé «Affondatore» va stationner à toute bonne fin à Port Said (l) et que le commandant Frigerio a reçu du ministre de la marine confirmation ordre s'opposer avec persuasion, et s'il le faut absolument avec moyens plus efficaces au débarquement avec instructions éviter toute occasion conflit avec navire anglais, cherchant au contraire sa coopération pour empecher ou au moins pour retarder débarquement. Je laisse, après votre entretien avec le Vice Roi, à votre appréciation de faire, du contenu de mon télégramme du 27 (2), l'objet d'une seconde note officielle, ou bien d'un simple mémoire confidentiel à remettre au ministre des affaires étrangères. Quant au moyen de solution auquel le Vice Roi avait fait allusion, il ne nous parait pas pratique du tout car ce n'est pas par une descente sur les lieux qu'une question politique et historique peut etre décidée et, d'ailleurs, les prétentions égyptiennes sur Raheita impliquent nécessairement atteinte à nos droits sur Assab (3).

186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (4)

T. 785. Roma, 31 agosto 1881, ore 23,30.

Dans entretien que Machiavelli a eu avec Vice Roi, celui-ci a émis idée faire décider sur les lieux, avec concours Angleterre, question de souveraineté Raheita. Pareil projet ne nous parait guère pratique car ce n'est pas par descente sur les lieux qu'on peut utilement apprécier une question historiquepolitique. Ce que demandons, d'ailleurs, n'est qu'un maintien du statu quo Assab, qui serait nécessairement atteint 'si prétentions egyptiennes sur Rahéita étaient dès aujourd'hui admises. Je vous préviens de tout ceci ainsi que de notre manière de voir sur ce point, car il parait que Vice Roi a déjà demandé Angleterre expédier navire Rahéita et adhésion Angleterre à pareille proposition ne ferait que compliquer davantage · situation.

(l) -Cfr. n. 182. (2) -Cfr. n. 177. (3) -Questo telegramma e !.l n. 186 furono spediti dietro istruzioni inviate da Napoli da Mancini (t. del 31 agosto, ore l, Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini). (4) -Ed. in italiano in LV 32, p, 119.
187

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1388/820. Londra, 1° settembre 1881, ore 19,42 (per. ore 22,40).

La proposition faite par le Khedive, dont V. E. m'informe par son télégramme de ce matin (1), de faire décider la question de Raheita sur les lieux avec le concours de l'Angleterre, me parait insidieuse. L'appel fait par le Khédive d'un navire de guerre anglais sur Ies lieux a pour but de couvrir sa propre faiblesse par le pavillon d'une puissance avec la quelle il ne nous convient pas de nous exposer à une collision ::>xmée. La proposition du Khédive dans ces conditions nous parait dane d'autant moins acceptable que Granville vient de nous déclarer catégoriquement, ainsi que je l'ai télégraphié hier (2), que le Gouvernement anglais persiste toujours dans son opinion que l'Egypte a droit de souveraineté sur la cote occidentale de la mer rouge. Cependant la démarche meme du Khédive semblait indiquer que, du moins pour le moment, il ne veut pas soulever de question au sujet de Assab. Je ne pense pas qu'il convienne écrire à ce sujet à Granville; sa réponse d'hier est une fin de non recevoir, par Iaquelle il exprime assez clairement qu'il ne veut plus discuter avec nous la question d'Assab, et celles qui s'y rattachent; je m'exposerais peut-etre à n'avoir pas de réponse. Si le noble lord ou Gladstone étaient à Londres j'irais les voir; mais ils sont absents l'un et l'autre et pour longtemps. D'ailleurs il serait meme difficile obtenir verbalement d'eux quelque déclaration explicite. En cet état de choses le Gouvernement du Roi qui seui possède Ies éléments nécessaires pour juger la situation, est seui à meme de décider s'il doit provoquer un dénouement autre que celui proposé par le Khédive, ou s'il ne convient pas de temporiser. J'espère pouvoir vous envoyer incessamment Ies documents relatifs au prétendu droit de l'Egypte.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 788. Roma, 1° settembre 1881, ore 23,59.

Votre télégramme (2) et l'extrait y inséré d'une lettre de lord Granville m'ont prouvé que celui-ci n'a pas du tout saisi l'objet de notre demande. Nous savons très-bien que le Gouvernement anglais n'est pas obligé ni disposé à objecter contre la souveraineté de l'Egypte à Rahéita et nous sommes loin de lui demander de rien dire en fait qui puisse préjuger, pour lui, la question générale de souveraineté sur la cote occidentale de la Mer Rouge. Ce que nous

avons demandé, ce que nous sommes flattés d'obtenir de la bonne amitié du Gouvernement anglais, c'est qu'il veuille donner, au Caire, où son autorité est incontestable, le simple conseil de s'abstenir d'un acte qui pourrait entrainer les conséquences les plus facheuses; la question de souveraineté soit à Rahéita, soit à Assab restant évidemment impréjugée. C'est sans doute un service que nous demandons à l'Angleterre, mais c'est, d'abord, un service qui ne lui coute rien et qui peut méme lui épargner, à elle aussi, l'éventualité des complications désagréables dans la Mer Rouge, ainsi que les commentaires de l'opinion publique en Italie qui n'admettrait jamais une action égyptienne non encouragée par l'Angleterre. Après l'aide désintéressée et efficace que l'Italie prete à l'Angleterre depuis deux ans dans toutes les questions qui la touchent de loin ou de près, nous avions, maintenant que l'occasion se présente pour la première fois, cru pouvoir compter sur la réciprocité. Il nous serait d'autant plus dur d'étre déçus dans notre attente qu'une fin de non recevoir, je le répète [manque] d'explication plausible. Veuillez vous en ouvrir très franchement avec lord Granville vous procurant à tout prix avec lui un entretien confidentiel.

(l) -Cfr. n. 186. (2) -T. 1382 del 31 agosto, non pubbllcato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI

D. 403. Roma, 1° settembre 1881.

Con rapporto del 24 del testè me5e scorso {l) la S. V. mi trasmetteva copia della nota che Fakhri pascià, ministro degli affari esteri, Le dirigeva per chiedere che il governo del Re, sconfessando le dichiarazioni del comandante Frigerio, porgesse a quest'ultimo precise istru :ioni di non opporsi al divisato sbarco di truppe egiziane a Raheita.

La domanda di Fakhri pascià, secondochè scorgo dal tenore della sua nota, si fonda sopra una duplice circostanza di fatto che non potrei lasciar passare inavvertita. Il ministro egiziano ricorda la memoria che il comm. De Martino scrisse il 16 maggio 1871 ed afferma che in essa si ammetteva la Sublime Porta aver nominato un mudir per le coste danakil e fatta piantare la bandiera turca su tutto il litorale fino a Raheita. Aggiunge inoltre che dopo la cessione di quella costa all'amministrazione egiziana, il governo di S. A. non tralasciò mai di mantenere in quella costa uno sceik da lui nominato e pagato per la custodia della bandiera e la sorveglianza sul territorio che dipende da Raheita.

Circa la forma di queste due affermazioni, basterà che io mi riferisca al mio dispaccio del 29 luglio (2). Siccome non posso supporre che il comm. De Martino nella sua memoria del 16 maggio 1871 (che non ho sott'occhio, non essendosene mai inviata copia al ministero) siasi discostato dal tenore delle

istruzioni ministeriali, non posso, a mia volta, che attenermi ai testo di queste, qual si legge nel dispaccio dell'on. Visconti Venosta in data 16 agosto 1870; ed ivi è detto che il tentativo di piantare la bandiera turca lungo il litorale sin nelle vicinanze di Raheita non ebbe effetto, imperocchè il capo indigeno del luogo ricusò di riconoscere l'alto dominio della Turchia, dicendo d'essere soggetto ad un capo dell'interno, il quale era, egli stesso, vassallo o tributario del regno di Abissinia.

Circa la seconda affermazione, poi, siamo in grado di dichiararla perentoriamente infondata. Nessuno tra i molti ufficiali nostri che visitarono Raheita in questi ultimi tempi, ricorda di avere mai visto ivi sventolare la bandiera turca, nè ebbe mai notizia di uno sceik che, pagato dall'Egitto, abbia colà l'incarico di custodirla. Sappiamo invece che Berehan, sultano di Raheita, il solo che esercita in quel territorio un potere riconosciuto, continua oggi ancora, come già nel 1863, a rivendicare la sua assoluta indipendenza dalla Turchia e dall'Egitto, riconoscendo solo l'esistenza di certi suoi vincoli verso un sultano dell'interno.

Ciò posto in sodo, e dimostrato così come al progetto egiziano di uno sbarco di truppe a Raheita, manchi quel fondamento che avrebbe solo potuto essergli conferito dall'esercizio incontestato e normale, in quelle località, della sua sovranità territoriale, mi preme di qui confermarle i telegrammi che circa il presente soggetto ebbi a dirigerle in questi ultimi giorni, e di manifestarle apertamente tutto il nostro pensiero a tale riguardo.

Anzitutto noi dobbiamo attribuire ad un malinteso ciò che si legge nella nota di Fakhry pascià, che cioè il comandante Frigerio abbia dichiarato che non poteva permettere lo sbarco delle truppe egiziane a Raheita, per essere questa località appartenente all'Italia. Il comandante Frigerio che conosce perfettamente quali sono le vere condizioni di Raheita ove fu più d'una volta, non ha per certo voluto far allusione che alla natura particolare dei rapporti che intercedono tra il sultano di quel luogo e il nostro possedimento di Assab. Raheita trovasi bensì oltre il limite meridionale del possedimento nostro, ma a così grande prossimità che, già per questo rispetto, non potrebbe riuscirsi indifferente lo sbarco, in quel luogo, di forze egiziane. Ma v'ha di più. Si è Berehan, sultano di Raheita, quegli che, valendosi dei suoi propri diritti, ha fatto cessione delle terre che formano la parte meridionale del possedimento di Assab; ammettere che Raheita e il suo presente distretto soggiacciano alla sovranità ottomana, è come ammettere implicitamente fin d'ora, e mentre tuttavia pende in proposito controversia diplomatica,. che anche le terre cedute da Berehan al signor Rubattino sono incluse nei dominii ottomani e comprese nei firmani che conferiscono al Kedive d'Egitto l'amministrazione del vicereame. Non possiamo inoltre dimenticare che Berehan indipendentemente dal contratto di cessione territoriale da esso stipulato, si è sempre dimostrato leale vicino del nostro possedimento, avendo anzi concordato patti di mutua amicizia ed assistenza. Abbandonarlo ora alla mercè del governo egiziano, di cui ha sempre respinto le pretese, sarebbe, da parte nostra: venir meno ad impegni che non sono meno efficaci per essere stati contratti verso un debole capo indigeno, e recare al nostro prestigio, presso quelle popolazioni, un colpo irreparabile.

Quello che ci muove a non consentire lo sbarco di Egiziani a Raheita, e ci costringerebbe, data una ipotesi che vogliamo assolutamente escludere, ad opporci anche con la forza alla effettuazione di un simile disegno, non è adunque un gratuito proposito di resistenza, e meno ancora, l'intendimento di far atto ostile verso l'Egitto. La nostra opposizione è imprescindibile dovere verso noi stessi, è necessaria condizione acciò non sia, fin d'ora e per il fatto nostro, pregiudicata quella situazione di diritto, ad Assab, rispetto alla quale ci pareva oramai essere intervenuto fra i due governi un tacito accordo, fino allo esaurimento d'una pacifica ed amichevole discussione, di nulla fare o progettare che possa menomamente alterare o turbare lo statu quo. Per poco che il governo egiziano voglia meditare queste nostre schiette considerazioni, è impossibile che egli non se ne renda perfetta ragione, e non si faccia persuaso che recedere dalla posizione da noi presa in questa circostanza, è cosa affatto incompatibile sia colla doverosa tutela dei nostri diritti, sia con le esigenze stesse della nostra dignità.

Senonché l'attuale incidente si presenta ancora sotto un altro punto di vista che pur mi preme di ben chiarire.

Il governo egiziano ci faceva non ha guarì pervenire una sua memoria (l) ove l'argomento della sovranità sopra le ·coste ove trovansi Assab e Raheita è ampiamente svolto e discusso. E poco prima il comm. De Martino, rendendo conto delle udienze avute dal Khedive, era in grado di riferirei l'assicurazione, d..'l.tagli da S. A. stessa, che la inchiesta da noi invocata, a Beilul, non sarebbe mai stata, per il governo egiziano, occasione per pregiudicare in un senso qualsiasi siffatta questione. Veniva quindi in certa guisa riconfermato quel tacito accordo che consentì ai due governi di rimanersi fino a questi ultimi tempi sul terreno di una amichevole e pacata controversia, la quale anzi per più mesi a noi poté sembrare, da parte del governo egiziano, sopita se non abbandonata affatto: l'accordo, cioè, di nulla fare o divisare, pendente la controversia, che alterasse lo stato presente delle cose. Certo è ad ogni modo che la trattazione diplomatica è ora formalmente >i.lperta per iniziativa dello stesso governo khediviale, e sarebbe affatto disforme da ogni consuetudine internazionale che, in pendenza delle trattative e senza che si attenda una nostra risposta, la quale, in materia così complessa non potrebbe essere immediata, si procedesse ad atto che turbi lo statu quo di fatto.

E neppure debbo nasconderle che se, malgrado il nostro risoluto atteggiamento, il governo vicereale dal canto suo persistesse nel voler tradurre in atto il suo divisamento d'uno sbarco a Raheita, noi non potremmo ravvisarvi un atto isolato e senza connessione con la situazione complessa di cui dovemmo in questi giorni occuparci. Noi saremmo invece condotti a coordinarlo coi non pochi altri fatti a cui dovetti far allusione in un mio recente telegramma (2). Imperocchè quando allo avere fatto partecipare nella inchiesta di Beilul quello stesso governatore di Massawa, di cui senza ambagi additavasi, in Assab e in Aden, la connivenza cogli autori del misfatto, allo avere esaurito ogni tentativo per allontanare dalla inchiesta i comandamenti inglese ed italiano, allo

avere condotto l'inchiesta stessa con procedimenti rispetto ai quali riserbiamo per ora il nostro giudizio, ma dei quali non possiamo certo dichiararci paghi, a un complesso insomma di indizii ed atti la cui serie ha già un dubbio significato, si aggiungesse ancora la improvvisa e gratuita risoluzione di creare a Raheita un fittizio fatto compiuto, noi dovremmo concludere, con vivo rammarico, che l'Egitto voglia davvero lasciarsi trascinare, non vediamo certo per quali ragioni nè con quale suo vantaggio, ad un contegno ostile ed offensivo a nostro riguardo. Questi concetti sono espressi nei miei telegrammi di questi giorni. La

S. V. si valse d'alcuni di essi in una prima nota diretta al ministro degli affari esteri, e indi nei colloqui sia col ministro stesso, sia con S. A. il Vicerè. Lasciai da ultimo a Lei la cura di apprezzare se Le convenisse di esaurire l'intero argomento in una seconda nota officiale ovvero in una memoria confidenziale da rimettere al signor ministro degli affari esteri. L'essenziale per noi è che nell'animo di codesto governo non rimanga incertezza od illusione qualsiasi circa la nostra ferma risoluzione di voler rispettato, anche a Raheita, Io statu quo attuale, e circa la grave responsabilità che esso si assumerebbe se persistesse in un disegno di cui indarno cercheremmo un plausibile motivo, mentre vediamo fin d'ora con occhio sicuro le gravi e spiacevoli complicazioni che ne deriverebbero nei rapporti tra l'Italia e il vicereame.

(1) -Non pubblicato. (2) -Recte del 30, cfr. n. 127. (l) -Cfr. n. 96, nota 4. (2) -Cfr. n. 177.
190

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 132. Parigi, 1° settembre 1881 (per. il 4).

Intrattenni ieri il Ministro degli Affari Esteri di quanto l'E. V. si compiaceva ccrivermi coi pregiati dispacci 993 e 1000 del 21 e 26 agosto (1), circa le complicazioni che le gelosie anti-italiane della popolazione operaia francese hanno di recente suscitato a detrimento dei lavoranti italiani in un sobborgo di Lione e al Creuzot.

Il Ministro si mostrò meco, in termini oltremodo cordiali, convinto della necessità di porre termine a simili manifestazioni, le quali, benché ispirate, per lo più, da bassi sentimenti d'invidiosa concorrenza, rivestono purtroppo nelle attuali contingenze un carattere più grave, politico cioè ed internazionale. Ne approfittai allora per domandargli, se non stimasse opportuno far diramare ancora, in quei centri industriali dove numerosi operai italiani si trovano in contatto quotidiano con operai francesi, delle istruzioni severissime e precise che mostrassero le autorità locali imparzialmente e fermamente risolute a reprimere qualunque dimostrazione o provocazione di quel genere. Osservai come tale provvedimento sarebbe grato al R. Governo, favorevole al mantenimento delle buone relazioni fra le due nazioni, e bene accolto da tutti quelli che hanno interesse ad impiegare i nostri operai. Facile quindi ne riuscirebbe l'ap

plicazione per mezzo di energici e allo stesso tempo conciliativi avvertimenti impartiti dalle autorità locali ai capi squadra e capi-officina nei più importanti centri industriali di Francia.

Il signor Barthélémy Saint Hilaire non esitò ad accogliere questo mio suggerimento, e mi disse a due riprese che avrebbe immediatamente scritto, insistendo in quel senso presso il suo collega dell'Interno. A suo tempo sarà mia cura di tener l'E. V. informata del seguito che il Signor Constans avrà dato alla comunicazione, che il Ministro degli Affari Esteri mi promise di rivolgergli (1).

(l) Non pubblicati.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1234. Roma, 2 settembre 1881.

I rapporti del nostro Console Reggente in Tunisi confermano ciò che già telegraficamente questi ci aveva riferito: che, cioè, istituita oramai la Commissione mista di inchiesta, il Console Britannico stima doversi dismettere ogni pensiero di indagini particolari intorno alla entità e alla responsabilità dei danni di Sfax.

V. E. conosce, mercè il carteggio che Le si viene comunicando, come tutt'altra sia, in proposito, la nostra opinione. Noi reputiamo che, indipendentemente dalla Commissione mista, sui procedimenti e sull'indirizzo della quale non possiamo guarì esercitare controllo od efficace influenza, convenga proseguire speciali investigazioni, che ci porgano, eventualmente, norma per il nostro atteggiamento nella trattazione ulteriore della vertenza. E la cosa acquisterebbe importanza anca m2.c;giore se, come parecchi sintomi già lasciano presumere, la prevalenza dell'elemento francese, nella Commissione mista, avrà per effetto di escludere o di ridurre a irrilevanti proporzioni la ricerca dei vari autori del danno.

Il Console britannico che da principio erasi mostrato volonteroso di associarsi collettivamente alla nostra inchiesta particolare, parrebbe ritenere addirittura che una simile cooperazione gli sia inibita implicitamente dalle istruzioni impartitegli circa la partecipazione di un uffiziale inglese alla inchiesta francese. Se veramente, come, per le considerazioni suesposte, dobbiamo presusumere, la cosa non da altro dipende che da una inesatta interpretazione delle istruzioni pervenute al signor Reade, ed il Governo della Regina si mantiene, invece, circa l'utilità delle particolari investigazioni da praticarsi in comune tra gli Agenti dei due Governi, nella sua prima opinione, gioverebbe che tosto si porgessero gli opportuni schiarimenti al Console britannico, in guisa che

questi sappia tosto di possedere tuttora i necessari poteri, salvo, ben inteso, a farne quell'uso cauto ed accorto che è pure nei nostri divisamenti. Sarò grato a V. E. se vorrà comunicare, d'urgenza, quanto precede a Lord Granville, e farmene conoscere la risposta (l).

(l) Alleg,ata al presente rapporto si trova la seguente a.nnotazd.one del settembre 1881: «Con riferimento al RBJpporto anteriore del lo settembre, a~pprovare 1 paJSSi fatti e autorizzare a segnar ricevuta, in termini di compiacimento della Nota del Signor B. S. Hilaire ove la circolare del Ministero dell'Interno è sostanzia:mente riassunta».

192

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

D. 1235. Roma, 2 settembre 1881.

Il dispaccio di V. E. in data del 25 agosto (3), si è incrociato col mio della stessa data (4) e relativo allo stesso argomento: il modus vivendi da noi proposto rispetto al possedimento di Assab.

L'E. V., presumendo di non poter trarre oramai migliore o più conclusiva risposta dal Governo britannico, suggerirebbe di lasciare le cose come stanno attualmente, di contentarsi del possesso e di affidarsi all'opera efficace del tempo. L'opinione di così autorevole personaggio, e così esperto nelle cose attinenti ai rapporti esteriori di codesto Impero, ha senza dubbio grave peso agli occhi miei; nè, d'altra parte, vorrei contrastare che veramente i fatti compiuti e maturati hanno, auspice il tempo, tanta virtù da mutarsi, a poco a poco, in situazioni giuridiche universalmente ammesse ed assodate. Però, nel caso speciale di Assab, sento di non potermi acconciare, con animo tranquillo, alle conclusioni del rapporto di Lei. Imperocchè, vano è il dissimularlo, nè il possesso attuale nè Io sviluppo avvenire hanno, ad Assab, garanzia alcuna per cui possano procacciarsi alcun utile titolo, infino a che duri, da parte dell'Inghilterra, un atteggiamento passivo che, negli effetti suoi, equivale a ostilità aperta.

Ma all'infuori di qu2ste, che sono, direi, considerazioni d'indole preliminare, molte altre si affacciano, essenzialmente pratiche ed impellenti, che non possono di certo sfuggire alla perspicacia dell'E. V. Non vediamo, purtroppo, in questi giorni appunto, a quali traversie, a quanto spiacevoli incidenti ci esponga la incertezza attuale della situazione in Assab? Non è egli più che manifesto che nulla sarebbe occorso di quanto ci preoccupa ora, a Beilul ed a Raheita, se fosse notorio, in quei luoghi ed in Egitto, il favore o almeno la esplicita acquiescenza dell'Inghilterra a quel nostro modesto esperimento coloniale?

V'ha ancor di più. Si aprirà in novembre il Parlamento, al quale dovremo, anche per impegno formalmente preso, rendere ragione di ciò che si è fatto e di ciò che si intende di fare ad Assab. Un quesito fondamentale, una interrogazione inevitabile e strettamente legittima sarà questa: quali sono, in ordine

(-4) Cfr. n. 174.

ad Assab, i rapporti nostri coll'Inghilterra? Se questa interrogazione, se il quesito non hanno soddisfacente soluzione, noi ci troveremo avviluppati in una inestricabile discussione, senza possibilità di ottenere quel favorevole voto che, anche astrazione fatta dalla nostra responsabilità politica e pariamentare, 'ci è indispensabile per dare all'amministrazione finanziaria e civile di Assab uno stabile assetto, in luogo di un provvisorio che non può oltre un certo termine protrarsi.

Come ben scorge l'E. V., qui si tratta di uno di quegli argomenti in cui cotanto è incompatibile la incertezza, da esserle quasi preferibile un insuccesso. Noi dobbiamo, tale è il mio fermo convincimento, insistere, anche col pericolo di provocare una spiacevole, purchè franca, manifestazione del pensiero del Governo britannico.

Ma io non posso rassegnarmi a credere che il responso di così illuminati uomini quali sono quelli che attualmente reggono la pubblica cosa in Inghilterra, debba necessariamente esserci sfavorevole. Io ammetto e rispetto gli scrupoli che fanno codesto Gabinetto esitante in tutto ciò che possa, anche solo indirettamente, e per via di remota ipotesi, apparire pericoloso per la incolumità dello Stato britannico. Ma, appunto, per acquetare siffatti scrupoli, abbiamo, a bello studio, eliminata, fin da principio, la quistione della sovranità sopra Assab e i territori che stanno al sud del nostro possedimento. E sempre per viemmeglio riaffermare questi nostri concetti, abbiamo messo innanzi il progetto, non già di un vero trattato, sibbene di un modus vivendi vale a dire di accordo inteso a regolare una situazione di fatto e che lascia onnìnamente impregiudicata la questione di diritto. Per noi la forma è indifferente; e, come già dichiarai, talmente sono leali gli intendimenti nostri, che siamo disposti ad accogliere con favore quelle qualsiasi proposte concrete che dall'Inghilterra fossero per venirci. Per noi l'essenziale è che si sappia, ad Assab come a Aden, come al Cairo, e come in ogni altro luogo opportuno, che, salva la opinione propria di ciascuno sulla quistione storico-geografica della sovranità d1 Assab, Italia ed Inghilterra si trovan:J amichevolmente consenzienti nel voler regolati in forma soddisfacente i redproci rapporti tra le autorità rispettive.

Dopo ciò è evidente elle, di fronte a così minute e caute riserve, scomparisca anche l'ultima delle preoccupazioni inglesi; che il precedente nostro possa da altri essere invocato. Non v'ha precedente là dove il diritto non solo non è riconosciuto, ma è oggetto di tassativa riserva.

Per quanto mi riesca amaro il doverlo ripetere, pure non so tacere a me stesso l'impressione che l'atteggiamento dell'Inghilterra lascia nell'animo nostro. Non ho memoria per fatto mio personale, che siasi ottenuto, dacché son Ministro, un positivo favore, e non di mera forma, da codesto Gabinetto, che pure fu prodigo delle più solenni attestazioni di compiacimento per la valida cooperazione prestatagli, in più di una recente circostanza, dalla diplomazia italiana. Oramai siamo giunti a tale che dobbiamo proporre a noi stessi la interrogazione se, dato l'eventuale bisogno possiamo, o non, indipendentemente dall'interesse proprio dell'Inghilterra, far assegnamento sulla sua amicizia.

L'E. V. ha, in Italia e fuori, quella alta estimazione che ben è dovuta a colui che ebbe operosa e splendida parte nella patria storia di questi tempi.

Se v'ha chi possa infondere, in codesto Governo, un preciso concetto di quello che sono, e debbono essere. nelle grandi come nelle piccole quistioni, i mutui rapporti fra l'Italia e l'Inghilterra, quegli è l'E. V., alla quale affido, con sicura fiducia, la trattazione di questo che, per noi è diventato ormai importantissimo argomento.

(l) -Con R. 1099;'2000 del 15 settembre, non pubblicato Ressman riferì che Granville gli aveva comunicato che il Governo inglese intendeva aspettare 11 risultato dell'inchiesta prima di esaminare se fosse necessario ricorrere ad altri procedimenti. (2) -Ed. in LV 34, pp. 87-88 con data 10 settembre. (3) -Cfr. n. 175.
193

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 135. Parigi, 3 settembre 1881 (per. il 6).

Ebbi l'onore di ricevere il dispaccio del 29 scorso Cl), relativo al tributo dovuto dalla Bulgaria alla Sublime Porta, giusta le stipulazioni del trattato di Berlino; ed in ubbidienza alle istruzioni ricevute in proposito, mi recai ieri al ministero degli affari esteri.

Dal colloquio che ebbi col direttore politico mi è rimasta ferma l'impressione che il Gabinetto francese preferisca temporeggiare, aspettare cioè che altre potenze siansi intese sull'argomento, senza tuttavia negare, anzi vantando il diritto che ha la Turchia di iscrivere quel credito nell'elenco delle sue risorse finanziarie. In pratica però l'applicazione dell'articolo IX del trattato non sembra facile al barone de Courcel, ed avrà per conseguenza di far germogliare da terra gli articoli XXXIII e XLII dell'atto di Berlino, che ascrivono a carico del Montenegro e della Serbia parte indeterminata del debito pubblico ottomano.

~ Pcu!' le Monténegro ce ne sera pas sérieux, je doute qu'on obtienne la moindre chose » disse il signor de Courcel », pour la Servi e ce sera difficile; puis viendront l'indemnité due à la Turquie, pour ce qui concerne la Thessalie, en vertu de la convention. Il est cependant évident » aggiunse, << que nous ne pouvons qu'applaudir à toute solution des questions soulevées par le traité de Berlin ».

Delle due soluzioni proposte o meglio suggerite dall'ambasciatore turco a Parigi, il Gabinetto francese preferisce quella che affiderebbe agli ambasciatori delle grandi potenze a Costantinopoli l'incarico di studiare e quindi di risolvere la questione del tributo: L'altro sistema (prediletto in origine dal signor Barthélemy Saint Hilaire, come risulta dal telegramma di questa ambasciata spedito il 15 gennaio) (2), consisterebbe nel designare una commissiona che si radunasse a Sofia ad esaminare sul luogo le risorse della Bulgaria, per poi fornire le basi dell'equa proporzione del debito pubblico ottomano, che quel principato dovrà sopportare.

Alla mia domanda se il gabinetto francese fosse stato informato delle idee di qualche altra potenza in proposito, il direttore politico mi rispose conoscere solo l'opinione della Germania; il principe di Bismarck avere anzi

già dovuto dare all'ambasciatore tedesco a Costantinopoli istruzioni di mettersi eventualmente d'accordo co' suoi colleghi rappresentanti delle potenze firmatarie del trattato di Berlino per risolvere la questione del tributo bulgaro.

La tendenza francese secondo l'espressione significativa usata dal barone de Courcel, sarebbe di adottare pure quel modo di procedere. Forse la previsione dell'accoglienza più o meno simpatica, che commissioni internazionali, nominate ad hoc, potrebbero se l'iniziativa delle trattative fosse loro affidata, incontrare a Sofia e più tardi eventualmente al Montenegro, in Serbia e in Tessaglia, non sarebbe estranea alla circospezione che anima il governo francese, la scelta di Costantinopoli quale centro dei negoziati, assicurerebbe probabilmente a questi maggiori garanzie di pronta efficacia, d'imparzialità e d'indipendenza.

Confermandole il mio telegramma di ieri (l) ...

(l) -Cfr. n. 181. (2) -Non pubblicato nel vol. XIII della serie II.
194

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 517. Madrid, 3 settembre 1881 (per il 7).

Ebbi ieri l'occasione di fare la mia prima visita ufficiale al Marchese de la Vega de Armijo, Ministro degli Affari Esteri, giunto avantieri a Madrid. Dopo avere Sl:ambiato alcune frasi cortesi, mi discorse, è superfluo io soggiunga, di sua iniziativa propria, dell'atteggiamento del Governo spagnuolo per i fatti accaduti in Roma addì 13 luglio scorso e pei susseguenti comizi contro la Legge delle Guarentigie. Non mi nascose che egli prevede attacchi violenti contro il Governo dopo l'apertura prossima delle Cortes per parte del partito conservatore liberale e segnatamente di. quello della Unione Cattolica. «Sapremo, soggiunse, difenderci strenuamente, quantunque io sia rimasto sorpreso che il Governo italiano, nella sua saggezza consueta, indotto in inganno dalla Corte di Roma, non abbia risposto alla domanda fattagli, che il trasporto della salma del defunto Papa dovesse farsi di giorno, sotto la stretta sorveglianza del Governo, con apparato di truppe e con gli onori sovrani consentiti dalla legge delle Guarentigie ». Io mi valsi per rispondere al mio interlocutore dei motivi svolti nelle circolari dell'E. V. in data del 27 luglio (2) scorso e del 24 agosto (3); dissi che la Legge delle Guarentigie e la sua applicazione è faccenda esclusivamente interna dell'Italia; che io non poteva entrare in discussione su altre risposte che avrebberosi potuto fare alla domanda firmata dal Conte Vespignani, architetto del Vaticano, quale mandatario di tre Cardinali esecutori testamentari del defuto Pontefice; credetti però soggiungere che, a mio avviso personale, una risposta nel senso svoltomi dal signor Ministro di Spagna non avrebbe conseguito alcun effetto,

perché la Curia non l'avrebbe accettata, dichiarando che non riconosce la Legge delle Guarentigie, e avrebbe probabilmente accusato il Governo del Re di non permettere, con questo pretesto, che si compiesse il volere espresso dal Papa nel suo testamento. Parvemi che questo argomento abbia prodotto qualche effetto nell'animo del mio interlocutore, perché mi ammise ch'era giusto e vero.

Il Marchese de la Vega de Armijo dissemi poi, sorridendo, che gli attacchi degli ultramontani che egli prevede, saranno tanto più violenti per la pubblicazione immediata fatta dai giornali italiani della dichiarazione del Governo spagnuolo di deplorare il linguaggio inconsulto del Cardinale Mareno; a ciò io risposi che egli non aveva motivo di malcontento per questo fatto, perché produsse in Italia eccellente effetto in tutte le classi e aumentò l'amicizia della nazione italiana per la spagnuola. Il Ministro di Stato risposemi con vivacità che è lietissimo del mio asserto, che lo compensa largamente delle difficoltà maggiori per combattere i partiti avversi. Finì il suo dire deplorando i comizi tenuti in qualche città d'Italia contro la Legge delle Guarentigie, perché questi fatti potrebbero avvivare le forze clericali in !spagna. Valendomi delle istruzioni impartite dalla E. V., risposi, che il Governo del Re li deplora egualmente, e che usa e userà d'ogni mezzo legale per assopire un'agitazione artificiale d'un'infima minoranza. Spero che il mio linguaggio possa ottenere l'alta approvazione dell'E. V.

Ho creduto dar contezza di questa conversazione all'E. V., perché a mio avviso dimostra le preoccupazioni del Ministro per la tendenza tuttora esistente in !spagna di servirsi del fanatismo religioso per iscopi politici, e ora per combattere il Governo liberale attualmente al potere (l).

(l) -T. 1389 del 2 settembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 116. (3) -Cfr. n. 168.
195

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 1063/1088. Londra, 4 settembre 1881 (per. il 6).

* Col mio telegramma n. 822 in data d'ieri (3), io ebbi l'onore d'informare l'E. V. che in quello stesso giorno io * mi era recato a Walmer Castle presso Deal (Kent) per avere un colloquio col Conte Granville " che si mostrò molto cortese e gentile con me, poiché venne egli stesso a prendermi alla stazione di Deal col suo break. Egli mi condusse tosto nel suo gabinetto di studio dove gli esposi il motivo della mia improvvisa visita. *

Dopo avergli dato lettura dei telegrammi di V. E. in data delli l e 2 corrente (4) l'uno relativo alle comunicazioni fatte dal Vice Re di Egitto al sig.

(-4) Cfr. nn. 186 e 188.

Machiavelli, * e l'altro ehe conteneva la spiegazione del telegramma antecedente di Lei al quale il Conte Granville aveva dato la risposta comunicatami da Sir Julian Pauncefote e ch'io Le trasmetteva col mio telegramma n. 819 del 31 agosto ultimo (1), * io sviluppai al nobile Lord le ragioni per le quali il Governo del Re non poteva accettare la proposta del Vice Re di far decidere la questione di Raheita sui luoghi con concorso dell'Inghilterra, e quella per cui l'Italia credeva d'avere qualche diritto di fare assegnamento sul buon volere del Governo inglese in questa circostanza. La proposta del Vice Re avrebbe avuto per effetto di sciogliere in suo favore la questione di sovranità sul territorio di Raheita contiguo ad Assab, mentre l'avevamo sempre riservata come dovendo essere oggetto di un esame disinteressato, benché riteniamo tuttora che le pretese dell'Egitto siano infondate. Io dissi che percorrendo il voluminoso Blue Book relativo all'Abissinia era facile rilevare che i Turchi, e dopo essi gli Egiziani, avevano più volte tentato di farsi padroni di tutto il litorale occidentale del Mare Rosso, ma che all'eccezione di due o tre punti isolati essi non vi erano mai riusciti ed erano sempre stati respinti e discacciati da quelle popolazioni stesse. Feci incidentalmente osservare al Conte Granville che l'occupazione fatta dagìi Inglesi della piazza di Aden si trovava in condizioni analoghe a quella di Assab per parte nostra, imperocchè non si poteva negare che i Turchi non ha guarì comandavano ad Aden, e l'Inghilterra, quand'occupò quella stazione, si era assai poco curata della loro sovranità. Soggiunsi che v'era però tra lo stabilimento inglese ed il nostro una differenza sostanziale ed era che Aden è una piazza forte di primo ordine, mentre Assab non è che una modesta stazione commerciale senza difesa. ,. Notai inoltre che l'Inghilterra che si mostra a nostro riguardo così rigorosa sui principi, trova però con essi talvolta degli accomodamenti, poiché mentre il Governo della Regina dichiarava di riconoscere la sovranità del Sultano sulla Tunisia, lasciava che quella Reggenza fosse occupata dalle truppe francesi con tutte le conseguenze che derivano da una invasione violenta *.

Lasciando poi da parte quelle considerazioni più teoriche che pratiche io domandai al Conte Granville ·se il Governo della Regina preferiva che Assab fosse occupato da una colonia di gente incivilita la quale vi formò una stazione che può dare ricovero ed aiuto ai naviganti ed ai viaggiatori europei in quelle regioni inospitali, oppure che fosse lasciato in balia del Governo egizio che non fece mai sentire la sua azione in quei paesi se non per atti di violenza e per le esazioni che avevano sempre suscitato contro di lui gli odi e la vendetta degli abitanti. Domandai al nobile Lord se egli dava la preferenza a quel Governo egiziano che mandava un Pascià a Beilul sotto pretesto di procedere ad una inchiesta per punire gli autori dell'eccidio dei nostri quattordici italiani diretti dall'infelice Giulietti, il quale Pascià non seppe o non volle scoprire i colpevoli, mentre parecchi degli assassini de' nostri connazionali si mostrano a Beilul fregiati delle spoglie delle loro vittime. * E lessi a Lord Granville il passo del dispaccio di V. E. del 25 agosto ultimo (Pol. n. 1224) (2) dove è detto constare dai rapporti nostri

«che il Comandante inglese (il quale era presente alla inchiesta e mancava, a quanto pare, d'istruzioni) divide perfettamente circa l'andamento e la conclusione della inchiesta egiziana l'avviso del suo collega italiano e sdegnosamente ebbe a respingere la richiesta fattagli dal Pascià egiziano di rilasciargli una dichiarazione di approvazione del suo operato),

Io diedi termine a queste considerazioni col .fare appello al Gabinetto britannico, a titolo di reciprocità pel concorso disinteressato ed efficace che in altre circostanze difficili l'Italia gli aveva sempre prestato, affinché usi della sua influenza per distogliere il Governo egiziano dal suo progetto di occupare militarmente Raheita mettendo così a repentaglio le sorti del nostro nascente stabilimento. Non mancai d'assicurare che un tale fatto avrebbe destato in Italia una viva indignazione ed avrebbe potuto trarre con sè le più gravi conseguenze che a tutti conveniva di evitare. Noi non chiediamo che lo statu quo attuale, e questo nostro modesto desiderio aveva qualche diritto di essere ascoltato.

Lord Granville nel corso della conversazione mi aveva già detto d'avere già in parte prevenuto il desiderio di V. E. poiché il Governo egiziano si era rivolto a lui affinché il Governo della Regina mandasse una nave da guerra a Raheita, e ch'egli senza voler mettere in dubbio i diritti del Governo del Kedive, gli aveva consigliato d'usare E'.oderazione e prudenza, e di non avventurarsi senza pensare alle conseguenze. Egli mi lasciò intendere che avrebbe rinnovato tale consiglio e secondo il modo con cui si espresse, assai meno riserbato che in altre circostanze, ho luogo di credere che si varrà della sua influenza per distogliere il Governo del Kedive da passi inconsiderati. *

Colsi quest'occasione per far leggere al nobile Lord la conclusione del dispaccio del 25 agosto ultimo, nel quale V. E. insiste nuovamente per istabilire un modus vivendi tra il nostro Commissario ad A~:sab e le Autorità di Aden. Egli mi disse d'avere comunicate a Lord Hartington le osservazioni che io aveva opposte al diniego di quest'ultimo d'accondiscendere a quel modus vivendi, ma di non averne ancora avuto risposta.

Secondo il suo solito, il Conte Granville prese nota scritta della nostra conversazione e dei documenti ch'io gli aveva comunicati.

Poco dopo questo colloquio giunse a Walmer Castle l'onorevole Gladstone, venuto a villeggiarvi per alcuni giorni. Il Conte Granville gli riferì la nostra conversazione ed io gli spiegai brevemente l'origine e lo scopo pacifico del nostro stabilimento di Assab. Gli parlai scherzando di Aden paragonato ad Assab, ed egli, a questo proposito, mi disse che i Turchi avevano bensì protestato contro l'occupazione inglese, ma che il Governo della Regina non v'aveva badato. ,~Dunque, gli risposi, Ella considera la pretesa sovranità del Gran Turco sopra una parte del globo terracqueo come quella che sì attribuiva il Papa sulle nuove terre da scoprire, quando dava alla Spagna quelle ad occidente, ed al Portogallo quelle ad oriente ». Egli si mise a ridere, e poi disse che approvava intieramente la risposta che Lord Granville m'aveva data e che sperava che tutte le difficoltà insorte rispetto ad Arc;ab sarebbero ap pianate. Mi rassicurò circa le sue buone ir~enzioni, espri"1.endo la fiducia che finiremo con l'intenderei tr" noi.

* Da tutto ciò si ha luogo di pensare che all'Egitto sarà dato seriamente il consiglio di non insistere sulle sue velleità d'occupazione militare a Raheita. Per altra parte non crederei che convenga insistere per ora onde ottenere il desiderato modus vivendi, imperocché se noi abbiamo le nostre esigenze parlamentari, il Gabinetto del signor Gladstone ha anche le sue e deve tener conto della opposizione che prenderebbe pretesto pe' suoi attacchi d'ogni menomo atto il quale significasse che il Ministero transige sul principio scolpito nella mente di qualsiasi Inglese, che l'Inghilterra cioè non deve permettere nel Mare Rosso un qualsiasi stabilimento europeo che possa portarle ombra. Sembra, d'altro lato, che sotto l'influenza dell'Inghilterra si prepari qualche mutamento importante nel reggimento dell'Egitto, e di leggieri si comprende come il Governo della Regina debba a questa posporre ogni questione secondaria, laonde sarebbe difficile per noi d'avere qualche risposta precisa e definitiva riguardo alle questioni che c'interessano parti

colarmente. Non ci resta dunque che di fare assegnamento sulle buone disposizioni a nostro riguardo che i due leaders del Gabinetto mi hanno espressa in questa occasione e di seguire con attenzione, prudenza e pacatezza lo svolgimento dei fatti per trarne il miglior partito in favore dell'Italia. *

(l) -Allegata al presente dispaccio si txova la seguente annotazione: «Approvare il linguaggio che !l R. Incaricato ha tenuto in conformità delle lstl·uzloni mlnisterlMi ». (2) -Ed. ad eccezione del brani fra asterischi e con aleune varianti in LV 34, pp. 89-90 e in l'Italia in Africa. vol. cit., pp. 203-205. (3) -T. 1395 del 3 settembre, non pubblicato. (l) -T. 1332, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 174.
196

IL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD ROLPH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1403. Aden, 6 settembre 1881, ore 14,20 (per. ore 16,50).

«Chioggia» arrivata con seguente dispaccio: «Allo stato presente riteniamo contro-inchiesta ineseguibile. Impossibile ottenere indigeni testimonianza formale. Per un colpo di mano Beilul occorre altra forza; inevitabile conflitto con egiziani attualmente sul luogo. D'altronde Frigerio ritiene oramai sarebbe senza risultato perché non può più cogliere di sorpresa gente del luogo. Quanto a Raheita, prego telegrafare se sianvi nuove complicazioni ritenendo esauriti incidenti passati».

197

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1404. Berlino, 6 settembre 1881, ore 16 (per. ore 17 ).

Plusieurs journaux ont publié hier au soir nouvelle inattendue d'une visite que le Czar ferait vendredi 9 courant à l'Empereur Guillaume à Dantzich.

17 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

Les journaux officieux en parlaient en des termes faits pour laisser planer quelque doute nommément sur le lieu de l'entrevue. Voici ce qui me résulte indirectement: l'entrevue aura lieu en effet en un petit endroit près de Dantzich; elle a été préparée par des pourparlers depuis une quìnzaine de jours; l'Empereur de Russie sera accompagné de Giers; l'Empereur d'Allemagne aura Bismarck avec lui. L'absence de Ignatieff, avec qui Bismarck aurait, selon toute apparence refusé de se rencontrer, est une circonstance qui caractérise cette entrevue. Le Cabinet de Pétersbourg a tenu à s'assurer préalablement de la présence de Bismarck, car, sans lui, toute entrevue de l'Empereur d'Allemagne avec un Souverain étranger perdrait sa valeur, et accentueraìt l'amitié des Cours, l'éloignement des Gouvernements respectifs dans le cas actuel. On a gardé un secret des plus absolus, car on est toujours en Russie sous la crainte des attentats, c'est aussi pourquoi on veut dérouter le public sur le lieu et le jour de la rencontre. Je crois que tandis qu'on parle du vendredi 9 courant, elle aura déjà eu lieu le jeudi 8. II est évident que cette entrevue a été précédée entre Berlin et Vìenne d'un échange de vues, explications amicales aptes à dissìper en Autriche tout ombrage.

198

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1412. Pietroburgo, 8 settembre 1881, ore 14,20 (per. ore 16,05).

Le voyage de l'Empereur de Russie est commenté par la presse officielle comme un acte de courtoisìe tout nature! et répondant à la dernière visite de l'Empereur d'Allemagne sur la frontiere russe en 1879. Cette entrevue d'après la meme presse doit etre considérée comme un gage du développetnent paisible des rapports internationaux et de garantie de paix.

199

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 460. Cintra, 9 settembre 1881.

Ammalato tre settimane per effetto di un colpo d'aria serale al capo, il medico non mi permise di recarmi a Lisbona neppure ad un pranzo di Corte, né quindi ebbi occasione di colloqui col Ministro degli Affari Esteri come soglio ricercarli nelle mie corse alla Capitale -allorquando havvene utilità pel Regio Servizio, ed eravi difatti dopo ave rricevuto le importantissìme comunicazioni ministeriali relative agli avvenimenti romani ed al pensiero governativo posto in rilievo da V. E. con tanta lucidità, fermezza e lealtà politica nella rimarchevole circolare dei 27 luglio (l) e susseguenti dispacci dei 3 e 24 Agosto, ai N.ri 171 (2) e 173 (3).

Avant'jeri, giorno onomastico di S. M. la Regina, fui in grado di recarmi alla vicina residenza reale di Cascais, per presentare i miei omaggi e ringraziare le Loro Maestà di essersi interessate alla mia salute ed averne chiesto notizie anche per telegrafo. Supponevo incontrare il Ministro degli Esteri a Cascais; difatti vi era, e dopo il suo ed il mio ricevimento dai Sovrani, ebbimo insieme un lungo colloquio nel suo appartamento. In tale previdenza io mi era munito dei numeri del Giornale L'Italie, nei quali sono tradotte e ben commentate le comunicazioni di V. E. e la pubblicazione della Gazzetta Otficiale.

Il signor Hintze Ribeiro dimostrò subito molta soddisfazione del nostro colloquio compiacendosi dirmi che lo desiderava e gli era grato coglierne l'occasione, sapendo che le mie sofferenze mi avevano impedito di recarmi in città.

S. E. mi disse essere ansioso di aver conoscenza esatta di diversi ed importanti fatti, non che delle circolari di V. E., delle quali avea letti commenti non italiani, senza conoscerne il testo.

Risposi che, sebbene le mie istruzioni m'imponessero di escludere officialmente qualunque discussione in proposito, però come semplice colloquio (causerie) fra due Governi e Paesi amici quali l'Italia ed il Portogallo -i di cui intimi rapporti già furono utilissimi nelle quistioni vaticane -non solo ero pronto a constatar fatti e s'chiarire dubbii, ma ad offrire a S. E., non come comunicazione diplomatica, ma per sua norma particolare, il testo dei documenti italiani; infatti glieli rimisi staccati dal Giornale L'Italie, e conformi all'originale italiano.

Il signor di Hintze Ribeiro me ne ringraziò e li ritenne anche per sottoparli al Suo Sovrano che prende sempre il maggior interesse all'Italia. Soggiunsi al Ministro portoghese che dopo l'ultimo colloquio seco lui a Lisbona e successivamente alle mie comunicazioni officiose dei telegrammi di

V. E., nel quale Egli si mostrò meco molto riservato nelle sue parole, io aveva di poi saputo esattamente in altro modo ed informatone il mio Governo (mio rapporto n. 457; Politica) ( 4) il suo linguaggio più espliicto e le apprezz.iazioni governative portoghesi circa gli avvenimenti romani e circa le comunicazioni della Santa Sede a Lisbona, nonché il modo corretto e coll'espressione di voti amichevoli verso l'Italia, nel quale il Portogallo aveva a priori considerata la situazione politica tra l'Italia ed il Vaticano, come questione politica d'ordine puramente interno e la Legge della Guarentigie come posta sotto la salvaguardia e l'onore della nazione italiana e come omaggio spontaneo reso al Sommo Pontefice.

Il Ministro degli Affari Esteri disse che tale era difatti la sua opinione officiale e particolare, deplorando pur sempre e molto l'accaduto e le sue conseguenze.

(-3) Cfr. n. 160. S. -E. mi prego m seguito di rispondere ad alcune sue domande fondate su asserzioni e dichiarazioni precedentemente ricevute a Lisbona e sopra impressioni penose !asciatele dall'ultima Enciclica Papale.

Le asserzioni e dichiarazioni vertono sul supposto fatto: l o che successivamente alla prima partecipazione del Vaticano del trasporto della salma Pontificale nella notte senza pompa, con pochi divoti e poche carrozze, il Governo del Re ne abbia ricevuta una seconda nella quale veniva informato che l'accompagnamento di persone e carrozze sarebbe numeroso e solenne; 2° che le grida sediziose di «Viva il Papa-Re», e le provocazioni clericali non sono verità e tutto il corteggio erasi mantenuto nei limiti della preghiera e della convenienza.

Risposi che, oltre alla voce autorevolissima del Ministro che ha l'onore di dirigere la politica estera italiana e le sue esplicite circolari note ormai Urbi et Orbi, gli organi della stampa italiani anche i più ostili al Ministero attuale hanno proclamato il fatto contrario, riprovando altamente grida e provocazioni, e quanto alla prima domanda, soggiunsi, che la parola di un Governo, di quello italiano quanto altro qualsiasi, e la sua azione pendant et après gli avvenimenti romani non lasciavano dubbio che se avesse ricevuto la seconda partecipazione del Vaticano, sarebbe stato suo maggior interesse e suo vivo desiderio di prendere le misure necessarie onde prevenire l'accaduto.

Il signor Hintze Ribeiro mi chiese pure se era vero che il Questore di Roma era stato destituito, il che darebbe in certo modo motivo di supporre che le autorità italiane non hanno fatto il loro dovere. Risposi che il signor Bacco non fu destituito, ma temporaneamente sospeso (almeno lo avevo letto nei giornali) ma ne ignoravo la cagione. Ciò può essere, soggiunsi, non perché abbia mancato al suo dovere durante l'accaduto, ma forse perchè i Direttori Generali di Polizia debbono saper molto anzi tutto coi molti mezzi che hanno, ed egli forse non seppe abbastanza in tempo quanto si premeditò e quanto doveva accadere. Del resto, che erano queste semplici mie supposizioni, ma ripetendo sempre che se il Governo fosse stato informato del solenne e numeroso trasferta, ne avrebbe certo tenuto buon conto.

Dalle spiegazioni date nella nostra causerie mi è sembrato e diverse parole di risposta mi autorizzano a crederlo, che il Ministro portoghese sia bastantemente persuaso che il Governo del Re abbia agito ed agisca con fermezza e lealtà, deplorando pur sempre, come ognuno deplora, i fatti occorsi e le loro conseguenze.

In quanto all'esser questione esclusivamente d'ordine interno italiano i rapporti tra l'Italia ed il Vaticano, il Ministro non mi lasciò dubbio della sua opinione conforme a quella del R. Governo.

Il signor Hintze Ribeiro mi fece una domanda finale, relativa ad un periodo della recente Enciclica Papale -aver cioè ricevuto penosa impressione nel leggere che il Santo Padre Leone XIII constatando il pericolo manifesto, dopo l'accaduto alla spoglia mortale del suo predecessore di esser esposto a grida od a insulti, qualora uscisse dal Vaticano e percorresse Roma, abbia fatto puranche allusione all'eventualità di altri Governi o di altri sistemi in Italia, dai quali la Sovranità o la sicurezza del Sommo Pontefice sarebbero rispettate e

coi quali sarebbe più facile trovarsi d'accordo. «Ciò vuol dire, soggiunse il signor Hintze Ribeiro, che anche la repubblica sarebbe ben venuta in Italia pel Vaticano purchè si trovasse d'accordo con esso».

Il tema era scabroso, ardua la risposta. Dissi, anzitutto, che in fatto di allusioni ed interpretazioni individuali, il campo era grande né mi arrogava certo di far commenti. Quanto potevo asserire al mio illustre interlocutore era la mia convinzione assoluta come Ministro di Sua Maestà e come privato con lunga esperienza d'Italia, che se Sua Santità si decidesse ad uscire dal Vaticano e percorrere Roma, non soltanto sarebbe immune da ogni pericolo, ma sarebbe rispettato e venerato al suo passaggio come Supremo Gerarca della religione e questa mia convinzione essere divisa, a mio credere, dalla quasi universalità degli Italiani.

Quanto alle aHusioni ed interpretazioni dell'Enciclica su altri Governi ed altri sistemi, che se ne sperda perfino l'idea, risposi al signor Hintze Ribeiro; e che bisognava ben distinguere la personalità papale venerabile e venerata sempre, dal partito clericale e retrogrado possente ognora nel Vaticano e di cui il Portogallo, fortunatamente per esso, non ha traccia (già lo accennai a V. E. nel mio ultimo dispaccio sulle elezioni). Che in Italia questo partito propriamente detto, da non confondersi mai con quello conservatore e religioso, è partito che vorrebbe tutto disfare a suo prò.

Qui unita una lettera particolare per V. E. (1).

(l) -Cfr. n. 116. (2) -Non pubbllcato. (4) -Cfr. n. 168, inviato a Lisbona con protocollo 173.
200

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 142. Parigi, 10 settembre 1881 (per. il 14).

* Come ebbi l'onore di telegrafarlo all'E. V. il 5 corrente, (3) * il Direttore politico al Ministero Affari Esteri mi confidò, che nel mese di luglio scorso e più precisamente all'occasione dell'inchiesta sul massacro della spedizione Giulietti e degli incidenti che ne nacquero fra l'Italia e l'Egitto, il Governo Khediviale .aveva dato al Gabinetto francese, comunicazione della corrispondenza scambiata col sig. De Martino relativamente ad Assab. Con tale comunicazione l'Egitto avrebbe mirato, secondo il sig. Courcel, a cattivarsi l'adesione della Francia alle sue pretese di estendere la sovranità territoriale fino al Capo Hanouf (sic!) e a condurla forse ad appoggiare i suoi disegni intorno ad Assab.

Il mio interlocutore aggiunse che, benchè Obok non abbia per la Francia l'importanza di Assab per l'Italia, e benchè quel possesso dati da un'epoca assai più remota, il Gabinetto di Parigi considera tale questione in senso

favorevole ai nostri interessi, coi quali concordano gli interessi francesi, * e seguitò esprimendo il pensiero che l'influenza dell'Inghilterra sia lungi dall'essere estranea all'atteggiamento dell'Egitto.

Approfittai della circostanza per interrogare il sig. Courcel sulla situazione militare del Vice-Reame, ma egli si mostrò meco più che riservato. Rispondendo ad una mia domanda disse soltanto ignorare le idee in proposito dell'Inghilterra, la quale da parecchi mesi in qua si era tenuta alquanto in disparte nelle varie questioni che riguardano quel paese, e conchiuse osservando che l'Italia «aurait bien tort d'abandonner la partie de ce coté ~ ove coll'opera di uomini eminenti ha già reso si insignì servigi alla civiltà, segnatamente nella riforma dell'amministrazione giudiziaria. *

(l) -Non pubblicata. (2) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 34, p. 90 e in l'Italia in Africa vol. cit., p. 207. (3) -T. 1399, non pubblicato.
201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1270. Roma, 11 settembre 1881.

Dai documenti che Le si vengono comunicando circa la questione d'Assab, l'E. V. ha potuto scorgere per quali fasi essa sia giunta allo stadio attuale, e in che precisamente consistano le difficoltà, d'indole diplomatica, a rimuovere le quali ci stiamo adoprando.

Questa è, per sommi capi, la situazione. Agli occhi nostri, e secondochè ci sembra di avere dimostrato con quella chiarezza che, in difetto di documenti positivi ed irrefragabili, per noi si poteva maggiore, il territorio di Assab per legittimi acquisti, ai quali tenne, dicono, un pacifico decennale possesso, è oramai spettante alla Sovranità italiana. L'Egitto, dal canto suo, non ha mai formalmente rinunciato a sostenere la tesi opposta: spettare, cioè, quel territorio, come la intera costa fino al capo Guardafui, alla sovranità ottomana, ed essere stato conceduto alla amministrazione egiziana per effetto dei firmani del 1866 e del 1873; bensì sembrava aver desistito, nel fatto, da ogni ulteriore opposizione, fino a questi ultimi tempi, quando, con una memoria dello scorso giugno, rinnovò, con un corredo di numerose citazioni, le sue anteriori pretese. Infine, l'Inghilterra, dal cui atteggiamento dipende essenzialmente quello dell'Egitto, dichiara di associarsi, a titolo di semplice opinione, alla tesi egiziana; ma nel concreto, tiene un contegno di astensione: non osteggia il n~?stro stabilimento, segnatamente dopoché il ministero Whig, venuto lo scorso anno al potere, prestò fede alle nostre schiette dichiarazioni; nè finora si è determinato, benchè lo faccia sperare, ad accettare la proposta nostra per un modus vivendi, che, riservata la quistione di diritto, ci consenta, nel fatto, di poter far assegnamento sulla benevola corrispondenza delle autorità britanniche.

In tale stato di cose, e mentre siamo alla vigilia di dover trattare, innanzi alle Camere, della quistione di Assab, ci è opportuno di ricercare altrove quella

base sicura che finora indarno ci lusingammo di rinvenire in un modus

vivendi coll'Inghilterra; e questo è, per lo appunto, l'oggetto del presente mio

;'l

dispaccio.

l

Già riesce malagevole all'Egitto la dimostrazione, cui si è accinto, della sovranità ottomana sopra Assab. Ma, se dovesse ancora dimostrare ciò che ha pur affermato, che, cioè, quel territorio, soggetto alla dominazione ottomana, fu attribuito alla amministrazione vicereale, la confutazione sarebbe facile e immediata. Imperocchè i firmani del 1866 e del 1873 hanno concesso al Khedivé la investitura per le sole caimacamie di Souakim e di Massawa; nè questa seconda, per quanto la si voglia protendere verso il sud, si potrà mai far giungere fino ad Assab. Per il quale territorio sarebbe stata, quindi, necessaria una investitura speciale, come quella che l'Egitto ottenne per gli scali, fuori del mar Rosso, di Tugiurra, Zeila e Berbera. La Sublime Porta, anche nella ipotesi (che noi impugniamo) della sua antica e non più esercitata sovranità sopra la costa in cui è Assab, potrebbe adunque, oggi, concederne liberamente all'Italia l'amministrazione perpetua, o per indeterminato periodo, aggiungendo, così, al titolo che già ex jure nostro stimiamo di possedere, un altro titolo, ancorché ipotetico e sovrabbondante, contro il quale, nè l'Egitto, nè altra potenza potrebbe elevare abbiezione veruna.

Questo concetto ha, però, un lato delicato assai, di cui non possiamo dissimularci la effettiva importanza. Qualunque sia per essere, sul terreno diplomatico, la soluzione della questione di Assab, è indubitabile che l'avvenire del nostro possedimento dipenderà pur sempre, praticamente, dalle disposizioni dell'Inghilterra. Ma a noi sembra che questa non potrebbe guarì veder di mal occhio la effettuazione del suaccennato progetto, il quale, fondandosi sopra un atto formale del Sultano, escluderebbe che il precedente nostro possa essere susseguito da fatti consimili da parte di altra potenza in cui l'Inghilterra, nell'interesse dei suoi possedimenti orientali, abbia fiducia minore di quella che in noi ripone.

Io vorrei che l'E. V. si accingesse tosto a indagare questi elementi varii del problema, e mi facesse indi conoscere, circa l'idea qui enunciata, il suo parere. In quanto concerne gli intendimenti personali del Sultano, io penserei che, mentre finora la Sublime Porta si è mostrata fredda e indifferente per tutto ciò che spetta ad Assab, dovrebbe scorgere nel nostro desiderio l'occasione non già di un sacrifizio di verun suo materiale ed effettivo interesse, ma piuttosto di un vantaggio, per l'implicito riconoscimento, sia pure ipotetico, di un suo diritto di eminente sovranità sopra territori ove da secoli non esercita giurisdizione od autorità qualsiasi.

D'altronde il consenso di S. M. Imperiale potrebbe essere, eventualmente, reso più facile, quando si sapesse, in luogo opportuno, che il R. governo sta per prendere, a suo riguardo, l'iniziativa, presso S. M. il Re, di una altissima onorificenza, la quale potrebbe anche avere naturale connessione con un Suo atto di benevolenza, che sarebbe da noi, nelle presenti circostanze, singolarmente apprezzato e gradito.

Per le considerazioni d'indole parlamentare, che già trovansi svolte nel mio carteggio col R. ambasciatore in Londra, amerei che, data la possi

bilità di una favorevole soluzione, l'E. V. cercasse di affrettarla quanto più sia possibile, e prima che ad altri governi ne venisse notizia. E già, fin d'ora, d'ogni officio che Ella sarà per fare, a questo riguardo, Le porgo anticipate e vive grazie.

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, E AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIAVELLI (l)

D. Roma, 11 settembre 1881.

Mi pregio di qui accludere copia di un dispaccio (2) che, sotto l'impressione dei casi sopravvenuti or ora in Egitto, ho stimato di rivolgere senza indugio ai R. Incaricati d'Affari a Parigi ed a Londra. Ella potrà così desumerne agevolmente quali siano i nostri concetti, quali i nostri intendimenti di fronte ad una situazione di cui sarebbe vano dissimulare la gravità e l'importanza.

Mi preme però che l'animo mio Le torni esplicitamente chiaro e scevro da ogni dubbiezza; in guisa, sopratutto, che, qualora il nostro pensiero, o fosse costi conosciuto, o avesse un principio di esecuzione, non sia oggetto di erroneo apprezzamento.

Noi siamo ben !ungi dal voler provocare, in Egitto, un intervento qualsiasi.

Sarebbe anzi no"stro vivo desiderio che ogni difficoltà interna, nel vicereame,

potesse comporsi senz'altro, e fossero così le Potenze dispensate dall'occuparsi

di ciò che ivi possa accadere. E neppure vorremmo che fosse stimato necessario

l'intervento della Sublime Porta, benchè questo non possa, a stretto rigore,

considerarsi come una intervenzione straniera.

Ma ci parve, d'altra parte, cauto ed espediente di non negligere l'ipotesi

in cui, malgrado ogni nostro sforzo, malgrado l'evidenza delle complicazioni

che sarebbero per derivarne, alcuna Potenza estera stimasse indispensabile

l'intervento straniero.

In relazione con questa ipotesi ci sembrò opportuno e urgente di mettere

innanzi le considerazioni per le quali l'azione concorde dell'Italia costituirebbe

quasi un rimedio della vulnerata dottrina, ed una efficace garantia della

temporaneità di quei provvedimenti che, in Egitto, fossero per reputarsi di

necessità ineluttabile. I nostri concetti non altro sono adunque, che la espres

sione di un convincimento profondo, e vorremmo che essi fossero in ogni caso,

presso codesto Governo, l'oggetto di amichevole e imparziale giudizio.

Starò, intanto, in attesa che i telegrammi di Lei mi facciano conoscere le

fasi .successive di una situazione che si presenta finora con la più grande incer

tezza di carattere e di tendenze.

(l) -Ed. con qualche variante in LV 35, p. 3. (2) -Cfr. n. 203.
203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, E A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. Roma, 11 settembre 1881.

Pervennero in questi ultimi giorni dall'Egitto notizie di cui sarebbe vano dissimulare la gravità.

Una rivolta militare, di cui non riesce facile apprezzare il movente e lo scopo, ha imposto al Kedivé, secondo le indicazioni sommarie che finora si hanno, non solo un mutamento di ministero, ma altresì un nuovo indirizzo dì governo e di pubblica amministrazione. Dal canto suo il Kedivé, mentre, impotente a dominare siffatta ribellione alla sua legittima autorità, cedeva alla forza, avrebbe, per quanto si assicura, invocato il soccorso armato della Sublime Porta.

Prematuro sarebbe qualsiasi giudizio o pronostico circa lo svolgimento probabile di una situazione, che apparisce, finora, oscura tanto da lasciar luogo ai più disparati commenti. Però un fatto non è dubbio: le sorti del vicereame soggiacciono in questo momento ad una crisi piena di pericoli per il presente e per l'avvenire.

Sarebbe impossibile per l'Italia andare incontro ed assistere silenziosa ed indifferente a prevedibili avvenimenti che potrebbero modificare la condizione politica del governo egiziano. Essa non può venir meno ai doveri che le sono imposti, sia come potenza mediterranea e segnataria del trattato di Berlino, sia come naturale tutrice dei rilevantissimi interessi nazionali in Egitto.

Nostro desiderio, nostro voto -giova tosto e senza riserva dichiararlo è questo solo: che il Governo del Vicerè, superata la difficile prova, trovi nel paese stesso, col favore e colla benevola assistenza dell'Europa, le sorgenti della propria forza, in condizioni di normale e indipendente esistenza (salvi beninteso i vincoli che per Trattati lo legano alla Sublime Porta), si che gli interessi delle colonie straniere abbiano efficace garantia di protezione e di libero svolgimento.

Fin dal primo annunzio dei fatti del Cairo, e prima ancora che dal pubblico si spargesse notizia dell'appello diretto dal Kedivé alla Sublime Porta, fu accennato alla contingenza di un intervento armato di potenze straniere. Noi manifestiamo senza esitanza la nostra opinione che un simile rimedio, indipendentemente da ogni altra obiezione, ci sembrerebbe assai pericoloso, segnatamente nello stato di eccitazione a cui negli ultimi tempi è giunto il sentimento musulmano in alcune contrade dell'Africa, ~ dove l'incendio, che già divampa largamente, impensierisce con ragione quanti avevano fede nei progressi lenti, ma sicuri, di una azione pacifica della civiltà. * Conviene adunque esaurire ogni sforzo per risolvere la questione egiziana mercè un atteggiamento concorde, da parte almeno delle tre grandi potenze aventi in Egitto la maggior somma di interessi, il quale escluda la necessità del ricorso alla

ragione estrema di una intervenzione armata. Epperò noi sentiamo il debito di dichiararci pronti, verso l'Egitto, a prestare assieme colla Francia e coll'Inghilterra, entrambe, come noi, potenze mediterranee, la nostra disinteressata cooperazione per aiutare, con la azione collettiva dei tre governi, l'autorità vicereale a superare le difficoltà interne che la travagliano, ed a preservare, cosi, il paese dalla occupazione militare per opera di qualunque straniera potenza.

* Questo essendo il vero e precipuo nostro proponimento, non rimarrebbe, quando esso fosse comune ai gabinetti ai quali ci rivolgiamo, che concertare i mezzi e le forme di un'azione comune; nè di altro converrebbe occuparsi.

Importa nondimeno prevedere ogni eventualità, per quanto contraria a' nostri voti. *

Potrebbe avvenire, malgrado la saldezza dei propositi e la energia del concorso, che l'azione morale, benchè concorde e risoluta delle potenze, riesca insufficiente di fronte ad una situazione forse troppo pregiudicata. In tale ipotesi sorgerebbe un'altra necessità, quella di circondare l'occupazione militare di condizioni e garantie della sua temporaneità ed innocuità, tali cioè che ne limitassero la durata al ristabilimento del Governo egiziano in condizioni normali.

* Nell'una e nell'altra ipotesi è di tutta evidenza che, qualora gli eventi rendessero inevitabile una azione della Francia e dell'Inghilterra, in questo senso, le medesime non potrebbero porgere dimostrazione migliore e più convincente del loro disinteresse nel proteggere l'Egitto contro le minacce dell'anarchia e del loro rispetto per i diritti della Sublime Porta sanzionati nel trattato di Berlino, che associando all'opera propria quella dell'Italia. Imperocchè, tra le potenze che a Berlino rfconfermarono l'impegno di voler preservata l'integrità dei dominii ottomani, l'Italia, non meno delle due altre, dalla sua posizione geografica e dai grandi interessi nazionali in Egitto vedesi chiamata a partecipare ad una eventuale missione pacificatrice, senza altro scopo che quello di aiutare un paese amico a superare una crisi delle più pericolose e tale da suscitare seria minaccia alla sua indipendenza, da esercitare funesta influenza sul suo avvenire, e da creare nuove cagioni di diffidenze e di complicazioni tra le potenze d'Europa. *

In quest'ordine di concetti, laddove in essi consentissero i gabinetti di Parigi e di Londra, diverrebbe opportuno uno scambio d'idee tra i tre gabinetti e la Sublime Porta per esaminare quali espedienti debbano adoperarsi affine di evitare od almeno allontanare l'eventualità di qualsiasi occupazione armata, e se, questa rendendosi indispensabile, sia da preferire la temporanea presenza in Egitto di un corpo di truppe ottomane, che a rigore forse non potrebbe qualificarsi un vero intervento, * e probabilmente non incontrerebbe resistenza nel paese; * beninteso previi opportuni accordi con la Turchia affine di assicurare il mantenimento di tutte le riforme ed i civili progressi nell'Egitto ed il rispetto di tutti i diritti e legittimi interessi delle nazioni europee. Questa forza ottomana sarebbe destinata ad essere utile ausiliaria all'azione pacificatrice ed alla morale cooperazione delle tre potenze mediterranee (1).

* Soltanto qualora, nè il primo, nè, in caso di necessità, il secondo modo di risolvere le presenti difficoltà egiziane riunissero il concorde assentimento, e il concetto di una occupazione militare apparisse fisso e irrevocabile da parte della Francia o dell'Inghilterra, o di entrambe, in questa sola estrema ipotesi, che, in quanto ci concerne, noi vorremmo esclusa, sarebbe da considerare se, nell'interesse dell'Egitto, della Turchia e delle stesse potenze, non sia preferibile, come il minore dei mali, all'azione coattiva di uno solo o di due stranieri governi, un'occupazione mista temporanea, il cui effettivo fosse strettamente corrispondente al bisogno, formato di contingenti somministrati rispettivamente dalle tre potenze, e possibilmente col concorso della Turchia. In sìmil caso dovrebbe determinarsi espressamente lo scopo del provvedimento, cioè il ritorno dell'Egitto e dell'autorità kediviale in condizioni normali e sicure.

Mi giova insistere che quest'ultima soluzione ne' nostri intendimenti non è desiderata, nè ammessa, ma considerata unicamente come un correttivo di una occupazione straniera, che dovesse effettuarsi in opposizione ai nostri voti, e nel solo scopo di renderla men pericolosa nell'interesse di tutti. *

Queste non sono, per ora, che semplici previsioni in rapporto alle quali abbiamo schiettamente delineate le nostre legittime preoccupazioni, e manifestato il nostro pensiero intorno ai mezzi da studiarsi per evitare o almeno diminuire i temuti mali. Ma dipende dalle circostanze l'opportunità di doversi procedere ad accordi concreti, intesi a coordinare l'azione morale e l'assistenza collettiva da prestarsi, in comune, dalle tre potenze all'Egitto, in guisa da circondare l'autorità del Vicerè delle condizioni necessarie a dar forza al suo governo e funzione regolare alla amministrazione egiziana, mantenendo intatta la sua condizione politica nei rapporti colla Sublime Porta.

Per altro, qualunque sia per essere l'opinione dei gabinetti di Parigi e di Londra, l'Europa sarà giudice del nostro obbiettivo affatto disinteressato. Essa riconoscerà che, in faccia al pericolo di gravi e forse prossimi avvenimenti, noi abbiamo adempiuto al nostro dovere, attestando la nostra sollecitudine a prevenire ogni alea di eventi, e che miriamo a scopo praticamente ed essenzialmente utile all'Egitto, al quale altresì si connettono la più sicura conservazione dell'integrità dell'impero ottomano ed il rispetto dei trattati esistenti.

* Elevandosi obiezioni ad escludere la pratica attuazione dei nostri concetti, noi ci troveremmo, almeno, esonerati da ogni responsabilità delle complicazioni e difficoltà che assai probabilmente si produrrebbero, e della incertezza dell'avvenire a detrimento della causa della pace e dei buoni rapporti fra i grandi Stati dell'Europa.

In tal caso a noi incumberebbe, insieme con la riserva della piena libertà dei nostri apprezzamenti, lo scrupoloso adempimento di un'altra missione strettamente doverosa, quella di consacrare ogni più scrupoiosa cura a preservare l'integlità dei nostri diritti nella nuova situazione dell'Egitto, e ad ottenere tutte le desiderabili e necessarie garantie per la efficace protezione degli interessi della numerosa colonia italiana nel vicereame. *

La S. V. non dovrà, per ora, fare veruna proposta formale. Con la scorta del presente dispaccio, vorrà tenere un linguaggio preciso, per cui si faccia palese ed aperto, a codesto signor ministro degli affari esteri, l'animo nostro.

* Mi riservo anche di autorizzarla, se lo svolgersi degli avvenimenti lo comporterà a rilasciarne copia, richiedendo una risposta egualmente precisa che ci faccia chiaramente conoscere gl'intendimenti del Governo, presso il quale Ella è accreditata, essendoci pegno di benevolo apprezzamento, quali ne siano pèr essere le decisioni, il senno elevato e liberale degli uomini che reggono in codesto paese la pubblica cosa. *

Di questo dispaccio Le porgo telegraficamente un sommario preavviso (1).

(l) Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 1-2.

(l) In LV 35 «delle Potenze».

204

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2872. Berlino, 11 settembre 1881 (per. il 18).

Je me réfère au télégramme que j'ai eu l'honneur d'adresser à V. E. en date du 6 (2) pour annoncer la prochaine entrevue de l'Empereur Guillaume et du Czar, laquelle a eu lieu en effet dans la journée d'avant hier. La première idée de cette rencontre revient à Alexandre III qui cherchait depuis son avènement l'occasion de se rapprocher de l'Empereur d'Allemagne son grand-oncle. Dans la crainte des attentats, le plus grand secret a été observé dans !es pourparlers préparatoires qui avaient aussi pour objet de s'assurer préalablement de la présence du Prince de Bismarck, car sans lui toute visite entre son Souverain et un Prince étranger perdrait de sa valeur et accentuerait, malgré l'amitié des Cours, l'éloignement des Gouvernements respectifs. Il est évident d'un autre còté qu'il s'est fait en temps voulu entre Berlin et Vienne un échange d'explications aptes à dissiper autant que possible en Autriche tout ombrage. Il fallait tant bien que mal y donner quelques raisons plausibles des marches et contre-marches du Chancelier pramateur en 1873, de l'alliance des trais Empereurs, qui virait de bard en 1879 en allant chercher une alliance plus particulière à Vienne, et qui fait mine de revenir maintenant à !.a Russie après lui avair presque taurné le dos depuis le Congrès de Berlin. Le Prince de Bismarck a-t-il le sentiment de tenir désormais l'Autriche suffisamment dans sa sphère d'action en sorte qu'elle ne puisse se saustraire au ròle qu'il lui a assigné en l'engageant en Orient camme Puissance ennemie au rivale de la Russie? Vaudrait-il renfarcer la pasitian de l'Allemagne en isalant toujaurs plus la France si elle canfiait un jaur san sort à M. Gambetta qui persannifie la revanche? Avec son savair faire, il compterait bien s'assurer le ròle d'arbitre dans la cambinaisan à trais. Quaiqu'il en sait, le Cabinet de Vienne aura dù éprauver quelque cantrariété de la visite à Dantzich, lars mème qu'il se gardera bien de trahir le fand de sa pensée. Au reste paur mieux l'amadauer, an lui aura pramis d'ici d'agir auprès du Czar paur couper caurt aux menées pans

202 lavistes dont o n suit·les traces en Gallicie, et dans l es Provinces Méridionales de la Monarchie des Habsbourg.

Ce sont là des suppositions qui se rapprochent peut-etre de la vérité. Que s'est-il passé à l'entrevue? Sur quels sujet ont roulé les entretiens entre les deux Souverains, et surtout entre le Czar et le Prince de Bismarck. Comme aucun de ces personnages n'a rien révélé, le conjectures se croisent d'un bout à l'autre de l'Europe. C'est l'éternelle histoire: on ne sait rien et on suppose tout. Au surplus, le Chancelier ne livre pas le secret de ses combinaisons. Il en poursuit la réalisation à sa manière, sans se piquer de fidélité aux amitiés dans ses évolutions extérieures ou intérieures. Il ne connait ni préjugés, ni scrupules quand, en les secouant, il croit mieux servir les intéréts de son Roi et de son Pays.

Il est donc assez malaisé de déchiffrer l'énigme de Dantzich. On en est rédu'.t aux suppositions qui semblent les plus vraisemblables. La version officielle transmise aux représentants russes à l'étranger n'est en quelque sorte que de la mannaie courante. Il va de soi que la politique a eu une large part dans la conversation, qui a dur8 une heure et demie, entre l'Empereur Alexandre et le Ptince de Bismarck. Les meilleures assurances de bon vouloir auront été échangées pour une entente préalable dans les questions qui pourraient surgir. Mais camme la Russie a chez elle des affaires assez sérieuses et des préoccupations assez vives pour ne pas s'occuper en première ligne des complications extérieures qui n'ont pas un intérét immédiat, le Prince de Bismarck avait un thème tout trouvé pour ses raisonnements. Et cela d'autant plus que la Russie et l'Allemagne ont un ennemi commun à combattre qu'il s'appelle nihiliste socialiste ou démagogue. Ils visent tous au renversement de la Monarchie et de l'ordre social. Leur travail, là camme partout quoique sous des formes et dans des conditions différentes, c'est la lutte entre l'esprit révolutionnaire et l'esprit de réforme. Pressé de toutes parts le Gouvernement russe, entre autres, a son choix à faire, et il ne pourra vaincre ou décourager les complots qu'en cherchant une force nouvelle dans une politique de sérieuse et efficace réformation dont on ne peut d'ailleurs se dissimuler les difficultés au sein d'un si vaste et incohérent Empire.

Sur ce chapitre camme sur les agitations du Panslavisme, le Chancelier aura certainement fait entendre de sages conseils à un Prince animé des meilleures intentions, mais d'un caractère indécis et apathique.. Il aura cherché, camme il le faisait avant 1864 avec son propre Souverain quand celui-ci-croyait que tout s'effondrait autour de lui, à relever le courage de l'Empereur A1exandre III. Camme il est assez de mode ici de voir la main d'un polonais dans toute conspiration, Son Altesse n'aura pas manqué d'inoculer la méme défiance dans l'esprit de Son Auguste interlocuteur. Il l'aura mis en garde contre toute allure aventureuse préchée par les Aksakow et le Katkow. Quoique le Général lgnatiev soit très bien placé en Cour et parmi les conseilleurs de la Couronne, son nom n'aura pas été prononcé, et s'il ne faisait pas partie de la suite impériale, c'était certainement parce qu'on se sera rendu compte que le Prince de Bismarck aurait, selon toute apparence, refusé de se rencontrer avec lui. Il

ne serait meme pas étrange que le Général Ignatiev reçut quelque atteinte de

ce que chacun paraissait l'ignorer dans cette rencontre.

Que faut-il conclure? Les deux Empereurs ont visiblement voulu donner par leur entrevue un éclatant démenti aux bruits qu'avec la mort d'Alexandre III l'amitié des Cours du Nord ne tenait plus qu'à un fil. Il est vrai qu'en dehors de la cordialité personnelle des Souverains, la situation ne reste pas moins avec ses complications d'intérets de passions et d'ambitions. Il n'est point douteux qu'en Russie le sentiment national n'est pas favorable aux allemands. On ne leur pardonne pas le ròle qu'ils ont joué à certains moments dans la dernière guerre, l'influence qu'ils ont eue sur le dénouement. Les Allemands ont également des griefs et des antipathies très prononcés contre les Russes. De còté et d'autre, il existe un courant d'opinion publique contre lequel il est difficile au Gouvernement de lutter avec succès.

Au reste nous pourrons juger des résultats de l'entrevue par la conduite politique qui sera adoptée par l'Empereur Alexandre dont le programme, jusqu'ici du moins, restait, camme on le prétendait à Berlin, dans un vague qui donnait beau jeu à ses adversaires.

En attendant, les prédilections, ou je me trompe fort, sont conservées par l'Allemagne à l'Autriche. Nous ne devons point le perdre de vue, pas plus que le sentiment qui se manifeste à Berlin camme à Vienne et à St. Petersbourg de serrer les rangs pour maintenir le prestige de la Monarchie contre les apòtres des doctrines dissolvantes du nihilisme, du socialisme et de la démagogie.

Il appartient à l'Italie dont la constitution a été accueillie partout camme un élement non seulement de paix mais d'ordre général de s'associer à ces vues des Cours du Nord.

(l) -T. 814 del 10 settembre. non pubblicato. (2) -Cfr. n. 197.
205

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1444/827. Londra, 12 settembre 1881, ore 21 (per. ore 23,50).

Dilke avec qm Je viens de causer au sujet des événements du Caire, m'a dit que le Foreign Office n'a point reçu la nouvelle que le Kedive ait télégraphié spontanément à la Sublime Porte, demandant intervention armée de la Turquie. On avait télégraphié cette nouvelle aussi de Berlin au chargé d'afm'a-t-il dit, que l'agent anglais présent au Caire aurait certainement connu faires d'Allemagne; mais Dilke ne doute pas moins de son fondement, attendu, ce fait et en aurait informé le Foreign Office. Il croit meme que le Kedive serait contraire à l'intervention turque et d'après son opinion il y aurait plutòt à ce sujet des intelligences préalables entre Constantinople et les officiers égyptiens. Il m'a dit aussi que Chérif posait des conditions pour accepter le Minìstère. Quant aux éclairsissements demandés comment l'Angleterre verrait une intervention turque, il m'a répondu que l'Angleterre ne l'a point demandée, mais qu'ayant toujours reconnu souveraineté de la Porte Ottomane sur l'Egypte, elle ne s'y opposerait pas et préférerait en tous cas intervention turque, pourvu qu'elle ne fllt pas de longue durée, à une intervention européenne, contrairement à la France. Je n'ai rien pu tirer de plus de mon interlocuteur. Tous les principaux hommes d'Etat, tous les ambassadeurs, à l'exception du français, étant absents, il est plus que jamais difficile de recueillir des renseignements de quelque valeur sur les intentions actuelles de l'Angleterre et sur ròle qu'elle joue en ce moment dans les coulisses. Il est certain, comme le comte Menabrea l'a fait observer récemment à V. E. qu'elle est jalouse de l'influence française en Egypte et tend à l'amoindrir ou à l'éliminer; mais quant aux événements actuels, j'entends énoncer par quelqu'un supposition que Ismail pacha y ait la main plus que les anglais. D'autre part on croyait que Malet était allé à Constantinople précisément en vue de provoquer intervention turque, ce que les déclarations que vient de me faire Dilke ne permettraient pas d'admettre.

206

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2876. Berlino, 12 settembre 1881 (per. il 18).

Par la dépeche de V. E. du 1•r. courant (1), j'ai reçu la lettre Royale, avec copie d'usage, qui m'accrédite en qualité d'ambassadeur extraordinaire à l'occasion des prochaines solemnités à la Cour de Bade, envoi. que vous aviez bien voulu m'annoncer par le télégramme du 1-r septembre (2).

J'ai prévenu aujourd'hui le Sous-Secrétaire d'Etat que je comptais partir le 15 ou le 16, en donnant avis que le Chevalier Tosi gérerait la mission durant mon absence. Si je me rendais en Italie, je serais évidemment interpellé sur nos relations avec l'Allemagne, et je m'appliquerais à répondre de mon mieux l'exacte vérité.

M. Busch m'interrompait à ces mots pour dire: « Vous ne pourrez donc que donner l'assurance que les rapports sont satisfaisants ».

Je n'ai pas voulu discuter là-dessus. Je ne partageais pas son avis. D'après bien des indices nous sommes encore dans la phase de l'indifférence, et nous y resterons, tant nous n'aurons pas reçu ici un satisfecit de Vienne. Je me suis

borné à répliquer que je prenais acte avec plaisir de ce que venait de dire le Sous-Secrétaire d'Etat. En ce qui nous concernait, ajoutais-je, il n'existait aucun doute sur notre désir d'établir de rapports d'amitié et de confiance, à Berlin aussi bien qu'à Vienne. Mon attitude entièrement conforme aux instructions de mon Gouvernement, en fournissait la preuve.

Le courrant qui se manifeste dans l'opinion publique en Italie, était de tout point conforme aux tendances du Ministère. Il pouvait s'abstenir de protestations verbales, car c'était sur le terrain des faits qu'il s'appliquait et s'appliquerait à mettre toujours plus en évidence la communauté de nos intérets avec les deux Empires dans un but d'ordre et de paix générale, et sans aucune arrière pensée de provocation contre une puissance quelconque. Nos détracteurs prétendent que nous agissons sous le coup d'une nécessité de position en suite des affaires de Tunis, camme si celles-ci nous avaient imposé un programme. Il préexistait déjà à ces événements, qui ne pouvaient que le confirmer.

M. Busch en convenait, et trouvait que notre manière de procéder était en effet la meilleure voie à suivre envers les Cabinets de Vienne et de Berlin.

Son langage était empreint d'une parfaite courtoisie. Mais il reste bien du chemin à faire avant que la confiance arrive au point où nous aurons le sentiment que la partie est gagnée. Le succès ne dépend pas moins de nous, si nous savons manoeuvrer avec habilité et dignité, sans y mettre de la précipitation, et surtout si par des conditions intérieures améliorées, nous relevons l'importance d'une entente avec l'Italie.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 766, non pubblicato.
208

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1512. Vienna, 12 settembre 1881 (per. il 18).

Essendomi recato a prender commiato dal barone Haymerle prima di partire in congedo, allorché la nostra conversazione volgeva al suo fine, gli chiesi scherzando cosa dovevo dire al mio Governo recandomi in Italia, sul presente stato delle relazioni fra i nostri due paesi.

A tale mia domanda S. E. rispose poter riferire che il Gabinetto di Vienna apprezza grandemente la marcata tendenza che si svolge in Italia ad un cordiale riavvicinamento all'Austria-Ungheria: tendenza d'altronde, a cui il R. Governo, diceva egli, già da assai tempo dimostra coi fatti di associarsi. Egli aggiungevami che quel riavvicinamento si farà tanto più completo, allorché, ci persuaderemo in Italia della lealtà a nostro riguardo della politica austriaca, che tanto verso l'Oriente, come in ogni altra direzione nulla presenta che possa darc1 motivo di adombrarci.

Dopo una breve pausa, egli soggiungeva: che del resto è conveniente lasciar ben maturare le cose e nulla precipitare, tanto più che se il riavvicinamento si facesse fin d'ora in maniera più marcata, gli ancora troppo recenti evenH di Tunisi avrebbero potuto dargli il carattere di una punta verso la Francia, locché sarebbe assolutamente inammissibile, ciò costituendo un'assoluta opposizione a quello scopo di pace generale che dovrebbe essere l'unico obbiettivo a raggiungersi mediante un completo accordo fra l'Italia e l'AustriaUngheria.

Con mezze parole poi, meno esplicite delle precedenti. il barone Haymerle dlcevami inoltre che più strette intelligenze si potrebbero anche stabilire meglio allorché il Governo italiano, superate le crisi che ancora lo minacciano, si sarebbe costituito su più solide basi, ed avendo così acquistata maggior forza all'interno, presenterebbe più sicura guarenzia di avere il sicuro appoggio del paese ai suoi propositi: tanto più che, ciò verificandosi, si capirebbe sempre meglio in Italia la convenienza per la nostra Monarchia di guarentirla contro le pericolose tendenze che in altri Stati potrebbero svolgersi, dandogli l'appoggio di Governi veramente monarchici.

Ringraziai S. E. per gli amichevoli sentimenti espressimi a riguardo del nostro paese, facendogli a mia volta rilevare l'unanimità delle tendenze amichevoli per l'Austria-Ungheria, che non solo colle parole, ma coll'appoggio dei fatti da parte del Governo si manifesta in Italia, gli dissi convenire io pure nel parere da lui espressomi, essere opportuno di nulla precipitare lasciando allo svolgersi degli avvenimenti la cura di segnare il momento opportuno per dare più precisa affermazione alla cordialità delle nostre relazioni: tenere però io a ben porre in sodo, che i sentimenti amichevoli per l'Austria, di cui le manifestazioni vanno sempre ripetendosi con maggior forza in Italia, sono conseguenza di una corrente di idee che sta al disopra dei partiti politici all'interno, corrente il di cui appoggio non potrebbe mai fallire, né al Gabinetto attuale nè a qualunque altro che dalle vicende parlamentari potrebbe essere chiamato a reggere il Governo in Italia.

L'E. V. conosce appieno dai miei passati rapporti, il mio personale apprezzamento sul miglior sistema da seguirsi onde raggiungere lo scopo che ormai credo si possa dire tutti desideriamo in Italia, di legarsi all'Austria ed alla Germania con vincoli di alleanza che mantenendo salva la nostra dignità siano per noi efficace guarentigia di pace al presente, e ci tutelino per l'avvenire contro le incalcolabili pericolose eventualità che l'irrequietezza della Francia e le sue troppo manifeste tendenze ci possono riservare. Ma per raggiungere quel risultato è necessario che noi aspettiamo con prudenza e dignitosa calma che i pericoli che minacciano noi si facciano pure sentire agli altri e che così si venga a ricercare! vedendo che non siamo disposti ad accettare a patti meno onorevoli un appoggio che, se ci tornerebbe utile, non resterebbe però senza efficace contraccambio.

Intanto parmi sia fin d'ora posto in sodo che all'attuale stato di cose il Governo Imperiale non si mostra premuroso di averci in sua compagnia. Certamente dipenderebbe da noi di cambiare quella situazione da un giorno all'altro e di farci anzi accogliere a braccia aperte; ma oramai ci si è fatto abbastanza intendere ciò che dovressimo fare per conseguire quel risultato, e salvo te circostanze pigliassero improvvisamente un aspetto così minaccioso da farci tenere in poco conto i più gravi sagrifizi pur di salvarci da un massimo imminente pericolo, non saprei consigliare al Governo del Re di piegarsi ad esigenze di quella natura.

1~ -Documenti diplomativi -Serle II -Vol. XIV

::!U!l.

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1450. Vienna, 13 settembre 1881, ore 16,35 (per. ore 18,35).

J'ai parlé aujourd'hui longuement de l'affaire Egypte avec Haymerle. Il s'est tenu très réservé, disant n'avoir encore que des télégrammes insuffisants pour se former une idée précise de la situation. Il trouve cependant une intervention très dangereuse, désirable par conséquent de l'éviter ou la retarder au moins autant que possible. II m'a dit qu'il se tiendrait à ce sujet en rapports avec l'Italie. Je n'ai pas cru à propos de relever ces paroles ne sachant pas si V. E., en présence des déclarations qu'il me résulte nous avoir déjà faites pour l'Angleterre, soit engagée aussi à un échange de vues avec AutricheHongrie.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT (1)

D. Roma, 13 settembre 1881.

Invio all'E. V. copia di due dispacci, che rispetto ai casi testè sopravvenuti in Egitto, diressi l'uno ai R. R. Incaricati d'Affari a Parigi e Londra (2), e l'altro ai Rappresentanti di S. M. in Cairo e a Costantinopoli (3). Così Le sarà perfettamente chiaro ed aperto il pensiero nostro a tale riguardo, e Le apparirà sopratutto con quali intendimenti e in quali contingenze il R. Governo, pur desiderando che si eviti ogni intervento, sarebbe disposto a prestare, per un interesse di pace e di conclliazione, la sua opera leale e disinteressata.

Qui però mi preme di aggiungere tosto che, data la eventualità di una partecipazione nostra, o morale, o anco materiale, il concorso nostro sarebbe !ungi assai dall'avere un carattere esclusivo.

Rivolgendoci alla Francia e all'Inghilterra, nonché alla Turchia e all'Egitto, parlammo di noi e delle disposizioni nostre. Però, come è animo nostro non già di soddisfare a velleità di malinteso amor proprio, sibbene di provvedere efficacemente a interessi generali, noi gradiremmo ogni cooperazione morale, che, con un intento pacifico, da qualsivoglia parte ci venisse, e sopratutto da quelle Potenze che, appunto perché scevre da ogni impegno o preconcetto disegno circa le cose egiziane, sono meglio adatte ad esercitare una influenza essenzialmente imparziale e moderatrice. Vorrei che l'E. V., manifestando a codesto signor Ministro degli Affari Esteri i concetti svolti nei documenti qui acchiusi, insistesse in modo speciale nel far comprendere tutto il pregio che da noi si annètterebbe eventualmente al concorso morale di codesto Governo.

(-3) Cfr. n. 202.
(l) -Ed. in LV 35, p. 4. (2) -Cfr. n. 203.
210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 1272. Roma, 13 settembre 1881.

Ebbi ieri la visita dell'Ambasciatore di Turchia e, benché questi non avesse ricevuto dal suo Governo istruzione o indicazione alcuna circa le cose egiziane, ho stimato conveniente di schiettamente fargli conoscere il nostro pensiero di fronte alle prevedibili contingenze. Mi premeva sopratutto che egli fosse ben penetrato del nostro intimo e vivo desiderio che l'incidente attuale possa avere soluzione senza che debbasi aver ricorso al pericoloso rimedio di un intervento armato. L'azione morale delle potenze e della Turchia stessa, qualora si spieghi con evidente disinteresse di intendimenti e con efficacia concorde di propositi, dovrebbe, tale è la nostra speranza, bastare a rimuovere la cagione di una crisi che non ci sembra avere una profonda e sostanziale ragione d'essere nelle condizioni del paese. Se, invece, la fiducia nostra non avesse la conferma degli avvenimenti, noi stimiamo che, a qualsiasi altro intervento, sarebbe da preferirsi quello della Turchia, il quale anzi non sarebbe, a stretto rigore, un vero e proprio intervento, e, mentre potrebbe più facilmente circondarsi di ogni desiderabile garanzia di temporaneità e di innocuità, trarrebbe efficacia dalla assistenza morale delle Potenze interessate, che a loro volta, potrebbero con previi ed amichevoli accordi, assicurarsi che non sarà per derivarne innovazione alcuna nei rapporti tra il Khedive ed il Sultano, od offesa qualsiasi alle recenti istituzioni civili del paese e alle legittime ragioni delle colonie straniere.

* L'ipotesi di una formale intervenzione di Potenze straniere, è, agli occhi nostri, da ripudiarsi. Solo nel caso in cui la volontà irrevocabile e fissa di altri Governi la rendesse inevitabile, non per altro noi dovremmo occuparcene che per dimostrare, data questa ipotesi estrema e da noi non desiderata, che la partecipazione simultanea delle tre Potenze aventi in Egitto i maggiori interessi sarebbe il solo schermo contro gli effetti di un intervenzione che, qualora si compisse isolatamente da una sola Potenza, farebbe dell'Egitto, per l'ineluttabile forza delle cose una provincia della Potenza occupatrice. *

Mussurus Bey non era in grado, circa la sostanza dell'argomento, di contrapporre osservazioni sue alle mie. Egli fece soltanto notare che, mercé il prestigio del sentimento religioso, avrebbero bastato poche forze ottomane a ridonare all'Egitto una pace sollecita e sicura. Ad ogni modo io confido, qualunque sia per essere lo svolgersi ulteriore degli eventi, che la Sublime Porta sarà per apprezzare quanto siavi di scrupolosamente corretto, e di amichevole per essa, nel nostro atteggiamento, consigliatoci dalla brama di risparmiare all'Egitto, alla Turchia ed all'Europa troppo minacciose complicazioni.

(l) Ed., ad eccezione deoJ brano fra asterischi, in LV 35, pp. 4-5.

211

L'AMBASCIATORE A VIENNA DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1514. Vienna, 13 settembre 1881 (per. il 18).

Conversando col Barone Haymerle, incidentalmente il discorso venne a cadere sui meeting che si tengono in Italia per l'abolizione della Legge delle Guarentigie accordate al Papa ed alla Santa Sede; ed a questo proposito il Ministro Imperiale senza esprimere apprezzamenti qualsiasi sull'attitudine del

R. Governo al riguardo, dicevami essere vivamente desiderabile che quella legge sia conservata quale è, senza portarvi modificazioni. Non mancai di rispondere a quell'osservazione, che il R. Governo già si era espresso su di ciò in modo abbastanza preciso da non lasciar dubbio intorno ai suoi intendimenti.

S. E. passò poscia a discorrere dei recenti articoli pubblicati dall'Osservatore Romano in risposta al dispaccio circolare dell'E. V. del 27 luglio (l) relativo agli incidenti a cui diede luogo il trasporto funebre della salma di S. S. Pio IX; e dicendomi di averli letti, lasciavami anche intendere di averli assai apprezzati; soggiungevami però che il detto giornale aveva avuto il torto grave di mettere innanzi una tesi completamente sbagliata, che, come di ragione, non aveva potuto a meno di nuocere all'impressione che dovevano fare sui lettori gli altri argomenti accampati a sostegno della causa da lui propugnata. Esplicitamente il Barone Haymerle indicò il dubbio che l'Osservatore Romano volle sollevare intorno all'effettivo riconoscimento da parte delle potenze dello stato di cose attualmente esistente in Italia, dubbio che qualificò un'insensata assurdità. Non parvemi a proposito promuovere una maggior discussione su quel tema, tanto più che, non avendo io letto gli articoli dell'Osservatore Romano, non era neppur in grado di farmi un criterio sull'importanza che poteva avere il favorevole apprezzamento che il Ministro Imperiale ne portava. Del resto sono d'avviso che nelle questioni di quella natura, che evidentemente interessano assai anche gli altri Gabinetti, il miglior mezzo di accentuare il nostro intendimento di non ammettere in proposito un'estera ingerenza, si è di evitare di discorrerne con essi; e quando ciò non si può di troncare almeno la conversazione tosto possibile. Mi limitai quindi a precisare con poche parole alcuni fatti, atti a provare che degli spiacevolissimi incidenti a cui diede luogo quel trasporto funebre, la colpa va ascritta a chi aveva ogni interesse a turbare le pie cerimonie per trarne pretesto ad accuse contro l'Italia. S. E. senza contrastare le cose da me dette, dissemi stare però di fatto, che le Società cattoliche essendosi dirette al Vaticano per ottenere l'assenso di seguire con fiaccole accese il carro funebre, erano state invitate a chiederne l'autorizzazione alla R. Questura. «Così esse fecero», dicevami il Barone Haymerle, «e so positivamente che il questore Bacco aderì esplicitamente all'accompagnamento colle fiaccole accese». A questa sua asserzione credetti dover rispondere che

tutti i fatti risultanti dalla particolareggiata relazione che il R. Ministero aveva creduto farmi tenere in proposito, dimostrerebbero l'insussistenza di quell'allegazione. Ciò però non impedì al Barone Haymerle di mantenerne l'autenticità, che io non impugnai ulteriormente, mancandomi evidentemente quegli elementi di fatto necessari a combatterla vittoriosamente.

Parvemi non inutile far cenno anche di questo incidente all'E. V.; non ravviserei però opportuno, se pure il R. Governo avesse buono in mano da chiarire, senza che un ulterior dubbio sia permesso, la falsità dell'informazione pervenuta al Governo Imperiale, di riprendere quella conversazione col Barone Haymerle per confutare la versione riferitagli. Già è dimostrato che il Gabinetto di Vienna ha preso ben poco a cuore tutto l'affare malgrado le ripetute Note della Cancelleria pontificia; poichè fu questa l'unica volta che mi si tenne parola su quell'argomento, e l'E. V. vede che il tenore affatto superficiale del fattomi discorso, non è di natura a dimostrare si abbia qui velleità d'ingerirsi oggi più che pel passato nelle nostre relazioni colla Santa Sede.

Piacemi del resto constatare qui, che da quando entrai in relazioni ufficiali col Gabinetto di Vienna al momento precisamente in cui il Governo trasferiva la sua sede da Firenze a Roma, fino ad oggi, anche nei tempi in cui i rapporti fra i due Stati furono assai tesi, il linguaggio e l'attitudine del Governo Imperiale a fronte di quel fatto di primissima importanza nella storia del mondo nulla mai lasciarono a desiderare come lealtà e correttezza. Non si tralasciò anzi mai occasione di chiarirmi esplicitamente, essersi riconosciuto ed ammesso quel fatto compiuto siccome una necessità ineluttabile dello svolgimento storico dell'unità italiana, che non poteva più dar luogo a discussione: ben inteso se l'indipendenza del Papato spirituale non ne venisse turbata, eventualità però che non si mostrò mai ritenere potesse verificarsi.

(l) Cfr. u. 116.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, E A PARIGI. MAROCHETTI

T. 823. Londra, 14 settembre 1881, ore 15.

Hier je vous ai expédié par poste dépeche (l) expliquant notre point de vue au sujet de l'affaire égyptienne. Notre vif désir serait avant tout qu'on évite toute intervention et que, grace à l'appui moral de l'Europe, le Vice Royaume puisse reprendre son assiette normale. Si, cependant, une intervention était inévitable notre préférence serait pour intervention turque, avec assistance morale des puissances qui exigeraient au préalable vis-à-vis de la Porte garanties nécessaires pour caractère temporaire de l'occupation ainsi que pour le maintien des réformes accomplies en Egypte et des droits acquis. Dans le cas enfin où, contrairement à nos voeux, une intervention européenne serait décidée, nous pensons qu'il serait indispensable d'en atténuer les dangers et les complications

par le concours simultané des trois puissances méditerranéennes ayant en Egypte le plus d'intéréts à sauvegarder.

(Per Londra) Veuillez, aussitòt ma dépéche reçue, vous rendre auprès de lord Granville, lui demandant, si cela est nécessaire, une audience spéciale à Walmer Castle. Vous devrez faire connaitre par télégraphe l'issue de votre démarche à votre collègue de Paris qui a instruction d'attendre votre télégramme avant de faire démarche analogue auprès de M. de Saint Hilaire.

(Per Parigi) Veuillez attendre, pour faire démarche auprès de Saint Hilaire, l'avis de votre collègue de Londres que la méme démarche a été faite auprès de lord Granville, qui est, croyons nous, à la campagne (1).

(l) Cfr. n. 203, in realtà dell'l! settembre.

213

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 1461/833. Londra, 14 settembre 1881, ore 15,50 (per. ore 17,45).

Granville m'envoie par lettre particulière résumé d'un télégramme qu'il a adressé à M. Mac Donnell en réponse à la demande du Gouvernement du Roi et qui est ainsi conçu: «Si le Gouvernement italien est disposé à conclure avec l'Egypte une convention formelle à l'effet de confirmer ses achats de territoires à Assab sous la condition qu'en conformité de ses assurances antérieures l'établissement sera purement commerciai et ne sera ni fortifié ni employé comme une commune station militaire ou navale, le Gouvernement anglais sondera le Gouvernement egyptien et la Sublime Porte pour connaitre s'ils sont disposés à accepter la proposition, et la soutiendra. Si le Gouvernement égyptien accepte, il réclamera probablement quelque mesure à l'effet d'empécher le transit d'armes pour l'Abyssinie ». J'ai aussitòt remercié Granville de cette communication.

214

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1464. Pietroburgo, 14 settembre 1881, ore 17,40 (per. ore 22).

Giers m'a dit que l'entrevue des deux Empereurs avait été cordiale, et que son entrevue avec Bismarck avait eu pour effet de constater que les relations entre les deux grands empires étaient des plus amicales, et qu'il n'y avait aucune question pendante sur laquelle il y eut divergence entre les deux Gouvernements.

Cette entrevue, m'a dit Giers, n'a rien changé à l'état des choses, mais elle a démontré qu'il était satisfaisant. L'initiative a été prise par la prévoyance de la Russie sur la suggestion de Giers; ce dernier m'a dit que l'entrevue contribue aussi indirectement au maintien des rapports amicaux entre la Russie et l'Autriche, qui parfois sont envenimés par la presse des deux pays. Aucune question spéciale n'a été traitée à Dantzich en dehors de celle concernant la nécessité d'une défense future contre les socialistes et les nihilistes. Sur le tout je me réserve entretenir V. E. de vive voix, mais Giers reçut l'assurance de Bismarck que les résultats obtenus par la Russie, soit pour elle, soit pour les chrétiens d'Orient, bien que sensiblement réduits par le traité de Berlin, seraient maintenus. Les deux ministres sont aussi tombés d'accord sur utilité d'éviter soigneusement tout ce qui pourrait produire complications en Orient et accelérer la chùte de l'Empire Ottoman. Bismarck s'est montré sans inquiétude au sujet de la France, mème si Gambetta venait au pouvoir. Le chancelier allemand ne croit pas qu'il s'avise de tenter quoi que ce soit contre l'Allemagne.

(l) -Analogo telegramma venne inviato in pari data a Berlino col n. 824 e a Vienna col n. 825. (2) -Ed. in italiano in LV 34, p. 91.
215

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 146~. Parigi, 14 settembre 1881, ore 19 (per. ore 20,45).

Le ministre des affaires étrangères m'a dit que Cherif pacha ayant accepté la mission de former un ministère et les colonels ayant fait leur soumission, la crise aigue semblerait momentanement calmée. Il a déclaré très nettement: « qu'il excluait à tout prix l'idée d'une occupation turque de l'Egypte, car une semblable mesure exciterait le fanatisme musulman qui y verrait la preuve de l'impuissance de l'Angleterre et de la France». Le ministre à ajouté qu'une occupation mixte anglo-française serait «une très grosse affaire » mais qu'elle serait préférable à une occupation turque. Il a été réservé en ce qui concerne l'éventualité d'une occupation mixte, tandis qu'il a été très positif au sujet de l'occupation turque. Il m'a dit aussi que, d'après les renseignements qui lui avait donné Lesseps, le choix de Cherif pacha semblerait devoir étre plutot sympathique à la France.

216

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1515. Vienna, 14 settembre 1881 (per. il 18).

Colsi !"occasione che prendevo congedo dal Barone Haymerle prima di recarmi in Italia per esprimergli il desiderio di conoscere le sue impressioni sul convegno dei due Imperatori nelle acque di Danzica.

S. E. rispose a quella mia domanda: quell'incontro essere stato conseguenza dell'intendim~nto già da assai tempo espresso dall'Imperatore Alessandro III di salutare il vecchio amico del defunto suo padre, e tosto soggiungeva ancora che il Gabinetto di Vienna non poteva vedere in quell'abboccamento se non una nuova guarenzia di pace per l'Europa. Non avendo egli aggiunto altro in proposito, non mi parve conveniente d'insistere per provocare da lui nuovi apprezzamenti e così ebbe termine la nostra breve conversazione su quell'argomento.

Il linguaggio assai laconico tenutomi su quest'importante argomento dal primo Ministro imperiale mi conferma, devo dire, nell'impressione ch'io mi sono formata sull'effetto prodotto qui dall'evento di cui è caso, e questo si è, che se da una parte si ritiene a Vienna che ciò allontani il pericolo di una conflagrazione della Monarchia colla Russia, eventualità poco desiderata, e quindi si è soddisfatti, d'altra parte però la possibilità pur sospettabile di speciali accordi fra la Germania e la Russia, che potrebbero non essere intieramente conformi agli interessi austriaci, crea qui una certa apprensione di natura a rendere meno gradita la nuova intimità in vista fra i due vicini del Nord.

È del resto ben difficile portare fin d'ora un giudizio un po' preciso su di un fatto di quella natura, che solo potrà essere caratterizzato con una certa precisione allorchè alcuni eventi almeno ne avranno esplicata la portata.

217

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Therapia, 14 settembre 1881.

L'E. V. conosce come il signor Tissot, Ambasciatore di Francia, facesse da pochi giorni ritorno a questa residenza. Io ebbi sempre con esso rapporti assai intimi ed amichevoli, e nell'occasione d'una visita fattami due giorni sono ei mi tenne il seguente discorso:

«Le relazioni fra la Francia e l'Italia sono attualmente assai fredde, e

sarebbe urgente di migliorarle, imperocchè non può convenire nè all'una nè

all'altra parte di fare gli interessi d'un terzo che finirebbe per divenire onnipo

tente in Europa. La forza delle cose ci condusse in Tunisia, ed ognuno deve

comprendere che la Francia non può indietreggiare e sarà anzi costretta a ·

consolidare la posizione assunta. Però a me e ad altri uomini politici in Francia

sembra che potrebbe convenire all'Italia d'occupare la Tripolitania. Essa avrebbe

per tal modo la soddisfazione di possedere una parte d'Africa. E la Francia

avrebbe il doppio vantaggio di ristabilire le relazioni amichevoli coll'Italia, e

d'avere un cooperatore nella missione di soggiogare quell'elemento mussulmano.

214 E quale Potenza potrebbe opporsi a quell'acquisto da parte dell'Italia? L'Inghilterra non la vedrebbe forse di buon'occhio, ma lascerebbe fare. Le altre non solleverebbero alcuna abbiezione:.. E S. E. mi domandava il mio avviso in proposito.

Risposi desiderare anch'io vivamente il pronto ristabilimento delle buone relazioni fra i due Stati, chè le presenti ire erano senza dubbio contrarie agli interessi d'entrambi. Ma quanto alla spedizione di Tripoli m'asterrei dall'esprimere un avviso qualunque, quella provincia costituire invero una parte integrante dell'Impero Ottomano, la quistione che vi si riferiva non essere quindi che un incidente della quistione orientale, e gli eventuali concetti del R. Governo riguardo ad essa avevano necessariamente a collegarsi colla politica estera generale del Regno, in ordine alla quale a me non apparteneva che d'ubbidire. E cosi cadde il discorso. Delle quali cose ho creduto mio dovere di dare privata contezza all'E. V. sia per la presente posizione del signor Tissot, sia perchè egli è uno dei candidati pel portafoglio degli affari esteri in una futura amministrazione.

Il signor Malet m'intrattenne della quistione d'Assab, e dalle sue parole trassi il convincimento che, mentre il Governo britannico non ha alcuna gelosia de' nostri stabilimenti commerciali in quelle regioni, esso non sarà mai per transigere sulla quistione di sovranità, e deplora i consigli che spinsero il

R. Governo in questa via.

Sarei grato se l'E. V. volesse farmi conoscere il di Lel. avviso riguardo al conferimento dell'Annunziata a S. M. il Sultano. La ragione precipua che mi inspirò questo pensiero fu la leale condotta seguita da Sua Maestà nella quistione Greca.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN (l)

T. 829. Roma, 15 settembre 1881, ore 11,55

Nous sommes reconnaissants à lord Granville de son ouverture (2) qui correspond exactement à nos vues. Mac Donell nous ayant fait la mème communication je l'ai prié d'informer lord Granville que nous sommes prets à concerter avec lui le texte de la convention dont il s'agit et que s'il le veut bien nous lui en soumettrons sans retard le projet calqué sur les expressions mèmes de lord Granville. Nous croyons ètre agréables à l'Angleterre en ajoutant un article constatant notre accession pour ce qui concerne Assab à la convention anglo-egyptienne pour la répression de la traite.

(l) Ed. In L'/talla in Africa, vol. clt., p. 208.

(2) Cfr. n. 213.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIA VELLI (l)

T. 835. Roma, 16 settembre 1881, ore 18,20.

Vous allez recevoir par la poste une dépeche (2) concernant l'enquete à Beilul. Nous avons, dans cette dépeche indiqué ce que le Gouvernement égyptien devrait faire maintenant à notre avis, pour que nous puissions ne pas nous considérer comme étant en présence d'un déni de justice de sa part. Mais il est bien entendu que si le Gouvernement égyptien, ayant une meilleure connaissance de ses propres moyens et des conditions locales, était en mesure de formuler autre proposition en vue de nous rendre la justice que nous sommes fondés à exiger, nous serions prets à l'examiner.

220

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1489. Madrid, 18 settembre 1881, ore 15 (per. ore 21).

Je ne crois pas que négociations smv1es existent déjà entre France et Espagne pour passage éventuel frontière Maroc par troupes françaises (3). En plusieurs rapports particulièrement dans le dernier du 15 septembre (4), j'ai eu l'honneur informer V. E. de la conviction du Gouvernement espagnol que la France passerait la frontière, et poserait la question du Maroc, si c'est possible d'accord et meme de concert avec la France; mais aussi con tre sa volonté, si action Espagne était repoussée. A chaque occasion cependant, et encore il y a trois jours, le sous secrétaire d'état se plaignait avec moi pour le silence du Gouvernement français sur cette question, et exprimait meme, pour ce motif, le voeu d'une conférence pour régler la question concernant la cote africaine de la Méditerranée. Ce langage excluerait l'existence de négociations actuellement en cours qui, à mon avis, ne pouvaient avoir lieu, car question pour faits Salda était encore très aigue encore il y a dix jours. Je ne puis cependant cacher impression déjà exprimée que les chances, subitement surgies pour un accord, pourraient avoir une cause dans le désir de la France de s'assurer une attitude conciliante de l'Espagne en Maroc, et de faire dépendre de ce fait la mesure des concessions dans les arrangements pour les faits de Sai:da, auxquels le ministre d'Espagne donne grande importance. Mon collègue d'Angleterre n'a aucune connaissance de négociations déjà en cours; il dit

seulement que le ministère espagnol avait exprimé à Londres par son ministre, et à lui-m~me ici sa préoccupation pour éventuel passage de la frontière du Maroc par les français. Je suivrai avec attention tout ce qui concerne cette question.

(l) -Ed. in italiano in LV 32, p. 83. (2) -D. 407 dèll'll settembre, non pubblicato. (3) -Con t. 837 del 17 settembre, non pubblicato, 1\fancini aveva richiesto informazioni circa la fondatezza delle notizie relative a tali negoziati. (4) -R. 524, non pubblicato.
221

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO DI AFFARI A LONDRA, RESSMAN

T. 840. Roma, 18 settembre 1881, ore 18,30.

Tachez à votre aise de revoir Granville pour lui dire que, sans cacher pénible impression causée par la persistance du présent Cabinet anglais à exclure, comme le précédent, en Egypte tout concours éventuel, m~me simplement moral, de l'Italie (1), qui pourrait y devenir auxiliaire, utile, à l'Angleterre, nous devons reconnaitre, que notre note 11 septembre (2) a été inspirée par la prévision de graves événements qui pour le moment semblent s'éloigner. Par conséquent nous acceptons conseil de suspendre toute ouverture à Paris. Si les difficultés égyptiennes peuvent etre dissipées sans aucune action étrangère, et moyennant les influences locales, nous verrions ainsi réalisé le voeu principal de notre programme, et il n'y aurait plus lieu à aviser à d'autres mesures. Toutefois dans le cas où cet espoir venait à ~tre démenti par une suite d'éventualités ultérieures l'Italie ayant des devoirs à remplir et des intér~ts considérables à sauvegarder en Egypte, doit se réserver au besoin d'insister dans ses démarches, pour démontrer au Gouvernement anglais combien sa bienveillance envers l'Italie dans cette occasion se trouvait d'accord avec les intér~ts de la politique anglaise, et qu'il serait impossible pour l'Italie de s'eclypser et de se désintéresser complètement dans une question, que d'autres grandes puissances regardent comme question européenne, et à ce titre elles aussi ne voudraient pas se tenir à l'écart, et m~me pourraient vouloir s'entendre avec nous.

Si vous découvrez les bases et les accords d'une entente anglo-française en vues des probables éventualités en Egypte, veuillez m'en tenir au courant.

222

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. CONFIDENZIALE 1111/1105. Londra, 18 settembre 1881 (per. il 22).

Riassumendo in un telegramma del 14 corrente (4) le Sue vedute intorno alla situazione creata in Egitto dalla recente rivolta militare, l'E. V. m'impar

tiva l'istruzione di attendere un Suo dispaccio (l) in cui esse erano più ampiamente svolte, e di rendermi, appena l'avessi ricevuto, da Lord Granville per esporgliele. Il Primo Segretario di Stato della Regina per gli Affari Esteri essendo sempre a Walmer Castle, io gli chiesi tosto un'udienza per ieri, sabato, giorno in cui io presumeva di trovarmi in possesso del dispaccio annunziato che difatti mi pervenne nel mattino, pochi minuti prima della partenza del treno per Deal.

In sostanza, Ella mi dava l'incarico di non fare a Lord Granville nessuna proposta formale ci.rca il modo d'agire in Egitto. L'E. V. mi commetteva soltanto di fargli palese l'animo del Governo italiano rispetto ad una questione in cui l'Italia è non poco interessata, di dirgli quale sarebbe agli occhi del Governo di Sua Maestà il miglior modo di procedere per fare fronte alla crisi in cui travasi il Vice-Reame e concertare un'azione comune, e di provocare da lui una dichiarazione che ci facesse chiaramente conoscere gl'intendimenti del Governo britannico.

Non appena entrati in conversazione, Lord Granville, quando nominai gli affari egiziani, senza !asciarmi incominciare: «Io so, mi disse, so che cosa qui vi conduce. Venite per propormi un accordo in tre per assestare le difficoltà sorte in Egitto». Evidentemente il nobile Lord era già stato informato dal sig. Mac-Donell del colloquio che questi il dì 15 corrente ebbe con V. E. e di cui Ella si compiacque di farmi cenno nel telegramma del giorno seguente (2). «Io debbo anzitutto impegnarvi a non fare una simile proposta a Parigi. Quel Gabinetto la respingerebbe assolutamente. Epperò desidero che non me ne 'teniate discorso: non saprei come darvi una risposta che soddisfacesse ai vostri desideri e preferisco non dovervi scontentare. Quando noi arrivammo al potere, trovammo l'accordo colla Francia stabilito in Egitto. Forse non era quella per noi la condizione più vantaggiosa; ma l'accordo sussiste, la Francia v'è fedele, esso diede buoni risultati, e noi intendiamo mantenerlo, almeno per ora, finché può durare. Noi fummo, ne converrete, più ardenti. più attivi nelle nostre simpatie per l'Italia che i predecessori nostri. Ve ne abbiamo porta una recente prova nell'aff:>.re di Assab. Prova questa che spiacerà, anzi, molto alla Francia. Non ci chiedete troppo; non ci chiedete ad ogni modo cosa che nè da noi soli dipende di accordare, nè altri vuole accordarvi. Io credo che la sincerità è la migliore prova dell'amicizia: vo' dunque dirvi sinceramente che noi non potremmo accogliere le vostre domande per l'Egitto e che perciò preferisco eh~ non mi siano fatte ».

Risposi a Lord Granville che io non era in nessuna guisa incaricato di fargli proposte, che era soltanto mio dovere d'informarlo dei desideri e delle vedute del Governo di Sua Maestà in una questione ch'era d'altissimo interesse per una grande Potenza mediterranea qual'è l'Italia, e lo pregai di udire la traduzione del dispaccio di V. E., notando anzi subito che io era autorizzato a !asciargliene copia. Il nobile Lord, dopo visibile esitazione, consentì, e dicendomi che comprendeva, leggendo, l'italiano, volle leggere egli stesso ed attenta

mente lesse il testo di quel dispaccio. Ma poscia tornò a dire che per non essere messo nella necessità di pronunziarsi. gli pareva preferibile di poter ritenere che quella comunicazione non gli fosse stata fatta e di non domandare perciò una copia.

Non ripeterò le ragioni che addussi per rimuoverlo, le quali verrebbero sulle labbra d'ogni italiano che abbia missione di rivendicare qualche diritto

o qualche vantaggio pel proprio paese. Lord Granville, quasi per cura di offrire un mezzo di spiegazione a me stesso verso il R. Governo, notò la data del dispaccio, ch'era quello dell'll, ed osservò che era stato scritto quando le conseguenze degli avvenimenti scoppiati al Cairo apparivano ancora minacciosissime e tali da richiedere immediati provvedimenti energici. La situazione avendo mutato da quel giorno, non sarebbe più almeno per ora, necessario di ricorrere a quelle misure che nel primo momento si erano affacciate all'esame del R. Governo e l'avevano preoccupato, né dunque il dispaccio di V. E. avrebbe più la stessa portata e ragione d'essere.

Come da tutto ciò che precede si fa abbastanza da per sè manifesto, il Conte Granville, fermo nel preconcetto proposito di non ammettere che l'Italia, profittando degli ultimi fatti, ritrovi la via dell'influenza che nel 1878 le fu scemata in Egitto, studiò ogni miglior modo di non ferirci e credette di trovarlo mettendoci in grado di dire che nulla avevamo suggerito, nulla domandato, che perciò nulla ci fu ricusato. Il suo linguaggio fu oltremodo amichevole, aperto, cortese; ma non è meno vero che in fondo di ogni parola v'era il rifiuto preciso di ammetterci ad una azione comune, morale od altra, in Egitto.

Già la voce del maggior numero dei giornali che fino dalla prima ora spingevano il Governo Inglese ad agire presto, o da solo, o col Governo francese, per non dare adito ad «intrighi d'influenza », poteva far prevedere l'atteggiamento di Lord Granville, nè, come lo telegrafai il dì 13 corrente (1), all'E. V. all'Ambasciata di Francia si dubitava di mantenere l'accordo anglofrancese.

D'altronde, è forza riconoscere che ammettendo ora un'intromissione dell'Italia nelle faccende egiziane, il Gabinetto Gladstone, già tanto battuto in breccia dai Tories per la sua politica estera, solleverebbe tempeste, nè gli tornerebbe facile di giustificarsi d'avere accettata una cooperazione italiana in Egitto, allorquando l'opinione pubblica già a malincuore sopporta la cooperazione francese.

Ed in questo istante più che in ogni altro, mentre si riprendono i negoziati per un trattato di commercio tra l'Inghilterra e la Francia in Parigi, questo Gabinetto non farà nulla che possa spiacere alla Repubblica. Anzi non stupirei, se, accordando la proroga di tre mesi e rendendo così possibile la ripresa delle trattative, la Francia avesse in cambio ottenuto qualche assicurazione circa gli affari dell'Africa.

In una frase gettata incidentalmente nella conversazione, Lord Granville, accennando al deplorevole stato di cose nella Tunisia, mi disse che il Gabinetto

inglese incoraggerebbe forse piuttosto l'annessione, ove questa non fosse inconciliabile coi trattati inglesi.

Domandai a Lord Granville se fosse vero che la Francia avesse fatto il suggerimento d'inviare al Cairo una commissione militare mista anglo-francese per fare, secondo l'espressione dei giornali francesi che l'annunziavano, altrettanto per l'armata egiziana quanto s'era fatto in comune per le finanze. Lord Granville, pregandomi di considerare la sua risposta come affatto confidenziale, mi disse che era vero, ma mi lasciò capire ch'egli non era favorevole ad un tale mezzo. Dovrei anzi supporre che l'abbia respinto, poiché una nota semiufficiale francese nega oggi quel suggerimento.

Rispondendo finalmente ad altra mia domanda, il Conte Granville mi disse che ieri appunto il signor Malet doveva arrivare al Cairo e che il Gabinetto britannico aspettava il rapporto del medesimo sugli ultimi avvenimenti e sulla situazione, per deliberare sul da farsi e per decidere. Il Conte Granville mi promise pure, come io glielo chiesi, di rendere consapevole il Governo di Sua Maestà delle risoluzioni che qui si prenderanno.

L'E. V., avendomi prescritto nel Suo telegramma del 14 corrente di tosto dare al R. Incaricato d'Affari in Parigi notizia dell'esito del mio colloquio col Conte Granville, io gli inviai iersera, appena ritornato da Walmer Castle, il seguente telegramma: «Desiderando mantenere l'accordo dell'Inghilterra colla Francia in Egitto, Lord Granville c'impegna a non offrire il nostro concorso per la soluzione delle difficoltà attuali, ed a non domandare un concerto fra i tre Governi».

(l) -Cfr. n. 222. Mancini era già al corrente del colloquio fra Granville e Ressman perchè quest'ultimo ne aveva riferito con t. 1481 del 18 settembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 203. (3) -Ed. con alcune varianti in LV 35, pp. 14-15. (4) -Cfr, n. 212. (l) -Cfr. n. 203. (2) -T. 830 non pubbUcato.

(l) T. 1456 del 13 settembre, non pubblicato.

223

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1492. Madrid, 19 settembre 1881, ore 15,44 (per. ore 21,55).

J'ai eu occasion de rencontrer ministre affaires étrangères. Il a confirmé contenu de mon télégramme d'hier (l) et nie énergiquement que de négociations existent relativement au passage de la frontière du Maroc par les troupes françaises. Il m'a dit qu'il croit fermement que si la France voudra passer la frontière du Maroc elle le fera sans demander permission pas meme de l'Espagne. Il s'est exprimé avec amertume à l'égard de la France; et il m'a di t qu'il avait télégraphié à l'ambassade à Paris pour connaitre s'il était vrai que le Gouvernement français refuse sanctionner en toutes ses parties l'arrangement déjà accepté par le ministre des affaires étrangères français, pour les faits de Sai:da. Il ajouta qu'en tout cas on ne saurait comment ni avec qui négocier en France.

(I) Cfr. n. 220.

224

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, E A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. Roma, 19 settembre 1881.

Col mio dispaccio dell'll corrente (2) io facevo manifesto alla S. V. Illustrissima quale fosse precisamente il pensiero del R. Governo per rispetto ai casi testè sopravvenuti in Egitto ed ai mezzi più acconci ad apportare rimedio alle gravi eventualità di cui le altre Potenze, al pari di noi, non si dissimularono la possibilità.

Mentre io subordinavo allo svolgersi degli avvenimenti le proposte che intanto Le facevo prevedere, mi riservavo di darle notizia telegrafica dell'opportunità o meno di darvi immediato corso.

In conformità di tale riserva io Le telegrafai ieri (3) di soprassedere dalla comunicazione al Governo francese del detto mio dispaccio, essendoché gli avvenimenti in Egitto sembravano soddisfare al voto che io avevo in prima linea espresso nel dispaccio medesimo; che, cioè, il Governo del Viceré trovi nel paese stesso le sorgenti della propria forza.

Rimangono fermi però gli intendimenti cui si ispiravano le dichiarazioni espresse da me per l'eventualità fortunatamente dileguata per ora di occupazioni militari in Egitto; il Governo del Re vi aggiungerebbe d'altronde, ove fosse d'uopo, nuove istruzioni a seconda dei casi.

Il Governo del Re ha osservato con compiacimento che organi autorevoli della stampa inglese hanno testè riconosciuto come, in quanto concerne gli interessi economici e finanziari in Egitto, considerati all'infuori delle difficoltà d'ordine politico e militare relative a quel paese, la Gran Bretagna non può avere obiezione a che le Potenze interessate, e fra esse l'Italia, cooperino con essa al controllo dell'amministrazione egiziana.

È debito di deferenza e di amicizia per parte nostra verso l'Inghilterra il rispettare le necessità nelle quali ci dichiara di trovarsi nelle presenti circostanze. Ma la parte che spetta all'Italia nei legittimi interessi europei in Egitto, non potrà rimanere indefinitamente disconosciuta. E ci affidiamo alla benevolenza ed ai sentimenti di giustizia dell'Inghilterra per affrettare il tempo in cui ad isolate combinazioni politiche, succederà in Egitto un equo componimento dei comuni interessi, non essendo minori i nostri in Egitto di quelli di qualsiasi altra Potenza continentale.

(l) -Ed. con alcune varianti in LV 35, pp. 15-16. (2) -Cfr. n. 203. (3) -T. 838, non pubbllcato.
225

PARMENIO BETTO'LI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P.R. Tripoli, 19 settembre 1881.

La situazione si va facendo qui ogni giorno più grave: e si va facendo più grave, non tanto in causa del continuo arrivo di nuove truppe, quanto del manifesto intendimento del Governo di far sostenere alla Tripolitania l'onere delle truppe medesime. Oggi il presidio, come già Le scrissi, è di circa diecimila uomini; ma i telegrammi ne segnalano altri dodicimila, che devon giungere prossimamente da Volo, e si ripete insistentemente che si voglia qui concentrarne un corpo di trentamila. Qualora ciò avvenga, la spesa necessaria al solo quotidiano mantenimento di tanti soldati sarebbe, per lo meno, di mezzo milione al mese (e dico: mezzo milione, calcolando che il povero soldato turco, aduso com'è alle privazioni, possa mantenersi con un retta media tra i 50 e i 60 cent. il giorno); ed ora il cumulo di tutte le pubbliche risorse del paese, ossia: i redditi delle dogane, le sei contribuzioni indirette e le decime, che, quest'anno, sono nulle, in causa de' mancati prodotti, non raggiungono un terzo di una 'tale spesa mensile. Dove, come procacciarsi il restante? Con successivi imprestiti volontari, come quello di centomila franchi, che il Governatore ha già imposto ai negozianti di questa città, sudditi ottomani, con comminatoria ai renitenti, o solo ai poco volenterosi di cacciarli in carcere, o sbandirli al Fezan?

Il fatto di questo primo e tenue prestito ha già destato dei forti malumori. E non si tratta sinora che della città. Ma, tra giorni, gli esattori partiranno per le campagne, per le campagne povere ed immiserite, e, con scorte di soldati a baionetta in canna, imporranno la volontarietà dell'imprestito anche ai poveri villani, che trovansi nudi in canna. Il malcontento non avrà, quindi, più confini. Gli arabi, infiacchiti, come sono, impauriti dalla presenza di tante truppe, nulla oseranno, di certo; si lasceranno spogliare, imprecando, maledicendo, ma senza nemmeno tentare un principio di resistenza e di insurrezione. Solo l'antico e mai sopito loro odio contro gli ottomani si farà sempre più intenso e, se già se lo augurano adesso, tanto più si augureranno allora l'intervento di una potenza europea, che venga finalmente a liberarli dall'aborrita dominazione .turca.

Più e più volte (massime nelle mie lettere a cotesto inclito Ministero) io mi sono sforzato di far conoscere la differenza enorme, che corre tra questo paese e tutti gli altri della costa settentrionale d'Africa e le condizioni speciali, in cui questo si trova, di malcontento, di depressione e di servitù a straniero dominio, per cui, tanto più che altrove, tanto più che in Marocco, Algeria, Tunisia ed Egitto, sarebbe qui facile una occupazione europea.

E ciò mi sento in debito di ripetere oggi tanto più insistentemente, inquantoché, come ho detto più sopra, le condizioni istesse vadano sempre più aggravandosi in senso favorevole a una tale occupazione.

Non so, né mi compete saperlo, quale politica intenda seguire l'Italia. Ho letto la dimessissima epistola del commendator Lanza; ho letto anche nel Diritto articoli tendenti a dimostrare come l'Italia non debba pensare a colonie. Ma io sono sempre del medesimo avviso, cioè: che anche la politica coloniale s'imponga come la pace armata. Sia pure utilissimo, in astratto, non avere colonie; ma sarà egli del pari utile per noi, o non piuttosto mortalmente rovinoso, che il Mediterraneo divenga un lago franco-britannico? E, se consideriamo le minacce francesi al Marocco, il possesso dell'Algeria e l'occupazione della Reggenza di Tunisi e i recenti manifesti intrighi dell'Inghilterra, per estendere il suo diretto ed esclusivo protettorato su l'Egitto; è facile avvedersi come ci avviamo a grandi passi verso l'avveramento di una simile disastrosa probabilità. Di cacciare la Francia da Tunisi; di recuperare l'antico nostro ascendente in Egitto; io non vedo certamente maniera. Ma sembrami (come sempre credetti) che l'unico modo per palliare di alquanto i danni già sofferti e impedirne di maggiori, sia quello di rompere, con una soluzione di continuità italiana, il cordone anglo-francese, che sta per tendersi lungo queste coste, unico modo, cioé, fare tutto il possibile per impadronirsi della Tripolitania e della Cirenaica.

Il movimento militare qui si fa febbrile. Vengono requisite giornalmente immense quantità di cammelli, per trasporto di materiale da guerra. A ponente della città, presso il faro, si demoliscono gli avanzi dell'antico castello spagnuolo, per erigervi nuove fortificazioni. Insomma, tervet opus, ed è uno sciupinìo di quattrini da non dirsi, senza si vegga chiaro e lo scopo, e l'utilità di tutto un simile armeggiamento.

Jeri mattina s'è presentata in porto una fregata francese. Proviene da Tunisi ed è, dicesi, diretta ad Atene. Essa ha scambiato col castello i saluti d'uso.

(l) Da Museo Centraìe Llt:l Rl8orglmentu. Carte Mancini.

226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 849. Roma, 20 settembre 1881, ore 18.

Veuillez vous associer aux démarches qui pourraient etre faites par vos collègues auprès de la Sublime Porte en vue d'obtenir l'exécution de la décision unanime de la commission européenne relativement à l'evacuation zone sur rive droite Salambria. Gouvernement grec s'est adressé à cet effet à toutes les grandes puissances. Télégraphiez moi les décisions prises par les ambassadeurs et le résultat de vos démarches (1).

19 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

(l) Cfr. n. 239.

227

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2166. Therapia, 20 settembre 1881 (per. il 27).

Ebbi l'onore di ricevere i dispacci che l'E. V. si compiacque rivolgermi li 11 e 13 corrente, N. 1271 e 1272 (2) relativi alle cose d'Egitto, e m'era precedentemente giunto il telegramma del 18 relativo allo stesso argomento (3).

Presi con ispeciale interesse conoscenza della copia della confidenziale diretta ai R. Rappresentanti a Parigi ed a Londra che accompagnava il primo di quem., nè mancherò di far tesoro del contenuto di essa ogniqualvolta se ne presenterà la congiuntura.

I tumulti occorsi al Cairo sono per ora sedati, ed i Ministri di S. M. il Sultano dichiarano non essere più il caso di prendere alcuna misura straordinaria a quel riguardo. Però credo si darà a quel Governo il consiglio di provvedere con prontezza ed energia onde quei disordini non abbiano a rinnovarsi per l'avvenire.

Il Governo britannico dimostrò nuovamente in questa congiuntura il più vivo desiderio di camminare d'accordo con quello di Francia negli affari d'Egitto. Esso s'era primieramente manifestato piuttosto propenso all'intervento militare della Turchia, se il progresso degli eventi avesse reso necessario un intervento estero, e rinunziava indi a questo progetto innanzi alla ferma opposizione sollevata dal Governo francese, tanto che questo Ambasciatore britannico consigliava a S. M. il Sultano di rinunziarvi. E lo stesso avveniva in ordine all'idea di mandare al Cairo un Commissario Imperiale incaricato di una missione straordinaria. Senonchè il Gabinetto di San Giacomo si dimostrò in pari tempo avverso ad un intervento anglo-francese, imperocchè temeva l'accordo, a mala pena mantenuto nell'ordine politico, dif.ficilmente potrebbe conservarsi nel caso d'azione armata.

Nè v'ha dubbio che S. M. il Sultano, dal suo canto, vagheggiava il progetto di mandare le sue forze in Egitto al doppio scopo di ristabilirvi la tranquillità e di rilevare l'autorità del Califfo. Regna infatti a Palazzo l'apprensione che i fatti recentemente occorsi in Africa abbiano grandemente scosso il prestigio del Sultano fra gli Arabi, e ne possa nascere il concetto di creare una Potenza araba la quale si estenderebbe alle vicine regioni dell'Asia ed assorbirebbe le località più sacre al Culto Musulmano. Si credette quindi che una pronta dimostrazione di forze avrebbe potuto rilevare l'autorità del Califfo fra quelle popolazioni. Senonchè il Governo ottomano non sarà, in ogni eventualità, in grado d'agire in presenza dell'opposizione unita della Francia e dell'Inghilterra. * E lascio all'E. V. d'apprezzare quali potrebbero essere gli effetti dell'azione del

R. Governo in siffatta posizione di cose.

(I) -Ed., ad e<:cezione del brano t.ra asterischi in LV 35, pp. 17-18.

Sono parimenti venuti a mie mani il dispaccio dell'E. V. dell'H corrente

n. 1270 (l) e il telegramma del 16 (2), entrambi relativi alla quistione d'Assab. Avrò l'onore d'indirizzare all'E. V. un rapporto sopra questo grave soggetto allorchè mi saranno note le comunicazioni per ultimo scambiate col Governo Britannico sull'argomento.

Nell'accusare pure ricevuta all'E. V. de' suoi ossequiati dispacci del 10 e 11 corrente, n. 1268 e 1269 di questa serie (3)... *

(2) -Cfr. nn. 202 e 210. (3) -T. 841, non pubblicato.
228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD ROLPH

T. 857. Roma, 21 settembre 1881, ore 16,40.

Prego comunicare quanto segue al commissario Branchi Assab: «Inghilterra faciliterà convenzione nostra con Turchia confermando acquisto nostro Assab sotto condizione possedimento puramente commerciale non fortificato né adoperato a stazione militare o navale, probabilmente si domanderà esclusione di transito armi per Abissinia e di tratta neri. Mi scriva subito progetto suo di convenzione concepito secondo suo apprezzamento condizioni locali~.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (4)

L. P. Roma, 22 settembre 1881.

È sempre più evidente che il personale a mia disposizione non è sufficiente per un serio e sicuro andamento del servizio, tanto più se vogliamo preparare prima della convocazione del Parlamento quegli studii e quei progetti che V. E. ha in mente. Già quando Malvano c'era, col suo personale al completo, il lavoro non era esente da evidenti tracce di precipitazione e dell'impossibilità dì maturare lo studio dei dispacci da spedirsi. Tanto più si fa grave l'inconveniente ora che Malvano è in congedo e che la metà del personale è assente, oltrechè V. E. non ha neppure con sè un impiegato avvezzo al servizio.

Crederei opportuno che V. E. mi designasse col telegrafo l'impiegato che desidera si rechi presso di Lei. Non rimanga così senza aiuto, caro signor Ministro; pensi alla sua salute, a tutto quanto il paese aspetta da Lei.

Per parte mia, avendo saputo iersera che Tosi era a Torino, sul punto di partire per Belgrado, ho preso la responsabilità di pregarlo d'urgenza col telegrafo di venire a conferire con me. Egli sarà qui oggi. Aspetterò l'autorizzazione

telegrafica di V. E. per fargli qualsiasi proposta; ma a mio parere, si potrebbe far partire Hierschel per Bukarest ove fu già Incaricato d'Affari l'anno scorso, perchè Tornielli possa prendere il chiesto congedo; lasciare per ora Pansa a Belgrado; e pregare Tosi, che è capacissimo, di prestarci la sua cooperazione nella Direzione politica per un mese o poco più. Intanto si studierebbe e si deciderebbe finalmente un organico per un regolare e razionale andamento del servizio. Se V. E. si compiacerà telegrafarmi la sua approvazione, tutto andrà liscio.

Dopo avere scritto quanto precede arrivò qui Tosi, e mi concertai, per le proposte a sottoporre a Lei, col commendator Peiroleri; egli è di parere che si può anche far a meno di inviare Hierschel, e Le proponiamo l'unito telegramma che non spedirò se non coll'autorizzazione telegrafica di Lei.

È venuto da me Mac-Donell per assicurarsi, dietro incarico di Lord Granville, che non sia avvenuto nessun malinteso circa la benevolenza dell'accoglienza fatta da Lord Granville alle nostre dichiarazioni sugli affari di Egitto. Mi disse che non potevamo dubitare delle favorevoli disposizioni dell'Inghilterra, la quale desidera che non nasca dalle cose d'Egitto il più piccolo punto nero nelle nostre relazioni, e solo deve mantenere lo statu quo finchè è possibile. Io gli feci leggere il nostro ultimo dispaccio a Londra sull'argomento (1), per provargli che non c'è nessun malinteso, che è stato evidente per noi come per Lord Granville non esservi luogo per ora a proposte formali dacchè la situazione corrisponde al primo nostro voto, e che solo manteniamo i nostri diritti e contiamo sulla giustizia ed amicizia dell'Inghilterra tostochè la situazione attuale non possa più essere conservata.

Mac-Donell desiderava pure conoscere la nostra impressione sulla quistione di. Panama. Gli dissi che aspettiamo noi stessi informazioni da Parigi e da Londra. V. E. vedrà se sia opportuno emettere un nostro parere; Le scriverò fra breve un promemoria al riguardo.

Derenthal venne a chiedermi il nostro parere sulla questione del tributo della Bulgaria; gli risposi che abbiamo già autorizzato Corti ad unirsi ai suoi colleghi per procedere di comune accordo.

Affido questa lettera al signor Daniel...

ALLEGATO

T.

Pour des raisons urgentes de service j'ai du prier M. Tosi de rester à Rome jusqu'à la fin d'octobre. Ce retard ne doit pas cependant entraver votre départ pour Bukarest: seulement je vous prie de le retarder autant que possibile, et de vous entendre d:irectement avec le comte Tornielli pour n'arriver à Bukarest que peu avant qu'il quitte sa résidence pour venir en congé. Il s'agira alors d'une très courte vacance de la Légation de Belgrade où M. Brattanich pourra provisoirement étre autorisé à expédier affaires courantes n'admettant point de délai. Lorsque M. Tosi arrivera à son poste vous pourriez, s'il est absolument nécessaire, faire une très courte excursion à Belgrade pour le recevoir et le mettre au courant des affaires.

Veuillez me télégraphier si vous ne voyez d'inconvénients à mettre à exécution ces prescriptions (2).

(l) -Cfr. n. 201. (2) -T. 833, non pubblicato. (3) -Non pubblicati. (4) -Da Museo Centmle del Risorgimento, Carte Mancini. (l) -Cfr. n. 224. (2) -Il telegramma fu spedito il 23 settembre alle ore 15,30 col n. 858.
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 1128/1111. Londra, 23 settembre 1881 (per. il 27).

Ebbi l'onore di telegrafare ieri all'E. V. (2) le notizie che mi riesci di raccogliere intorno a ciò che accadde tra i Gabinetti di Londra e di Parigi in seguito agli avvenimenti prodottisi in Egitto. Le attinsi da varie sorgenti e le verificai in colloquii ch'ebbi coll'Incaricato d'Affari di Francia e con quello di Germania, il quale secondo si studia egli pure a penetrare l'intenzione che nella sua presente condotta muove il Governo inglese e mi ricordava l'energica azione del Gabinetto Germanico allorquando fu deposto Ismail Pascià.

Il rimedio di una temporaria occupazione dell'Egitto da truppe turche, sussidiata dalle finanze inglesi, fu qui discusso nel primo momento in un consiglio de' ministri. Vi si rinunziò tuttavia prontamente per opposizione della Francia e si riconobbe la necel?sità di procedere in accordo col Gabinetto di Parigi con cui furono concertate le istruzioni che si dovevano dare ai rispettivi Ambasciatori a Costantinopoli. Epperò anche il Governo inglese prescrisse a Lord Dufferin di non ammettere l'occupazione turca; ma pare ch'esso non gli avesse in pari tempo data l'istruzione d'opporsi altresì all'invio di un alto funzionctrio o d'un generale turco al Cairo che fu pure proposto. Vi fu perciò un nuovo scambio d'intelligenze tra Londra e Parigi, e quest'Incaricato d'Affari di Francia ricevette sei o sette giorni fa l'ordine di chiedere a Lord Granville che fosse data a Lord Dufferin l'istruzione di agire anche in ciò d'accordo col signor Tissot e di respingere quel mezzo. Lord Granville consentì. Il Gabinetto di Parigi non presentò qui, come già il Conte Granville, la formale proposta d'inviare una Commissione militare mista in Egitto; esso bensì presenti il Governo Inglese circa lo spediente di mandare al Cairo un generale inglese ed uno francese, i quali «avrebbero missione di fare per l'esercito egiziano ciò che i commissari dell'Inghilterra e della Francia avevano fatto per le finanze'>. Avvedutosi della resistenza che un simile progetto incontrerebbe qui, il Governo della Repubblica sembra disposto a non insistere.

Da tutto ciò che io potei accertare mi risulterebbe che finora i due Gabinetti non abbiano trovato il modo di concertarsi per applicare alcuno di quei mezzi radicali che dopo l'insurrezione scoppiata al Cairo erano stati messi innanzi per far fronte alla situazione. Gli accordi fino ad oggi non sembrano oltrepassare l'ordine di quei mezzi che nella presente, almeno momentaneamente migliorata condizione di cose offre l'influenza morale che le due Potenze si impegnarono ad esercitare unite in Egitto. Per parte sua, il Governo inglese ha evidente interesse a nulla tentare per ora che possa scontentare la Francia.

* Pendono in Parigi i negoziati per un nuovo trattato di commercio, e si approssima d'altronde il tempo in cui potrà avvenire nel ministero francese e certo

avverrà nel ministero degli Affari Esteri un importante cambiamento di persone e forse di politica. *

Anche il Times esprime oggi la fiducia che mercè una maggiore fermezza del Vice-Re e dei suoi ministri e coll'appoggio delle due potenze occidentali non sarà necessario di ricorrere nè da entrambe insieme, né da una separatamente, a misure ulteriori, sia in forma d'una occupazione sia in quella d'una commissione militare.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, pp. 22-23. (2) -T. 1505, non pubb!Lcato.
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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIA VELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 804. Cairo, 25 settembre 1881 {per. il 2 ottobre).

In seguito alla comunicazione fattami dall'E. V. col riverito dispaccio dell'Il corrente n. 407 (2), e col successivo telegramma (3), mi sono qua recato per conferire col ministro degli affari esteri sul modo difettoso in cui venne I!Ondotta l'inchiesta di Beilul e sulla necessità di riprenderla in forma più regolare e severa, o di proporci un altro mezzo efficace per impedire che rimanga impunito un atrocissimo misfatto.

Scerif pascià, che ho intrattenuto ieri a lungo su quest'argomento, inspirandomi alle considerazioni contenute nel dispaccio dell'E. V. e nella memoria ad esso allegata, non ha esitato a dichiararmi che, se veramente l'inchiesta non venne condotta a dovere, non avrebbe difficoltà di ordinarne una nuova, volendo fare quanto sta in lui per la punizione degli assassini; dubitare però del risultato, avendosi ragione di credere che il colpo sia partito dall'Anfari di Aussa, ed avendo il Governo egiziano fatto altre volte doloroso esperimento della propria impotenza ad agire in quella direzione. Gli replicai che, per ora, si tratta soltanto di assodare se e qual parte abbiano avuta nella strage della spedizione Giulietti gli abitanti di Beilul, ed egli mi promise di prendere in diligente esame l'operato dei commissari egiziani, al quale non aveva potuto ancora rivolgere la sua attenzione nel breve tempo trascorso dacchè assunse le redini del potere ed assorto, com'è stato fin qui, in gravissime cure di Stato; fra pochi giorni mi darebbe una risposta informata di certo a sensi di giustizia.

Gli osservai pure che agli altri argomenti addotti contro i commissari egiziani a dimostrazione per lo meno di poca diligenza e dell'opportunità di riaffidare il mandato a persone più operose e meglio penetrate del grave compito, potrebbe aggiungersi il ritardo a presentare il rapporto atteso da tanto tempo; al che rispose essere il rapporto pronto e starsi traducendolo, sicchè ne ricevei ;:opia fra poco.

Dopo di aver conferito col ministro, credei bene di avere una conversazione sullo stesso argomento col segretario generale, essendo persuaso che Scerif

pascià, incaricato solo interinalmente del portafoglio degli affari esteri e preoccupato da faccende gravissime di ordinamento interno, si rimetterebbe molto in Tigrane bey per le trattative concernenti la nuova inchiesta da noi domandata, e che fosse quindi utile di predisporlo favorevolmente.

Tigrane bey ha preso, però senza gran calore, la difesa dei commissari egiziani e mi ha detto non sembrargli equo nè decoroso pel Governo del Khedive di accettare la nuova inchiesta dietro semplice nostra dimanda e prima di aver esaminato il rapporto dei suddetti commissari, di cui si sta facendo al ministero dell'interno la traduzione, ritardata in seguito alle preoccupazioni derivate dai recenti avvenimenti politici; che se però risultassero negli atti della prima inchiesta delle lacune o delle contraddizioni, se ne ordinerebbe, infallantemente, un'altra complementare.

Gli ho dichiarato allora che il rapporto dei commissari e gli atti delrinchiesta in generale non possono far fede per noi attese le irregolarità segnalate all'attenzione del governo vicereale e le quali non sono di sola forma, ma intaccano la sostanza istessa del procedimento; laonde, ammesso pure che esistess~una regolarità, per così dire, esterna, non cadrebbero perciò gli appunti da noi mossi contro l'operato di Ruschdi e di Ali-el-din pascià. In questo stato di cose una seconda inchiesta, affidata ad una o più persone offrenti serie guarentigie, presenterebbe al governo egiziano una via decorosa di esonerarsi da ogni responsabilità per dato e fatto dei primi commissari, dei quali noi non potremmo in verun modo acconciarci ad accettare le conclusioni, equivalendo esse ad un'assolutoria di persone gravemente indiziate di aver preso parte alla perpetrazione di un reato orribile.

Il mio interlocutore mi ha lasciato alla fine comprendere che non si starebbe suì tirato relativamente alla prosecuzione dell'inchiesta da parte di nuovi commissari per poco che esistano quelle lacune, che sarà, credo, facile di rinvenire, mettendovi un po' di buona volontà, ed ha soggiunto che forse il comandante Frigerio ha subito, senza volerlo, l'influenza di abitanti d'Assab ostili, come spesso accade fra tribù rivali, a quelli di Beilul, accennando così, se non m'inganno, per via indiretta al desiderio che l'Italia venga rappresentata da un altro delegato nel caso d'una seconda inchiesta.

* Riferito il risultato delle mie prime pratiche, le quali mi sembrano dar fondata speranza che il governo del Khedive aderisca alla nuova inchiesta, devo confessare all'E. V. che non nutro molta fiducia che essa sia per avere un esito pratico migliore della precedente; sicché, per dire intero l'animo mio, credo che noi dovremo, in definitiva, rinunciare ad ottenere qualsiasi riparazione, o procurarcela direttamente, inviando ad Assab e di là nell'interno forze sufficienti per punire le tribù, che hanno commesso l'eccidio dei nostri. Non mi dissimulo le difficoltà dell'impresa, ma, tra l'assumerla od il lasciar cadere i nostri reclami,

io non iscorgo davvero altra via di mezzo, date le condizioni di uomini e di cose, di cui ci troviamo in presenza, e considerato che sarebbe ancora più grave, in sè e per le conseguenze, che potrebbero scaturire, il procedere militarmente (dopo che una seconda inchiesta fosse venuta, com'è da temersi, in conferma della prima) contro gli abitanti di Beilul, ossia d'un paese sul quale il governo egiziano esercittt un'autorità effettiva da noi riconosciuta ed invocata. *

(l) -Ed, ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 32, pp. 63-65. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 219.
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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIA VELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 805. Cairo, 26 settembre 1881 (per. il 3 ottobre).

Nel corso della conversazione accennata nel mio rapporto precedente (2), Scerif pascià mi domandò se noi consideriamo Raheita come appartenente all'Italia, ed io mi affrettai a rispondergli negativamente, soggiungendo essere unico nostro intendimento di farvi rispettare lo statu qua, ossia la sovranità di Beheran.

«E che interesse avete voi, continuò egli, che Raheita appartenga ad uno scek indipendente anziché all'Egitto? ». Gli risposi che gli accordi di amicizia e di reciproca assistenza stipulati con quel capo indigeno, come pure l'impossibilità di aumentare le pretese egiziane su Raheita senza invalidare implicitamente le nostre ragioni su Assab, ci obbligano a sostenere i diritti di Berehan.

Scerif pascià accolse con benevolenza queste mie parole, ripetizione di cose già dette e scritte, ma di cui sembra ch'egli non avesse ancora avuto tempo di prender piena contezza, e conchiuse dimandandomi se pensiamo di fare di Assab un deposito di carbone; «non solo questo, gli dissi, ma anche una fattoria commerciale in vista di traffici, che speriamo avviare coll'interno ». * E tutto ciò fu detto nel tono il più amichevole, al quale Scerif pascià pose il suggello, incaricandomi di far pervenire i suoi ossequi all'E. V., ai cui lumi ebbe occasione di ricorrere in passato per affari legali interessanti il governo egiziano. *

Messo a confronto il linguaggio attuale con quello del ministero precedente, parmi potersene trar speranza che le questioni di Raheita e di Assab saranno d'ora innanzi trattate dal Governo del Khedive in modo più conciliante e con maggiore disposizione a riconoscere come definitivo, lo stato di cose attualmente esistente in quelle località.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2882. Berlino, 27 settembre 1881 (per. il 1° ottobre).

In occasione del ritorno del signor di SchlOzer da Roma e della partenza di lui per Washington, la stampa di questo paese è stata negli scorsi giorni continuamente occupata da escogitare quale fosse stato l'esito delle trattative che il diplomatico prussiano era andato ad intavolare col Vaticano. Come era da prevedersi in un tempo di lotta elettorale così ardente come questa, la

discussione che su questo tema si è impegnata fra gli organi dell'opposizione e quelli ligi al Governo, è stata oltremodo vivace. Gli uni e gli altri si sono studiati di rappresentare la cosa in modo da giovare sul campo elettorale agli interessi della parte, a cui sono devoti. Mentre i primi han gettato il grido di allarme, immaginandosi che lo Stato corresse sulla via di Canossa per rinnovare l'onta di Arrigo IV, gli altri hanno solennemente protestato che le trattative con la Santa Sede, lungi dall'imporre allo Stato concessioni indecorose, non miravano se non a rendere meno aspre le conseguenze del Kulturkampf. Di questo tenore sono state fin qui ad un dipresso quasi tutte le manifestazioni della stampa locale; e sarebbe opera superflua se io volessi darne qui particolareggiata notizia all'E. V.

Dai carteggio politico di S. E. il Conte de Launay con codesto R. Ministero, l'E. V. è stata sufficientemente informata della tendenza generale, che prevale oggi nella politica di questo Governo per rispetto alla Chiesa cattolica. Qui si è stanchi della lotta inaugurata cont1·o la Chiesa con le Leggi di Maggio, e si va ora ricercando i mezzi più acconci per stabilire un modus vivendi purchè sia fra i due Poteri.

Non avendone questo Sotto Segretario di Stato presa l'iniziativa, io non ho creduto opportuno, anche nell'interesse della nostra dignità, di rivolgergli alcuna interrogazione circa la missione del signor di Schlozer. Come tutti i funzionarii, che si. succedono a far le veci del Principe di Bismarck presso questo Dipartimento degli Affari Esteri, il signor Busch suole mostrarsi oltremodo guardingo e riservato. A meno di una diretta interrogazione da parte dei diplomatici esteri, egli preferisce serbare il più profondo silenzio.

Debbo quindi contentarmi di riferire all'E. V. ciò che su tale argomento ho potuto raccogliere da fonte indiretta, ma degnissima di fede.

A quanto pare, le trattative iniziate dal signor di SchlOzer non hanno ancora ottenuto un esito molto soddisfacente, almeno non tale quale era qui desiderato. Per ciò che concerne la sostanza di tali trattative, il signor SchlOzer non fu punto incaricato di promettere senz'altro una eventuale modificazione delle Leggi di Maggio, nè di fare nessuna concessione sul terreno dei principi. È stata soltanto manifestata l'intenzione che nel modo di applicare quelle leggi si terrà conto delle buone disposizioni, di cui farebbe prova il Vaticano verso lo Stato. Secondo che la Santa Sede si mostrerà conciliante ed arrendevole, lo Stato è disposto a fare altrettanto. Laonde tutta l'opera dell'Inviato prussiano doveva restringersi a ricercare ed a tracciare i termini di un modus vivendi tollerabile, il quale, facendo salva la ragione dei principii, rendesse nondimeno normali i rapporti fra le due Potestà, mercè una applicazione meno rigorosa delle Leggi di Maggio nel senso delle ultime leggi di Luglio.

Quanto allo stabilimento di una Legazione prussiana presso il Vaticano, esso era desiderato da lungo tempo nell'interesse del buon andamento degli affari spirituali pendenti fra le due autorità, poichè spesso questo Governo è stato costretto, con grave disagio, a servirsi dell'intermediario del Nunzio residente in Monaco. Il signor di Schlozer non avrà quindi dovuto dare se non l'ultima mano a tale questione: ma questo non è stato il punto principale della sua missione.

Con queste mie notizie concorda ci.) che scrive a questo proposito la Nord deutsche Allgemeine Zeitung, di cui l'E. V. conosce le attinenze ufficiose. Non vi sono stati finora, così si esprime questo giornale, se non negoziati confidenziali a titolo di reciproca informazione, senza che siansi formulate proposte di sorta. Le vere trattative avranno luogo soltanto dopo che il Gabinetto prussiano avrà statuito intorno alle possibili concessioni da farsi alla Chiesa. E su questo punto è evidente che avranno un gran peso le concessioni, che sarà per proporre la Curia di Roma. Epperò :;oltanto in seguito alle decisioni del Gabinetto si potranno intavolare formali trattative, ed allora soltanto potranno esser note e sottoposte ad esame le proposte concrete del Papa.

Da quanto precede l'E. V. scorgerà che, se è difficile formarsi un concetto esatto e concreto del vero stato delle trattative in discorso, è lecito però affermare che questo Governo è ben !ungi dal fare jattura dei suoi diritti, e che per contrario le sue concessioni eventuali saranno misurate alla stregua di quelle, che gli offrirà il Vaticano. Non si tratta dunque di una resa a discrezione, più o meno dissimulata, ma bensì di una transazione reciproca, che si negozia per il quieto vivere, ma con le armi in pugno.

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 32, p. 137. (2) -Cfr. n. 231.
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IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, MACHIA VELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 806. Alessandria, 28 settembre 1881 (per. il 3 ottobre J.

Ho profittato della mia ultima gita in Cairo per far noto a Scerif pascià il pensiero del R. Governo quale risulta dall'ossequiato dispaccio degli 11 corrente n. 406 (1), ma partendo dal concetto che, pel momento e per quel prossimo avvenire, a cui possano estendersi i calcoli d'una ragionevole prevision{', sia scomparso il pericolo d'un intervento armato in Egitto.

Gli ho detto che l'Italia, per la sua posizione di grande potenza mediterranea e segnataria del trattato di Berlino, come pure per i rilevantissimi interessi nazionali, che le corre l'obbligo di tutelare nel Vicereame, aveva, naturalmente, dovuto rivolgere la più seria attenzione ai recenti avvenimenti col vivo desiderio, però, ch'essi prendessero tale piega da escludere la necessità d'una occupazione militare qualsiasi e da esimere tanto l'Italia come le altre potenze dall'ingerirsi nelle faccende interne egiziane, che avevo quindi ragione di compiacermi nel veder corrispondere ai voti del R. Governo l'andamento attuale delle cose, nutrendo io fiducia che l'ubbidienza dei reggimenti di Cairo, quando ricevessero l'ordine di mutar guarnigione, smentirebbe i dubbi, che si continuano a manifestare da taluni sulle disposizioni dell'esercito.

Scerif pascià si è associato alle idee da me espressegli, dicendomi che, interrogato qualche tempo addietro dal Khedlve qual reputasse preferibile fra

un intervento anglo-francese ed un turco, aveva risposto pessimi entrambi e

dover il Ministero Riaz cercare nel paese stesso la via per uscire dalle difficoltà

entro cui trovavasi avviluppato; mi ha poi soggiunto essere imminente la pub

blicazione delle leggi dirette ad assicurare la posizione degli ufficiali cd a rego

lare le condizioni d'avanzamento, sottraendole all'arbitrio; dopo di che seguirà

senza dubbio il cambiamento progettato, senza che sorga difficoltà od obiezione

di sorta. Abbiamo quindi parlato della camera dei delegati, che sarà presto con

vocata, richiamando frattanto in vita questa istituzione e cercandosi poscia di

allargarne gradatamente la competenza, ma senza uscire, ben inteso, dalle mate

rie d'ordine interno.

Sembrami degno di nota che il pensiero d'un sindacato del paese sugli atti

del governo ha preso qui radice per analogia e come contrapposto al controllo

anglo-francese.

Se la tutela di crediti stranieri, così ragionano gl'indigeni, è l'unico fondamento giuridico d'una istituzione, la quale esercita continua e minuta sorveglianza 5opra ogni ramo di amministrazione interna, con quanto maggiore diritto non sarà uguale sorveglianza esercitata da chi paga le imposte ed ha supremo interesse al buon andamento della cosa pubblica?

È certo poi che uno dei principali scopi, che si prefiggeranno i delegati egiziani, sarà quello di limitare gli effetti del controllo, e già si parla con insi3tenza del proposito di ridurre quegli stipendi eccezionali, di cui godono gl'inglesi e francesi attualmente a capo di taluni rami della pubblica azienda, col fissare un maximum di 80 lire egiziane al mese, pari a lire nostre 2080, che è il soldo del generali di divisione in Egitto. Cosi scomparirebbe la disparità di trattamento fra indigeni ed europei ed i secondi sarebbero meno allettati a venir ad occupare posizioni, che i primi vorrebbero per sé.

Nulla, però, sarebbe innovato in quanto concerne gli stipendi dei controllori, dei commissari della cassa del debito pubblico e dei giudici dei tribunali misti, ossia delle persone la cui posizione è regolata da accordi internazionali.

Tali essendo le idee prevalenti, non è da stupirsi che coloro i quali hanno potentemente contribuito a creare il condominio anglo-francese e che ne hanno raccolto grandi vantaggi, mal sappiano acconciarsi all'idea che i reggimenti di Cairo siano per ubbidire all'ordine di partenza e dimostrare così ch'essi non hanno agito come i giannizzeri od i mammalucchi d'infausta memoria, ma come interpreti del sentimento pubblico, col reagire contro un'ingerenza straniera divenuta veramente soverchia; lo che non giustifica di certo la loro condotta dal punto di vista della disciplina militare ma in qualche parte la scusa.

Quest'osservazione mi è suggerita, ripensando ad un discorso tenutomi dal signor Malet, il quale mostrava di nutrire gravi dubbi sull'ubbidienza delle truppe allorché riceveranno l'ordine di lasciar il Cairo, provai1do egli forse qualche ripugnanza ad ammettere che la crisi proceda senza nuove scosse fino alla conclusione finale; sicché spicchi maggiormente la vera natura del movimento testè seguito, cioè di condanna al sistema inaugurato in Egitto dalla Francia e dall'Inghilterra e di prudente e graduata rivendicazione dell'autonomia locale.

(l) Cfr. n. 202, inviato a Machiavelli col n. 406.

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IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Monaco, 28 settembre 1881.

non si meraviglierà, spero, se arrivato a Monaco da 10 giorni soltanto io non sia stato ancora in grado di indirizzarle un Rapporto politico. Egli è che in questo momento tutti i miei colleghi capi di missione, senza eccezione, sono assenti da Monaco, ed assente è pure il Ministro degli Affari Esteri Barone di Crailsheim. Mi sarà mestieri dunque aspettar qualche tempo per affiatarmi e tastare il terreno. Dal poco però che ho potuto scorgere fin da ora ho capito benissimo come questo paese debba dar molto da fare e da pensare al Gran Cancelliere Principe di Bismarck. Qui, più che negli altri paesi germanici, predominano le idee clerlcali, particolaristiche e conservative e quindi il lavoro di assorbimento incontra ostacoli maggiori. Senonché non è impossibile che di questi elementi possa tirar partito ora il Principe di Bismarck nella sua nuova maniera. Lo vedremo alle prossime elezioni generali.

Mi sono qui in~ontrato col bravo Conte Usedom che V. E. ricorderà a Firenze quando era Ministro di Prussia nella memoranda epoca della guerra del 1866, come pure ricorderà il suo accapigliarsi col Generale Lamarmora e gli urti che quindi ne vennero fra lui e il Principe di Bismarck e per conseguenza la sua completa disgrazia. Fu il vaso di terra che rimase infranto da quello di ferro. Ora egli occupa un'altra carica in Corte a Berlino, e vive ritirato dagli affari: è rimasto però sempre amicissimo dell'Italia e s'interessa moltissimo alle cose nostre. Parlandomi appunto della nuova maniera del Principe Cancelliere ei mi diceva che l'Italia avrebbe torto ad allarmarsene. «In questo momento, ei continuava a dirmi, noi siamo a braccetto con la Curia papale, si questo è vero, non però per camminare insieme di fronte sulla stessa via, ma andando ognuno in senso opposto. Facciamo sforzi per tenerci stretti e non distaccarci, ecco tutto». Risposi che V. E. per quanto avevo potuto scorgere non era punto preoccupata del fatto in se stesso, dappoiché si rendeva ben ragione de' motivi che avevano spinto il Principe di Bismarck a fare la sua recente evoluzione, e d'altra parte non dubitava che la Germania avrebbe sempre preferito l'antico e provato amico al nuovo e della ventura, tanto più che nella bilancia di Europa un milione di soldati e delle buone corazzate pesano più delle Encicliche e delle pastorali. Nondimento V. E. non poteva dissimularsi che del fatto del ristabilimento delle relazioni diplomatiche fra la Germania e la Curia Pontificia i partiti retrivi in Italia avrebbero menato gran vanto, come di un trionfo. V. E. quindi confidava, ed a ragione, che il Governo Imperiale di Germania nel rannodare le sue relazioni con la Santa Sede avrebbe proceduto con tutti i riguardi dovuti all'Italia e cercato di dare alla cosa il minore apparato possibile. Il Conte Usedom mi rispose che non ne dubitava.

Dopo la presentazione delle mie credenziali penserò a fare a Berlino la breve corsa da V. E. consigliatami. Ne scriverò prima però al Conte de Launay.

Non ho punto dimenticato l'incarico datomi da V. E. di farle una memorietta sulle cose del Giappone. Sebbene io non possegga i relativi documenti farò il meglio che potrò per quanto la memoria mi soccorrerà.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I (l)

T. Napoli, 29 settembre 1881.

Putendo arrivare da un giorno all'altro l'arciduca Charles Louis a Monza è da prevedersi che si manifesti da parte dell'Imperatore d'Austria il piacere di ricevere la visita di Vostra Maestà. Le menzogne divulgate nella stampa italiana e straniera di pressioni di Cairoli per impedire quella visita, le quali avrebbero determinato il nostro Ministero ad abbandonare quel progetto per debolezza verso il partito radicale, non permettono dubitare della convenienza di rispondere affermativamente al desiderio dell'Imperatore d'Austria, ma senza verun impegno per ora di una visita all'Imperatore di Germania a Berlino. L'incontro col solo Imperatore d'Austria non potrebbe ferire suscettibilità della Francia, bramando noi buoni rapporti con Sovrano congiunto e vicino, senza escludersi desiderio comporre egualmente dissensi insorti col Governo francese altro vicino. Vostra Maestà s'intenderebbe coll'Arciduca circa il luogo ed il tempo dell'incontro; sarebbe però desiderabile che precedesse l'epoca dell'apertura del nostro Parlamento.

Ho telegrafato (2) a Depretis acciocché sottoponga a Vostra Maestà il suo parere che spero conforme. Aspetterò le determinazioni che Vostra Maestà si degnerà notificarmi.

237

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. CONFIDENZIALE 1147/1119. Londra, 30 settembre 1881 (per. il 4 ottobre).

Ringrazio l'E. V. di avermi lasciata ogni latitudine d'apprezzamento intorno al modo in cui potesse convenire di presentare a Lord Granville le considerazioni concernenti gli affari d'Egitto che Le furono suggerite dall'esito della. visita statagli da me fatta il 17 corrente a Walmer Castle e che Ella

es_pose nel suo telegramma del 18 di questo mese Cl) e nel dispaccio n. 1250 (2) di questa serie, in data del di seguente.

* Parendomi opportuno di vedere anzitutto se le cose in Egitto prendevano una diversa piega o se i disegni di questo Gabinetto si facevano più chiari, io differii per qualche giorno ogni nuova comunicazione al Conte Granville. Intanto ebbi occasione d'intrattenermi ier l'altro al Foreign Office col solo SottoSegretario di Stato per gli Affari Esteri che sia qui presente, con Sir Julian Pauncefote, il quale, pur dichiarando che la situazione in Egitto pareva migliorata per ora, non disconosceva che l'influenza morale esercitata d'accordo dall'Inghilterra e dalla Francia al Cairo potrebbe non bastare in ogni nuovo evento e che tosto o tardi altre misure potrebbero divenire necessarie. Ma circa la natura di queste misure es;;o non fu meno muto con me che nol fosse, due giorni prima, il Conte Granville coll'Incaricato d'Affari di Germania che erasi recato presso di lui a Walmer Castle e che poi mi disse di non avere potuto scoprire a tale riguardo le intenzioni del suo interlocutore. Lord Granville si limitò a dirgli che il signor Malet nel primo rapporto che gli fece dopo essere ritornato in Egitto esprimeva qualche dubbio sulla possibilità d'allontanare i reggimenti sediziosi dal Cairo, ma che da più recenti notizie appariva che un primo reggimento s'accingeva alla partenza pel Soudan, ciocché era di buon augurio.

Dal suo lato, * quasi tutta la stampa inglese continua a discutere gli affari d'Egitto in previsione di fatti che da un'ora all'altra possano rendere necessaria un'azione più energica del Governo inglese. Ed è universale il giudizio che all'Inghilterra sola debba appartenere un'influenza politica in Egitto, avendovi essa sola un interesse politico cosi preponderante che l'esistenza stessa dell'Impero britannico ne dipende. Epperò s'invita il Governo a tenersi pronto per ogni evento e a non ammettere che nella questione puramente politica pretenda altri ingerirsi con lui in Egitto. * Da alcuni proponesi di aiutare l'Egitto ad acquistare la sua indipendenza, considerando questa come un mezzo di escluderne più facilmente le rivali influenze straniere pericolose per gli interessi britannici. *

In questo stato di cose io ho indirizzato oggi a Lord Granville in forma particolare una lettera, nella quale riprodussi i termini stessi usati da V. E. nel telegramma e nel dispaccio sopracitati * di cui mi pregio d'inviarLe qui unita la copia. Non spero d'attenerne una risposta che non era il caso di chiedergli; ma la mia lettera mi darà ad ogni modo l'opportunità di tornare a voce sull'argomento, quando lo rivedrò. *

ALLEGATO

RESSMAN A GRANVILLE

L. P. Londra, 30 settembre 1881.

J'ai eu soin d'informer le Gouvernement Royal de la convers&tion que j'ai eu l'honneur d'avoir, le 17 courant, avec V. E. à Walmer Castle a.u sujet des affaires Egyptiennes.

Les observations que j'ai été chargé d'exposer à V. E. avaient été inspirées au Ministre Royal des Affaires Etrangères par la prévision générale que des événements plus graves succéderaient bientòt en Egypte à ceux du 9 Septembre. Cette crainte ne s'étant heureusement pas réalisée jusqu'ic1, M. Mancim a suspendu, conformément au conseil de V. E., toute ouverture à Paris. En effet, si les difficultés égyptiennes peuvent etre dissipées par le Gouvernement du Khédive, sans aucune action étrangère, le voeu principal du Gouvernement italien sera réalisé.

Cependant, si les choses prenaient une autre tournure, je ne sauralis cacher à V. E. l'impression pénible que causerait au Gouvernement du Roi la persistance du Cabinet anglais actuel à exclure, comme le précédent, tout concours éventuel, meme simplement moral, de l'Italie en Egypte. Comme grande puissance méditerranéenne, ayant une colonie considérable en Egypte, l'Italie a des devoirs à y remplir et des <intérets importants à y sauvegarder. Aussi, dans le cas où l'espoir d'un apaisement en Egypte viendrait à etre deçu et où l'emploi d'autres mesures y deviendrait nécessaire, il serait impossible à l'Italie de s'éclipser et de se désintéresser complètement d'une question que d'autres grandes Puissances regardent camme une question européenne.

Le Gouvernement du Roi espère que, gràce à la bienveillance et aux sentiments de justice du Cabinet présidé par M. Gladstone, la part légitime d'influence qui lui revient en Egypte ne sera pas toujours méconnue et qu'un arrangement satisfaisant pour les intérets communs pourra y succéder ooentòt à des ententes isolées. En agissant dans ce sens et en se faisant de l'Italie un auxiliaire en Egypte, le Gabinet Anglais, Ioin de nuire à ses propres intérets, les servirait assurément d'une manière non moins utile qu'équitable.

D'après le voeu de mon Gouvernement, j'ai tenu à !"'Umettre ces considérat;ions, en voie confidentielle, à votre bienveillante appréciation ...

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento. Carte Mancini. (2) -T. pari data, non pubbltcato. (3) -Ed., ad eccezione dei brani fra aste;·ischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 23-24. (l) -Cfr. n. 221. (2) -Non pubblicato.
238

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI

T. Monza, 1° ottobre 1881, ore 19.

Ringrazio del telegramma (1). Avendo veduto ieri Depretis abbiamo trattato pure nota questione, riservandosi egli di farmi sapere in seguito risposta concordata da farsi all'arciduca verificandosi visita a Monza, sia che il medesimo entri nella questione della visita in modo vago e generico, sia che ne tratti in modo esplicito.

239

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1532. Therapia, 1° ottobre 1881, ore 20,25 (per. ore 21).

Cantagalli m'a communiqué désir de Comoundouros d'obtenir évacuation Volo 15 jours avant terme obligatoire, ayant saisi mes collègues du sujet

dans la réunion d'aujourd'hui on a été à l'unanimité d'avis qu'il serait inutile et inopportun de demander pareille concession pendant que nous luttons eucore pour l'exécution définitive de la convention et dans un moment où il règne ici une grande irritation à cause du voyage du Roi Georges dans les nouvelles provinces.

(l) Cfr. n. 236.

240

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

L. P. Roma, 1° ottobre 1881.

Quando la visita di Sua Maestà sia stata concertata coll'arciduca o altrimenti, sarà opportuno e conveniente un passo a Berlino, che forse potrebbe e dovrebbe essere fatto da Sua Maestà stessa, con una lettera sua particolare al Principe Imperiale che è amicissimo al Re (si danno anche del tu), la quale lettera potrebbe essere più o meno analoga al progetto che mi permetterò di accluderle domani. Il momento non è certamente venuto di decidere il da farsi al riguardo, e sarà necessario sentire prima Robilant e Launay. Ella vedrà però se sia il caso di chiarire meglio per Sua Maestà, che forse non si rende conto sufficiente della situazione, il piano da progettarsi, e che ha per iscopi:

1° di evitare che la visita all'Imperatore d'Austria c'impegni in combinazioni eventuali del Principe di Bismarck che non sono chiare tuttora; e perciò si differisce la visita all'Imperatore di Germania;

2° di evitare che la visita all'Imperatore di Austria solo sia pretesto o cagione di ombrage alla Corte di Berlino, la quale deve essere informata che con ciò il Re ed il suo Governo intendono di far cosa grata alla Germania e seguirne i costanti ed espliciti suggerimenti.

Perciò le sottoporrò un progetto di lettera reale, benché prematuro, ad ogni buon fine.

I giornali continuano ad attaccarci per l'inchiesta di Beilul. Ma finché non sia conchiusa la convenzione per Assab sarà difficile insistere per una soddisfazione. La risposta di Branchi non potrà ad ogni modo giungerci prima del 10. De Martino potrebbe studiare la quistione e riferirne a V. E., e per guadagnar tempo Ella potrebbe sottoporre confidenzialmente a Lord Granville per mezzo di Paget il nostro avant-projet, riservandoci noi di modificarlo secondo le osservazioni sia del Gabinetto britannico che del nostro commissario a Assab; dopodiché potremmo verso il 15 corrente far comunicare da Ressman a Lord Granville il nostro progetto definitivo da mandarsi al Cairo

o a Costantinopoli. Non bisogna perdere tempo; c'è da prevedere le lungaggini solite dei Governi d'Oriente.

(lÌ Da Museo Centrale del Risorgimento, Cart~ Mancini.

Il Generale Menabrea è venuto a consegnarmi confidenzialmente gli uniti documenti di Ressman, che egli teme voglia lasciare la carriera. Ressman avrebbe torto di volere che s'interrompa senza ragioni sufficienti la reggenza di Marochetti. Per il Ministero poi, quando venga l'occasione di mandare Ressman a Parigi, egli ci renderà senza dubbio servigii ancora migliori di quelli di Marochetti.

Esce ora (ore 4) dal mio Gabinetto Sir A. Paget, che è disposto ad assecondare, se Ella lo desidera, il procedere che proponevo qui sopra a Lei per Assab. Unisco un progetto della lettera che Ella potrebbe spedirgli coll'avantprojet di convenzione (1).

Ho veduto Ellena. Ella avrà veduto il telegramma Stefani che egli concertò col Berti. Forse si può senza inconvenienti davanti al pubblico dimostrare una certa tale quale soddisfazione, quantunque secondo me si sarebbe potuto non dissimulare che gravi difficoltà sorsero in ultimo. Ma Ellena crede con me che verso il Governo francese almeno sia indispensabile il non apparire dupes. Ella vedra coi suoi Colleghi se non converrà ora stabilire in via diplomatica il nostro apprezzamento.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS, A STRADELLA

T. Napoli, 2 ottobre 1881, ore 14.

Eccoti schiarimenti circa importante argomento della venuta di un arciduca a Monza. L'Imperatore d'Austria ricevendo dopo le grandi manovre il nostro colonnello Lanza gli disse aver gradito assai l'annunzio datogli col ritorno del generale austriaco che aveva assistito alle manovre militari in Italia, che il Re Umberto avesse manifestato a quest'ultimo la sua intenzione di fare personalmente visita allo stesso Imperatore, il quale perciò lo attendeva con vivo compiacimento. L'Imperatore fece a parecchi altri la stessa manifestazione. Avvisatone dal Lanza e dal nostro incaricato d'affari, comunicai notizia a S. M. il Re, il quale mi avvertì esservi equivoco avendo egli semplicemente espresso speranza rivedere generale austriaco nell'accomiatarlo, ed averlo incaricato salutare suo nome Imperatore, senza annunziare un proprio viaggio a Vienna, doversi quindi telegrafare Lanza ed incaricato d'affari acciò non parlassero con chicchessia delle parole dell'Imperatore; e diedi istruzioni allo stesso nostro incaricato affinché se Haymerle gli facesse cenno della supposta conversazione del nostro Re col generale austriaco, esprimesse sua personale opinione essere corso probabilmente qualche equivoco attesa difficoltà che nelle presenti circostanze il Re si allontanasse dal Regno. L'incaricato insisté ripetendo che l'Imperatore stesso continuava a parlarne ad altri. Dopo

20 -Documenti diplomatici -Serle II -VoL XIV

ciò e nell'ultimo giorno di mia dimora in Roma, venne a parlarmi incaricato d'affari austriaco cav. Tavera, e confidenzialmente si disse incaricato dal suo Governo per ordine dell'Imperatore di verificare se nostri Sovrani nei primi giorni d'ottobre certamente si trovassero a Monza, proponendosi egli di mandar colà un arciduca a far loro visita. Era evidente scopo che tale iniziativa facilitasse la desiderata visita successiva del nostro Re. Mi riservai rispondere, telegrafai a Sua Maestà, il quale mi autorizzò rispondere che egli con la Regina si sarebbero trovati a Monza nei primi d'ottobre, e che la visita d'un arciduca a Monza sarebbe loro sempre riuscita gradita. Comunicai risposta, indi l'incaricato austriaco mi fece sapere confidenzialmente che sarebbe andato a Monza l'arciduca Carlo Luigi. Ecco tutto. Tale visita potrebbe solo esser rimasta sospesa per notizie diffuse da tutta la stampa austriaca e tedesca circa opposizione Cairoli e nostra debolezza nel cedere a sue supposte pressioni e minacce. Telegrafami se vi sia alcuna parte di vero nelle opinioni del Cairoli al quale io stesso ho scritto. Sarebbe sommamente necessario far smentire categoricamente con un dispaccio Stefani, possibilmente con lettera del Cairoli, codesto sconveniente mendacio.

Potendo arciduca giungere improvviso a Monza, credo indispensabile concertare linguaggio da tenersi da S. M. il Re. Telegrafami tuo parere.

(l) Cfr. n. 275, allegato.

242

L'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 309. Santiago, 2 ottobre 1881 (per. il 22 novembre).

Ho l'onore di ragguagliare l'E. V. dell'attuale stato delle pratiche pendenti per stabilire il modo di dare un'equa soluzione ai molteplici e rilevanti reclami dei nostri connazionali.

Col dispaccio dell'H giugno ultimo passato n. 74, ricevuto il 13 agosto (2), l'E. V. mentre riservavasi di prendere una definitiva deliberazione riguardo alla proposta d'una convenzione generale d'arbitrato, cui in massima si professava favorevole, autorizzava questa Legazione ad associarsi alle pratiche, che venissero fatte dal Ministro Britannico allo scopo comune di ottenere una adeguata soddisfazione delle offese recate dalle milizie alle persone ed alle proprietà dei rispettivi sudditi.

Successivamente l'E. V., avendo motivo di ritenere, che il Gabinetto di San Giacomo sarebbe stato disposto a far buon viso alla proposta d'una simile convenzione, col Dispaccio del 29 giugno n. 77, pervenutomi il 18 agosto (3), dava per istruzione a questa Legazione di accettare la convenzione medesima,

240 nel caso che venisse pur accettata per parte del rappresentante d'Inghilterra, e solo si riservava di trasmettere in breve una clausola aggiuntiva atta a renderne il valore più particolarmente efficace.

Il 15 settembre ebbi, poi, l'onore di ricevere i dispacci che l'E. V. si compiacque di rivolgermi il 20 (l) ed il 29 luglio (2) con il n. 78 e 80; col primo, confermate le istruzioni contenute nei due precedenti dispacci, m'indicò le modificazioni ed aggiunte da introdursi nella progettata convenzione; col secondo mi comunicò averle codesta ambasciata britannica partecipato che «Lord Granville aveva impartito istruzione al ministro inglese in Santiago di accertare in qual modo il Governo chileno intendesse procedere per la liquidazione delle pretese dei neutri per risarcimento dei danni derivati dalla guerra tra il Perù ed il Chili, e lo aveva pure invitato a notificare a tutti i sudditi inglesi, che avessero a far valere simili ragioni, che avrebbero dovuto presentare senza ritardo i loro reclami innanzi alla Corte competente nel caso che il Governo chileno avesse proposto di deferire ad una autorità giudiziaria tutti i reclami di simil genere, riguardino essi indigeni o stranieri»; ed aggiunse l'E. V., che mi faceva tale comunicazione, ond'io potessi « provvedere nel modo più conforme agli interessi dei nostri nazionali ».

Infine il 22 settembre mi pervennero, accompagnati dal dispaccio dtll 21 luglio n. 81 (2), i sovrani pieni poteri che mi conferivano la facoltà di stipulare col Governo Chileno «una convenzione intesa all'uopo di sancire il principio dell'arbitrato per la definizione di ogni eventuale controversia fra i due Governi».

Ricevuti i citati dispacci n. 74 e 77, io credetti di dovermi attendere a che il signor Pakenham mi facesse qualche comunicazione, allo scopo di meco concertarsi per dar esecuzione a quelle istruzioni che era a supporsi avesse ricevuto in armonia colle dichiarazioni del suo Governo (Documenti Diplomatici n. 55, 56, 58 e 59). Egli però si mantenne in assoluto silenzio, tanto verso di me, quanto verso il ministro di Francia, ed io credetti inopportuno di prendere l'iniziativa di concerti con lui, tanto più in vista della circostanza che, vivendo esso in una villa del territorio di Valparaiso, m'era assai difficile procurarmi la occasione di vederlo e di far quindi cadere la conversazione sull'argomento.

Mi limitai pertanto ad indagare indirettamente i passi che la legazione britannica stesse facendo, mentre pur non omisi di adoprarmi diligentemente per tenermi informato delle disposizioni e dei propositi del Governo chileno. Venni a sapere che il signor Pakenham, nello scorso mese di aprile, aveva proposto al signor Valderrama di deferire la cognizione e risoluzione d'ogni reclamo di sudditi della Regina ad una Commissione mista, formata dal signor Drummond-Hay, console britannico in Valparaiso, e da un delegato del Governo Chileno, e che, non avendo avuto alcuna risposta, aveva rinnovato la sua proposta la quale in ultimo sarebbe stata presa in considerazione ed in massima favorevolmente accolta, benché non formalmente accettata, a motivo che il signor Valderrama, essendo prossimo a lasciare il portafoglio, non

intendeva di prendere alcuna deliberazione di qualche importanza. Per quello poi, che concerneva specialmente i nostri reclami ebbi purtroppo occasione di constatare che nelle sfere governative mostravasi una tendenza a desistere dal proposito di stipulare la proposta convenzione d'arbitrato e di dare seria esecuzione all'inchieste ed alle soddisfazioni di cui il conte Sanminiatelli ave· va soltanto ottenuto verbale promessa; rilevai, inoltre, come si accennasse all'intenzione di voler senz'altro respingere parecchi dei nostri reclami.

Tale era la situazione quando a renderla ancora più grave, almeno apparentemente, sopravvenne la inattesa comunicazione che l'E. V. si trovò nel caso di farmi col Dispaccio n. 80.

* Dal tenore di questo Dispaccio appariva, che il Governo di Sua Maestà Britannica, senza alcun preventivo concerto colle altre Potenze interessate ed in contraddizione coi propositi poco prima manifestati (Documenti Diplomatici 56 e 65 LXII) era venuto nella determinazione di lasciare alla locale autorità giudiziaria il far ragione dei reclami dei proprii sudditi; il che era quanto dire, che il Gabinetto di Londra non intendeva di continuare l'iniziata azione diplomatica a favore d'essi reclamanti.

Convinto che un simile procedimento sarebbe assai probabilmente la rovina degli interessi dei nostri connazionali, non esito a dichiarare ch'io non mi rassegnerei ad accettarlo, tranne che dietro precise istruzioni dell'E. V. ed in caso di constatata assoluta necessità per evitare mali maggiori. Ma il solo fatto, che Lord Granville abbia accettato o mostrato di accettare siffatta soluzione per i reclami dei sudditi della Regina, pregiudicherebbe grandemente la nostra posizione in quanto che il Governo chileno vi troverebbe imponente incitamento a darsi poca cura delle nostre domande e rimostranze.

Non indugiai quindi ad adoprarmi per scongiurare possibilmente tanta jattura; speravo del resto, che le ultime istruzioni al Signor Pakenham non fossero in realtà quali apparivano dalla comunicazione fattane dall'E. V. da codesta Ambasciata britannica (Documenti Diplomatici n. 85). * E, profittando dell'occasione che il Signor Pakenham trovavasi, in quei giorni, in Santiago, per assistere alle feste nazionali del 18 settembre, mi diedi premura di parlargli della questione, onde chiarirne i termini e concertare eventualmente il da farsi nel comune interesse. Egli m'informò, e delle avute istruzioni, e del suo operato, dandomi lettura della minuta del suo ultimo rapporto indirizzato a Lord Granville: primieramente avrebbe avuto per istruzione di spingere il Governo chileno ad una soluzione dei reclami e di accettare, in caso di offerta, la convenzione stata a noi proposta; e poco tempo dopo sarebbe stato invitato a raccomandare ai sudditi britannici di produrre i rispettivi ricorsi dinnanzi quella Corte speciale cui il Chilì avesse voluto deferire i reclami, tanto degli stranieri, quanto degl'indigeni. È probabile che Lord Granville abbia inteso di parlare non di tribunali ordinari, ma bensì di una Corte speciale, la quale avrebbe potuto essere una Commissione mista od un magistrato arbitrale; però, se tale era l'idea di Sua Signoria, male si comprenderebbe come dinnanzi ad una simile Corte avessero da presentarsi e stranieri ed indigeni, e del resto male altresì si comprenderebbe come si fosse parlato d'indigeni, mentre, essendosi la guerra sviluppata interamente nel

territorio nemico, non era a supporsi, e difatti non consta, che dei cittadini chileni siano stati danneggiati dalle truppe della propria nazione. Il Signor Pakenham effettivamente mostrassi alquanto sorpreso delle ultime istruzioni al Signor Valderrama. Questi però fortunatamente gli avrebbe dichiarato che non aveva sino allora pensato, e che tuttavia non pensava, di deferire all'autorità giudiziaria i reclami dei neutrali, e che, anziché a proporre come mezzo di soluzione dei reclami una convenzione generale d'arbitrato, era piuttosto inclinato ad accettare la proposta di una speciale Commissione mista; ad ognt modo, essendo prossimo a lasciare il Ministero, intendeva di riservare al suo successore il deliberare in proposito. Il Signor Pakenham m'ha poi espresso la fiducia che il Signor Balmaceda, mantenendosi in quest'ordine d'idee, non debba tardare a presentare al Congresso, e riesca a far approvare, un progetto di legge, col quale il Governo verrebbe autorizzato ad accettare la formazione della suddetta Commissione. Il ministro d'Inghilterra, per ultimo, mi disse di non avere avuto esplicita istruzione di procedere d'accordo colle altre legazioni, ma che tuttavia non avrebbe avuto difficoltà di tenermi informato delle ulteriori fasi del proprio operato.

Il ministro di Francia, col quale tenni ripetutamente parola di questa questione, e che ignorava parimenti i passi fatti dal Signor Pakenham, manifestò di dividere interamente il mio modo di vedere, e mi confidò d'essersi trovato in una posizione più critica della mia poiché il suo Governo, avendo ricevuto il 21 luglio dall'ambasciata britannica in Parigi una comunicazione quasi identica a quella stata fatta all'E. V. dal Signor Mac Donell il 25 dello stesso mese, gli aveva impartito l'istruzione di aderire senz'altro alla devoluzione dei reclami ad una Corte speciale, qualora il Chilì volesse adottare un simile procedimento. La nota che su tal argomento il Signor Adams diresse al Signor Barthélemy de St. Hilaire, il 21 luglio, fa cenno di detta Corte nei seguenti termini: «Dans le cas où le Chili déciderait de déférer à une Cour spéc1ale les réclamations émanées aussi bien des étrangers que des nationaux eux-memes, M. Pakenham a été invité à recommander aux sujets anglais, victimes de dommages, de se mettre en mesure de produire sans retard leurs demandes devant cette jurisdiction ». Il barone d'Avril * al pari di me fu lieto, che il Governo chileno non abbia concepito nè afferrato l'idea messa innanzi da Lord Granville; e stimò prudente di lasciar ignorare al Signor Valderrama ed al suo successore, come anche allo stesso Signor Pakenham le istruzioni stategli al riguardo impartite dal Sig. Barthélémy de Saint Hilaire. Egli, * che di buon grado avrebbe accettato una convenzione generale d'arbitraggio, ove il suo Governo non si fosse dichiarato di contrario avviso (Documento Diplomatico n. 61) trova che il miglior modo, che or si presenti per giungere ad ottenere una pronta ed equa soddisfazione dei reclami, sarebbe la Commissione mista proposta dal Signor Pakenham, e mi ha detto d'essere disposto a dichiarare di aderirvi, anche prima che il Governo chileno gliene faccia l'offerta * senza nemmeno aspettare d'esservi previamente autorizzato dal Signor Barthélemy di Saint Hilaire. *

Cosi stando le cose, e tenuto conto d'ogni circostanza, nonché del complesso delle avute istruzioni, credetti giunto il momento opportuno di entrare

in uno scambio d'idee col nuovo ministro delle relazioni estere, onde possibilmente affrettare una conveniente soluzione. Pertanto, recatomi ieri alla Moneda, mi procurai una conferenza col Signor Balmaceda, col quale, del resto, già prima in varie private conservazioni, aveva avuto occasione di discorrere dei nostri affari in generale, ricavando dalle sue parole l'impressione di essere esso animato da disposizioni amichevoli e concilianti.

Dissi al Signor Balmaceda che al Governo del Re pareva giunto il tempo di stabilire qual modo si sceglierebbe per dare una giusta soddisfazione ai reclami dei regi sudditi; aggiunsi che noi, favorevoli, per principio, al concetto d'un arbitrato, non saremmo alieni dall'accettare, qual base d'accordo, il progetto di convenzione che era stato formulato dal Signor Valderrama di concerto col Conte Sanminiatelli; e lo pregai di volermi manifestare gli intendimenti del suo Governo.

Il Signor ministro mi rispose che non era ancora in grado di dichiarare quali fossero precisamente i propositi dell'attuale Gabinetto, poiché la questione non era stata definitivamente decisa nel Consiglio dei Ministri, e che quindi non poteva che espormi le sue idee personali, le quali per altro, secondo ogni probabilità, verrebbero accolte dai suoi colleghi ed approvate da

s. E. il presidente. Ciò premesso mi disse: che non credeva opportuno, almeno per ora, di stipulare una convenzione generale d'arbitrato, né coll'Italia, né con altm Stati; che simile convenzione avrebbe dato luogo a vive discussioni nel Congresso, la cui maggioranza non l'avrebbe forse approvata; che tuttavia, non essendo contrario al principio dell'arbitraggio, era sua intenzione di accogliere in massima la proposta, stata fatta dal signor Pakenham, di deferire a Commissioni miste la cognizione e risoluzione d'ogni reclamo originato dalla presente guerra; che, per dare esecuzione a tale proposito, desiderava di poter presentare al Congresso prossimamente, cioè entro il corrente mese di ottobre, un apposito progetto di legge, il quale, non vincolando la libertà del Governo, per quanto gli constava, avrebbe nel Parlamento incontrato minori opposizioni che non una formale convenzione internazionale; che infine, quando fosse dalla progettata legge autorizzato, acconsentirebbe a firmare colle legazioni d'Italia, d'Inghilterra, e di Francia separati protocolli per la nomina delle Commissioni miste incaricate di esaminare e risolvere i rispettivi reclami.

Alla mia domanda, in che essenzialmente differirebbero i protocolli or menzionati da quello che si avrebbe dovuto stendere in esecuzione della convenztone generale d'arbitrato, il signor Balmaceda ha osservato che una grande differenza consisterebbe in ciò: che, secondo il concetto che informa il progetto della convenzione generale, si avrebbero da deferire all'arbitrato solo le questioni intorno alle quali la corrispondenza diplomatica e gli amichevoli negoziati non avessero condotto ad una soluzione soddisfacente per le parti, mentre invece lo spirito del nuovo accordo, secondo cui tutti i reclami verrebbero senz'altro deferiti alla nominata Commissione mista, tenderebbe appunto ad escludere o troncare ogni discussione diplomatica sopra ciascun reclamo in particolare; il che costituirebbe il principale vantaggio del procedimento da lui vagheggiato. E, sviluppando maggiormente il suo pensiero, ha

soggiunto che simili discussioni possono spesso prolungarsi infruttuosamente, e facilmente dar luogo a spiacevoli attriti internazionali, mentre per contro ben di rado riescono a dare nella pratica un felice risultato, in quanto che, anche nei casi in cui il potere esecutivo credesse di soddisfare un reclamo, rimarrebbero pur sempre a vincersi gli ostacoli che inevitabilmente si incontrerebbero in seno al Parlamento che dovesse accordare i fondi occorrenti.

Per parte mia, credetti conveniente di dichiarare al signor Balmaceda che mi riservavo di pronunciarmi definitivamente sul suo espostomi progetto tostoché ne conoscessi i termini precisi, ma che però, in massima, non potevo che fargli buon viso, sembrandomi corrispondere esso al vivo desiderio del Governo del Re di ottenere sollecitamente una giusta soddisfazione dei reclami dei regi sudditi e di rimuovere, in pari tempo, ogni cagione che possa menomamente turbare i buoni rapporti d'amicizia felicemente esistenti tra l'Italia ed il Chili.

Nel seguito della conversazione il signor ministro non mi nascose come essere suo intendimento di non deferire alla progettata Commissione taluni dei nostri reclami, che il suo Governo giudicherebbe infondati. Io ritenni prudente di non rilevare tal suo proposito, essendomi sembrato inopportuno il momento per intavolare una discussione su questo argomento. Ma naturalmente, concordandosi l'istituzione d'una Commissione mista per la soluzione dei nostri reclami, tranne il caso in cui speciali considerazioni mi obbligassero ad ammettere qualche eccezione, mi riterrò fondato nell'esigere che ogni reclamo, il quale non sia stato altrimenti soddisfatto, venga deferito all'esame. della stessa Commissione.

Ieri sera il ministro di Francia, avendolo io informato della conferenza avuta nella giornata col signor Balmaceda, mi ha detto che quanto prima avrebbe egli pure fatto un identico passo, ma in termini ancora più espliciti, dichiarando senza reticenze d'essere disposto ad accettare il progettato accordo. Non v'ha dubbio che quest'uniformìtà di linguaggio e di procedere delle legazioni d'Italia, Francia ed Inghilterra contribuirà a facilitare ed affrettare il conseguimento dello scopo comune, e ben giova sperare che tale uniformità, per effetto delle istruzioni dei rispettivi Governi, venga ulteriormente mantenuta.

Quanto alla scelta delle persone che dovranno formare le progettate Commissioni miste, la legazione britannica confermerà la proposta già fatta nella persona del signor Drummond-Hay, console d'Inghilterra in Valparaiso; la legazione francese proporrà il signor Lebrun, console di Francia in detta residenza, oppure, ove questi, per la sua malferma salute, non possa compiere tale incarico, il signor Benneville, cittadino francese domiciliato in questa repubblica, antico impiegato del Governo chileno, il quale già lodevolmente ebbe a sostenere uguale ufficio qual delegato della legazione francese nel regolamento delle indennità accordate ai sudditi francesi in dipendenza dei fatti di Punta Arenas. Per parte nostra, non essendovi attualmente nel Chilì nessun altro regio funzionario, non trovando nella nostra colonia alcuna persona che, per quanto mi consta, riunisca i requisiti voluti per un simile incarico, nè credendo conveniente di nominare uno straniero, penserei di riservare all'E. V. la designazione del nostro commissario, il quale, a mio avviso, dovrebbe essere, o un ufficiale consolare, od un funzionario dell'ordine giudiziario.

Non so ancora se si stabilirà che i due commissari ne nominino un terzo, e che, non trovandosi essi d'accordo su questa nomina, la parte più diligente avrà facoltà di rivolgersi, per tale oggetto, ad un determinato personaggio o Governo; o se invece si stipulerà che, quando i due commissari non si trovassero d'accordo nel risolvere una questione, o nel provvedere sopra un reclamo, dovranno essi chiamare a far parte della loro Commissione un terzo commissario preventivamente designato. Nel primo caso proporrei che la parte più diligente avrebbe da rivolgersi al Governo di S. M. l'Imperatore d'Austria e Ungheria, od a quello di S. E. il Presidente della Repubblica Svizzera; nel secondo proporrei come terzo commissario il Console Generale della prefata Maestà I. e R. in Chili oppure il Console di Svizzera in Valparaiso, persone entrambi che, credo, sarebbero gradite dal Governo Chileno, e che saprebbero degnamente compiere il loro ufficio. * Ho detto, che nel primo caso proporrei il Governo Austro-Ungarico o lo Svizzero e non i Capi di quegli Stati, perché sembrami, che trattandosi non di una solenne convenzione stipulata in virtù di Sovrani Pieni Poteri, ma bensì un semplice protocollo, che non eccederebbe l'ordinario esercizio delle attribuzioni d'una legazione, non sarebbe conveniente di designare personalmente quegli Alti Personaggi.*

Come l'E. V. ha potuto rilevare da quanto ho avuto l'onore di riferirle, più non é il caso di pensare, almeno per ora, alla stipulazione d'una convenzione generale d'arbitraggio; ma se ulteriormente se ne presentasse la contingenza, terrei presenti le avute istruzioni (Documento Diplomatico n. 82) procurando sopratutto di conseguire, che la convenzione racchiudesse la guarentigia della propria efficacia indipendentemente dal maggior o minor buon volere delle parti. Ed a tal fine, aride interamente sottrarre all'inerzia od alla malizia dell'una o dell'altra delle parti l'esecuzione della convenzione medesima, parmi che alla suggeritami clausola sarebbe inoltre utile di aggiungere possibilmente un termine fisso, trascorso il quale, la parte più diligente avesse il diritto di esigere la costituzione del magistrato arbitrale; converrebbe per esempio di inserire nell'art. 2° che «passati sei mesi dalla presentazione d'un reclamo senza che per la soluzione del medesimo sia intervenuto un accordo fra i due Governi la parte più diligente potrà esigere, che s1 proceda tosto alla costituzione del magistrato arbitrale».

Non ritengo probabile, che l'accennato nuovo accordo per la soddisfazione

dei nostri reclami possa essere conchiuso così presto, come pare debba spe

rarsi in seguito alle dichiarazioni del Signor Ministro delle Relazioni Esteriori

di questa Repubblica; tuttavia ad ogni buon fine, per mia norma e tranquil

lità, gradirei sommamente, che il Ministero degli Affari Esteri di Sua Maestà,

appena ricevuto il presente rapporto, si compiacesse di rivolgermi un telegram

ma (l) per farmi sapere, se l'E. V. approva o disapprova il mio operato e gli

esposti miei intendimenti.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune variamt!, in LV 33, pp. 168-173. (2) -Cfr. n. 30. (3) -Cfr. n. 67. (l) -Cfr. n. 105. (5) -Non pubblicato.

(l) Non rinvenuto nel regtstro del telegrammi.

243

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI

T. R. Roma, 3 ottobre 1881, ore 13,30.

Après conversation avec Tavera il me soumet son projet ci-joint de télégramme; il serait convenable de lui faire savoir aujourd'hui s'il peut l'expédier.

« Dans une conversation que j'ai eue aujourd'hui avec le baron Blanc, il m'a demandé si j'avais reçu récemment des nouvelles relativement à l'archiduc Charles Louis. Il m'a informé confidentiellement qu'à la meme date où le ministère des affaires étrangères communiquait au Roi à Venise la demande de l'archiduc si Leurs Majestés seraient à Monza au commencement d'octobre, Sa Majesté apprenait par le comte Robilant les paroles si bienveillantes adressées par S. M. l'Empereur au colonel Lanza au sujet de ce que le général Kober lui avait rapporté des dispositions du Roi. Cette coincidence a produit naturellement l'impression auprès du Roi qu'une visite éventuelle de l'archiduc pourrait etre l'occasion la plus favorable pour amener une entente directe entre les deux Souverain au sujet du projet d'entrevue. Le baron Blanc m'affirme que le projet en question rencontre auprès du Gouvernement la plus complète adhésion comme répondant évidemment au sentiment général du pays ~ (1).

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I

T. Napoli, 3 ottobre 1881.

Depretis mi esprime un suo dubbio sulla convenienza di un eventuale incontro di Vostra Maestà con l'Imperatore d'Austria sempre che precedano formali inviti e dimostrazioni di desiderio da parte dello stesso Imperatore. Credo mio dovere rassegnare riservatamente a Vostra Maestà copia del telegramma che a lui trasmetto su questo argomento (2), anche a discarico della mia responsabilità. Per altro mio scopo è di non escludere convenienza tale incontro, senza però impegno veruno per una decisione che Vostra Maestà dovrà prendere a suo tempo con accurato apprezzamento delle circostanze e de' nostri rispettosi consigli, e sopratutto con la piena convenienza della dignità di un Sovrano d'Italia e nato dalla glori<:Jsa dinastia di Savoia. Ecco il telegramma, e spero che incontrerà l'alto assentimento di Vostra Maestà.

(l) -Con <t. del 5 ottobre, non pubblicato, Mancini invitò BLanc, ad assumere informazioni circa l'esattezza della notizia pubblicata dal Pungolo relativa alla smentita del Ministro degli Esteri austriaco alle voci di un prossimo incontro fra l'Imperatore ed il Re d'Italia. (2) -Cfr. n. 245.
245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Napoli, 3 ottobre 1881.

Era mia intenzione telegrafarle in cifra quanto segue, ma per risparmio di tempo e di faticoso lavoro ho poi pensato di scriverle: Dopo spedito il mio precedente telegramma, Depretis mi telegrafa quanto segue.

« S. E. Mancini Capodimonte

Menzogna diceria di una pressione di Cairoli sopra noi non ha per me alcuna importanza; ha essa valore di molte altre menzogne che stampa partito avverso divulga ogni giorno circa dissenso fra ministri che furono sempre perfettamente d'accordo fra loro. Dalla storia che rilevo tuo telegramma (l) e dagli stessi equivoci parmi risultare evidentemente che voce corsa viaggio Re è il risultato di un sentimento molto diffuso in Italia, dopo i fatti di Tunisi, favorevole ad un accordo con la Germania, e con l'Austria, ed è anche evidente che Imperatore austriaco desidera una visita di Sua Maestà che sarebbe pubblica dimostrazione accordo fra i due Sovrani. Resta a vedere se una tale visita può conciliarsi cogli interessi e colla dignità del Re e della Nazione. A me ha fatto senso quello che mi disse S. M. il Re della opinione di Robilant, il quale confidava che questa visita venendo dopo nostro attrito colla Francia, sarà giudicata atto poco dignitoso, quasi deliberato per timore lotta colla Francia e pel bisogno d'assicurarci aiuto dell'Austria e della Germania, una confessione impotenza per parte nostra. Confesso che in faccia opinione Robilant che parve assai grave anche a Sua Maestà io credo che il migliore partito sarebbe di evitare nella circostanza attuale viaggio di Sua Maestà. Comprendo però che situazione resa più complicata e difficile colla visita dell'Ar·· ciduca, massime se venga per esprimere a Sua Maestà desiderio Imperatore vedere Sua Maestà, sarebbe bene su questo delicato argomento conferire con Robilant, giacché si trova in Italia. Non credi di chiamarlo subito a Napoli, ovvero nella angustia del tempo ch'io Io veda e gli ponga la questione come attualmente si impone dicendoti poi risultato abboccamento? Per norma io partirò domani alle 11 antimeridiane per Milano ove rimarrò alcuni giorni. Su quest'ultimo punto dell'abboccamento con Robilant ti prego telegrafarmi subito mentre sono a Stradella.

Depretis »

Confesso che stupisco di questa perenne titubanza del mio collega, e delle possibili conseguenze. Col linguaggio energico consigliata dalla gravità della situazione, gli ho risposto subito il seguente telegramma, che ho contemporaneamente comunicato a S. M. il Re a Monza per sua norma. Credo inutile

conferenza del Depretis col Robilant, potendosi prevederne risultato. Quindi telegrafai Robilant, che «attesa sopravvenuta urgenza gradirei moltissimo se potesse anticipare venuta per conferire con voi e con me». Telegrafategli anche voi nel medesimo senso (l).

Segue copia mio telegramma.

«S. E. Depretis Stradella

Non potendo il Re certamente ricusare visita Arciduca Monza, nè impedire eventuale invito a nome dell'Imperatore, dobbiamo solamente fare giusto apprezzamento dell'unico tuo dubbio se malgrado favorevole opinione pubblica ne' due paesi all'incontro de' due Sovrani, esso possa sembrare inspirato da timore della Francia, quasi confessione di nostra impotenza dannosa alla dignità nazionale. Anche in me fu un tempo questo scrupolo, ma allorché l'iniziativa non sarà nostra, bensì dell'Austria e dell'Imperatore, e con la forma visibile d'un invito per mezzo di un Arciduca inviato appositamente a Monza quel sospetto rimarrà eliminato per ogni persona imparziale. D'altronde ognuno comprenderà che il nostro Re si sia trovato per delicatezza nella impossibilità di opporre uno scortese rifiuto all'invito di un Sovrano congiunto e vicino. Piuttosto il rifiuto e l'esitazione sarebbero dal popolo italiano riguardati come pusillanime timore dell'eccessiva suscettibilità della Francia, e severamente riprovati. L'opinione incerta del Robilant non si appoggia a veruna base, la di lui corrispondenza con Cairoli e con me si riassume sempre nel facile programma di non far mai nulla, lasciando al tempo ed agli avvenimenti il miglioramento della nostra situazione; egli impedì fino un semplice telegramma di felicitazione a Gastein, ed ho ora sufficienti ragioni per esserne pentito; infine egli non è contento che mentre da lui si scriveva esservi nulla da fare

-o tentare a Vienna, l'iniziativa della visita dell'Arciduca a Monza non sia venuta pel suo mezzo, ma direttamente alla Consulta. Gravi responsabilità assumeremmo lasciando l'Italia continuare nel suo deplorabile isolamento, con la platonica benevolenza dell'Inghilterra, e con l'avversione ormai cronica, incessante in tutte le questioni, da parte della Francia, la quale allorché sarà liberata e vittoriosa dell'impresa di Tunisi, ci metterà in grandi pericoli trovandoci senza appoggio. Malgrado poca speranza utilità conferenza con Robilant, egli annunziommi sua imminente venuta qui, ed ora gli telegrafai per affrettarla. Con lui discuteremo ampiamente, riserbandomi telegrafarti. Ma l'incaricato austriaco Tavera oggi ritornò una seconda volta alla Consulta per riferire spontaneamente al Blanc, che il colonnello Ripp Addetto militare Ambasciata austriaca in Roma ora ritornato dall'Austria, dissegli che l'Imperatore attende col più grande piacere la visita del nostro Re, e ne parla spesso, accennando questa importante circostanza che cioè il Generale Kober nel congedarsi da S. M. il Re d'Italia essendosi permesso propriamente d'interrogarlo in· qual epoca Sua Maestà sarebbesi degnata andare in Austria, il Re gli avrebbe risposto: «in ottobre». Lo stesso colonnello Ripp annunziò che l'Arciduca Carlo Luigi con suo figlio è già in viaggio, ed è giunto a Ginevra, donde andrà a visitare i laghi di Lombar

dia. È quindi probabilmente imminente la sua visita a Monza, ed è nostro dovere provvedere in tempo acciò S. M. il Re non si trovi sorpreso senza che nulla ancora siasi deciso. Resta inteso che senza un invito formale ed una manifestazione di vivo desiderio, non basterebbero vaghe parole ed allusioni, ed in tal caso Sua Maestà non avrebbe ragione di prendere verun impegno limitandosi a manifestare anche dal suo canto in modo generico che con piacere rivedrebbe l'Imperatore allorchè le occasioni se ne presentassero, senza altro aggiungere. Nel solo caso di espresso invito e desiderio dell'Imperatore, non saprei trovare formula plausibile negativa o dilatoria, che produrrebbe a mio avviso, inevitabile freddezza politica tra i due Governi, e disapprovazione generale in Italia. Esamina, pondera, e telegrafami ».

Non so come potessi più esplicitamente e risolutamente aprire a Depretis il mio animo e se non andremo d'accordo, ed in un così essenziale indirizzo della politica estera, vedrò quale risoluzione convenga di prendere.

Attenderò Robilant. Egli partirà per Roma, e voi potrete prima parlargli, e se lo stimate necessario, accompagnarlo a Capodimonte.

(l) Cfr. n. 241.

(l) -Cfr. n. 249.
246

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Roma, 3 ottobre 1881.

Per il caso estremo in cui disgraziatamente si dovesse rinunziare all'entrevue (locchè dopo le cose dette dal Re e dall'Imperatore considererei come disastroso) mi sono, come è di regola, ménagé une porte de sortie con Tavera dicendogli (nella visita che mi fece alle 4 e nella quale mi parlò di Ripp) che il telegramma di Galvagna (2) potrà forse sembrare a V. E. una ragione, poiché la venuta dell'Arciduca sembra prossima, di non sembrar voler fare intervenire prematuramente l'azione dei governi nelle risoluzioni spontanee dei Sovrani. Ma naturalmente Tavera espresse vivo desiderio che non si lasciasse nell'oscuro una situazione che potrebbe diventare falsa dopo le parole dette dai Sovrani, se l'arciduca, non sapendo niente delle intenzioni che si hanno qui, proseguisse per esempio il suo viaggio del sud per un caso qualsiasi, come un raffreddore dell'arciduchessa che è un po' delicata di salute.

Il Ministro d Spagna venne a dirmi che risulta al suo governo che i francesi si dispongono a passare il confine del Marocco verso Oran; e che l'ambasciatore di Spagna Rancès essendo andato a Walmer Castle a parlarne a Granville, questi gli rispose tanto evasivamente da fargli supporre che anche in ciò l'Inghilterra lascerà fare. Aggiunse che per la Vega Armijo ci vorrebbe San Maurizio poiché non può avere lo stesso grado del figlio del Duca della Torre. Bisognerà dunque rifare il Decreto già firmato da Sua Maestà?

Le mando un mio promemoria sullo stato attuale della quistione del Danubio (1), redatto in fretta dopo la mia conversazione con Tavera. Non so se sarà chiaro abbastanza. Il tempo mi mancò per redigere meglio.

Parlai a Reverseaux del negoziato commerciale. Mi offrì di farmi approvare il telegramma che intende di mandare a Parigi per informare il suo governo dell'impressione prodotta qui.

Le accludo la lettera pervenutami in questo momento dal Conte di Robilant (2).

Spero poter raggiungere mia moglie a Torino martedì venturo, per condurla immediatamente a Napoli e ritornare a Roma per il solito ricevimento del giovedì.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -T. 1537 del 3 ottobre, non pubblicato.
247

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Roma, 3 ottobre 1881.

Tu vuoi che un rustico solitario esprima il suo pensiero circa gravissimo problema. Eccomi a soddisfare, come meglio so, il tuo desiderio.

Io ho sempre considerato come un punto fondamentale di dottrina diplomatica questo elementarissimo concetto: nulla doversi intraprendere che non abbia almeno qualche chance di buona riuscita. La rettitudine d'una causa può avere, indipendentemente dal successo, un grandissimo valore di fronte alla storia; anzi io sono di quelli che pensano il successo finale spettare sempre alle giuste cause. Ma, quando non sono implicati quei grandi interessi al cospetto dei quali deve cessare ogni preoccupazione di responsabilità individuale, è conveniente, è corretto, è conforme alle legittime esigenze della situazione, che si segua quella linea di condotta la quale risparmi, al paese non meno che al Governo, il pericolo di uno scacco, ed allontani quelle eventualità di crisi e di perturbazioni maggiori che sono inevitabile conseguenza di una politica sfortunata. Or bene è inutile farsi illusione: nella quistione egiziana l'Italia non ha più politicamente parlando, un locus standi. L'Inghilterra avrà commesso gravissimo errore quando volle avviarsi ad una sua egemonia esclusiva mediante un dualismo transitorio. Forse le sarebbe convenuto di lasciare che la situazione si maturasse nella pristina condizione d'una influenza a tre che avrebbe eliminato tutti gli inconvenienti e tutti i rischi di un tete à tete colla Francia. Ma, pigliando le cose come ora sono, è chiaro come la luce del sole che l'Inghilterra non acconsentirà mai a vedercì tornare in lizza. Quando Malet fu di passaggio a Roma, un mese fa, venne a vedermi, essendo la nostra reciproca conoscenza intima ed ormai antica. Il suo linguaggio non avrebbe potuto essere più esplicito. Qualsiasi velleità nostra che avesse il carattere di una mera ed ultronea aspirazione, non avrebbe la più piccola probabilità di successo; e, se per disgrazia fosse

prematuramente divulgata, ci esporremmo ad un fiasco colossale senza neppur

avere, come per Tunisi, la duplice giustificazione di nulla aver fatto che non

fosse voluto dalla pubblica opinione, nella Camera e fuori, e che non fosse

richiesto dalla tutela di interessi positivi e concreti.

Credo che né tu né il Ministro sarete da me dissenzienti nel pensare che giammai sarebbe da patrocinarsi a Parigi la tesi della nostra riammissione all'esercizio di una influenza politica in Egitto. Il tentativo non sarebbe neppure da farsi al Cairo, sia perché non è colà che il problema è da risolversi, sia perchè il Khedive attuale è pieno di prevenzioni contro di noi. Gli ufficii sarebbero quindi da farsi a Londra. Ma è appunto a Londra che tutti i nostri argomenti inevitabilmente si spunterebbero. Se noi parliamo della opportunità di una nostra azione moderatrice, è naturale che a Londra si concepisca alcun dubbio circa il senso in cui tale azione si eserciterebbe; e siccome le esorbitanze, nel fatto, sono più probabili da parte dell'Inghilterra anziché della Francia, una azione moderatrice dovrebbe necessariamente piacere assai meno alla prima che alla seconda. Se parliamo dei nostri grandi interessi economici nel Vicereame, ci si risponderà (ed è vero) che essi sono e saranno sempre più efficacemente tutelati a misura che la civiltà britannica sottentra al dispotismo turco: questo argomento degli interessi economici, (poichè siamo in camera caritatis, è meglio dire tutto) è divenuto affatto nullo, dopo che i fatti hanno brutalmente smentito i nostri pronostici del 1878, quando da noi si prediceva il finimondo, in Egitto, ·se non ci si consentiva la nostra giusta parte di influenza politica. Se infine noi parliamo dell'equilibrio delle forze nel Mediterraneo, ci si risponderà che, in simile materia, ciascuno deve pensare ai casi suoi; e che l'Inghilterra deve, prima di patrocinare la causa nostra, provvedere alla propria, contrapponendo

gli invadimenti suoi agli invadimenti francesi.

Credi pure a me: non gioverebbe calore di eloquenza, né appello ad una

equità che non esiste, praticamente, in diplomazia. Il fiasco, lo ripeto, sarebbe

colossale. Dovremo dunque assistere impassibili e con le braccia conserte, allo

svolgersi degli avvenimenti?

No, io non dico questo.

Io dico soltanto che noi non dobbiamo intraprendere una campagna diplo

matica per restaurare la nostra influenza politica in Egitto. Noi dobbiamo,

invece, adoperarci, senza far domanda alcuna, perchè, data l'eventualità di una

intromissione più diretta delle due Potenze nelle cose egiziane, si comprenda

l'utilità che alle due se ne aggiunga una terza. È in questa ipotesi soltanto che

potrebbe rivivere la nostra influenza politica in Egitto; e dovrebbe a mio avviso

rivivere con la dominante caratteristica del disinteresse. Però, qualora, malgrado

l'evidente vantaggio della cosa, le due Potenze non stimassero di ammettere il

nostro concorso, io vorrei che nulla si fosse da noi fatto, dichiarato o divisato

che avesse potuto esporci anche alla sola apparenza di un insuccesso: e, benin

teso, tanto meno vorrei che si insistesse dopo un diniego o un tiepido accogli

mento da parte delle due Potenze.

D'altra parte, un salutare lavorio è, a mio parere, da intraprendersi presso

la pubblica opinione e segnatamente nella Camera. Noi ci siamo fatta, a poco

a poco, in Europa la fama di gente irrequieta, inframmettente, desiderosa dì immischiarsi in ogni faccenda altrui e di trame profitto. Questa fama, per buona dose immeritata, ci nuoce anche nelle più legittime nostre aspirazioni. È mestieri che una voce eloquente apprenda alla Camera e al paese che si può essere una grande, una potente, una ricca nazione, senza che punto sia necessario il nostro intervento quando già siano salvi tutti i nostri interessi. Nel caso concreto dell'Egitto, quella voce autorevole dovrebbe affermare e dimostrare che la cresciuta influenza inglese ha bensì potuto nuocere agli interessi privati di funzionarii italiani congedati e surrogati con funzionarii britannici, ma la somma generale dei ben maggiori interessi economici, in cui l'Italia ha la sua parte, ha tratto vantaggio, anzichè danno, dal nuovo ordine di cose. Infine la stessa voce autorevole dovrebbe far comprendere che ammessa anche la convenienza, la desiderabilità della restaurazione della nostra influenza politica in Egitto, la peggior via, per riuscire nell'intento, sarebbe pur sempre quella delle vacue ed irose declamazioni. Le cose umane si assomigliano tutte; e l'Italia, qualora persistesse nel sistema delle sterili rivendicazioni, farebbe opera altrettanto vana e ridicola, quanto quella di colui che volesse guadagnarsi l'affetto della donna amata con le persistenti ossessioni, e non già con la paziente dimostrazione dei proprii pregi e del desiderio d'essere gradito.

M'accorgo che l'aura silvestre mi trae alle bucoliche e all'idillio. Faccio punto, benchè dubbioso d'esser riuscito a farti chiaro tutto il mio pensiero.

(l) -Non pubblieato. (2) -Non rinvenuta.
248

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1546/843. Londra, 4 ottobre 1881, ore 20,50 (per. ore 23,30).

J'ai eu à l'instant une audience auprès de Granville qui est arrivé hier de Walmer à Londres pour y rester jusqu'à ce soir; il venait, m'a-t-il dit, de m'adresser une réponse à ma lettre particulière relative à l'Egypte dont j'ai transmiH à V. E. copie par mon rapport du 30 Septembre (1). En rentrant je trouve en effet cette lettre qui dit: «Je suis très sensible aux sentiments amicaux du Gouvernement italien, j'espère que M. Mancini comprendra pleinement qu'en maintenant l'arrangement français en Egypte, que nous avons trouvé en existence, nous ne sommes animés d'aucun sentiment de jalousie nationale, politique ou commerciale envers l'Italie; les difficultés sont d'une nature purement pratique >~. Granville m'a remercié de ma lettre et m'a répété verbalement ces expressions; il sait gré à V. E. d'avoir accueilli son avis et de ne pas avoir fait d'autres ouvertures; il m'a déclaré de nouveau que le Cabinet veut maintenir l'accord avec la France en Egypte en faisant observer que cette tache profitable à tous, est déjà par elle-mème difficile et que d'autres grandes puissances voudraient également s'immiscer, si on prétendait établir entente à trois avec l'Italie, ce qui compromettrait les résultats obtenus et créerait les plus graves

dangers. J'ai demandé à Granville ce qu'il en était de la illlSSlon turque, qui, d'après les journaux, serait en route pour l'Egypte. Il m'a répondu qu'elle avait été décidèe par le Sultan en Conseil des ministres; mais qu'il espérait qu'elle sera de très courte durée, et ne portera aucun trouble à la situation. Si elle affirme la suzeraineté du Sultan, a-t-il ajouté, nous n'aurons pas à nous en plaindre, attendu que nous la soutiendrons; nous ne poursuivons aucune idée de conquète en Egypte, et voulons donc, d'autant moins, que d'autres y songent. En sortant de chez Granville j'ai su par le chargé d'affaires de France que des instructions identiques seront envoyées par les Cabinets de Londres et de Paris à leurs agents au Caire, relativement à la conduite à tenir envers la mission turque pour déjouer les intrigues et limiter sa durée.

(l) Cfr. n. 2.37, allegato.

249

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI

T. Roma, ..... (1).

Je félicite V. E. de son télégramme à S. E. Depretis. Dans sa visite d'hier Tavera m'a spontanément marqué sur le calendrier les dates successives des paroles de Kober à l'Empereur, de l'Empereur à Lanza et de l'annonce du voyage de l'archiduc. Je vous envoie feuille de calendrier par poste. Dans ces conditions la visite de l'archiduc, quand mème il n'ouvrirait pas la bouche, est selon les usages des Cours une invitation, qu'il n'est plus possible de décliner sans offense et par conséquent sans grave danger. Rien de plus légitime aux yeux de toute l'Europe que de nous assurer de la paix définitive avec l'Autriche. L'Angleterre mème y applaudit d'avance par ses meilleurs journaux. Notre pusillanimité envers la France, qui nous fait mépriser par la France elle-mème, est la vraie cause qui nous a fait écarter dans la Méditerranée d'une entente à trois dans laquelle nous l'aurions toujours mise en minorité. Notre position en Egypte mème dépend de notre entente avec l'Autriche. Nous pouvons hautement dire à la France que nous voulons l'amitié de tous nos voisins et que nous commençon par celui qui y est le premier disposé. Ce sera la paix assurée, avec le respect qu'on n'a plus pour nous dans nos tergiversations qui ne trompent plus personne et dans l'isolement qui en résulte. Ne répétons par l'erreur que la droite a commis en 1873, en n'osant ètre l'arnie de personne, mème dans l'occasion la plus décisive de nous assurer les plus puissantes amitiés. Cette erreur nous à couté huit ans d'humiliations. Elle serait plus périlleuse encore aujourd'hui, car les récidives sont punies double.

Si nous restont seuls avec des causes de défiance encore augmentées de toute part contre nous, le plus hardi des optimistes ne saurait répondre que nous n'ayons pas, à bref délai peut-ètre, une guerre avec l'un ou l'autre de nos voisins, sans aucun appui matériel ou moral en Europe. Je viens de télégraphier à Robilant d'arriver.

(l) Il doeumento è privo di data. Si inserisce sotto il 4 ottobre per il contesto e Il riferimento al n. 245.

250

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI (l)

D. 72. Roma, 5 ottobre 1881.

Mi fo sollecito segnare ricevuta alla S. V. del pregiato rapporto n. 91 Ufficio politico ch'Ella m'indirizzava in data del 10 Settembre u.s. (2) per intrattenermi delle difficoltà che spesso traggono origine dalla delimitazione del possesso di Assab, non ben definita ancora. Con ognj attenzione lessi le considerazioni svolte dalla S. V. anco per ciò che concerne il villaggio di Margable, e veggo com'Ella giustamente opini essere in simile argomento mezzo più acconcio quello che fissando i termini esatti del possesso nostro tolga insieme cm dubbii, frequenti occasioni di contestazione. Ciò nonpertanto io stimo opportuno che, attese le trattative per la Convenzione circa Assab, si debbano ora sospendere le determinazioni che a tal fine sarebbero richieste. La Convenzione di cui è caso conterrà la descrizione e i limiti del nostro possedimento e l'apposizione dei confini sarà, non v'ha dubbio, facilitata tanto più dopo la stipulazione delle norme a concordarsi coll'Egitto a tale riguardo.

Insieme al dianzi citato suo Rapporto ricevetti pur quello che sotto la stessa data porta il n. 92 (2) e si riferisce ai due omicidj non ha guarì commessi in Assab, e alle osservazioni fatte dalla S. V. sulla sua posizione giuridica in codesto paese. Per trattare questo argomento, ove occorra, gioverà eziandio attender l'esito dei negoziati in corso per la conchiusione della Convenzione a cui accenno.

251

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI

T. Roma, 6 ottobre 1881.

'Tavera m'a dit très confidentiellement qu'on est convaincu à Vienne qu'il y a des pressions étrangères contre la visite et que le président du Conseil serait hésitant mais qu'il est échu dans l'état de l'Europe de laisser plus longtemps dans l'incertitude un projet désormais annoncé personnellement entre Souverains, et dont l'accomplissement ou l'abandon sera naturellement d'une grande importance.

J·ai énergiquement nié tout dissentiment du Cabinet dans cette affaire.

Chargé d'affaires d'Autriche est venu ce matin me donner réponse à ma demande de nouvelles de l'archiduc. M. Haymerle n'en a pas reçu depuis le départ de l'archiduc qui change constamment séjour en Suisse et voyage dans la liberté du plus strict incognito sans qu'on soit en communication avec lui.

21 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

Le chevalier Tavera est chargé de répéter à V. E. que l'Empereur, ainsi qu'il l'avalt déjà dit au colone! Lanza a salué avec joie la nouvelle des intentions du Roi d'Italie. M. Tavera ajoute que le fait qu'il est chargé aujourd'hui de communiquer à notre Gouvernement Ies dispositions de l'Empereur, n'admet pas de doute que l'Empereur et son Gouvernement désirent vivement que cette entrevue se réalise. J'ai remercié Tavera de cette communication présentée et reçue comme officielle. J'ai ajouté que quoique Ses Majestés n'aient pas reçu l'annonce en due forme d'une visite de rarchiduc Charles Louis, Ieurs sentiments sont assez connus pour qu'on soit certain qu'après avoir fait dire au chargé d'affaires d'Autriche qu'elles seront à Monza au commencement d'octobre, elles ne s'en éloigneraient pas maintenant dans quelque circonstance qui put se présenter sans avoir reçu des nouvelles de l'archiduc (1).

(l) Ed. ln l'Italia in Africa, vol. cit. pp. 209-210.

(2) Non pubblicato.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC (2)

T. Napoli, 6 ottobre 1881.

Non credo opportuna pubblicazione circa invito per visita Sovrani. Esistendo vera comunicazione Ministero Affari Esteri Vienna assicurante che non vi fu, nè mai in avvenire vi sarà invito da quella parte, tale comunicazione non necessaria acquista nel pubblico un significato inaccettabile per l'Italia; e la sola risposta possibile ad Haymerle dovrebbe essere che anche ricevendo invito nella forma ammessa di preliminare concerto, non si andrebbe a Vienna. Sono disgustato dopo tanti comuni patriottici sforzi, e qui d'accordo provvederemo. Indispensabile mettermi sotto gli occhi il testo preciso dei giornali austriaci.

253

IL MINISTRO A SANTIAGO, SANMINIATELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 312. Santiago, 6 ottobre 1881 (per. il 22).

Mi reco a premura di segnar ricevuta dell'ossequiato Dispaccio, che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi il 22 agosto u.p. col n. 84 (4) e che mi è oggi pervenuto.

Nota l'E. V., come sia a desirarsi, che questo Governo non persista nell'intenzione di rifiutare i buoni uffici da noi offerti congiuntamente alla Francia

ed all'Inghilterra per la conclusione della pace; ed aggiunge, che per parte nostra non si deve tralasciare d'insistere nell'interesse delle nostre colonie, perchè si affretti la soluzione tanto desiderata.

Qual doverosa norma di linguaggio e di condotta terrò presente il manifestatomi pensiero del R. Governo.

Nulla però sinora indica, che a questo riguardo per quel che concerne le disposizioni di questo Governo rispetto alle suddette Potenze trovisi essenzialmente modificata la situazione, ch'io avevo l'onore di far nota all'E. V. nella chiusa del mio rapporto del 27 giugno n. 284 (1).

Nop è tuttavia improbabile, che il contegno, che il Gabinetto di Washington accenna ora ad assumere nelle questioni del Pacifico, gli allontani le simpatie e la fiducia del Chili, cessando così una delle cause, per cui l'azione pacificatrice dei Gabinetti Europei non ha qui trovato un terreno favorevole.

Certo si è, che il linguaggio del Ministro degli Stati Uniti in Lima, il quale pubblicamente combatte il progetto chileno di annessione della provincia di Tarapacà, e le voci corse circa a pratiche, che sarebbero state iniziate in Washington per accordare al Perù una specie di protettorato come corrispettivo del trasferimento del dominio utile delle salnitriere e guaniere di quella provincia, non mancano di destar qui non poco cattivo umore ed anche qualche preoccupazione.

Ed a siffatta preoccupazione non sarebbe estranea la viva impazienza, ch'or manifesta il Governo del Signor Santa Maria di addivenire ad una pronta soluzione degli affari della guerra.

Col Dispaccio del 23 maggio u.p. n. 73 (2) codesto ministero compiacevasi informare il Conte Sanminiatelli dello scambio d'idee avvenuto tra il Governo di Sua Maestà ed il Gabinetto dell'Aja circa il desiderio espresso dai Paesi Bassi di associarsi all'azione delle altre potenze interessate per ridonare la pace a queste contrade e tutelare gli interessi dei rispettivi sudditi. E scopo di quella comunicazione era di mettere questa Legazione in grado di addivenire col rappresentante Neerlandese ad eventuali concerti in armonia col propositi dei due Governi.

All'Olanda, che è qui unicamente rappresentata dal Signor Boonnen, suddito belga console generale di seconda categoria non rivestito di carattere diplomatico, non riuscirebbe guarì possibile di unirsi efficacemente all'opera nostra presso il Chili. Tuttavia, per dar seguito alle istruzioni contenute nell'or citato Dispaccio, non ho mancato di parlare della questione col Signor Boonnen e questi mi ha detto che, ove se ne presentasse il caso, e ne avesse esso la possibilità, agirebbe nel senso desiderato dai nostri rispettivi Governi.

«Giusta il concetto che ho potuto formarmi della situazione, io ritengo !ondata l'opinione, che assai difficilmente si ricorrerà ai buoni uffizi da noi offerti congiuntamente all'Inghilterra ed alla Francia. Il Chili preferirebbe di trattare direttamente coi vinti nemici, e se per avventura si decidesse ad accettare degli intermediari, sarebbero questi esclusivamente i rappresentanti degli Stati Uniti. Ad allontanare questo Governo dall'accettare i buoni u!fizi delle Potenze Europee, oltre la sua nota propensione per la dottrina di Monroe, contribuirebbe assai la concepita idea, che le dette Potenze desiderino di far valere i loro buoni u!fizl non unicamente per disinteressato amore della pace ma piuttosto per avere un mezzo di meglio sostenere i reclami dei rispettivi sudditi. E specialmente l'Inghilterra e la Francia inspirerebbero un po' di di!Hdenza per aver da difendere rilevantissimi interessi d1 numerosi creditori del Perù ».

Sull'argomento dei nostri buoni uffici per la conclusione della pace giova notare, come qui, male interpretandosi i nostri desideri umanitari si propenda ad attribuirci dei sentimenti sommamente benevoli per il Perù e conseguentemente ostili agli interessi del Chili, e come questa circostanza contribuisca a crearci un ambiente poco favorevole per la soddisfazione dei nostri reclami.

Evidentemente quindi, a mio avviso, sino a tanto che la grave questione del regolamento dei reclami non abbia dato luogo ad un definitivo conveniente accordo, il nostro interesse esigerebbe, che possibilmente venisse evitato tutto ciò, che in qualsiasi modo potesse offrire motivo o pretesto per indisporre il Chili a nostro riguardo.

(l) -Il contenuto di questo telegramma !u comunicato da Mancini in pari data al Re e a Depret!.s. (2) -Da Museo Cenrtrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Ed in LV 37, pp. 4-5. (4) -Nòn pubblicato.

(l) Il brano finale del R. 284 era il seguente:

(2) Non pubblicato Ln Serie II, vol. XIII.

254

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

T. Milano, 7 ottobre 1881.

Oggi ebbi un abboccamento con Sua Maestà in Milano che volle recarvisi essendo io ancora indisposto. Sua Maestà aspetta il risultato della tua conferenza con Robilant, e desidera poi che la deliberazione a prendersi sia discussa ed accettata dall'intero Gabinetto. Da mia parte non ti dissimulo che mi fa senso itinerario dell'arciduca, il quale dovendo fare un formale invito al Re prende per venire in Italia la via di Ginevra come mi fa senso che quanto ha detto il generale Kober all'Imperatore cioè che Sua Maestà gli abbia annunziato il suo viaggio a Vienna e indicata anche epoca cioè il mese di ottobre sia nel modo il più reciso negato da Sua Maestà. Ciò mi fa sospettare non poco un malinteso od un equivoco, ma ben anche un intrigo del Governo austriaco per ottenere una visita del Re d'Italia. Io ammetto la gravità delle tue osservazioni (2) e non mi lascio guidare da idee preconcette ma è cosa da esaminare e maturamente da tutti i punti di vista compreso quello della restituzione della visita da parte dell'Imperatore sul quale ti prego di interrogare Robilant.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS (l)

T. Napoli, 7 ottobre 1881.

Ricevo tuo telegramma (3). Situazione sembrami chiarissima dopo incarico officiale ieri eseguito dal cav. Tavera incaricato d'affari austriaco alla Consulta {4). Circa itinerario arciduca porto opinione che egli aspetta in Svizzera ordini

da Vienna per venire a Monza, o astenersene con qualche pretesto secondo che il Ministero austriaco abbia prima avuto certezza che sarebbe accettato suo invito, e che noi abbiamo deciso consigliare a Sua Maestà il viaggio, e ciò mi sembra ragionevole. Quanto alla restituzione della visita, benchè non sia uso costante, come da esempi recenti, pure se ne potrebbe trattare da noi nell'aderire all'invito. Un intrigo austriaco sarebbe senza scopo ed inconciliabile con le sue evidenti premure ed iniziative officiali; temo bensì di un intrigo francese per impedire il viaggio e lasciare l'Italia isolata e peggio inimicata anche con l'Austria e la Germania; se ne ha prova nella falsa notizia divulgata ad arte ne' giornali francesi e smentita dal nostro incaricato a Vienna, del comunicato del ministero esteri di Vienna ai giornali austriaci, che non è mai esistito. Finaìmente circa decisione Consiglio ministri, crederei massima imprudenza occuparlo preventivamente d'affare di natura così delicata e personale del Re; quando non trattasi ancora d'assumere verun impegno politico. Anzi credo necessario doversi mantenere segreta a tutti una decisione favorevole al viaggio sino al momento della sua esecuzione. Per altro conoscendo opinioni personali della maggior parte dei colleghi, possiamo fare assegnamento sulla loro approvazione, e non potendosi lasciare ulteriormente nell'incertezza nostra risposta senza pericolo prevedibili inconvenienti, sembrami il caso d'applicare norma scritta nel nostro regolamento interno del Consiglio dei ministri, che cioè nelle più importanti risposte diplomatiche, anche quando possono impegnare la nostra politica, basti accordo del ministro degli esteri col presidente del Consiglio.

Domani telegraferò mio colloquio col Robilant (1), e spero si potrà proporre definitiva risoluzione a Sua Maestà (2).

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 245. (3) -Cfr. n. 254. (4) -Cfr. n. 251.
256

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (3)

T. RR. Roma, 7 ottobre 1881, ore 22,50 (per. ore 0,15 dell' 8).

La mia impressione è che Robilant divide in fondo tutte le idee nostre ma dubitava che il Gabinetto possa accordarsi sul programma e meno ancora eseguirne all'interno l'attuazione pratica. In tale supposizione era naturale che per quanto la situazione gli sembri pericolosa egli non potesse consigliare di compromettere la persona di Sua Maestà per destare all'estero ed all'interno illusioni che svanendo accrescerebbero ancora i pericoli. Confido ancora che il Gabinetto assecondi V. E. nella sua opera leale e patriottica.

(l) -Cfr. n. 259. (2) -Questo telegramma e quello d! Depretls cui esso risponde [n. 254] furono comunicati da Mancini in pari data al Re perché manifestasse la sua volontà. (3) -Da Museo Centrale del Rlsorgdmento, Carte Mancini.
257

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2884. Berlino, 7 ottobre 1881 (per. il 17).

Nel suo numero del 30 settembre scorso la National-Zeitung di Berlino pubblicò un articolo di fondo, intitolato «L'Italia ed i suoi vicini ».

Prendendo occasione dalla voce testé corsa di un prossimo viaggio di S. M. il Re a Vienna ed a Berlino, il giornale berlinese cerca di escogitare il motivo che potrebbe aver deciso Sua Maestà ad intraprendere siffatto viaggio. Non potendo più fare assegnamento sull'amicizia della Francia in seguito ai fatti di Tunisi, e vedendo che la Germania cerca di conciliarsi col Vaticano, l'Italia sentirebbe ora il bisogno di avvicinarsi di nuovo alla Germania ed all'AustriaUngheria. Non è da disconoscere, afferma lo stesso giornale, che oggi l'Italia non trova più in Germania quella calda simpatia del tempo passato, e che essa medesima è stata la causa di tale raffreddamento. Il suo continuo oscillare fra la Francia e le Potenze del Nord a seconda che dall'una o dalle altre c'era da sperare una maggior copia di vantaggi, il suo dar di piglio a molte cose tutte in una volta senza rinunziare ad alcuna di esse non hanno punto giovato ai suoi interessi. Per ciò che concerne l'Italia e la Germania l'Italia, così conchiude la National-Zeitung deve convincersi oramai che se essa non si decide a rinunziare una volta per sempre alle sue pretese su Trieste e sul Tirolo meridionale, non vedrà mai sparire la tiepidezza che oggi esiste nei suoi rapporti con la Germania. In caso contrario si manterrà qui sempre salda la credenza che gli Italiani non attendono se non l'occasione propizia per unirsi coi nemici della Germania ai danni di questa. Non è guarì credibile che Trieste possa mai esser ceduta dall'Austria col consenso della Germania. Epperò ogni tentativo fatto contro Trieste è considerato in ogni caso come rivolto contro la Germania.

Questo linguaggio non ha bisogno di commenti, quando si pensa che esso è tenuto da un giornale, che come organo del partito liberale tedesco non ha mai smentito le sue antiche simpatie per la causa del nostro paese, e che, quantunque in lotta aperta col Principe di Bismarck sul campo della politica interna, pure manifesta e ripete le idee ed i giudizi che prevalgono purtroppo qui nelle sfere governative circa le cose nostre. Se tale è il linguaggio della stampa di opposizione verso di noi, la stampa officiosa e quella del partito clericale tedesco non tengono, come si comprende, diverso stile. Del resto continua tuttavia a notarsi qui una manifesta indifferenza verso di noi: è quasi generale il convincimento che l'Italia non è un'amica sicura e costante della Germania; e che se essa è oggi propensa a caldeggiare un'alleanza italo-tedescoaustriaca ciò non è l'effetto di maturo e serio proposito, ma bensì il portato della momentanea irritazione contro la Francia per le cose tunisine. Per ora qui la lotta elettorale assorbe tutta l'attenzione del pubblico, e tutte le colonne

del giornali e, salvo qualche eccezione, la stampa non si occupa di noi, nè fa eco a ciò che i giornali italiani han detto non ha guarì in favore dell'alleanza che dovrebbe stringersi fra l'Italia e le Potenze del Nord.

258

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI A NAPOLI (l)

T. Roma, 8 ottobre 1881, ore 10,25.

Chargé d'affaires d'Autriche est venu me dire que d'après un télégramme qu'il vient de recevoir de baron Haymerle, voyage de l'archiduc n'avait vraiment aucune rélation intentionnelle avec les dispositions manifestées par le Roi, qui ont reçu à Vienne un accueil si prévenant. Le chargé d'affaires d'Autriche est chargé répéter que S. M. l'Empereur saluera certainement la nouvelle avec la joie la plus sincère. Le comte Wimpffen se rendra ces jours-ci à son poste, si Sa Majesté désire s'entretenir avec l'ambassadeur sur entrevue, le comte Wimpffen recevra immédiatement ordre de prendre le chemln de Milan et de se mettre à la disposition de Sa Majesté.

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I, A MONZA

T. Napoli, 8 ottobre 1881.

Dopo lunghe conferenze col conte Robilant e dopo comunicazione da lui presa di tutte le corrispondenze e telegrammi, ho voluto lasciare a lui stesso rassegnare a Vostra Maestà il suo autorevole avviso sul grave argomento della visita di Vostra Maestà all'Imperatore con altro telegramma (mio cifrario) (2). Associandomi rispettosamente al parere ed ai consigli del nostro ambasciatore a Vienna, di cui trasmetto copia anche al presidente del Consiglio, attenderemo che Vostra Maestà dopo d'aver con lui conferito si degni farci conoscere la sua risoluzione. Il conte Robilant rimane a Napoli per attenderla e per preparare d'accordo con me al bisogno un progetto di telegramma che egli pensa doversi dalla Maestà Vostra inviare all'Imperatore.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 260.
260

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, A UMBERTO I, A MONZA

T. Napoli, 8 ottobre 1881.

Avendo presa particolareggiata conoscenza tanto alla Consulta che a Capodimonte di tutto ciò che si è verificato in questi ultimi tempi intorno all'eventuale progetto d'una visita di Vostra Maestà all'Imperatore d'Austria, devo constatare che la situazione è radicalmente mutata da quella che era allorché ebbi l'onore di conferire al riguardo con Vostra Maestà. Al giorno d'oggi è mio avviso assoluto, a fronte essenzialmente delle insistenti comunicazioni ufficiali del cav. Tavera a cui urge rispondere, che non si potrebbe più prescindere dalla visita di Vostra Maestà all'Imperatore senza compromettere gravemente non solo la politica avvenire dell'Italia, ma la dignità di Vostra Maestà e quella del suo Governo, e senza turbare per lungo tempo anche gli attuali rapporti con l'Austria. Anche una esitazione di pochissimi giorni comprometterebbe il frutto della visita. Prego quindi Vostra Maestà di prendere prontamente una decisione fidandosi sull'illimitata devozione di chi Le dà questo rispettoso consiglio.

Mi permetto poi di far osservare che sarebbe assolutamente inammissibile il voler accampare la tesi che l'invito a Vostra Maestà provenga dalla Corte austriaca. Gli attuali concerti preliminari constatano il vivo desiderio dell'Imperatore di vedere Vostra Maestà. Ma come usanza delle Corti spetta a Vostra Maestà fare il primo passo ufficiale. Ogni discussione su questo argomento

o sovra una successiva contro-visita sarebbe contraria ad ogni consuetudine, e ci farebbe torto, dovendosi contare sullo spirito cavalleresco dell'Imperatore di cui io rispondo.

Indubbiamente con ciò il Governo di Vostra Maestà assume dei doveri sia in riguardo della politica estera che della politica interna, conformi al programma dichiarato dal Gabinetto, che devono essere presi in considerazione benché non ci vengano richiesti nè in iscritto nè verbalmente.

261

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

T. Milano, 8 ottobre 1881.

Questa sera fui a Monza, ed ho comunicato a Sua Maestà tuo ultimo telegramma (2). Sua Maestà non trova mutata situazione per la comunicazione Tavera la quale lascia sempre sussistere equivoco poco dignitoso che sia stato nostro

Re che per 11 primo ha chiesto di visitare l'Imperatore. Sua Maestà persiste sempre nel chiedere che la risoluzione su questo grave e delicato affare ottenga l'assenso esplicito di tutti i Ministri, ed io non posso oppormi certamente a questa domanda per ragioni che facilmente comprenderai. Sua Maestà non vorrebbe essere di fronte ad uno screzio nel Gabinetto sopra questa questione. Del resto il Consiglio dei Ministri può essere riunito e consultato senza pericolo violazione segreto, e se è necessario, anche ammalato, verrò appositamente a Roma. Sua Maestà mi ha aggiunto che non si può deliberare viaggio senza avere chiaramente fisso scopo e stabilite condizioni, giacché un semplice atto cortese non lo crederebbe giustificabile. Tosto qui attendo risultato abboccamento tuo con Robilant che comunicherò immediatamente a Sua Maestà.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 255.
262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I, A MONZA

T. Napoli, 8 ottobre 1881.

Ringrazio Vostra Maestà del suo telegramma (1). Ho già telegrafato risultato conferenza col Robilant (2). Aggiungo due altre importanti informazioni. Mi si telegrafa dalla Consulta (3) che oggi è ritornato l'incaricato austriaco con un telegramma di Haymerle, il quale mentre dice che l'annunziata venuta dell'Arciduca a Monza non avesse lo scopo intenzionale di trattare dell'incontro di Vostra Maestà con l'Imperatore, conferma però che l'Imperatore proverà la più sincera gioia della visita di Vostra Maestà, e che per trattare sarà dato immediatamente ordine, se Vostra Maestà vi acconsente, al conte Wimpffen di partire per Milano e Monza per mettersi a disposizione di Vostra Maestà. L'altra considerazione si riferisce alla notizia telegrafatami dal Depretis (4) che Vostra Maestà persiste nel desiderare una preliminare concorde deliberazione del Consiglio dei ministri. Oggi però mi debbo permettere di richiamare l'attenzione della Maestà Vostra sopra l'impossibilità ed il pericolo di sospendere risoluzione per convocare Consiglio ministri, perché dopo siffatte officiali richieste ed insistenze, ogni ritardo di risposta attesterebbe incertezza e toglierebbe valore anche ad una decisione affermativa, e perché d'altronde nelle condizioni attuali e dopo le conferenze con Robilant già annunziate questa sera dai giornali, la stampa comprenderebbe l'oggetto di un Consiglio dei ministri improvvisamente convocato, e s'impadronirebbe dell'argomento discutendolo in maniera da compromettere gravemente la buona e corretta riuscita della cosa. Il generale Robilant mi prega di telegrafare a Vostra Maestà tale essere benanche il suo convincimento ed avviso (5).

(-4) Cfr. n. 261.
(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 259. (3) -Cfr. n. 258. (5) -Mancini Inviò analogo telegramma in pari data a Depretis.
263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Napoli, 9 ottobre 1881.

Una mia lunga conversazione col Conte di Robilant ieri produsse il desiderato effetto, anzi creò tale forza di convincimento che mi parve doverlo pregare di dettare da se stesso senza la menoma mia ingerenza un telegramma a S. M. il Re (1), ed egli lo concepi in termini oltre ogni dire efficaci. Io vi aggiunsi altro telegramma per Sua Maestà (2) ed altro per Depretis (3), e più tardi ebbi occasione di trasmetterne due altri ancora (4). Di tutti questi telegrammi vi acchiudo colla necessaria riserva le copie in un plico suggellato nella cassetta. Vedrete che non si poteva sperare nè fare di più. Troverete però quale fredda e dilatoria risposta ho ricevuto or ora del Depretis (3), che per infermità non ha potuto oggi recarsi a Monza, ed ha telegrafato certamente al Re acciò mantenga la necessità di una deliberazione collettiva del Consiglio dei Ministri, potendosi ciò argomentare dalle ultime trasparenti parole del suo stesso telegramma. Il Robilant ne sarà dolentissimo, parendo a lui ed a me suprema imprudenza anche un ritardo di pochi giorni a rispondere dopo le aperture officiali del Tavera. Attenderò questa sera o domattina anche una risposta del Re (5) che ha finezze di giudizio e fermezza di propositi, e probabilmente soffrirà di un sistema morboso di invincibili esitazioni.

Certamente non avremo rimorsi, ma il paese potrà avere delle calamità.

P. S. Fino a che non si decida se io debba fra qualche giorno recarmi in Roma, esaminate la convenienza di venire con la Baronessa in Napoli, o di fermarla prima in Roma.

264

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI

T. Monza, 10 ottobre 1881.

Desidero informarla che ricevuti i suoi telegrammi e quello di Robilant (6), Depretis mi espose che allo stato delle cose e dopo il telegramma di Robilant non fa obiezioni al viaggio, rassegnandosi come al minimo dei mali. Solamente crede necessario avere consenso intero Gabinetto, giacché un dissenso potrebbe avere le più disgustose conseguenze, soggiungendo che ln vista dell'annunziata venuta del Wimpffen, appena annunziato convegno, bisognava stabilire prima le condizioni sotto le quali sarebbesi potuto consentire.

A tali osservazioni mi affrettai a rispondere: «Ella m'espone il suo parere, il quale si riassume nel non fare obiezioni al viaggio, ma solo crede necessario un pieno consenso dell'intero Gabinetto. A quest'ultimo riguardo non posso a meno di invitarla a nuovamente considerare ciò che dicono Robilant e il ministro degli affari esteri. Afferma il primo che ogni discussione sull'argomento sarebbe contraria ad ogni convenienza, e ci farebbe torto, senza contare le conseguenze che, dopo le aperture fatte, un rifiuto od una controversia potrebbe avere nei nostri rapporti con l'Austria. Il ministro degli affari esteri poi afferma l'impossibilità ed il pericolo di sospendere una risoluzione per convocare il consiglio dei ministri, perché dopo le fatte ufficiali richieste ed insistenze, ogni ritardo di risposta attesterebbe incertezza, toglierebbe valore anche a decisione affermativa, e darebbe occasione alla stampa di discutere l'argomento compromettendo concetto e buona riuscita della cosa. Non posso nasconderle che codeste argomentazioni mi sembrano stringenti e tali che la prego di portare nuovamente su di esse tutta la sua attenzione, facendomi conoscere il risultato d'essa. Dappoiché io penso che allo stato delle cose, dopo i passi fatti per mezzo dell'ambasciata austriaca, che tanto mutano le condizioni, il viaggio per se stesso non possa avere che conseguenze utili in genere, senza impedire ulteriori intelligenze, mentre il discutere e stabilire ora condizioni preventive potrebbe condurre a dei risultati opposti e dannosi alla dignità mia e del Governo"·

A tale telegramma Depretis ha risposto: «Il mio desiderio d'ottenere l'assenso degli altri ministri mira ad evitare pericolo di un dissenso annunziando fatto compiuto senza consultarsi, dissenso che potrebbe condurre ad una crisi. Ho già telegrafato al ministro degli affari esteri di recarsi a Roma dove può parlare ai ministri presenti, specialmente al guardasigilli ed al ministro delle finanze. Lo autorizzerò a dichiarare il mio assenso. So che questo atto di riguardo ai colleghi separatamente senza l'apparenza di una riunione solenne del Consiglio dei ministri avrà per effetto d'ottenere il loro assenso. Se il ministro degli affari esteri recasi subito a Roma, non si tratterà che d'un ritardo di alcune ore. Per tutto il resto io me ne rimetto al senno ed alla esperienza di Robilant ».

Ritengo che una di lei gita a Roma faciliterebbe molto ogni buona soluzione, e con preghiera di ringraziare Robilant, e di partecipargli il contenuto del presente telegramma, le stringo con affetto la mano.

(l) -Cfr. n. 260. (2) -Cf.r. n. 259. (3) -Non pubblicato. (4) -C!.r. n. 262 e 262, nota 5. (5) -Cfr. n. 264. (6) -Cfr. nn. 259, 260 e 262.
265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC (l)

T. Napoli, 10 ottobre 1881.

S. M. il Re spiegando azione vigorosa e saggia ed associandosi alle nostre idee ha ormai quasi interamente vinto esitazioni, incertezze Depretis (2), ma

questi vuole assolutamente se non formale riunione Consiglio dei ministri almeno immediatamente mio colloquio intimo col Magliani, Zanardelli ed altri ministri presenti in Roma. Per evitare ogni ritardo parto quindi ore 9 di questa sera. Sarò costà domattina. Vi prego prevenire ministri anzidetti mio urgente bisogno aver colloquio con essi nelle ore pomeridiane possibilmente alla Consulta, ed in ore diverse senza riunirli tutti insieme.

Quanto alla sua partenza, dolendomi di cagionar all'ottima baronessa il dispiacere di viaggiar sola, lascio al vostro apprezzamento liberamente decidervi di partire, o di attendermi, pregandovi telegrafarmi.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mandni. (2) -Ofr. n. 264.
266

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1565. Tunisi, 11 ottobre 1881, ore 11,25 (per. ore 12,10).

Deux heures après l'occupation militaire de la ville j'ai fait remettre au Bey une protestation solennelle, digne et ferme en m'appuyant sur ce fait que la ville a été pendant ces derniers six mois modèle et exemple de tranquillité et sureté. Je termine en avertissant le Bey que je ne laisserai jamais toucher à aucune des prérogatives accordées par les traités et en le rendant responsables de toutes le conséquences qui pourraient s'ensuivre, je l'ai fait ... (l) de suite pour que cette note ait un caractère spontané et personnel et pour ne compromettre en aucune façon le Gouvernement du Roi qui, selon l'intér~t de la nation pourra m'approuver ou désavouer facilement ne s'agissant que d'un vice-consul.

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E IL CONSOLATO A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 901. Roma, 11 ottobre 1881, ore 17,30.

Comme vous n'aviez pas d'instructions de vous séparer de ceux de vos collègues dont les droits sont identiques en protestant contre l'occupation de Tunis plutòt que contre celle des autres villes de votre ressort consulaire, je suppose que vous vous ~tes peut-~tre cru obligé de dégager votre responsabilité devant affirmation que la colonie italrenne demandait occupation. Veuillez me télégraphier éclaircissements. Télégraphiez texte entier de votre protestation, en ajoutant votre opinion s'il vous semble possible en limiter la portée par une communication ultérieure en ce sens (2).

(l) -Gruppo !ndec!frato. (2) -Cfr. n. 270.
268

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1580/847. Londra, 11 ottobre 1881, ore 23,35 (per. ore 1,50 del 12).

J'ai demandé à Granville s'il ne considérait pas occupation de Tunis par les français comme la fin du protectorat et le prélude de l'annexion, et ce que le Gouvernement anglais ferait en cas d'annexion définitive; il m'a dit qu'il ne pourrait répondre à cette question qu'après une délibération du consei! des ministres, mais d'après ce qu'il m'a laissé comprendre à cette occasion aussi bien que dans des conversations antérieures, il résulte clairement que le Gouvernement anglais en a pris son parti et ne fera, le cas échéant, pas davantage que jusqu'ici.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I, A MONZA (l)

T. Roma, 12 ottobre 1881.

Ho l'onore di rassegnare alla superiore approvazione di Vostra Maestà il progetto concertato col conte Robilant del telegramma che la Maestà Vostra potrebbe direttamente inviare all'Imperatore di Austria a Vienna. Comunico tale progetto anche a Depretis (2), acciò manifesti a Vostra Maestà il suo parere. Attendiamo conoscere se vi siano osservazioni, ovvero il progetto venga approvato. Inviandosi telegramma da Vostra Maestà all'Imperatore col suo particolare cifrario, Robilant attenderebbe qui conoscere la risposta dell'Imperatore per eventuali accordi co' ministri, e tosto partirebbe per Monza a ricevere gli ordini di Vostra Maestà, proseguendo immediatamente per Vienna, sembrandoci opportuno che le modalità di esecuzione del viaggio siano stabilite col nostro ambasciatore, confidando nella sua avvedutezza e prudenza, piuttosto che con l'inviato austriaco.

In aspettativa delle risoluzioni di Vostra Maestà Le rinnovo l'espressione de' miei devoti omaggi.

Segue il progetto del telegramma che debbo cifrare a sillabe col cifrario italiano non avendo cifrario francese con Vostra Maestà.

« Depuis mon avènement au Tròne, j'ai toujours vivement souhaité l'occasion de pouvoir porter en personne à Votre Majesté l'assurance que j'ai

hérité de feu mon bien-aimé père, avec sa couronne, les sentiments aussi de bien sincère affection et de vraie amitié qu'Il vous avait voués, Sire, ainsi qu'à Votre Auguste Famille. Aussi ai-je éprouvé une bien vive satisfaction en apprenant que ce voeu trouvait un écho dans le coeur de Votre Majesté.

Dans le but d'arriver au plus tòt à la réalisation de cette pensée, qui resserrera, j'espère, toujours davantage les cordiales relations existantes entre nos deux Etats, je vais, aussitòt reçu la réponse de Votre Majesté, faire partir le comte de Robilant pour Vienne, afin qu'il puisse sans retard me renseigner sur les désirs de Votre Majesté par rapport à l'époque prochaine de la rencontre, ainsi que de la ville de Vos Etats où nous pourrions nous voir sans déranger vos dispositions éventuelles de séjour ou de voyage.

Je suis en attendant de Votre Majesté le très affectionné frère et cousin Humbert ~ (l).

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Con telegramma pari data, non pubblicato.
270

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1588. Tunisi, 12 ottobre 1881, ore 24 (per. ore 6,55 del 13).

Si à ma protestation on a donné une portée plus grande de celle à laquelle je visais, voici mon opinion sur la note que j'enverrai sans inconvénients au Bey, dès que me parviendront les ordres de V. E. Voici en résumé ce que je dirai: « Par les bruits qui circulent en ville et qui ont été répandus en Europe, je tiens à expliquer le vrai but de ma protestation; c'est d'abord de montrer publiquement que pas tout le monde approuve la nécessité de l'occupation, ce qu'aurait pu faire croire le silence de tous; en démontrer l'inutilité après l'exemple de tranquillité et sécurité donnée par Tunis pendant ces derniers six mois; ensuite, et surtout démontrer qu'il était de mon devoir de protester contre toute conséquence qui pourrait s'ensuivre de l'occupation armée de la capitale, siège aussi des représentants étrangers, laquelle peut porter atteinte à la juridiction et aux autres prérogatives des traités et en décliner toute responsabilité ». Si V. E. me le permettra, et, n'ayant pas perdu toute confiance en moi, me laissera agir, je crois pouvoir affirmer que dans une semaine tous les bruits seront apaisés, et nous restera l'honneur, après tout, d'un acte énergique. Du reste j'accepte la responsabilité de mes actes, et j'attends avec calme et confiance toute disposition que V. E. croira de prendre à mon égard ayant la conscience d'avoir, pendant quatre mois, et au milieu de difficultés extrèmes, toujours gardé haut le drapeau qui m'a été confié (2).

(l) -Il testo spedito !J 14 ottobre reca qualche lieve variante formale. (2) -Per la risposta cfr. n. 271.
271

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 903. Roma, 13 ottobre 1881, ore 10.

Ne donnez explication à personne sur votre protestation que je me réserve d'apprécier sur la lecture d'un rapport détaillé que vous m'enverrez au plus tòt (1), en constatant si c'est la vérité qu'on a voulu justifier l'occupation par prétendu voeu la colonie italienne alarmée pour sa sécurité.

272

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 904. Roma, 13 ottobre 1881, ore 18,30.

Reversaux est venu ce matin me demander ce qu'il y a de vrai dans l'assertion que le député Belmonte aurait selon lui tenu d'un aide de Sa Majesté que Sa Majesté ferait prochainement visite à l'Empereur d'Autriche. Je lui ai répondu n'en rien savoir absolument. Il a ajouté que ce bruit faisait impression en France. Je lui ai observé que je ne voyais pas en quoi on pouvait se préoccuper d'un bruit de journaux déjà ancien; que les visites de Souverains deviennent fréquentes, que c'est un objet qu'on laisse respectueusement à leur initiative, et qu'il y a d'autant moins bien à émoi que la visite dont parlent les journaux s'adresserait à un Souverain parent et voisin. La dessus M. Brunet rencontrant M. de Robilant lui dit que j'avais autorisé Reverseaux à télégraphier à Paris que le voyage est décidé. J'ai écrit à Reverseaux lui rappelant notre conversation dans les termes ci-dessus et demandant explication des paroles de Brunet. Reverseaux m'écrit n'avoir en rien donné lieu au langage de Brunet et dit avoir télégraphié que je lui ai en effet dit que rien n'est décidé sur le bruit de voyage et que je lui ai dit qu'en tous cas il ne pourrait avoir aucun caractère blessant pour les susceptibilités françaises et que ce n'est qu'à cette condition qu'il aurait lieu. Cette dernière phrase n'a jamais été prononcée par moi et j'ai écrit de nouveau à Reverseaux en m'en référant aux termes de ma lettre sur la conversation que nous avons eue.

(l) Cfr. n. 277.

273

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1609. Tunisi, 14 ottobre 1881, ore 23,45 (per. ore 17,50 del 15).

Mon rapport (l) étant parti hier avant la récéption du télégramme de

V. E. du 13 (2), je ne pourrai y répondre qu'avec le courrier de mercredi prochain (3) que je prie V. E. d'attendre avant de prononcer son jugement, mais quant à l'assertion que la colonie italienne demandait l'occupation, je le nie formellement; et la preuve c'est que j'ai reçu dans la journée suivante plus de cent cartes, sans compter les visites et les félicitations personnelles. II y a eu bien quelques italiens qui l'on demandé par intéret, comme quelques boutiquiers par exemple. Mais un meeting convoqué dans ce but par les français n'a pu avoir lieu faute de nombre, et une souscription ouverte dans ce but n'a pu obtenir qu'un nombre insignifiant de signatures. Du reste qu'on demande à Madrid et à Londres surtout ce que les deux consuls respectifs ont écrit sur la prétendue opportunité de l'occupation.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A UMBERTO I, A MONZA (4)

T. Roma, 14 ottobre 1881.

Di accordo con De Launay e Robilant ho l'onore di rassegnare a Vostra Maestà il progetto concordato del telegramma che la Maestà Vostra è pregata di trasmettere al Principe imperiale di Germania. È nostro rispettoso avviso che esso debbasi spedire possibilmente questa sera, per evitare che la notizia pervenga a Berlino da Vienna. Saremo gratissimi se la Maestà Vostra si degnerà indicarci l'ora della partenza del precedente telegramma per Vienna (5) e dell'attuale per Berlino.

Segue il testo del telegramma col cifrario francese n. 32.

«Je viens de télégraphier à l'Empereur d'Autriche-Hongrie que je désirerais me rendre dans ses Etats pour exprimer en personne à Sa Majesté mes sentiments de parenté, d'amitié et de bon voisinage. II me tient à coeur de donner ainsi un témoignage public de ces sentiments et du prix que j'attache à assurer d'excellents rapports entre deux Pays dont la politique a pour but essentiel la conservation de la paix. Cette décision m'est inspirée par un

ordre d'idées qui rentre aussi, je n'en doute pas, dans les vues de S. M. l'Empereur d'Allemagne, si bien représentées par l'homme d'Etat éminent qui jouit, à si juste titre, de sa haute et entière confiance.

En attendant que j'aie la grande satisfaction de revoir l'Empereur dont la Reine et moi nous avons reçu déjà une si gracieuse hospitalité comme Prince et Princesse de Piémont, je m'empresse de te communiquer ma résolution, et je te prie de te rendre auprès de ton auguste Père, qui n'est pas encore de retour dans sa capitale, l'interprète des meilleurs sentiments que tu me connais pour la Famille Impériale, et pour des rélations intimes entre nos deux pays.

La Reine et moi nous renouvelons tous nos voeux pour le prompt et complet rétablissement de la santé de S. M. l'Impératrice, et nous envoyons nos meilleures amitiés à la Princesse Victoria.

(l) -R. 536 del 12 ottobre, non pubblicato. (2) -Cfl". n. 271.

(3) Ctl". n. 277.

(4) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (5) -Cfr. n. 269.
275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (l)

D. 1282. Roma, 14 ottobre 1881.

Ringrazio l'E. V. per le importanti considerazioni svolte nel Suo pregiato Rapporto del 27 settembre scorso (2) circa l'opportunità e la convenienza dei diretti negoziati colla Sublime Porta in ordine alla questione di Assab.

Dal giorno che io Le diressi l'ultimo mio dispaccio su quell'argomento (3), la situazione si è notevolmente modificata ed in un senso a noi favorevole, avendoci il Governo britannico offerto i suoi buoni officii per la stipulazione di una Convenzione fra l'Italia e l'Egitto, previo il consenso della Sublime Porta.

Quale che sia la natura e la importanza della proposta del Foreign Office, l'E. V. potrà rilevarlo dalla unita copia di telegramma diretto da Lord Granville all'Incaricato d'Affari di S. M. Britannica in Roma (4).

In seguito all'offerta dell'Inghilterra, che noi dobbiamo ravvisare come una nuova prova dei sentimenti di amicizia e di benevolenza del Gabinetto Gladstone verso l'Italia, io telegrafavo all'E. V. (5) di soprassedere da tutte quelle pratiche dirette che in tal nuova situazione avrebbero po~uto nuocere anziché giovare al buon risultato.

Non appena l'azione ora iniziata avrà preso una forma più concreta, mi affretterò ad informarnela onde Ella possa, secondo i casi, mettersi anche in relazione col Suo collega di Inghilterra.

Le comunico intanto in via affatto confidenziale e preliminare l'Avantprojet della Convenzione che tratterebbesi di proporre pregandola di voler favorirmi in proposito le Sue osservazioni ed i Suoi apprezzati suggerimenti.

( 4) Non pubblicato.

22 ·-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

Come Le sarà facile rilevare, qualunque idea di concessione per parte della Sublime Porta è assolutamente esclusa da quel progetto, il quale contiene semplicemente una dichiarazione di riconoscimento ed una rinunzia a quelle pretensioni o ragioni che fossero state elevate o potessero in seguito elevarsi sul territorio, la cui sovranità il R. Governo ha sempre rivendicata come legittimamente acquistata. Cosi senza pregiudicare la nostra posizione di diritto anteriore, si acquisterebbe un novello titolo che eliminerebbe anche per l'avvenire ogni difficoltà.

ALLEGATO

AVANT-PROJET

Art. 1•r S. A. le Kédive d'Egypte, en son propre nom et pour ses successeurs, avec l'assentiment en tant que de besoin de la Sublime Porte, et celui du gouvernement de

S. M. Britannique en ce qui le concerne, déclare reconnaitre les acquisitions faites par le gouvernement de S. M. [e Roi d'Ita;lie, dans les rumées 1870 et 1880, des texritoires d'Assab sur la còte occidentale de la mer Rouge, avec tous les droits de pleine propriété, juridiction et souveraineté sur ces territoires; et, en tant qu'il soit nécessa;ire, renonce à tous droits ou prétentions qu'il puisse élever en rapport avec les dits territoires.

La possession italienne d' Assab s'étend le long de la còte de Ras Darmah au nord à Ras Synthiar au sud: elle comprend, entre Ras Darmah et Ras Lumah une zone de six mdlles en largeur; entre Ras Lumah et Sceik Duran, une zone de quatre milles en largeur; et enfin, entre Sceik Duran et Ras Synthiar, une zone de quatre milles en largeur.

Forment aussi partie de la possession italienne l'ile Sannabor en face de Ras Darmah, et l'ile de la grande baie d'Assab, entre les parallèles de Ras Lumah et Ras Synthiar.

Art. 2. L'établissement italien à Assab aura un caractère simplement commerciai; il ne pourra ètre destiné à un but mi1itaire, ni fortifié pour servir de port militaire. II est bien entendu que cette clause ne pourra jamais empècher les navires de toute espèce d'y aborder et d'y séjourner, ni mettre obstacle à l'usage des moyens de défense nécessaires pour la sécurité de la colonie.

Art. 3. Le gouvernement italien défendra, sur le territoire d'Assab, le transit, pour l'Abyssinie, des munitions de guerre et provisions d'armes.

Art. 4. Le gouvernement italien déclare accéder, pour ce qui regarde la possession d'Assab, à la convention stipulée entre la Grande Bretagne et l'Egypte le 4 aoiìt 1877 pour la répression du commerce des esclaves sur la cote d'Afrique.

Art. 5. Les gouvernements italien, égyptien et anglais établiront, d'un commun accord, des modes et facil!ités de correspondance et de coopération réciproque entre les autorités locales qui dépendent de ces gouvernements, pour les dispositions communes d'intérèt loèal qui rentreraient dans les compétences respectives des dites autorités.

(l) Ed. In l'Italia in Africa, vol. clt., pp. 210-211.

(2) -R. 2173, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 201.

(5) T. 833 del 16 settembre, non pubblicato.

276

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 734. Pietroburgo, 14 ottobre 1881 (per. il 3 novembre).

Coll'ultimo mio rapporto di questa serie, ch'ebbi l'onore di dirigere all'E. V. 1'8 ottobre/26 settembre 1881 (1), mi sono dato premura d'ìndicarle qual è il

modo di vedere del Governo russo circa la questione egiziana. Credo che può riassumersi nei termini seguenti: conservare lo statu quo, impedire l'influenza esclusiva di qualsiasi potenza, e nel caso di gravi complicazioni cercare di sottoporre questa quistione al Concerto Europeo.

In quanto al primo punto so confidenzialmente che il Signor de Giers si è espresso nel senso del mantenimento dello statu qua in Egitto col rappresentante inglese presso questa Corte, e che il principe Lobanoff a Londra ha provocato delle spiegazioni in proposito da Lord Granville. Il Signor de Giers stesso, in una conversazione, ch'ebbe carattere del tutto privato, l'altra sera accennò con me a quest'ultimo colloquio, ed aggiunse che le spiegazioni date da Lord Granville furono assai soddisfacenti. Questi si è mostrato moderatissimo ed ha assolutamente ammesso che anche l'Inghilterra desidera di mantenere in Egitto lo statu qua. Ho però fondato motivo di credere che per i casi avvenire di nuove contingenze straordinarie il Governo inglese nè prese impegni nè diede promesse. Mi risulta che qui si ha la persuasione che l'Inghilterra abbia nell'ultima fase di questa quistione anche trattenuto la Francia. La quale, se avesse in essa trovato un appoggio, sembrava disposta a ingolfarsi pur laggiù in altre complicazioni e forse in ulteriori guai.

In quanto ai noti articoli del Times e di altri giornali inglesi che contribuiscono a mantenere l'allarme sulla questione egiziana, non mi sembra che nei circoli ufficiali di questa capitale si dia loro una seria rilevanza politica. Chè anzi sperasi fondatamente in un assopimento di siffatta questione, e nel dileguarsi, almeno temporaneamente, dei gravi timori in questi ultimi giorni concepiti.

È conosciuta l'accusa mossa anche nella stampa al Gabinetto di Pietroburga di avere consigliato al Sultano l'invio dei commissari in Egitto. Secondo le informazioni che ho potuto procurarmi, l'accusa non sarebbe esatta; ed ora il Governo russo ammette che la Turchia farà bene di richiamare i suoi commissari. Sarebbe però vero che la Russia, nel momento dei maggiori timori, abbia incoraggiato la Porta a fare atto di autorità per il mantenimento dei propri diritti. La quale indicazione riferisco all'E. V. nel modo il più confidenziale.

(l) R. 732, non pubbl!cato.

277

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 537. Tunisi, 14 ottobre 1881 (per. il 18).

Veramente avrei desiderato conoscere l'impressione e gli apprezzamenti dell'E. V. sulla protesta rimessa al Bey di Tunisi per l'occupazione armata della Capitale prima di giustificarla dal mio punto di vista: temo però che un troppo lungo ritardo non sia di pregiudizio ed eccoLe in succinto i principali motivi.

Come ebbi l'onore di accennare nei precedenti miei rapporti una vera campagna era stata aperta in Tunisi per provocare l'immissione delle truppe.

Roustan vi si era sino all'ultimo oppost:J, convinto della gravità politica di questo fatto, del pericolo a cui si andava incontro e della inutihtà come misura di sicurezza, la città avendo sempre serbato la calma e la tranquillità più perfetta. Dovette cedere alle pressioni del partito militare al cui malcontento per l'attuale campagna non pare sufficiente soddisfazione l'aver ottenuto la occupazione di Tunisi: d'altra parte la si volle pure a Parigi per parare alle prime burrasche parlamentari col miraggio veramente Africano di questa fallace conquista.

La Colonia francese faceva strepitosamente coro ai circoli militari mettendo innanzi lo spauracchio di un sollevamento il giorno in cui le truppe fossero impegnate nel Sud: ed alcuni Italiani prestandovi fede apportarono in questa contingenza la morale loro adesione, al punto da far credere essere il desiderio generale.

Io non intendo di biasimare alcuno: liberi essendo gli apprezzamenti individuali, però, come pel bene della Colonia e nell'interesse della nostra politica cercai sempre di tenermi personalmente allacciato con tutti, senza distinzione di nazionalità nè di partito, così, agli occhi di buoni patrioti puzzando alquanto di Francese, il mio silenzio poteva essere interpretato come tacita adesione.

D'altra parte è mia convinzione che rimanendo le truppe accampate nei dintorni, per un raggio di qualche chilometro, almeno si sarebbe potuto impunemente uscire, e colla tranquillità in Città appena dubitare che la Reggenza fosse sottosopra; con soldati dentro le mura succederà a Tunisi ciò che avviene tuttora a Gabes, a Sfax ed a Susa, ove nessun cittadino può allontanarsi senza pericolo.

Non basta: vi sono in Tunisi migliaja di R. R. Sudditi da amministrare, ho trattati da far rispettare, la giurisdizione da mettere in atto, ed in tutto il tempo in cui la Capitale fu libera dall'invasione straniera, libero pure rimanevo nei miei movimenti, a segno che in tutte le circostanze di violazione dei Trattati

o di tutela degli interessi particolari, con energica ed immediata azione vi posi presto riparo, come lo provano le numerose e benevole approvazioni che l'E. V. volle accordarmi. Di fronte ad una forza armata, nella naturale divergenza degli interessi e dei sentimenti nazionali gli attriti saranno maggiori e continui; il compito dell'Autorità Consolare vieppiù difficile non potendo nemmeno modellarsi su quello delle altre Autorità le cui istruzioni sono diverse e gli interessi sì morali che materiali ben minori. Queste considerazioni pure mi autorizzavano in certo qual modo a parlare e declinare ogni responsabilità per le conseguenze che ne deriveranno.

Rimane il lato politico da esaminare e qui ripeto ciò che dissi nel mio precedente Rapporto (1), vale a dire aver la Francia proceduto nella conquista della Tunisia coi modi i più subdoli senza che mai una voce ufficiale e pubblica si sia fatta udire a guisa dì protesta. Non ero, è vero, autorizzato a parlare, nè lo si sarebbe certamente potuto col consenso del R. Governo senza impegnarlo sopra una via pericolosissima e tale da portarci alle ultime conseguenze. Ma ciò che, né un Agente diplomatico, né un Console Generale, e nemmeno un Console avrebbe potuto fare, senza compromettere il Governo o la sua persona, era possibile a me, cui, per la mia modesta posizione di carriera, non potrebbe

avvenire che un richiamo e susseguente assegnazione a quelle placide funzioni amministrative alle quali desidero prontamente ritornare. Ma intanto ottenni il mio intento, di provare alla Tunisia che, se l'Italia non potè accordarle protezione efficace ha conservato per essa tutta la simpatia e tutto l'appoggio morale, come l'attesta l'impressione prodotta negli indigeni e nella stessa Corte Beilicale.

Tali sono le considerazioni che mi hanno spinto ad agire senza il preventivo consenso di V. E., il quale non sarebbe stato possibile ottenere in tempo: e nt:)lla fiducia che V. E. vorrà tener conto della bontà della mia fiducia...

(l) Cfr. n. 273, nota l.

278

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Tunisi, 14 ottobre 1881.

Valendomi dell'autorizzazione accordatami di poter corrispondere privatamente coll'E. V. in affari gravi e delicati, mi pregio unirLe copia di lettere lnviatemi dal Comandante Conti circa l'inchiesta di Sfax; non credo commettere alcuna indelicatezza poichè lo scopo mio è di mostrare le difficoltà che il Conti deve superare e nello stesso tempo provocare quelle istruzioni che valgano a farci ottenere l'intento.

Non mancherò d'invitare l'Agente di Sfax a secondare con tutto lo zelo possibile la missione del Conti; disgraziatamente egli non è di carriera, chiamato a vivere lui e la sua famiglia in mezzo a quelle popolazioni, e prevedendo continua l'occupazione francese teme alquanto di compromettersi. Ad ogni modo pare che l'inchiesta vada bene se debbo giudicare non solo dalle lettere del Conti, ma dal viso arcigno che fece il Roustan quando gli chiesi se credeva prossima la fine dell'inchiesta.

Ed a proposito di Roustan perchè l'E. V. sappia in quale considerazione mi tiene, venne jeri a vedermi in casa, quantunque non gli avessi fatto ancora visita dopo il ritorno suo da Parigi, ad onta che egli non abbia ancora restituita la visita fattagli dal Console inglese, e sopratutto ad onta della protesta. Inutile che io dica quanto affabile fu il colloquio. L'arcivescovo di Algeri Monsignor Lavigerie venne pure jeri a farmi visita e cominciò da me semplice reggente prima di tutte le altre autorità; anzi me lo disse apertamente affinchè non mi sfuggisse la portata dell'atto amichevole.

Avevo o no ragione di affermare nel mio telegramma (2) che in una settimana ogni nuvola sarebbe scomparsa e ci resterebbe in ultimo l'onore di un atto energico?

Questi due indizi mi pajono eccellenti. Ad ogni modo confesso che il ritardo nel ricevere gli apprezzamenti di V. E. mi lascia alquanto trepidante. La prego di scusarmi se incominciando la lettera per l'inchiesta la termino col mettere avanti la mia persona.

ALLEGATO I

CONTI A RAYBAUDI MASSIGLIA

L. P. S/ax, 5 ottobre 1881.

L'esame dei ricorsi inglesi finì oggi. Si ebbero deposizioni; ma fatte, salvo poche eccezioni, con tale riservo e cosi limitate, che apparve evidente non aver voluto essi dir nulla, o presso a poco. Questo fatto che a prima vista sembra sconfortante nanti le mie esigenze, non lascia di essere interessante, a mio modo di vedere. È ben vero che uno scarso numero di maltesi, nettamente attribuì ai francesi i danni avuti, mentre i rimanenti si astennero da ogni dichiarazione. Ma non essendo ammissibile che questi ultimi ignorassero l'accaduto, il non aver essi voluto svelarne gli autori parmi abbia rimosso ognQ dubbio che questi siano stati i soldati. Se così non fosse i maltesi non avrebbero esitato a mettere ogni cosa a carico degli arabi.

Jeri fu interrogato il sig. Gallia, Agente consolare inglese a Susa che per i suoi interessi quale rappresentante la Casa Perry Berry a Sfax, rimase sulla rada durante tutto il tempo dell'insurrezione. Egli depose di essere stato continuamente in comunicazione colla città per mezzo dei suoi servi; avergli essi recato a bordo del denaro che abbandonò a terra, ed essere finalmente sbarcato il secondo giorno dopo la scesa dei francesi. Or bene questo signore ebbe il coraggio di rispondere che nulla wde e nulla poteva riferire circa gli autori dei danni per i quali reclamava Piastre 144000. M'indisposi e non potei astenermi dall'osservargli che sì per la sua qualità come per la sua nota intelligenza, la sua risposta non era accettabile. Egli allora mi pregò di volgermi al signor Leadbetter, che avrebbe potuto al suo comparire informarmi di ogni cosa, perchè essendo suo agente in Sfax, meglio di ogni altro ebbe campo d[ osservare e conoscere i fatti accaduti; giunto il Leadbetter mi rispose di non saperne un cavolo (perdoni l'espressione).

Non sarebbe stato forse questo il caso di farla finita, ed alzarmi una buona volta per sempre? Tal passo però parmi io debba evitare ad ogni costo, od almeno fino a che non veda assolutamente perduta la speranza di concludere, nel senso della verità come già appare, e meglio risplenderà con concorso degli Italiani.

Se rinunziassi all'estremo tatto che tutto mi occorre, la commissione già sarebbe ita in fumo, da più giorni; ma assumendomi questa iniziativa crede Ella che renderei utile servizio? Isolandomi col protestare ben più arduo e forse imbarazzante riuscirebbe a S. E. il Ministro di conseguire quanto si propone.

Perfettamente immedesimato della mda difficile posizione, niuna considerazione mi farà transigere sopra la sertetà dell'inchiesta, e sul fermo proposito di raggiungere lo scopo pel quale fu riunita. Ma, saldi stando questi principj, conviene contentarsi, se per mancanza di coraggio ciwle o per subdole insinuazioni non si possono ottenere tutti quei dati di fatto che si dovrebbero spontaneamente offrire. Il volere esigere di più non sarebbe, a mio avviso, che ritrarre un danno senza nessun vantaggio.

Ed infatti a che valsero i lagni del signor Avvocato per la promessagli indennità del Miot, dal momento che l'avvocato ora, parmi, travisi nell'impossibilità assoluta di provare la verità del fatto? Lessi nell'inchiesta privata quanto egli dichdarò circa una somma restituitagli dall'ufficiale francese che l'involò, e di tal argomento, credo si riserbi intrattenere la commissione. Ora io prego di nettamente chiedere al superiore Dicastero, se crede si debba permettere tale dichiarazione al nostro agente Consolare.

Si pensi che l'Avvocato mancò per non aver denunziato immediatamente quanto dichiarò più tardi, ed a niun titolo doveva impegnare la sua persona col promettere che avrebbe taciuto per sempre quanto in seguito svelò.

Egli mi disse di trovarsi ancora in Sfax l'ufficiale francese sopra menzionato; ma se questi negherà ogn,i cosa qual frutto raccoglieremo nel vedere ripetersi quanto avvenne con Miot?

Tutte le prove che il signor Avvocato mi asserì di poter produrre non sono che atti d'induzione più o meno accettabili; ed il Tryon mi suggerì ed anzi mi autorizzò d',ìnformare i miei capi che era suo parere doversi evitare questo argomento nanti la Commissione.

Ora io tutto le deferisco affinché se lo crede telegrafi d'urgenza a Roma e mi si riscontri.

Un fatto di questa natura è di tanta delicatezza, parmi debba essere trattato almeno nei suoi primordj, in via riservatissima e confidenziale, perché cessa, a mio avviso, di appartenere alla generalità dei fatti accaduti alla presa di Sfax ed assume invece il carattere di cosa personale, che conviene mettere sul tavolo, solo quando si abbiano tutte le prove volute dalla legge.

Le favolose domande per gioje e contanti fecero perdere molta serietà ai reclami presentS~ti quando si constatò, e me lo confermò il signor Avvocato, che dei Tizi fra questi ricorrenti, furono processati prima della rivolta per non aver potuto pagare antichi debiti di poche centinaja d~ piastre; e dei Semproni toglievano giornalmente a prestito contro pegni, dei soldi per la spesa di casa. Se a ciò si aggiungono le patenti prove avute, che la rivolta era attesa da due mesi, e che durante l'insurrezione molti serVIi arabi portarono ai rispettivi padroni sulla rada le carte ed i denari che avevano abbandonati, lascio a Lei il pensare quanta fede si possa ora accordare all'esistenza delle numerose casseforti che quasi tutti dichiarano di aver lasciate piene al colmo.

Lessi tutte ,le deposizioni attenutosi dalla nostra inchiesta privata, e queste dovrebbero risultare ripetute nanti la commissione internazionale! Ma in questo paese sopra nulla può farsi sicuro assegno.

Un maltese non avendo detto che una parte di quanto seppi del suo interrogatorio in quella circostanza, lo feci chiamare dal signor Avvocato, e dichiarò che nanti le interrogazioni che gli diressi in piena seduta, solo rispose quanto ricordava. Di tanta ingenuità che gliene pare? Tutte queste contrarietà saprò superarle e troverò la via perchè la verità risulti. Ma conviene ben stabilire che questo risultato solo potrà attenersi agendo con dignitosa arrendevolezza, con oculatezza e con Ua.tto, e rinunziando a priori a ciò che si prevede non si riuscirebbe a concretare.

La ringrazio della sua lettera e più ancora del suo franco parlare, dal quale trassi saggio consiglio, mi scriva ancora senza riguardo alcuno, e Je sarò grato per l'agevolazione che sempre mi porgerà il suo pregiato parere sopra quanto costituisce la mia missione a Sfax.

ALLEGATO II

CONTI A RAYBAUDI MASSIGLIA

L. P. Sfax, 9 ottobre 1881.

Si consoli; le cose vanno prendendo buona piega.

Sto tentando il colpo di far dichiarare -in seduta da testimoni come n Tryon vide personalmente i francesi vendere, fui un pochino teso con lui, però mai trala.scia.i di essere assiduo per indurlo ad imitarmi.

Ieri ebbi la soddisfazione di sentirlo per la prima volta chiedere ad un greco quanto avesse pagato le pezze tunisine da 25 piastre in oro che comprò allo sbarco delle truppe, il greco rispose da 5 a 6 franchi.

Ora credo di non illudermi nel dirle che ritengo di aver guadagnato la partita. Ma sia una confidenza entre nous: non vorrei espormi a suonare Je campane prima di sapere almeno che vi sarà la festa.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Cfr. n. 270.
279

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, CANTAGALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1608. Atene, 15 ottobre 1881, ore 15 (per. ore 16,50).

Sur la foi d'une dépeche de l'Hawas, contenant la fin de non recevoir opposée par la Sublime Porte à la note des ambassadeurs concernant la fron

tière au nord de Zarkos et le territoirc autour de Guruica, le Gouvernement hellénique vient de... (l) la publication d'une ordonnance qui licencie incessamment 8.000 hommes de l'armée actuelle. Les ministres se montrent fort inquiets de l'attitude de la Porte et deux d'entre eux m'ont déclaré ce matin qu'il leur serait impossible de céder sur ce point. Je n'ai qu'à me référer à mes précédents télégrammes et rapports à ce sujet et à renouveler à V. E. l'expression de ma conviction, qu'il serait à désirer que l'on puisse adopter définitivement la ligne marquée par la commission de délimitation si l'on veut éviter nouvelles difficultés.

280

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1616. Therapia, 16 ottobre 1881, ore 10,40 (per. ore 12,05).

La Sublime Porte nous a adressé une note proposant une transaction pour régler les difficultés relatives à la frontière grecque. Nous soumettrons cette communication à la délibération de la commission de délimitation qui est à Constantinople.

281

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (2)

T. Monza, 16 ottobre 1881, ore 14.

Le trasmetto il telegramma ricevuto ora da Vienna: «Je tiens à exprimer à Votre Majesté sans délai toute la satisfaction avec laquelle je viens de recevoir sa dépeche télégraphique (3). Je suis heureux de voir se réaliser sous peu le projet de nous serrer la main et de nous renouveler de vive voix les sentiments de sincère et affectueuse amitié qui nous unissent si heureusement. C'est donc avec plaisir que je recevrai le comte de Robilant pour pouvoir me rendre aux désirs de Votre Majesté quant à l'endroit et à l'époque de notre entrevue. Je suis en attendant de Votre Majesté le très affectionné et cousin François Joseph ».

Nel trasmettere il telegramma al principe imperiale, dopo il testo ch'Ella

mi ha inviato (4), avendo soggiunto che ieri avevamo avuto il vivo piacere

di vedere a Monza la di lui figlia la Principessa di Sassonia Meiningen col di lei consorte, e che gliene dava ottime notizie, ebbi la risposta seguente:

« Nous sommes bien touchés par votre... (l) dépeche, et bien reconnaissants pour l'... (l) accueil que vous avez fait à nos enfants. Envoyons mille compliments affectueux et respectueux à la Reine. Frédéric Guillaume, Victoria ».

Relativamente al 50.mo anniversario del principe imperiale di Germania, mi associo pienamente al pensiero di una... O) diversa degli altri anni, e ritengo che De Launay che tanto conosce gli usi da... (l) Corte possa indicare il da farsi.

Relativamente ai negoziati commerciali con la Francia approvo pienamente il di lei operato.

(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -Da Museo Centrale del Rlsorglmento, Carte Mancini. (3) -Cfr. n. 269. (4) -Cfr. n. 274.
282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

T. 916. Napoli, 16 ottobre 1881, ore 16.

La visite de notre Auguste Souverain à S. M. l'Empereur d'Autriche est chose décidée. Le Roi a télégraphié à ce sujet à l'Empereur (2), qui lui a répondu de la manière la plus gracieuse (3). Le comte Robilant est parti pour Monza afin de prendre les ordres du Roi, et se rendra de là immédiatement à Vienne, d'où il fera connaitre à S. M. le Roi le désir de l'Empereur par rapport au jour et au lieu de la rencontre. Vous pouvez prévenir M. Kallay de l'arrivée imminente du comte Robilant. Si vous étes questionné au sujet de cette visite bornez-vous à admettre le fait en disant que l'ambassadeur se trouvant en Italie vous n'avez rien reçu à ce propos.

283

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (4)

T. Monza, 17 ottobre 1881, ore 1.

Ricevo il seguente telegramma che Le comunico con piacere:

«Très reconnaissant de la nouvelle marque de ta confiance, je me suis empressé de communiquer ton message important (5) à l'Empereur qui assurement

ainsi que Bismarck en sera extrèmement satisfait, car tu connais bien nos sympathies pour toi et ton pays. Ton fidèle et dévoué ami Frédéric Guillaume ».

Riterrebbe ella conveniente si debba mandare risposta a Vienna ed a Berlino?

Le stringo la mano con affetto.

(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -Cfr. n. 269. (3) -Cfr. n. 281. (4) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (5) -Cfr. n. 274.
284

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (l)

T. Vienna, 19 ottobre ore ... (2) (per. ore 19,50).

Je pars ce soir pour Pesth où l'Empereur désire me recevoir.

Je serai de retour Vienne vendredi se considérant comme convenu réception aura lieu à Vienne, toutes les dispositiont ayant été déjà prises par la Cour à cet effet. Une discussion à ce sujet produirait mauvaise impression. Le Roi devra partir de Milan mercredi vingt-six vers huit heures du soir pour arriver à la frontière à Pontebba jeudi vingt sept de six heures matin et à Vienne sept heures du soir. Sa Majesté resterait à Vienne le vingt huit, vingt neuf et trente et repartirait pour Monza le trente et un à huit heures du matin. Réception ayant lieu à Vienne présence ministre est indispensable. Comme on s'attendait à ce que se serait président du conseil et M. Depretis s'étant montré avec moi tout disposé à venir je l'ai officiellement annoncé disant que je ne savais pas si V. E. viendrait également peut etre vaudrait-il mieux que M. Depretis vienne seui ce qui écarterait aux yeux des autres Cabinets l'idée qu'on veut stipuler des accords précis comme pourrait le faire supposer la présence du ministre des affaires étrangères et laisserait ainsi davantage à l'entrevue le caractère que V. E. tient à lui donner. Si cependant V. E. en jugeait autrement, je suis tout pret à annoncer également sa venue. Tant S. E. Depretis que V. E. si elle venait seront logés au chàteau impérial pourront arriver ici avant ou après Sa Majesté par le train qui me serait indiqué continuant tout le voyage dans les voitures salons parties de Rome. J'arrangerai tout pour voyage affaires étrangères arrivée ici l'effet de la visite de Sa Majesté ne pourrait etre meilleur ici le Roi sera reçu par l'Empereur de la manière la plus sympathique et flatteuse. Tout s'annonce pour le mieux. J'ai communiqué tout ceci directement au Roi. Je prie V. E. vouloir en donner connaissance à S. E. le président du Conseil.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Manca !'indlcaz!one dell'ora d! partenza.
285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Napoli, 20 ottobre 1881, ore 16,10.

Merci de vos communications très satisfaisantes (1). Je m'empresse en faire part au président du Conseil et de consulter la volonté de Sa Majesté pour son approbation entière à vos arrangements. J'ai bien réfléchi sur le point que V. E. m'a laissé à ma décision, en examinant si je pourrais m'abstenir d'accompagner Sa Majesté à Vienne avec le président du Conseil sans inconvénient pour le service de Sa Majesté et de la nation. Je comprends qu'on pourrait donner un caractère de simple courtoisie à une entrevue de deux Souverains hors la Cour dans la capitale et sans la présence d'aucun ministre; mais ayant lieu dans la capitale avec l'intervention du premier ministre de notre Auguste Souverain il serait impossible d'écarter sérieusement tout caractère politique de cet événement. Or mon absence contre ce qui est d'habitude dans semblables occasions serait commentée en Italie en plusieurs manières, nuisibles au Ministère et on pourrait méme m'attribuer à la dernière heure une modification ou affaiblissement dans mes convictions politiques sur l'utilité et l'importance de notre rapprochement à l'Autriche. Dans tous les cas il en serait amoindrie l'influence ultérieure de mon action diplomatique vis à vis des Cabinets de l'Europe et méme du Cabinet autrichien. J'ai télégraphié donc à Sa Majesté (2) que j'aurais aussi l'honneur de l'accompagner si le Roi veut bien le permettre. J'attends de vos nouvelles de Pest après réception de l'Empereur. Je me réserve de vous télégraphier après votre retour à Vienne. S'il y avait des motifs particuliers que j'ignore pour rendre moins convenable ma présence à Vienne je prie V. E. de me les télégraphier avec pleine franchise.

286

UMBERTO I AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (3)

T. Monza, 21 ottobre 1881, ore 2.

Approvo pienamente tutto quanto è stabilito. Divido pienamente tutti gli apprezzamenti suoi con Depretis. Anche prima di avere ricevuto di lei telegramma (2) avevo scritto a Robilant annunciando pure di lei partenza per Vienna. Per di lei norma Robilant mi riferì che presenza a Vienna di S. M. la Regina sarebbe stata cosa convenientissima. Ho partecipato ciò a Depretis (4) e rimanemmo intesi che Robilant si sarebbe limitato a dire che non

(1} Cfr. n. 284. (2} T. del 20 ottobre, non pubbllca.to. (3} Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (4} T. del 20 ottobre, ACS Carte Depretis, non pubblicato.

si era di ciò trattato, ma a Pesth accettando ciò l'Imperatore gli disse: «Noi saremmo molto lieti se S. M. la Regina volesse venire». Ho telegrafato nuovamente a Depretis per avere il di lui avviso a quel riguardo. Le stringo con affetto la mano.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Napoli, 21 ottobre 1881, ore 10.

Sa Majesté m'annonce O) d'avoir télégraphié à V. E. meme avant de connaitre mon télégramme qu'Elle jugeait convenable et désirait ma présence à Vienne à sa suite, Depretis télégraphie de partager ce meme avis. V. E. n'a pas indiqué en réponse à mon dernier télégramme (2) aucun motif spécial contraire. Je pars demain pour Rome où Depretis aussi viendra pour régler avec nos collègues affaires urgentes. Je vous télégraphierai si je partirai la veille du Roi, ce qui me parait préférable; dans ce cas il me faudrait connaitre dans quelle localité sur chemin de fer je pourrais attendre près de Vienne train royal accompagner Sa Majesté à son arrivée dans la ville. Je prie V. E. m'aider avec sa prévoyance dans les préparatifs de voyage de Sa Majesté pour tout ce qui devra ètre apporté de Rome, ou qui pourra devenir éventuellement nécessaire. Sa Majesté m'annonce probabilité que S. M. la Reine vienne Elle aussi vu Empereur en a montré le désir. V. E. voudra bien me tenir au courant de tout ce qui peut etre utile de connaitre.

288

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A NAPOLI (3)

T. Vienna, 21 ottobre 1881, ore 18.

En présence du fait de premier ordre qui va s'accomplir, il faut avant tout éliminer tous les petits incidents qui pourraient donner lieu à des fausses interprétations. Je n'ai pas hésité à annoncer officiellement que Sa Majesté· serait accompagnée par le président du conseil et par le ministre des affaires étrangères. J'ai expliqué cette décision de manière à la rendre tout à fait naturelle, et je puis dire à V. E. qu'elle a été parfaitement appréciée ici tant au ministère des affaires étrangères qu'à la Cour. C'est donc un fait acquis sur lequel il n'y a plus à revenir d'autant plus qu'on se montre charmé de faire la connaissance de V. E. dont le nom est si connu ici.

J'ai la satisfaction d'assurer V. E. que les dispositions tant de l'Empereur que de son Gouvernement sont on ne peut plus favorables à notre égard, elles dépassent miìme de beaucoup mon attente. L'opinion publique chaleureusement lancée dans le miìme sens. Enfin tout est pour le mieux.

(l) -Cfr. n. 286. (2) -Cfr. n. 285. (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1641. Madrid, 21 ottobre 1881, ore 18,45 (per. ore 1,35 del 22).

Le langage par lequel journaux officieux de Madrid déploraient dans un premier moment nouvelle évidemment exagérée de pélerins blessés à coups de pierre à Rome et les interprétations qui ont été faites dans le monde et par mes collègues à ce sujet, m'ont fait croire convenable de me rendre chez le sous-secrétaire d'Etat, sous un autre prétexte. En effet de sa propre initiative il m'a dit qu'il n'avait jusqu'à présent des nouvelles sur ces faits ni de ambassadeur ni de ministre d'Espagne à Rome, qu'il les croyait par conséquent sans importance et que le journal officieux Iberia affirme aujourd'hui que les auteurs des faits avaient été arriìtés et qu'on ne pouvait demander davantage au Gouvernement italien. J'ai répondu qu'aucun Gouvernement en aucun Etat ne pourrait prévenir ni empiìcher des hommes isolés de jeter des pierres et qu'au temps de la domination des Papes il y a eu des faits bien autrement graves. J'espère que V. E. approuve mon langage. Il partage mon avis, mais il ajoute qu'on lui demande de tous còtés nouvelles et qu'il espère iìtre bientòt en mesure de répondre victorieusement. Je prie de me renseigner le plus tòt possible afin que je puisse donner informations exactes à une interpellation à la Chambre des députés sur attitude du Gouvernement espagnol dans le cas où Pape demande asile en ... (1).

290

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 823. Cairo, 21 ottobre 1881 (per. il 30).

In esecuzione degli ordini dell'E. V., il mio primo pensiero, nel riprendere la direzione di quest'agenzia, fu di richiamare l'attenzione di Scerif pascià sulla questione di Beilul.

Scerif pascià non poteva sconfessare le opinioni espressemi su questi tristi fatti, sull'attitudine presa dal Governo egiziano, e sulle conseguenze della condotta poco leale del suo predecessore, e della responsabilità che assumeva facendo procedere ad una inchiesta dalle sole autorità egiziane. Egli lealmente riconosce che non possiamo accettare quell'inchiesta, ma nello stesso tempo vuole sperare che l'E. V. non intenda di renderlo responsabile degli atti del suo predecessore, e creargli degli imbarazzi nella grave situazione in cui versa il paese.

Confermate le istruzioni dell'E. V. dal suo telegramma del 16 corrente (1), ho assicurato Scerif che il R. Governo lungi dal volergli creare degli imbarazzi, gli presterà ogni concorso perché possa sormontare le ardue difficoltà a conseguire le giuste aspirazioni dell'Egitto; ma d'altra parte con parole non velate gli ho fatto vedere che, senza farne ricadere su di lui la responsabilità, il

R. Governo è nel diritto di chiedere ed esigere giustizia ed in caso contrario di rendere il Governo egiziano responsabile di un diniego di giustizia.

Scerif pascià è interamente disposto ad affidare una nuova inchiesta all'autorità collettiva di un delegato italiano e di un delegato egiziano. Però egli, come l'E. V., non si dissimula che il compito di una nuova inchiesta, la quale in via legale sarebbe l'espediente prescritto a seguirsi, andrebbe incontro a gravi difficoltà, particolarmente per trovare, dopo il tempo trascorso, le prove del delitto. Non potei certamente esprimere una opinione contraria, e fu allora che Scerif, desideroso di poter dare a questo tristo incidente una soluzione che possa soddisfare l'E. V., mi disse di accordargli qualche giorno per vedere se non si potesse rinvenire qualche mezzo più pratico per risolvere la questione.

La conferenza essendosi svolta in termini così concilianti, ho creduto di sospendere oggi ad inoltrare la nota che l'E. V. mi prescrive, con il suo telegramma del 16 corrente, di dirigere a questo governo.

Interpellato dall'agente inglese, signor Malet se avessi istruzioni per la convenzione da stipularsi col Governo egiziano per Assab, gli risposi che le avrei ricevute tosto che si fosse convenuto tra l'E. V. e lord Granville la reda:t:.ione della proposta convenzione. Egli m'informò di non averne finora fatto cenno con questo Governo, e di averlo soltanto consigliato a non continuare a dirigermi altre note sulla questione.

(l) -Gruppo indecifrato, probabilmente « Espagne ». Dall'esame dei telegrammi e del dispacci non risulta la risposta di Mancini. (2) -Ed. in LV 32, pp. 86-87.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 926. Roma, 24 ottobre 1881, ore 10,55.

Le Roi et la Reine partent le 27 de ce mois pour Vienne, où Leurs Majestés seront pendant quelques jours les hòtes de la Cour Impériale d'Autriche-Hongrie. Leurs Majestés seront accompagnées par le président du Conseil Depretis et

pàr moi. L'annonce de cette résolution de notre Auguste Souverain a produit en Italie la meilleure impression. Je suis convaincu que le Cabinet de Berlin verra avec satisfaction une visite appelée à resserrer toujour plus les rapports d'amitié et de bon voisinage entre deux Etats également amis de l'Allemagne.

Je tiendrais à che que le chancelier de l'Empire en fut informé. Veuillez dans ce but donner lecture de ce télégramme au secrétaire d'état pour les atfaires étrangères (l).

(l) T. 914, non pubblicato.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 928. Roma, 24 ottobre 1881, ore 15,45.

M. Wood, ancien consul général d'Angleterre à Tunis, aurait affirmé tenir de bonne source que Roustan négocie en ce moment un nouveau traité qui serait substitué à celui du 12 mai, et pour lequel on aurait l'espoir d'obtenir adhésion de Italie, Angleterre et Allemagne. La Régence serait évacuée et rendue à son état primitif, sauf la vallée de la Meyerda avec Biserte et Port Farina que la France s'annexerait en prenant quant à Biserte l'engagement de ne pas en faire un port militaire. M. Wood ayant gardé en Tunisie des rélations intimes avec personnages haut placés, j'ai jugé convenable vous informer de cette nouvelle en vous priant de voir ce qu'elle peut contenir de vrai (2).

293

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2891. Berlino, 24 ottobre 1881 (per. il 28).

In conformità degli ordini impartitimi dall'E. V. mi son recato oggi da questo Segretario di Stato presso il Dipartimento Imperiale degli Affari Esteri per dargli lettura del telegramma, che Ella mi ha fatto l'onore di indirizzarmi stamane (3).

Il Conte Hatzfeld, che è qui di ritorno dal suo congedo, si è mostrato oltremodo compiaciuto di udire che i nostri Augusti Sovrani avevano deciso di fare una visita alla Corte Imperiale d'Austria-Ungheria, ed ha accolto con soddisfazione il pensiero manifestato dall'E. V. che il Gabinetto di Berlino

vedrebbe con compiacenza una siffatta visita, destinata a stringere viepp1ù i rapporti di amicizia e di buon vicinato esistenti fra due Stati ugualmente amici della Germania.

Non havvi alcun dubbio, mi ha egli soggiunto, che sì grata novella sarà per produrre anche in Germania ottima impressione; ed il Gabinetto di Berlino non può se non accogliere con sentita soddisfazione l'annunzio di un fatto, che avrà i più benefici effetti nell'interesse della conservazione della pace. Il Gabinetto di Berlino è ugualmente persuaso che la visita delle loro Maestà il Re e la Regina d'Italia a Vienna riescirà assai gradita all'Imperatore Francesco Giuseppe ed al suo Governo. Ad ogni modo, qualsivoglia atto di cortesia che l'Italia fa o sarà per fare all'Austria-Ungheria il Gabinetto di Berlino lo considererà come diretto a lui medesimo. Il Segretario di Stato mi ha poi promesso che, secondo il desiderio da me manifestatogli, avrebbe immediatamente informato il Cancelliere dell'Impero del contenuto del telegramma di cui gli ho dato lettura, e mi ha nel tempo stesso incaricato di porgere all'E. V. i più vivi ringraziamenti del Governo Imperiale per siffatta comunicazione.

Nell'atto di trarre commiato da lui, il Segretario di Stato (mi preme di farlo notare all'Eccellenza), ha avuto cura di ripetermi ancora una volta, in termini assai marcati, che il Gabinetto di Berlino considerava come diretto a lui medesimo ogni atto di cortesia che sarebbe indirizzato dall'Italia all'Austria-Ungheria.

Nel confermare all'E. V. il contenuto del mio telegramma di oggi (l) ...

(l) -Cfr. n. 293. (2) -Con t. 1663 del 25 ottobre, non pubblicato, Raybaudi rispose di ritenere false le notizie e Menabrea con t. 1665 del 26 comunicò che il Foreign Office non aveva alcuna informazione ln proposito. (3) -Cfr. n. 291.
294

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1216/1146. Londra, 24 ottobre 1881 (per. il 30).

Nel mio ritorno a Londra io ebbi l'occasione d'incontrare in Parigi il conte Beust che mi esternò la sua contentezza per l'annunziata visita del nostro Re all'Imperatore d'Austria, assicurandomi che la notizia di quel convegno era stata accolta col massimo favore in tutto l'Impero austro-ungarico.

Egli mi disse che avendo poco prima veduto il signor Barthélemy SaintHilaire, questi gli parlò del viaggio, dichiarando ad un tempo d'essere lieto dl quel riavvicinamento fra le due potenze confinanti. Ma questa dichiarazione, a giudizio del conte Beust, era meno l'effetto di un sentimento schietto del signor Barthélemy Saint-Hilaire che non quello del desiderio di cancellare l'impressione prodotta da un recente articolo del Morning Post nel quale si assicurava che la Francia aveva esercitate pressioni per impedire che il convegno dei due Sovrani avesse luogo. Il conte Beust mi mostrò il rapporto con cui egli riferiva questa impressione al suo Governo.

2-86

Dal poco che ho potuto scorgere nel mio breve ultimo soggiorno in Francia, mi pare certo che quel riavvicinamento tra l'Italia e l'Austria non è molto gradito in quel paese che con rincrescimento vede sfuggire oramai l'Italia alla sua influenza.

(l) T. 1655, non pubblicato.

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IL COMMISSARIO CIVILE A ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

PROMEMORIA. Assab, 24 ottobre 1881.

La discussione ripresa recentemente da\ giornali d'Italia sopra Assab e l'avvicinarsi del momento in cui un progetto di legge dovrà presentarsi al Parlamento, consigliano il sottoscritto ad uscire dalla riserva in cui si tenne fin qui e ad esporre in succinto a cotesto R. Ministero l'opinione che egli si è formato sull'avvenire della colonia.

In Italia tutto si esagera. Si credette al principio che colla istituzione di una modesta stazione commerciale nel Mar Rosso dovesse farsi nascere come per incanto affari e commerci. Altri preoccupandosi del lato politico della cosa, dissero che da Assab si dovesse acquistare non so quale e quanta influenza sull'Africa. Tutte queste intemperanze furono dette e appoggiate non solo da articolisti di giornali, ma da persone che dovrebbero essere più serie e perfino da società che hanno la pretesa di esser scientifiche. Fallite, come era naturale, queste speranze venne la reazione ed ora si sta gridando che nulla mai potrà farsi in Assab e che meglio varrebbe abbandonarlo prima che il paese abbia fatto altri sacrifici che si dichiarano altrettanto inutili quanto costosi. Disgraziatamente questa seconda opinione non più giusta della prima ebbe l'appoggio anche di alcuni, per lo più ufficiali di marina che venuti in Assab ed avendovi passato poco piacevolmente il tempo non vollero

o non seppero tener conto delle difficoltà che nei primi tempi erano inevitabili. Chi però, anche prima del sottoscritto ebbe la responsabilità delle cose e penetrato della sua missione non regolò le impressioni a seconda dei maggiori o minori comodi della vita, divise sempre l'opinione che se anche di Assab non possa farsi un grande emporio commerciale, esso valga almeno quel poco che il Governo vi ha speso e quello ancora che se stia alle regole di una buona amministrazione vi dovrà spendere in seguito.

Non è qui il luogo di ripetere tutti gli argomenti sovente esagerati che si addussero allorché si trattò di stabilir qua la nostra bandiera. Sta però in fatto che Assab è il miglior punto di approdo del Mar Rosso, il più vicino alla rotta dei vapori dell'India e uno che mentre con poche batterie si può render sicuro da qualunque attacco, può dall'altro lato con pochissima spesa esser adattato a tutte le esigenze del commercio.

Vero è che per ora questo commercio appena esiste. Ma fa d'uopo rammentarsi che non più di due anni fa la rada di Buja era una spiaggia deserta. Non eravi neppure un villaggio indigeno, né per conseguenza un sentiero che vi riuscisse dall'interno.

23 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

D'altra parte se noi vi siamo da due anni, poco progresso poteva sperarsi fino a tanto che non si fosse ingenerata negli indigeni la certezza della stabilità delle cose e la fiducia che la nostra decisione fosse irrevocabile. Di questa fiducia era naturalmente inutile parlare fino a che non intervenne il Governo colla sua bandiera, ma anche dopo questo fatto importantissimo, oggi stesso, è dubbio, se essa esista pure negli indigeni che più con noi hanno avuto rapporti. Tanto le autorità turche che le egiziane prendono alla leggera questo nostro tentativo e profittando dell'ignoranza completa in cui si trova questa gente perfino del nome d'Italia, dichiarano a chi non vuol sentirle che presto saranno cacciati di qua. Le inglesi di Aden hanno cercato ogni mezzo di asteggiarci, non escludo quello poco onesto di eccitarci contro i Sultani o Sceik con lettere e donativi che sebbene anonimi, portavano con sè tutta l'influenza di cui gode la bandiera inglese in questi mari. Il massacro di Beilul e la susseguente inchiesta Egiziana non furono al certo tali da aumentare il nostro prestigio. Conseguenza di ciò sono, la incertezza dei nostri rapporti con gli indigeni, la poca immigrazione che ci viene dall'Arabia e una certa atmosfera di dubbio e di incertezza che ci gravita addosso e ci nuoce più di quello che non si possa credere in Italia. Berehan stesso, quegli che forse più di tutti gli altri è venuto in contatto con noi, che più fu protetto e beneficato tiene ancora il piede in due staffe e mentre fa trattati con noi continua a mandare di tanto in tanto i suoi figli in Aden a coltivar l'amicizia degli Inglesi.

Tutto ciò, è sperabile, finirà coll'assetto definitivo della colonia e col riconoscimento del nostro diritto da parte delle potenze interessate. Ma s'ingannerebbe a partito chi credesse che anche ciò possa accadere altro che a poco a poco e a condizione di seguire nelle nostre relazioni con gli indigeni una linea di condotta franca ed energica al tempo stesso. Bisogna che i danakil si convincano che noi non abbiamo mire di conquiste e che tanto danakil che arabi sieno persuasi che non siamo per niente disposti a transigere con chicchessia per ciò che riguarda specialmente gli averi e le persone della gente stabilita nel nostro territorio. Delle punizioni energiche alle quali quest'ufficio non è autorizzato saranno indispensabili, tanto che il concedere più larghe facoltà punitive al Commissariato è, secondo il parere del sottoscritto, necessario alla riuscita della colonia.

Nonostante l'incertezza lamentata e gli avvenimenti politici degli ultimi mesi non può dirsi che qualche progresso non siasi fatto. La popolazione indipendente dalla fattoria si è sensibilmente aumentata, delle relazioni quasi giornaliere si sono stabilite coi danakil dei dintorni e taluna ne incomincia con quelli dell'interno. Giorni or sono, quattro ne vennero direttamente dall'Aussa a vender burro. Cotesto Ministero si farà un'idea delle difficoltà che si hanno a stabilire queste relazioni se saprà che costoro, attirati dai maggiori prezzi che qua corrono persistettero a venire in Assab nonostante che tutti quelli che incontravano dichiarassero loro che noi li avremmo certamente trucidati. Essi vennero quindi e nascostisi a una certa distanza mandarono prima uno di loro a esplorare se e come sarebbero stati accolti in paese. Tali rapporti non possono che ripetersi ed aumentare, facendo così poco a poco cessare la diffidenza di questa gente. Ma non è che col tempo e con mezzi che chiamerò positivi che si

potranno vincere tali resistenze. Fino a tanto che ci limiteremo ad aspettare che la gente venga dall'interno poco o nulla otterremo. Sta in fatto che salvo qualche piccolissima esportazione per Aden non una balla di mercanzie venne ancora esportata per l'Europa. Questo rimprovero che si ripete ad ogni pié sospinto dagli avversarii di Assab è però la cosa più naturale del mondo. Come nascerà il commercio, giacchè qui si tratta di farlo nascere, quando non vi siano commercianti? Prima dei disgraziati avvenimenti di Beilul, il sottoscritto parlando a uno dei capi di quel villaggio gli domandava perchè non venissero a Assab a vendere le mercanzie che ottengono dall'interno e che ora portano a Aden. Coteste merci potrebbero da per loro formare un commercio non indifferente, ammontando, secondo calcoli abbastanza credibili, a circa 100.000 talleri all'anno. Il capo così interrogato, quello stesso Saad che poi doveva figurare così tristamente nell'affare della spedizione, conveniva pienamente dei vantaggi che essi avrebbero a non uscir dal Mar Rosso, ma domandava chi comprerebbe le merci in Assab? Infatti è doloroso a dirsi ma dacchè la colonia si costituì non poca gente si è offerta di venirvi, ma tutta a condizione di trovarvi un impiego, taluna anche a quella che il Governo pagasse loro le spese di viaggio. Non un solo individuo che rappresentasse un capitale qualunque anche 5 o 10.000 franchi offrì di venir qua a stabilirsi. Eppure se havvi paese in cui nulla si possa fare senza capitali, è questo, ove il lavoro manuale è nella maggior parte dell'anno impossibile agli Europei, ove l'agricoltura è nulla e dove le piccole industrie sono monopolizzate dagli indigeni che bene o male lavorano sempre a più buon mercato dei forestieri. All'Europeo non resta quindi che il vero e proprio commercio e anche questo da farsi per mezzo di agenti indigeni stipendiati da inviarsi nell'interno a vendere e comprare. Così fassi del resto in tutti gli altri porti del Mar Rosso e in tutta l'Africa in generale. È egli infatti da supporsi che mentre in Italia non si trova chi voglia arrischiare 10 o 20.000 franchi in un nostro possedimento, si trovi poi nell'interno dell'Africa taluno, fosse pure quel capo potente che generalmente si immagina e che in realtà non esiste, il quale voglia farlo spedendo merci a della gente clie non conosce e di cui naturalmente, come di forestieri, diffida? Tutto ciò è possibile in paesi più civili. A Moka per esempio non si avrebbe che a chiedere per aver dall'interno 100 cammelli carichi di caffè; ma son gente avvezza da secoli al commercio, sveglia al loro interesse, e cognita per le relazioni avutevi da tempo in Aden e in Hodeida dagli europei. Sarebbe però inutile aspettarlo dai danakil e dagli abissini. Bisogna quindi esplorare il paese e farlo per mezzo di agenti indigeni, i quali non suscitando sospetti di conquiste, come le spedizioni europee, facciano nel silenzio e nell'ombra le loro operazioni commerciali. Tutte queste esplorazioni quelle dei limiti a cui si potrebbe convenientemente arrivare, come quelle del mare avrebbero potuto essere fatte o da qualche società commerciale che si fosse formata o anche in via di esperimento da qualcheduna delle società africane che abbiamo in Italia. Ma sarebbe stato lavoro paziente, difficile e tale da non impinguare ad un tratto di denari o di decorazioni chi vi si fosse dedicato. E quindi non fu fatto. Dopo lungo attendere il sottoscritto decise di tentarlo da per sé e due mesi or sono inviò all'Aussa un agente a comprar mercanzie. Se le notizie

giunte sono vere egli avrebbe riuscito perfettamente e dovrebbe esser presto di ritorno con le merci ottenute. Del risultato ottenuto sarà certamente informato il Ministero, ma qualunque esso sia per la prima volta, ciò non deve impedire di ripetere l'esperimento su più larga scala, e cosi servendo l'una spedizione di norma all'altra di cercare di attirar poco a poco il commercio dell'interno in Assab. Quanto esso sia e quale possa esser in seguito la somma delle importazioni e esportazioni a cui possa dar luogo è un'altra questione: intanto il R. Ministero può ritenere come accertati i quattro punti seguenti:

l) Che le strade per l'interno esistono non una ma molte. Queste sebbene non praticabili attualmente per Europei sono continuamente percorse e perfettamente sicure per gli indigeni di qualunque razza. Dove conducano precisamente non si sa ma che esse possano in seguito esser adibite pel commercio lo provano le incursioni che hanno fatto talvolta migllaja di Abissini sul territorio dancalo ben poco lontano da Assab, il passaggio di carovane talvolta di 2 o 300 persone e quello di un migliajo e più di schiavi che annualmente vengono alla costa dai paesi più remoti, più svariati dell'interno.

2) Che il mare presenta pure risorse non indifferenti, primissima fra le quali la madreperla. Basteranno pochi sforzi e la posizione geografica di Assab per farne inevitabilmente in futuro il deposito principale di questo commercio nel basso Mar Rosso, e forse anche in seguito il luogo di armamento delle barche che si danno a questa pesca. Altre pesche vi sarebbero, come quelle della tartaruga, ma di minore importanza.

3) Che la costa Arabica potrà se gli Italiani sapranno approfittarne e quando i diritti di esportazione sieno ridotti all'l %, dare un contingente considerevolissimo allo sviluppo della colonia. Moka per esempio se non potrà certo tornare al suo antico splendore, potrà però facilmente riprendere vita purché lo si voglia. E la sua merce dovrà necessariamente venire in Assab a caricarsi per l'Europa. Per tutto ciò il sottoscritto non ha che a riferirsi ai rapporti speciali su ciascun soggetto che in varie occasioni ha indirizzato a cotesto R. Ministero. Havvi però un'altra cosa da aggiungere.

4) Ed è la navigazione la quale pure potrà in seguito dare qualche risorsa. Non è qui il luogo di occuparsi della possibilità che fermino in Assab i bastimenti che vanno alle Indie. Ciò è ancora troppo lontano. La navigazione attuale però, benché composta quasi intieramente di barche arabe è assai importante. Basterà citare che nei primi 9 mesi dell'anno si ebbero ben 325 arrivi ed altrettante partenze. E questa cifra è ben lontana dal rappresentare la vera, in quanto che una gran parte di dette barche continua anche oggi come prima a far sosta ai villaggi di Assab, Limra e Margable. Se anche questa navigazione si riunisse, come si riunirà certamente in Assab quando vi sia un porto e tutte quelle facilitazioni per comprare e vendere che ora mancano, non sarà difficile duplicare e anche triplicare il numero degli approdi e raggiunger così un movimento e un tonnellaggio che anche per un porto secondario d'Italia sarebbe ritenuto non indifferente.

Tutto questo movimento è vero è poco giovevole ogg1g10rno in quanto che la maggior parte delle barche arabe approdano qui soltanto per far acqua e

poi continuare il viaggio: quando però invece dell'Assab attuale vi trovassero

uno stabilimento importante con dei magazzini ben forniti ed a prezzi minori

che altrove (sulla costa i prezzi sono altissimi) chi vorrà sostenere che nessuna

delle barche verrebbe a rifornirsi da noi?

Tutto ciò, è vero, altro non prova se non che vi è qualche elemento di riuscita. Tutti però sono ancora in embrione, né sbocceranno probabilmente se paese e Governo non si mettono all'opera ambedue, facendo ciascuno la parte che gli spetta. Da queste modeste speranze alle troppo rosee illusioni di una volta havvi molta differenza, ma non havvene forse altrettanta fra queste e chi consiglia l'abbandono della colonia?

296

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI, RAYBAUDI MASSIGLIA

T. 934. Roma, 25 ottobre 1881, ore 16,35.

Le commandant Conti doit tacher de s'entendre le plus possible avec le commissaire anglais pour une attitude commune afin que du moins dans l'affaire spéciale de Sfax, où la constatation de la vérité est seule en question, nous puissions établir avec l'Angleterre une communauté de vues pratiques que nous n'avons pas pu obtenir jusqu'ici sur d'autres difficultés pendantes en Tunisie. Dans tous les cas après avoir èpuisé tous les moyens raisonnables pour obtenir la reprise de l'enquete, il faudra que Conti se concerte avec le commissaire anglais pour adresser au président de la commission une lettre motivée dans le but d'exclure toute cause suffisante de la part des commissaires anglais et italien à produire la décision qu'il vient de prendre sous sa responsabilité et qui pourrait étre reconnue dépasser ses attributions, les trois Gouvernements s'étant entendus pour que l'enquète eut lieu. Il sera ainsi prouvé qu'on a voulu tout simplement empècher de faire la lumière. Si le Gouvernement français approuvait la dissolution de la commission ce serait retirer le consentement donné à d'autres Etats amis et intéressés. J'attendrai un rapport détaillé de Conti sur les résultats des présentes instructions.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2892. Berlino, 25 ottobre 1881 (per. il 29).

Non mi sembra fuor di proposito di riferire qui succintamente all'E. V. in qual modo la stampa di questo paese abbia accolta la notizia del prossimo viaggio dei nostri Augusti Sovrani a Vienna.

Gli organi delle varie frazioni del partito liberale sono stati solleciti, sin dal primo annuncio dato dai giornali viennesi, ad esaminare le ragioni che dovevano aver mosso il nostro Augusto Sovrano ad intraprendere codesto viaggio, non meno che ad additare gli effetti benefici che era lecito attendersi dal medesimo per ciò che concerne le relazioni fra l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Germania. Dopo avere accertato lo stato di isolamento politico in cui l'Italia parve trovarsi sin dal Congresso di Berlino, questi giornali liberali, specialmente la National Zeitung, fanno notare quanto dovesse stare a cuore al nostro Governo di uscire da siffatta pericolosa situazione, minacciato come era dalle mene delle sette repubblicane e da quelle della Curia Romana, ambedue sostenute dalla Francia ultramontana e dalla Francia radicale repubblicana. In queste circostanze era manifesta la necessità per l'Italia di procacciarsi un forte e sicuro appoggio, e questo fu trovato appunto in un riavvicinamento all'Austria. Le difficoltà che si frapponevano a tale accordo non debbono ricercarsi nelle aspirazioni dell'« Italia Irredenta » sul Trentina e su Trieste: di queste non potevasi rendere responsabile il Governo italiano, nè d'altra parte l'Austria aveva bisogno di essere rassicurata che d'ora innanzi non si sarebbe più attentato al suo legittimo possesso. Ciò che era necessario di assodare innanzi tutto per concretare quindi un accordo fra i due Stati, era appunto d'intendersi circa l'ulteriore svolgimento delle cose orientali e circa le fasi che attraversa la quistione cosiddetta mediterranea. Stante gli intimi rapporti esistenti fra la Germania e l'Austria-Ungheria, la prima non mancherebbe nella trattazione di quella quistione di dare una prova della sua deferenza in pro' della seconda. Per tal modo la via che da Roma conduce a Berlino, tanto nel senso reale, quanto nel figurato, passa necessariamente per Vienna. I tedeschi sarebbero quindi lieti di vedere stabiliti su di una base sicura e durevole i rapporti dell'Austria-Ungheria e della Germania con l'Italia. Ed è superfluo infine di aggiungere che, se Re Umberto si reca in Germania, egli può esser certo che da parte della popolazione gli sarà fatta la più cordiale e la più simpatica accoglienza.

Se tale è il linguaggio della stampa liberale, quello dei giornali clericali tedeschi è oltremodo virulento ed ingiurioso verso di noi. In uno dei suoi ultimi numeri la Germania, discorrendo del viaggio di Sua Maestà il Re a Vienna dà libero corso alla sua rabbia contro l'Italia e l'Augusta dinastia che la regge. Si augura che le popolazioni cattoliche dell'Austria-Ungheria non faranno lieta accoglienza all'usurpatore dei beni della Chiesa ed all'oppressore del Capo della Cattolicità. E dopo aver qualificato con irriverenti parole l'Augusta Maestà di Re Umberto termina dicendo che non pare ancora certo se Sua Maestà minaccerà della sua visita la Corte Imperiale di Germania.

Se così diverse e opposte sono le manifestazioni della stampa liberale e della stampa ultramontana, quale è il linguaggio che tiene su questo argomento la stampa officiosa o ligia a questo governo?

È degna di nota la circostanza che questi giornali officiosi hanno finora serbato il più profondo silenzio in proposito. Testè si sono appena limitati a riprodurre laconicamente la notizia del viaggio reale, astenendosi da ogni qualsiasi commento. Forse essi aspettano che l'ordine loro venga da Varzin

per poter rompere l'alto silenzio, che non è certo senza significato, né senza importanza. Non oso fare su questo punto alcuna considerazione che potrebbe forse essere avventata, e mi limito soltanto a richiamare su di esso l'attenzione dell'E. V.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 163. Parigi, 26 ottobre 1881 (per. il 30).

Quando, dopo l'udienza del 19 corrente, presi commiato dal Signor Barthélemy Saint Hilaire, S. E. mi disse sapere in modo positivo che avrebbe luogo il progettato convegno fra Sua Maestà il Re e l'ImperatorE>' d'Austria, benchè la data non ne fosse ancora fissata; ed aggiunse le seguenti testuali parole, che già ebbi l'onore di telegrafare all'E. V.: ~ Comme ami de la paix je ne puis qu'applaudir aux bons rapports entre l'Italie et l'Autriche, et l'entrevue des Souverains ne saurait en aucune façon porter ombrage à la France:) (1).

Risposi al Ministro che non avevo ricevuto dall'E. V. ufficiale notizia in proposito; mi rallegrai però, ad ogni evenienza, di questo suo giusto modo di vedere.

La stampa francese ufficiosa e moderata vorrebbe riflettere analogo apprezzamento, o far pompa d'indifferenza; ma il suo linguaggio svela un dispetto tanto più palese se lo si confronta colle espressioni di ironica soddisfazione che avevano accolto, poche settimane or sono, l'annuncio che quel progetto, ideato dal R. Governo, era stato abbandonato.

D'altra parte, l'unito estratto del giornale del signor Rochefort (2) darà all'E. V. l'esatta misura della violenta irritazione mista a sovversive speranze che il viaggio del nostro Augusto Sovrano desta nella stampa intransigente.

299

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2893. Berlino, 27 ottobre 1881 (per. il 3 novembre).

Come ebbi l'onore di riferire all'E. V. col mio rapporto n. 2892 di questa serie (3), i giornali officiosi e quelli devoti a questo Governo avevano finora

serbato il più profondo silenzio sulla visita dei nostri Augusti Sovrani alla Corte Imperiale di Austria-Ungheria. Il primo che oggi rompe tale silenzio è il giornale La Posta organo del partito conservativo e quindi devoto al Governo Imperiale. Nel suo numero di oggi esso pubblica un articolo intitolato «Italia:., che per più rispetti mi par degno di essere additato all'attenzione dell'E. V.

Comincia il giornale coll'affermare che in Italia regnano due opposte tendenze cioè la liberale conservativa e la radicale, ambo funeste al popolo ed alla dinastia, in quanto che esse mirano ad assicurarsi rispettivamente un appoggio nella Francia clericale e nella Francia repubblicana. Nessuno s'accorge però che vi sarebbe una terza via per assicurare la tranquillità interna e l'avvenire della dinastia di Savoja. Si lascia invece che il popolo italiano, scontento delle sterili lotte parlamentari, corra dietro a certi fantasmi che dovrebbero accrescere all'estero la grandezza nazionale. Dicendosi eredi dell'antica Roma gli Italiani sognano un'Italia Signora del Mediterraneo; ma essi dimenticano che oggi sulle coste del Mediterraneo non ci sono più province romane, ma bensì nazioni come la Francia, l'Inghilterra, l'Austria e la Russia.

Non sarà stato quindi senza lotta se Re Umberto si decise a fare il viaggio di Vienna. Questo può oramai considerarsi come un avvenimento politico della maggiore importanza: forse esso mostra piuttosto l'incertezza inerente ad una situazione compromessa. Se è vero che l'Austria e la Germania strettamente unite agiscono sulla politica europea col peso di un'unità politica, non è però dato ad ognuno di prender parte senza altro a tale unità. Le alleanze, come questa, se debbono riuscire agli alleati di vera utilità, non vanno allargate in guisa da accogliervi dentro tutti gli avversarii.

La giovane personalità di Re Umberto è degna delle più vive simpatie, che la Germania gli addimostrò sin da quando era Principe ereditario. Dalla visita a Vienna traspare intanto il bisogno sentito dalla dinastia italiana di assicurarsi una posizione più solida all'interno, come all'estero, coll'appoggiarsi all'autorità materiale e morale delle potenze mediterranee. Se non che tale sostegno non è concepibile senza una esplicita rinuncia di qualunque Ministero italiano alle aspirazioni dell'« Italia irredenta »: come pure sarebbe un concetto vuoto di senso, se l'Italia nutrisse la speranza di trovare in Vienna, e per mezzo di Vienna, in Germania, un appoggio quando le converrà di sorgere contro la politica africana della Francia. La soluzione della questione mediterranea non s'impone oggi come un'urgente necessità: né a Vienna, e tanto meno a Berlino, si è così insani da lasciarsi andare a promesse di simil genere. Che l'Italia, quando la quistione sarà maturata, non se ne andrà con le mani vuote, nessuno Io contesta.

L'E. V. scorgerà, specialmente dall'ultima parte dell'articolo qui riassunto,

che la stampa devota a questo Governo non cessa di mostrarsi verso di noi,

come suoi dirsi, più austriaca dell'Austria. Né meno significativo è l'avverti

mento che ci si rivolge per il caso che l'Italia cercasse di raffermare la sua

posizione nel Mediterraneo opponendosi all'azione politica della Francia sulle

coste africane. Da questa e da qualche altra simile manifestazione della stampa conservatrice traspare un certo sentimento che sembra prevalere per il momento nelle sfere governative di voler cioè evitare oggi ogni atto che potesse turbare la buona armonia, che presentemente esiste fra la Germania e la Francia. Di qui è che il linguaggio della stampa sembra informato ad uno spirito che si risente alquanto di parzialità poco benevola a riguardo nostro, sempre che il discorso si aggira sulle cose di Francia.

A proposito del viaggio di Sua Maestà a Vienna, alcuni giornali tedeschi avevano creduto di scorgere un certo rapporto tra quel viaggio e l'arrivo a Berlino di S. M. l'Imperatore Guglielmo. Si credeva che l'Imperatore Guglielmo avesse affrettato il suo ritorno alla capitale per trovarsi qui a ricevere la visita dei nostri Augusti Sovrani. In una comunicazione ufficiosa fatta oggi a questi giornali è detto non essere vero che S. M. l'Imperatore avesse fatto ritorno qui prima del tempo fissato, e che sin dal principio non si era mai trattato di una visita del Re d'Italia a Berlino.

(l) -T. 1631 del 19 ottobre, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 297.
300

L'ADDETTO AL CONSOLATO A VIENNA, DANIEL, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

T. 1477. Vienna, 28 ottobre 1881, ore 12,55 (per. ore 13,45).

Sono incaricato di telegrafare quanto segue. I Sovrani si recarono iersera dalla stazione alla Burg dove erano aspettati da S. M. l'Imperatrice e dalle Arciduchesse, e dove seguirono le presentazioni d'uso dei dignitari e delle rispettive Corti. Il Re e l'Imperatore si intrattennero lungamente in modo così cordiale che dimostrarono veramente quanto era sincera la loro soddisfazione di ritrovarsi insieme. Stamane il Fremdenblatt scrive che le accoglienze fatte in Austria al figlio di Vittorio Emanuele concordano mirabilmente con l'aspettazione e le speranze fondate dalla grande maggioranza del popolo italiano sul viaggio del Re e della Regina d'Italia. I due paesi non hanno fra essi ragioni di diffidenza, ma bensì numerosi interessi i quali li consigliano di tenersi amici. I giorni che Re Umberto vuol passare a Vienna sono brevi, ma non andranno perduti per la pace d'Europa. Nello stringere la mano di Francesco Giuseppe il figlio di Vittorio Emanuele stringe virtualmente anche quella dell'Imperatore di Germania, e d'ora in avanti l'Italia in unione con l'AustriaUngheria e con la Germania cercherà d'impedire che la pace sia in qualsiasi modo turbata, e questo è ciò che attribuisce al convegno un interesse europeo. Se i tre Stati non la vogliono, non si avrà nessuna guerra. Anche gli altri giornali del mattino di Vienna esprimono sentimenti di amicizia e simpatia per l'Italia.

301

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, A VIENNA

T. 944. Roma, 28 ottobre 1881, ore 16,40.

Keudell me communique la dépéche chiffrée suivante qu'il a reçue de Berlin:

«Nous éprouvons une joie sincère sur ce qui s'est passé. Si quelqu'un croyait que nous nous sentions mis de còté parce que le voyage se borne à Vienne, veuillez contredire, et veuillez faire part à M. Mancini que nous regardons tout acte d'amitié adressé par l'Italie à l'Autriche comme destiné également à notre adresse. Signé Hatzfeld » (1).

302

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS, E IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC (2)

T. Vienna, 30 ottobre 1881.

Compiacciasi comunicare ai ministri nostri colleghi per mezzo del più anziano tra essi generale Ferrero il seguente telegramma:

«Alle notizie che si pubblicano sulle cordiali accoglienze ricevute dai nostri Sovrani in questa capitale austriaca aggiungiamo per intelligenza e tranquillità dei nostri onorevoli colleghi, che oltre le dimostrazioni di singolare benevolenza usate anche verso di noi dalla famiglia imperiale dai ministri ed alti funzionarii e da tutti gli ordini del paese, siamo oltremodo soddisfatti del contegno e del linguaggio degli uomini di Stato coi quali abbiamo conferito, non essendosi nonchè elevata alcuna questione per noi molesta, neppur fatta la più lontana allusione a tutto ciò che avrebbe potuto crearci difficoltà o scemare la delicatezza e cordialità dei nostri colloqui. S. M. il Re sperimentò l'identica delicata riservatezza da parte di S.M l'Imperatore nei loro discorsi. Abbiamo ragione di augurare da questa visita favorevoli risultati pei rapporti tra i due Governi senza pericolo del minimo inconveniente.

303

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, LOVITO, AI PREFETTI (2)

T. 6061. Roma, 30 ottobre 1881.

Partiti estremi prendendo pretesto convegno di Sua Maestà coll'Imperatore Austria cercano suscitare con pubbliche dimostrazioni la questione delle provin

cie irredente, tentano promuovere ricostituzione delle associazioni delle Alpi Giulie, di Trento e di Trieste, si propongono di tenere pubbliche riunioni per pzotestare contro condotta Governo, per eccitare contro istituzioni nazionali e creare imbarazzi e disordini.

Il Ministero è risoluto di non tollerare assolutamente che si compromettano in alcun modo le nostre relazioni con Potenze estere, che con dimostrazioni o con atti in pubblico si offendano nazionali istituzioni o che si violino le leggi dello Stato o si provochino disordini.

Favorisca dare istruzioni in questo senso ai suoi dipendenti, raccomandi si usino bensì le debite forme nel procedere, ma con dignità e fermezza, facendo presente grave responsabilità che si assumerebbe chiunque nell'adempimento dei propri doveri si allontanassero dalla linea di condotta ad essi tracciata.

(l) -Analogo telegramma venne inviato all'ambasciata a Berllno in pari data col n. 945. (2) -Dal Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2195. Costantinopoli, 31 ottobre 1881 (per. l'8 novembre).

Ho ricevuto il dispaccio che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi il 14 del presente n. 1282 (2), per ragguagliarmi della nuova fase in cui è entrata la questione di Assab, in seguito alla proposta del governo britannico d'interporre i suoi uffici per la stipulazione d'una convenzione fra l'Italia e l'Egitto, previo il consenso della Sublime Porta; e con esso il progetto di convenzione, sul quale l'E. V. si compiace domandare il mio avviso.

Nell'esaminare, primieramente, la comunicazione che lord Granville fece all'E. V. per mezzo di codesto incaricato d'affari, non s'intende in modo positivo quale sia il carattere della proposta, soprattutto in ordine alla base dei negoziati che avrebbero ad intavolarsi. Nel documento in discorso è detto che il governo britannico appoggerebbe la stipulazione di una convenzione che confermi l'acquisto del territorio di Assab. Ora è egli ben sicuro le parole «conferma dell'acquisto » significhino, non solo conferma del titolo di proprietà, ma eziandio il riconoscimento degli accordi conchiusi col sultano di Raheita, epperò dell'assunzione, da parte del reale governo, della sovranità sopra quel territorio? In tal caso il Governo britannico avrebbe veramente mutato d'avviso, ed ammetterebbe il diritto di quel sultano di cedere la sovranità sopra parte del suo territorio. E non resterebbe che ad indurre il Kedive e la Sublime Porta ad adottare analoga posizione.

La convenzione avrebbe indi a stipularsi fra il Kedive d'Egitto ed il reale governo. Ora il Kedive non è che il governatore ereditario delle provincie

la cui amministrazione gli fu affidata pe' firmani imperiali, né possiede la facoltà di menomare in verun modo la sovranità che gli fu delegata. Già, nell'occasione delle trattative che seguirono nel 1871, il Kedive dichiarava, infatti, al generale de Vecchi « le questioni relative alla sovranità territoriale doversi trattare direttamente colla Sublime Porta». Ed al cav. De Martino Sua Altezza reale significava, in quel tempo, che «la Sublime Porta, interpellata l'anno innanzi, si era manifestata contraria alle idee sostenute dal R. Governo». Nel memorandum del 6 luglio 1881, poi, il governo vicereale dichiarava « le quistioni concernenti l'estensione del territorio egiziano doversi trattare fra la Sublime Porta, che lo ha ceduto, e l'Egitto, che lo ha ricevuto». L'azione del governo vicereale avrebbe quindi ad essere, in ogni caso, subordinata alle istruzioni che gli sarebbero impartite da Costantinopoli. E le recenti vicende d'Egitto hanno provato se la Sublime Porta tenda ora piuttosto a rilasciare o ad afforzare la sua autorità nel vicereame.

L'Avant-projet comunicatomi da V. E. contiene invero le parole « avec l'assentiment, en tant que de besoin, de la Sublime Porte». Ma dubito assai che il Governo ottomano considererebbe siffatta clausola come sufficiente per salvare i diritti di sovranità che non mancherebbe di nuovamente elevare. E che tale non sia l'intendimento del R. Governo è, infatti, confermato dal paragrafo del succitato dispaccio dell'E. V., il quale si esprime nei seguenti termini: «S'intenderebbe assolutamente esclusa qualunque idea di concessione da parte della Sublime Porta, il progetto non contenendo che una semplice dichiarazione di riconoscimento, ed una rinunzia a quelle pretensioni o ragioni che fossero state elevate, o potessero in seguito elevarsi, sul territorio la cui sovranità il R. Governo ha sempre rivendicata come legittimamente acquistata». Di modo che, o quella domanda avrebbe a contenere un equivoco,

o si tratterebbe d'indurre la Sublime Porta ad ammettere che essa non possiede né ha mai posseduta sovranità sopra quella costa del mar Rosso. E quanto alla probabilità d'ottenere l'intento, io non potrei che ripetere quello che ebbi l'onore di riferire all'E. V. in proposito col mio rapporto del 27 settembre u.s. n. 2173 (1).

L'Avant-projet dice eziandio «et celui (assentiment) du gouvernement britannique, en ce qui le concerne ». Le quali parole implicherebbero il riconoscimento officiale, per nostra parte, di diritti che non mi sembra abbiano finora una base legale. E siffatto riconoscimento riuscirebbe ancor più esplicito per la dichiarazione che avrebbe a scambiarsi fra il governo di S. M. il Re e quello della Gran Brettagna, e che costituirebbe una restrizione dei diritti di sovranità sul territorio di cui si tratta. Né sta a me d'entrare in questo argomento.

Queste osservazioni io ho l'onore di sottomettere al sapiente giudizio dell'E. V., sia per ubbidire agli ordini da Essa impartitimi, sia perché è pregio dell'opera di prevedere gli ostacoli che avremo, secondo ogni probabilità, ad incontrare sulla via de' negoziati.

(l) -Ed. in LV 34, pp. 101-102. (2) -Cfr. n. 275.

(l) Non pubblicato.

305

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. CONFIDENZIALE 1713. Pietroburgo, 3 novembre 1881, ore 11 (per. ore 11,50).

Ayant eu ce matin une conversation avec Giers S. E. m'a parlé aussi de la visite rendue par nos Augustes Souverains à la Cour de Vienne. Il m'a dit qu'il se réjouissait de cette visite, qu'il comprendait et approuvait entièrement la pensée qui l'avait dictée. Elle contribuerait au maintien de la paix générale et a été un acte profondément politique. Il est très indiqué a-t-il ajouté surtout dans les circonstances actuelles de ne point paraitre isolés et de montrer qu'on a l'appui d'autres puissances. Nous avons eu ègalement un rapprochement semblable en vue lors de l'entrevue de Danzik.

306

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 826. Cairo, 3 novembre 1881 (per. il 13).

Ieri mi è pervenuto il dispaccio di V. E. in data del 27 scorso mese di

n. 417 (2) relativo alla Convenzione per il nostro possedimento d'Assab, con le acchiuse copie dei rapporti del R. Console in Aden e del Commissario Civile, Signor Branchi, sul progetto che venne comunicato al Governo inglese.

Come ebbi l'onore di conferirne con l'E. V., è per noi questione indispensabile, urgente di uscire da quello stato di incertezza, così poco compatibile con la nostra dignità, * tanto più che tutte le opposizioni contro il nostro possedimento d'Assab non sono sorte in Egitto, ma esclusivamente in Inghilterra*. Ho applaudito perciò nell'animo mio agli atti energici dell'E. V., che hanno condotto la stessa Inghilterra a proporci un mezzo per sistemare, al più presto possibile, la posizione di quella nostra colonia. In ragione di questo principio generale, è mia opinione che non dobbiamo sollevare, con esigenze di un carattere secondario, della difficoltà, e suscitare dei sospetti.

Le basi della Convenzione, per non incorrere in questo pericolo, debbono avere un carattere di principi generali, senza contemplare i dettagli che ne derivano, esser chiare e precise, e concretarsi in tre punti principali.

1o -Mantenimento leale della dichiarazione ripetutamente fatta all'Inghilterra che lo stabilimento d'Assab non avrà che un carattere commerciale; 2o -Non farci istrumento che l'Abissinia possa divenire una minaccia per

l'Egitto, * tendenza della quale ne ha date ripetute prove*; 3° -Impegnarci largamente alla soppressione del commercio degli schiavi. A queste condizioni corrisponde ampiamente il progetto della E. V., comunicato al Governo inglese.

Non posso perciò associarmi ad alcune opinioni del R. Console in Aden e del Cav. Branchi, * e mi permetterò inoltre qualche leggera osservazione sulla forma del progetto*.

Nel determinare i confini del nostro possedimento crederei assa1 mopportuno di sollevare la questione di sovranità, o d'indipendenza del territorio tra la zona che ci appartiene e l'Abissinia. In primo luogo, non credo che abbiamo facoltà di disporre di un territorio sul quale non possiamo vantare nessun diritto. In secondo luogo, se l'Egitto non esercita che un'autorità ben effimera sulla Costa, non abbiamo a temere che possa esercitarla su popolazioni, che lo hanno sempre respinto ogni qualvolta ha tentato di penetrarvi. È mia opinione di non toccare allo statu quo, o in un senso, o nell'altro, ed affidarci al tempo, ed a noi stessi, per quelle relazioni commerciali che si sperano * dal R. Commissario *.

Conchiusa la Convenzione, il territorio d'Assab diviene parte integrante dei R. Stati, e perciò in esso saranno applicabili di diritto tutti i privilegi che i trattati con la Turchia assicurano all'Italia, e le leggi sanitarie del Regno. Non mi sembra perciò che se ne debba fare una speciale stipulazione.

Come dal pari mi sembra che potrebbe destar sospetti contro la nostra esplicita dichiarazione sul carattere commerciale di Assab, l'includere nella Convenzione la facoltà di stabilirvi dei magazzini di carbone, di ravitagliamento, ed officine di riparazioni per le navi da guerra. Sono forse in errore, ma io credo che in nessun porto commerciale sia vietato alle navi da guerra di provvedersi di carbone, di viveri, e di fare quelle riparazioni che potessero necessitare.

Respingo recisamente l'opinione del R. Console in Aden di fare una distinzione delle armi per il transito in Abissinia. * È una idea piuttosto speculativa*. L'attitudine ostile dell'Abissinia contro l'Egitto, non è stata, e non è un mistero. A non renderla veramente minacciosa è stata la mancanza di armi, e munizioni di guerra. Ed è pur giusto, e di diritto, che l'Egitto, nello stipulare con l'Italia una convenzione che possa aprirgli delle comunicazioni dirette con l'Abissinia, pensi a non crearsi un pericolo. Ed io credo esser nostro interesse, dappoiché la nostra poHtica consiglia di ridar vita, ed autonomia nazionale all'Egitto, * di non creargli un pericolo. E per questa stessa considerazione non posso dividere l'idea del Cav. Branchi che una tale condizione possa esser considerata come imposta al R. Governo, e possa ferire la nostra dignità *. È questa una condizione sulla quale l'Egitto non potrebbe transigere perché d'immensa importanza per la sua sicurezza; e, non rinchiudendomi nel solo orizzonte d'Assab, credo che l'Italia debba lealmente essa stessa offrirla, per esser consentanea a quella saggia politica di secondare l'Egitto a non esser causa, in tempi anche più lontani, di portar turbamento nell'equilibrio della questione mediterranea. * Forse si potrebbe fare una sola eccezione per le armi da caccia *.

Di grandissima importanza considero infine l'adesione dell'Italia alla convenzione anglo-egiziana per la repressione del commercio degli schiavi *, e non solo pel possedimento di Assab, ma anche per il territorio del Sultano Berehan *. Malamente si può comprendere in Europa quanta influenza, e quanto potere d',ingerenza, abbia acquistato l'Inghilterra con quella Convenzione, nell'amministrazione egiziana. Mettendo anche da parte la questione umanitaria, questa nuova amministrazione, separata, indipendente da tutti gli altri poteri amministrativi, diretta dall'Inghilterra, gli dà il diritto di spiegare la di lei azione in tutti gli ordini governativi, e in tutto il paese.

Partecipare a quest'ingerenza, a quest'azione, è un passo grandissimo che noi faremo per consolidare le nostre posizioni in Egitto. * E se si riesce a far comprendere nella convenzione la nostra adesione anche pel territorio di Berehan, di Raheita, verrebbe implicata la ricognizione dello statu quo dei rapporti tra il Governo egiziano e quel Sultano, e la riconoscenza del trattato che con esso ci lega *.

Nella conversazione che ebbi col signor Malet, agente inglese, * che riferii nel mio rapporto di n. 823 * (l) accennai in genere alla possibilità d'impegni separati con l'Inghilterra, ed egli mi disse di dubitare che il suo Governo vi aderirebbe, poiché non avrebbe nessun impegno a prendere, e che ,i patti da sanzionarsi sarebbero esclusivamente tra l'Italia e l'Egitto.

Stando così le cose, adotterei il progetto (Annesso l) (2) al dispaccio di

V. E. all'Ambasciatore di Sua Maestà Britannica in Roma. * Ma qualora Lord Granville vi aderisse, io crederei, che oggetto di una speciale convenzione con l'Inghilterra, non dovrebbero essere le stipulazioni concernenti il transito delle munizioni ed armi di guerra per l'Abissinia, e l'adesione dell'Italia al trattato anglo-egiziano per la soppressione del commercio degli schiavi, bensì l'art. 2 del progetto. Questo articolo costituisce la parte politica della Convenzione, che interessa esclusivamente l'Inghilterra, mentre verso l'Egitto sarebbe più dignitoso conservare in apparenza la nostra libertà d'azione a questo riguardo.

Come piccole modificazioni al progetto non vedrei per conseguenza che le seguenti.

Credo che nella grande baja d'Assab vi siano non una, ma diverse isole, e perciò, se non erro, nell'ultimo paragrafo del l o Art. andrebbe detto ... et les iles de la grande baie d'Assab...

Nell'art. 3, qualora l'E. V. inclinasse all'idea di fare una eccezione per le armi da caccia, senza dirlo esplicitamente, si potrebbe adottare la dicitura... des armes et des munitions de guerre...

Nell'art. 4, se si accetta dall'Inghilterra, e conseguentemente dall'Egitto, alla frase ... pour ce qui regarde le possession d'Assab, ...aggiungerei ...et le territoire sous la domination du Sultan ou Cheitch, Berehan...

In esecuzione degli ordini dell'E. V., trasmetto una copia di questo rapporto direttamente a S. E. l'Ambasciatore di Sua Maestà a Londra*.

(l) -Ed., ad eccezione del brani tra asterischi e con alcune varianti, In LV 34, pp. 103-104. (2) -Non pubblicato.

(l) Non ~ubblicato.

(2) çrr. n. 275, allegato.

307

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETI'I, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1720. Parigi, 4 novembre 1881, ore 13,47 (per. ore 15,40).

Le directeur politique vient de me dire que la conclusion du traité de commerce faisant pendant à l'entrevue de Vienne était d'heureux augure pour confirmer les bonnes relations entre la France et l'Italie. Il a ajouté que l'entrevue ne pouvait point porter ombrage à la France qu'au contraire elle avait ce caractère sage et conservateur qui inspire certainement la politique de nos hommes d'Etat actuellement au pouvoir. Qu'une Italie isolée est une inquiétude en Europe tandis que maintenant elle a les pieds dans les deux étriers.

La France ne peut qu'applaudir à toute réfutation des ~dées irrédentistes. Le directeur m'a dit aussi que M. Tissot serait probablement ministre des affaires étrangères dans le nouveau Cabinet.

308

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1533. Vienna, 5 novembre 1881 (per. 1'8).

Mi compiaccio di riferire all'E. V. che da ogni parte mi perviene l'eco della immensamente favorevole impressione prodotta, sì in Austria che in Ungheria, dal viaggio testé compiuto dagli Augusti nostri Sovrani. L'opinione pubblica qui è unanime in proposito: le Loro Maestà guadagnarono tutti i cuori e compirono così l'importantissimo fatto politico di cui la loro venuta a Vienna fu la più alta espressione. Fu un successo ed un successo immenso non esito a dirlo. I Ministri di Sua Maestà ben possono applaudirsi di averla consigliata a fare quel passo, poiché già si vede chiaramente e l'Italia tutta mostra di sentirlo altamente che quello splendido risultato ci ha fatto ritrovare la perduta via, e rioccupare il posto che ci compete in Europa. È oggi 'imprescindibile dovere del R. Governo di assicurare con tutti i mezzi H conseguimento dei risultati di un'azione così felicemente intrapresa. A tal uopo mi permetto di ricordare qui le parole con cui finivo il mio telegramma a Sua Maestà da Capodimonte 1'8 ottobre scorso (1), ed a cui l'E. V. compiacevasi di dare la sua piena adesione: esse erano le seguenti:

«Indubbiamente con ciò il Governo di Sua Maestà assume dei doveri sia in riguardo della politica estera che della politica interna, conformi al pro

gramma dichiarato dal Gabinetto, che devono essere presi in considerazione benché non ci vengano richiesti né in iscritto né verbalmente ».

Nulla ci fu richiesto in maniera alcuna. S. M. l'Imperatore ed il Suo Governo dimostrarono col loro assoluto ritegno sulle più delicate questioni, che la presenza di Re Umberto a Vienna con a fianco i suoi Ministri responsabili, costituiva un fatto tale, che qualsiasi parola che avesse potuto suonare diffidenza da una parte o desiderio di toglierla dall'altra ne avrebbe alterato, diminuito anzi l'importanza. Intatto resta 'quindi il concetto ch'io esprimevo nel mio precitato telegramma; ed oltremodo grate mi riuscirono conseguentemente le così esplicite dichiarazioni in proposito che tanto l'E. V., quanto

S. E. il Presidente del Consiglio Cavalier Depretis ebbero a farmi allorché, ultimato il viaggio a Pontebba, io prendevo commiato dalle EE. LL.

Dal canto mio poi tengo ad assicurare l'E. V. che nella nuova fase in cui siamo entrati, il mio illimitato obbediente concorso non fallirà mai al Governo del Re: che potrà sempre fare assoluto assegno sulla mia devozione al Sovrano ed alla Patria (l) .

(l) Cfr. n. 260.

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE CONFIDENZIALE. Roma, 6 novembre 1881.

I documenti diplomatici, che ebbi cura di comunicarle in questi ultimi tempi, Le hanno fatto manifesto il vivo desiderio nostro di imprimere ai nostri rapporti coll'Austria-Ungheria un carattere di fida e salda amicizia. Questa ci sembrava, del resto, la via da seguirsi per viemmeglio consolidare, ad un tempo, le nostre relazioni colla Germania, la quale, come da non dubbia e quasi quotidiana dimostrazione apparisce, è ferma nel voler fare dell'alleanza col governo imperiale e reale quasi il perno della sua politica. Né, infine, è mestieri che io qui enumeri minutamente quelle particolari considerazioni che, dal punto di vista della situazione presente dell'Italia, ci suggerivano di adottare e di attuare un simile programma, dopo che acquistammo certezza che ai nostri intendimenti rispondeva eguale reciprocità di desrderi da parte del governo austro-ungarico, e pieno convincimento del comune vantaggio che ne deriverebbe ad entrambi i paesi.

A questo intento già mirava il contegno che non abbiamo dubitato di assumere in parecchie quistioni che si affacciarono in questi ultimi mesi. Però siffatto nostro atteggiamento ha ora ricevuto più solenne consacrazione e carattere di maggiore stabilità, mercè la recente visita fatta dalle Loro Maestà il Re e la Regina alla Corte imperiale e reale di Vienna.

24 ·-Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

La più perfetta reciprocanza di cordialità, accompagnata da squisita delicatezza di riguardi politici, si appalesò tra gli Augusti Sovrani dell'una e dell'altra monarchia; mentre i colloquii tra i rispettivi ministri, dall'una e dall'altra parte, attestavano i più amichevoli propositi, così per il presente come per l'avvenire. Non fu preso, né fu chiesto alcun impegno speciale; però il fatto e lo scopo della visita, risoluta di comune accordo, e con intendimenti eminentemente pacifici, già per loro stessi hanno un naturale corollario di relazioni più intime, di mutua fiducia ed appoggio, e di buon vicinato, ed implicano più che mai quella leale osservanza, da ambe le parti, dei trattati in vigore, che è dovere essenziale di ogni popolo civile.

Non senza ragione, quindi, il convegno dei Sovrani d'Italia e d'AustriaUngheria fu generalmente ravvisato come avente assai più che il valore d'un semplice atto di cortesia. Le popolazioni dei due Stati hanno rivaleggiato nelle loro dimostrazioni di compiacimento per la affermazione di una più stretta amicizia tra Roma e Vienna. Né è lieve conforto per noi lo scorgere, come lo stesso compiacimento si riveli in ogni luogo, dove pensiero prevalente è che ciascuno Stato ha obbligo di contribuire al mantenimento della pace e della tranquillità generale in Europa.

Questo fu ed è l'animo nostro. Noi siamo scevri di qualsivoglia secondo fine, e solo siamo mossi dal convincimento profondo che alla nostra posizione nel concerto europeo giova di poter fare assegnamento sopra l'Austria-Ungheria, l'amicizia della quale viemmeglio stringe i legami che già ci uniscono alla Germania, da cui in tal senso ricevemmo esplicite dichiarazioni. Noi facciamo, per tal modo, ancor più ampia la base di pace e di conservazione, sopra la quale si fonda l'accordo tra quelle due potenze.

Il governo del Re è risoluto a battere questa via, con piena coscienza della propria dignità, e senza sacrificare pur uno solo degli interessi essenziali dell'Italia. Noi stimiamo, anzi, che quella sia la meglio atta a favorirli, sia in ragione della solidarietà fra gli interessi monarchici, sia dal duplice punto di vista della gelosa custodia della nazionale unità ed indipendenza e delle istituzioni rappresentative, nonché di una più efficace garentia nell'adempimento degli obblighi internazionali. Costituita in una posizione rispettata e sicura tra le nazioni europee, l'Italia potrà esercitare una salutare influenza sulla civiltà del mondo, e raccogliere i legittimi beneficii d'una corretta e non oscillante politica.

Acciò questo programma, di cui mi limito a segnare le linee generali, riceva un conveniente sviluppo, il Governo di Sua Maestà fa affidamento sopra l'illuminato concorso dei suoi agenti diplomatici. L'opera oramai iniziata col nostro ravvicinamento all'Austria-Ungheria e, in conseguenza, anche alla Germania, deve continuarsi sul terreno dei fatti concreti. I nostri procedimenti sono, per tal guisa, nettamente tracciati.

Noi ci applichiamo seriamente a dirigere la nostra politica esteriore in modo da escludere gli equivoci. Noi sapremo risolutamente opporci, con la costante applicazione della legge, a qualsiasi tentativo o disegno che fosse nocivo agli interessi del paese nei suoi rapporti all'estero. In una parola, noi saremo, in ogni nostro atto, conseguenti a noi stessi. Il governo del Re non

dubita che i suoi agenti diplomatici sapranno inspirarsi a questo ordine di idee, e strettamente conformarvisi.

Non è mestieri aggiungere che noi continueremo, come in passato, a coltivare le buone relazioni con tutte le potenze, essendo anzi, secondo il nostro pensiero, carattere essenziale del nostro ravvicinamento verso Vienna e Berlino quello di fornire una nuova guarentigia di sicurezza e di conciliazione, a beneficio della situazione generale dell'Europa.

(l) Allegate al presente rapporto si trovano due annotazioni. La prima, di mano di Malvano, è la seguente: «Si potrà tener conto e fare esplicito cenno d'annuenza a questo rapporto quando saranno da confermarsi i telegrammi relativi all'incidente Kallay ». La seconda, di Mancini, dice: «Si risponda (dopo esaurito l'incidente Kallay) che la nostra anticipata adesione aNe idee espresse nel presente rapporto, ed i fermi propositi del Governo del Re risultano già dalla nostra Circolare del 6 novembre [n. 309] a tutti i nostri Agenti all'estero ».

310

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1738. Vienna, 7 novembre 1881, ore 16 (per. ore 19,10).

Les journaux de ce matin rapportent que M. Kallay répondant hier dans la commission de délégation hongroise à l'interpellation suivante, sur quelle initiative a eu lieu le voyage du Roi d'Italie à Vienne, quel a été le but et le résultat de cette rencontre, aurait dit: «Pour ce qui a rapport à la visite du Roi d'ltalie, l'initiative est venue exclusivement de l'Italie; nous ne sommes donc pas compétents à donner des éclaircissements sur les motifs de ce voyage; autant qu'on peut savoir c'est dans des raisons intérieures et extérieures de l'ltalie que l'Italie a considéré comme essentiellement de son propre intérét so n rapprochement à n otre Monarchie; vu que pour ce qui nous concerne, nous n'avons rien à demander à l'Italie et rien aussi à craindre d'elle:.. Andrassy, prenant de son còté la parole sur le meme sujet, l'aurait fait en termes encore moins convenables. Si ce compte rendu que donnent les journaux est exact, l'attitude du Cabinet de Vienne le lendemain de la visite du Roi est inexplicable. Je viens d'écrire à Kallay pour qu'il me fixe une heure où je puisse le rencontrer; et il m'a répondu me fixant l'heure pour ce soir. Je télégraphierai aussitòt après à V. E. le résultat de cette entrevue (1).

311

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1744. Vienna, 8 novembre 1881, ore 18,37 (per. ore 20,15).

S. E. M. de Kallay vient de me porter la traduction française suivante de la déclaration qu'il a faite aujourd'hui à la séance publique de la délégation hongroise: «J'ai l'honneur de prier la délégation de me permettre de profiter de la première occasion que j'ai de parler en public et d'une manière officielle pour faire une déclaration spéciale. Les journaux ont publié sur les énonciations

que j'ai faites dans la dernière séancc de la commlSSlon des affaires étrangères de la délégation hongroise des rapports qui sont en partie erronés et en beaucoup de parties incomplets. C'est le cas pour la plupart des communications qui ont paru sur ces débats. Je ne peux pas considèrer camme ma tache d'entrer à ce propos dans des rectifications générales; je crois cependant de mon devoir de faire quelques observations sur la partie de ma déclaration qui se rapportait à la récente entrevue des Souverains; et de combler surtout une lacune sur Iaquelle la presse périodique a basé des raisonnements tout-àfait erronés. Cette lacune, autant que je me souviens et ainsi que MM. Ies membres de la commission qui étaient présents à la séance dont il s'agit voudront bien se rappeler, consiste non pas par rapport aux paroles employées, mais pour le fond de la chose en ce qui suit. Pour ce qui nous concerne, nos rapports avec l'Italie ne sont déterminés par aucune considération égoi:ste. Nous pouvons déclarer d'autant plus ouvertement avec quel empressement nous avons prèté la main au rapprochement qui vient de s'effectuer et dont la valeur nous parait d'autant plus grande que Ies dispositions amicales n'animent pas seulement Ies cercles dirigeants, mais trouvent un écho sympatique dans le coeur des populations, ainsi que les nombreuses manifestations de l'opinion publique et Italie en fournissent la preuve. A la suite de la nature cordiale que Ies rapports réciproques viennent de prendre, nous n'auront de part et d'autre rien à désirer et rien à craindre à l'avenir».

Je prie V. E. de faire de ce télégramme l'usage qu'Elle croit.

(l) T. 1740 del 7 novembre, non pubbUcato: ramma.rko di KalLay per le inesatte notizie giornalistiche sulla dichiarazione da lui fatta alla delegazione ungherese.

312

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1746. Vienna, 8 novembre 1881, ore 23,55 (per. ore 1,50 del 9).

Kallay est revenu chez mai ce soir à 9 heures m'exprimer encore tous les plus vifs regrets du Gouvernement austro-hongrois pour ce qui est arrivé en me faisant les plus amples déclarations sur le prix immense que l'AutricheHongrie attache à l'amitié de l'Italie si nécessaire à la monarchie autrichienne. Il m'a répété que le premier compte-rendu publié par les journaux est une infamie dirigée contre le Gouvernement impérial. J'ai répondu que je n'avais aucune nouvelle de Rome, mais que je ne doutais pas que l'effet de cet incident aussi déplorable serait désastreux pour nos relations. Il m'a dit que le Gouvernement austro-hongrois ferait tout ce qui dépendrait de lui pour faire disparaitre conséquences de ce fait si malheureux. N'ayant point reçu jusqu'à présent communication de V. E. à ce sujet je vois que le Gouvernement du Roi apprécie camme mai gravité situation; cependant je prie V. E. de considérer que la faute dans tout cela a été tellement grave de la part de l'Autriche et qu'on le reconnait si bien ici que notre situation en face du Gouvernement austro-hongrois ne pourrait, si nous savons faire, qu'y gagner. Malgré cela je répète ici prière que j'ai adressée à V. E. dans un rapport de ce matin qui

arrivera à Rome mercredi (l) d'accepter ma démission d'ambassadeur si l'opinion publique ne se montre pas satisfaite des déclarations de Kallay que j'ai envoyées ce soir, et si Gouvernement du Roi juge nécessaire, pour couvrir la Couronne et sauver justement sa responsabilité, de me l'adosser entièrement.

313

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1748. Vienna, 9 novembre 1881, ore 14,45 (per. ore 16,10).

Comte Andrassy est venu à une heure me faire visite. Il m'a répété tout ce qu'il a dit au sujet Italie dans séance hier délégation, m'exprimant ses plus vifs regrets que faux compte-rendu ait pu faire interpréter d'une manière si erronée son appréciation au sujet du voyage du Roi et rapports entre les deux pays. II a été on ne peut plus explicite à ce sujet. J'attends avec la plus vive ìmpatience V. E. veuille me faire connaitre impression Gouvernement et opinion publique en Italie sur ce si déplorable incident que tout le monde ici espère soit désormais vidé établissant au contraire nos relations sur un pied encore meilleur, comme me disait le comte Andrassy, vu la manière éclatante avec laquelle Gouvernement, opinion publique, presse ont montré en cette circonstance d'apprécier notre amitié.

314

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T.P. 984. Roma, 10 novembre 1881, ore 1.45.

Je remercie V. E. de m'avoir permis d'alléguer à M. de Wimpffen votre offre de démission (2) comme témoignage de la gravité d'un incident qui demande pleine réparation. Mais il est superflu de dire que jamais les éminents services de V. E. à Vienne n'ont été plus nécessaires et plus hautement apprécìés par le pays comme par le Gouvernement qui ne s'en priverait à aucun prix. Mon autre télègramme (3) qui peut ètre ostensible et que pour ce cas V. E. a plein pouvoir de modifier et de compléter exprime les trois points d'attaque auxquels le discours Kallay nous expose à l'imminente ouverture du Parlement, où des interpellations sur la politique étrangère sont déjà annoncées. Wimpffen venait à peine d'arriver à Rome lorsqu'il est venu aujourd'hui me communiquer camme il en avait l'ordre, le télégramme officiel reproduisant le discours de Kallay d'hier. II a en outre voulu me montrer un télégramme secret où Kallay exprime des sentiments beaucoup plus corrects et satisfaisants pour l'Italie. Wimpffen

a télégraphié ce soir pour se faire expédier un télégramme qui reproduise ces mèmes expressions en y ajoutant tout ce qui peut effacer l'impression facheuse du discours. V. E. aura peut-etre l'occasion d'exercer dans le meme sens son influence afin que les déclarations dissipent tout malentendu sur les trois points ci-dessus. Ma circulaire du 6 courant (l) adressée à tous nos agents doit vous arriver demain matin. Vous y verrez avec combien d'égards pour l'Autriche nous avons apprécié l'entrevue et les conséquences pour les deux pays. Il serait utile que le langage du télégramme de M. Kallay fU.t conçu dans le meme esprit. Pour éviter le danger de nouvelles déceptions il serait utile que vous en voyez, s'il est possible, le texte avant qu'il soit expédié. Quelques journaux ont annoncé une circulaire autrichienne sur le mème sujet. Tachez, si elle existe, d'en avoir un exemplaire pour en connaitre les termes.

(l) -R. 1536, non pubbl!cato. (2) -Cfr. n. 312. (3) -Cfr. n. 315.
315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 985. Roma, 10 novembre 1881, ore 2,15.

Malgré ma convintion personnelle des excellentes intentions de M. Kallay, je dois constater que son second discours (2) qu'il devait avoir préparé, est bien loin d'avoir effacé l'impression déplorable produite sur le public italien par son premier discours, et ne peut pas étre considéré par nous mémes camme répondant à la cordialité et à la confiance qui ont présidé à l'entrevue des Souverains. La forme et le fond de ce second discours sont très éloignés des déclarations plus cordiales faites verbalement à vous par M. Kallay et répétées dans son télégramme confidentiel à Wimpffen qu'il a eu la courtoisie de me montrer. Ce second discours en parlant de I'initiative de Sa Majesté passe totalement sous silence les manifestations de désir réciproque émanées du Gouvernement impérial dès l'origine du projet et Ies négociations qui s'en sont suivies. En second lieu il s'efforce d'òter à l'entrevue son importance et sa portée pratique pour l'avantage commun des deux pays, camme si ceux-ci n'avaient rien à en attendre, en contradiction avec le sentiment unanime hautement manifesté en Autriche-Hongrie et en Italie. Enfin la mention publique de l'irrédentisme, qu'on avait avec tant de tact et d'opportunité évité dans les pourparlers pendant la visite, ainsi que toute autre question qui eut pu ìndiquer un manque de confìance dans la politìque loyale et sérieuse de notre Gouvernement, a crée en Italie des suppositions tout-à-fait contraires à la réalité. Il serait difficile d'exagérer l'impression qui s'est produite en Italie où l'opinion publique était unanime à désirer que l'heureux événement pt1t porter tous les fruits, et amenat entre les deux Gouvernements, à Ieur bénéfice commun, une entente intime et pratique. A la veille de la reprise du Parlement, cet inexplicable incident servira puissamment aux adversaires de notre approchement, si le Gouverne

{l) Cfr. n. 309.

ment impérial n'y trouve pas un remède plus efficace. Je prends acte volontiers de la déclaration qu'on vous a faite que le Gouvernement impérial fera tout ce qui dépendra de lui pour effacer l'impression produite par cet incident et en détruire les effets. Si ces bonnes dispositions se traduisent en faits ostensibles et de nature à exercer par leur publicité sur notre Parlement et sur l'opinion publique en Italie une heureuse influence, il n'y aura plus qu'à déplorer un malentendu involontaire et amicalement réparé d'un commun accord. L'offre de démission de V. E. n'aura plus aucune ·raison d'étre.

(2) Cfr. n. 311.

316

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1758. Vienna, 10 novembre 1881, ore 2155 (per. ore 23,20).

Je me suis rendu aujourd'hui à 4 heures chez Kallay. Je lui ai d'abord démontré toute la gravité de la situation et à l'appui de mon raisonnement, je lui ai lu le télégramme de V. E. de la nuit dernière (1). Je lui ai fait comprendre la nécessité de donner une satisfaction à l'opinion publique en Italie, si justement froissée, si on ne veut pas non seulement perdre le fruit de la visite du Roi, mais encore rendre les relations bien moins bonnes encore de ce qu'elles étaient avant ce voyage. Il m'a promis d'adresser une communication, télégramme ou dépéche à Wimpffen avec l'autorisation d'en remettre copie à V. E. pur la publier selon le moyen qu'on a concerté. Il développerait dans cette pièce la partie essentielle du télégramme dont Wimpffen vous a donné lecture; il me fera lire demain le projet. Je n'ai cependant pas voulu m'engager à déclarer si je le trouve convenable ou non, car mon avis à ce sujet engagerait trop celui du Gouvernement du Roi. Il m'a cependant posé deux conditions: 1° que cette communication advienne comme si elle vous avait été faite hier (ceci pour qu'elle ne paraisse pas la conséquence de ma démarche d'aujourd'hui); ceci je l'ai accepté; 2° il m'a aussi demandé comme condition sine qua non que nous engagions à répondre à cette communication. J'ai également accepté en disant, que je lui donnais « assurance qu'une réponse dans la mesure analogue à la pièce qu'on remettrait à V. E. serait faite de notre part ». Si tout cela s'accomplit bien ainsi, nous devons considérer l'incident comme vidé, car réellement on ne saurait obtenir de plus amples réparations de l'Autriche surtout en tenant compte de la situation qui a existé entre les deux pays jusqu'à la veille de la visite royale. Je me réserve de faire connaitre demain à V. E. le sens de la pièce que me montrera Kallay (2); en attendant je tiens à dire à V. E. que j'ai été extrémement sensible aux paroles si gracieuses qu'elle a bien voulu m'adresser dans son télégramme particulier de la nuit dernière (3). J'y ai puisé une nouvelle force pour soutenir, comme j'ai pu le mieux, avec toute la rigueur nécessaire, notre juste cause.

(l) -Cfr. n. 315. (2) -Cfr. n. 319. (3) -Cfr. n. 314.
317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1043. Roma, 10 novembre 1881.

L'incaricato d'affari di Francia è venuto, alcuni giorni or sono, a parlarmi dell'incidente cui si riferisce il rapporto, qui acchiuso in copia(l), del Reggente il R., Consolato in Tunisia.

Mi disse il marchese di Reverseaux che il Governo francese aveva, in sulle prime pensato di presentarci formale reclamo per non avere il signor Raybaudi, a differenza dei suoi colleghi tutti, voluto in alcuna guisa prendere atto di una circolare diramata dal signor Roustan, nella sua qualità di delegato del Bey, per gli Affari Esteri; ma che, per un desiderio di conciliazione, erasi indi preferito, di chiederci solo, in via amichevole, alcuna spiegazione in proposito.

Avrei, per verità, potuto far notare al mio interlocutore come assai difficilmente sarebbesi giustificata, rimpetto ad un governo estraneo agli accordi intervenuti tra il Bey e la Francia, la intromissione del Governo francese in un affare che, ad ogni modo, riflette esclusivamente i rapporti tra il Governo italiano e il Governo tunisino. Però, volendo seguire il marchese Reversaux sul terreno conciliante ove egli, nel fatto, portava la questione, non ebbi difficoltà di porgergli schietti e precisi schiarimenti.

Ho voluto, anzitutto, premettere che l'astensione del signor Raybaudi da un cenno qualsiasi di risposta alla comunicazione del signor Roustan altro non era che la fedele esecuzione delle istruzioni da me impartitegli fin da che, nello scorso giugno, assunsi la direzione di questo ministero: d'evitare, cioè, qualunque atto che potesse significare un esplicito o implicito riconoscimento dei fatti avvenuti, o che potesse pregiudicare la posizione del R. Governo rimpetto al nuovo stato di cose creato in Tunisia dal trattato del 12 maggio. Non volendosi, tra le altre cose, pregiudicare la questione speciale relativa alla posizione attribuita al ministro residente di Francia, non tanto dal trattato del 12 maggio quanto dal decreto beylicale dell'8 giugno (dei quali due atti non avemmo del resto mai comunicazione ufficiale, né dal Governo tunisino, né dal Governo francese) ed alla incompatibilità che noi ravvisiamo nella sua doppia qualità e rappresentanza, è naturale che il R. Vice-Console non risponda alle lettere che il signor Roustan gli dirige, valendosi appunto di quella sua posizione. Così fecesi, del resto, fin dalla prima circolare del 9 giugno, con cui il signor Roustan, firmando la prima volta come delegato del Bey, inviava copia del decreto 8 giugno.

Soggiunsi tosto, però, al marchese di Reverseaux che il Governo francese

non poteva esimersi dallo scorgere quanto fosse, anche a questo riguardo, il

desiderio nostro di evitare, 'Col massimo studio, e con la temperanza delle forme,

ogni contingenza di complicazione.

Può bensì affermarsi -ed è vero -che il Rappresentante di Sua Maestà

in Tunisi non ha finora acconsentito a fare atto alcuno che implicasse, da

(l} Cfr. n. 277.

parte sua, acquiescenza al trattato del Bardo e ai corollarii che se ne vollero trarre; ma è pure un fatto, non meno incontestabile, che non un solo atto positivo è sopravvenuto, da parte nostra, ad esacerbare il conflitto, mutando in aperta controversia una pacata e necessaria riserva.

E poiché l'occasione mi si presentava propizia, essendo questa la prima volta in cui mi accadeva di discorrere con un Rappresentante francese, dopo i casi del maggio e del giugno, della questione tunisina, considerata nel suo complesso, volli che il marchese di Reverseaux avesse modo di apprezzare quanto fosse stato e sia tuttora corretto il nostro contegno. Per sommi capi accennai allo studio, che pur saremmo in obbligo di fare, per accertare fino a qual punto, dalla occupazione militare della Tunisia e dal trattato del 12 maggio siansi profondamente alterati, per l'Italia, oltre le condizioni della sua sicurezza territoriale e la misura del reciproco equilibrio tra le potenze mediterranee, anche i nostri stessi rapporti giuridici e politici con la Reggenza, quali derivarono da antichi e recenti trattati. Ciò nondimeno noi abbiamo voluto, senza abbandonare o pregiudicare menomamente il diritto nostro, adottare fino ad oggi, nelle cose della Tunisia, una politica di vigile aspettazione e di scrupolosa preservazione di ogni diritto, senza anticipare una discussione che ci parve, sotto un doppio punto di vista, intempestiva. Imperocché noi non abbiamo voluto, col nostro atteggiamento, aggravare le difficoltà incontrate dalla Francia nelle sue operazioni militari in Tunisia, né sembrare di incoraggiare la resistenza; il quale contegno ci pare meritevole d'essere convenientembnte apprezzato. E, poiché, le manifestazioni diplomatiche e parlamentari del Governo francese, e le stesse stipulazioni del maggio, assegnavano a queste uno scopo e un effetto meramente temporaneo, benché per una durata di tempo non determinata, ci parve che la nostra opera diplomatica sarebbe per riuscire, nel nostro stesso interesse, più corretta e suscettibile di più giusto indirizzo, quando saremo in grado di recare, intorno alle risoluzioni definitive della Francia e alla sua posizione nella Reggenza, un giudizio più sicuro di quello che si possa ora formare, in mezzo alla contraddizione manifesta tra le primitive dichiarazioni del Gabinetto di Parigi e l'ampiezza di azione a cui lo trascinò la forza degli avvenimenti.

Queste considerazioni, che io svolsi nel mio colloquio col signor di Reverseaux, e che questi mi annunciò di voler significare al suo Governo, mi parvero doversi consegnare, perché ne rimanesse traccia, nel mio carteggio con codesto ufficio.

318

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 304. Atene, 10 novembre 1881 (per. il 15).

Il recente viaggio dei nostri Augusti Sovrani a Vienna, dopo d'essere stato commentato in varie guise dalla stampa ellenica, ha finito per destare in Corte e presso il Governo del Re Giorgio serie preoccupazioni.

Le ripetute interrogazioni del signor Coumoundouros e lo studiato silenzio serbato meco da Sua Maestà intorno a siffatto argomento, corroborano la mia persuasione.

S. E. non desiste dallo esprimere dubbi e timori, al punto di chiedermi se forse il convegno de' due Sovrani d'Italia e di Austria-Ungheria non abbia a ridondare a danno dell'elemento ellenico; difficile sembrando le che l'accoglienza eccezionalmente cordiale fatta ai nostri Reali, mentre lascia supporre dichiarazioni rassicuranti da parte nostra in ordine a certe aspirazioni nazionali, non implichi un corrispettivo a favore dell'Italia. E cotesto corrispettivo, nel suo pensiero, potrebbe tradursi in un eventuale compenso nella penisola Balcanica, né esita il signor Coumoundours ad alludere all'Albania ove il Gabinetto di Roma ebbe già ad esercitare una certa influenza.

Sin dall'annunzio della visita reale a Vienna previdi interpellanze e malumori; di guisa che il mio linguaggio era bello ed apparecchiato informandolo ad un concetto generale di schietta simpatia rispetto alla Grecia, siccome, del resto, erami stato additato dall'E. V. nel mio recente soggiorno in cotesta capitale.

Il valevole appoggio prestato dall'Italia agli interessi greci, risposi, essere una guarentigia non dubbia della nostra sincera benevolenza e dovere io, comunque, ignaro se a Vienna si sia discussa alcuna quistione, stimare affatto erronee le induzioni del Governo ellenico. Essere anzi più naturale il ricercare la causa del convegno nel vantaggio reciproco di stringere vieppiù i rapporti di buon vicinato, in vista degli interessi comuni dei due Stati, e nel desiderio sincerissimo dell'Italia di schierarsi tra le nazioni partigiane della pace ad ogni costo; a queste, e non ad altre interpretazioni doversi attenere il Gabinetto di Atene perché più conformi al vero ed al possibile.

Non scorgo, nullameno, che le mie amichevoli assicurazioni abbiano avuto virtù di dissipare i sospetti; li vedo anzi profondamente radicati nell'animo di questi Governanti; a tal segno che non sarei stupito se fossero da attribuirsi all'azione di un Gabinetto che non ci accuserebbe per la prima volta di progetti ambiziosi. Mi riuscirà forse di affermare ciò che oggi suppongo.

Il signor Tricoupis poi, valendosi dell'antica amicizia che a me lo stringe e della sua attuale posizione indipendente, mi ha parlato senza reticenze.

Essere egli intimamente convinto del mercato conchiuso a Vienna, mediante il quale l'Austria si sarebbe impegnata a far valere i diritti eventuali dell'Italia sull'Albania in compenso dell'abbandono da parte nostra delle aspirazioni irredentiste e del nostro tacito consenso al suo progredire verso l'Egeo. Non potendo quindi la Grecia fare assegnamento sulla cooperazione materiale

o morale di alcuna potenza (anche l'Inghilterra essendosi vilmente sottratta ai suoi impegni e promesse) dover essa provvedere da sola e con quei mezzi che le sembreranno più adatti a rivendicare quelle terre elleniche fatte segno all'altrui cupidigia.

Il carattere affatto privato del mio interlocutore mi ha dispensato dall'accettare la discussione che egli mi offeriva; gll ho soltanto fatto osservare

quanto imprudente fosse per un uomo di Stato l'affidarsi alle prime impressioni, oltre che la cupidigia di cui accusa gli altri si rivela piuttosto in lui, dimentico del cospicuo ingrandimento ottenuto in questi giorni dalla Grecia.

Ho stimato narrare eziandio quanto precede essendo il signor Tricoupis uno dei pochissimi, se non il solo uomo politico che possa presto o tardi succedere al signor Coumoundouros (l).

319

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1768. Vienna, 11 novembre 1881, ore 22,25 (per. ore 1,10 del 12).

J'ai eu lecture par Kallay de la dépeche qu'il adresse à Wimpffen et qui partira demain soir samedi avec la date du 12. Cette pièce prend pour point de départ les télégrammes de ces derniers jours; exprime encore vifs regrets pour l'incident dont le Gouvernement austro-hongrois décline responsabilité. Venant ensuite à parler du voyage de Sa Majesté et des relations entre les deux pays, elle le fait dans les termes les plus correctes et cordiaux; à la fin il est dit qu'on espère que ces déclarations mettent fin à un incident si regrettable, mais si cependant par ci par là on ne fU.t pas satisfait, on déclinerait responsabilité des conséquences. Je n'ai pas voulu discuter termes de cette dépeche, disant que je ne pouvais pas engager Gouvernement du Roi. Wimpffen en donnera lecture à V. E. et est autorisé à en laisser copie, entendu cependant que, de notre còté, nous ferons réponse dans un sens analogue et qu'on ne fera de la pièce qu'on nous aura remise que l'usage consenti dans les formes diplomatiques qu'on précise ainsi: aucune publication intégrale de la dépeche, mais le sens ou le résumé à en donner par les journaux ou à citer dans les limites au besoin à la Chambre avec citation de phrases si l'on veut. Wimpffen du reste entretiendra V. E. à ce sujet. Je suis d'avis qu'il faut absolument mettre fin à l'incident; c'est de l'intéret de la Dynastie, du pays et du Gouvernement; tenter d'obtenir davantage serait effort perdu qui n'aboutirait qu'à produire ici une véritable irritation contre nous. Dans cette affaire nous avions le bon droit de notre còté et nous avons pu le faire valoir; mais vouloir abuser de la victoire présenterait des dangers qui seraient irréparables. Opinion publique est encore pour nous aujourd'hui; elle serait contre nous demain si nous ne savions nous arreter à temps, d'autant plus ,que presse chez nous a en définitive, pris la chose avec un calme inespéré.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Approvare il Unguaggio. Confermare i nostri sentimenti di schietta e immutabile benevolenza verso la Grecia. Riferirsi alla circolare recente circa il carattere e gli effetti del ,recente viaggio reale a Vienna, e ripetere che non furono, ~n quell!t occasione, presi né richiesti impegni speciali».

320

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Costantinopoli, 11 novembre 1881.

Rachid Bey, segretario del Sultano, venne testé a vedermi, e disse avere a riferirmi un messaggio confidenziale e non diplomatico da parte di Sua Maestà; avere Essa grandemente deplorato la condotta della Francia in Tunisia, la quale fu sì poco amichevole verso la Turchia, gli interessi di questa e dell'Italia in quelle regioni essere analoghi ed assai importanti, epperò Sua Maestà desiderava conoscere quali fossero gli intendimenti del R. Governo in proposito, e se vi fosse mezzo di portare alcun rimedio al presente stato di cose. Aggiungeva Rachid Bey, Sua Maestà stava per mandarlo a Vienna ed a Berlino con una missione speciale concernente altre quistioni, forse egli sarebbe incaricato di trasferirsi eziandio a Roma per trattarvi degli affari di Tunisi; in questo caso egli riceverebbe probabilmente l'ordine di toccare di questa quistione anche a Vienna ed a Berlino.

Risposi riassumendo i fatti occorsi e l'atteggiamento adottato dal R. Governo, feci rilevare come questo non potesse ire più innanzi poiché erasi trovato completamente isolato nella sua opposizione contro quei fatti, e conchiusi doversi usare molta prudenza nelle misure a prendersi affine di regolarle secondo gli elementi esistenti, ed in modo da non dover poi indietreggiare.

Rachid Bey mi domandava poscia quali comunicazioni fossero state scambiate fra questa Ambasciata e la Sublime Porta. Cui risposi non essere io stato ultimamente incaricato d'interporre alcuna pratica su questo argomento presso la Sublime Porta, però non dubitavo che l'Ambasciatore di Sua Maestà a Roma avesse tenuto il Governo imperiale al giorno di tutto quello poteva interessarlo.

Rachid Bey si compiaceva infine riferirmi le espressioni oltremodo benigne di cui Sua Maestà l'aveva incaricato per me, aggiungendo che fra breve Sua Maestà mi avrebbe invitato a Palazzo. Lo pregai d'esprimere a Sua Maestà la mia rispettosa riconoscenza. Ed egli prese indi commiato.

321

L'INCARICATO D'AF'FARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2898. Berlino, 12 novembre 1881 (per. il 18).

La primitiva relazione divulgata dai giornali viennesi sulla seduta del Comitato delle Delegazioni Ungheresi del 6 corrente, concernente la visita dei

nostri Augusti Sovrani alla Corte di Vienna destò anche qui una certa sorpresa. Meno la stampa ufficiosa che ha serbato in proposito il più assoluto silenzio, gli altri giornali, fra cui la National Zeitung, cercarono di rendersi conto del linguaggio attribuito al signor Kallay ed al conte Andràssy per rispetto all'Italia, il quale non era punto in armonia con le testimonianze di simpatia prodigate a Vienna ai nostri Sovrani ed ai Ministri del Re.

La National Zeitung occupandosi giorni sono di siffatto argomento credeva di poter spiegare la crudezza del linguaggio del signor Kallay con la necessità avvertita da quest'ultimo di dissipare certe ansie sorte nei circoli politici ungheresi e viennesi che l'Austria-Ungheria e l'Italia si fossero per avventura intese circa una politica intraprendente, che avrebbe potuto irritare la Russia e spingerla a danneggiare l'Impero Austro-Ungarico nelle cose d'Oriente.

Invece secondo la Kreuz Zeitung, quella relazione non sarebbe se non una falsificazione preparata col proposito deliberato di mettere in imbarazzo il Governo austriaco e di nuocere alla posizione di una determinata personalità politica.

Discorrendo del medesimo oggetto, un altro giornale di qui è di parere che, quale che sia la spiegazione di un simile incidente, il signor Kallay non potrà sperare che gli sia oggi agevolata la via per arrivare al posto lasciato vacante dal compianto barone di Haymerle.

Specialmente dopo le ultime dichiarazioni fatte dal signor Kallay nella seduta plenaria delle Delegazioni e le analoghe manifestazioni della stampa ufficiosa austriaca l'incidente avrà ormai perduto ogni valore. Ho creduto utile ciò nondimeno di riferire ad ogni buon fine all'E. V. quanto su questo argomento è stato detto nei giornali tedeschi.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

322

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1268/U65. Londra, 12 novembre 1881 (per. il 15).

Per intrattenere lord Granville, che ieri l'altro era impedito da un consiglio di ministri, del telegramma statomi diretto dall'E. V., in data del 9 novembre corrente (2), circa la progettata convenzione per Assab, io gli feci chiedere un'udienza per ieri, e lo vidi di fatti, ieri, nel pomeriggio, al Foreign Office. Non nascosi al nobile Lord di quanto pregio sarebbe, pel R. Governo, di ricevere da lui una pronta risposta circa il progetto che gli era stato comunicato, e di conoscere per suo mezzo anche le intenzioni del Governo egiziano.

Il conte Granville mi disse che aveva già fatto proporre a V. E. alcune modificazioni del progetto da Lei presentato. Egli consigliava di aggiungere, al 3° articolo, le parole « contre les indigènes » e di sopprimere, nel 4°, le

parole ~ destinés à l'Abyssinie »; e ciò per facilitare l'accettazione della convenzione per parte dell'Egitto. Sir Augustus Paget deve aver ricevuto dal Foreign Office un telegramma con cui lo s'invita a far conoscere all'E. V. che il Governo della Regina è disposto ad agire, presso la Sublime Porta, onde farle accettare la convenzione modificata in quella guisa. Finora il Governo della Regina non fece nessuna entratura, a tal fine, né presso la Porta, né presso il governo egiziano; ma lord Granville mi disse che il Foreign Office farà, presso entrambe le potenze, i passi opportuni tostoché V. E. avrà accettate le modificazioni qui suggerite e ne esprimerà il desiderio.

Il signor Malet ebbe confidenzialmente comunicazione del progetto; egli deve però astenersi, per ora, da qualsiasi passo.

(l) -Ed. in LV 34, pp. 107-108. (2) -T. 981, in realtà dell'8 novembre, non pubblicate>
323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A SANTIAGO, SANMINIATELLI

T. 994. Roma, 13 novembre 1881, ore 13.

Intention Chili de plus en plus incertaine, difficulté maintenir accord pratique pour chaque question spéciale avec autres puissances, nous font désirer prompte conclusion convention arbitrage conformément dépeche 20 juillet (1). Je vous autorise signer meme dans le cas où signature simultanée du ministre britannique serait impossible. Aussitòt convention signée, télégraphiez-moi.

324

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2899. Berlino, 13 novembre 1881 (per. il 18).

Jeri ebbi agio di vedere il Segretario di Stato presso questo Dipartimento degli Affari Esteri. Nel corso della conversazione che ebbi con lui, reputai opportuno di avvalermi delle idee manifestate dall'E. V. nel suo dispaccio

n. 1219, confidenziale, di questa Serie in data del 6 corrente (2), per significare a questo Governo con quanta reciproca soddisfazione si era compiuta la visita dei nostri Augusti Sovrani. alla Corte Imperiale e Reale di Vienna. La reciprocanza di schietta cordialità appalesatasi in questa circostanza fra i due Sovrani aveva trovato un perfetto riscontro nei propositi sinceramente amichevoli dei rispettivi Ministri.

Nell'intento di contribuire ~1 mantenimento della pace e della tranquillità generale in Europa il Governo del Re si è ravvicinato al Governo Austro

Ungarico con l'animo convinto che più stretta e più salda ne diverrebbe l'amicizia esistente fra l'Italia e la Germania. Camminando d'accordo con l'Austria-Ungheria, a noi parrà di andare egualmente d'accordo con la Germania. In questo concetto si racchiude tutto il programma del Governo di Sua Maestà e S. E. il comm. Mancini non ha altro proposito se non di tradurlo in atto senza equivoci e senza titubanze.

Il Conte di Hatzfeld mi ha manifestato la sua compiacenza per le idee da me svolte, e mi ha soggiunto che egli si riferiva a quanto mi aveva dichiarato nell'ultimo colloquio r.he ebbi con lui (rapporto politico n. 2891) (1). A questo proposito egli mi ha incaricato di far sapere all'E. V. che avendo informato a suo tempo il Principe di Bismarck della comunicazione da me fattagli in conformità del telegramma ministeriale del 24 decorso ottobre (2), Sua Altezza aveva pienamente approvato il tenore della risposta datami dal Segretario di Stato. Questi mi ha quindi ripetuto che quella risposta doveva considerarsi non solamente come conforme al pensiero del Governo Imperiale, ma altresì come conforme al modo di vedere personale del Principe di Bismarck, il quale reputa per l'appunto doversi ritenere come diretto alla Germania ogni atto di amicizia, che l'Italia indirizza all'Austria-Ungheria.

(l) -Cfr. n. 105. (2) -Cfr. n. 309.
325

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1542. Vienna, 14 novembre 1881 (per. il 18).

Segno ricevuta all'E. V. della Circolare Confidenziale in data 6 corrente (3) relativa all'indirizzo che il R. Governo intende seguire nella sua politica estera ed a cui dà espressione il ravvicinamento verso i Gabinetti dell'Austria-Ungheria e della Germania accentuato in special maniera dalla recente visita che i nostri Augusti Sovrani ebbero testé a compiere alla Corte Imperiale di Vienna.

Sarà mia cura conformarmi, per quanto mi spetta, al programma con tanta precisione ed elevatezza di vedute tracciato in quell'importante documento.

La Circolare di V. E. fu scritta prima che sorgesse il malaugurato incidente che poco mancò facesse perdere, ben si può dire, tutto il frutto di quella politica si arditamente iniziata, e con tanto successo suggellata nel Palazzo Imperiale di questa capitale or sono appena quindici giorni.

Mi compiaccio però di constatare che di quello spiacevolissimo accaduto or non può più restare altra traccia se non il salutare avvertimento per gli uomini di Governo, che non è mai sufficiente la circospezione nel linguaggio,

allorché in seno alle assemblee rappresentative od anche solo nelle riunioni Parlamentari si deve toccare a questioni internazionali; tanto più delicate se ad esse, come nel caso attuale, si connettono atti a cui il personale intervento dei Sovrani ha impresso un carattere che il menomo imprudente soffio può irreparabilmente appannare.

L'opinione pubblica dei due paesi seppe in questa circostanza pronunciarsi con tanto senno e prudenza, che gli uomini di Stato d'ambo le parti vi attinsero il necessario appoggio per impiegare tutti quei mezzi necessari onde, come dissi, tanto fra i due Governi come mi compiaccio sperare anche fra i due Paesi ogni nube venisse immediatamente dissipata.

Il Gabinetto di Vienna, mi è grato constatare altamente, non esitò a largheggiare in spiegazioni atte a provare: che di quanto era successo era unicamente imputabile, uno di quegli imprevedibili incidenti, conseguenza del meccanismo Parlamentare piucché ovunque intricato nell'Austria-Ungheria. Prodigo del pari si mostrò nel farci dichiarazioni in solenne ed anche inusitata maniera, che tanto per la forma quanto per la sostanza ben dimostrano quanto fu desiderata a Vienna l'amicizia dell'Italia ed in quale altissimo conto essa sia tenuta. Il linguaggio poi unanime della stampa austriaca nonché di quanti uomini di Stato conta la Monarchia, mi compiaccio notare, senza distinzione di partito fu un vero plebiscito austro-ungarico a favore del più intimo costante accordo con l'Italia. Quasi sarei dire con linguaggio teologico, che la seduta della Commissione della Delegazione Ungherese del 6 novembre fu un peccato necessario; poiché senza questa non si sarebbe perfettamente compreso il valore presente ed eventuale dell'amicizia dell'Italia, e certo non ci sarebbero state fatte quelle dichiarazioni in tal senso, che proprio non avrebbero potuto essere più esplicite. Non dogliamoci quindi sovverchiamente dell'avvenuto, ed anzi più non se ne parli. Studiamoci invece di trarre tutto il profitto possibile dalla nuova situazione in cui ci troviamo. Manteniamoci sulla corretta via su cui di nostra intiera volontà ci siamo posti. Completiamo beninteso i nostri armamenti colla certezza che ordinati all'interno, e capaci di difenderci contro qualsiasi aggressione disponendo inoltre di un forte Esercito e di una poderosa Marina, la nostra amicizia sarà sempre maggiormente tenuta in conto e la voce dell'Italia troverà d'ora in poi quell'ascolto che le è dovuto ogniqualvolta si farà sentire a tutela dei suoi legittimi interessi.

(l) -Cfr. n. 293. (2) -Cfr. n. 291. (3) -Cfr. n. 309.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A LONDRA, MENABREA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 999. Roma, 15 novembre 1881, ore 17,40.

Le Foreign Office ne propose au projet de convention pour Assab que deux variantes: 1° ajouter à la fin de l'article 2 les mots: « contre les indi

gènes »; 2° rayer à l'article 3 les mots «pour l'Abyssinie ». Il préfère la forme d'une convention unique à celle de deux actes séparés. L'ambassadeur d'Angleterre, me faisant part de ce qui précède, m'a déclaré que si ces variantes étaient acceptées par nous, le Cabinet de Londres était prèt à sonder immédiatement les dispositions de la Porte et de l'Egypte. J'ai répondu à sir A. Paget que nous acceptons le texte tel qu'il résulte des modifications suggérées par le Foreign Office, et que je devais prier le Cabinet britannique de procéder sans retard aux ouvertures nécessaires. Sir A. Paget a télégraphié tout de suite à son Gouvernement. Il est entendu entre les deux Cabinets que, dans la phase actuelle, les représentants anglais à Constantinople et au Caire feront seuls les démarches opportunes et que les représentants italiens s'abstiendront jusqu'à nouvelle instruction d'intervenir.

(l) Ed. in italiano in LV 34, pp. 104-lOr

327

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 15 novembre 1881.

Qu'avez vous dit de l'omelette qu'on a fait ici, elle est poivrée n'est-ce pas? Vous n'aurez pas été surpris je pense que le sang me soit monté aux oreilles, car décidément cette aventure m'a été un rude coup de massue sur la tète. On n'aurait pas pu imaginer une réussite plus complète que celle du voyage de nos Souverains à Vienne; et voilà que peu de paroles mal pesées, non revues ni corrigées, très augmontées, font perdre du coup ou à peu près les fruits d'un événement dont l'accomplissement avait été si sincèrement applaudi par deux peuples, je dirais presque par le monde entier. Je ne dirai pas que c'est à recommencer, non, malgré tout, ce qui a été fait aura ses bonnes conséquences, mais il est certain que pour les assurer il nous faudra des deux còtés employer des efforts doubles; car les nouvelles défiances habilement exploitées par qui a intérèt à les alimenter créeront pour long temps de fortes résistances. Ce qu'il y a de bizarre c'est qu'au fond on a beaucoup plus senti ici qu'en Italie la gravité de la maladresse commise, le langage des journaux des deux Pays en est la preuve. Il est vrai que sauf au Ministère où je l'ai expédié moi tout de suite, le reste du monde n'a eu connaissance du malencontreux compte rendu (l) qu'après avoir lu les premières rectifications qui au moins témoignaient déjà une certaine contrition.

Parmi les choses regrettables qui découlent de ce qui est arrivé il y a celle que le pauvre Kallay en a eu on peut bien dire les jambes cassées. C'est vraiment dommage car malgré tout c'est un homme de premier ordre, et sincèrement convaincu de l'importance pour l'Autriche-Hongrie de l'amitié de l'Italie. Il aurait été le candidat de mon choix pour le Ministère des Affaires Etrangères. Andrassy a aussi reçu de tout ceci un eroe en jambe non indifférent. Je crois qu'il n'y a plus de doute que le portefeuille sera

25 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

donné à Kalnoky, il doit arriver demain ou après demain. Nos ministres vont avoir à subir au sujet du voyage de Vienne des interpellations fort désagréables, j'espère qu'on sera prudents jusqu'à l'excès, à ce prix on pourra encore regagner ce qui a été perdu ces jours derniers. On comprend ici parfaitement le tort immense qu'on s'est fait vraiment par sottise, et on a la meilleure envie de le réparer. La contre visite ne se fera pas attendre si nous serons sages, et on pourra en négoeier le modus de manière à la rendre le plus agréable possible pour nous. Mais soyons sages: ceci n'exclut pas que nous nous armions, au contraire plus que jamais nous devons pousser nbs armements de tout genre; et surtout faire la sourde oreille à Gambetta, car gare à nous si nous montrions de nouveau la moindre velléité de continuer dans nos dangereuses oscillations. Du reste il me semble que le tout est de savoir ce qui arrivera chez nous quand le Parlement s'ouvrira, je ne m'en fais aucune idée par la seule lecture des journaux; aussi est-ce avec impatience que j'attends Tosi qui doit m'arriver ce soir et qui j'espère me portera un pò più di luce.

Je comprends ,que vous n'ayez personne à m'envoyer mais ce n'est pas moins vrai qu'avec un personnel aussi aminci on ne va pas en avant, quand il y a autant d'affaires qu'il y en pleut sur l'Ambassade de Vienne.

Je ne veux puis pas finir ces pages écrites bien à la hate, sans vous exprimer encore toute ma reconnaissance pour l'amabilité dont vous m'avez comblé pendant mon court séjour à Rome. Je me flatte que ce peu de jours nous ont fait faire un grand chemin dans notre réciproque connaissance, et pour quant à moi je tiens à vous dire que pour ma part nos rapports sont devenus une bonne amitié dont je vous demande et espère la réciprocité. C'est entendu n'est-ce pas? Donnez moi quelque fois, aussi souvent que possible des nouvelles et d'opportunes directions...

(l) Cfr. n. 310.

328

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, TERZAGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 544. Madrid, 16 novembre 1881 (per. il 21).

Nel rapporto N. 542 in data del 13 corrente (l), nel quale io dava un breve riassunto delle discussioni sulla risposta al discorso della Corona svol~ tesi nella Camera dei Deputati, durante una quindicina di giorni, io finiva il mio dire annunciando che discorrerebbero ancora il Castelar, il Canovas ed n Sagasta prima di giungere alla deliberazione finale. Nel Parlamento spagnuolo si suole, in occasione della risposta al discorso della Corona, parlare sulla politica generale dello Stato; i discorsi dei tre oratori erano quindi attesi con impazienza.

Castelar incominciò combattendo il contenuto dell'emendamento, già respinto dalla camera a grande maggioranza quantunque sottoscritto anche dal

Signor Canovas e proposto dal Signor Pidal, e confutando gli argomenti svolti nel discorso del Pidal, del quale diedi contezza con rapporto di questa Serie

N. 541 (1). Castelar dichiarò essere con tutto il cuore cattolico e precisamente per questo motivo essere convinto che il Papa non fu mai sì libero come attualmente a Roma, e che la indipendenza del Pontefice è assicurata dalla Legge delle Guarentigie, soggiunse che l'E. V., della quale tesse grandi elogi, ora difende e riconosce la bontà della legge messa in dubbio prima che fosse deliberata. Fece una storia lunga dei Papi per dimostrare che sovente, durante secoli, dopo la morte di un Pontefice accaddero in Roma fatti ben più gravi di quelli della notte del 13 luglio; dimostrò la libertà che gode il Pontefice colla sicurezza, anteriormente ignota, data al Conclave per la nomina del Papa e la tutela accordata a pellegrini di tutte le nazioni e persino a quelli spagnuoli che gettavano grida di ribellione in Roma contro il Re d'Italia; accentuò la necessità che il Papa rimanga in Roma, città libera e cattolica. Nel seguito del suo discorso il signor Castelar, dopo una breve dichiarazione di sentimenti teorici repubblicani, affermò la necessità dell'ordine nella libertà, dello svolgimento pacifico delle istituzioni politiche che, conformemente a quelle della natura, non devono essere saltuarie ma avanzare lentamente. Finì il suo dire affermando simpatia pel Ministero attuale e dichiarando che la sequela di rivoluzioni devono considerarsi come finite. Il Presidente del Consiglio si alzò subito per dichiararsi d'accordo con quasi tutte le idee esposte dall'oratore ma accentuando ch'esse, in fatto, non possono essere eseguite senza la monarchia costituzionale. Il discorso del signor Castelar di bella forma, quantunque un po' ampollosa e con un nesso logico alquanto sconnesso avrebbe prodotto effetto senza il controattacco già preparato dal signor Pidal che lo distrusse in gran parte. Questo deputato chiese la parola per leggere i discorsi più rilevanti tenuti dal Castelar, segnatamente durante il Regno di Re Amedeo, contro la casa Savoia in uno dei quali dichiara insufficiente la Legge delle Guarentigie e che il Re Vittorio Emmanuele è il carceriere del Pontefice. Il signor Castelar fu visibilmente imbarazzato di quest'attacco imprevisto e non seppe spiegare la sua contraddizione che coll'asserto di avere in quell'epoca tenuto discorsi a scopo di polemica per difendere la repubblica.

Merita attenzione maggiore il discorso tenuto dal signor Canovas che costituisce un intiero programma politico. Per ciò che concerne l'atteggiamento verso la Santa Sede egli non divide le idee espresse dal signor Pidal sui mezzi da adoperarsi e la forma del suo discorso è molto più temperata; i suoi sentimenti di ostilità verso l'Italia nelle faccende di Roma non sono però meno profondi di quelli del deputato neo-cattolico. Nella parte del suo discorso concernente l'atteggiamento nelle faccende di Roma il signor Canovas dimostrò la sconvenienza commessa dal Governo spagnuolo inviando per lettera le condoglianze al Papa e per telegrafo al Governo italiano l'espressione di dispiacimento per la pastorale del Cardinale Moreno, aggiunse che egli avrebbe, essendo al potere, bensì risposto per cortesia e per dovere internazionale ai reclami del Governo italiano, ma dichiarando che gli spagnuoli non possono costituirsi a gendarmi per l'Italia per impedire, sul suolo e alle porte delle chiese

di Spagna, le proteste giuste della Chiesa contro i fatti di Roma. La questione di Roma essere internazionale; il Regno d'Italia essere stato riconosciuto dalla Spagna quando Roma non era annessa e colla affermazione che questo riconoscimento non implicava l'abbandono del potere temporale del Papa. Ad onta di queste considerazioni l'oratore non avrebbe consigliato una politica avventurosa nelle circostanze attuali d'Europa; il Governo di Sua Maestà Cattolica non essendo in grado di prendere una iniziativa attiva e di porsi alla testa della opinione europea, per ottenere in una forma o nell'altra, quistione ch'egli non voleva ora discutere, la indipendenza vera e reale del Sommo Pontefice. Il Governo spagnuolo avrebbe dovuto tenersi nella riserva massima e nel silenzio, senza dichiarazioni che potessero far credere a una sua complicità indiretta. Doveva il Governo solamente affermare che la Spagna, nelle contingenze attuali, non potea prender parte a risolvere le questioni concernenti Roma; «che la Spagna rispettava tutto ciò che l'Italia voleva rispettato, ma nell'istesso modo come la Francia rispettava gli effetti della sua guerra colla Germania e come la Spagna rispetta con tristezza la presenza dell'Inghilterra a Gibraltar ». Sono queste, a mio avviso le parole più gravi pronunciate dal signor Canovas, già Presidente del Consiglio e Ministro per gli Affari Esteri, durante il suo discorso. Continua dicendo che la confessione d'impotenza in date contingenze per parte di uno Stato aumenta piuttosto che diminuisce il suo prestigio; insiste per provare la verità di questo asserto, non solamente per Roma ma anche per Gibilterra. Afferma che quando una nazione ha la disgrazia di vedere nel suo territorio sventolare una bandiera straniera si deve parlarne il meno possibile e impedire manifestazioni ridicole della stampa, come ciò accadde recentemente in !spagna. E questa prudenza, e questa riserva sono indispensabili ad onta che l'Inghilterra abbia usurpato un territorio maggiore di quello riconosciuto dai trattati, e, ciò che è più grave ancora, pretenda esercitare giurisdizione sulle acque territoriali di una parte della costa spagnuola prossima a Gibilterra.

Insistette poscia il signor Canovas sulla necessità di conservare, nelle contingenze attuali, lo statu quo nel Marocco, non attaccando l'Impero ed anzi sostenendolo nei limiti del possibile; un ponte per giungere in Africa essere la Spagna e quindi opporsi egli ad aprire troppi sbocchi nei Pirenei, ad onta dei vantaggi economici che ne sarebbero la conseguenza. Disapprovò pure, ma con forma temperata i reclami fatti dal Governo pei fatti di Saida non potendo, pei motivi già espressi, aver effetto veramente proficuo.

Per ciò che concerne la politica interna rimproverava al Governo la ricerca della benevolenza dei partiti estremi che può produrre pericoli gravi per le istituzioni. Si difende dall'accusa di non aver governato colla libertà; afferma che la sola libertà maggiore ora concessa è quella di attaccare pubblicamente e anche nel Parlamento la Monarchia. In sua difesa citò il fatto che anche in Italia il Presidente della Camera non permette dichiarazioni repubblicane.

In tutto il discorso appariva l'intendimento di non attaccare troppo vivamente il Marchese della Vega, ma più segnatamente il Ministro dell'Interno e il Presidente del Consiglio, che rappresentano, come già dissi, la parte più liberale del Gabinetto. È precisamente l'intendimento di dare al suo discorso una forma moderata, senza riuscire perciò a toglierne l'acrimonia nell'essenza, che dà, a mio avviso, rilevanza alle dichiarazioni del signor Canovas. A mio credere, se il signor Canovas ritornasse al potere, egli sarebbe in !spagna un avversario dell'Italia non dispregevole precisamente perchè non agirebbe con temerità.

Ho l'onore di trasmettere qui unito, all'E. V. il discorso del signor Canovas, dato in extenso dal giornale Imparctal d'oggi (1).

Bentosto la discussione sulla risposta al discorso della Corona sarà ultimata; ma ho creduto mio dovere di non tardare a dare contezza all'E. V. dei discorsi del signor Castelar e segnatamente di quello del signor Canovas (2).

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

329

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI

D. 122. Roma, 17 novembre 1881.

La S. V. Illustrissima non poteva meglio rispondere alle ingiuste apprensioni ed ai malumori infondati che il recente viaggio delle Loro Maestà ha suscitato in codeste sfere politiche, se non col contegno tenuto e col linguaggio da Lei usato in tale circostanza, come desumo dal pregiato suo Rapporto confidenziale del 10 corrente n. 304, presente Serie (3). E per vero quando non basta il ricordo della schietta e costante amicizia da noi dimostrata alla Grecia e del valevole appoggio prestatole, ad allontanare dalla mente di codesti uomini politici quei dubbi, che la S. V. ha chiaramente compendiato, e poichè da un fatto estraneo alla cerchia dei loro interessi se ne vogliono dedurre degli erronei apprezzamenti, potrà la S. V. Illustrissima nei suoi colloqui col Signor Comondouros inspirarsi al senso delle considerazioni esposte nella circolare confidenziale del 6 corrente (4) circa il carattere e gli effetti della visita delle Loro Maestà ai Sovrani d'Austria-Ungheria e ripetere che non furono in quella occasione presi né richiesti impegni speciali.

Non dubito che tali dichiarazioni per parte nostra varranno a dissipare ogni erronea supposizione.

330

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTERO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1284/1171. Londra, 17 novembre 1881 (per. il 21).

I giornali d'ieri sera e di questa mattina pubblicano un dispaccio in data del 4 corrente indirizzato a Sir Edward Malet, Agente e Console generale bri

tannico al Cairo, dal Conte Granville sulle condizioni e sull'avvenire dell'Egitto. In quel documento il nobile Lord protesta sentimenti di benevolenza disinteressato verso la popolazione egiziana e dichiara il Governo della Regina desideroso di concorrere, di concerto colla Francia, al miglioramento delle condizioni di quel paese, col renderlo indipendente dalle influenze straniere. In mezzo alle dichiarazioni più esplicite fatte in quel senso spunta il concetto fondamentale del dispaccio nel quale il Conte Granville dice la convinzione del Governo essere «che l'unione dell'Egitto colla Porta è la migliore salvaguardia contro un intervento straniero. Se questa unione fosse rotta, l'Egitto si troverebbe fra breve esposto al pericolo di ambizioni rivali:~.>.

Il dispaccio termina con queste parole: «Noi abbiamo ogni ragione di credere che la Francia continuerà ad essere animata di simili tendenze. È stato facile per due paesi che agivano di concerto e senza scopo egoistico di ajutare il miglioramento delle condizioni politiche e finanziarie dell'Egitto. Qualsiasi disegno d'ingrandimento per parte dell'uno o dell'altro Governo deve, per la stessa sua natura, distruggere questa utile cooperazione. Il Kedive ed i Ministri possono, in conseguenza, essere sicuri che il Governo inglese non ha nessuna intenzione di scostarsi dalla via da lui stesso tracciata :~.>.

Molti sono i commenti che si fanno su quel dispaccio. Alcuni lo trovano non sufficientemente chiaro ed anche in alcune parti non consentaneo con se stesso. Altri vi scorgono un avviso indiretto alla Francia di rinunziare ad ogni idea d'ingrandimento e d'intromissione a spese dell'Impero ottomano. Si considera l'invito fatto all'Egitto di rimanere più fortemente unito alla Porta come un mezzo per l'Inghilterra di riacquistare la sua influenza a Costantinopoli e di combattere le velleità francesi che si rivolgessero di nuovo verso l'Oriente.

Il Conte Granville essendo tuttora a Walmer Castle d'onde non ritornerà cosi presto, mi sarebbe difficile di conoscere più esattamente l'intimo pensiero che ha dettato quel dispaccio. Ma l'opinione pubblica che se ne preoccupa darà forse luogo ad ulteriori rivelazioni. Intanto rassegno a V.E. un estratto quì unito di quel documento quale è comparso nei giornali (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare di questo interessante rappocrto e toglierne argomento per segnar ricevuta de•ll'intera corrispondenza, porgendo i meritati elogi al Cavalier Terzaghi per il modo in cui sostenne l'interim della Legazione. (Greppi è ora tornato al suo posto)». (3) -Cfr. n. 318. (4) -Cfr. n. 309.
331

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1295/1175. Londra, 19 novembre 1881 (per. il 24).

Dopo il dispaccio del conte Granville al Console Generale britannico in Egitto, del quale io diedi un cenno all'E. V. col mio rapporto del 17 corrente

n. 1171 di questa Serie (2), il fatto che maggiormente desta l'attenzione pubblica in Inghilterra per ciò che riflette le relazioni estere, è il messaggio del

l'Imperatore di Germania letto dal Principe di Bismarck all'apertura del Reichsrath. Si è notata sovratutto la dichiarazione accentuata dell'unione, resa oramai più stretta, tra i tre Imperatori di Russia, di Germania e di Austria.

Se, d'un'altra parte, si pone mente a quanto disse il conte Granville, nel suo dispaccio, della necessità per l'Egitto di mantenere salda, nel proprio interesse, la sua sottomissione alla Porta, ed alla probabilità d'una rottura dell'accordo fra la Francia e l'Inghilterra, qualora una di queste due potenze tendesse a dominare in quel paese, e se si ravvicinano quindi tali dichiarazioni a quelle sovraccennate, fatte in nome dell'Imperatore dal principe di Bismarck; vi è chi ravvisa nella quasi simultaneità di quei due fatti un avviso al Governo francese di smettere le idee di ambizioni bellicose ed invadenti qualora realmente le nutrisca. Si rimprovera a quest'ultimo Governo di avere colla spedizione tunisina, e specialmente colla violazione della città santa di Kerouan, destato il fanatismo dei Musulmani ed indotto il Sultano ad eccitarlo, ed a cercare, nella sua qualità di Califfo, nell'incremento della sua potenza religiosa, un compenso alle perdite di territorio sofferte ln questi ultimi tempi d~ll'Impero Ottomano.

In Inghilterra vi è una voce unanime per dichiarare che la Gran Bretagna non può rimanere indifferente a tale movimento religioso ed alle sue conseguenze, imperocchè fra i sudditi della Regina nelle Indie, vi sono anche delle popolazioni maomettane le quali, se non le più numerose, sono forse le più intelligenti e certamente le più bellicose; per cui è d'uopo di tenerne gran conto e di badare a quanto avviene nel mondo musulmano.

Si dà molto peso alle parole pacifiche pronunziate dal principe di Bismarck e non v'ha dubbio che il ravvicinamento dell'Italia all'Austria, sanzionato dal recente viaggio dei nostri Sovrani a Vienna, è considerato come un argomento in favore della pace.

(l) -Non si pubblica. Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare con un cenno circa l'assoluto sUenzio serbato rispetto all'Italia». (2) -Cfr. n. 330.
332

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI (l)

T. uu. 1015. Roma, 20 novembre 1881, ore 15,15.

Confermo il telegramma speditole per mezzo del R. console in Aden (2). Il Governo egiziano, riconoscendo difettosa irregolare prima inchiesta acconsente istituire a Beilul nuova inchiesta che sarebbe 'affidata, con parità di posizione e di competenza a un commissario egiziano e a un commissario italiano. Abbiamo per questo ufficio designato il cavaliere Vitto R. vice console a Suez. Questi partirà assieme al commissario egiziano sopra un legno da guerra vicereale. Ella riceverà per mezzo del console in Aden avviso della partenza dei due commissari. La prego di regolarsi in modo da trovarsi a Beilul sopra l'« Ettore Fieramosca» simultaneamente o meglio poco prima dell'arrivo del legno egiziano. Ella darà al cavalier Vitto ogni opportuna istruzione comu

nicandogli tutte le utili notizie che ella possiede. Indi ella potrà tornare a Assab rinviando tosto a Beilul l'« Ettore Fieramosca» perchè rimanga ivi durante l'inchiesta. Secondo i concerti presi col Governo egiziano la commissione d'inchiesta avrà questa volta ogni necessario potere anche per arrestare i presunti colpevoli riservando solo definitivo giudizio e condanna alla corte d'appello egiziana. In ogni modo facemmo riserva altra riparazione di indennità alle famiglie delle vittime, se per la prima inchiesta malamente fatta, e indi per il tempo trascorso, la nuova inchiesta, malgrado ogni buon voler, riuscisse infruttuosa.

(l) -Inviato tramite il sottoprefetto di Brindisi, Dotto de DauU. (2) -T. 1014 del 20 novembre, non pubblicato.
333

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1550. Vienna, 22 novembre 1881 (per. il 26).

S. E. il Conte Kalnoky prestava giuramento ieri nelle mani di S. M. l'Imperatore nella sua qualità di Ministro della Casa Imperiale e degli Affari Esteri e poco dopo facevami come agli altri Ambasciatori la sua prima visita di presentazione. In tal circostanza S. E. manifestandomi il suo vivo desiderio di mantenere meco cordiali relazioni che da parte sua sarebbero sempre improntate di un'intera franchezza, come di ragione, mi affrettai a contracambiargli anche per parte mia pari assicurazione. Il Ministro Imperiale dissemi poi che le relazioni fra l'Austria-Ungheria e l'Italia già si trovavano in passato su di un piede non solo corretto ma anche cordiale, tale insomma che proprio una cosa sola occorreva ancora per renderle caldissime, e che questo precisamente era il personale incontro dei due Sovrani così felicemente compiutosi pochi giorni or sono. A questo proposito a più riprese ebbe a ripetermi: S. M. l'Imperatore avergli manifestato nel modo il più esplicito, la viva soddisfazione che la visita degli Augusti Sovrani d'Italia avevagli procurato. Del resto, soggiungeva ancora, le manifestazioni della pubblica opinione in modo così conforme prodottesi nei due Stati son le più splendide conferme del successo di quella visita e dimostrano quanto le popolazioni dei due Paesi intesero ed apprezzarono i vantaggi loro procurati da quell'avvicinamento.

Non mancai di rispondere a tali cortesi parole assicurando S. E. che non minore era stata la soddisfazione provata dai miei augusti Sovrani per la così cordiale ed affettuosa accoglienza che avevano trovata a Vienna: ed aggiunsi che le così espansive manifestazioni dell'opinione pubblica in Italia erano le migliori prove dell'unanime sentimento col quale la Nazione tutta si era associata agli intendimenti a cui tanto S. M. il Re quanto il Suo Governo si erano ispirati in questa circostanza. Questo sentimento anzi, soggiunsi, è così profondo che non potè essere scosso da un recente spiacevole equivoco di cui felicemente non può più essere questione oggi l'incidente essendo stato interamente appianato. Il Conte Kalnoky replicò a questa mia superficiale allusione al malcapitato episodio dei giorni scorsi con poche parole esprimenti la Sua soddisfazione per quanto gli diceva.

Si venne poscia a parlare della m1sswne avuta dal mio nobile interlocutore presso la Santa Sede all'epoca del trasferimento della capitale a Roma senza entrare in proposito nè da una parte nè dall'altra in apprezzamenti di sorta; e dopo di avere ancora alcun poco discorso di cose di minor momento S. E. accommiatossi da me dicendomi che ripartiva per Pietroburgo onde presentarvi le sue lettere di richiamo, e dare ordine colà alle sue private faccende, facendo poi ritorno a Vienna per prendervi la direzione del Ministero fra una quindicina di giorni.

Questo mio primo incontro col nuovo Ministro, mi compiaccio constatare, fu cordiale, senza però avere dato luogo a reciproche magniloquenti manifestazioni di sentimenti, che sarebbero d'altronde state inopportune le relazioni fra i nostri due Paesi dovendo trovare d'ora in poi migliore espressione nei fatti che non nelle parole.

334

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 547. Madrid, 23 novembre 1881 (per. il 28).

Non fu a propriamente parlare una interpellanza ma piuttosto una esortazione dettata dal desiderio d'importunare il governo, quella che i prelati, membri del Senato, formularono in questo consesso nella seduta di ieri. Il primo a sorgere fu il Vescovo di Salamanca, facile parlatore, uomo di dottrina ma al tempo istesso intransigente in ogni cosa che alla chiesa si riferisca. Anzitutto descrisse, a modo suo, le angustie in cui travasi il Santo Padre e ricercò i mezzi per farle cessare, osservando che questi mezzi il Pontefice si aspettava gli fossero forniti dalla Spagna. Respinse qualsiasi modo di transazione giacchè il pontificato necessita d'avere assicurata la sua indipendenza e sinchè non gli venga restituito l'usurpatogli potere temporale, lotterà e questa lotta commuoverà il mondo intiero perchè è la più trascendentale ·tra tutte quelle che possono impegnarsi. L'oratore passò poi a fare un quadro delle traversie che afflissero il pontificato nel trascorso decennio, traversie delle quali, se non fu sempre autore il governo italiano, questo tollerò che altri le provocassero e conchiuse questa parte del suo discorso dicendo che il Pontefice vive senza guarentigie persino quelle che riguardano la sua sicurezza personale e non può darle un governo che difetta di forza morale, e potrà eziandio difettare quella materiale un Governo la cui condotta, stante le difficoltà tra cui si dibatte, è un tessuto di contmddizioni. Dimostrato a sua guisa il niun valore della legge di guarentigie, il Vescovo di Salamanca si attaccò alla circolare dell'E.V., stesa in seguito agli avvenimenti del Luglio (1), affermando che con essa volendosi difendere l'errore e l'ingiustizia null'altro si fece che parli maggiormente in ridicolo. Ricercò in quella circolare una contraddizione e credette trovarla là ove si dice che l'assunto delle guarentigie è assunto di politica interna mentre poi si afferma che per lo spazio di dieci anni si tennero scru

polosamente le fatte promesse. Discorse in appresso dell'impossibilità per il Papa di rimanere in Roma in tanto penosa situazione ma d'altra parte l'uscita da Roma del Pontefice non assicurerebbe per questo il tranquillo possesso di Roma agl'italiani, giacchè i cattolici non cesseranno di considerare Roma come cosa loro rimanendo nella eterna città il sepolcro degli apostoli, la cattedra di San Pietro, e Roma continuerebbe ad essere la madre di tutte le chiese del mondo. Il Pontefice fuori di Roma sarebbe sempre un oppresso e farebbe sempre ritorno a Roma per morirvi come sopra una croce, giacchè il Pontefice non può rappresentare la parte d'un principe senza trono. Venendo poi al caso pratico l'oratore chiede che non potendosi fare una guerra diretta all'Italia, come se ne avrebbe diritto e dovere, chiede -.che la Spagna operi come ha operato colla Francia nelle cose di Saida cioè quando difese gl'interessi degli emigrati spagnuoli per quanto questi interessi siena poca cosa in confronto di quelli che debbonsi difendere in Roma. Frattanto l'ambasciatore di Spagna a Roma deve tenere per istruzione di stare agli ordini del Santo Padre e coprire colla bandiera spagnuola la sacra sua persona, proteggere in modo decisivo le sue domande e porre un termine alla prigionia morale in cui è custodito e che non si debiliti qui la sua azione diplomatica dando assicurazioni di pace e di amicizia ai suoi oppressori.

Poche parole aggiunse al discorso del Vescovo di Salamanca il Cardinale Arcivescovo di Santiago di Compostela e solo per eccitare il Governo spagnuolo a parlare con autorità a Roma e sovratutto dire al Governo italiano: «O siete un governo civile od un governo barbaro? ... Se siete un governo barbaro non potete rimanere là ove travasi la cuna della civiltà, e se siete un popolo civile dovete rispettare le ceneri dei morti ».

A rispondere ad ambedue gli oratori alzassi il Ministro di Stato incominciando dal dichiarare che i desiderii espressi dai prelati erano completamente irrealizzabili. Del resto il Governo italiano applicò il dovuto correttivo ai fatti del 13 luglio secondo le prescrizioni del suo Codice. Ciò che i prelati esigono dal Governo spaguolo cioè che si intimi al Governo italiano di restituire al Sovrano Pontefice i suoi Stati non è una indicazione accettabile da parte di un Governo che crede aver compiuti i suoi doveri specialmente quelli che concernono la libertà del Papa, libertà di cui si ebbe splendida prova allorché avvenne il cambio sulla cattedra di San Pietro. Di continuo vuolsi rendere il Governo italiano responsabile di ogni cosa che occorra nelle strade di Roma e ciò è ingiusto giacchè quel Governo adopera tutti i mezzi di cui dispone per evitare fatti così disaggradevoli come quelli che avvennero nella notte delli 13 luglio. Parlando poi delle leggi delle guarentigie il Marchese della Vega di Armijo disse: «quando un governo di nazione cattolica come l'italiano, circostanza che i signori prelati istessi hanno riconosciuto, sostiene e dichiara che questa legge, malgrado ciò che se ne dice nei meetings ed in giornali non sarà alterata menomamente e che tiene un interesse capitale e cardinale nel sostenere l'indipendenza del Pontificato come sono obbligati ad averlo tutti i cattolici, sarebbe dunque unicamente per raggiungere il concetto che può essere un bello ideale ma non tutti i casi di bello ideale sono realizzabili e quantunque il Governo spagnuolo non abbia qui la missione di difendere il Governo italiano, ad onta non possa d'altra parte porre in non cale il dovere di corrispandere degnamente alle relazioni di amista esistenti tra il nostro Re ed il Re Umberto, circostanza che non deve dimenticarsi nel Senato spagnuolo, sarebbe dunque per questo, dico, che si attacca giornalmente il Governo spagnuolo eccitandolo a contribuire all'eseguimento d'un concetto che sta tra i più grandi ed in questo momento tra i più difficili? Certamente la situazione del Pontificato in Italia è grave; però mi credano le loro signorie non è dato al Governo spagnuolo di modificarla ».

Il punto cardinale su cui si appoggiò di continuo il Ministro di Stato fu quello che i prelati chiedevangli cosa che il Governo spagnuolo non poteva effettuare.

Nella sua replica il Vescovo di Salamanca fu assai breve. Si accontentò di dimostrare che lo scopo che erasi proposto quello era di esporre l'affliggente situazione in cui travasi il Sommo Pontefice e la necessità di scegliere un rimedio. Non pretende l'impossibile ma solo che non si perdano di mira quelle idee chiare e legittime che dimostrano il diritto del Pontefice e dei cattolici. La prudenza è quella che deve indicare sino a qual punto si avranno a spingere gli sforzi per realizzare questo diritto ma la giustizia esige che questo diritto non venga mai posto in oblio.

Così ebbe termine l'incidente colla speranza che su tale questione le Cortes non abbiano più per ora a far ritorno. Benché i prelati nel fondo dei loro discorsi si mostrassero assolutamente intransingenti, si espressero in forma bastantemente temperata e sembrarono compiere piuttosto un precetto religioso anzichè essere strascinati dalla illusione che le loro parole suonerebbero guerra ad oltranza all'Italia.

Stante che in questo mio rapporto non feci che sfiorare i discorsi tenuti credo mio debito di qui unire l'estratto officiale della seduta in cui quei discorsi sono estesamente riprodotti (l).

(l) Cfr. n. 116.

335

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1312/1182. Londra, 24 novembre 1881 (per. il 28).

Lord Granville essendo ritornato ierl'altro da Walmer Castle a Londra, io mi recai ieri nel pomeriggio al Foreign Office ed ebbi con lui un colloquio che si aggirò sui vari argomenti toccati negli ultimi telegrammi e dispacci dell'E.V.

In correlazione col mio rapporto del 12 corrente, n. 1167 di questa Serie (1), mi accade soltanto di riferirle che il Conte Granville mi confermò non essere pervenuto finora al Governo della Regina nessun reclamo d'indennità per attentati commessi sul territorio tunisino contro sudditi britannici. Egli mi disse pure che al Foreign Office non risultavano convalidate da nessun rapporto ufficiale le notizie diffuse da alcuni giornali che il Bey di Tunisi, o

per dire meglio il signor Roustan avesse deliberato d'imporre a tutti gli stranieri dimoranti nella Reggenza l'obbligo di sottomettersi ai tribunali o ai giudici francesi.

Profittai dell'occasione per far cadere n discorso sull'avvenire riserbato alla Tunisia e sulle intenzioni del Governo della Regina. Ma Lord Granville si rinchiuse nella sua risposta solita: finchè non saranno lesi i diritti guarentiti all'Inghilterra dai trattati, essa non avrà ragione alcuna d'intervenire. Il nobile Lord ammise poi che il voto provocato dal signor Gambetta nella Camera francese per affermare l'integrale mantenimento del Trattato del 12 maggio equivaleva alla solenne proclamazione del protettorato.

Avendo pure incontrato al Foreign Office l'Incaricato d'affari d'AustriaUngheria, questi mi disse che anche sudditi austriaci domandavano indennità per le perdite sofferte in occasione della presa di Sfax. Lord Tenterden, ch'egli intrattenne di ciò, gli rispose essere stato dato all'Ambasciatore della Regina a Parigi l'incarico di chiedere al Governo francese che cosa esso intendesse fare in seguito alla dissoluzione della commissione d'inchiesta pronunziata dal suo presidente.

(l) Non pubblicato.

336

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 169. Parigi, 24 novembre 1881 (per. il 28).

Ho avuto cura di ragguagliare l'E.V. sull'impressione che produsse in Francia la recente visita degli Augusti Nostri Sovrani alla Corte Imperiale e Reale d'Austria (1).

L'E.V. già sa che la stampa francese che aveva manifestato ironica compiacenza quando ne credette abbandonato il progetto, si mostrò poi irritata e violenta quando il convegno fu deciso. Nelle sfere ufficiali si affettò di sembrare indifferenti, nè ritornerei sull'argomento se il Direttore politico di questo Ministero degli Affari Esteri non mi avesse, in una recente conversazione, indicato qual partito il nuovo Gabinetto francese spera trarre dall'indirizzo che il convegno di Vienna imprime alla nostra politica estera. Con mal velate allusioni il Barone di Courcel mi fece intendere che l'esistenza di più intimi rapporti fra l'Italia e l'Austria, per avere distratta da noi l'Inghilterra, tornerebbe a vantaggio della Francia nelle questioni orientali ora pendenti. « Vous aviez fait fausse route en vous unissant à l'Angleterre » osservò il Barone con affettata bonarietà, << c'est une puissance sur laquelle on ne peut pas compter à la longue ».

Del resto, se la logica stessa non indicasse sufficientemente l'interesse che attrae la Francia ad essere d'intelligenza coll'Inghilterra nelle attuali

contingenze africane, l'intimità di Sir Charles Dilke col Presidente del Consiglio, i continui viaggi a Parigi del Sotto-Segretario di Stato Inglese, il linguaggio dei giornali fedeli al signor Gambetta, il sacrificio che si offri del signor Tirard all'Inghilterra, come me lo dichiarò francamente il signor Courcel stesso, sarebbero tanti indizii del tema stato prescelto o forse imposto dalle circostanze al nuovo Ministro degli Affari Esteri, quale « début » diplomatico. Può essere quindi che se, come me lo affermò pure il Direttore predetto, il voto del 10 novembre implica la integrale «ma prudente » esecuzione del Trattato del Bardo, se le concessioni della Francia in materia commerciale corrisponderanno alle avide esigenze dell'Inghilterra, e se gli interessi delle due nazioni si possono conciliare in Egitto, può essere, dico, che le speranze svelate dal signor Courcel riescano ad incontrare quel momentaneo successo, che secondo lui, si può attendere dalle simpatie dell'Inghilterra (1).

(l) Cfr. n. 298.

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, MAGLIANO (2)

D. 98. Roma, 26 novembre 1881.

Ai rapporti da Lei segnati coi nn. 309, 310 e 313 (3) della presente serie ho già sommariamente risposto col telegramma di ieri l'altro (4), ed intendo ora meglio spiegarle il mio pensiero.

Più volte Le scrissi, e con ogni acconcio svolgimento, circa la convenzione generale di Arbitrato primieramente propostaci da codesto Governo. Non è quindi mestieri che io Le ripeta quale sia, a tale proposito, l'animo del Governo del Re. Essendo noi stati tra i primi a propugnare il principio dell'arbitrato nei rapporti internazionali, non potevamo che fare buon viso ad una proposta che si inspirava a quel concetto, ed avremmo quindi desiderato benanche che, sancito, d'accordo con codesto Governo, in apposita convenzione, il concetto stesso trovasse intanto una prima opportunità di pratica applicazione in occasione dei reclami derivanti dalla recente guerra.

Ma poichè una diversa tendenza si viene ora manifestando in codeste sfere governative, ed il signor Balmaceda non pare disposto a seguire interamente, a questo riguardo, le orme del suo predecessore, noi non abbiamo difficoltà ad accettare il sistema delle Commissioni miste, verso il quale sembra ora

{l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziare per questo interessante rapporto. Trasmetterne copia (stampata) a Londra, pregando il signor Menabre a di farci conoscere in proposito le sue impressioni e i raffronti con le sue personali constatazioni ».

propendere il Governo di Santiago, e che oramai travasi doppiamente avvalorato, per la prima iniziativa che ne prese l'Inghilterra, e per la acquiescenza successiva della Francia. Tanto più, del resto, siamo disposti ad aderire, in quanto che questo sistema, limitato alla sola materia dei danni cagionati dalla recente guerra, secondo lo stesso signor Balmaceda non si discosta sostanzialmente da quello precedentemente proposto, essendosi d'accordo che le Commissioni miste, chiamate a statuire sui reclami degli stranieri danneggiati per fatto delle milizie chilene, debbano avere una vera e propria giurisdizione arbitrale, con facoltà di emettere sentenze inappellabili. Queste stesse sono le giuste considerazioni che, come vedo dal Suo rapporto, hanno indotto la

S. V. a troncare ogni esitazione, spingendo anzi il signor Balmaceda ad una definitiva proposta sopra la base testè accennata.

Consentiamo poi pienamente nel concetto di codesto signor ministro per gli affari esteri, secondo il quale i reclami sarebbero senz'altro deferiti alla Commissione mista, escludendosi ogni preliminare discussione o tentativo di componimento nell'ordinaria via diplomatica. Sarebbe infatti a temersi che l'atteggiamento dei due gabinetti e le argomentazioni reciprocamente scambiate nello stadio della trattazione diplomatica potessero rendere meno libera l'azione dei rispettivi delegati componenti la Commissione mista, i quali saranno invece condotti a pronunciarsi più imparzialmente, se rimangano sciolti da ogni vincolo di opinioni officiali in anticipazione manifestate.

Non saremmo invece disposti ad accettare l'esclusione anticipata di alcuni particolari reclami, secondochè il signor Balmaceda mostrò di averne il proposito. È evidente, infatti, che, non ammettendosi per questi né l'uno, nè l'altro metodo di soluzione, vale a dire nè la trattazione diplomatica, nè il giudizio della commissione mista, ne deriverebbe rispetto ad essi un vero e proprio diniego di giustizia, che non può essere nella mente di un illuminato governo qual'è il governo chileno.

Salva questa riserva, il governo del Re, come già Le significai col mio telegramma del 24 corrente, La autorizza ad accettare la proposta che ci venga fatta per la creazione della nostra Commissione mista. Ed in questa previsione noi designiamo fin d'ora a delegato nostro il signor avvocato Pelucchi, R. vi:ce-console a Buenos-Ayres, il quale, per maturità di studi giuridici, per senso pratico d'affari, per la conoscenza sua dell'idioma e delle usanze di codeste repubbliche ispano-americane, sembra, sotto ogni aspetto, idoneo all'importante ufficio che dovrà compiere.

Il R. console generale cavalier Brunenghi è già stato informato dell'incarico, che eventualmente vorrebbe affidato a quel suo collaboratore, il quale a tempo debito riceverebbe istruzione di tosto venire a mettersi in comunicazione colla

S. V., affinché, a Sua volta, Ella gli fornisca ogni necessaria istruzione.

Acciò il divisato accordo racchiuda in se stesso le guarentige della propria efficacia, a noi sembra indispensabile che la designazione del terzo commissario, per il caso di dissenso, debba farsi preventivamente; giacché altrimenti sulla scelta potrebbe avere influenza la notizia anticipata, che per avventura si avesse, dell'opinione della persona da designarsi circa la speciale questione sulla quale non si fosse verificato l'accordo. Ammessa, poi, la immediata designazione del terzo commissario, ravviso anch'io conveniente che la nostra scelta cada su persona accetta al Governo chileno; e però Ella vorrà tosto assicurarsi l'aggradimento di codesto governo per il Console generale austro-ungarico

o per il Console di Svizzera, con facoltà al prescelto di liberamente designare un surrogante per il caso in cui fosse impedito d'occuparsi personalmente di un determinato reclamo.

Convengo in fine nell'opinione della S. V., che sia sommamente desiderabile un perfetto accordo tra le potenze interessate, ed approvo quindi che Ella procuri sempre di procedere di concerto coi suoi colleghi di Francia e d'Inghilterra. A quest'intento, nel trasmettere alle R. ambasciate a Parigi ed a Londra il carteggio scambiato, sul presente argomento, con codesta legazione, io mi propongo di insistere sulla necessità di un'azione concorde dei tre governi per raggiungere più sicuramente il risultato che ci ripromettiamo dai presenti negoziati.

Non ho mestieri di raccomandare a Lei, che già mostra di ben comprendere l'importanza del còmpito affidatole, la massima diligenza, sopra tutto quando, istituita la Commissione mista, Ella dovrà, nell'interesse dei reclamanti, somministrarle ogni notizia o documento che possa tornare utile alle ragioni de' nostri nazionali. Intanto Le sarò grato se vorrà farmi consapevole d'ogni più minuto particolare che si connetta con lo svolgimento di questa rilevante quistione.

(2) -Ed. con alcune var\.amti in LV 33, pp. 178-180. (3) -Non pubbl\.cati. (4) -T. 1028 del 24 novembre, non pubblicato.
338

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 307. Atene, 27 novembre 1881 (per. il 1° dicembre).

Di sommo conforto è stata per me la lettura dell'ossequiato dispaccio del 17 corrente n. 122 (l) col quale l'E. V. si è compiaciuta di approvare il linguaggio da me tenuto a questi uomini politici rispetto alle apprensioni che il recente viaggio dei nostri Reali avea suscitato nell'animo loro; ed ho l'onore oggi, signor Ministro, di offrirle i miei vivissimi ringraziamenti per siffatta comunicazione.

Mi giova quindi riferire di avere ieri dissipato alquanto gl'infondati sospetti del signor Coumoundouros: avendomi egli chiesto con bel garbo qualche schiarìmento intorno all'incidente Kallay-Andrassy e datogli io contezza del come era occorso l'errore non che della successiva rettifica, (quale desumo dai nostri maggiori periodici) naturale e logico si presentava il destro di ragionare nuovamente del convegno di Vienna.

Gli esposi fedelmente, con la scorta delle considerazioni contenute nel pregiato dispaccio confidenziale n. 118 (2), il pensiero al quale erasi ispirato il Governo del Re nell'attuare un programma cui rispondevano esattamente i

desideri del Gabinetto Austro-Ungarico e ripetei gli argomenti da me svolti pochi giorni innanzi e che formarono oggetto del mio rapporto n. 304 (1). Non esitai poscia a dichiarare, come non fossero stati presi nè richiesti a Vienna speciali impegni.

Siffatta assicurazione, cui ero autorizzato dalla E. V., ebbe virtù di scuotere il mio interlocutore più che noi facessero gli argomenti da me addotti; mi ringraziò egli con effusione e chiese venia se le apparenze ed una certa logica di fatti avean potuto per un momento indurre in errore lui ed altri. Mi soggiunse spontaneamente che avrebbe ripetuto le mie amichevoli parole a Sua Maestà, la quale ne sarebbe stata certamente lietissima.

Ma se i timori ed i dubbi, per quanto ci concerne, furono attenuati, non può dirsi lo stesso rispetto al Gabinetto di Vienna; la sua influenza (tale è il convincimento persistente del signor Coumondouros) fa rapidissimi progressi in Albania ed in Macedonia, grazie a maneggi occulti e prodigalità indirette. Una inesorabile fatalità spinge l'Austria-Ungheria nella penisola Balcanica ed impossibile le sarebbe oramai l'arrestarsi. Una guerra, una crisi interna che avvenga in Turchia e, forse, un semplice pretesto varranno a giustificare l'invasione della Macedonia e dei Paesi occidentali della penisola, pur rispettando gli Stati orientali fondati dal Congresso di Berlino e la Tracia; ed allora quale avvenire rimarrebbe all'elemento ellenico che popola gran parte di quelle contrade? Opporsi al possente invasore sarebbe follia, come pure puerile la speranza di vivere in buona armonia con uno Stato avvezzo ad infeudare economicamente i piccoli e deboli vicini. La Grecia potrebbe dunque rimpiangere il turco che non si opponeva, almeno, al suo sviluppo interno.

«Comunque, così divisando, sembrassi perorare esclusivamente la causa dell'Ellenismo (proseguiva il signor Ministro) non è men vero che gli avvenimenti, forse non lontani, potendomi dar ragione, le tre potenze occidentali abbiano a soffrirne pur esse nei loro commerci, nelle loro influenze». Nè sa egli intendere come avvenga che quelle non s'impensieriscano all'idea di un assorbimento, sia materiale, sia morale, della penisola orientale a beneficio soltanto della Russia e dell'Austria. Nel di lui pensiero, un serio accordo tra Inghilterra, Francia e Italia rispetto alla politica orientale potrebbe far argine alle ambizioni di Pietroburgo e di Vienna, e siffatto accordo dovrebbe consistere nell'appoggiare indefessamente i diritti e le aspirazwni degli Stati indipendenti e vassalli che siedono a mezzodì del Danubio.

Non nasconderò all'E. V. come io divida col signor Coumoundouros le apprensioni relative ad una liquidazione di quanto rimane in Europa della potenza ottomana, a beneficio esclusivo della Russia e dell'Austria-Ungheria; ciò nullameno ho reputato prudente !imitarmi ad osservare come i suoi vaticini potessero essere alquanto esagerati e prematuri.

Non è questa la prima volta che narro al R. Ministero le preoccupazioni degli uomini politici di Grecia di qualsiasi partito in ordine all'avvenire delle contrade sottomesse ancora alla dominazione turca; nè sarà l'ultima, per la grande insistenza con la quale si torna qui sull'argomento.

(l) -Cfr. n. 329. (2) -Cfr. ,n. 309, inviato ad .Mene con protocollo 118.

(l) Cfr. n. 318.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

D. 1279. Roma, 28 novembre 1881.

Il dispaccio che lord Granville diresse, il 4 di questo mese, al rappresentante di S. M. Britannica in Cairo, per riassumere, in pochi ma ben precisi concetti, la politica del Governo della Regina rispetto al Vicereame, * e di cui

V. E. discorre nel rapporto del 17 di questo mese (2) * merita senza dubbio tutta la nostra attenzione. Indipendentemente dal valore intrinseco delle dichiarazioni contenute in quel dispaccio, è pregio dell'opera, secondochè opina anche l'E. V., indagare quale sia l'intima ragione che mosse il Foreign Office, non tanto a palesare il suo pensiero ai ministri egiziani, quanto a rendere universalmente nota, in Europa, siffatta sua manifestazione con la quasi immediata divulgazione del documento; imperocchè, a fissare nell'animo dei consiglieri del Khedive le linee generali della politica inglese nei rapporti con l'Egitto, bastava che il dispaccio di lord Graville pervenisse al signor Malet, e che questi ne desse comunicazione nelle forme consuete; nè, d'altra parte, la pubblicazione insolitamente sollecita ci parrebbe sufficientemente spiegabile con l'intento di influire sui notabili e sul partito nazionale in Egitto. * Onde si affaccia spontanea la supposizione che il Gabinetto britannico, pur vincolando se stesso con una pubblica dichiarazione dei suoi propositi, abbia anche voluto, con non dubbio ammonimento, segnare in certa guisa al Governo francese il terreno fuori del quale verrebbe meno per i due gabinetti la possibilità della mutua concordia. * V. E. si proponeva di procacciarsi prossima opportunità per investigare, a questo riguardo, i divisamenti del principale segretario della Regina per gli Affari Esteri, nè è mestieri che io dica quanto siano per riuscirmi interessanti i particolari che Ella potrà trarre dal colloquio.

Intanto non posso nasconderle l'impressione da noi provata nello scorgere come dell'Italia non esista cenno alcuno nel dispaccio di lord Granville, nel modo stesso che cenno alcuno non se ne conteneva in quella parte di un recente discorso del signor Gladstone che si riferisce alle cose egiziane.

Anche di questo grave soggetto mi intrattenni lungamente, e in più volte, con V. E. quando di recente Ella fu in Italia nè potrebbe in conseguenza riuscirle men chiaro il significato delle mie parole. Certo noi ricordiamo con compiacimento, siccome titolo di legittimo vanto, la parte notevolissima che l'Italia ebbe nel civile rinascimento del vice-reame. Ricordiamo che quell'assetto finanziario, di cui, dopo non lievi contrasti, cominciasi ora a raccogliere il frutto, ebbe per punto di partenza la iniziativa, altrettanto perspicace quanto coraggiosa, di un illustre nostro ·concittadino, nonchè i provvedimenti e disegni in gran parte da lui ideati. E ricordiamo altresì che in Italia trovò, fin da principio, caldo e costante patrocinio quella riforma giudiziaria che ora tutti stimano preziosissima conquista, ma che nello stadio della preparazione incon

26 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

trò -e ben lo rammento io stesso, essendo stato relatore per lo schema di legge concernente questa materia -assai fredda accoglienza presso altri governi. Nondimeno, quando ci accade di deplorare che l'influenza italiana siasi voluta deliberatamente escludere dall'Egitto, anziché !asciarla esplicare con vantaggio di quel paese e della sua indipendenza, e con quella efficacia che la tradizione del passato e la rilevanza degli interessi nostri ampiamente giustificavano, noi siamo ben !ungi dall'esprimere un sentimento di sterile rimpianto. Bensì abbiamo il profondo convincimento che l'opera riformatrice, in Egitto, della quale più di chicchesia siamo in grado di riconoscere e apprezzare i benefizi, avrebbe avuto maggiore speditezza di svolgimento e base più sicura, se con associare l'Italia all'Inghilterra e alla Francia si fosse impresso all'azione comune un carattere eminentemente disinteressato, eliminandosi, ad un tempo, così ogni conato di reazione nel Vicereame, come ogni mutuo ,sospetto tra quelle due potenze. Un interesse d'ordine generale sta qui in causa, non già un interesse italiano, fintanto almeno che siano preservate le legittime ragioni nostre e dei nostri connazionali. Se la nostra esclusione ci sembra grave errore, e tale lo dichiariamo, ci duole altresì che, vedendola in ogni occasione pubblicamente e officialmente dichiarata, potrebbe accreditarsi, a nostro danno, l'ingiusta opinione che sia giustificata da una supposta nostra politica inspirata da secondi fini.

Ad accrescere, poi, la nostra meraviglia per il silenzio che lord Granville ha serbato, nel suo dispaccio, rispetto all'Italia, si aggiunge questa particolare circostanza: che, cioè, mentre, in quanto concerne la Francia, la conformità dei rispettivi programmi, piuttosto che realtà accertata, è un vivo desiderio del Gabinetto britannico, questo non può, invece, ignorare che i concetti suoi, quali sono esposti nel dispaccio del 4 novembre, sono affatto identici ai nostri. Questa avvertenza intendiamo sopratutto applicare a quanto disse il ministro britannico circa le peculiari condizioni politiche del vice-reame ed i rapporti tra il Kedivé e il Sultano. * Mentre è per Io meno assai dubbio che il Gabinetto francese abbia, in occasione della crisi dello scorso settembre, mostrato di professare, a questo riguardo, le stesse idee del Gabinetto inglese, noi, invece, non esiteremo mai, come mai non esitammo, a dichiarare che, al pari del Governo della Regina, ravvisiamo, nel rispetto della autonomia egiziana, quale è sancita nei firmani, e nello scrupoloso mantenimento dei reciproci vincoli tra il Vicereame e la Porta, la più sicura garantia di quiete e la più efficace preservazione contro i pericoli nascenti da rivali ambizioni. Che in questo duplice concetto, con molta assennatezza proclamato dal ministro britannico, {!Onsista il nodo della quistione, niuno è che possa dubitare. * La storia di tempi non rimoti ricorda i pericoli e le complicazioni che l'occupazione dell'Egitto per opera di truppe turche ha potuto altra volta suscitare, segnatamente quando il tentativo della Sublime Porta di alterare Io statu quo del vice-reame compivasi senza che neppure constasse dell'accordo delle potenze. E, per quanto concerne la contingenza di una occupazione anglo-francese, noi proviamo singolare compiacimento nello scorgere come il dispaccio di lord Granville ne condanni, al pari di noi, il pensiero. Imperocchè, quando si tenga conto dello stato di eccitamento in cui travasi il sentimento di razza e di religione nel mondo musulmano, quegli stessi principii che per noi sono sacri, e che furono propugnatl :da noi nel congresso di Parigi, debbono farci vivamente desiderare in Oriente lo sviluppo della vitalità degli elementi locali, ed il rispetto del diritto nazionale, come base di progressivo, lento se vuolsi, ma sicuro incivilimento. *

Tali essendo i nostri divisamenti e i nostri concetti, il ministro inglese ben poteva affermare la nostra concorde opinione con la certezza che non gli sarebbe venuta, da parte nostra, veruna contraddizione. Nè possiamo credere che, agli occhi di lord Granville, una simile affermazione dovesse apparire scevra d'ogni valore, mentre, come si desume da un recente rapporto del comm. De Martino (1), che V. E. ha sotto gli occhi, l'agente britannico in Egitto reputava di grandissima importanza che il nostro agente, vedendo il colonnello Arabei bey, il quale l'avea richiesto di un colloquio, gli facesse ben comprendere che una eventuale insurrezione non troverebbe alcun incoraggiamento presso l'Italia ed il suo governo.

* Le considerazioni che qui schiettamente Le esposi, non sono -nè è mestieri ch'io dica -destinate a fornirle materia d'una formale comunicazione. Volli che l'animo mio Le fosse interamente chiaro ed aperto, acciò il linguaggio di Lei, nel discorrere di questo soggetto con lord Granville, ne fosse l'esatta espressione. Noi siamo ben lungi dal voler provocare innovazioni senza che l'opportunità ne sia resa manifesta da sperimentate difficoltà; e perciò ci siamo astenuti da ogni intromissione, benché fosse debito di schiettezza, verso noi stessi e verso potenze amiche, esprimere il convincimento che la cooperazione nostra riuscirebbe vantaggiosa, non tanto a noi, quanto all'interesse generale. Ma appunto in questo ordine d'idee nulla vorremo tralasciare perché i veri intendimenti nostri non siano ignorati dal gabinetto britannico. * È giusto, è utile che si sappia, a Londra, come la politica inglese, in quanto si proponga di attuare, in Egitto, il programma saviamente delineato nel dispaccio del 4 novembre, troverà sempre nella politica italiana una fida e costante ausiliare, mentre chi volesse tentare un programma diverso, e si accingesse a vieppiù alterare lo stato attuale delle cose, ci troverebbe risoluti a considerare e discutere la questione come d'interesse europeo e d'ordine generale.

L'E. V. potrà, in ogni propizia circostanza, giovarsi delle considerazioni svolte in questo mio dispaccio. Amerei poi, che Ella seguisse con occhio attento quanto potesse prepararsi o meditarsi circa le cose egiziane, facendomene diligente e sollecita relazione.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 43-45. (2) -Cf.r. n. 330.
340

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 28 novembre 1881.

La ringrazio vivamente della Sua lettera del 19 corrente (3), colla quale Ella volle trasmettermi un esemplare dell'ordinanza ministeriale che istituisce

la Commissione per lo studio d'un disegno di legge sulla estradizione. La felicito di questo atto che prova ai Governi esteri più specialmente interessati, ed in primo luogo al Governo Russo, la nostra buona volontà di concorrere per quanto da noi si può a prevenire ed a reprimere i tentativi ed i reati d'assassinio politico. La Commissione da Lei nominata d'accordo con l'onorevole Guardasigilli comprende uomini autorevoli e competenti, i quali terranno ad onore, non ne dubito, di trattare questa grandissima e delicatissima questione con tutta la cura ch'essa merita e collo scopo di conciliare i due criterii che ad essi s'impongono da questo studio, quello cioè della giustizia e quello della necessità politica.

Rispondendo ora alla seconda parte della sua lettera, devo anzitutto premettere che nel breve tempo che passai in Parigi, dacché La lasciai in Roma, ebbi cura d'evitare i colloqui coi numerosi uomini politici o appartenenti alla stampa che qui conosco, ben sapendo per esperienza tutti gl'inconvenienti a cui avrebbe dato luogo in questo momento una condotta diversa per parte mia. Io qui san troppo conosciuto, ho troppe relazioni e tenni per lungo tempo una posizione troppo in vista, perché ogni mia parola, ogni mio passo che possa avere un'apparenza politica non sia subito segnalato. Badai quindi quasi esclusivamente a curare la mia salute per prepararmi all'aspro inverno di Pietroburgo, che sarà oramai il terzo che avrò ,passato in quella lontana ed inclemente regione. Non vidi perciò nè Grevy, nè Gambetta, nè altri Ministri se non per caso. Ma stando in Parigi, anche senza volerlo, si ode e si vede sempre una parte di ciò che vi si fa o vi si pensa nelle regioni governative. Ecco quanto mi venne affermato a proposito delle due questioni ch'Ella mi fece. Rispetto a Tunisi, Gambetta ha dichiarato che mantiene il trattato di protettorato, nè più nè meno.

Intorno al modo con cui verrà applicato, il Presidente del Consiglio non ne dice ancor nulla, e probabilmente non lo sa ancora. Anzi tutto è necessario, secondo lui, che la pacificazione sia completa. Poi si vedrà. Ma l'idea dell'annessione, patrocinata da un certo partito, sembra esclusa nel suo pensiero. Inoltre Gambetta, dinanzi alla Commissione parlamenta,re, prese J'impegno di sottomettere al previo esame del Parlamento ogni provvedimento futuro relativo alle cose di Tunisi. Secondo il mio giudizio, un concetto ben chiaro e definito di ciò che dovrà essere il protettorato definitivo della Francia a Tunisi, finora non esiste nello spirito del signor Gambetta. La cosa del resto è oltremodo difficile e direi quasi d'un eseguimento impossibile nei termini del trattato. Ma se anche questo concetto esistesse, esso non potrebbe avere nulla di assoluto; e so del resto che il signor Gambetta vuole riservarsi una certa libertà d'azione, nell'intento di servirsene appunto sia rispetto all'Inghilterra, sia rispetto all'Italia. Abile com'è, egli vuole riservarsi un campo libero sul quale possa annodare intelligenze colle due potenze vicine più direttamente interessate e specialmente coll'Italia.

Quanto alle relazioni personali tra Gambetta e Noailles, esse sono, a quanto mi si assicura, eccellenti. Gambetta conta sulla cooperazione di Noailles, sia in Italia, sia in un altro posto diplomatico elevato (si parlò eventualmente

di Costantinopoli), e Noailles fece da parte sua quanto occorre per mettersi bene col nuovo Ministro degli affari esteri, ed in generale col nuovo Ministero. Io fo conto di partire alla volta della Russia fra una quindicina di giorni,

in guisa da essere in Pietroburgo verso il 20 dicembre all'incirca.

Rilevo da una lettera di Zannini che il signor de Giers gli ha diretto una nota per lagnarsi di Foscarini, R. Console e Tiflis. Io ebbi questa estate il penoso dovere di chiamare la di Lei attenzione su quest'ufficiale consolare, che ogni convenienza esige sia tolto da quel posto. Gliene fo di nuovo formale istanza. Sarebbe doloroso ed indecoroso che il Governo russo sia forzato un giorno o l'altro a levargli l'exequatur e ad espellerlo. Il servizio consolare è importantissimo e delicatissimo. Che Io Stato possa provare un grave detrimento in seguito ad un incLdente consolare, è una sventura che può accadere ovunque ed in ogni tempo, ma che lascia intatta la responsabilità del Ministero, se l'agente consolare pel carattere e per gli antecedenti suoi fornisce ogni desiderabile guarantigia di buona e prudente gestione dell'ufficio suo. Ma quando l'incidente è provocato da un Agente che è segnalato al Ministero come meno atto all'ufficio, o pericoloso, il Ministero, mantenendolo al posto, va incontro ad una grave responsabilità.

La supplico vivamente di non tardare a pigliare a questo riguardo un provvedimento, che oramai si è fatto aspettare di già troppo.

(l) -R. 824 del 21 ottobre, non pubblicato. (2) -Da Museo Centrale del Risol1gimento. Carte Mancini (3) -Non rinvenuta.
341

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 1036. Roma, 29 novembre 1881, ore 22,50.

Corti mande (2) que l'ambassadeur d'Angleterre ayant communiqué au premier ministre le projet de convention pour Assab, Son Altesse s'est montré favorable à l'acceptation qu'il croyait conforme aux intéréts de la Turquie, promettant de faire tout le possible pour obtenir l'assentiment du Sultan. Son Altesse a seulement demandé, au sujet du dernier article, des explications que l'ambassadeur britannique a aussitòt sollicité de Londres.

342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (3)

T. 1038. Roma, 29 novembre 1881, ore 23.

Merci de votre télégramme concernant Assab (2). Le Foreign Offise est en mésure de donner toutes explications nécessaires au sujet de l'art. 5, par

lequel nous avons voulu, non pas autant dans notre intéret, que dans celui des autorités ottomanes, égyptiennes et anglaises, établir que, sans etre obligées de suivre les longs detours de la correspondance officielle, celles-ci pourront se mettre, en cas de besoin, en communication directe avec notre commissaire à Assab. Il est bien entendu que si, par hasard, cette clause pourrait former à Constantinople l'objet d'une difficulté quelconque, nous n'aurions pour notre part aucun motif d'insister là-dessus. C'est pour gagner du temps que je vous donne directement ces explications que vous pouvez communiquer à lord Dufferin.

(l) -Eld. in italiano con alcune varianti in LV 34, p. 114. (2) -T. 1829 del 28 -novembre, non pubblicato. (3) -Ed. in italiano 1n LV 34, p. 114.
343

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETIT

D. 1053. Roma, 29 novembre 1881.

I casi di cui Sfax fu il teatro nello scorso luglio, avevano suscitato in ogni luogo, e segnatamente là dove, come in Italia ed Inghilterra, alle considerazioni d'umanità si aggiungeva il vincolo d'una naturale solidarietà d'interessi, la più viva e profonda commozione. La S. V. mi riferiva (e simultaneamente me ne giungeva cenno da Londra) che l'Incaricato d'Affari britannico presentavasi, 1'11 agosto, al signor Barthélemy Saint-Hilaire per significargli, in base a formali istruzioni pervenutegli dal Foreign Office, che il Governo inglese si accingeva a dirigere al Governo Francese una nota ove, additata in termini stringenti la gravità di quello che a Sfax era occorso, si sarebbe concluso con dichiarare la necessità di istituire immediatamente una Commissione d'inchiesta per conoscere dei danni e degli autori dei danni. Dal canto nostro, prima ancora che la pubblica opinione si levasse, secondoché non tardò ad accadere, per chiedere che il Governo del Re facesse il debito suo, non avevamo indugiato a preoccupare! di così importante ed urgente argomento. Prima d'ogni altra cosa, ci parve essenziale che i fatti fossero accertati e documentati a futura memoria, in guisa che si potessero indi fondare sopra siffatto accertamento, come sopra irrepugnabile elemento di prova, quelle domande di riparazione e di risarcimento che avrebbero potuto emergere dallo studio pacato degli avvenimenti in correlazione con le corrispondenti massime di diritto. Impartii in proposito ampie e precise istruzioni, in esecuzione delle quali il R. Agente Consolare in Sfax, coadiuvato da un ufficiale della real marina, istituì e condusse a termine una vera e propria inchiesta, essendo stati compilati, in forma rigorosamente corretta, ben quaranta processi verbali, che racchiudono altrettante deposizioni, e tra esse molte affatto spontanee: nove di sudditi britannici, e due di sudditi ellenici.

Fu in codesta situazione, e mentre tali erano, come innanzi sì accenna

rono, gli intendimenti dei governi di Inghilterra e d'Italia, che il Govtrno

francese prese l'iniziativa di una speciale proposta. Il «Residente di Francia

a Tunisi (così esprimevasi il signor de Saint Hilaire) riceverebbe l'ordine

di formare una Commissione d'inchiesta, alla quale sarebbero invitati a pren

der parte i comandanti delle navi da guerra d'Inghilterra e d'Italia che eransi trovate presenti ai casi di Sfax ». Tosto accettava il Governo britannico; e il Governo italiano, che già per mezzo di Lei aveva presentate formali rimostranze, accettava del pari, serbando, per sé, e per ogni eventuale contingenza futura, gli atti della propria inchiesta.

La Commissione, come V. S. rammenta, era così composta: i comandanti delle tre corazzate: italiana, francese ed inglese; un ufficiale superiore designato dal Generale Logerot; un delegato del Governo Tunisino; un impiegato del Consolato francese.

Manifesta e notevolissima riusciva, nella Commissione, la preponderanza dell'elemento francese, anche per la presidenza affidata al comandante della «Reine Bianche»; però non dovevamo soverchiamente preoccuparcene, pensando che una Commissione internazionale, incaricata di accertare i fatti, non avrebbe avuto ufficio deliberativo, nè valevano in conseguenza le considerazioni di maggioranza o di minoranza, mentre la presenza di ufficiali appartenenti a tre onorate marine era sicura guarentigia che la verità si sarebbe imparzialmente e diligentemente investigata.

Quando si iniziarono i lavori della Commissione, non parve al R. Governo che potesse cadere dubbio alcuno sulla estensione del suo mandato; tuttavia non mancò interamente a tale scopo uno scambio preliminare di spiegazioni cogli altri Governi. La Commissione era, naturalmente, priva d'ogni potere, ed anche destituita di competenza, per conoscere delle quistioni di diritto e di responsabilità che nei casi di Sfax potessero trovarsi implicate. D'altra parte, invece, la Commissione doveva ritenersi come avente pienezza di poteri e di competenza per l'accertamento dei fatti; e l'accertamento dei fatti doveva necessariamente riferirsi non solo alla realtà, alla natura, alla entità dei danni, ma altresì agli autori dei danni stessi. Infatti fu convenuto, con ampia redazione, che la Commissione dovesse procedere « à une enquète sur les faits qui se sont produits à Sfax et sur les conséquences que la rébellion a entrainées pour les Européens de cette ville». Tale è, d'altronde, la pratica costante di qualsivoglia inchiesta. Ed invero, se altrimenti fosse, e se, nel caso presente, l'indagine degli autori avesse dovuto intendersi esclusa dal mandato della Commissione, l'accertamento puro e semplice del danno si sarebbe convertito in un procedimento affatto sterile e derisorio.

Mi affretto, del resto, a ;;oggiungere che, nel corso dei lavori, la competenza della Commissione a comprendere nelle sue investigazioni anche la scoperta degli autori dei danni denunciati non fu mai impugnata: presente ed annuente il commissario francese, che teneva la presidenza, spesso furono dirette ai testimonii, anche a tale riguardo, precise interrogazioni, e se ne ebbero risposte; frequentissime, poi, furono, su questo punto, le spontanee deposizioni.

Dopo di ciò, e di fronte al regolare procedere dei lavori, non è agevole trovare una plausibile ragione della deliberazione improvvisamente presa dal Presidente della Commissione. Questi, il 21 ottobre, tolta occasione da una domanda del commissario britannico, e mentre come risulta dai rapporti pervenutici, rimanevano ancora ad esaminarsi oltre a cento testimoni, ad un tratto sospendeva la seduta, e poscia, a seduta levata, e senza punto consultare la Commissione, nè i suoi colleghi d'Italia e d'Inghilterra, formolava una ordinanza motivata di chiusura e di scioglimento della Commissione, dopo di che una seconda adunanza convocava nel pomeriggio, e, Ietta la ordinanza coi motivi, tosto allontanavasi coi colleghi francesi, rendendo impossibile qualsiasi discussione. Ai colleghi d'Italia e d'Inghilterra, che, con lettere concepite entrambe, e segnatamente la britannica, in termini stringatissimi, chiedevano spiegazione di così subitanea risoluzione, il comandante francese replicav? declinando (non si scorge come) ogni responsabilità, e accludendo copia dei motivi o considerandi che egli stesso aveva letto in pubblica seduta.

Qui acchiudo, per migliore informazione di Lei, una breve memoria (1), ave le ragioni addotte dal commissario francese, a giustificazione del proprio operato, sono esaminate e discusse.

Però la quistione apparisce tosto chiara e scevra d'ogni dubbiezza, quando i due Governi si facciano a. considerarla da quel punto di vista elevato e d'ordine generale che le è proprio.

È verità elementare, nè ha bisogno di dimostrazione, che, quando una situazione internazionale sia stata creata per effetto non già della volontà di un solo Governo, bensì di accordo fra più Governi, in contemplazione d'uno scopo d'interesse comune, non è, ad un solo di essi, dato di regolarne la durata o di farla cessare. È necessario, invece, che ogni disposizione, la quale debba regolarne o troncarne l'esistenza, emani dalla stessa volontà collettiva,

o sia almeno preceduta da uno scambio di idee fra i governi interessati.

Se dunque, nel caso concreto, non potrebbe essere in facoltà di uno solo dei tre Governi di annullare, di proprio arbitrio, l'accordo intervenuto rispetto alla inchiesta mista di Sfax, e di sospenderne, a suo beneplacito, Io svolgimento normale; tanto meno una così esorbitante facoltà potrebbe ammettersi nel solo Presidente della Commissione, il mandato del quale si restringeva a far eseguire l'inchiesta internazionale. L'averne egli impedito la regolare continuazione, col dichiarare sciolta la Commissione, costituisce ad evidenza un atto d'arbitrio

ed un eccesso di potere, contro il quale ben a ragione protestarono i commissari d'Inghilterra e d'Italia.

Non ci consta fino ad ora -mi piace notarlo -che l'operato del signor de Marquessac abbia l'approvazione del Governo francese. Noi confidiamo nel senno di codesto Governo, e in quello stesso spirito di giustizia che Io fece assentire, per il più sicuro accertamento della verità, ad una inchiesta internazionale nè certo esso vorrà, ratificando l'atto del signor de Marquessac, e lasciando interrotta l'inchiesta, assumere sopra di sè la responsabilità dell'infrazione di un vero e proprio patto internazionale concordato.

Il desiderio di vedere riparato dal superiore giudizio di codesto Governo l'erroneo provvedimento del Presidente della Commissione, e ordinata la continuazione dell'inchiesta internazionale fino a completo esaurimento, tanto più è vivo, da parte nostra, inquantochè, data l'ipotesi contraria -che ci giova intanto d'escludere -noi ci troveremmo costretti, nostro malgrado, a dipartirei da quella prudente e delicata riserva che abbiamo voluto imporci col tenere

segreti, e per nostra esclusiva informazione, gli atti e le deposizioni che si raccolsero nella nostra particolare inchiesta. Imperocchè, quando apparisse precluso ogni altro adito a fonte legittima di prova, non potremmo, senza venir meno a un preciso nostro obbligo verso i nostri nazionali, dispensarci dal far uso di quei documenti, nelle consuete forme diplomatiche, per stabilire la verità degli avvenimenti. Ond'è che già fin d'ora intendiamo essere liberati da ogni abbiezione a cui la necessaria pubblicazione di quegli atti potesse dar luogo, !asciandone intera la responsabilità a chi la rende inevitabile.

Vi ha, bensì, un solo caso in cui il R. Governo, mosso com'è dall'obbligo suo di tutelare gravi e legittimi interessi, potrebbe dichiararsi indifferente, preservata ogni ragione di diritto, alla cessazione o alla continuazione della inchiesta intrapresa dalla Commissione internazionale. Ciò sarebbe quando il Governo francese ammettesse senz'altro, in massima, e salva la liquidazione della giusta misura, il nostro diritto a conseguire piena indennità pei gravi danni sofferti dai nostri connazionali in occasione del bombardamento e della presa di Sfax. Ed invero per noi non ha intrinseca importanza la questione se dei danni debba piuttosto rispondere l'erario tunisino o l'erario francese; la quale controversia potrà discutersi tra il Bey e la Francia, indipendentemente da ogni nostra intromissione, bastandoci di porre in sodo questo fatto che, anche dal punto di vista francese, nell'occupare la Tunisia fu dichiarato dalla Francia di guarentire ogni obbligo convenzionale del Governo tunisino verso i Governi stranieri, ed obbligo precipuo è quello di assicurare il pacifico e tranquillo soggiorno dei loro nazionali, non che la incolumità delle loro persone e dei beni.

Assicurato il risarcimento dei danni patiti, verrebbe meno ogni ragione d'insistere per la continuazione della inchiesta in quella parte che si riferisce alla ricerca degli autori dei danni, essendo tale ricerca necessaria solo per risolvere le questioni di responsabilità, e queste essendo evidentemente eliminate da una dichiarazione per cui il Governo francese si faccia mallevadore del risarcimento.

La prego, signor Incaricato d'Affari, di voler comunicare al Presidente del Consiglio, Ministro per gli Affari Esteri, questi nostri apprezzamenti, facendo alla giustizia e alla lealtà di codesto Gabinetto un caldo appello, che troverà, ci piace averne fiducia, benevola accoglienza. La nostra domanda, riassunta in termini precisi, è questa che il Governo della Repubblica, richiamato a sè l'esame del modo in cui fu troncata l'opera della Commissione mista di Sfax, ordini il regolare proseguimento e il compimento della inchiesta internazionale, riservata, naturalmente, a una ulteriore trattazione diplomatica tra i Governi interessati, ogni discussione intorno ai risultati dell'inchiesta stessa; a meno che lo stesso Governo francese non preferisca di riconoscere in massima, con l'esistenza dei danni, anche il diritto al loro risarcimento nella giusta e reale misura, dandone sicurezza a beneficio degli interessati, e salvo alla Francia di definire, nei suoi rapporti col Bey, sopra chi l'onere debba effettivamente cadere.

La rilevanza degli interessi, che con la presente questione si connettono, e la sollecitudine speciale che già, a questo riguardo, si è con non dubbi segni manifestata nel nostro Parlamento, mi fanno vivamente desiderare una pronta risoluzione, che vorrei sperare conforme ai nostri voti. Per agevolare lo studio

dell'argomento la S. V. potrà rilasciare al signor Ministro degli Affari Esteri una memoria scritta, traendone gli elementi da questo mio dispaccio e dall'annesso documento.

(l) Non si pubblica.

344

L'NCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, DE NITTO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 11. Monaco, 30 novembre 1881 (per. il 3 dicembre).

Continua il vociferare della stampa clericale, a cui fa eco quella devota alla politica imperiale, sulla necessità di occuparsi d'una pretesa soluzione della questione romana, nel senso di procurare al Papato una migliore garanzia per la sua indipendenza.

Avendo avuto occasione di farne argomento di conversazione col barone di Soden, ministro di Wurtemberg (1), che mai sempre addimostrossi con questa

R. legazione affezionato agli interessi italiani, mi disse di deplorare questo falso indirizzo che si cerca dare all'opinione pubblica in Germania. Ed aggiunse ciò essere tanto più dispiacevole in quanto che, per effetto dei fatti rincrescevoli avvenuti in Roma il 13 luglio u.s., era ormai quasi divenuta generale la convinzione, nei cattolici e in molti uomini di stato, dell'impossibilità della pacifica convivenza delle due autorità in quella città. Questa convinzione era rimasta inerte nell'animo dei cattolici, non scorgendo alcuna possibilità pratica, di fare esercitare dal Governo imperiale un'adeguata pressione sul Governo italiano per indurlo a nuove e più importanti concessioni alla Santa Sede. Ma le necessità ognora più stringenti, in cui trovasi il principe Bismarck, di attirare a sè il partito del centro, hanno inanimito questo a mostrarsi più esigente nelle proprie pretese, e reso necessario al principe cancelliere d'invocare la mediazione della Santa Sede facendole sperare qualche vantaggio ad essa più immediato.

Ora, secondo il barone di Soden, il massimo limite a cui potrebbe estendersi questa azione del Governo prussiano, favorevole al Vaticano, sarebbe di esprimere al Governo italiano, che si mostra oggi così desioso dell'amicizia della Germania, in via di consiglio, il desiderio che venga migliorata l'attuale condizione del Papa in Roma. Però non si procederebbe, in ogni caso, ad un simile atto se non d'accordo coll'Austria, e anzi in concorso con essa. E ciò non solo per le convenienze della politica estera, seguita in comune dalle due potenze, ma perché l'azione isolata della Germania potrebbe incontrare il pericolo di essere tenuta in minore considerazione dal Governo italiano. Va pure da sè che gli stati particolari di Germania, e specialmente la Baviera, si unirebbero a tale manifestazione, e vi aderirebbero spontaneamente le altre potenze cattoliche. «Ma tutto ciò è ancora nel campo delle ipotesi'> mi aggiunse il barone di Soden. « II principe di Bismarck, per quanto proclive a diradare le grandi difficoltà della politica interna, da cui è assalito in questo momento, con conces

sioni che si traducono in esigenze a danno di un'altra potenza che non ha nulla che fare colle questioni interne germaniche, pure dovrà considerare se le sue convenienze particolari pesino in tal guisa sulla bilancia, da indurlo a corrispondere ai passi fatti dall'Italia verso l'alleanza austro-germanica con moleste pressioni che potrebbero essere ritenute dal Governo italiano come lesive della propria dignità e indipendenza ».

(l) Su una copia di tale rfi<Pporto, inviatagU dal Ministero, Robllant annOitò: «Farebbe meglio a non spiattellare così le sue fonti».

345

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, DE NITTO, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO (l)

L. P. Monaco, 1° dicembre 1881.

Prendo la libertà di scrivere questa lettera particolare riuscendomi impossibile di consegnare in un Rapporto ufficiale alcune espansioni amichevoli scambiate coll'abate Tarnassi, ora Monsignore, ex-reggente di questa Nunziatura. Monsignor Tarnassi, è un bravo e intelligente giovine, che, nonostante la sua posizione ufficiale, sente amore per la sua patria. Due suoi fratelli servono nell'esercito. Egli è rimasto profondamente colpito del modo sgarbato e scorretto con cui si è fatta cessare la sua reggenza coll'invio di Monsignor Spolverini. Esprimendogli io il mio rincrescimento, che è comune a quanti qui conoscono Monsignor Tarnassi, egli mi ha detto che per quanto si logorasse il cervello non gli veniva fatto di comprendere il motivo della decisione presa dal Cardinale Iacobini. «Vi assicuro », sono le sue parole, che in questo momento alla nostra Nunziatura non vi sono trattative di sorta né col Governo prussiano, né direttamente colle Curie Vescovili, essendo tutto sospeso fin all'arrivo delle proposte del Principe Bismarck a Roma per mezzo del Signor Schlozer ». « Ma, ho io replicato, alla Nunziatura dovrà premere in questo momento di mantener vivo lo zelo del partito cattolico, sollevare il velo d'ogni quistione, ora che si tratta >di trar partito dalla posizione assunta dal partito del Centro. Già i giornali hanno aperto il fuoco e neppure la questione romana è risparmiata». «Tutto ciò, mi ha risposto il Tarnassi, non è che un fuoco di paglia. L'importante si è di vedere quali concessioni farà il Principe Bismarck. A Roma si sono fitti in testa di riavere almeno la città eterna. E io non capisco come sia loro entrata questa illusione che Bismarck possa strappare all'Italia Roma per ridarla al Papa. Ho avuto abbastanza tempo per scandagliare le acque e qui e altrove per essere convinto che Bismarck non darà mai Roma al Papa. Conoscono poco l'uomo se si illudono a tal punto sulle arrendevolezze che egli mostra di voler fare alla Santa Sede». Monsignor Tarnassi mi ha detto tutto ciò con quella veemenza di espressioni e di gesti propria d'un carattere meridionale, ma che mi davano prova della maggiore sincerità. Se non ho creduto poterlo interloquire più oltre perché la riflessione non subentrasse in lui sulla imprudenza del suo linguaggio verso un rappresentante del Governo italiano.

Per quanto le parole di Monsignor Tarnassi tornino rassicuranti per noi pure io seguo colla più grande trepidazione ogni manifestazione che si riferisce alla messa sul tappeto della pretesa quistione romana. Ogni sintomo di questo genere mi sembra doversi collegare col piano che a quest'ora ha dovuto tracciarsi il Principe Bismarck per effettuare l'accordo col partito del Centro. A lui costa poco infastidir noi per uscirsene a più buon mercato colle concessioni a fare sulle leggi ecclesiastiche. Qui in Baviera, grazie a Dio, sono tanto preoccupati a gittar giù il Ministro dei culti, Signor Liitz, che ad altro non pensano i cattolici della maggioranza del Landtag. Il ministro stesso è affatto esautorato, ma il Re tiene fermo. Ora si cerca di fare agire a Berlino il signor Windthorst, ma è ben difficile che Bismarck appoggi la caduta d'un Ministero che fu sempre devoto alla politica imperiale.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

346

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1851. Berlino, 3 dicembre 1881, ore 16 (per. ore 16,50).

J'ai déjà expédié le premier courant à V.E. par la poste un rapport politique (l) qui lui arriverà demain au sujet des paroles prononcées par Bismarck au Reichstag à l'adresse de l'Italie. Il ne s'agit que d'une appréciation erronée du développement de nos institutions locales. Bismarck pense que l'Italie s'achemine vers la république. Cette manière de voir de Bismarck s'explique fort bien par l'horreur qu'il a du régime strictement parlementaire. Je me réserve de transmettre à V.E. le compte-rendu officiel du discours qu'il a tenu à ce sujet (2).

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1884. Roma, 3 dicembre 1881.

Nel recente trattato fra le repubbliche del Chili e d'Argentina, che pose fine all'antica quistione dei confini, è stata opportunamente stipulata la neutralizzazione degli stretti di Magellano, ed assicuratane la libera navigazione, per le navi di tutte le nazioni, coll'obbligo ivi assunto dai due stati contraenti di non costrurre su quelle coste opere di fortificazione od altra militare difesa.

Il governo di S. M. Britannica stimerebbe di grande importanza ed altamente desiderabile, nell'interesse del commercio mondiale, che queste provvide disposizioni non rimanessero limitate agli stretti di Magellano propriamente

detti, ma venissero estese altresì ai canali occidentali, compresi fra il capo Pillar ed il golfo di Penas.

A raggiungere questo scopo, il rappresentante britannico al Chili ha g1a ricevuto istruzione di indagare se il gabinetto di Santiago avrebbe difficoltà ad assicurare con un qualche accordo il libero passaggio di quegli stretti, a benefizio di tutte le bandiere.

Nello stesso tempo il gabinetto di Londra ha fatto conoscere ai governi d'Italia, di Germania e di Francia che sarebbe lieto se la sua opinione venisse da loro appoggiata, ed ha espresso il desiderio che i loro rappresentanti a Santiago ricevano istruzione di adoprarsi, a questo riguardo, di concerto col loro collega d'Inghilterra.

Mi sono affrettato a ringraziare l'ambasciatore britannico per queste comunicazioni fattemi a nome del suo governo, e l'ho pregato di dichiarare a lord Granville che il governo del Re, favorevole in massima ad ogni provvedimento che torni a vantaggio della navigazione, non poteva che far buon viso ad una proposta tendente a garantire al commercio di tutti i paesi il libero passaggio dei canali Magellanici.

Il rappresentante italiano a Santiago ha tosto da me ricevuto l'invito (l) di concertarsi allo scopo suindicato coi suoi colleghi di Inghilterra di Germania e di Francia.

Ho, intanto, creduto opportuno che l'E. V. fosse informata della proposta del gabinetto di St-James e della accoglienza favorevole fattale dal governo del gabinetto di St-James e della accoglienza favorevole fattale dal governo Le ne fosse tenuto discorso.

(l) -R. 2909, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 350.
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2912. Berlino, 3 dicembre 1881 (per. il 7).

l'io"el suo numero di ieri il giornale conservatore La Posta, di cui son note le attinenze con questi circoli officiosi, consacra un lungo articolo alla disamina dell'opuscolo recentemente pubblicato a Parigi col titolo: «La situation du Pape et le dernier mot sur la Question Romaine ».

Di questo opuscolo si pubblicherà, a quanto si afferma, una traduzione tedesca per cura del giornale La Germania.

Secondo il parere del giornale La Posta, l'autore dell'opuscolo è riuscito a provare in modo splendido ed incontestabile come sia diventata insopportabile la posizione del Papa in Roma. Lo scopo a cui mira l'opuscolo sarebbe quello di ristabilire il potere temporale in Roma e sue adiacenze. Al dire della Posta, il mezzo più efficace per pervenire a tale risultato sarebbe il volontario esilio del Papa da Roma. Questa sarebbe l'arma più potente, l'arma di distruzione della Monarchia italiana. Fra il chiericato, di cui il Capo si troverebbe nell'esilio e lo

Stato scoppierebbe allora un'inimicizia, che sarebbe cagione di grave incendio nella penisola. Il radicalismo spingerebbe gli animi alla distruzione del chiericato e la repubblica ateistica solleverebbe la testa, poiché in Italia la repubblica e i liberi pensatori radicali sono inseparabili fra di loro. La repubblica radicale in Italia sarebbe però il mezzo transitorio per arrivare alle restaurazioni: forse essa dapprima provocherebbe una grande guerra, se un'altra repubblica volesse sostenere la repubblica italiana, e nello stesso tempo soggiogarla. Il Papato non è dunque sfornito di armi; nell'esilio esso possiede un'arma potentissima, con la quale potrà a lungo andare distruggere la Monarchia italiana e con la quale in breve tempo può sperare di essere richiamato dalla Monarchia a patto che gli sia assicurata un'altra esistenza in Roma che non sia la presente.

Son ben lungi dall'attribuire un valore esagerato a tale articolo. Le parole della Posta possono bensì essere risonanze di quelle pronunziate in questi giorni dal Principe di Bismarck nel Reichstag, da me riferite col rapporto politico

n. 2909 (l). Ciò nondimeno desta un senso di dispiacenza di vedere che da qualche tempo non solo viene discussa di bel nuovo nei giornali tedeschi la così detta Quistione Romana, ma altresì riposta sul tappeto e commentata con una certa insistenza da questa stampa officiosa l'eventualità della partenza del Sommo Pontefice da Roma. Sarebbe difficile constatare sino a qual punto le manifestazioni di questi giornali ufficiosi riverberino le idee del Governo Imperiale. In ogni caso sarebbe atto di amicizia, conforme all'intimità de' rapporti esistenti fra l'Italia e la Germania, se da parte sua il Governo tedesco dimostrasse in un modo qualunque com'esso non approvi quel linguaggio. È lecito frattanto affermare che specialmente nelle attuali circostanze e stante la cordialità ognora crescente de' rapporti fra l'Impero e la Curia Romana, il Governo tedesco non prenderà punto l'iniziativa di procedere verso di noi ad un atto di amicizia di questo genere.

È inutile ch'io rassicuri l'E. V. che, a meno d'una esplicita autorizzazione di Lei, credo mio scrupoloso dovere di astenermi dal fare la menoma osservazione anche nel modo più amichevole a questo Segretario di Stato circa il linguaggio di questa stampa officiosa a nostro riguardo(2).

(l) Cfr. n. 337.

349

IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1856. Washington, 4 dicembre 1881, ore 1,10 (per. ore 10).

Le secrétaire d'état vient de me dire que les Etats Unis d'Amérique persisteront dans leurs efforts en faveur de la paix entre le Chili et le Pérou. A cet effet part aujourd'hui meme pour Lima une mission extraordinaire chargée d'amener, s'il est possible, une entente. Le secrétaire d'état ne

saurait cependant prévoir les événements; il taxe d'imprudence le ministre americain à Lima et il n'exclut non plus les vivacités du général Lynch. Ces déclarations apparemment conciliantes ne me semblent pas explicites; elle n'excluent pas une action éventuelle des plus accentuées. En tout cas il est certain que les Etats Unis d'Amerique ne toléront aucune médiation européenne.

(l) -Non pubbllcato ma cfr. n. 350. (2) -Annotazione a margine di Mancini: <<Per ora si astenga da qualunque osservazione».
350

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1858. Berlino, 4 dicembre 1881, ore 12 (per. ore 13,45).

Voici traduction du texte officiel des paroles prononcèes par prince de Bismarck au Reichstag: «Passons à l'Italie: n'y avons nous pas eu déjà la République, en partie d'une manière transitoire, j'ignore si d'accord avec tous? En tout cas elle hante beaucoup de cerveaux et on est là déjà beaucoup plus avancé que les progressistes allemands. Pouvez-vous compter sur une garantie quelconque pour l'avenir, surtout si Dieu ne préserve point la dynastie qui n'a pas de nombreux représentants? Etes-vous siìrs que les prophéties que l'honorable préopinant a déclaré fausses ne pourraient se vérifier là? C'est impossible de le prédire. Le chemin que l'Italie a parcouru depuis vingt années dans cette direction n'est-il pas reconnaissable? Et le but (je n'affirme point qu'elle l'atteigne) ce but n'est-il pas reconnaissable? Le centre de gravité n'a-t-il point glissé de Ministère en Ministère de plus en plus vers le còté gauche, de façon qu'il lui est impossible de glisser encore plus vers le còté gauche sans tomber dans le camp républicain? ».

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2915. Berlino, 4 dicembre 1881 (per. l' 8).

Col mio rapporto N. 2902 di questa Serie (l) ebbi l'onore di riferire all'E. V. la voce testé quì corsa circa una missione politica, che sarebbe stata affidata al Cardinale di Hohenlohe presso il Gabinetto di Berlino. I giornali liberali che avevano accennato a quella voce credettero di trovare la riconferma di essa nelle visite che a più riprese il Cardinale aveva fatto al Principe di Bismarck. Come lo feci notare all'E. V., la stampa liberale si occupò di tale argomento con una certa insistenza, non senza però avventurarsi nel campo delle congetture. Nello stato attuale di dichiarata ostilità fra il Principe

di Bismarck ed il partito liberale non è da meravigliare se la stampa di questo partito si adopera oggi in tutti i modi ad esagerare il valore di voci, che si riferiscano a trattative di ogni genere intavolate fra il Principe di Bismarck e la Santa Sede. I liberali se ne servono come di armi di buona guerra contro il Cancelliere dell'Impero allo scopo di metterlo in mala vista presso la maggioranza protestante della nazione. Ciò nondimeno se non è lecito attribuire un'importanza esagerata a tali voci, non è però cosa saggia trascurarle del tutto.

Nell'impossibilità di procurarmi informazioni dirette e positive circa la missione attribuita al Cardinale Hohenlohe ho avuto cura di attingere a varie fonti particolari qualche dato sicuro circa l'argomento che mi stava dinanzi alla mente.

Ebbi ieri infatti occasione di abboccarmi con un personaggio, che oltre ad essere un grande amico del nostro paese, ha qui un'alta posizione che gli rende più facili e più frequenti i contatti con questo Governo e con questa Corte imperiale. Egli mi confidò che aveva anch'egli cercato di raccogliere qualche informazione sulla venuta a Berlino del Cardinale Hohenlohe e sui colloqui che questi ha avuto col Principe di Bismarck. Egli stesso aveva del resto conversato con l'eminente porporato. Il Cardinale gli aveva assicurato che non era stato incaricato di alcuna missione politica; erasi recato qui per motivi di famiglia, poiché qui travasi suo fratello il Duca di Ratibor, presso del quale aveva preso stanza. Questo suo viaggio era stato pure intrapreso per motivi di salute, dappoiché la febbre romana era tornata a tormentarlo in questi ultimi tempi, e sperava che una corsa nel suo paese natio potesse affatto liberarnelo. Anche da informazioni raccolte da altra parte risultava essere poco probabile che la Curia Romana si fosse avvalsa dell'opera del Cardinale per le trattative in corso col Principe di Bismarck. È risaputo d'altronde che il Cardinale non è persona gratissima al Vaticano: colà si ha poco buona opinione della sua attitudine a condurre un negozio diplomatico. Quando si trattò di porlo a capo della Sede arcivescovile di Colonia, Pio Nono aveva detto di lui che non era stoffa da Vescovo; che tutto al più era un Santarello.

Il mio interlocutore mi ha inoltre assicurato che dovunque egli si è rivolto, per ottenere qualche schiarimento in proposito, gli è stato risposto che non si poteva ritenere con sicurezza come vera la voce, che attribuiva al Cardinale Hohenlohe una missione diplomatica. Quanto ai colloqui avuti dal Cardinale col Principe di Bismarck, egli non aveva potuto raccogliere nulla di positivo in proposito. Egli non credeva frattanto che si fosse tenuto discorso di un supplemento di garanzia per l'indipendenza pontificale. Questa era almeno la sua impressione. Naturalmente egli non era in grado di dare in proposito assicurazioni positive: ma egli era di parere che nulla per ora autorizzava a prestar fede alla voce accennatami dall'E. V. col suo telegramma di ieri l'altro (l) .

Nel confermarle il contenuto del mio telegramma di ieri (2) ...

(l) Non pubblicato.

(l) -T. 1045, non pubblicato. (2) -T. 1853, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. CONFIDENZIALE 1339/1191. Londra, 4 dicembre 1881 (per. il 10).

Ieri potei avere un colloquio col conte Granville prima che partisse per Walmer Castle, dove si fermerà forse per una diecina di giorni.

Colsi quell'opportunità per portare la conversazione sul di lui dispaccio del 4 novembre ultimo (diretto a Sir. E. Malet) (2) chiamando, ad un tempo, l'attenzione di Sua Signoria sulla posizione fatta all'Italia in Egitto ed in generale nelle regioni dell'Africa settentrionale che costeggiano il Mediterraneo. Ricordai, come ben l'accenna l'E.V. nel suo dispaccio del 28 novembre ultimo, (Serie Politica N. 1279) (3), la parte importante e disinteressata ch'ebbe l'Italia nel provocare le riforme dell'Amministrazione egiziana. Ricordai come l'ordinamento giudiziario, i cui buoni risultati non possono oramai essere messi in dubbio, è dovuto alla costanza colla quale venne propugnato dall'Italia, ed alla abilità dei suoi giureconsulti che ne furono i principali inspiratori. Ben lo sa l'E. V. che fu relatore dello schema di legge concernente questa materia, e ben lo posso dire anch'io poiché, essendo Ministro per gli Affari Esteri quando venne in campo quella quistione, io ebbi a combattere per essa, nè giunsi senza pena a vincere le esitazioni di Lord Stanley, ora Lord Derby, che reggeva il Foreign Office, ed il di cui esempio consigliò poscia alla Francia di recedere dalla pertinacia colla quale essa si era dapprincipio opposta alla riforma giudiziaria. Rammentai che il primo ordinamento finanziario era dovuto ad un nostro illustre concittadino, il compianto Scialoja, che trasse dal caos l'amministrazione egiziana. Esposi al nobile Lord che, dopo quanto aveva fatto l'Italia, essa, anche avuto riguardo all'importanza dei suoi interessi in Egitto, aveva diritto a pigliare una parte non inferiore a quella presa dall'Inghilterra e dalla Francia nell'amministrazione di quel paese. Ripetei al Conte Granville le osservazioni che più volte io aveva fatte a Lord Salisbur~ per convincerlo che un elemento moderatore come l'Italia, nel seno del Governo egiziano, sarebbe stato a vantaggio dell'Inghilterra stessa, che ha interesse anzitutto al mantenimento dell'ordine in quel paese; *mentre ora essa travasi sola di fronte ad una potenza rivale che non solo aspira a primeggiare politicamente ma che subordina la sua azione principalmente agli interessi dei suoi speculatori.

Qui debbo però dire, incidentalmente, a V. E., che Lord Salisbury non si mostrò troppo contrario all'intervento dell'Italia nelle cose di Egitto; anzi ho luogo di credere che appoggiasse la nomina di un avvocato generale italiano nel Ministero di Nubar Pascià, mentreché, al contrario, la Francia si mostrava ognora ostile a qualsiasi ingerenza nostra, come lo dimostrano i miei

{l) Ed., ad eccezione dei brani tra asterischi, in LV 35, pp. 46-47.

27 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

rapporti che si riferiscono a quell'epoca. Ma il Gabinetto inglese era vincolato da accordi ch'ebbero un ultimo scioglimento nel Congresso di Berlino, il cui risultato finale per noi fu di eliminare, senza compenso alcuno, la nostra influenza nell'Egitto e nella Tunisia, dove però abbiamo così grandi e così antichi interessi*.

Io diedi termine alla mia esposizione col partecipare al Conte Granville la dichiarazione contenuta sulla fine del dispaccio di V. E. dove è detto rispetto alla politica Inglese « che, in quanto si proponga di attuare in Egitto il programma saviamente delineato nel dispaccio del 4 novembre ultimo, troverà sempre nella politica italiana una fida e costante ausiliare, mentre chi volesse tentare un programma diverso, e si accingesse a vieppiù alterare lo stato attuale delle cose, ci troverebbe risoluti a considerare e discutere la quistione come d'interesse europeo e di ordine generale ».

* Tale è l'esposizione ch'io feci, verbalmente, a Lord Granville, ad eccezione del ricordo incidentale, relativo a Lord Salisbury, che ho riferito in questo rapporto perché si rannoda all'argomento*.

Il nobile lord mi ascoltò con molta attenzione e benevolenza; prese le sue note, si mostrò sensibile alla schiettezza di V. E. e finì col dirmi che le sue dichiarazioni contenute nel dispaccio del 4 novembre, benché da alcuni prese in sospetto, erano però sincere, e che, in tutto ciò che accadeva in Egitto, egli era bensì costretto ad accettare l'eredità del precedente Ministero, ma che il Gabinetto attuale non nutriva alcun sentimento ostile o contrario all'Italia.

Ho luogo di pensare che il Conte Granville espresse nel suo dispaccio il vero pensiero del Governo della Regina, e, come 'lo fa osservare l'E. V., io ritengo che la sua dichiarazione indica il limite dell'ingerenza nelle cose d'Egitto che l'Inghilterra, vincolando se stessa, intende di acconsentire alla Francia.

* In tale stato di cose, mi pare che non abbiamo che a raccoglierei finché si presenti l'opportunità di ripigliare la posizione che ci compete. Comunque sia dello stato attuale delle cose, sarebbe cosa vana il tentare di paralizzare indefinitamente l'influenza di una nazione unita come l'Italia, collocata in mezzo al Mediterraneo, ricca d'intelligenza e di grandi memorie, che conta tosto trenta milioni di abitanti e che inoltre possiede circa cento trentamHa marinai che hanno per loro l'intrepidezza, la frugalità e l'abilità infusa da secolari tradizioni. L'Italia è chiamata ad esercitare, in un avvenire non lontano, un'azione importante nella politica del mondo; per raggiungere questo fine essa non ha che a continuare a sviluppare i suoi mezzi economici, ordinare le sue amministrazioni, e, sovratutto, provvedere alla difesa dello Stato. Molto si è già fatto per tutto ciò, ne sono luminose prove l'abolizione del corso forzoso, l'incremento delle entrate, malgrado l'abolizione del macinato, i miglioramenti arrecati alle nostre leggi, e fra essi basti citare il nuovo codice di commercio, ora sottoposto alla Camera dei Deputati, legge che ebbe l'E. v. per relatore e di cui un illustre giureconsulto straniero diceva testé «che quel codice resterà il più considerevole monumento innalzato nei nostri giorni alla codificazione ».

Le nostre leggi militari, or ora presentate dal Ministro della Guerra e da quello della Marina alla discussione del Parlamento, metteranno il paese, se approvate, in grado di farsi rispettare.

Chi vive all'estero si accorge più facilmente dell'incremento di considera:l:ione che si ha per il nostro paese, a misura del miglioramento delle nostre condizioni economiche e militari, unito ad una prudente politica tanto interna come estera, quale è quella di cui il Ministero diede pruova nel promuovere l'ultimo viaggio dei Nostri Sovrani a Vienna.

A questo proposito mi torna conto di esprimere la mia opinione circa la conversazione che il signor de Courcel ebbe col Barone Marochetti, il quale la riferica all'E. V. col suo rapporto del 24 novembre ultimo (1), e che Ella favoriva di comunicarmi col suo dispaccio del 30 novembre (Serie Politica n. 1281) (2).

Il signor de Courcel avrebbe fatto intendere «che l'esistenza di più intimi rapporti fra l'Italia e l'Austria, per avere distratto da noi l'Inghilterra, tornerebbe a vantaggio della Francia nelle quistioni orientali ora pendenti, che noi abbiamo fatto falsa strada unendoci aU'Inghilterra, che è una potenza sulla quale non si può fare assegnamento alla lunga:.. Non so, a dir vero, se possiamo fare maggior assegnamento sulla Francia; comunque sia, non si potrebbe dire neppure che l'Inghilterra abbia visto con viva soddisfazione il nostro ravvicinamento coll'Austria, che ci rende più da essa indipendenti; ma da ciò non si può indurre che dessa si rivolga contro di noi, a beneficio della Francia, nelle nuove quistioni che possono sorgere in Oriente. Se mal non mi appongo, il Gabinetto inglese si accorge che siamo qualche cosa, e che, nello stesso modo che gli siamo stati di grande aiuto nella quistione, in apparenza minima di Dulcigno ma nel fondo importantissima per esso, l'Italia può, in altre circostanze, essergli di grande giovamento, specialmente nelle contese che gli possono accadere colla Francia in Oriente dove questa, anzicché amica gli è costante rivale.

È certo che in questi ultimi tempi l'Inghilterra ha subordinato il suo contegno, rispetto alla Francia, alle considerazioni del nuovo Trattato di commercio tuttora in sospeso; ma le esigenze dell'Inghilterra, anziché scemare, sembrano, al contrario, crescere, e si va formando una forte opinione contro qualsiasi nuovo Trattato di commercio colla Repubblica, a meno che non presenti dei vantaggi superiori a quelli del precedente.

È vero che Sir C. Dilke è amico intimo del signor Gambetta, e che ha grande desiderio di segnare H suo passaggio al potere colla conclusione del Trattato in quistione; ma egli, malgrado i suoi sentimenti verso il capo del Ministero francese non è uomo a sagrificare a questi sentimenti gli interessi del suo paese e ad urtare l'opinione che in Inghilterra si mostra tutt'altro che favorevole alla Francia.

Io sono dunque di avviso che bisogna stare in guardia contro i suggerimenti del signor de Courcel, senza però cessare di mantenerci nei migliori termini colla Francia, ma badando, sovratutto, a non !asciarci trascinare nella sua orbita tuttora incerta e vorticosa.

Per altra parte, non dobbiamo trascurare l'Inghilterra, che, se non ci

dà grandi aiuti, può farci gran male se sarà contro di noi. È poi, più che

mai, importante di usufruttuare la buona posizione che abbiamo preso in

Europa per effetto del viaggio dei Nostri Sovrani a Vienna, che può essere

sorgente di non poche conseguenze a noi favorevoli.

Questa è una fase solenne della nostra vita politica; dobbiamo mostrarci

fermamente coerenti alla nuova politica iniziata se vogliamo mantenerci rispet

tati ed acquistare forza verso le altre Potenze*.

(2) -Cfr. n. 330. (3) -Cfr. n. 339. (1) -Cfr. n. 336. (2) -Non pubblicato.
353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALISSIMO 1053. Roma, 5 dicembre 1881, ore 18,15.

Décidément nous jouons de malheur avec nos amis. Après le malentendu de Vienne (1) voici deux discours intolérables de Bismarck à Berlin. L'un regarde la nouvelle amitié de l'Allemagne pour le Vatican (2), l'autre (3) contient des jugements absolument faux en injurieux pour l'Italie, pour la dynastie, pour nos institutions, pour le ministère et pour la majorité de l'assemblée. L'amt1assadeur d'Allemagne désolé est venu reconnaitre complète contradiction de ces jugements avec tous ses rapports à son Gouvernement. Il désire voir notre Roi et sent la gravité de sa situation personnelle. Veuillez me renseigner sur l'impression produite à Vienne dans le monde officiel et dans l'opinion publique. En mème temps il faudrait tàcher de découvrir si notre voyage à Vienne apparemment encouragé de Berlin en réalité n'a pas contrarié quelques desseins de Bismarck car j'en ai quelque autre indice, surtout la froideur du Gouvernement allemand envers nous augmentée depuis cet événement. Demain j'ai à la Chambre la discussion du budge·t des affaires étrangères; impossible éviter interpellations et discours irritants. Après cette discussion je pense faire partir immédiatement de Launay pour Berlin. Donnez votre avis et envoyez tous reinsegnements utiles (4).

354

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1865. Vienna, 6 dicembre 1881, ore 12,34 (per. ore 15,30).

Le monde politique qui s'occupe des affaires étrangères est absent de Vienne, chasse ou est à la campagne. Opinion publique est tout-à-fait indif

férente à l'incident de Berlin qui nous regarde. Ces journaux relatent impression produite en Italie sans faire commentaires jusqu'ici. Quant à mon opinion sur ce grave incident, la voici: hostilité de Bismarck contre Italie n'est pas un fait nouveau pour moi, mes rapports à l'occasion de sa visite à Vienne en montraient la portée. Je n'ai jamais douté qu'il nous a poussé à passer par Vienne convaincu que nous n'y serions pas décidés; que ce voyage lui ait déplu, cela a été clair dès le premier jour. Attitude à ce sujet du prince Reuss avec moi en a été une preuve. Autriche assurée de notre loyale amitié n'est plus enchainée, camme par le passé, au char de l'.A:llemagne. D'autre part, cette bonne amitié scrupuleusement, cordialement observée de notre coté, nous garantit une neutralité absolue dans nos relations avec le Vatican de la part de la seule grande Puissance catholique qui pourrait appuyer l'Allemagne dans les embarras qu'eUe cherche à nous créer avec le Vatican. Ne nous alarmons dane pas pour ce qui arrive; nous sommes sur la bonne vaie, maintenons nous-y. Mon avis au sujet des interpellations qui seront adressées demain à v. E. est qu'il est d'une nécessité absolue de refuser d'une manière complète d'entrer en discussion sur des discours aussi récents tenus dans un autre parlement. Voyage de Vienne, les déclarations réciproques qui en ont été la suite sont tout un programme de politique étrangère dans lequel le pays a montré avoir foi. Notre Parlement, je n'en doute pas, sera du m~me avis. La fermeté de V. E. dans son silence au sujet de Bismarck s'imposera, j'en ai la conviction, au patriotisme de notre assemblée.

(l) -Cfr. nn. 310, 311, 312, 313, 314, 315, 316 e 319. (2) -T. 1867 del 6 dicembre, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 350. (4) -Cfr. n. 354.
355

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2226. Costantinopoli, 6 dicembre 1881 (per. il 13).

La mattina del 4 corrente ebbi l'onore di ricevere il telegramma (2) che l'E.

V. si compiaceva rivolgermi per significarmi il governo egiziano accetterebbe il progetto di convenzione per Assab e ne scriverebbe a Costantinopoli; l'E. v. desiderava vivamente si venisse ad una pronta conclusione affine di essere in grado di darne contezza alla Camera dei deputati nell'occasione della discussione del bilancio degli affari esteri la quale aveva ad aprirsi l'indomani; il R. Governo sarebbe interpellato in proposito.

Non indugiai un istante a trasferirmi presso il signor Ambasciatore d'Inghilterra affine di fargli intendere il giusto desiderio dell'E. V. Cui Lord Dufferin rispondeva avere fatto ,tutto quello dipendeva da esso affine di prontamente intavolare i relativi negoziati, il Primo Ministro aveva ben accolte le sue proposte, e la S. Porta dimostravasi favorevole al progetto di convenzione; appena gli era venuta fra le mani la risposta alla domanda di spiegazioni circa l'articolo V ne aveva informato il Primo Ministro, il quale gli aveva detto sot

tometterebbe la quistione a S. M. il Sultano; il suo intervento diretto a Palazzo nelle presenti congiunture potrebbe avere per effetto di rendere più difficile il progresso dei negoziati. Delle quali cose io diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V. (l).

Io sono dolente che il desiderio dell'E. V. di vedere il presente negozio terminato in questi giorni non possa essere esaudito. La tradizionale lentezza della

S. Porta, e più ancora l'intervento del Palazzo fanno che nessun affare possa essere puntualmente composto. Quanti mesi per non dire anni d'incessanti sollecitazioni prende all'Ambasciata Austro-Ungarica la quistione delle ferrovie, che è pure stabilita dal trattato di Berlino? Quanti sforzi costarono agli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia per stipulare le relative convenzioni? Quali effetti hanno prodotto nella quistione Armena le calde pratiche di tutti i rappresentanti delle Potenze, i quasi quotidiani officj dell'Ambasciatore d'Inghilterra? Il fatto è che la macchina del governo non cammina regolarmente; e colla migliore volontà del mondo gli affari non si ponno trattare con quella rapidità che sarebbe a desiderarsi. Nell'accusare ricevuta all'E. V. del suo ossequiato dispaccio del 26 novembre n. 1296 di questa serie . . . (2).

(l) -Ed. in LV 34, pp. 120-121 e in L'Italia in Africa, vol. cit., pp. 221-222. (2) -T. 1047 del 3 dicembre, non pubblicato.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (3)

D. 1298 BIS. Roma, 7 dicembre 1881.

Ho voluto riassumere in un dispaccio indirizzato al R. ministro in Atene (4) la storia dei negoziati che, per fasi diverse e dopo varie vicende, condussero alla soluzione della controversia turco-ellenica. Nulla aggiunsi alla schietta esposizione dei fatti, tranne succinte considerazioni che dalla esposizione stessa sorgevano spontanee, in ispecie per quanto spetta al contributo dell'Italia nell'opera comune delle potenze. Le conclusioni di quel mio dispaccio, di cui acchiudo una copia, mi sembra che racchiudano qualche utile norma ed insegnamento anche per l'avvenire. Imperocchè gli elementi, che concorsero a formare e a definire la nuova situazione consacrata dal trattato del 24 maggio 1881, sopravvivono alla firma di quell'atto e alla sua stessa esecuzione, additando alle potenze, ma sopratutto alle due parti più direttamente interessate, la regola della condotta futura.

Nel lento lavorio che, dal dì in cui chiudevasi, a Berlino, il congresso del 1878, si protrasse fino a questi ultimi giorni, ciascuna potenza ebbe quella parte che le sue speciali tendenze e tradizioni le assegnavano. Noi non abbiamo, in quanto ci concerne, ritengo di ripetere ora ciò che costantemente dichiarammo: che, cioè, mentre il principio di nazionalità può esplicarsi in più d'una forma, non mai implica necessità di violente mutazioni o rivendicazioni, e nella pe

nisola balcanica soprattutto deve di necessità acconciarsi ad uno stato di cose che non potrebbe improvvisamente alterarsi, altro rimedio però non rimaneva, a troncare il dissidio tra la Grecia e la Turchia, all'infuori di una cessione che ampliasse convenientemente i confini del regno. Nondimeno, anche l'Italia, partecipando ad un convincimento ch'era a tutti comune, fin da principio e sempre volle che l'intento si conseguisse pacificamente. Volle l'Italia e vollero le potenze tutte, che tra la Grecia e la Turchia si inaugurasse, mercè la concordata rettificazione di frontiera, tale un nuovo ordine di reciproci rapporti per cui l'Europa si sentisse oramai, da questo lato, libera da ogni preoccupazione molesta. Quella che H trattato del 24 maggio ha sancito deve essere non già tregua momentanea, soggetta al beneplacito dell'una o dell'altra parte, sibbene pace durevole e conclusa sotto gli auspicii delle potenze.

In questa garantia morale, che la Sublime Porta ha largamente acquistato il diritto d'invocare a proprio beneficio, sta per essa il compenso della cessione di fertili e ricche regioni. Agli uomini che costì reggono la pubblica cosa, e al Sovrano cui sono affidate le sorti dell'impero, potè sembrare grave il sacrificio. Però niuno è che non veda di quanto siasi accresciuto il prestigo del nome ottomano, dopochè la Sublime Porta si è uniformata al volere unanime dell'Europa con una lealtà e con una fermezza di propositi che sono pegno e testimonianza d'incontestabile vigoria. Un Governo che, imitando esempii rari anche nei dì nostri, sa imporre a se stesso così virile risoluzione, ben dimostra di avere la efficacia di volontà e di mezzi occorrente per curare convenientemente le condizioni di quelle popolazioni, diverse per lingue e per razze, che stanno entro la cerchia dei suoi dominii. Poichè oggi vediamo tradotto in un fatto compiuto quello che, secondo la lettera e lo spirito del trattato di Berlino, era non più d'un invito e d'una esortazione, si rinvigorisce in noi la fede che all'ordinamento definitivo delle provincie che possiede in Europa, e ad un giusto assetto amministrativo in Armenia, la Sublime Porta saprà provvedere secondochè il trattato di Berlino ad essa ne impone l'obbligo tassativo. Certo non mancano le difficoltà create dal cumulo di antichi errori, oggidì riconosciuti e deplorati dagli uomini stessi cui spetta di avviare l'impero a migliori destini. Però la Turchia, che seppe sui campi di battaglia ritrovare tutta l'energia di tempi gloriosi, ed è ora, mercè una savia politica animosamente professata, scevra da ogni preoccupazione di agitazioni interne o di esterne minacce, travasi in grado di consacrare tutte le sue forze a quella opera riparatrice, che sola può conferire saldezza ad un edificio in cui noi ravvisiamo un prezioso elemento di pace e di conservazione in Europa.

Vorrei che la Sublime Porta avesse precisa notizia dei nostri concetti. Vorrei che fosse conscia così della sincera soddisfazione che noi provammo nello scorgere scrupolosamente mantenuta ogni sua promessa, come del nostro desiderio di poterle, in ogni propizia occasione, dimostrare col fatto l'amicizia e la simpatia che per essa professiamo. L'E. V. che, plenipotenziario a Berlino, ministro degli Affari Esteri, e ambasciatore di Sua Maestà presso il Sultano, ebbe parte principale nei negoziati fortunatamente coronati di pieno successo, può meglio di chicchesia farsi interprete autorevole di questi nostri sentimenti, nei quali sono presso di noi concordi, non dubito di affermarlo, tanto il Governo quanto la pubblica opinione.

(l) -T. 1857 del 4 dicembre, non pubblicato. (2) -Non pubblicato. (3) -Ed. in LV 31, pp. 352-353. (4) -Cfr. n. 357.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI (l)

D. 128. Roma, 7 dicembre 1881.

Il protocollo relativo allo sgombro di Volo e l'atto finale di delimitazione tra la Turchia e la Grecia segnano il termine di lungo negoziato, per oltre tre anni protratto, e riuscito, mercé la moderazione delle parti contendenti e l'opera paziente delle potenze, a conclusione propizia.

Dell'ottenuto risultamento debbono singolarmente compiacersi quanti, in Europa, sono solleciti del mantenimento della pace; imperocchè la controversia, ardua già per se stessa, e per i molteplici elementi che la facevano intricata e complessa, traeva speciale gravità dalle passioni popolari, pronte sempre ad accendersi là dove le avversioni di razza e di religione sono, per tradizione secolare, eccitamento alla lotta. La diplomazia europea seppe, di fronte allo svolgimento, più d'una volta minaccioso, della questione, contenersi in giusto atteggiamento, spiegando perseveranza e laboriosa solerzia quando dovevansi combattere gli ostacoli nascenti da passiva resistenza, ed assumendo energico e risoluto linguaggio quante volte convenne scongiurare il pericolo d'imminente conflagrazione.

Per iniziativa concorde del plenipotenziario italiano e del plenipotenziario francese, il congresso di Berlino (XIII seduta -5 luglio 1881) invitava la Sublime Porta a intendersi colla Grecia per una rettificazione di frontiera in Tessaglia e in Epiro, ed esprimeva l'avviso che tale rettificazione potesse seguire la valle del Salamvrias (Peneo) sul versante dell'Egeo e quella del Kalamas sul versante dell'Jonio. E in correlazione con questo duplice voto inseriva nel trattato del 13 luglio 1878 uno speciale articolo (art. XXIV) per dichiarare che « nel caso in cui la Sublime Porta e la Grecia non riuscissero a intendersi sulla rettiflcazione di frontiere indicata nel XIII protocollo, la Germania, l'AustriaUngheria, la Francia, la Gran Bretagna, l'Italia e la Russia si riservavano di offrire alle due parti la loro mediazione per facilitare i negoziati».

La situazione diplomatica creata, circa la questione ellenica, dal trattato di

Berlino, quale che sia il giudizio che intrinsecamente se ne voglia recare, era

però, mercè la formala che tassativamente la definiva, chiara assai e scevra

d'ogni dubbiezza. Il negoziato per la rettificazione della frontiera doveva con

dursi direttamente tra le due parti: lP not.Pn?:P., dono avere ratto conoscere

quello che, secondo il loro avviso, sarebbe stato il migliore tracciato, si traevano

in disparte, riservandosi di offrire, nel caso d'insuccesso del negoziato diretto, la

loro mediazione.

Il periodo delle trattative dirette fra a Turchia e la Grecia non fu breve.

I negoziati, poichè non poterono concludersi una prima volta a Prevesa, si

ripigliavano, dopo parecchi mesi, nella primavera del 1880 (2), di bel nuovo a

Costantinopoli, ove speravasi che potesse giovare la presenza delle ambasciate. Ma fu vana lusinga. Le pretese dell'una parte troppo si allontanavano dalle concessioni offerte dall'altra. La Turchia stava ferma nel concetto di una «rettificazione », quasi che dovesse significare, secondo il senso letterale della parola, non altro tranne una mera correzione di quanto potesse essere difettoso nell'attuale confine, e a mala pena concedeva una stretta zona di territorio. La Grecia invece, non solamente sulle prime avrebbe voluto includere, dalla parte dell'Jonio, oltre i bacini dell'Aspropotamos, dell'Arta, del Mauropotomos e del Calamas fino a capo Panagios, anche la valle superiore della Vojussa, e, dalla parte dell'Egeo, oltre l'intero bacino del Salamvrias, anche parecchi valichi nei versanti che scendono verso le valli del Karasù e del Vardar; ma, quando ebbe, nel corso successivo del negoziato, ridotto notevolmente le sue domande, pur sempre vi includeva l'intera Tessaglia, e in Epiro tutta la valle del Calamas col bacino chiuso di Janina.

Dopo il reiterato insuccesso dei negoziati di Prevesa e di Costantinopoli, fu mestieri che le potenze riprendessero in esame la questione, e considerassero quale dovesse essere, nella nuova situazione, e in dipendenza dei patti di Berlino, il compito ad esse assegnato.

Il governo del Re volle che la questione, la quale, anche dal punto di vista etnografico, era oggetto di dispute vivacissime, fosse, per quanto stava in poter suo, diligentemente studiata. Un funzionario consolare, già esperto dei luoghi, conducevasi appositamente in Epiro, minutamente visitava la contrada, ed esponeva il frutto delle sue investigazioni in una memoria, la quale in senso concìliativo proponeva per conclusione un tracciato pressoché identico a quello che ebbe poi definitiva sanzione, discostandosene solo inquantoché l'intera Tessaglia, compresa l'alta valle del Xeragis (che ne venne poi esclusa), sarebbe stata attribuita alla Grecia, mentre in Epiro il confine avrebbe seguito lo spartiacque tra l' Aspropotamos e l'Arta, anziché scendere, come fu di poi pattuito, dal Peristeri al fiume per seguirne il thalweg fino alla foce. Questo era semplice studio, ed esprimeva un convincimento, al quale però i fatti posteriori diedero ampia ragione. Di fronte a progetti varii e successivi, messi innanzi ora da questo, ora da quel Gabinetto, il Governo del Re stava fermo in questo duplice concetto: esaurire ogni sforzo per la soluzione pacifica della questione; preservare incolume il concerto delle potenze, come sola garantia di buon successo.

Tale era lo stato delle cose quando, nel giugno 1880, per iniziativa del Governo britannico, e sulla proposta del Governo germanico, riunivasi a Berlino una Conferenza delle grandi potenze, con lo scopo di ricercare il modo in cui avrebbe potuto esercitarsi la mediazione prevista dall'art. XXIV del trattato di Berlino. Il consesso europeo, condotti rapidamente a termine i suoi lavori, li riassumeva in un atto finale, che doveva poi portarsi a notizia officiale, così della Turchia, come della Grecia. Questo atto finale indicava minutamente quella che avrebbe potuto costituire, secondo la indicazione generale del protocollo XIII del congresso, una buona e solida frontiera fra i due Stati; e sarebbe stata, verso il Jonio il thalweg del Calamas, e dalla parte dell'Egeo lo spartiacque che sta al nord della valle del Salambria, rimanendo compreso nella cessione, in Epiro, anche il bacino chiuso di Janina. La conferenza poi definiva, in certo modo, il carattere delle sue deliberazioni con la formala stessa adottata per la nota con cui le deliberazioni stesse si sarebbero comunicate alle due parti contendenti: «I governi di... (così doveva la nota essere concepita, e in fatti lo fu) invitano i Governi di S. M. l'Imperatore degli Ottomani e di S. M. il Re degli Elleni ad accettare la linea di frontiera indicata nell'Atto finale, che le potenze mediatrici, riunite in conferenza, riconobbero unanimente essere conforme allo spirito e ai termini del trattato di Berlino e del protocollo XIII del congresso» (1). La consegna della nota collettiva ebbe luogo simultaneamente ad Atene e a Costantinopoli il 15 luglio 1880.

La soluzione per tal guisa deliberata dalla Conferenza di Berlino ebbe, ad Atene favorevole, e quasi entusiastica accoglienza. A Costantinopoli invece, tostoché fu notificata alla Sublime Porta dagli ambasciatori, il rifiuto fu immediato e reciso, concepito anzi in termini vivaci così da far singolare contrasto con la consueta mitezza dei documenti della diplomazia ottomana (nota del 27 luglio). E poiché gli ambasciatori ebbero replicato con altra nota collettiva del 20 agosto, dichiarando che le potenze non potevano consentire ad una nuova discussione, e dovevano attenersi alle decisioni della Conferenza, la Sublime Porta si chiuse in ostinato silenzio, fino a che, con nota del 3 ottobre, senza riferimento alcuno alla precedente corrispondenza, si fece ad esporre minutamente il suo pensiero circa le varie questioni che stavano tutt'ora pendenti: la questione montenegrina, la questione armena, il riordinamento amministrativo dell'impero, la questione finanziaria, ed anche la questione ellenica. Rispetto a questa ultima, la nota del 3 ottobre conteneva l'offerta di una linea di frontiera alquanto più ampia di quella che i negoziatori greci avevano ottenuto dai negoziatori ottomani nelle trattative di Costantinopoli: in Tessaglia, il tracciato, tenendosi alquanto depresso dal lato del mare, si sarebbe sollevato, invece, verso il Pindo in guisa da lambire il Salamvrias nel suo corso superiore, d'onde, varcato il nodo centrale del Pindo, sarebbe sceso sul fiume Arta, seguendone il thalweg sino alla foce.

Sollecite di definire la questione montenegrina che si affacciava in quel tempo torbida e urgente, le potenze lasciarono senza risposta, in ogni sua rimanente parte, la nota del 3 ottobre; e la controversia turco-ellenica entrava così in una fase di sospensione che si protrasse fino al dicembre.

Risoluta la quistione montenegrina con la consegna di Dulcìgno, e non essendovi indizio che l'Europa volesse ripigliare la trattazione della quistione ellenica, gli animi ricominciarono ad agitarsi in Grecia. L'opinione pubblica costringeva il Governo ad armamenti, di cui amaramente querelavasi la Sublime Porta (nota del 14 dicembre), mentre le potenze stavano incerte tra il timore di una conflagrazione e la naturale ripugnanza di opporre non altro che rampogne e minacce a tale movimento che sostanzialmente mirava alla

•attuazione di un programma due volte consacrato dal voto dell'Europa. Questo concetto, in cui stava oramai tutto il nodo della quistione, trovava, mi piace ricordarlo, efficace e viva espressione in una comunicazione, che

il mio predecessore, l'on. Cairoli, dirigeva al Governo britannico, il quale ci richiedeva del nostro parere in così grave frangente {1).

A questo punto sopraggiungevano due proposte dal Governo francese. Il Gabinetto di Parigi raccomandava il concetto di un arbitrato delle potenze, da surrogarsi a quello di una pura e semplice mediazione. Le potenze assentivano, benché l'Italia, del pari che l'Inghilterra, non potesse convenire nelle considerazioni con le quali il ministro francese degli Affari Esteri voleva suffragare la sua proposta, cioè: la deliberazione della conferenza essere un semplice avviso, e per conseguenza essere oramai esaurita la mediazione delle potenze dal momento che tale avviso, accettato dalla Grecia, era stato dalla Turchia respinto. Il Gabinetto britannico e il Gabinetto italiano pensavano, invece, che le conclusioni della conferenza fossero assai più che un semplice parere, e che, avendo le potenze fatto invito alle due parti contendenti di accettarle, esse trovavansi, salvo la scelta dei mezzi, moralmente impegnate a far prevalere la divisata soluzione, finché almeno altra combinazione praticamente più vantaggiosa per la Grecia non avesse potuto escogitarsi. Seguiva indi altra proposta francese: che cioè si dovesse esercitare una certa pressione sul Governo ellenico « per raccomandargli la politica di pace e di ragionevolezza ,che era caratterizzata con la formala dell'arbitrato ». Ed anche in c1ò tutte le potenze consentivano. Ma questa seconda proposta, più volte differita, non ebbe seguito; e la prima, quella concernente l'arbitrato, veniva ritirata dalla Francia stessa, poiché fu manifesto che non riusciva gradita, nè a Costantinopoli, d'onde non si ottenne risposta alcuna, nè ad Atene, ove la risposta pigliava la forma di quesiti che non si prestavano a facile soluzione.

Mentre ciò avveniva da parte delle potenze, la Sublime Porta prendeva, a sua volta, con la nota del 14 gennaio 1880, tale una iniziativa per cui tosto apparve come la questione avesse oramai fatto un passo decisivo. Il Governo ottomano, uscendo a un tratto dal suo atteggiamento di passiva resistenza, dichiaravasi disposto ad accettare, anzi proponeva, che la rettificazione della frontiera turco-ellenica dovesse essere l'oggetto di un suo negoziato coi sei ambasciatori. E le potenze furono tosto concordi, dopo breve scambio di idee, sia a ravvisare in questa dichiarazione ·della Sublime Porta la possibilità di attenerne concessioni maggiori di quelle che, con la nota del 3 ottobre 1880, erano state da essa definite quasi un maximum non più suscettibile d'aumento alcuno, sia a stimare opportuna l'immediata apertura del negoziato sopra la base della nota ottomana del 14 gennaio. L'iniziativa, per consenso altrettanto spontaneo quanto unanime delle potenze, si volle, in questa nuova fase, lasciare alla Germania; e Ia formala veniva concordata, a Berlino, tra il principe cancelliere e il nuovo ambasciatore d'Inghilterra signor Goschen, che stava per trasferirsi al suo ,posto: gli ambasciatori dovevano deliberare un tracciato intermedio tra quello fissato dalla conferenza di Berlino, e quello segnato nella nota ottomana del 3 ottobre; ed esso si sarebbe dapprima fatto accettare dalla Grecia, indi dalla Turchia. Con questo programma si inauguravano, a Costantinopoli, le conferenze degli ambasciatori, e se ne por-

il) D. 1007 dell'8 dicembre 1880, non pubblicato nel vol. XIII della Ser.ie Il.

geva notizia al Governo ellenico, con invito di astenersi nel frattempo da ogni atto d'ostilità, secondoché già la Sublime Porta ne aveva fatto promessa.

Gli ambasciatori maturamente esaminarono il problema, uditi a più riprese (senza però intavolare una vera e propria discussione) i commissari delegati dalla Sublime Porta. Lo esaminarono non più con l'intento di riuscire, siccome era occorso nel congresso del 1878, alla enunciazione di una semplice opinione, e neppure con l'intento di concludere, come erasi fatto nella conferenza del 1880, con un invito da rivolgersi alle due parti contendenti; sibbene col preciso proposito di adottare tale una soluzione che potesse, con mezzi pacifici, e mercé l'efficacia della azione morale dell'Europa concorde, farsi accogliere così dalla Grecia come dalla Turchia. Era questione ardua e singolarmente delicata; un errore di apprezzamento avrebbe potuto condurre a conseguenze gravissime per la causa generale della pace. Però gli ambasciatori si trovarono tutti consenzienti, quando i commissari ottomani, notevolmente ampliando la concessione offerta con la nota del 3 ottobre 1880, ebbero recato innanzi quel tracciato che, tranne lievi varianti, ha poi ricevuto sanzione formale col trattato del 24 maggio 1881. Ciò accadeva il 23 marzo; nel qual giorno i commissari ottomani, dopo avere chiesto d'essere ammessi al cospetto degli ambasciatori riuniti in conferenza, presentarono una proposta per cui la Grecia conseguiva verso l'Egeo l'intera Tessaglia, tranne l'alta va'lle del Xeragis, e verso il Jonio l'intera valle dell'Aspropotamos e il fianco sinistro della valle dell'Arta, dal Peristeri in giù. Così in Tessaglia concedevasi dalla Turchia poco meno di quanto era stato stabilito nella conferenza di Berlino, e alquanto più di quello che avrebbe significato il protocollo XIII del congresso se, stando alla lettera sua, lo si dovesse interpretare come al'lusivo al thalweg e non alla intera valle del Salamvria; in Epiro, invece, la riduzione era notevole assai, in confronto del tracciato stabilito dalla conferenza, essendo esclusi, oltre la sponda destra dell'Arta, le intere vallate del Mauropotamos e del Calamas, il bacino chiuso di Janina, e specialmente la importante posizione di Metzovo che, stando al sommo della valle dell'Arta, domina il valico tra i bacini occidentali del Calamas e della Vojussa e i bacini orientali del Xeragis e del Salamvria. Però dei 18 mila chilometri quadrati che, secondo la lettera del primo tracciato di Berlino, sarebbero stati assegnati alla Grecia, questa ne conseguiva ben 14 mila, quasi tutti di fertilissimo territorio; e il regno vedeva di circa un quarto, e di elementi quasi prettamente ellenici, accrescersi la sua popolazione. Gli ambasciatori, come dissi testé, non esitarono, e fecero propria la proposta ottomana, con queste due aggiunte: che nella cessione si comprendesse anche Punta, che sta di fronte a Prevesa alla stretta del golfo ambracico, e si demolissero le fortificazioni di Punta e di Prevesa, dichiarata libera la navigazione del golfo; e che si richiamassero alla memoria delle due parti interessate le raccomandazioni che, nel reciproco interesse delle popolazioni, erano state enunciate nella conferenza di Berlino.

La conclusione degli ambasciatori, ratificata dai rispettivi governi, veniva tosto portata a notizia del Governo ellenico, poi del Governo ottomano. Dell'uno e dell'altro conseguivasi in breve l'accettazione, e le potenze trovaronsi in grado di firmare con la Sublime Porta, sopra le basi testé accennate, il trattato del 24 maggio, il quale, seguito poi da un identico trattato particolare

fra la Turchia e la Grecia, ebbe puntuale esecuzione mercé lo sgombro e la delimitazione, sotto la sorveglianza e con l'opera di commissioni internazionali, del territorio ceduto.

Poiché oramai siamo giunti al termine della faticosa via, ben possiamo volgere addietro lo sguardo, e segnare, con un sentimento di legittima compiacenza, il ricordo della parte onorevole che l'Italia ebbe nelle difficili trattative. Imperocché, se il Governo del Re ha comune con gli altri Governi il vanto di avere contribuito con ogni efficacia e con pieno disinteresse a far prevalere, nel dissidio turco-ellenico, la causa della pace, è però per noi argomento di particolare soddisfazione la coscienza che abbiamo di non avere mai deviato, a cominciare dai primordi della trattazione fino alla conclusione presente, da quel giusto ed imparziale indirizzo in cui (nè mai ci accadde di dubitarne) consisteva il segreto della riuscita.

Agli occhi del R. Governo, la correzione dei limiti, che cinquant'anni or sono erano stati assegnati al nuovo regno ellenico, non era e non poteva essere il soggetto di empirico esperimento o l'effetto di combinazioni fittizie. Noi vi abbiamo, invece, ravvisato costantemente il fattore, la necessaria condizione di tale un componimento, tra la Grecia e la Turchia, per cui l'Europa, bramosa di quiete, potesse lusingarsi di avere eliminato la più grave e la più procellosa delle cause di conflitto in Oriente. Ad additarci, per il problema turco-ellenico, un siffatto criterio di soluzione, aggiungevansi, non solo il desiderio di pace, che vivo da per tutto, vivissimo si manifesta tra noi, ma benanche l'affetto che, per tradizione consacrata da vetuste memorie, e per impulso quasi istintivo, lega l'Italia ad una nazione sorella. Nè mancava la espressione sicura ed autorevole del duplice sentimento; imperocché essa era stata enunciata, nel congresso di Berlino, dallo stesso primo delegato ellenico, quando la Grecia, in premio della assennata sua condotta durante la precedente guerra, otteneva di esporre le sue ragioni innanzi all'Areopago europeo. Il signor Delyannis, (seduta del 29 giugno) dopo avere accennato a quelle che potevano considerarsi come le ideali aspirazioni dell'ellenismo, riconosceva che i limiti delle aspirazioni concrete erano tracciati al Governo ellenico dalla ferma risoluzione dell'Europa di stabilire la pace in Oriente senza scuotere lo stato di cose esistente; e ne traeva, a guisa di corollario, che, indipendentemente dalla questione speciale di Candia, solo programma pratico fosse l'annessione delle regioni immediatamente limitrofe al regno. Fin d'allora il Governo italiano accoglieva e faceva suo il savio concetto-;-al quale si mantenne indi costantemente fedele; e, chi si faccia ad esaminare senza passione la storia diplomatica di questi ultimi tre anni, lo scorge implicito in ogni atto e in ogni documento della cancelleria italiana. In quel concetto consiste appunto la spiegazione di ciò che a torto poté, in un dato momento, sembrare abbandono di idee dapprima professate, mentre invece altro non fu che un giusto e indispensabile contemperamento delle idee stesse con le esigenze di una situazione che si volle, e a buon diritto si volle, serbare immune, cosi dai rischi d'una guerra imminente, come dai travagli di lotte future.

Mi è sembrato utile di qui riassumere, per sommi capi, ,la storia del negoziato. Mal si giudica degli avvenimenti, se il pensiero non comprenda l'intero

ciclo a cui si riferiscono, e se i beneficii ottenuti non si esaminino in confronto con le difficoltà che si ebbero a superare.

La S. V., che per l'ufficio Suo avrà frequente occasione di discorrere eU questo tema con gli uomini che costì reggono la pubblica cosa, farà opera savia e proficua, non tanto dimostrando loro, in omaggio al vero, come l'Italia abbia spiegato assidua diligenza e ogni più affettuosa cura nel procacciare alla Grecia quel maggiore vantaggio che le circostanze consentivano, quanto sforzandosi d'infondere in essi il convincimento nostro, fondato sopra la testimonianza irrecusabile dei fatti, che la Grecia, conscia, per l'esperienza di questi anni, del volere unanime dell'Europa, deve oramai rivolgere ogni suo studio a mantenersi in buoni rapporti col vicino impero, degno, per nobili gesta di guerra, e per lo stesso sacrificio lealmente compiuto, del rispetto e della amicizia di ogni potenza. Soltanto uomini passionati, o senza esp!!rienza delle difficoltà diplomatiche, possono disconoscere che, con nobile gara d'illuminato patriottismo il Re ed il suo Governo, hanno, in Grecia, ben meritato dalla patria, avendo conseguito, senza spargimento di sangue, ciò che, secondo le comuni previsioni, avrebbe potuto costare lotte sanguinose ed esporre forse il giovane regno a maggiori cimenti. Laonde Re, governo e popolo hanno largamente guadagnato il diritto di dedicare l'opera comune allo svolgimento di quegli interessi economici ed altamente civili ai quali, in codesta nobile contrada, non può fallire un avvenire altrettanto splendido, quanto fu glorioso il suo passato (l).

(l) -Ed., con alcune varianti, in LV 31, pp. 346-351. (2) -In LV 31: «nell'estate del 1879 ».

(l) Cfr. serie II, vol. XIII, n. 277.

358

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 1056. Roma, 8 dicembre 1881, ore 2.

Extrait du compte rendu analytique:

«L'onorevole Minghetti, approvando quegli atti, chiedeva quali fossero benanche le nostre relazioni colla Germania, e come quella nazione avesse accolto il fatto della visita dei Sovrani d'Italia a Vienna. Ora il ministro dichiara che le nostre relazioni col Governo germanico sono non solo soddisfacenti, ma oltremodo benevole, e si vennero ogni dì migliorando per lo scomparire di diffidenze e sospetti intorno ai supposti propositi dell'Italia contrari ai trattati. Ed in occasione della visita dei Sovrani a Vienna ci vennero fatte in questo senso esplicite dichiarazioni.

Nè dissensi di sorta alcuna turbarono finora questi buoni rapporti, anzi il nostro ambasciatore a Berlino uomo di consumata esperienza e saviezza, contribuì a rafforzare questi rapporti. Lo stesso elogio deve fare all'ambasciatore italiano a Vienna. Riepiloga una nota dell'inviato italiano a Berlino del 24 ottobre (2), dalla quale risulta che il Gabinetto di Berlino approva e

si compiace della visita a Vienna, dichiarando che considerava diretto a se stesso ogni atto di cortesia usato dall'Italia alla corte di Vienna (Bene!). E dopo il viaggio, il Gabinetto stesso, accettando le comunicazioni del nostro rappresentante sulla visita a Vienna, confermava quelle manifestazioni personalmente a nome del principe di Bismarck.

Non può poi attribuire alle parole del principe di Bismarck pronunciate nel calore della discussione di una questione di mera politica interna verun significato ostile all'Italia ed alla augusta dinastia; quell'eminente statista, volendo procurarsi i voti del Centro, si propose dimostrare che il liberalismo fosse dovunque un repubblicanesimo mascherato, e se parlò dell'Italia la poneva in compagnia di altre nazioni che sono a capo della civiltà (approvazione).

Sarebbe facile rispondere a quegli argomenti, ma non consentono gli usi internazionali il discutere quello che si è detto in altri Parlamenti, nè giudicare il valore delle istituzioni e dei pa·rtiti politici degli altri paesi (È vero!) Rispetta troppo la Germania per permettersi una parola di esame della sua politica interna e de' suoi partiti politici (Benissimo!) Serberà assoluto silenzio, e sarà la sola risposta, sperando che qui ed altrove sarà apprezzata la sua prudente riserva. Nè c'è bisogno di dimostrare qui che la nostra dinastia riposa sull'unanime consentimento ed effetto della nazione (Benissimo! Applausi).

Nei paesi ove la Monarchia, come in Italia e in Germania, si è interamente associata alla causa nazionale e ne ha ben meritato con grandi servizi, non si può temere che le istituzioni costituzionali democratiche possano scuoterla, esse non possono che consolidarla (Benissimo!).

Tuttavia quelle parole impongono al popolo italiano un debito d'onore, viemmeglio mostrarsi degno delle libertà costituzionali, dando una quotidiana smentita a timori, che dobbiamo ritenere ispirati ad un sentimento di benevola sollecitudine per l'avvenire d'Italia ».

(l) -Con R. 315 del 27 dicembre, non pubblicato Curtopassi accusò ricevuta di questodispaccio e assicurò che si sarebbe uniformato alle istruzioni in esso contenute. (2) -Cfr. n. 293.
359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 1061-1062 (1). Roma, 9 dicembre 1881, ore 24.

«Je reçois de Costantinople le télégramme suivant (2). Agent anglais au Caire a informé son Gouvernement que le ministre des affaires étrangères lui a remis un memorandum par lequel, après avoir résumé l'histoire de l'acquisition d'Assab par les italiens, déclare que le Khédive ne peut pas consentir à la convention dans les termes du Memorandum; ajoute que le Gouvernement du Khédive est disposé a conclure un arrangement avec la compagnie Rubattino concédant territoire et des privilèges commerciaux, mais se réservant la

(ll Il telegramma fu inviato al Cairo con il n. 1061 e a Londra al n. 1062.

souveraineté et la jurisdiction. Ambassadeur d'Angleterre ici n'a pas reçu jus

qu'ici aucune communication de la Porte à ce sujet ).

Ce télégramme nous étonne au plus haut degré. Nous avons en effet rien reçu, là-dessus, ni de Londres ni du Caire. Vous m'avez (M. De Martino m'avait) télépraphié, le 3 de ce mois (1), ce que vous avez (qu'il avait) appris de votre (son) collègue anglais, à savoir que le Gouvernement vice-royal allait accepter et que M. Malet écrirait en ce sens à Constantinople.

(Seguito per Cairo) Je vous prie de demander à M. Malet l'explication de ce fait inattendu. Le Gouvernement anglais ayant admis notre projet et s'étant chargé d'en recommander l'acceptation au Caire et à Constantinople, la Sublime Porte s'étant de son còté, prononcée favorablement et une proposition d'adhésion venant d'étre déjà soumise à la sanction du Sultan, la résistance du Gouvernement egyptien aurait le caractère d'un parti pris d'hostilité qui ne cadrerait point avec les déclarations réiterées de Cherif pacha et du Vice-Roi lui-méme, ni avec une sage appréciation des véritables et sérieux intéréts de l'Egypte. La renonciation que nous demandons à l'Egypte n'est, au fond, que purement nominale, en méme temps qu'elle implique une confirmation de ses droits sur la còte jusqu'à la limite septentrionale de notre possession. Au point où les choses sont arrivées, un refus de sa part ne saurait guère arréter le développement norma! de la situation, et il n'aurait en définitive d'autre résultat qu'un refroidissement inévitable des sympathies que l'Italie a toujours vouées au Vice-Royaume. J'ai de la peine à admeUre qu'un Cabinet présidé par Chérif pacha veuille conseiller au Khédivé une pareille politique. Je vous prie de faire en sorte que M. Malet se pénètre de ces considérations et les fasse valoir avec toute l'énergie que la gravité du sujet comporte.

(Seguito per Londra) Nous espérons encore qu'il n'y a là qu'un simple malentendu. Mais nous comptons, en toute hypothèse, sur l'efficacité des bons offices du Cabinet britannique pour que le Gouvernement Vice-Royal n'empéche pas, par son refus d'une attitude de résistance, la conclusion d'un arrangement dont profiteraient, ainsi que le Gouvernement anglais lui-méme l'a désormais reconnu, tous les intéréts qui y sont engagés (2).

(2) T. 1880, e<l. in italiano In LV 34, p. 119.

360

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2919. Berlino, 9 dicembre 1881 (per. il 13).

A tenore delle istruzioni impartitemi dall'E. V. (3) non indugiai a comunicare alla Agenzia Wolff il testo analitico di quella parte del discorso da lei testé pronunziato alla Camera dei deputati, concernente i rapporti dell'Ita.<lia e della Germania. Per prevenire ogni inesattezza di significato che per avven

(-3) Cfr. n. 358.

tura avrebbe potuto verificarsi nel voltare in tedesco il testo italiano, volli riscontrare io stesso la versione tedesca, la quale feci pubblicare tosto che l'ebbi riconosciuta conforme e fedele alla originale.

Unisco qui, ad ogni buon fine, la traduzione tedesca quale fu ieri telegrafata dall'Agenzia Wolff a tutti i giornali tedeschi (l).

Avendo avuto agio di vedere oggi il Segretario di Stato ho avuto cura di far cadere il discorso sulla discussione inaugurata in questi giorni nella nostra Camera dei deputati intorno alla politica estera. Ed accennando alle franche quanto leali parole pronunciate dall'E. V. intorno ai nostri rapporti coll'AustriaUngheria e colla Germania, ho manifestato la fiducia che il Gabinetto di Berlino ed il Principe Bismarck avessero accolto con compiacenza le dichiarazioni della E. V., dalle quali traspare distintamente con quanta serietà e simpatia il Governo del Re persevera nella sua politica di procedere d'accordo con la Germania e con l'Austria-Ungheria.

Il Conte di Hatzfeld non ha esitato a dichiararmi che il discorso dell'E. V. avea prodotto qui e presso il Principe di Bismarck la migliore impressione e che questi avea già incaricato l'Ambasciatore tedesco in Roma di fare al R. Governo la medesima comunicazione e di in pari tempo spiegare il vero valore delle parole da lui pronunziate nel Reichstag nella seduta del 29 del decorso novembre. Il mio interlocutore ha soggiunto che l'importanza della rassegna fatta dal Principe di Bismarck a proposito dei pericoli a cui sono esposti gli Stati qualora si lascino sopraffare dagli elementi democratici era stata esagerata e fraintesa dai giornalisti che cercano di pescare nel torbido. Non c'era né ci poteva essere ombra d'intenzione malevole verso l'Italia con cui il Governo Imperiale si trova in rapporti così intimi. Del resto, ha conchiuso il Conte di Hatzfeld, si può ormai considerare come terminato nel modo più soddisfacente codesto incidente, che non si era prodotto se non nel cervello dei giornalisti.

Mi sono compiaciuto col Segretario di Stato di questo suo linguaggio che riconfermava ed avvalorava ancora una volta lo stato dei cordiali ed intimi rapporti esistenti fra l'Italia e la Germania, non senza assicurarlo nello stesso tempo che il Governo del Re era in ciò in perfetto accordo col Governo Imperiale.

Nel confermarle il mio telegramma di oggi (2) ...

(l) -T. 1848, non pubblicato. (2) -Analogo telegramma venne inviato in pari data a Costantinopoli col n. 1063. Per le risposte cfr. nn. 361 e 362.
361

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1888. Cairo, 10 dicembre 1881, ore 16,05 (per. ore 19,45).

Selon vos instructions je me suis bien gardé de m'en meler et j'ai télégraphié le 3 courant (3) exa·cte communication du collégue anglais, c'est à dire qu'il

28 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

avait communiqué au Gouvernement egyptien projet convention et que celuici ne pourrait qu'accepter résultat démarche à Constantinople. A peine reçu le 9 le télégramme (l) qui m'a étonné j'ai vu collègue anglais qui à mon langage inspiré sur votre télégramme m'a dit avoir reçu et télégraphié à Londres avant hier memorandum, quoiqu'il a vai t conseillé fortement acceptation; mais il a ajouté que Granville ayant démandé opinion Vice Roi à ce sujet, il ne pouvait répondre différemment, puisqu'il lui est expressement défendu par les firmans de céder territoire, et il m'a confirmé que si Sublime Porte sanctionne projet, l'Egypte ne peut qu'accepter le projet; ayant été accepté par l'Angleterre et accueilli favorablement par la Sublime Porte, toute opposition ici est dérisoire.

(l) -Non pubblicata. (2) -T. 1883, non pubbUcato. (3) -T. 1848, non pubblicato.
362

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1889/882. Londra, 10 dicembre 1881, ore 18,50 (per. ore 21).

J'ai vu aujourd'hui Tenterden à qui j'ait communiqué le contenu du dernier télégramme de V. E. (l) relatif aux nouvelles exigences de l'Egypte au sujet de la convention d'Assab; il venait en ce moment de recevoir de Malet un télégramme qui donnait la méme nouvelle; il allait le transmettre à Paget pour qu'il soit communiqué à V.E. Je n'ai pas manqué de faire observer à Tenterden que la dignité de l'Angleterre était engagée dans cette question, puisque c'est elle qui spontanément avait proposé projet de convention que nous avions accepté. J'ai déclaré que nous n'étions pas disposés à céder aux prétentions de l'Egypte. En attendant j'ai remis à Tenterden promémoire que j'ai prié faire parvenir à Granville dont je réclamais la prompte et bienveillante intervention pour amener une prompte solution à cette affaire. Tenterden m'a dit que le télégramme ci-dessus indiqué était le premier qu'il recevait de Malet relatif à la convention. Je prie V. E. de faire rectifier n. d'ordre de mon télégramme précédent (2) qm est 881.

363

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2992. Berlino, 10 dicembre 1881 (per. il 20).

Se le trattative intese a stringere una lega fra il Principe di Bismarck e il partito del Centro incontrano difficoltà, come ho avuto l'onore di accennarlo in uno dei miei precedenti rapporti, la stampa clericale di questo paese che pre

vede nondimeno prossimo tale connubio, tiene un linguaggio che diventa di giorno in giorno più altero e provocante, non solo contro i giornali liberali, ma altresì contro gli stessi giornali officiosi. È ormai evidente che oggi i clericali tedeschi sentono la coscienza della propria forza e, come suole accadere in simili casi ne esagerano l'importanza. Essi credono di potere non solo trascinare il Governo a modificare sostanzialmente la sua politica ecclesiastica interna, ma eziandio determinarlo ad assumere la difesa del Papato contro l'Italia ed a porgere la mano alla ricostruzione parzale del potere temporale. La Germania e gli altri minori organi clericali tedeschi non si stancano dal propagare ogni sorta di rumori a proposito delle trattative in cOTso fra il Principe di Bismarck ed il Vaticano. Attribuivano al primo trame tenebrose rivolte a beneficio del Papato ed a danno dell'Italia. Le parole pronunciate da lui nella seduta del 29 decorso novembre al Reichstag, che si prestavano a malevole interpretazione furono un nuovo incentivo ad accrescere la baldanza dei clericali ed a fare accreditare le voci di una restaurazione del potere temporale per opera della Germania. Il nostro paese, il suo Governo e le sue istituzioni liberali furono fatti segno di obbrobrio, come quelli che sono impregnati di quello spirito rivoluzionario che ha dichiarato la guerra alla potestà papale e che condurrà a certa rovina l'Augusta Dinastia. Queste contumelie non sono nè nuove nè rare presso gli organi clericali tedeschi; ma ciò che è degno di nota è appunto l'atteggiamento di questa stampa officiosa, la quale o continua nel suo consueto silenzio e nella sua indifferenza, ovvero, come lo fece recentemente la Posta (1), porge pretesto con le sue elucubrazioni sulla situazione del Papato, a confermare indirettamente quanto in proposito i clericali attribuiscono al Principe di Bismarck.

Noi dobbiamo, è vero, attenerci alle dichiarazioni solennemente fatteci in questi ultimi giorni per ciò che riguarda i sentimenti di amicizia esistenti fra ntalia e la Germania, e quindi non dobbiamo !asciarci fuorviare dalle tante voci messe in giro dalla stampa clericale circa tali disegni. Se non che non è ben vero che permettendo che abbiano libero corso nell'opinione pubblica di questo paese simile voci, si mantiene viva e s'incoraggia una propaganda a nostro danno e dalla quale i nemici del nostro paese cercano di trarre beneficio. D'altra parte è risaputo che se il Principe di Bismarck in questo tempo di amoreggiamenti col partito del Centro lascia che oggi i clericali si comportino a quel modo, egli è mosso a ciò soltanto dall'interesse della situazione parlamentare. E poiché questo è in cima a tutti i suoi pensieri, essendoché si tratti di crearsi una maggioranza tale da render possibile quando che sia l'attuazione delle sue riforme economico-sociali, egli difficilmente si muoverebbe per un senso di amicizia verso tl'Italia a far cessare con un suo cenno tutto questo clamore, che da qualche tempo si avverte qui per ciò che riguarda la situazione del Papato di fronte all'Italia. Forse codesto clamore non ha altro scopo se non di rendere più rumorosa questa nuova notte di Santa Valburga che festeggiano i clericali ed il Principe di Bismarck.

Non bisogna neppure dimenticare, che il grande statista oltre ad essere un seguace della scuola del freddo tornaconto politico, è anche un gran pes

slmista. L'ha detto egli stesso nel suo ultimo discorso al Reichstag (l) parlando dei liberali e dei clericali: posto fra l'alternativa di scegliere fra gli ultimi e gli altri, egli avrebbe dato la preferenza a questi ultimi, come al minore dei mali.

Con un uomo della sua indole e della sua potenza non si può mai esser sicuri contro le sorprese che per avventura possono derivare da una politica così sagace, ma così affrancata da ogni rispetto qualsiasi verso gli interessi altrui. All'interno come all'esterno egli piglia le alleanze ove le trova; pon mente soltanto al loro valore intrinseco, nè si lascia guidare da altro criterio. Dopo essersi alleato coi liberali ricerca l'alleanza dei clericali, dopo aver combattuta l'Austria, la presceglie a suo principale alleato; malgrado la cordialità dei rapporti esistenti fra l'Italia e la Germania non si astiene dal riannodare l'amicizia col Vaticano. Ma se oggi cangiasse la costellazione politica, egli non si tratterrebbe dal volgere le spalle a chi ieri era accolto da lui a braccia aperte.

(l) -Cfr. n. 359. (2) -T. 1885/881 del 9 dicembre, non pubblicato.

(l) T. 1890 del 10 dicembre, non pubblicato

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI

T. 1065. Roma, 11 dicembre 1881, ore 0,10.

M. de Keudell est venu hier matin me donner connaisance du contenu d'un télégramme de Bismarck déclarant que mes appréciations sur les paroles qu'il avait prononcées au Reichstag coincident parfaitement avec sa propre pensée et qu'on ne saurait d'ailleurs douter ni de ses sentiments et intentions amicales envers l'Italie, ni de la sincerité de ses voeux pour l'Auguste Dynastie italienne si liée à l'allemande. Je me suis empressé de prier M. de Keudell de vouloir bien ètre auprès du prince l'interprète de mes vifs remerciements.

S. M. le Roi, à qui j'ai fait part de cette communication m'a également chargé de faire parvenir à Son Altesse l'expression de sa haute satisfaction. En l'absence du conte Launay, M. de Keudell a bien voulu accepter d'ètre aìnsi l'intermédiaire de ce message. Je vous informe de ce qui précède, afin que vous puissez, à votre tour tenir un langage analogue au comte de Hatzfeld.

365

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1891. Parigi, 11 dicembre 1881, ore 13,50 (per. ore 16,40).

D'après le compte-rendu officiel de la discussion d'hier au Sénat sur les crédits tunisiens, Gambetta a dit qu'il pensait que, comme avec l'Angleterre,

on pourra et on devra arriver avec l'Italie à une << transaction », qui pourra permettre de donner aux intérets communs, c'est à dire, aux intérets de commerce, de navigation, et d'affaires des deux pays une satisfaction suffisante. Il a parlé de ses intentions cordiales à l'égard des italens, il a ajouté qu'il n'a « peut etre pas été clairement, nettement, suf.fisamment dit à l'Italie ce qu'on voulait faire et ce que l'on devait faire dans l'intéret de la France sans chercher aucunement à blesser les susceptibilités et les traditions italiennes », il a dit enfin qu'il donnerait toute son attention et tout son zèle à cette question qui. reste parfaitement ouverte. Ce langage me parait confirmer les meilleures dispositions de Gambetta que j'ai signalées à V. E. dans ma lettre particulière partie hier matin par le courrier de Cabinet (1).

(l) Il testo di tale discorso era stato trasmesso da Tugini con t. 1867 del 6 dicembre, non pubbllcato.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A LONDRA, MENABREA

T. 1067-1068. Roma, 11 dicembre 1881, ore 15.

Malet a donné à De Martino explication suivante (2), qui atténuerait considérablement importance du memorandum ègyptien concernant convention pour Assab. Lord Granville, a-t-il dit, ayant fait demander l'opinion du VJ..::e-Roi, celui-ci ne pouvait pas répondre différemment puisqu'il lui est expressement défendu par les firmans de faire des cessions territoriales. En mème temps Malet a confirmé que si la Sublime Porte sanctionne le projet, l'Egypte ne peut qu'accepter, car son opposition après l'adhésion de la Porte et de l'Angleterre serait dérisoire. Il résulte donc de ce qui précède que c'est à Constantinople que les bons offices de l'Angleterre doivent maintenant s'exercer avec le plus d'énergie.

(Seguita per Londra) Nous comptons pour un prompt succès, sur l'amitié du Gouvernement de la Reine et sur l'intérèt évident que nous avons tous à ce que cette question soit définitivement réglée.

(Seguita per Costantinopoli) J'ai télégraphié en ce sens à Londres, mais vos rapports intimes avec lord Dufferin vous mettent en mesure de corroborer, auprès de lui, les instructions qu'il va recevoir du Foreign Office. Nous comptons d'ailleurs sur les bienveillantes dispositions du Sultan, qui a maintenant l'occasion de prouver les sentiments d'amitié pour l'Italie par una adhésion aussi conforme à ses intérets.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr..n. 361.
367

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1901/283. Londra, 13 dicembre 1881, ore 19,32 (per. ore 23,50).

Granville m'a dit aujourd'hui que la Porte semble disposée à accepter projet de convention pour Assab et que de son còté il conseillerait à l'Egypte de se désister de son opposition à cet arrangement.

368

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1555. Vienna, 13 dicembre 1881 (per. il 16).

Ringrazio l'E. V. per la comunicazione datami del rapporto del R. Incaricato d'Affari a Monaco (l) intorno all'agitazione clericale risvegliatasi in questi ultimi tempi in Germania.

Quali siano gl'intendimenti al riguardo del Principe di Bismarck non tocca a me l'indagare e d'altronde l'illustre mio collega di Berlino è per ogni ragione troppo meglio di me in grado di farlo perché io voglia invadere il suo campo; mi limiterò dunque a far conoscere all'E. V. i miei. apprezzamenti sull'eventuale accordo dell'Austria colla Germania, onde esprimere, in comune coll'Italia, il desiderio che venga migliorata l'attuale condizione del Papa in Roma: ipotesi questa posta innanzi dalla persona a cui il signor De Nitto attinse le sue informazioni.

Or bene a mio avviso a malgrado io non abbia ancora dati sufficienti per formarmi un criterio intorno ai sentimenti che informeranno la condotta politica del Conte Kalnocky, e che stando alle voci che corrono le sue tendenze s~ano clericali: che dipenderà da noi che il Gabinetto di Vienna non si dia noia alcuna per le nostre relazioni colla Santa Sede; per ottenere quel risultato occorrono però due condizioni indispensabili.

Primo: che l'Italia si mantenga scrupolosamente sulla via su cui si è felicemente posta colla visita dei nostri Augusti Sovrani a Vienna, eliminando con tutti i mezzi qualsiasi tentativo di nuove agitazioni irredentiste, facendo anzi apposite leggi se le esistenti non sono sufficienti, onàe prevenire quelle dimostrazioni ostili all'Austria che se non sarebbero mai atte nelle condizioni presenti di Europa a raggiungere scopo pratico qualsiasi, pur sono sufficienti a turbare le nostre relazioni col vicino Impero come i fatti ebbero purtroppo a provare. Inoltre non lasciando sfuggire occasione di provare all'Austria il nostro sincero intendimento di essergli leale ed efficace alleato, sostenendo ovunque in Oriente la politica del Governo imperiale; gl'inconvenienti che da

ciò potrebbero risultare per noi sono affatto secondari a fronte del risultato che conseguiremo perdurando in quella politica.

Secondo: e questa è condizione non meno ·che la prima che ben può dirsi sine qua non: dobbiamo far in modo che la cattolicità non abbia mai più buona ragione od anche solo pretesto ad accampare in avvenire la necessità di provvedere in miglior modo onde l'indipendenza ed il decoro della Santa Sede siano efficacemente tutelati. Un nuovo fatto del genere di quello cui diede occasione la Sepoltura di Pio IX, ben anca se fosse palese che il Governo italiano ha fatto tutto ciò che da lui dipendeva onde impedirlo, non esito a dire che nella circostanza attuale ci sarebbe fatale; poiché farebbe indubbiamente uscire il Gabinetto di Vienna da quella neutralità a fronte della Questione Romana in cui con tanta correttezza ebbe a mantenersi fino ad ora.

A bella posta e non per inavvertenza, ho indicato sotto il nome di Questione Romana l'agitazione clericale contro l'Italia che più o meno non ha mai cessato di esistere, poiché è inutile illudersi: la Questione Romana non è mai stata considerata in Europa come risolta senza possibilità d'appello, ed è questa una verità che nessuno dei miei egregi colleghi accreditati presso i vari Governi sarà in condizioni di smentire. Essa non venne più in discussione, ecco tutto. Ma un incidente qualunque bastava per richiamarla all'ordine del giorno, e ciò infatti si è verificato ora. I fatti vanno considerati quali sono, e non quali dovrebbero essere; il secondo sistema non conducendo in politica a pratici risultati.

Or bene stando le cose come sono noi non dobbiamo preoccuparci di dimostrare al mondo che il buon diritto è per noi, e che nulla tralasciamo onde scrupolosamente applicare le leggi che spontaneamente abbiamo fatto a tutela di tutti gli interessi: ma dobbiamo coi fatti d'ogni giorno provare l'inappuntabile efficacia di quelle leggi. Così facendo renderemo vani i clamori dei clericali, e la Questione Romana se non cesserà d'esistere, non troverà però modo d'imporsi alla discussione dei Gabinetti.

Tutto ciò premesso devo non di meno dichiarare che se per un impreveduto caso il Gabinetto di Vienna od un altro qualunque venisse fuori senza che da parte nostra avessimo dato legittimo pretesto di sorta aid esprimerci desi:deri od anche solo a porgerei consigli di natura ad includere un'ingerenza qualsiasi nelle cose nostre interne su sì delicato argomento, sarei assolutamente d'avviso che non dovressimo in maniera alcuna accettare d'impegnarci in una discussione così pericolosa per noi, e siffattamente lesiva pel nostro onore nazionale; ed anzi converrebbe respingere a priori nel modo il più esplicito qualsiasi entratura in proposito; in modo anche da togliere la possibilità di ricominciare altra volta il discorso su simile argomento a chi ne facesse una prima prova.

Ciò io farei dal canto mio senza esitare ove quell'eventualità avesse, contro ogni mia previsione, a verificarsi a Vienna (1).

N. -B. -Attenderò il cenno di S. E. prima di redigere il dispaccio. Malva.no. «Approvo Mancini».

(l) Cfr. n. 344.

(l) -Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni: «Non so se convenga entrare in discussione col Conte Robilant circa il su~gerimento suo di creare leggispeciali, se le presenti non bastano, per reprimere le mene irredentiste. Mi parrebbe più opportuno di rispondergll con esclusivo riferimento alla quistione romana, dicendogli che, circa questa, siamo con esso interamente concordi.
369

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1556. Vienna, 13 dicembre 1881 (per. il 16).

Il Conte Kalnoky assumeva ieri la direzione del Ministero degli Affari Esteri ed oggi riceveva per la prima volta il Corpo diplomatico: come gli altri miei colleghi mi recai io pure alla sua udienza.

S. E. parlommi brevemente della favorevole impressione ch'egli ebbe a riportare dalla Russia; dicendomi essere il Governo Imperiale nelle migliori e più amichevoli disposizioni a riguardo dell'Austria-Ungheria e desiderare sinceramente di mantenere con essa leali relazioni di buon vicinato. Certamente, egli aggiungevami, il Governo russo incontrerà talvolta delle difficoltà su quella via, a causa delle sue passate intime relazioni coi partiti slavi e panslavisti; ma le supererà il buon volere al riguardo, essendo fuori d'ogni discussione. Soggiungeva poi ancora, che conoscendo la Russia com'ebbe campo di conoscerla lui, si sa che molte cose che viste da di fuori sembrano avere grandi proporzioni, non le hanno poi in realtà; ed a questo proposito osservava che la stessa cosa sapeva verificarsi anche a riguardo dell'Italia: verità questa che non mancai dal canto mio di confermare onde all'evenienza valermi seco lui di quell'anticipato suo apprezzamento. Fecemi poi anche cenno, del generale Ignatief e senza esprimere a suo riguardo sentimento ostile o solo dissidente, dissemi che a torto gli si attribuiva un'ingerenza nella politica estera, l'Imperatore tenendolo assolutamente all'infuori di tutto ciò che ad essa si riferisce.

Relativamente alla sua fermata a Berlino nel suo viaggio di ritorno si mostrò assai soddisfatto dei colloqui avuti col Principe di Bismarck aggiungendomi scherzando che Sua Altezza gli era parsa particolarmente contenta della posizione fattasi a fronte del Parlamento, avendogli detto che non davasi pensiero pel bilancio che gli sarebbe votato, e che in quanto alle leggi da lui proposte siccome non trattavasi di provvedimenti indispensabili ma solo di mezzi atti a migliorare la situazione, la Camera era padronissima di respingerle riservandosi egli di ripresentarle un altr'anno. Ad una mia domanda sull'impressione che gli sembrava avesse il Principe di Bismarck a riguardo del signor Gambetta, egli mi rispose: che il Cancelliere mostravasi indifferente alla personalità di chi governa in Francia, purché il faccia con proposito d'ordine e di pace, del resto, aggiungevami egli: il signor Gambetta ha sulle braccia l'affare di Tunisi e nessuno può prevedere come e quando finirà quell'avventura. Dissemi poi ancora che l'Imperatore nell'udienza accordatagli avevagli espresso il suo soddisfacimento per la visita fatta dagli Augusti Nostri Sovrani alla Corte di Vienna.

Desiderando poi io provocare una sua qualche parola d'apprezzamento intorno alle recenti discussioni sulla politica estera avvenute nel nostro Par

lamento feci indirettamente cadere la conversazione su quell'argomento, ma a questo proposito non so tacere che il Conte Kalnoky si mantenne riservatissimo. Infatti Egli limitossi a rispondermi che «il Conte Wimpffen gli aveva trasmesso il discorso di V. E. che tutti conosciamo senza accompagnarlo con commenti od apprezzamenti di sorta »; ed a sua volta egli si asteneva del pari dal manifestare al riguardo giudizio qualsiasi, anzi. troncava il discorso. Stando io per alzarmi S. E. chiesemi se sapessi quale fondamento avessero le voci poste in giro dai nostri giornali intorno ad una visita a farsi a Torino ai Nostri Augusti Sovrani di cui già anzi volevasi fissare la data al 4 Gennaio. Egli dicevami nulla sapere in proposito ma non sembrargli esistesse la menoma probabilità che ciò si verificasse ed all'uopo svolsemi delle considerazioni di fatto che veramente ben dimostravano l'assurdità di quella diceria. Io credetti non dovere esitare a mostrare il mio pieno apprezzamento del suo modo di vedere, aggiungendo essere tutto ciò tanto più assurdo che i Sovrani non sogliono mai restituire a così breve intervallo le visite che ricevono, e feci cadere il discorso sembrandomi affatto inopportuna quell'occasione per incominciare a discorrere della questione di una controvisita che con tanta mancanza di tatto alcuni nostri giornali sollevarono fin d'ora in maniera così compromettente pei futuri concerti a prendere al riguardo.

Ho creduto opportuno rendere conto all'E. V. in modo particolareggiato di questa mia prima conversazione col nuovo Ministro sembrandomi che tutto ciò ch'egli ebbe a dirmi è di qualche interesse per noi. Dovrei poi, in verità astenermi trattandosi di una prima impressione dal manifestare all'E. V. il mio apprezzamento intorno ai sentimenti a nostro riguardo che mi parvero animare il Conte Kalnoky in questa sua prima udienza ma il mio silenzio sarebbe forse inutile palesandosi abbastanza chiaramente dal linguaggio ch'egli mi tenne e ch'ebbi l'onore di riferire all'E. V. che il suo recente viaggio a Berlino lo ha reso forse più riservato verso di noi che non lo fosse il giorno in cui venne a farmi la sua prima visita.

370

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1904/884. Londra, 14 dicembre 1881, ore 12,38 (per. ore 15,25).

Hier j'ai demandé à Granville si réellement l'Angleterre avait reconnu le traité franco-tunisien, ainsi que l'a assuré Gambetta devant le Sénat. Il m'a répondu que le Cabinet anglais considère ce traité comme un fait accompli, mais qu'il ne l'avait pas reconnu formellement.

371

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 15 dicembre 1881.

Je suis souffrant d'un refroidissement qui m'a donné un peu de fièvre. Vous excuserez dane la forme de cette Iettre. Je ne veux pas manquer cette occasion de vous exposer une situation qui est délicate et mème grave.

On peut ètre d'opinion qu'il n'y a, en présence de l'attitude du Prince de Bismarck, et d'une certaine froideur du Comte Kalnocky, qu'à chercher à maintenir ici la situation à flot par une conduite correcte, en attendant un changement de ministère en Italie qui inspire plus de confiance aux deux Cabinets impériaux sous plusieurs rapports dans des négociations ultérieures qui devraient ètre secrètes et réservées à très peu de personnes.

Le malheur est qu'il n'est pas possible de s'arrèter sans reculer. Déjà la politique de bascule a repris le dessus, gràce à la faiblesse de Mancini. Depretis a été enchanté des discours de Kallay, d'Andrassy, de Bismarck; il a obtenu de Mancini que san discours fiìt ce que vous avez lu, ou plus exactement, qu'il ménageàt encore plus la France, dans ses paroles à la Chambre qu'il ne le fait dans le compte rendu officiel. Les amis de Gambetta ici, jubilent. De Renzis est en marche pour acheter l'Italie avec de l'argent de Gambetta. Un agent français a essayé de négocier l'achat du Diritto: il était recommandé par notre ministère de l'Intérieur à un administrateur de ce journal. On sait de bonne source que le pian de Gambetta serait d'entretenir par de bonnes paroles notre gouvernement dans l'altalena jusqu'à nos élections générales dans lesquelles l'or français sera répandu aussi largement qu'il le faudra pour assurer l'existence tout au moins d'une forte minorité républicaine et gallophile dans la future Chambre. Il y a donc péril à interrompre l'action que V. E. a si heureusement prise en main, et qui consiste simplement à sauver la dynastie.

Mancini, Zanardelli, Baccarini, Magliani (les autres étaient absents de Rome) ont clairement entendu et admis la démonstration que je Ieur ai faite, avant le voyage, qu'il fallait bien se garder d'aller à Vienne si l'an n'avait pas pris d'avance san parti de la garantie réciproque des territoires, forme que l'Autriche pourrait vouloir donner à notre engagement d'amitié et de paix. Sous cette forme ou sous une autre, il serait à mon avis périlleux de ne pas fixer sans retard, dans des accords secrets, et précis, la portée de notre rapprochement. Nos ministres seront peut-ètre toujours plus enclins à éluder leurs engagements moraux à mesure que le temps passera, ou plutòt ils regarderont camme établi que les phrases des circulaires, la correction des rapports de fait, et la sécurité relative et limitée qu'en résulte précairement pour les rapports des deux pays, doivent ètre les seuls fruits du voyage de Vienne. A l'abri de cette idée commode, toutes les faiblesses envers la France pourront recommencer, jusqu'au jour où dans un conflit européen nous nous retrouverons en fait sous la main de la France.

Je ne veux pécher ni par excès de zèle, ni par pessimisme. Mais je n'aime pas les apparences sous lesquelles s'ouvre pour l'Europe l'année 1882; et j'aime moins encore les perspectives de cette année pour l'Italie avec ses révisions du statut, son renouvellement des bases électorales, et son inféodation, trop justement dénoncée par Bismarck, de notre ministère aux idées franco-républicaines. Je crois qu'il n'y a pas de temps à perdre pour river a grands coups de marteau le clou planté à Vienne. Je me charge de ma part du maniement du marteau, en ce sens que je puis, si je ne m'abuse, exercer quelque pression sur le ministère ici, à la condition que vous jugiez opportune et utile l'action que je vais essayer de tracer.

Dane je dirais à LL. EE.: les reproches de duplici tè, l es marques de défiance recommencent. Vous allez perdre tout l'effet du voyage de Vienne, non seulement à l'étranger où vous demeurerez encore plus isolés et encore plus suspects, rriais à la Chambre mème, dont le mécontentement est visible. Une visite royale faite dans de telles conditions ne peut donner meme au public l'illusion d'un acte sérieux s'il n'y a réellement que des phrases échangées, si l'an ne voit pas des faits prouvant que l'accord est réel, contractuel et durable. Or ces faits ne se produiront pas sans que les deux gouvernements aient fixé dans un acte aussi secret et aussi bref que possible la portée précise de leurs engagements. Cette régularisation diplomatique des résultats d'une visite royale, l'Allemagne l'a attendue en vain de nous après 1873: nous avons fait alors ce que vous faites aujourd'hui; nous avons cru que des phrases suffisaient; nous en avons été punis au Congrès de Berlin, où il s'est agi d'autre chose que de phrases. Lorsque, avant les événements de Tunis, Cairoli projetait un accord de neutralité avec l'Autriche, accord auquel Depretis s'opposa, Keudell nous prédit que nous nous repentirions de n'avoir pas signé cet accord: il rappela cette prédiction à Cairoli après les affaires de Tunis et la crise ministérielle d'avril. Ces exemples montrent une partie du chàtiment plus terrible que recevraient de nouvelles dupUcités. Pour ma part je serais pret, maintenant que la loyauté du Roi est engagée, à tout faire, à provoquer mème par ma démission publiquement motivée une crise ministérielle qu'on m'assure de bonne part pouvoir en résulter à la Chambre, plutòt que de laisser le département de l'extérieur retomber avec la complicité de mon silence dans une vaie où le pays et la dynastie sont à deux doigts de leur perte. Dane faites loyalement et sans retard, maintenant que l'Angleterre et la France meme vous caressent et vous reconnaissent pacifiques, faites ce que avant le voyage vous m'aviez dit etre prets à faire: le pacte de garantie.

Mais tous ces discours, mon cher Comte, ne pourraient en soi etre d'aucune utilité pratique auprès de nos ministres, si de Vienne meme, je veux dire de V. E. n'en vient pas d'une façon ou d'une autre la confirmation. C'est dane à Vous, mon cher Comte, de juger en dernier ressort de la possibilité, de l'opportunité de faire un pas de plus, notre ministère demeurant tel quel. Les tergiversations qu'on a cru voir dans le langage de Mancini, une certaine insuffisance de courage, de clarté et d'élévation qui en tout cas en ont été les défauts, ont fort affaibli le ministère à la Chambre. Mais le Parlement ne voit pas joindre les successeurs possibles de nos ministres, et par conséquent évite une crise. Sella arrive dans quelques jours. Je crois savoi'l' qu'il est convaincu que la défiance de l'Allemagne envers notre Cabinet est le seui obstacle à la formation de l'alliance vivement souhaitée par le pays: cette conviction le décidera-t-elle à organiser et à 'livrer la bataille la semaine prochaine à l'occasion du budget de l'Intérieur? Je l'ignare. Généralement on le croit plus inerte que jamais et toujours découragé par son récent insuccès. Il est pourtant possible qu'à Vienne meme, si on a quelque ouverture à nous faire, on attende pour nous la faire le résultat de la votation de notre budget de l'Intérieur, après Iaquelle il n'y a plus que l'imprévu qui puisse fournir une occasion de crise ministérielle d'ici à quelques mais. Quoi qu'il en soit,

V. E. jugera peut-etre utile de ccmfier à mon absolue discrétion, par quelques mots de convention expédiés par télégraphe, une information dont tout dépend, c'est-à-dire:

V. E. croit-Elle pouvoir, reprenant en main la direction de l'action camme Elle l'a fait à son arrivée à Rome, prendre une initiative qui empeche le ministère de se dérober et le piacer devant le dilemme inéluctable: o mangiar questa minestra, etc.? Croit-Elle pouvoir, soit affirmer qu'on en est à s'étonner à Vienne de notre silence pendant et depuis le voyage sur la question du pacte positif de garanties réciproques qui doit régulariser les engagements maintenant pris, et qu'il y a lieu de croire que le Comte Kalnocky est pret, camme on l'était mème peut-ètre pendant la visite, à accueillir nos propositions précises, soit affirmer -camme l'opinion personnelle de l'Ambassadeur de Sa Majesté à Vienne -la nécessité que le ministère s'explique avec lui sans autre délai sur son intention ou non de tirer au clair une situation qui à travers des phrases de circulaires se balance agréablement entre la politique des alliances et la politique de l'isolement camme à la veille de la campagne de Tunisie?

En d'autres termes -car ma rédaction est pitoyable, et je suis vraiment souffrant -V. E. peut-elle, soit de son propre chef, soit en s'appuyant sur l'opinion exprimée ou supposée du Gouvernement austro-hongrois, faire remarquer au ministère qu'on est sur le point de considérer cornme preuve probante d'une duplicité de tendances dont les journaux mèmes commencent à l'accuser, le fait qu'il évitàt plus longtemps de formuler des propositions précises que -m'a dit M. de Wimpffen -on était prèt à Vienne à accueillir dès l'arrivée de nos ministres, et qu'on n'a pas vu paraitre encore?

Si V. E. ne croit pouvoir rien faire dans ce sens, je veux dire rien sur quoi je puisse m'appuyer pour montrer fermement à ces messieurs la minestra et la finestra, ma tàche est finie, car je n'ai ni arme ni terrain pour lutter contre tant de circonstances contraires. Je ne puis, en effet, évtdemment rien tant qu'on pourra me répondre, camme avant Votre arrivée à Rome: «Le Comte de Robilant n'est pas d'avis, l'Allemagne n'est pas favorable, l'Autriche ne montre aucune disposition de ce genre, etc.».

Mais si V. E. apparait de nouveau avec la force dont elle dispose, tout sera gagné. Ils signeront l'alliance camme ils ont accepté le voyage. Cette fois d'ailleurs ce sera sec·ret. Mon cher Comte, sauvez le Roi. Mettez au pied du mur ces pauvres misérables parlementaires. Forcez-Ies à se couvrir de gioire malgré eux, à assurer l'inviolabilité de l'Italie et de la dynastie.

Je me vois finissant un de ces jours dans l'ignominie, camme le pauvre Maffei. Je ne puis accepter cela: c'est là que le dévouement changerait de nom. Une discussion de vote de confiance va avoir lieu la semaine prochaine. Si rien ne m'est parvenu de V. E., pas meme un simple oui télégraphié chez moi Corso 337, qui m'assure que mon général intervient, je donnerai ma démission, avec claires explications au Ministère, avant la séance où aura lieu le vote de confiance, et je croirai en cela avoir rendu un dernier petit service à Sa Majesté, dont on se joue, et au pays qu'on trompe.

Je Vous enverrai très prochainement mon petit boniment à la Commission d'extradition présidée par Crispi, sur la question de cette partie spéciale du monde politique qui s'occupe de l'assassinat des souverains et de leurs familles.

Ce que je n'ose espérer, mais qui comblerait mes voeux, ce serait d'etre mis à meme de poser la question d'alliance ou d'isolement avant le vote de confiance, et c'est le résultat immense que produirait un prompt télégramme de V. E. à Mancini disant ou à peu près: « Je dois prévoir le cas où je devrais à l'improviste répondre à quelque question de Kalnocky sur vos intentions ou non de préciser par accords secrets et écrits comme il est d'usage les engagements moralement pris à Vienne. En attendant que j'aie pu Vous en référer il est indispensable que je puisse répondre sur l'instant avec la plus entière franchise et clarté bien qu'en termes généraux; et pour cela je Vous prie de me confirmer qu'il est toujours bien entendu que le but du voyage était l'accession la plus prompte possible de l'Italie à l'alliance austro-allemande et non la liberté d'action dont l'inévitable conséquence est notre dépendance de fait de l'influence républicaine française. A une question ainsi posée V. E. peut, je suppose, répondre sans embarras ni délai et en peu de mots ».

Mais que de liberté je prends avec vous, mon cher Comte! Pardon, je vous prie ...

372

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1915. Parigi, 16 dicembre 1881, ore 15,40 (per. ore 17,35).

L'acquittement de Rochefort fait sensation; les intransigeants crient victoire disant que douze jurés ont s• faire contre le Gouvernement ce que la Chambre n'avait pas osé, et que ce verdict condamne Roustan, l'evpédition tunisiene et tous ceux qui l'ont prépaTée. Gambetta, d'après ce que m'a dit l'ambassadeur d'Allemagne, soutenait Roustan avec chaleur, et ses journaux l'ont démontré. Certains journaux se préparent naturellement à entrer en campagne pour réhabiliter Roustan et prouver, en nous calomniant, que l'eX!pédition n'a pas été faite en vue d'opération financière. La prochaine publication du fameux dossier sera probablement exploitée dans ce sens.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 1561. Vienna, 16 dicembre 1881 (per. il 20).

Le inopportune voci intorno ad una prossima visita delle LL.MM. l'Imperatore e l'Imperatrice d'Austria ai Nostri augusti Sovrani poste in giro in questi ultimi tempi, sebbene trovino unicamente la loro origine nel desiderio di poco scrupolosi speculatori che sperano di ricavarne vantaggio pei loro privati interessi, pur nondimento col molto chiasso fatto sono riuscite a mettere quella controvisita all'ordine del giorno della stampa europea. Siccome già ebbi a riferire all'E. V. (1), il Conte Kalnoky mi tenne parola di quella diceria e con bel modo si, ma pur chiaramente, mi fece intendere la poca opportunità e convenienza anche di simile notizia a sensazione senza ben inteso fare cenno di sorta di quella controvisita che con tanta impazienza la stampa italiana mostra aspettare. Ciò nondimeno dacché la questione già trovasi in tal maniera posta in discussione, credo dover mio non tacere fin d'ora all'E. V. le mie idee in proposito, mentre la prego a volermi fare conoscere il pensiero al riguardo di Sua Maestà ond'io possa regolarmi in conseguenza, ove senza che mi sia dato prevederlo prima, mi si tenesse qui parola su sì grave argomento da Chi deve prendere la decisione.

Parmi non vi possa essere dubbio sulla scelta da parte nostra della città dove la visita dovrebbe aver luogo, se questa ci fosse lasciata intieramente libera. Le Loro Maestà essendo venute a Vienna, nella loro capitale del pari devono desiderare di ricevere gli Augusti Loro Ospiti. Le difficoltà che s'incontrerebbero ad alloggiare i Sovrani Austriaci nel Palazzo del Quirinale col loro seguito pur tenendo conto del numero ristretto di persone che a seconda delle consuetudini di questa Corte Li accompagnerebbe, sarebbero senza dubbio gravi, ma non insuperabili: ed a fronte dell'immenso effetto politico che produrrebbe la presenza in Roma della Corte Austriaca si potrebbe facilmente vincere ogni difficoltà. Ma si deciderà l'Imperatore, a fronte tanto più del nuovo risveglio prodottosi nella Questione Romana a venire a visitare il Re nella nostra Capitale, rompendo così in visiera con tutte le tradizioni di riverenza della Sua Casa verso il Sommo Pontefice, senza avere a sua giustificazione uno di quei preponderanti interessi politici che in più circostanze hanno dimostrato che la Casa d'Austria pur sa nei supremi momenti transigere coi suoi principii tradizionali? In verità ne dubito assai. Siccome però d'altra parte l'Imperatore è troppo gentil'uomo per volere mai fare cosa che possa sembrare menomamente mancare ai maggiori dovuti riguardi di cortesia, così ritengo probabile s'ap

piglierà ad un partito che escluda la possibilità di andare a Roma senza che si possa dire ch'Egli abbia mosso eccezioni per la scelta di quella città, siccome luogo d'incontro. L'espediente di cui è caso, parmi sarà bell'e trovato se Sua

Maestà I. e R. annuncerà il suo desiderio di recarsi a visitare il nostro Sovrano nella stagione estiva, in cui le Loro Maestà sono assenti da Roma e non vi sarebbe convenienza da parte Loro d'invitarlo a recarvisi, essendo opinione fondata o non, ma generalmente ammessa, che a quell'epoca il clima ne sia nocivo a chi non ci è abituato. È quindi mia opinione che, se si parlerà della controvisita per la primavera si dovrà mettere innanzi Roma come città dove le Loro Maestà desiderano riceverla, ed insistere in proposito tanto da farne anzi una condizione sine qua non. Se poi invece, come ripeto parmi probabile, sarà per l'estate che quella visita verrà presa in considerazione, sarebbe inutile fare

cenno di Roma poiché non si farebbe altro, se non mostrare di voler forzare una situazione che sarebbe evidente non potremmo finire per piegare a seconda dei nostri desideri.

Prendendo a considerare questa seconda ipotesi, s'affaccia la questione della città, Roma esclusa, che dovrebbe essere indicata dalla Corte nostra per ricevere la visita. Se le Loro Maestà si trovassero a quell'epoca a Napoli non vi sarebbe dubbio che colà dovrebbero aspettare i Loro Ospiti: ma se invece come sembra probabile villeggiassero a Monza in quei mesi, non sarebbe ammissibile facessero fare all'Imperatore il lungo viaggio per terra o per mare per recarsi ai piedi del Vesuvio, dovendo i nostri Sovrani anch'Essi recarvisi appositamente; non si potrebbe infatti pretendere dal Sovrano estero sì grave disagio ad unico soddisfacimento di un nostro scopo politico. Resta quindi la scelta fra una delle città dell'Alta e Centrale Italia. Escludo Torino, siccome capitale dell'antico Regno di Sardegna per le troppo inopportune interpretazioni che occasionerebbe la visita che colà vi facesse l'Imperatore d'Austria. Di Venezia non occorre parlare, la ripetizione sarebbe un assurdo. Di Milano non mi pare il caso, poiché l'idea che dominò nell'incontro di Venezia col Re Vittorio Emanuele II trovò già colà la sua completa esplicazione senza che occorra ritornarvi sopra con nuova insistenza. Firenze fu anch'essa già capitale d'Italia e non sarebbe opportuno nel momento attuale fargliene nuovamente tener le funzioni. Avendo così scartato le principali città dell'Italia continentale, non vedrei altro partito se non di ricevere semplicemente la visita Imperiale a Monza, dove in fin dei conti sarebbe naturale si effettuasse se la Corte vi si trovasse a quell'epoca. Ben prevedo tutte le obiezioni che si faranno a questa idea ma parmi però difficile la si possa rigettare mettendo innanzi il nome di una città italiana, la cui scelta non presenti inconvenienti non lievi dal punto di vista politico, e da quello che non va neppure trascurato dell'alta cortesia.

Ripeto qui che ritenni dovere mio porre fin d'ora sott'occhio all'E. V. questa delicata questione, pronto sempre dal canto mio a facilitare il successo di quella qualsiasi idea in proposito che sarebbemi indicata siccome preferita da Sua Maestà e dal R. Governo. Credo poi convenga senza indugio occuparsene, bene inteso con tutta la voluta segretezza, ond'io sia munito delle necessarie istruzioni che mi mettano in grado di regolare in conseguenza il mio linguaggio la prima volta che per avventura il Sovrano o qualche personaggio per Suo mandato avesse a tenermene parola.

(l) Cfr. n. 369.

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IL MINISTRO A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 13. Washington, 17 dicembre 1881 (per. il 3 gennaio 1882).

Con dispaccio di questa serie n. 85 (l) V.E. si degnò ragguagliare il principe Camporeale di aver ricevuto da codesta Ambasciata britannica la copia di una nota, con cui il Governo della Regina esprimeva il desiderio di uno scambio di vedute con l'Italia sulla posizione assunta dagli Stati Uniti rispetto alla garanzia della neutralità del canale di Panama.

Dopo aver enumerato i fatti dai quali scaturisce l'intenzione del Governo di Washington di arrogarsi, fino ad una certa estensione, il dominio sull'uso e sulla navigazione del Canale, e dopo avere analizzato la nota americana del 24 giugno ultimo, Lord Granville si proponeva di rispondere a quest'ultima richiamando l'attenzione di questo Gabinetto sulle clausole del trattato di Clayton Bulwer, ed esprimendo la sua confidenza nell'osservanza da parte degli Stati Uniti degli impegni da essi assunti.

Il nobile Lord dette seguito a tale suo proponimento, e fece qui pervenire per mezzo della Legazione americana a Londra una risposta concepita nei termini a noi indicati.

Ma sia che avesse avuto vagamente sentore del tenore della risposta inglese e sperasse perciò di neutralizzarne la portata, sia perché pensasse di accrescere la sua popolarità affrettandosi, al momento di lasciare il potere, a chiedere nettamente la modifica dei patti di Clayton Bulwer, il Signor Blaine indirizzò il 19 novembre al Signor Lowel la nota il di cui testo ho l'onore di mettere sotto gli occhi dell'E. V. ( 2).

Codesta nota s'incrociò con la risposta di Lord Granville accennata di sopra, il di cui contenuto porse al Signor Blaine, malgrado il ritardo, materia a riflessioni. Vengo anzi assicurato da buone sorgenti che se la risposta che rammenta gli impegni di Clayton Bulwer, fosse giunta più presto a Washington, sarebbe stato malagevole al Signor Blaine, per molte considerazioni che parmi ormai superfluo di enumerare, di dar seguito all'altra sua nota del 19 novembre.

375

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 17 dicembre 1881.

Le malheur qui m'a frappè, et l'affreuse catastrophe dont la ville de Vienne a été victime (3) presqu'aussitòt après mon retour ici, ont tellement ébranlé mes nerfs, que j'ai toutes les peines à me remettre au travail à fixer mes idées.

Je ne veux cependant pas laisser partir le courrier sans lui donner quelques lignes pour vous, qui prouvent au moins mon bien vif désir de continuer cette correspondance particulière qui m'est si utile, et surtout si sympathique. En lisant mon télégramme (l) et mon rapport (2) sur ma première visite à Kalnoky ces jours derniers vous aurez compris, sans besoin de rechercher ce qu'il pouvait y avoir entre les lignes, que le discours de notre Ministre a eu ici un médiocre succès, je devrais dire méme moins que médiocre.

Qui veut la fin, veut les moyens, c'est vieux camme le monde mais toujours vrai. Si nous voulons le rapprochement avec l'Autriche et l'Allemagne c'est que nous voulons arriver à l'alliance; mais alors il faut définitivement cesser toute tergiversation, abandonner une bonne fois ce langage nébuleux qui met tout le monde en défiance, et se prononcer carrément et sans détours. Quand nous mettrions nous dane une bonne fois sur cette route? Je crains hélas que M. Mancini aie perdu son moment. Les sourires de Gambetta aidant nous nous trouverons de nouveau bientòt au méme point où nous étions avant le voyage de Vienne, avec cette différence que nous n'aurons plus cette ressource désormais consumée. Nous pourrions encore nous maintenir à flòt avec l'affaire Danubienne, mais là aussi il faudrait prendre une décision prompte, faire le sacrifice de ces grands principes qui sont représentés par des phases qui ne font méme plus d'effet et se mettre franchement sur le terrain pratique. Du reste le Gouvernement est -il assez fort pour faire cela et beaucoup d'autres choses encore, je l'ignare. Je dirais presque non en jugeant d'après mes impressions et d'après aussi le langage des journaux; mais alors que ferons nous? Pendant que les autres arrangent entr'eux à leur guise les affaires du monde, nous jouons aux petits jeux! ça serait bien innocent, si ça n'etait pas stupidement crimine!. Et cette affaire de l'extradition, est-ce que à cet égard aussi nous monterons à cheval sur les grands principes pour assurer encore un peu mieux l'impunite de MM. les assassins des Souverains dont nous recherchons l'alliance? J'avoue que la composit.ion de la commission chargée de rédiger le projet ad hoc, me rassure peu, je crains que vous n'aurez à vos còtés qu'une infime minorité. Il serait aussi nécessaire que le Gouvernement ouvrit bien les yeux sur le reveil de la question Romaine, car vouloir ou non elle est sur le tapis, et la moindre maladresse pourrait nous causer des embarras. Si nous ne ferons pas de sottises et si nous nous mettrons réellement bien avec l'Autriche, nous n'aurons rien à craindre, mais faisons attention que le monde ne se contente plus de paroles, ni d'affirmations de principes généraux, c'est par les faits qu'on jugera nos intentions.

Avant de finir je dois faire appel à vos bons offices de la manière la plus chaleureuse en faveur de Galvagna. J'apprends que Zannini vient d'étre promu conseiller, mais il y a encore une piace vacante, pourquoi ne l'a-t-on pas donnée tout de suite à mon premier secrétaire? Galvagna a des antécédents de service camme peux d'autres de ses collègues peuvent en vanter d'égaux. C'est un fonctionnaire auquel dès à présent on pourrait confier n'importe quelle mission, sa capacité et son zèle sont réellement supérieurs a tout éloge, pourquoi donc lui faire attendre la promotion du moment que la piace y est? Je

29 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

vous prie réellement vivement, ne lui faites pas attendre plus longuement ce qui lui est d1ì. Je compte sur vous à ce propos, car c'est bien le cas de dire que vouloir c'est pouvoir.

(l) -Del 16 settembre, non pubblicato. (2) -Non si pubblica. (3) -Allude all'incendio del Ri-ng Theater veriflcatosi 1'8 dicembre. (l) -T. 1895 del 12 dicembre. non pubblicato. (2) -Cfr. n. 369.
376

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1924. Cairo, 18 dicembre 1881, ore 12 (per. ore 13,50).

Hier émeute militaire à Suez contre gouverneur; autorités italiennes, société italienne soupçonnées mépriser soldats egyptiens sans avoir déterminé [sic]. J'ai rendu Gouvernement responsable conséquences. Aujourd'hui position plus calme sur engagement écrit du gouverneur qu'on ignore. Cherif pacha comprend gravité des faits, ordonne enquete à laquelle prendra part notre consul, et assure punition exemplai:re des coupables.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 1087. Roma, 18 dicembre 1881, ore 22,10.

J'approuve votre démarche auprès de Cherif (1). Nous comptons que des mésures énergiques vont étre prises. Faites bien comprendre à Cherif que son intérét coYncide avec le nòtre. Transferez-vous à Suez, si cela vous paraissait utile. Le commandant de I'« Affondatore» va se tenir à votre disposition. Offrez à Cherif de faire mouiller ce cuirassé à Suez. Une pareille mesure me semblerait indiquée dès aujourd'hui par les circonstances, mais elle deviendrait tout à fait nécessaire si la situation allait s'aggraver encore. Veuillez me tenir au courant. Je ne saurais d'ailleurs assez m'étonner du prétexte de l'émeute. Nos sentiments envers l'Egypte, que les autorités royales et la colonie partagent bien certainement, sont assez connus pour qu'on puisse voir autre chose qu'un malentendu dans le soupçon dont les italiens à Suez auraient été l'objet.

378

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2927. Berlino, 18 dicembre 1881 (per. il 22).

Col mio rapporto n. 2912 di questa Serie (2) feci notare all'E. V. a proposito delle elucubrazioni sulla situazione del Papato recentemente pubblicate dal giornale La Posta, che qui stava per cominciare addirittura una campa

gna in tutta regola in prò della Questione Romana, artificialmente riuscita per opera della stampa conservatrice di questo paese. Mi riconferma in questo concetto un novello articolo che La Posta ha pubblicato nel suo numero di oggi col titolo: «La quistione romano-tedesca,.

L'articolo comincia dal definire innanzi tutto il senso di ciò che La Posta addimanda « quistione romano-tedesca». S'intende per quistione romano-tedesca il problema che tanto l'Impero, quanto i singoli Governi confederati cercano di risolvere nell'intento di porre in grado la Chiesa di Roma ad osservare le leggi dello Stato in Germania. Se non che la soluzione di codesto problema dipende da:l modo con cui sarano sciolte due altre quistioni, delle quali una ha un'importanza affatto europea, l'altra una importanza affatto tedesca. Per ora l'articolo si occupa della prima, cioè della quistione europea. Questa consiste nella situazione del Papato non peranco regolata per rispetto all'ordinamento generale europeo, a cui sono interessate le Grandi Potenze. Essendosi l'Italia impossessata degli Stati del Papa, questi continuando a rimanere in Italia, è divenuto per la forza delle cose suddito del Re d'Italia. Lo stesso Governo Italiano non potette non riconoscere quanto fosse anomala siffatta condizione di cose: esso ·cercò difatti con la legge sulle guarentigie di nascondere tale anomalia. E poiché si viene sempre più affermando che la legge sulle guarentigie è un atto interno della Sovranità italiana, è evidente che il Papa trovasi oggidì sotto l'impero della legislazione italiana, di cui l'interpretazione e l'applicazione sono lasciate in balìa al beneplacido delle Autorità italiane.

L'Europa ha riconosciuto il Regno d'Italia, il quale fa oggi parte del concerto europeo: ma l'Europa non ha finora ammesso come corollario, che il Papa debba diventare suddito del Re d'Italia; al contrario la situazione del Papa per rispetto all'Italia costituisce ancora un problema non peranco sciolto.

Ci sarebbe ora da chiedere fino a quando l'Europa vorrà schivare di procedere alla soluzione del comune problema. La Chiesa romana è un'istituzione che penetra nella vita degli Stati Europei. Con lo spogliare il Papa del suo potere temporale e col renderlo suddito di un singolo Governo europeo, si corre il rischio di scemare ovunque il prestigio del Pontefice, di rendere meno solida e meno efficace l'influenza della Chiesa romana. Ma potrebbe pure accadere come nel Medio Evo che il Papa s'impadronisse dei suoi padroni e che per tal modo l'Italia ricadesse indirettamente sotto la podestà dei Papi, i quali, privi di ogni possesso di beni temporali, non sarebbero per alcuna guisa responsabili per rispetto al diritto delle genti.

Sarebbe quindi da indagare se sia giovevole agli interessi delle Potenze di far dipendere il Papato e le sorti della Chiesa romana dalle leggi dei singoli Stati. Certo non mancherebbero oggi difficoltà per una soluzione in comune del grave problema. Ma fino a tanto che l'Europa si asterrà da ogni azione collettiva, essa dovrà pur sempre assistere allo spettacolo di vedere perpetuato nel suo seno il conflitto tra lo Stato e la Chiesa.

Dopo avere accennato ai tentativi, rimasti sterili, fatti fin dal principio del Pontificato di Leone XIII di smettere il sistema di muta protesta, lo scrittore dell'articolo si affretta a dichiarare che non s'intende punto di volere oggi promuovere un intervento europeo contro l'Italia in favore del

potere temporale. S'intende solamente di affermare che il Papato debba cercare di ottenere dall'Italia una posizione diversa da quella in cui si trova attualmente, ovvero abbandonare il territorio italiano. Con tal mezzo l'Italia potrebbe determinarsi a soddisfare in parte le esigenze del Papato. Se non che la risoluzione di esulare dall'Italia è pel Papato odierno un atto troppo eroico; è risaputo che da parecchio tempo esso rifugge da siffatte eroiche risoluzioni. Il danno frattanto ridonderà tutto a suo carico.

Infine l'articolo si chiude nel modo che segue: «Noi affermiamo inoltre che l'incapacità mostrata dal Papato di regolare la sua posizione europea, non rimarrà senza influenza nelle relazioni della Santa Sede con gli altri Stati e specialmente con la Germania, imperocché è risaputo che il Papato nella sua odierna situazione è un fattore malsicuro, del quale appunto per la sua inettitudine non si può prevedere in quali avventure può essere trascinato. Ma la quistione romano-tedesca si collega pure ad un'altra quistione affatto interna tedesca, la quale consiste nei rapporti dell'Impero tedesco con l'opposizione particolarista che si covre del mantello della Curia romana e che dell'influenza che esercita in Germania il clero romano, ha saputo formarsi il più potente mezzo di appoggio. Questo secondo fattore che influisce sulla quistione romano-tedesca merita una speciale menzione».

L'E. v. scorgerà che la tendenza dell'articolo è rivolta principalmente ad ottenere che l'Europa intraprenda in comune l'esame della situazione del Papato, nell'intento di pervenire a modificare lo stato giuridico attuale della Chiesa rispetto all'Italia ed agli altri paesi. Col suo linguaggio abbastanza risentito verso il Papato, che si mostra tacitamente restio dall'accogliere il consiglio di esulare da Roma, La Posta dà a divedere come essa sia malcontenta di scorgere che non abbiano trovato eco gli eccitamenti da essa rivolti al Sommo Pontefice per indurlo ad abbandonare Roma. Sarà interessante di udire nel prossimo articolo, che La Posta ci promette, quali siano le idee che qui si vagheggiano intorno al modo come andrebbe regolata la quistione dei rapporti della Germania col Papato.

Trattandosi di un giornale che, a quanto si afferma, attinge le sue ispirazioni a fonti ufficiose, non mi sembra inutile di richia:mare l'attenzione dell'E. v. su quanto La Posta va da qualche tempo studiando per ricercare una nuova soluzione della pretesa quistione romana.

Unisco qui l'articolo sovra indicato (l) ...

(l) -Cfr. n. 376. (2) -Cfr. n. 348.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 18 dicembre 1881.

Ma lettre d'hier (2) partie avant que j'aye reçu la votre du 15 (3) vous aura prouvé que je sens la situation camme vous, la jugeant évidemment

moins bien vu la distance. II m'est cependant impossible de faire ce que vous m'indiquez avec autant de justesse que de clarté; vu que le dernier discours tenu à l'assemblèe des actionnaires a excité beaucoup de défiance tant sur cette piace que sur d'autres aussi parmi Ies principales de l'Europe. D'autres opérations aussi faites par la société ont jeté l'alarme. Dans ces circonstances il n'y a pas de probabilité qu'on accepte de négocier l'emprunt que vous voudriez que je propose. Je dois du reste aussi vous avouer, que je n'ai plus aucune confiance dans la société, ce qui fait que je ne m'embarquerais pas de coeur léger dans une semblable aventure, dans la quelle je pourrais compromettre inutilement toute ma petite fortune. Il faut attendre que la crise actuelle soit passée, et puis on verra: ceci n'empechera evidemment pas que je saisisse l'occasion aux cheveux si elle se présente.

Je vous prie de ne pas prendre cette réponse comme un manque de désir de ma part de vous servir. Je ferais tout au monde en faveur des personnes aux quelles vous vous intéressez si vivement mais dans ce moment et surtout avec la précipitation qu'il faudrait y employer ce serait l'impossible. Prenez patience, ne retirez pas vos fonds, ne précipitez rien. Je regrette bien de vous savoir souffrant, avant tout tachez de vous remettre.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 375. (3) -Cfr. n. 371.
380

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1230. Roma, 19 dicembre 1881.

Il rapporto che V. E. mi diresse il 13 di questo mese (1), traendone argomento dalle voci da ultimo sorte, e avvalorate da pubblicazioni supposte ufficiose, circa gli intendimenti della Germania verso il Vaticano, mi è riuscito di particolarissimo interesse. Se e qual fondamento abbiano siffatte voci, forse sarebbe ora malagevole ricerca; bensì debbo, a mia volta, aggiungere che, in quanto concerne gli intendimenti officiali del Gabinetto di Berlino, nulla è che ci induca a ritenerle consistenti e poggiate sulla realtà dei fatti. Ad ogni modo, però, non sembrando al'la E. V. Ca mio avviso con molta ragione) che un simile movimento, in Germania, dato pure che esista, o sia per manifestarsi, possa tornare pericoloso, e neppure seriamente molesto, se l'azione dell'Impero tedesco non sia fiancheggiata e corroborata da quella dell'Impero Austro-Ungarico, la conclusione pratica di Lei è che noi dobbiamo, sopra ogni altra cosa, e col massimo studio, adoprarci a che nulla, da parte nostra, porga ragione, alla vicina Monarchia, di discostarsi, in ordine alla così detta Quistione Romana, da quell'atteggiamento riservato in cui finora si mantenne e che, nel concreto, è la più vantaggiosa espressione che da noi possa desiderarsi, a questo riguardo, della benevolenza verso di noi professata dal Governo Imperiale e Reale.

Mi associo tosto all'opinione enunciata da V. E. e mi associo altresì, sostanzialmente, al pensiero di Lei circa i modi più acconci ad allontanare il pericolo che codesto Governo possa essere condotto ad assumere un diverso contegno. Soggiungerò ancora che siamo ben risoluti di conformare gli atti nostri al nostro convincimento. Delle leggi esistenti, (nè ci parrebbe, per verità, opportuno tentativo il volerne procacciare delle nuove, di cui, inoltre, non scorgerei la necessità) ci varremo con quella fermezza e quella energia che ci sono additate dalla vitale importanza degli interessi di cui trattasi. E, senza voler ora rifare un'analisi retrospettiva di quel che è occorso la notte tra il 13 ed il 14 luglio, mi preme di dichiarare che il Governo sarà vigile e risoluto nel far sì che non si offra 'l'ombra di una giustificazione a coloro che vorrebbero sostenere la tesi della insufficienza delle attuali guarentigie per la indipendenza e il decoro della Santa Sede.

Sopra un ultimo punto consento pienamente con V. E. anzi quest'ultimo punto, mi sta a cuore di dichiararlo, costituisce più che una semplice opinione, un cardine fondamentale della nostra politica, essendo consenzienti, non dubito di affermarlo, tutti i partiti: non potersi, cioè, da noi ammettere una discussione qualsiasi con Governi stranieri intorno alla Legge delle Guarentigie, la quale, agli occhi nostri, esclusivamente spetta al nostro diritto nazionale interno. La contingenza di una entratura in tale materia, così pensa l'E. V., non è affatto probabile da parte del Gabinetto di Vienna. Però, se, contro ogni previsione, il fatto avvenisse, V. E. oprerà saviamente declinando, come già ne ha il proposito, ogni discorso in tale materia.

Non ho mestieri di dirle che quanto V. E. potrà indagare e riferire circa il presente argomento, mi sarà di preziosa informazione.

(l) Cfr. n. 368.

381

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 1089. Roma, 20 dicembre 1881, ore 14.

Il y a un travail visible à Paris et dans quelques journaux français et italiens pour répandre supposition de négociations entre Gambetta et nous sm question de Tunis. Le but évident; créer toujours méfiances à Vienne sur notre but et ligne de conduite. Tous ces bruits sont absolument faux; pas un mot, jusqu'à ce moment, n'a jamais été échangé entre Rome et Paris dans un sens de conciliation ou pour traiter sur question tunisienne; il n'y a qu'une dépeche très énergique de notre part (l) pour réclamer contre dissolution commission internationale d'enquete sur événements Sfax, à laquelle on attend réponse. Cette dépeche vous a été communiquée avec Ies pièces diplomatiques ordinaires. Nous n'avons pas l'intention de prendre initiative quelconque de négociations avec Paris pour légitimer occupation de Tunis. Si des ouvertures nous étaient faites, je vous en avertirai loyalement. Tàchez

dane de mettre en garde Cabinet de Vienne contre ces manoeuvres, dont le but est de nous attribuer indécision, instabilité dans nos vues politiques, oscillation entre deux penchants. Nous avons claire connaissance de la piace qui nous est assignée par les véritables intéréts de notre pays, et, malgré le silence glacial du nouveau ministre de Vienne après san retour de St. Pétersbourg, nous garderons cette place avec confiance et fermeté.

(l) Cfr. n. 343.

382

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 20 dicembre 1881.

Déchiffrez vous méme. Merci de votre lettre (1), je confirme la mienne (2). Si les dispositions de

Vienne et de Berlin à un traité de garantie ou de alliance ne sont pas bientòt nettement éclaircies, je prévois le pire. Mais si la question est posée au cabinet par oui ou non je crois pouvoir répondre que Mancini fera de l'acceptation question de portefeuille mettant pour seule condition que l'alliance ne pourra nous engager contre la Russie.

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A LONDRA, MENABREA (3)

D. Roma, 20 dicembre 1881.

Il 3 del corrente mese (4) questo Ministero veniva informato dal R. Agente e Console Generale in Egitto che il signor Malet aveva comunicato al Governo Vicereale il nostro progetto di convenzione per Assab, cui, secondo le assicurazioni dell'agente inglese era stata fatta favorevole accoglienza dal Governo del Kedive; ed io mi affrettava di partecipare questa notizia a V. E. con telegramma dello stesso giorno (5). Non fu quindi senza sorpresa che il 9 dicembre (6) mi perveniva alla R. Ambasciata in Costantinopoli l'avviso che il Ministro egiziano degli Affari Esteri aveva consegnato al signor Malet un Memorandum nel quale, dopo avere riassunto la storia del nostro acquisto di Assab, dichiaravasi che il Kedive era disposto a conchiudere un accordo con la Compagnia Rubattino, dando ad essa in concessione il territorio di Assab con privilegi commerciali, ma riservando per sé la sovranità del luogo ed il diritto di giurisdizione. Mi feci premura di comunicare al Comm. De Martino

la notizia che mi giungeva da Costantinopoli, e che era in sì aperta contraddizione con quanto egli mi aveva riferito col suo telegramma del 3 dicembre. Il R. Agente in Cairo chiedeva tosto su questo incidente spiegazioni al Signor Malet, e questi rispondevagli che, sebbene egli avesse caldamente raccomandata al Governo Egiziano l'accettazione del progetto, gli era stato infatti diretto il Memorandum concepito nei termini sovraccennati; ma l'Agente inglese diminuiva notevolmente l'importanza dell'opposizione che manifestavasi nel Governo Vicereale. « Lord Granville, disse egli, avendo chiesta l'opinione del Viceré, questi non poteva rispondere in modo favorevole, poiché i firmani gli fanno assoluto divieto di ogni cessione di territorio; ma qualora la Sublime Porta dia la sua sanzione al progetto, l'Egitto non potrà fare a meno di accettarlo, diventando derisoria la sua opposizione di fronte all'annuenza della Turchia e dell'Inghilterra. Ciò mi era riferito dal Comm. De Martino con telegramma del 10 dicembre (l) che io partecipai subito a V. E., traendone la conclusione che era a Costantinopoli che i buoni uffici del Governo Britannico dovevano esercitarsi con maggiore energia».

A meglio chiarire l'accaduto il R. Agente in Egitto mi ha, in relazione al suo telegramma già noto a V. E., trasmesso un particolareggiato rapporto che reputo opportuno comunicarLe qui in copia (2), acciocché Ella sia minutamente informata di ogni cosa che si riferisce ai negoziati in corso pel nostro possedimento di Assab.

(l) -Cfr. n. 375. (2) -Cfr. n. 371. (3) -Ed. in LV 34, p .122. (4) -T. 1848, non pubblicato. (5) -T. 1047, non pubb.Jicato. (6) -Cfr. n. 359.
384

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2929. Berlino, 20 dicembre 1881 (per. il 25).

Nel suo numero d'oggi il giornale La Posta ha pubblicato un articolo col titolo «Roma ed il Particolarismo » il quale non è se non la continuazione del precedente intitolato «La questione romano-tedesca», di cui ebbi l'onore di render conto all'E. V. col mio rapporto N. 2927 di questa Serie (3).

Nel primo articolo La Posta aveva esaminato la questione romano-tedesca dal punto di vista internazionale: in questo secondo essa considera la predetta questione dal punto di vista nazionale tedesco. Credo mio dovere di richiamare l'attenzione della E. V. anche sul contenuto di questo secondo articolo, di cui riassumo quì i punti principali.

Il Particolarismo è stata un'antica arma, di cui Roma si è sempre servita nel Medio-Evo contro il consolidamento dell'Impero tedesco e contro il compimento dell'opera della Riforma in Germania. In questo paese il trionfo del Particolarismo data dalla pace di Westfalia: da quel tempo Roma mirò continuamente a sostenere i principi ed i nobili cattolici tedeschi contro i principi

(-3) Cfr. n. 378.

ed i nobili protestanti tedeschi, e contro la prevalenza dell'autorità degli Asburgo. Con la ricostituzione dell'Impero tedesco avvenuta nel 1871 l'antico legame di Roma col Particolarismo tedesco ricomparve un'altra volta, appunto perché il movimento unitario tedesco era stato promosso da una dinastia protestante.

Il Particolarismo tedesco costituisce un complesso di aspirazioni che hanno una propria forza di gravità e son dotate di una forza intensiva tale da ricevere non solo da Roma la parola d'ordine, ma altresì da imporre alla loro volta le loro condizioni alla politica papale. Oggidì è il partito del centro il rappresentante del Particolarismo tedesco. Esso si è affermato come principio di un federalismo sui generis, che è ad un tempo una grave minaccia per l'unità nazionale.

Questo partito esercita una potente azione sulle relazioni di Roma con la politica dell'Impero. Roma si è servita di questo partito, forse l'ha essa stessa creato, in ogni modo ha posto a disposizione di esso l'influenza del suo clero, affin di avere sotto il suo potere il nuovo ordine di cose stabilitosi in Germania. Da questa condizione di cose, divinata dal Principe di Bismarck, sorse il Kulturkampf.

E dopo aver dimostrato che l'Impero tedesco non sì trova in condizioni tali da lasciare impunemente alla Chiesa Cattolica ogni libertà d'azione, il giornale prosegue in questa forma:

"Roma potrebbe, (questa è la caratteristica speciale del momento) molto bene essere condotta a contare su di un potente impero tedesco, che potrebbe servire di argine alle forze demoUtrici del radicalismo. Da alcuni cattolici influenti è stata oramai messa innanzi l'idea di una nuova situazione da farsi al Papato, per la quale il più indispensabile passo sarebbe una rigenerazione delle proprie istituzioni. All'uopo sarebbe però necessario per la Chiesa di godere di una sicurezza esterna mercé una nuova sistemazione della propria situazione europea. Senza entrare nel merito di tali concetti, non può disconoscersi che sin dall'ascensione al trono dell'attuale Pontefice si è fatta viva appo la Curia romana l'idea di pervenire ad una conciliazione con l'Impero tedesco per trovare forse presso di questo un sostegno per una grandiosa evoluzione nella Chiesa. In Germania a questi piani si oppone il partito del Centro, il quale non è contento, nè può esserlo, di vedere avviata la politica ecclesiastica tedesca verso una determinata direzione.

In un prossimo avvenire si vedrà se la politica papale avrà il coraggio di staccarsi dalla politica del partito del Centro, e se avrà parimenti la corrispondente influenza sul clero tedesco. Ed ove ciò non seguisse, come sembra più probabile, noi ci troveremmo per tal modo di fronte ad un nuovo periodo del Kulturkampf, per continuare il quale si troveranno poi anco altri mezzi. Laddove poi tale distacco si effettuasse davvero, da cui non sono alieni alcuni influenti personaggi cattolici, potrebbe avverarsi tale un avvenimento, che avrebbe conseguenze altamente decisive per lo stato dell'Europa nel prossimo decennio".

L'E. V. potrà scorgere da quanto precede che la tendenza di questo articolo è di mostrare che il partito del Centro forma oggi il solo ostacolo che si opponga ad una conciliazione della Germania col Papato. A tal modo il

Governo (poiché non può disconoscersi esser questo articolo, come i precedenti, di origine officiosa) cerca di discreditare tanto agli occhi della Curia romana, quanto agli occhi degli elettori cattolici della Germania il partito del centro, che specialmente per le velleità particolariste dell'an. Windhorst, suo capo, rende sempre più difficile il riavvicinamento del Governo tedesco con la Santa Sede. Dal tenore di tale linguaggio si potrebbe dedurre che, laddove il partito del Centro si chinasse a fare il volere del Principe di Bismarck, questi sarebbe disposto a prestare l'appoggio, di cui il Papato va in cerca per ottenere una situazione internazionale più conforme alle proprie antiche aspirazioni e nello stesso tempo così contraria ai più gravi interessi dell'Italia.

Unisco qui il testo dell'articolo in discorso (l) ...

(l) -Cfr..n. 361. (2) -R. 837 del 13 dicembre, non pubblicato.
385

L'INCARICATO DI AFFARI A BERLINO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2930. Berlino, 21 dicembre 1881 (per. il 25).

È stato testè affermato da parecchi giornali tedeschi che il signor Busch, Sotto-Segretario di Stato presso il Dipartimento Imperiale degli Affari Esteri, il quale si era recato a Roma in congedo, ebbe l'ordine da questo Governo di proseguire col Cardinale Jacobini le trattative intavolate dal signor di Schloezer nello scorso autunno. Quanto al signor di Schloezer, egli sarebbe atteso fra qualche settimana da Washington e farebbe indi ritorno a Roma per dare l'ultima mano ai negoziati con la Curia Romana. Nei ·circoli ufficiali qui si nega che al signor Busch sia stato affidato l'incarico, di cui parlano i giornali: ma è degno di nota il silenzio serbato in questa occasione dalla Norddeutsche Allgemeine Zeitung, la quale non si è dato punto pensiero di smentire la notizia. Havvi di più. Il giornale La Posta, benché sia un foglio non cosl apertamente ufficioso, come la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, ha ribadito tale notizia in termini abbastanza categorici.

Dalle mie private informazioni risulta infatti che al signor Busch sarebbe stato dato l'incarico di tenersi in contatto col Vaticano nell'interesse dei negoziati tuttavia in corso. Ma non è possibile di accertare con una esattezza anche relativa sin dove siano progrediti tali negoziati e quali facoltà siano state impartite al nuovo negoziatore. Malgrado i miei sforzi non mi è riuscito di raccogliere dati sicuri intorno un argomento che c'interessa tanto da vicino. Sin dal principio le trattative in discorso sono state circondate dal più profondo mistero, e mi risulta che per evitare i pericoli di un'indiscrezione, il Principe di Bismarck non ha confidato il segreto se non al solo Segretario di Stato, ed ha ingiunto ai negoziatori la più assoluta circospezione.

Frattanto perdura tuttavia la tensione fra il Principe di Bismarck ed il signor Windhorst: e si afferma che oggi più che mai il primo cerca di rendere più attivi i negoziati col Vaticano nell'intento di esercitare per tal modo una pressione sul partito del Centro e spezzare così le armi in mano al Capo riottoso dei clericali. Se non che é qui generale opinione che il Principe di Bismarck malgrado i suoi sforzi, non riuscirà ad esautorare il signor Windhorst, poiché il partito del Centro non tralascia alcun mezzo per mostrare quanto esso sia compatto e fermamente deciso nel voler ubbidire ai cenni del suo Capo.

In questi giorni il Governo ha dato una nuova prova di deferenza alla Chiesa cattolica a proposito della nomina del Vescovo di Fulda. Come il Vescovo di Treviri, anche il nuovo Vescovo di Fulda è stato dispensato dalla prestazione del giuramento, prescritto dalle leggi di Maggio. All'occasione della nomina del Vescovo di Fulda la Provtnzial Correspondenz si esprime come segue:

«Nell'interesse dei sudditi cattolici del nostro paese è da salutare con gioia, che, grazie alle favorevoli predisposizioni della Curia, siasi potuto di nuovo dare un'ordinata amministrazione ad una sede vescovile fin qui orbata del suo Pastore».

Questi fatti non hanno bisogno di commenti. Se mai la conciliazione non seguisse, la colpa non sarebbe da imputare a questo Governo (1).

(l) Non si pubblica.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL CONSOLE AD ADEN, BIENENFELD ROLPH (2)

T. 1096. Roma, 22 dicembre 1881, ore 11,40.

Comandante « Dragòn » riferisce Londra che il 9 corrente Branchi gli disse avere concluso con Berehan ,trattato non ancora ratificato dal Governo che collocherebbe suo territorio 'Compreso Raheita sotto protettorato italiano e avergli consegnato bandiera italiana da lui spesso inalberata. Suppongo trattarsi malinteso fondato forse sopra antico accordo di semplice amicizia reciproca assistenza. Ogni ulteriore stipulazione o atto sarebbe contrario fermo intendimento Governo rimanersi scrupolosamente entro attuali limiti possedimento. Prego mandare espressamente barca Assab chiedendo a Branchi immediata risposta telegrafica che spieghi chiaramente questo incidente, e comunicandogli nostre presenti istruzioni (3).

(-3) Per la risposta cfr. n. 409.
(l) -Allegata ai presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Pigliar occasione di questo rapporto per incaricare il Conte Launay di voler porgere speciali ringraziamenti al Cavalier Tug!ni per la sua diligente, sobria e precisa corrispondenza, non che per il tatto d! cui diede prova, in ogni occasione nel corso della sua reggenza ». (2) -Ed. in LV 34, p. 124.
387

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1941. Vienna, 22 dicembre 1881, ore 14,30 (per. ore 18).

La méfiance contre nous existe ici camme à Berlin, car on connait les attaches de Gambetta avec plusieurs de nos hommes politiques, et on sait, ou on croit savoir, qu'il ne négligera aucun moyen pour entreprendre propagande républicaine en Italie. Tant dane que nous ne ferons pas front décidément contre les hommes qui, de quelconque manière, représentent ce parti en Italie, la méfiance se maintiendra ici. L'alliance entre Berlin et Vienne repose sur les principes conservateurs les moins dissimulés, le langage de Bismarck en fait fai, celui des hommes d'état autrichiens et les actes du Gouvernement impérial le prouvent. On n'aura dane confiance en nous que quand on nous jugera capables de résister à la propagande républicaine qui vient de Paris. Tous mes efforts seraient impuissants pour changer cet état de choses, d'autant plus qu'il ne peut y avoir de doute que ces méfiances sont chauffées par Bismarck. Les faits seuls pourront les amoindrir. Ces faits ne peuvent etre qu'une série d'actes montrant clairement qu'il n'y a plus d'accord intime possible entre notre Gouvernement et les hommes qui gouvernent la France ou leurs amis e n !talie. Toute la questian est là; je ne saurais le dissimuler à

V.E. (1).

388

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1942. Parigi, 22 dicembre 1881, ore 16,35 (per. ore 18,08).

J'expédie aujourd'hui la réponse à mon mémoire (2). Gambetta admet que l'insurrection, le bombardement et les destructions qui résultent des opérations des troupes ont causé des sensibles dommages; puis il passe aux circonstances de l'institution et aux attributions de la commission. Il admet qu'il ne lui était pas interdit de s'éclairer sur la manière dont les dommages ont été commis, mais approuve le président de s'etre refusé à autoriser une enquete supplementaire pour rechercher les auteurs. Le chiffre indiquant le montant des pertes éprouvées, les résultats matériels et positifs du travail de la com,mission demeurent acquis, et la valeur morale des constatations faites ne saurait etre atteinte par l'omission de la formalité de la signature. Le Cabinet français est pret à réunir la commission uniquement pour signer les actes déjà approuvés; il examinera scrupuleusement les réclamations présentées par le Gouvernement de Sa Majesté et auxquelles les pertes matérielles consta

tées par la comm1sswn pourraient servir de point de départ. Il pense, sans préjuger la suite, que d'une manière générale les dégats occasionnés par l'insurrection et le siège sont imputables à des faits de force majeure qui, d'après le droit commun, ne donnent ouverture à aucun recours légal. Toutefois au cas où le Gouvernement français agissant de concert avec celui du Bey et s'inspirant d'une benveillance spontanée reconnaitrait l'opportunité d'accorder à titre gracieux certains dédommagements, les travaux de la commission fourniront des éléments d'information d'une utilité irrécusable.

(l) -Per la risposta cfr. n. 390. (2) -R. 177, pari data, allegato, non pubblicato.
389

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2239. Costantinopoli, 22 dicembre 1881 (per. il 30).

Il signor Ambasciatore d'Inghilterra non cessa d'esercitare i suoi buoni offici presso la Sublime Porta affine di sollecitare una risposta positiva riguardo alla questione di Assab. Due volte mandava S. E. il primo dragomano ad intrattenere il primo ministro. Nell'occasione della seconda visita, Sua Altezza diceva a questo l'Egitto avere sollevato delle difficoltà, il signor ministro degli affari esteri desiderava conferirne col signor ambasciatore.

Lord Dufferin recavasi quindi ieri primieramente presso Said pascià, il quale assicuravalo essere egli tuttavia animato delle medesime disposizioni in favore dell'accordo; delle obbiezioni essere state mosse da parte del Khedive, le quali avevano fatto una certa impressione sopra alcuni de' suoi colleghi, questi essere uomini ambiziosi e suoi nemici, però farebbe egli tutto quello che potrebbe per conseguire l'intento.

Andava poscia lord Dufferin a vedere il ministro degli affari esteri, il quale lo pregava di esporgli il caso ab ovo, e S.E. facevagli una narrazione succinta di esso, insistendo sull'interesse che il governo ottomano aveva ad aderire alla proposta. S. E. replicavagli s'aveva a trattare queste questioni al consiglio dei ministri di domenica, tornasse lunedì (26 corrente) e sarebbe in grado di dirgliene di più.

Nè ho ragioni di credere che i signori ministri abbiano finora intrattenuto

S. M. il Sultano dell'argomento.

390

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 1100. Roma, 24 dicembre 1881, ore 1.10.

Votre télégramme de hier (l) exige réponse franche catégorique. V. E. croit source méfiances à Vienne camme à Berlin les attaches personnels de

plusieurs hommes politiques italiens avec Gambetta, ses efforts pour aider propagande rèpublicaine en Italie, notre répugnance à rompre complètement avec des hommes qui représentent ce parti en Italie.

Je réponds que la supposition de rapports intimes avec Gambetta est tout à fait imaginaire quant aux ministres. Moi meme j'ai eu en d'autres temps des rapports personnels avec Gambetta et depuis mon avènement au ministère, pendant sept mois, pas une seule lettre, mème de simple courtoisie, n'a pas èté échangée entre nous. Je m'en suis abstenu aussi à l'occasion de la nomination de Gambetta à la présidence du conseil at au ministère des affaires étrangères, car j'ai voulu écarter toute possibilité d'une correspondance confidentielle et directe, et je sais qu'il en est froissé. Je crois pouvoir affirmer qu'aucun de mes collègues au ministère ne se tient en rapports personnels avec lui. J'ai la conviction que Gambetta moins que tout autre français, par son origine et par sa position, serait en mésure d'ètre utile et favorable à l'Italie.

Les dangers d'une propagande républicaine en Italie pourraient devenir sérieux si en France venait s'établir et consolider une république sage, respectée, puissante, et conservatrice, avec un Gouvernement dominateur des partis à l'intérieur, sincèrement pacifique et modèle de justice internationale à l'extérieur. Mais le Gouvernement républicain, qui existe maintenant en France, !es attaques violents et la déconsidération à l'intérieur, sa conduite dans les relations extérieures, son programme concerté dans une entreprise qui lèse profondement les droits et les intérets de l'Italie et irrite vivement nos populations et les sentiments de nos patriotes, sans vouloir nous accorder meme de satifaction pour dommages considérables infligés à nos concitoyens, cet ensemble de conditions oppose une digue bien forte à toute propagande républicaine chez nous. Notre monarchie constitutionnelle aux yeux de tout le monde vaut beaucoup mieux.

Quant aux hommes qui représentent en Italie le parti républicain, notre Gouvernement libéral ne saurait ::;ans nécessité se rendre persécuteur; s'il pouvait l'ètre, il devrait exercer sa sévérité contre la faction cléricale bien plus dangereuse, surtout dans les derniers temps pour les folles espérances autorisées de Berlin. Mais nous avons donné, sous notre ministère, preuves réitérées de fermeté impartiale contre les radicaux pour assurer respect des lois, par plusieurs procès contre auteurs des troubles de la nuit du 13 juillet, contre les meetings sur loi des garanties, dernièrement contre Mario et journal La Lega. Si dans la Chambre quelques députés de l'extrème gauche ne votent pas toujours contre nous, surtout lorsqu'il faut résister aux exigences de la droite, nous n'achetons ces votes au prix d'aucune tolérance coupable d'infraction aux lois. Qu'est-ce qu'on désire donc? L'Italie, comme la Belgique, ne connait meilleur moyen de repousser avec succès les dangers d'une propagande républicaine, qu'en assurant sous la monarchie constitutionnelle la jouissance paisible de toutes les libertés garanties par les lois. Le jour où le pouvoir en Italie passerait dans les mains d'hommes, dont le programme serait la lutte ouverte et solennellement avouée avec certains fractions du parti libéral, une application avare étroite méfiante des libértés constitutionnelles, une demialliance tacite avec des fractions cléricales, peut-etre la modification des lois dans un sens restrictif et conservateur, le jour où dans la direction de la politique intérieure que chaque peuple doit conformer à ses institutions, besoins et idées dominantes, un ministère italien voudrait au contraire la subordonner aux principes suivis par des Gouvernements étrangers, dont les institutions et les habitudes sont bien différentes, ce jour là, j'en suis convaincu on rendrait un mauvais service à notre Auguste Dynastie, dont la stabilité repose sur l'amour et la confiance du peuple italien, et sur la persuasion universelle de son respect scrupuleux pour les libertés constitutionnelles; ce jour là seulement une propagande républicaine en Italie aurait de la chance.

Si on pouvait nous offrir amitié et confiance du dehors en nous inspirant ce genre de politique intérieure, faites comprendre loyalement que nous ne pourrions pas la désirer à ce prix. Le ministère actuel en Italie, tout en gavdant l'indépendance de la politique intérieure des pressions étrangères et sa fidélité aux principes libéraux, temoignera en toutes occasions sa force et sa volonté énergique pour assurer toujours l'ordre et le respect des lois contre tous les hommes et tous les partis; et à l'extérieur ne cèdera jamais à des suggestions ou à l'influence de rapports personnels avec qui que ce soit. Il faut ajouter qu'il n'y a pas d'amitié possible avec méfiance persistante sans motif raisonnable. V. E. est autorisée à donner ces éclaircissements, et à choisir une occasion favorable pour se plaindre dans l'intérét de notre bien légitime susceptibilité et de la dignité du Gouvernement du Roi, pour ce qui se passe à notre égard à Vienne ainsi qu'à Berlin.

(1) Cfr. n. 387.

391

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 1101. Roma, 24 dicembre 1881, ore 1,10.

A mon télégramme de réponse (l) je veux ajouter, qu'il importe de connaitre franchement si à Vienne et Berlin on suppose que notre président Depretis soit pas d'accord avec moi, et qu'il ait des sympathies et aspirations françaises, d'après les opinions d'un journal qui se donne comme son organe. Je désire le savoir, pour provoquer explications rassurantes pour les deux Cabinets (2).

392

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1306. Roma, 24 dicembre 1881.

Ho l'onore di trasmettere a V. E. copia di un dispaccio diretto dal Ministero ellenico degli Affari Esteri ai suoi Rappresentanti presso le Potenze firmatarie

del trattato di Berlino (l) per richiamare la loro attenzwne sulla interpretazione erronea che sarebbe data dalla Sublime Porta all'art. 13 della Convenzione conchiusa il 20 giugno/2 luglio ultimo fra la Grecia e la Turchia, nonché al corrispondente articolo dell'atto stipulato a Costantinopoli il 24 maggio fra gli Ambasciatori delle Grandi Potenze e la Sublime Porta. Il Gabinetto di Atene invoca ad un tempo gli uffici delle Potenze firmatarie acciocché il Governo ottomano desista da tale interpretazione, la quale sarebbe causa di spiacevoli conflitti tra i Consoli ellenici e le autorità locali.

Il dispaccio del Ministro greco espone chiaramente in che consista la divergenza, né fa d'uopo che io qui ripeta le ragioni esposte dal Signor Coumondouros. Osservo invece che l'articolo 13 della Convenzione, nel suo senso letterale, sancisce soltanto la facoltà per gli individui originari dei territori ceduti od in essi domiciliati all'epoca della Convenzione di conservare la sudditanza Ottomana, coll'obbligo di fare analoga dichiarazione all'autorità competente, e di stabilirsi sul territorio dell'Impero. Non è in alcun modo stipulato che per acquistare la cittadinanza ellenica gli individui in discorso debbano fare dichiarazione di sorta; per cui l'intenzione di prescegliere la nazionalità greca presumendosi nel loro silenzio, la clausola viene tutta a vantaggio del Governo di Atene. Epperò sarebbe stato prudente di rinviare a miglior tempo il censimento dei nuovi sudditi originarii dei territori Leduti e dimoranti nell'Impero, che la Grecia ha ora acquistato, e tale ritardo poteva sembrare tanto più opportuno quando si fosse considerato che la Convenzione accorda un termine di tre anni, a partire dalle rettifiche per adempiere alle condizioni prescritte affine di conservare la sudditanza ottomana. Ma di fronte allo stato delle cose, altro non rimane che di udire le ragioni e le spiegazioni che darà la Sublime Porta per giustificare il suo modo di vedere, salvo a prendere poi quelle deliberazioni che, di concerto fra tutte le Potenze fossero per sembrare opportune. Epperò prego V. E. di volersi associare a quelle che i suoi colleghi credessero conveniente di fare nel senso da Lei indicato.

Sarà frattanto mia cura di rivolgermi alle altre Ambasciate di Sua Maestà affine d'indagare quale sia l'opinione delle Potenze firmatarie della Convenzione, astenendomi dal manifestare ogni apprezzamento sulla natura della vertenza ai due Stati che vi hanno interesse, affine di non pregiudicare le ulteriori determinazioni delle Potenze e non esporre il R. Governo ad un'azione isolata.

(l) -Cfr. n. 390. (2) -Robilant rispose oon t. 1948 del 26 dicembre, non pubblicato di non aver motivo di ritenere che a Vienna si pensasse ad un disaecordo fra i membri del Governo italiano e che non era pertanto opportuno procedere ad un chiarimento.
393

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

APPUNTO. Roma, 24 dicembre 1881.

Fatti stimati necessarii per ricondurre la fiducia.

l. Schietta spiegazione tra S. E. ed il Presidente del Consiglio sull'accessione del Governo italiano alla alleanza austro-germanica sulla base della guarentigia reciproca dei territori ed escluso ogni impegno contro la Russia.

2. -Schietta spiegazione tra i due Ministri ed il Conte Wimpffen sullo stesso argomento. 3. -Lo stesso col Signor Keudell. 4. -Invio al Robilant della nota A proposta, e del Promemoria B di cui si dirà ora. 5. -Pro-memoria approvato dal Presidente del Consiglio, da consegnarsi al Conte Wimpffen da S. E., brevi manu, confidenzialmente e come avant projet, precisando le stipulazioni che il Governo italiano sarebbe pronto a sottoscrivere quando i due Governi credessero di comune accordo venutane l'opportunità. 6. -Presentazione alla Camera, per dissipare ogni sospetto che purtroppo persiste, che dissimuliamo ogni diniego di giustizia e speriamo ancora il ritorno all'antica intimità, dei documenti che pongano in chiaro la rettitudine della nostra condotta:

a) negli incidenti di Marsiglia, rispetto ai quali il silenzio non pm richiesto da imperiose ragioni di prudenza prenderebbe ormai significato di oblio della dignità nazionale;

b) nella questione di Tunisi, per la quale è vano ormai e meno degno il sembrare aspettare ancora disposizioni più favorevoli da Parigi, ed è necessario invece affermare con moderazione e sincerità le nostre intenzioni;

c) nella questione di Sfax, che non può convenientemente più trattarsi dopo la replica che dovremo fare all'inaccettabile promemoria del Gambetta (1).

ALLEGATO l

PROJET DE TRAITE'

Les Gouvernements de Leurs Majestés désirant assurer leurs relations de amitié, ont reconnu la communauté des leurs intérets essentiels, surtout en ce qui concerne le maintien des traités sur lesquels repose la paix heureusement existante entre les grandes puissances.

Ils procèderont à des échanges des communications en vue d'accords également désirés de part et d'autre sur toute question qui viendrait à affecter soit leurs dits intéréts communs, soit des intérets respectivement particuliers à chacune d'elles et pouvant donner lieu par compensation à des actions à des engagements de concours réciproque.

Ils se concerteront en ouire, en toute éventualité qui menacerait la paix entre les grandes puissances, sur les accords definitifs à prendre pour un mutuel appui et au besoin pour le concours de leurs forces à la défense commune.

ALLEGATO Il

PROJET DE PRO-MÉMOIRE

Sauf à choisir, d'un commun accord, le moment opportun pour la stipulation d'accords formels, le Gouvernement de S. M. le Roi d'Italie et le Gouvernement de

S. M. l'Empereur d' Autriche, Roi de Hongrie pourraient dès présent reconnaitre que les engagements moralement pris dans les entrevues des deux Souverains à Vienne ont pour objets:

La confirmation des relations de bonne amitié établies entre les deux Gouvernements par les traités existants;

30 ·-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

La garantie réciproque, en tant que de besoin, de la situation territoriale respective, dans un intéret non seulement de sécurité réciproque, mais encore de défense éventuelle commune;

L'accession en meme temps de l'Italie aux garanties analogues existantes entre l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne dans l'intérét de la conservation de la paix générale;

L'engagement à prendre entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie de se concerter au moyen d'un cordial échange de vues sur les questions présentes ou futures intéressant la politique extérieure des deux Cabinets;

Le désir commun des deux Cabinets que leur entente soit un gage de plus du développement de leurs bons rapports avec la Grande Bretagne et la Russie dans l'intérét spécial de la paix de l'Orient.

(l) Non si pubblica.

(l) Cfr. n. 388.

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRRA, MENABREA (l)

D. 1297. Roma, 25 dicembre 1881.

Come a V. E. è ben noto, in un mio recente telegramma diretto al conte Corti (2) io avevo, per mezzo di quel R. ambasciatore, fatto notare a lord Dufferin, affinché questi potesse valersene presso la Sublime Porta, questo speciale argomento a favore della divisata convenzione per Assab: che, cioè, mentre l'Italia conseguiva, per tal guisa, il riconoscimento della sua sovranità sopra il nostro possedimento, essa implicitamente riconosceva la sovranità del Sultano e il dominio del Kedive sopra la rimanente costa del Mar Rosso al nord di Assab.

L'ambasciatore d'Inghilterra, al quale io avevo comunicato, parecchi giorni

or sono, il telegramma spedito al conte Corti, e che a sua volta ne aveva dato

notizia al Foreign Office, è venuto oggi, per istruzione del suo Governo, a

chiedermi qualche schiarimento in proposito.

II dispaccio di lord Granville, che sir A. Paget ebbe la cortesia di !asciarmi

leggere, rammenta che, nel pensiero del Governo della Regina, l'Italia con la

proposta 'Convenzione riconoscerebbe i diritti del Sultano e del Kedive sopra la

intera costa occidentale del Mar Rosso, tranne, ben inteso, Assab, e che il

Governo della Regina aveva consentito a raccomandare a Costantinopoli e al

Cairo la divisata convenzione nel convincimento che il pensiero suo, a questo

riguardo, fosse pur comune al Governo del Re.

Io dissi tosto all'ambasciatore di Inghilterra che con brevi parole avrei

facilmente chiarito la cosa. Noi abbiamo parlato della costa occidentale del

Mar Rosso al nord di Assab unicamente perché una locuzione più ampia

avrebbe incluso anche quel breve tratto, compreso fra il nostro possedimento

di Assab e il lembo estremo della costa del Mar Rosso, ove travasi Raheita.

Nostro intendimento è esclusivamente quello di non pregiudicare la quistione

relativa all'indipendenza di Berehan, sultano di Raheita, in quanto che, qua

lora tale quistione fosse pregiudicata, se ne potrebbero trarre deduzioni rispetto

allo stesso possedimento di Assab, formato in buona parte di territorio ceduto dallo stesso Berehan.

Salvo questa riserva, che il Governo della Regina vorrà certo apprezzare, noi non abbiamo difficoltà ad ammettere che la convenzione per Assab implichi un riconoscimento indiretto, e la niuna nostra contestazione, senza entrare nelle rispettive ragioni, rispetto ai diritti che si affermano dal Sultano e del Kedive sopra ogni rimanente parte della costa occidentale del Mar Rosso.

*Io colsi anzi questa occasione per ripetere a Sir A. Paget le mie anteriori dichiarazioni circa il fermo nostro proposito di non voler estendere il nostro possedimento di Assab oltre i suoi limiti attuali, quali appariscono precisamente tracciati nello Schema di Convenzione.

Ho stimato utile di porgere anche a V. E. questo cenno, per il caso che di questo soggetto Le fosse costì tenuta parola.*

(l) -Ed. ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, p. 125. (2) -T. 1063, del 9 dicembre, non pubblicato ma cfr. n. 359.
395

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2932. Berlino, 25 dicembre 1881 (per. il 2 gennaio 1882).

V. E. aura vu par mon rapport n. 2931 (l) que le Secrétaire d'Etat a répondu avec une certaine réserve, lorsque je le mettais sur la voie de s'expliquer avec une égale franchise que la mienne sur les relations entre nos deux Pays depuis la visite de Leurs Majestés à la Cour de Vienne. J'ai donc cherché à me renseigner d'une manière indirecte auprès d'une persone qui jouit d'une grande confiance auprès du Chancelier. Voici ce que j'ai appris.

Il s'est montré extremement satisfait de vos appréciations sur les paroles prononcées par lui à la séance du Reichstag (29 novembre dernier), appréciations corncidant avec sa propre pensée. Nous ne saurions douter ni de ses intentions amicales, ni de ses voeux pour notre Auguste Dynastie. Vos paroles avaient été habiles et prudentes à la fois. C'était bien là le langage qui convient à l'homme d'Etat qui se rend compt:; de la situation di:plomatique, et qui a une parfaite connaissance de l'esprit dont est animée une assemblée parlementaire. Il résultait à la personne dont je tiens ces détails, que les dispositions du Prince de Bismark s'étaient dans ces derniers temps améliorées à notre égard, lors meme qu'elles n'eussent pas encore un caractère d'intimité si désirable. Personne ne doute de la sincérité de nos intentions, mais on craint, vu l'instabilité de nos Ministères et le jeu des partis, que le Gouvernement ne parvienne pas à réaliser un programme dont le voyage à Vienne n'à été que le prologue.

Nous avons donc encore du chemin à faire pour gagner l'entière confiance de l'Allemagne. En attendant nous avons commencé à nous rapprocher du

but. Gardons nous de faire un pas en arrière. Evitons surtout de suivre avec la France une politique, qui aurait l'apparence d'une négation de nos préférences envers l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie. Nous nous exposerions alors à de graves mécomptes et nous compromettrions tout le bénéf.ice que nous sommes en train de retirer depuis que l'axe de notre politique a été si sagement déplacé. Continuons nos efforts pour persuader de plus en plus l'Autriche que nous resterons parfaitement conséquents dans nos actes soit à l'intérieur, soit à l'étranger. Quand nous aurons solidement jeté l'ancre à Vienne, quand les plus incrédules ne pourront à moins que de nous rendre justice, alors, mais seulement alors, le moment sera venu de négocier une entente sérieuse et vraiment profitable aux intéréts de la Monarchie, de notre unité nationale, et de la conservation de la paix européenne. Du moment où le terrain serait bien préparé et déblayé à Vienne, la partie serait à peu près gagnée à Berlin, et je me mettrais à mon tour plus nettement à l'oeuvre.

Deux jours avant mon départ de Rome, nous avons, M. le Ministre, échangé nos vues à cet égard V. E. semblait pas contraire à partager mes idées sur les avantages d'une ligue pacifique et défensive, entre les deux empires et l'Italie, avec accession ouverte aux autres Puissances, ligue dont on limiterait la durée, sauf prolongation éventuelle, et qui impliquerait une garantie mutuelle des territoires sur la base du status quo. Par cette combinaison, toute guerre au moins sur le continent serait écartée pour une dizaine d'années, pour le temps qu'il nous faut, afin-de piacer l'Italie en position de jouer, dans la plénitude de ses forces, le ròle qui lui appartient et que nous lui souhaitons tous. Si cela ne dépendait que de moi, ainsi que je l'ai dit à V. E. je prendrais non pas demain, mais dès ajourd'hui et en toute conscience des engagements sur ces bases que je me bome à esquisser. Mais pour en arriver là, il faut d'abord captiver l'entière confiance du Cabinet de Vienne en premier lieu, et par contre-coup celle du Cabinet de Berlin. Or c'est là un sentiment qui ne s'impose pas, et que le temps seui peut nous ménager si nous continuons à marcher droit vers le but.

(l) Il De Launay, tornato a Berlino 11 22 dicembre, il 24 inviava tale rapporto, non pubblicato che riprendeva i temi già espressi da Tugini e ribaditi \n un incontro con Hatzfeldt.

396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIAORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 1105. Roma, 26 dicembre 1881, ore 23,55.

Bien arrivé à Berlin avec votre excellente dame. Le Pape avanthier a prononcé allocution aux cardinaux, se peignant vivement de sa position qui' dit intolérable, car il n'a pu célébrer solennellement canonisation dans le grand tempie, des journaux ont blasphémé saints canonisés et lui meme, et violence plèbe a injurié pélerins. Il attend de la providence sa délivrance au moment fixé par elle.

Les excès dénoncés ne regardent en aucune manière la ville de Rome, où les pélerins en plusieurs milliers se sont réunis librement au Vatican et dans la basilique de S. Pierre, et partout ont été scrupuleusement respectés. Tout le monde ici s'est étonné que le Pape n'a pas jugé devoir célébrer les rites dans le grand tempie, mais dans une de ses grandes chapelles. Le Pape Iui-meme dans son discours prononcé en cette occasion n'avait pas donné le moindre signe de mécontentement, et avait trompé les espérances factieuses des cléricaux par son langage modéré.

A Pise uniquement des pélerins ayant visité le Cathédrale l'un d'eux dans l'église adressa aux autres un sermon en français contenant des expressions, à ce qu'on assure, hostiles à l'Italie, ce qui excita quelques étudiants de l'université, lorsque les pélerins rentrèrent dans les vagons, à Ies entourer, poussant d es sifflements et jetant de la terre contre Ies voi tures; mais la police aussitò est intervenue pour protéger Ies pélerins, et les couplables ont été déférés à l'autorité judiciaire que les punira.

Maintenant on est amené à se demander, quel motif peut avoir suggéré au Pape ce changement de langage dans sa seconde allocutìon, dont le prétexte n'est qu'une exagération et un récit erroné d'accidents insignifiants. On est frappé de la conformité de son langage avec les arti:cles habituels du journal La Posta de Berlin, qui se plaisent à figurer le Pape dans une situation intolérable et à demander une intervention diplomatique étrangère pour lui garantir un modus vivendi avec l'Italie; et on craint qu'on tache de préparer une tentative de ce genre.

Je ne crois pas à ce danger. Mais la chose serait si grave que je ne veux pes, en toute éventualité, vous laisser dépourvu d'instructions cathégoriques à ce sujet.

V.E. voudra bien employer tous les moyens pour découvrir à temps, si le prince de Bismarck, cédant aux suggestions des députés du Centre, se décidera à une démarche quelconque dans ce sens vis-à-vis du Gouvernement italien. Il faut que V.E. soit bien pénétré, et que, s'il peut devenir utile, le Cabinet impérial en soit averti d'avance, qu'aucun parti parlementaire et aucun Cabinet italien ne pourrait admettre une garantie internationale de nos lois intérieures qui assurent et depuis dix ans ont sauvegardé I'indépendance spirituelle du Souverain Pontife En admettant cette ingérence étrangère, l'Italie dans le fait abdiquerait san indépendance politique pour ménager à la Papauté une protection des Etats étrangers, que les Papes ont toujours exploitée contre l'Italie.

Une Convention internationale dans ce but créerait à d'autres Puissances un titre légal et permanent d'intervention étrangère dans la vie intérieure de l'Italie pour le temps avenir. Et avant de se résigner à faire descendre I'Italie au niveau de la Turquie, le peuple italien, san Roi et san Parlement se décideraient à défendre avec tous les sacrifices possibles jusqu'aux dernières extremités le trésor sacré de l'indépendeance nationale.

Dans la ville de Rome, à l'exception de l'incident fàcheux de la nuit du 13 juillet provoqué par une conspiration cléricale, il n'y a pas d'exemples pendant dix ans, et surtout depuis 1876, que les fonctions spirituelles, le Conclave, les Concistoires, les pélerinages et les communkations des éveques et des catholiques de tout le monde avec le Souverain Pontife, aient souffert le moindre trouble ou empechement. Si la liberté de la presse tombe parfois en déplorables égarements, ainsi que dans tous les pays libres, non seulement contre le Pape et dans les matières religieuses, mais aussi contre tous les principes et tous !es pouvoirs; si dans quelques villes de l'Italie peut se produire très rarement quelque manifestation le plus souvent provoquée par !es partisans du pouvoir temporel; il n'y a qu'à recourir contre ces faits délictueux aux moyens de le repression légale, et on le fait on le fera toujours avec énergie et fermeté paur assurer le respect des lois. Mais on ne comprend ce que pourrait changer à cet état de choses un modus vivendi quelconque, garanti par qui que ce soit, entre le Pape et l'Italie, car on ne peut pas certainement demander l'abolition de la liberté de la presse, ni exiger une prévention absolue, impossible à réaliser, de toutes démonstrations et voies de fait individuelles dans toute l'étendue de la péninsule italienne.

Nous avons confiance dans les sentiments d'amitié de l'Allemagne, de l'Empereur et de la Familie Impériale envers l'Italie et notre Auguste Dynastie, qui se trouverait obligée par una imprudente initiative, à lutter avec des difficultès et des méfiances à l'intérieur, crées, du dehors sans la moindre nécessité. Notre confiance n'est pas moindre dans la haute sagesse politique du prince de Bismarck, qui peut mieux que personne apprécier !es conséquences d'une démarche qui blesserait !es sentiments !es plus nobles de la nation italienne, soulèverait contre le Pape lui-meme l'indignation de la grande majorité des italiens, et après tout ne pourrait aboutir à aucun résultat pratique sans l'emploi de la force, impossible à cause de san évidente illégitimité.

Je prie V. E. de se tenir sur ses gardes, de me renseigner exactement de

tout ce qui se passe ou se croit probable à Berlin, et à l'occasion de votre entrevue

avec le prince de Bismarck, je compte sur vostre tacte et sur votre clairvoyance

pour juger s'in convientra ou non un silence absolu sur ce sujet, et pour

tàcher de connaltre ses véritables intentions.

Ce télégramme n'est destiné qu'à votre simple informatlon et instruction.

Vous ne ferez usage de mes déclarations, que si à Berlin vous découvrerez inten

tion arretée de faire envers nous des ouvertures, en voie diplomatique ou of

ficieuse, en faveur du Pape.

Surtout V.E. doit éviter avec le plus grand soin de créer de sa part l'oc

casion d'une discussion à ce sujet, et si elle se soulève, vous devez avant tout

déclarer qu'il vous est défendu d'accepter sur cette matière une discussion

quelconque (1).

397

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2933. Berlino, 26 dicembre 1881 (per. il 2 gennaio 1882).

Dans l'entretien, dont j'ai rendu compte par mon rapport n. 2931 (2), j'ai fait allusion aux articles récents de la Post préchant l'abandon de Rome au Pape, donnant à Sa Sainteté le conseil de prendre le chemin de l'exil pour se

(l} Con D. 1580 del 29 dicembre Mancini trasmise a Di Rob!lant !l testo d! questo

telegramma.

(2} Cfr. n. 395, nota. l.

soustraire à une fausse position etc. etc. Ces publications étaient des plus regrettables. Elles prétent à des commentaires qui ne répondent certainement pas à la vérité. Elles ne sauraient donc étre inspirées par le Gouvernement Impérial; mais le pub1ic en général n'est que trop disposé à prendre des apparences pour des réalités. Cela ne peut manquer de provoquer de l'irritation dans les esprits, tandis que le ròle du Gouvernement devrait surtout consister à ramener le calme.

Le Sécrétaire d'Etat semblait n'attacher aucune importance à ces sortes de publi:cations. Il estimait que de la part du Cabinet il ne s'agissait que de convenir d'un modus vivendi, en se mettant directement d'accord avec le S. Siège sur le terrain d es faits, nominatio n d es Evéques, d es Curés, etc.; sans modifier la constitution et les lois de ce Pays, d'après les principes de l'Eglise Catholique. On est disposé ici à traiter les difficultés du conflit dans un esprit de paix et de conciliation, et là où une entente sur les principes ne sera pas possible, on espère du moins que les sentiments réciproques de bon vouloir laisseront ouverte pour la Prusse une voie qu n'à jamais été fermée à d'autres Etats. Le Prince de Bismarck, placé entre les différents partis, manoeuvre pour arriver à un résultat qui ramène la paix religieuse et serve en méme temps aux intéréts de la Monarchie et de la Nation.

Il m'a semblé mieux de ne pas pousser le Comte de Hatzfeldt à s'expliquer davantage. Mais j'ai cherché à connaitre indirectement la pensée du Chancelier. Or voici ce que j'apprends de bonne source.

Le Prince de Bismarck a fait la tentative d'un rapprochement avec le Centre, qui dispose de plus de 100 voix au Reichstag, et dont l'appoint est indispensable pour assurer une majorité à ses projets de reformes économiques et sociales. Ses efforts ont échoué. Il est profondément irrité contre la fraction et surtout contre son chef. Celui-ci voudrait dicter la loi, en réclamant des concessions que le Gouvernement ne peut et ne veut accorder. Le parti dont il s'agit se montre plus intéressé à la continuation qu'à la suppression de la lutte, car il perdrait beaucoup de son importance le jour où la réconciliation serait signée avec le Vatican. Dans ces conditions et pour briser la résistance de l'opposition, Son Altesse travaille à s'entendre, par-dessu le Centre, avec, le S. Siège. La mission Busch a pour but d'écarter quelques difficultés encore en suspens avant qu'il soit procédé à la nomination d'un Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire de Prusse près le Pape. Il reste à savoir si S. E. se séparera du Centre, ou si Elle parviendra à contrebalancer son influence. Si cette soluti.on ne prévaut point, une nouvelle période du Kulturkampf est en perspective. Au reste le Cabinet de Berlin ne viserait qu'à obtenir des Chambres des pouvoirs discrétionnaires plus étendus que ceux qu'il a déjà en mains. Il s·en servirait pour modifier quelques dispositions législatives qui ne toucher

aient cependant pas aux droits inaliénables de l'Etat. Il ne saurait ainsi étre

question de jeter par dessus bord toutes les lois dites de Mai. On les tiendra

en réserve pour les appliquer en cas d'empiètements ultérieurs de l'Eglise dans

le domaine du pouvoir Civil (1).

(l) .Acllegat,a al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Mancini: «Si risponda, confermando il nostro telegramma cfr. n. 396 ed eccitando ad una ,assidua e scrupolosa vigilanza».

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETI'I

D. 1069. Roma, 27 dicembre 1881.

Ho sotto gli occhi, assieme col rapporto di Lei in data del 22 di questo mese (1), la nota-verbale con cui il ministro francese degli affari esteri ha creduto di porgere risposta ai nostri officii circa l'avvenuta interruzione della inchiesta internazionale di Sfax. La lettura integrale del documento non ha punto scemato, ha accresciuto, anzi, la impressione di meraviglia che ne avevo riportato quando la S. V. me ne fece conoscere la sostanza con telegramma del 22 (2). Non posso, quindi, a mia volta, che confermarle quanto già ebbi a telegrafarle, in proposito, il 25 di questo mese (3).

Il tenore della nota-verbale di S. E. il signor Gambetta mi lascia per verità dubitare che costì si mantenga il preciso concetto di ciò, che era e doveva essere l'inchiesta di Sfax, quale fu convenuta ed ordinata sotto il ministro predecessore. Imperocchè vi si ragiona della commissione incaricata dell'inchiesta stessa e dei suoi procedimenti come se tutto dovesse dipendere dalla volontà e dall'apprezzamento del governo della Repubblica. Io vedo invece, in fronte dei verbali stessi, di cui il signor Gambetta afferma l'autenticità, benchè non siano muniti della firma dei singoli commissari, la giusta intestazione « Commissione ,internazionale », con la esplicita dichiarazione che essa fu istituita 'Ìn seguito ad accordo fra i tre governi interessati; la qual circostanza dovrebbe di per sè sola bastare a dimostrare come non sia corretta espressione quella adoperata dall'autore della nota-verbale, là dove, dopo avere premesso che a Parigi si considera virtualmente esaurito il mandato della commissione, soggiunge che il governo francese «non potrebbe autorizzare una nuova riunione dei suoi componenti se non all'esclusivo scopo di farne firmare gli atti ». Mi basti, su questo punto preliminare, siffatta avvertenza di principio, avendo già diffusamente svolto nel mio dispaccio del 29 novembre ( 4), le molteplici e stringenti ragioni per cui è manifesto il carattere affatto arbitrario del provvedimento con cui il presidente della commissione stimò di paterne troncare i lavori.

La proposta del signor Gambetta non mi sembra davvero tale che possa accettarsi come soddisfacente. Egli suggerisce che la commissione si riconvochi per firmare i verbali. Dal momento che, per quanto è a nostra notizia, niuno è che impugni la veridicità e la efficacia di quei documenti, non vedremmo perchè debbasi infliggere agli ufficiali componenti la commissione la molestia di non breve viaggio per uno scopo destituito d'ogni pratico vantaggio; bensì dalla mancata firma degli atti vogliamo trarre nuovo argomento a comprovare che l'inchiesta era tuttavia in corso, e perciò quanto sia stato irregolare l'atto del presidente Marquessac. Noi dobbiamo, invece, dichiarare che nel chiedere, come facemmo e facciamo tuttora, che si riprenda il lavoro della commissione d'in

(-4) Cfr. n. 343.

chiesta, abbiamo inteso che questa non sia una pura formalità, sibbene una. seria e operosa continuazione di un còmpito non ancora esaurito.

La nota verbale di S. E. il signor Gambetta, movendo dal presupposto che oramai più nulla rimanga ad indagarsi, e contrapponendo anzi a quanto, a nostro avviso, g·ià potrebbe desumersi dagli atti esistenti, una opinione di cui non scorgiamo il fondamento, conchiude che «in tesi generale i danni a cui diedero occasione l'insurrezione e l'assedio di Sfax sono imputabili a fatti di forza maggiore, che, secondo il diritto comune, non danno adito ad alcun ricorso legale».

Noi ammettiamo che i casi di forza maggiore, pur troppo frequenti in occasione di guerre o di torbidi interni, non implicano responsablità alcuna per risarcimento di danni. Ma noi crediamo, per converso, che il governo francese vorrà essere con noi consenziente nel considerare come refettibili i danni arrecati a privati senza che siano giustificati da necessità militari, e a fortiori quelli che dipendano da atti di saccheggio e di spogliazione consumati quando, compiuta la espugnazione e cessata ogni resistenza, si occupi città debellata e non più difesa. E questo è appunto ciò che avvenne a Sfax, secondo che consta, non solo dalla pubblica notorietà, e non solo dagli atti della nostra inchiesta particolare, che mettiamo fin d'ora a disposizione del governo francese, ma altresì dai verbali stessi della commissione internazionale, dai quali si desume, in base a testimonianze numerosissime, che molte case di Sfax furono aperte e depredate mentre già gli insorti erano usciti dalla città, e le case stesse trovavansi chiuse per essere fuggiti gli abitatori allo scoppiare della rivolta. Simili fatti non furono mai reputati effetto di forza maggiore non imputabili ad alcuno e non suscettibili di risarcimento. I precedenti della giurisprudenza internazionale sono conformi e costanti in questo senso, nè è mestieri che io mi soffermi a svolgere la dottrina universalmente ammessa a questo riguardo.

Quello che noi chiediamo adunque, -sia che si compia, secondochè è nostro desiderio, l'inchiesta internazionale, sia che si stimino bastevoli gli elementi di fatto e di diritto già raccolti, -è che siano riconosciute in massima le nostre legittime ragioni. Nè mai ci indurremmo, in quanto ci concerne, ad accettar quello che, secondo il tenore della nota verbale francese, potrebbe essere atto di spontanea benevolenza concordato fra il governo della Repubblica e il Bey di Tunisi, la concessione, cioè, a titolo grazioso, di alcuni indennizzi agli Europei residenti a Sfax. Imperocchè una nazione, conscia della sua dignità, può bensì transigere, dopo reciproche discussioni, intorno ai suoi diritti in istato di contestazione, ma non potrebbe consentire ad accettare ciò che, essendo riconosciuto non dovuto, avrebbe tutto il carattere di una elargizione pecuniaria. Tanto meno potrebbe a ciò acconsentire l'Italia, di cui una certa stampa, in Francia, ha fatto talvolta una pittura •che troppo mi ripugna di ricordare.

È allo spirito di giustizia del gabinetto di Parigi che vogliamo ancora fare appello. A questo intento V. S. è stata autorizzata, col telegramma del 25, a presentare, in forma opportuna, queste nostre osservazioni al ministro francese degli affari esteri. Se questi dichiarasse di avere oramai pronunciato, circa la presente controversia, la sua ultima parola, Ella ha istruzione, come già Le telegrafai, di dichiarare che noi consideriamo la sua risposta come il modo da esso prescelto per troncare questo sfortunato negoziato, e che, dal canto nostro, noi facciamo riserva integrale delle nostre ragioni.

(l) -R. 177, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 388. (3) -T. 1103, non pubblicato.
399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2934. Berlino, 27 dicembre 1881 (per. il 2 gennaio 1882).

J'ai l'honneur d'accuser réception du télégramme de ce matin (l) relatif à la dernière allocution du Pape aux cardinaux, aux considèrations qu'elle vous suggère et à l'attitude qui m'est prescrite. Je me conformerai strictement à ces instructions, surtout si j'ai la chance de m'aboucher avec le Prince de Bismarck.

En attendant, je me réfère au N. 2933 (2) de ma correspondance. J'ajouterai que les journaux de ce soir, la Post et la Norddeutsche Allgemeine Zeitung contiennent certaines allusions d'après lesquelles on serait presque induit à croire, malgré le langage plus accentué de Léon XIII, qu'ici on ne le suit point du mème pas, et que mème il se manifeste un certain mouvement de recul dans les espérances que naguère on laissait entrevoir au Saint Siège. A mon avis, mieux vaut ne pas s'exagérer la signification de ces démonstrations p!us ou moins officieuses dictées bien plus par des nécessités de la politique intérieure, que par une sollicitude bien sincère pour le Vatican. Le Prince de Bismarck, après ètre arrivé au pinacle, se trouve arrèté dans sa dernière grande mission de consolider l'oeuvre nationale par des réformes dans le domaine économique et social. Ses efforts ont échoué lors des élections. La majorité compacte qu'il cherchait lui a fait défaut. Ses avances, entre autres, à la fraction du Centre, n'ont pas été payées de retour. Pour parvenir à ses fins, il use de tous les stratagèmes. C'est maintenant le Pape qu'il voudrait enguirlander, en lui promettant monts et merveilles, à la condition que Sa Sainteté prononce un quos ego à l'adresse de ceux qui se posent, au Landtag et au Reichstag, comme les défenseurs de sa cause. Il n'est nullement prouvé que ce pian se réalise.

D'un autre còté, nous ne devons pas non plus trop diminuer la valeur de la partie engagée. N'oublions pas que le Chancelier allemand s'est élevé par sa volonté indomptable, et qu'il l'a emporté par des combinaisons bien calculées, en jouant d'habitude gros jeu. Au reste, il sais aussi s'arrèter à temps et ménager des mécomptes à qui plaçait en lui trop de confiance.

Quoi qu'il en soit, il est extrèmement odieux qu'on ait l'air de nous servir

en quelque sorte en holocauste pour amener un prétendu apaisement du Kultur

kampf. Je ne veux en rien justifier cet étrange procédé. Mais si nous faisons

notre examen de conscience, nous devons convenir que nous avons un peu prèté

le flanc par un manque de prévoyance lors. du scandale du 13 Juillet. Nous avons

eu également tort de permettre les meetings contre la Loi des Garanties, quand

on devait s'attendre à ce qu'ils dégénéraient en désordres. Il est évident que si

notre attitude avait été plus correcte dans ces circonstances, nous n'aurions pas

fourni des prétextes à nos adversaires pour crier sur Ies toits que la siìreté, la

dignité et l'indépendance du Saint Siège manquaient d'une sauvegarde sérieuse

La presse officieuse ici s'est prévalu de cet argument pour laisser apercevoir, comme un mirage, l'éventualité du rétablissement du pouvoir temporel.

Je prie V. E. de se faire soumettre mon rapport. N. 2869 du 10 Septembre 1881 (1), dans lequel je résumais quelle avait été l'attitude du Cabinet de Berlin depuis notre prise de possession de Rome. Il résulte que la Puissance qui actuellement exerce en Europe la plus grande influence, n'a jamais pris envers nous l'engagement de ne pas se méler de la question du pouvoir temporel du Pape. Nous ne devions donc à aucun prix nous permettre un acte quelconque qui nous exposat à un danger aussi grave que celui de voir cette question mise sur le tapis.

Tout ce qui se passe autour de nous constitue un motif de plus pour diriger notre politique intérieure et extérieure en sorte de prouver à l'Autriche et à l'Allemagne tout le sérieux et la stabilité du programme inauguré par le voyage à Vienne. Nous avons encore beaucoup à faire pour regagner la confiance du Cabinet de Berlin, et nous prémunir dès lors contre les incohérences et les changements de front de son attitude.

Je signale à ce propos l'articule ci-joint (l) de source, m'assure-t-on, officieuse, inséré dans la feuille hebdomadaire Die Gegenwart. V. E. verra s'il est le cas de le réfuter par un de nos journaux. Quant aux publications de la Post, il serait assez indiqué que des organes autorisés de notre presse reçussent le mot d'ordre de combattre avec fermeté, dignité et patriotìsme des projets qui ne pourraient se réaliser sans guerre, sans une coalition, et sans amener des maux incalculables pour l'Europe, et méme pour le religion. Officiellement l'abstention me parait plutòt de mise. Nous ne saurions entrer en discussion, ni méme paraitre admettre l'existence de pareils projets ou ballons d'essai.

En vous transmettant ci-joint, dument signé, la feuille qui accompagnait

l'envoi des documents diplomatiques du 15 courrant, et en vous accusant ré

ception de vos dépéches politiques jusqu'au N. 1230 (2) ....

(l) -Cfr. n. 396. (2) -Cfr. n. 397.
400

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

L. P. Costantinopoli, 27 dicembre 1881.

Non v'ha dubbio che la condizione acuta in cui versa attualmente la questione armena fra il Palazzo e l'Ambasciata d'Inghilterra rende ancor più ardui i negoziati relativi a quella di Assab. Si è quindi per far cosa grata al mio col

annotazioni, la prima di Malvano, la successiva di Mancini.

«Fare tradurre l'articolo del Genenwart; ma dove abbiamo il giornale per rispondere?».

« Si faccia subito la traduzione, e si vedrà, se e dove occorre rispondere. Si faccia copia

del presente Dispaccio per S. M. e si risponda, sopratutto esciudendo ogni serietà di nesso tra gli accidenti del 13 luglio ed i meetings (che furono energicamente disciolti appena eccedevano) con la campagna del vaticano, già preparata, anzi iniziata. Si ricordino le Endcliche da Pio IX in avanti».

lega britannico, ed animarlo così a lavorare sempre più alacremente al nostro affare che ieri cercai di dargli una mano nelle sue difficoltà. Io feci di tutto per rischiarare l'orizzonte, ma non potei a meno di venirne alla conclusione lo stato psicologico di Sua Maestà essere oltremodo eccitato verso le potenze in seguito alle ultime peripezie europee ed africane. Lord Dufferin, che da oltre tre settimane aspetta invano la domandata udienza, mi fu riconoscente per li buoni offizj da me interposti presso Sua Maestà.

L'Ambaséiatore di Russia ha pure gravi difficoltà colla Sublime Porta riguardo all'indennità di guerra, e ne' suoi colloqui intimi si dimostra assai irritato per la condotta di questa.

Continuano invece gli amori colla Germania, i quali essendo platonici non s'urtano contro gravi scogli.

(l) -Non pubblLcato. (2) -Del 22 dicembre, non pubblicato. Ahlegate al presente rapporto si trovano le seguenti

(3) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI, A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E AD ATENE, CANTAGALLI

T. 1106. Roma, 28 dicembre 1881, ore 15,20.

Le chargé d'affaires de Grèce nous demande, au nom de son Gouvernement, quelle procédure a été adoptée par les puissances pour assurer l'évacuation intégrale du territoire adjugé à la Grèce. Aucune initiative, que nous sachions, n'a été prise à cet égard depuis que l'acte de délimitation a été, par les deux parties intéressées, signé avec réserve et que la Turquie est restée dans la possession d'une zòne dépassant non pas seulement la ligne fixée par la commission, mais la ligne mème qu'elle a déclaré, dans la note du 12 octobre, vouloir accepter. Nous désirerions savoir quelle est à cet égard la pensée des autres Cabinets.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 1107. Roma, 28 dicembre 1881, ore 15,20.

Pour prouver son thème, à savoir que l'Italie doit, sans hésiter, chercher à se faire admettre dans l'alliance austro-allemande, le Diritto publie ce soir un article où l'éventualité d'une initiative du prince de Bismarck à l'égard de la question pontificale est considérée comme possible et mème comme probable. L'auteur de l'article ajoute qu'en pareil cas le chancelier allemand se serait sans doute assuré l'adhésion préalable des autres puissances, ainsi que l'Autriche, la Russie, l'Espagne, et peut-ètre mème l'Angleterre. L'article ici a troublé les esprits et produit un effet déplorable.

V. E. connait maintenant à cet égard toute ma pensée. Elle peut donc, le cas échéant, déclarer que le soi-disant organe officieux, que nous avons, avec toutes nos forces, toujours démenti, exprime à cette occasion tout-à-fait le contraire de l'opinion gouvernementale, et que nous persistons à croire que le chancelier ne veut pas risquer une démarche qui n'aurait, chez nous, aucune chance

d'aboutir.

403

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1427/1211. Londra, 28 dicembre 1881 (per. il 2 gennaio 1882).

La recente allocuzione indirizzata dal Papa ai Cardinali ed ai Vescovi riuniti nel Vaticano in occasione delle feste natalizie; l'opuscolo «il Papa e l'Italia:. testè pubblicato ed in cui si suggerisce la retrocessione di Roma al Sommo Pontefice come l'unico mezzo di stabilire una convivenza tra la Santa Sede ed il Regno d'Italia, hanno di nuovo assai vivamente richiamato in Inghilterra l'attenzione su quella importante questione che si vorrebbe vedere sciolta nell'interesse della pace religiosa, ed in quella deH'Italia stessa, per la quale stanno sempre le maggiori simpatie. Ognuno è ben persuaso che la proposta fatta nell'opuscolo anzidetto, che si attribuisce a Leone XIII stesso, è del tutto impossibile. Non si capisce neppure come, qualora fosse accettata, potrebbe il Pontefice reggersi in Roma colle proprie forze, mentre da tempo assai remoto, il potere temporale del papa, sino all'ultimo giorno di sua esistenza, non potè mantenersi contro i proprii sudditi senza l'appoggio di baionette straniere. Alcuni pensano che si domanda molto per contentarsi di meno qualora questo fosse concesso.

L'E. V. si rammenterà che col mio rapporto del 7 corrente mese, n. 1196

Politica (1), io pronosticavo che, probabilmente in occasione della Canonizza

zione dei nuovi santi, il Papa si sarebbe lamentato di non essére libero di com

piere i riti esterni prescritti dalla Chiesa. E così avvenne, difatti, e le funzioni

furono concentrate nell'interno della basilica di San Pietro. un simile lamento

porgeva recentemente il Cardinale Howard, nel prendere possesso della Carica

d'Arciprete di San Pietro. Se il Concilio del Vaticano dovesse riaprirsi come è

annunziato, si suppone che il Papa ne prenderebbe occasione per trasportarne

la sede, ed esso con lui, fuori d'Italia, od a Fulda od a Trento, sotto il pretesto

che il sacro consesso non sarebbe in sicurità ip Roma.

Tali lamenti sembrano diretti anche a dare forza alle disposizioni favorevoli

alla Santa Sede che si suppongono essere nella mente del principe di Bismarck,

a giudicarne da alcuni articoli di giornali ai quali si attribuisce un carattere

semi-ufficiale. Non è che qua si creda alla possibilità di alcun intervento per il

ristabilimento del potere temporale, ma si ammette bensì che qualche potere

possa interporre i suoi consigli presso il Governo del Re, in favore del Papa. Ed è

perciò che ad evitare una tale iattura, le non poche persone che portano affetto all'Italia, stimerebbero opportuno che il nostro Governo prendesse l'iniziativa di misure proprie a togliere al Papa i motivi reali delle sue querimonie quali sono quelli di non potere liberamente pontificare fuori dalla sua Basilica; di non potere affacciarsi alle finestre del Vaticano senza essere esposto agli schiamazzi del popolaccio (1). Questi lamentati inconvenienti che hanno provocato la nuova campagna del Vaticano contro l'Italia, sarebbero tolti come venne altra volta accennato (così alcuni pensano), con una conveniente ampliazione delle dipendenze del Vaticano, che diverrebbe così un luogo sacro impenetrabile ai profani, mantenendosi, pur sempre, il principio della Legge delle Guarentigie (2).

Bisognerebbe inoltre esaminare alcuni altri punti che si riferiscono all'amministrazione generale della Chiesa universale, e per la quale si dovrebbero dare le debite agevolezze.

Ma non mi inoltro in questi particolari che non sono di mia speciale competenza; coll'accennare queste idee ho soltanto ubbidito al mio dovere riferendo all'E. V. ciò che io leggo e che io sento dire in questo paese, sulle ostilità che sorgono di nuovo più aspre per parte del Vaticano, e sul modo di sufficientemente sciogliere queste difficoltà, senza abbandonare alcuno dei nostri diritti, evitando ad un tempo che si venga a partiti estremi che potrebbero turbare la pace religiosa e recare non lieve danno all'Italia stessa.

(l) Non pubblicato.

404

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 dicembre 1881.

A mon retour ici le 22, j'ai eu la grande satisfaction de trouver votre lettre du 19 (3). Nous vous remercions de votre bon souvenir. Nous avons beaucoup pensé à vous dans vos cruelles éprouves, et nous aussi nous avons déploré la perte de votre excellente mère dont la bienveillance ne nous avait jamais fait défaut. Que de douleurs vous a apporté 1881; que 1882 soit propice à vous et aux vòtres. C'est là le souhait que nous vous adressons de tout coeur.

Po'litiquement parlant, je ne franchirai pas le seui! de la nouvelle année sans de grandes appréhension. Des graves évènements se préparent: un changement de règne à Berlin; en France on marche vers une crise; l'état intérieur de la Russie est effrayant et en Italie, le parlementarisme nous tue à petit feu.

J'ai perdu bien des illusions durant mon séjour prolongé à Rome. Il y a manque d'énérgie sur toute la ligne. La gauche se cramponne au pouvoir en désorganisant le service public. On fait avant tout ou plutòt exclusivement de

la politique de parti. Les inérèts d'un chacun passent avant ceux du Pays. On n'a pas l'air de s'apercevoir que nous avons pcrdu la confìance à l'étranger. Ce n'est que lorsque nous recevons de coups de boutoir à la Kallay-Andrassy et à la Bismarck qu'on sort de sa somnolence. Je vous félicite de votre attitude si digne et si patriotique lors de l'incident à la délégation hongroise. On s'est empressé de mettre un cerotto aux blessures qui nous étaient faites. La cicatrice reste; d'ailleurs le Prince de Bismarck ne s'est pas fai t faute de rouvrir la plaie dans une excursion oratoire au Reichstag. J'en ai rougi pour notre Gouvernement; non pas que les vérités dites ne fussent exactes -j'en ai fait entendre de plus fortes -mais si on lave son linge sale en famille, on n'aime pas que la besogne se fasse par une blanchisseuse étrangère. Le Chancelier nous a aussi appliqué un calmant. Avant cette opération et au moment où nous arrivaient ces critiques de Berlin, M. Mancini était tout déconcerté, irrité au supréme degré. Je lui ai dit que s'il ne plaçait pas son coeur dans sa tète, il pourrait pour 24 heures se rendre très populaire à la Chambre par un discours à phrases sonores et en repoussant dédaigneusement les assertions du Prince. Mais il

<M. Mancini) ne tarderait pas à reconnaitre qu'il ferait fausse route en cédant à un moment de colère. La raison d'Etat exigerait un langage calme et digne. Il a bien voulu suivre mon conseil. C'est alors que Keudell a été chargé de nous communiquer un télégramme (l) dont vous connaissez la substance. Cela n'empèche pas que certains journaux officieux ici ont continué à lancer des balons d'essai au sujet d'un exil du Pape, du rétablissement de son pouvoir temporel, d'une garantie collective de l'Europe, d'une intervention diplomatique étrangère etc. etc. Le comte de Hatzfeld me laisse entendre qu'il ne faut pas ajouter trop d'importance à ces élucubrations. Il ne s'agirait que d'établir un modus vivendi entre l'Allemagne et le Vatican sans sacrifier aucun des principes essentiels de l'Etat dans ses rapports avec l'autorité ecclésiastique. Mais voici que Léon XIII a tenu aux Cardinaux le 25 décembre une allocution plus accentuée que le discours modéré prononcé à la solemnité d'une canonisation de quelques saints. Grand émoi à Rome; long télégramme (2) pour me mettre en garde contre toute velléité qui se manifesterait ici de mettre sur les tapis la question du rétablissement du pouvoir temporel sur laquelle je dois décliner toute discussion etc. etc. Je ne suis nullement rassuré sur les intentions du Cabinet de Berlin présidé par un homme d'Etat d'une volonté indomptable et habitué à jouer gros jeu, nous devons donc ètre extrèmement sur nos gardes, mais il ne serait pas digne de sembler admettre mème en apparence des pareils projets. Officiellement nous devons nous taire mais laisser entendre par tous les organes de notre presse que nous sommes fermement résolus à repousser énergiquement toute intervention étrangère en opposition avec notre unité nationale.

Comme je l'écris (3) si nous faisons notre examen de conscience, nous avons commis l'immense faute de manquer de prévoyance lors des scandales du 13 juillet; nous avons prété le flanc en ne défendant pas les meetings pour l'abolition des lois de garanties. Nos adversaires en ont profité pour crier

(-2) Cfr. n. 396.

sur les toits que le Souverain Pontifice manquait de securité pour sa dignité et son indépendance et nous sommes devenus l'enjeu des Puissances quand il leur plait de faire quelques évolutions bien plus pour Ies besoins de leur propre cause que pour celle du Pape.

La conclusion de ma correspondance de ces jours avec la Consulta, c'est qu'il nous importe plus que jamais de tourner sérieusement l'axe de notre politique vers l'Autriche et l'Allemagne, et de travailler activement et sans dèfaillance vers Paris, à réaliser un programme dont le voyage à Vienne n'a encore été que le prologue.

Dans l'entretien que j'ai eu avec Mancini deux jours avant mon départ de Rome, je lui ai dit que s'il dépendait de moi je signerais non pas demain, mais dès aujourd'hui avec Vienne et Berlin des engagements précis dans le sens d'une ligue défensive pour la conservation de la paix qui impliquerait une garantie matérielle des territoires. Il ne semblait pas contraire à un tel engagement mais il le voudrait limité camme durée sauf clause de prolongation. Il craignait que la France n'y vit une provocation à son endroit. J'apaisais ses scrupules en suggérant qu'on pourrait réserver l'accession de chaque Puissance qui voudrait entrer dans le concert. Mais pour le faire, il faut gagner de plus e n plus la confiance de l'Autriche, et par contrecoup nous rapprocher de l'Allemagne. Ce ne sera que lorsque le fruit sera mur à Vienne que je pourrai (quand j'en recevrai l'avis) agir plus nettement à Berlin. Nous rendrions ainsi impossible toute guerre en Europe pour une période de plusieurs années, disons dix ans, le temps qu'il nous faut pour que l'Italie puisse jouer, dans la plénitude de ses forces, le ròle qui lui revient camme grande Puissance. Entrez-vous dans cet ordre d'idées?

Il n'a jamais été question jusqu'ici d'une visite à Berlin. Pour mon compte, et je l'ai laissé entendre, je voudrais qu'elle fiìt la consécration d'engagements positifs, si non mieux vaut s'abstenir.

Le Roi m'a dit très nettement que nous ne descendrions pas plus bas qu'au Ministère actuel; qu'en attendant un changement du Gouvernement, il me recommandait de veiller à ce que notre position s'amélioràt à Berlin. Lui-meme s'emploierait pour qu'elle ne se compromette pas davantage à Rome. Je l'ai beaucoup encouragé à prendre une initiative en ce qui touchait surtout à l'armée à la diplomatie etc. etc.

J'aurais encore Iong à vous écrire, mais voici l'heure du courrier. J'ai beaucoup regretté que vous ne soyez pas venu de Turin à Rome où nous aurions causé utilement. A mon tour j'aurais voulu vous faire une visite en prenant la vaie de Vienne mais on a un peu pressé mon retour ici, et de Turin où j'avais quelque commission j'ai pris la vaie de Milan et du Brenner. Madame de Launay était d'ailleurs un peu malade et j'avais hàte qu'elle revit ici son médecin.

Tosi a été en effet nommé Ministre effectif le premier décembre. J'ai travaillé des pieds et des mains pour cet avancement si mérité. Chacun rendait justice à ses mérites, mais il s'agissait de le faire sauter par dessus deux napolitains Martuscelli et surtout M. De Martino fortement appuyé par le Ministre Magliani. J'avais fini par déclarer que je ne quitterais pas Rome avant nominations faites. Le Roi a bien voulu me préter son aide, et nous avons viribus unitis emporté d'assaut la position. Nous aurons ainsi à. Belgrade quelqu'un qui ne gatera pas notre jeu, et qui au contraire le servira au besoin.

(l) -Annotazione a margine di Mancini: «Quando mai ciò è accaduto? Si risponda smentendo la mendace accusa dei clericali». (2) -Annotazione a margine di Mancini: «Si risponda che ai pretesi mali sarebbe puerile ed inetto il suggerito rimedio, e sarebbe fuori luogo, creando sempre nel territorio italiano un enclave non italiana che potrebbe diventare il germe di un'ulteriore ampliazione ». Altra annotazione di Malvano: «Ringraziare e pregare di continuarci cosi preziose notizie e assennati apprezzamenti». (3) -Non rinvenuta. (l) -Cfr. n. 364. (3) -Cfr. n. 399.
405

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1961. Berlino, 29 dicembre 1881, ore 17,20 (per. ore 18,50).

Je me réfère sur question pontificale et sur télégramme de V. E. du 27 (l) à ce que j'ai écrit par le courrier parti hier (2). Plus j'y pense, plus je suis convaincu que le Gouvernement comme tel doit montrer une calme qui impose plus que ce qui pourrait ressembler à de la jactance. Il ne doit pas meme admettre la possibilité de certains projets, traités académiquement par quelques organes de la presse allemande et dans des termes qui prouvent combien les rédacteurs interprètent mal la pensée de Bismarck. Leurs articles sont odieusement commentés à Paris et chez nous par qui vise à nous détourner du programme inauguré à Vienne. Il faut etre sans doute très vigilants; l'action de nos journaux, si elle est bien dirigée, rendra service à notre cause; mais il convient de nous abstenir de tout ce qui paraitrait un manque de confiance dans le Cabinet de Berlin, qui sait fort bien d'ailleurs qu'une initiative chez nous n'aurait aucune chance de succès. Je n'ai pu voir aujourd'hui le secrétaire d'Etat. Je me propose de lui parler comme de moi-meme.

406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1074. Roma, 29 dicembre 1881.

In una memoria, che mi riserbo di comunicarle fra breve, riassumendo

fatti, ed esponendone le conseguenze giuridiche, mi studiai di determinare, con la più scrupolosa imparzialità e diligente esattezza, la posizione in cui, per effetto di ben note vicende, l'Italia e la Francia vennero a trovarsi, reciprocamente, nella Tunisia.

I fatti appariscono in così chiara luce che certo niuno vorrà contraddire alla affermazione nostra: essersi creato, in Tunisia, uno stato di cose che, mentre lede profondamente i nostri interessi, viola altresì il nostro diritto convenzionale. Non mancai di farne verbalmente esplicita dichiarazione al rappresentante del Governo francese in Roma, come già a Lei ne diedi contezza. Nondimeno ci sembrò espediente di astenerci da vane proteste; e pre

31 ·-Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

ferimmo che la nostra ferma risoluzione di nulla riconoscere di quanto si volle, nella Reggenza, surrogare allo stato anteriore delle cose, constasse, in forma non dubbia, per quanto tacita e negativa, dalla rigida astensione nostra da ogni atto che potesse interpretarsi quale implicita ammissione od anche solo passiva acquiescenza.

D'altra parte, però, non possiamo dissimulare a noi stessi i'l grave danno che ridonda a legittimi ed importanti interessi nazionali da uno stato di cose nel quale, per serbare impregiudicata la nostra condizione giuridica, abbiamo dovuto rinunciare a quei modi più efficaci di regolare trattazione che sono consueti tra Governo e Governo; tantoché il negoziato nostro rimane senz'altro interrotto quando non se ne ottenga l'immediata soluzione, e sorga la necessità di continuare il carteggio con tale funzionario che non possiamo riconoscere quale organo normale del Governo del Bey. Da questo punto di vista, la quistione assume il carattere d'un gravissimo problema che al Governo del Re riesce, moralmente, di peso non lieve, per quanto sia profondo il convincimento suo della responsabilità anco maggiore che, dal punto di vista degli interessi generali del paese, si assumerebbe con l'adottare un contegno diverso.

Nondimeno, non ci sembra che il presente stato di cose possa indefinitamente protrarsi. Il Governo francese l'ha riconosciuto egli stesso, con l'annunciare che in breve saranno proposti provvedimenti intesi a modificare l'attuale assetto in Tunisia. Però, noi non possiamo neppure rassegnarci alla silente aspettazione di un'opera riparatrice la quale è suscettibile di indefinito indugio, e di cui già possiamo presumere difficilmente conciliabili i criteri con l'integrità del nostro diritto. Ond'è ·che, alieni dal voler suscitare un conflitto od esacerbare le difficoltà già esistenti, noi saremo probabilmente condotti in breve ad adottare quel solo partito che possa contemperare le opposte esigenze a cui dobbiamo ugualmente soddisfare: quello, cioè, di esporre senza ambagi nè reticenze al parlamento e al paese la situazione, acciò degli atti nostri, e segnatamente del nostro riserbo, in quanto riflette i casi di Tunisi, si possa recare pieno e corretto giudizio.

(l) -Cfr. n. 396. (2) -Cfr. n. 399.
407

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALISSIMO 1233. Roma, 29 dicembre 1881.

Mi preme di riassumere, in termini che escludano ogni dubbiezza, tutto il mio pensiero circa i nostri rapporti con l'Austria-Ungheria.

Il dispaccio circolare del 6 novembre (l) e le comunicazioni scambiate tra i due Gabinetti, in occasione dell'incidente Kallay (2) mi parevano avere chiaramente definito la reciproca situazione, secondoché noi la abbiamo fin da principio compresa qual naturale conseguenza di un ravvicinamento, a cui

la visita Reale non fece che conferire carattere pubblico e solenne. Sia pure, (nè qui v'ha dissenso dall'una o dall'altra parte), che a Vienna non siansi agitate questioni particolari, sia pure che i Ministri presenti al Convegno non abbiano accettato o chiesto impegni su questa o su quella materia: non è men vero però che, ai nostri occhi e, vogliamo averne la fiducia, anche agli occhi degli uomini che reggono costì •la pubblica cosa, la affermazione di una maggiore intimità di rapporti deve implicitamente significare che nelle principali questioni attinenti alla politica dell'una e dell'altra Monarchia, abbia a presumersi o una già acquisita concordia di intendimenti o la certezza di conseguirla mediante la schiettezza di frequenti e precise comunicazioni.

Siamo ben lungi dal voler muovere lamento alcuno.

Però sta in fatto che non poche controversie, alcune di importanza abbastanza notevole, si vengono, in questi tempi, trattando tra i varii Gabinetti, nè finora lo scambio di spiegazioni e dichiarazioni tra Roma e Vienna ha pigliato quella forma di intima trattazione che nelle condizioni normali, quali sono le presenti, è la più sicura manifestazione di disposizioni suscettibili di mutarsi, quando sopravvenissero giorni meno pacati, in accordi più completi.

In un recente suo telegramma (l) V. E. attribuisce questo silenzio e questa freddezza al difetto di sufficiente fede da parte di codesto Governo, nella fermezza dei nostri propositi, ed aggiunge che il dubbio è tenuto vivo anche dalle suggestioni venienti da Berlino. Sarebbero, per codesto Governo e per il Governo germanico ragione di diffidare, i rapporti con alcuni uomini che attualmente tengono la somma delle cose in Francia, e il timore che nè si sappia da noi resistere alle seduzioni d'oltre Alpi, nè fare argine, con la necessaria energia, alla propaganda repubblicana che di là cerca d'insinuarsi nella Penisola.

Alieno, non meno della E. V., da vacue e generiche proteste, mi trovo a disagio nel dover ribattere, una ad una, tutte le supposizioni che nel vastissimo campo delle congetture possono, a placito d'ognuno, escogitarsi; ed ammetto pure, siccome Le telegrafai (2), che esiste, da parte degli attuali governanti in Francia, un vero e proprio programma, inteso ad attribuire alle vicendevoli relazioni fra i due paesi l'apparenza di un carattere, che è ben lungi dallo avere. Ora è lo stesso Presfdente del Consiglio che, dalla tribuna parlamentare, afferma la possibilità e quasi il reciproco desiderio di una trattazione, rispetto alle cose di Tunisi; ora sono i giornali ufficiosi che annunciano con ostentazione la venuta in Italia, con missioni confidenziali, di un ex-Ministro

-o di altri personaggi. Intanto il vero è che di siffatte missioni non abbiamo notizia alcuna, e neppure ne concepirei lo scopo, mentre, dopo quanto è occorso tra la Francia e l'Italia, noi siamo ben risoluti ad astenerci bensì scrupolosamente da ogni atto meno corretto o contrario agli interessi pacifici, ma a non impegnarci neppure, d'altro canto, in un negoziato qualsiasi che non abbia intenti ben determinati e suscettibili d'essere pubblicamente fatti conoscere. In quanto più specialmente concerne la quistione di Tunisi, circa

la quale, ad ogni buon fine, premetto non esserci pervenuta entratura o proposta alcuna, già fin d'ora ravviso impossibile un accordo qualsiasi, non essendo sperabile il ripristinamento dello status qua ante, senza il quale l'opinione pubblica in Italia non sarà mai per mutare in aperta adesione quella che fu finora e rimane tuttavia una pura e semplice astensione da sterili proteste o da inopportuna resistenza. Parecchie controversie particolari, suscitate dagli avvenimenti della Reggenza, si vengono dibattendo, tra le quali è principalmente quella per i danni patiti da nostri connazionali e da altri stranieri in occasione della presa di Sfax nello scorso luglio; ma la trattazione procede in quel modo che a V. E. è ben noto mercé i documenti diplomatici che Le si comunicano, nè mi spiacerebbe che Ella ne tenesse informato codesto Gabinetto, !asciandogli intendere (come del resto Le ho già telegrafato) (1), che noi stimiamo naturale corollario della intimità dei nostri vicendevoli rapporti, di nulla !asciargli ignorare di quanto spetta alle nostre relazioni con la Francia.

V. E. ha altra volta opinato, che ci convenisse di battere risolutamente la nostra via, affidandoci all'opera del tempo, perché si dissipino le erronee prevenzioni, e giunga il giorno in cui la nostra cooperazione sia, costì e a ;Berlino, desiderata in forma più positiva. Nè io avrei obiezione contro così savio consiglio, se vedessi almeno a Berlino, ma sopratutto a Vienna, abbastanza radicata la fede nei propositi nostri, da consentirci di considerare come vani ed innocui tutti i tentativi che da altra parte si facciano per raffigurare la nostra politica sotto una luce che è ben !ungi dall'essere conforme aHa realtà delle cose. Nella situazione torbida ed incerta in cui, per cagioni varie che qui sarebbe superfluo enumerare, l'Europa continua purtroppo a mantenersi, io temerei che sia poco cauto partito il ridurci a non fare assegnamento che sopra la lenta azione di così tardo alleato quale suoi essere il tempo. Le vicende possono essere rapide, e possono incalzare gli eventi; mentre, quando nello scorso autunno, con piena coscienza dei nostri doveri e della nostra responsabilità, e pur continuando a professare un programma di pace e di conciliazione facemmo, non giova dissimularlo, un vero atto di risoluta opzione, a noi stava, come anche ora sta a cuore, di porgere al nostro paese, voglioso di quiete, una efficace garantia e un sicuro schermo contro ogni pericolosa contingenza, ed anche contro la molestia di continue preoccupazioni e sospetti che, agitando la pubblica opinione, bastano a produrre non lievi danni.

Ond'è che, in quanto da noi dipende, siamo ben !ungi dall'essere ripugnanti o dubbiosi, quando si desiderasse che, a raffermare il vincolo morale già presentemente esistente, fossero stretti accordi d'indole più tassativa ed obbligatoria.

Mi giova farle noto, a questo riguardo, che il R. Ambasciatore a Berlino, reduce in questi giorni al suo posto, fu da me autorizzato a dichiarare all'occorrenza che il R. Governo è fin da ora risoluto a stringere colla Germania e coll'Austria-Ungheria, quando ne venga di comune accordo riconosciuta l'opportunità, un patto speciale sulla base della reciproca garantia territoriale

difensiva, in caso di esterne aggressioni. Noi porremmo innanzi, in via affatto riservata, e separatamente, questa sola restrizione che, certo, non potrà sembrare meno legittima o meno opportuna: che, cioè, il patto non si intenda rivolto anche contro la Russia. Imperocché, per una parte, comprendere anche la eventualità di una lotta con la Russia sarebbe volerei addossare un onere manifestamente di troppo superiore al beneficio, e, d'altra parte, la eventualità stessa ci parrebbe fortunatamente eliminata dalle previsioni di un largo avvenire. Se a V. E. sembrasse espediente e tempestivo di troncare, una buona volta, con un passo decisivo ogni ombra molesta, e se Ella stimasse cosi propizio il terreno da avere anticipata certezza di sicura accettazione, con formale partecipazione della Germania negli accordi da conchiudersi, non avrei difficoltà di impartire anche all'E. V. facoltà e potere di tenere Io stesso linguaggio, e dopo ciò Le trasmetterei le speciali istruzioni occorrenti per tradurre in atto, nella forma che sarà conveniente, i concetti qui espressi.

Non dipende, d'altronde, da momentanee disposizioni, effetto di secondarie circostanze, a Vienna e a Berlino, la politica che il Governo del Re si è definitivamente prefissa all'atto del viaggio delle Loro Maestà. L'Italia, mercé lo sviluppo crescente delle sue forze economiche e militari, saprebbe compiere all'occorrenza il sacro dovere della propria difesa; non si dirige alle potenze che stima essere sue naturali amiche ed alleate, se non in vista di alti interessi comuni ai tre Stati. Il contegno de'l Governo del Re, durante e dopo la visita sovrana a Vienna, ha provato abbastanza che la politica nostra non ha in mira alcun secondo fine, neppure riguardo a quei legittimi nostri interessi, che soffrono presentemente della condizione di cose esistente nel Mediterraneo. L'affermazione delle solidarietà d'interessi dell'Italia con l'Austria-Ungheria e la Germania fu ed è l'intento nostro essenziale; questa rimane la base invariabile sulla quale regoleremo la nostra condotta, ed il presente dispaccio, come le istruzioni da me date al Conte de Launay, non hanno per !scopo d'affrettare le risoluzioni altrui, ma di dichiarare le nostre (l).

(l) -Cfr. n. 309. (2) -Cfr. nn. 310, 311, 312, 313, 314, 315, 316, 319. (l) -Cfr. n. 387. (2) -Cfr. n. 381.

(l) Cfr. n. 390.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PAGET (2)

N. S.N. Roma, 29 dicembre 1881.

Con nota del 26 di questo mese (3) V. E., per istruzione del suo Governo mi ha favorito copia di un Memorandum confidenziale, ìn data 6 Dicembre, in cui il Governo vicereale d'Egitto, dopo avere ricapitolato, secondo la versione sua, i precedenti della controversia, ha espresso il suo pensiero circa

il progetto di Convenzione, per Assab, che il Governo della Regina raccomanda all'accettazione dell'Egitto e della Turchia.

Poiché questo documento mi è stato trasmesso dall'E. V., come Ella stessa lo avverte, a titolo di semplice informazione, riuscirebbe intempestiva, da parte mia, una particolareggiata discussione del suo contenuto.

E però, mentre Le porgo le più vive grazie per la cortese comunicazione, e La prego di voler pure rinnovare a S. E. il Principale Segretario di Stato per gli affari esteri l'espressione della nostra riconoscenza per il valido concorso che il Governo della Regina ci presta in questa circostanza, mi limito a dichiarare che il Memorandum egiziano racchiude una serie d'inesattezze delle quali sarei quando che sia in grado di somministrare le prove.

Non è esatto, in primo luogo, che il Governo del Re siasi, nel 1870, espresso in termini tali da lasciar credere che il carattere puramente commerciale della intrapresa Rubattino escludesse, da parte sua, la volontà di trarre, dalla cessione fatta a favore di un suddito italiano da Capi indipendenti, le conseguenze che, dal punto di vista della sovranità, sono in simili casi sancite dal diritto pubblico.

Egli è bensì vero, in secondo luogo, che in un documento del Maggio 1871 il Governo del Re ricordò come nel 1862 un funzionario subalterno avesse tentato di piantare la bandiera egiziana al sud di Assab (a Raheita), ma il Memorandum del 6 dicembre dimentica che nello stesso documento del maggio 1871 era pur soggiunto come il tentativo fosse andato pienamente fallito per la resistenza del Sultano locale. Della quale omissione, che non può esser fortuita, tanto più dobbiamo essere sorpresi, in quanto che già essa notavasi nel dispaccio egiziano del 7 Luglio 1881, citato nel memorandum del 6 dicembre, e noi non mancammo, a suo tempo, di farla rilevare dal Rappresentante di Sua Maestà in Egitto. Nè meno strana è l'asserzione che anche attualmente Berehan sia un funzionario egiziano, stipendiato e preposto alla custodia della bandiera vicereale a Raheita, mentre noi siamo in possesso di un documento che facemmo comunicare al Governo del Khedive e che recisamente smentisce una simile affermazione.

Infine mal s'appone il governo vicereale nel dedurre, dalla circostanza che ancora non fu da noi risposto alla sua nota del 7 Luglio 1881 ed all'annessovi memorandum, il corollario che il R. Governo siasi acquetato alla argomentazione svolta in quei documenti. Un simile procedimento sarebbe, nelle consuetudini internazionali, una singolarissima innovazione; nè deve parere soverchio l'indugio al Governo vicereale, il quale, dal canto suo, fece aspettare ben quattordici mesi la sua risposta al memorandum Cairoli del 17 maggio 1880 (1). Del resto, se questa volta non ci affrettammo a porgere una replica, la ragione del ritardo sta sopratutto in ciò che, anziché impegnarci ulteriormente in una disputa nella quale, da parte dell'Egitto abbondano le affermazioni, ma difettano le prove, ci era sembrato e ci sembra tuttora assai più espediente un accordo di fatto che ponga termine alla quistione in modo equo e soddisfacente per tutti gli interessi che sono in

causa. L'Egitto, che si ostina a rivendicare sopra Assab ragioni che in diritto sono per lo meno disputabili, non può contrastare questo fatto preciso ed eloquente: che Assab rimase spiaggia quasi deserta, senza vestigio alcuno che attesti l'opera di governo civile, in fino al giorno in cui l'animosa iniziativa di un benemerito italiano vi fece sorgere un centro di commercio tuttora modesto ed incipiente, ma che potrà aver largo sviluppo a beneficio di tutti, e senza detrimento di alcun interesse, tostoché siano rimosse le cagioni delle difficoltà presenti.

Si è da questo punto di vista che noi invocammo, fidenti e non indarno, la amichevole intromissione del Governo britannico e noi facciamo sopra di essa sicuro assegnamento per la riuscita del negoziato. E poiché dal Governo del Sultano deve dipendere la decisione, mi giova rinnovare, per mezzo della

E. V., le più vive istanze al Governo della Regina perché gli piaccia di affrettarla, e di adoperarsi acciò sia favorevole ai nostri comuni desiderii.

(l) -Mancini trasmise copia di questo dispaccio e de Launay con d. 1235 pari data, nel quale affermava che le considerazioni e le conclusioni in esso contenuto erano va1ide anche per i rapporti tra Italia e Germania. (2) -Ed. in LV 34, pp. 128-130. (3) -Non pubblicata, cfr. LV 34, pp. 126-128.

(l) Cfr. Serle II, vol. XII, n. 63.

409

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, BRANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1965. Aden, 30 dicembre 1881, ore 10,45 (per. ore 14,10 del 31).

Nulla di nuovo con Raheita (l) dopo accordo conchiuso dal professor Sapeto prima mio arrivo. Ne parlai al comandante «Dragon », informandolo esser .già noto a Londra da molto tempo, non so come nacque errore.

410

L'AMBASCIATORE BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 1963. Berlino, 30 dicembre 1881, ore 17,27 (per. ore 19).

J'ai parlé aujourd'hui au secrétaire d'Etat dans le sens du télégramme de

V. E. (2) sur article récent du Diritto. J'ai dit que j'avais rapporté de Rome la conviction que le Gouvernement du Roi croyait nullement que le chancelier voulait risquer une démarche qui n'aurait chez nous aucune chance de succès; nous avons au contraire pleine confiance dans l'amitié et la haute sagesse politique de Bismarck. Il ne se laisserait pas engager dans une voie qui conduirait immanquablement à une guerre, dont l'extension, la durée et 1es conséquences échapperaient aux calculs, et que d'ailleurs n'emmenerait pas de solution pratique pour la cause qu'on croirait servir; nos intérèts mutuels exigent la conser

vation de la paix sur cette base; le Cabinet de Berlin trouvera en nous le plus large concours et les meilleures dispositions pour une entente; nous avons foi dans les assurances souvent répétées par le chancelier de ne rien négliger pour prévenir tout conflit armé; aussi le Gouvernement du Roi savait, en présence des discussions académiques de certains journaux inspirés avant tout par des considérations de politique intérieure, conserver le plus grand calme, lors meme que l'opinion publique s'émeut en Italie, car là comme partout, on incline à prendre des apparences pour des réalités. Le secrétaire d'Etat a promis de référer à Son Altesse mes déclarations qui me semblent répondre aux vues de V.E., il me disait que j'étais dans le vrai en comptant sur l'amitié et surtout sur la sagesse du chancelier et en réduisant à sa juste valeur le langage des journaux. J'ai renouvelé ma demande d'audience chez le prince.

Je prle V.E. d'accepter à l'occasion du nouvel an mes meilleurs voeux pour l'homme privé et pour l'homme d'Etat ainsi que pour tous les membres de sa famille.

(l) -Cfr. n. 386. (2) -Cfr. n. 402.
411

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1572. Vienna, 30 dicembre 1881 (per. il 2 gennaio 1882).

Devo notare con soddisfazione che la stampa austriaca osserva a riguardo della questione relativa al Santo Padre posta all'ordine del giorno dalla stampa ufficiosa tedesca, un'attitudine che non può a meno di qualificarsi simpatica all'Italia. Fino ad ora poi non ho trovato in nessun giornale apprezzamenti in proposito che menomamente rivestissero il carattere di almeno ufficiosi comunicati del Governo Imperiale.

Il Gabinetto di Vienna mostra anche in tal maniera, di volersi mantenere fermo in quella riserva mai sempre osservata in ogni circostanza, nelle nostre questioni colla Corte Pontificia. Non ho poi d'uopo di aggiungere, che neppure una parola su quell'argomento mi fu fin qui detta nè al Ministero degli Affari Esteri nè altrove. Non mi sono dunque trovato ancora nell'occasione di dovere, come certo non mancherei di farlo, respingere nel modo il più preciso qualsiasi entratura su di una questione che nei suoi rapporti internazionali l'Italia deve in modo assoluto considerare come cosa d'ordine suo interno, al cui riguardo quindi la dignità nazionale impedisce di accettare anche la semplice conversazione con estere Potenze. Evidentemente mi sono io pure astenuto dal dire qui cosa alcuna, che potesse fornir pretesto a parlarmi su si delicato argomento; mi limiterò soltanto se l'occasione propizia mi si presenta, di far rilevare indirettamente come il R. Governo non abbia oggi giornali ufficiosi e quindi corrersi pericolo di errare grandemente ove si credesse da lui ispirati gli articoli di taluno dei nostri periodici, di cui l'opinione pubblica ebbe assai a preoccuparsi in questi ultimi giorni.

412

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 30 dicembre 1881.

Je vous ai répondu camme je l'ai pu à mots couverts par la poste (1). Je ne crois dane plus nécessaire d'entrer maintenant dans d'ultérieures longues explications, d'autant plus que mes télégrammes à M. Mancini de ces derniers jours caractérisaient assez clairement la situation ici. On me rirait au nez si je venais parler d'alliance et de garantie de territoire dans ces moments-ci. Nous sommes en l'air camme nous ne l'avons jamais été, car c'est notre existence meme qui est en jeu. On n'aime pas les vérités que je dis, elles sont quelque fois un peu brutales j'eu conviens, mais la vérité ne saurait etre autrement. M. Mancini a l'air de me dire que si j'étais moi au Gouvernement je ferais de bien pire sottises! Il s'agit bien de cela. Je ne veux pas du pouvoir, je n'en voudrai jamais! Mais ce que je veux, c'est que tant que je sers mon Pays on croye à ma loyauté, on aye pleine et entière foi en moi, si on ne l'a pas qu'on me remplace, ça ne serait pas si difficile, je suis prèt à indiquer moi plusieurs candidats. En attendant nous voilà tombés dans une telle impasse, camme je l'ai dit je me sens assez fort ici pour franchir cette situation scabreuse si nous marchons droit et si je me sens soutenu camme je dois l'etre. Mais ce n'est pas le moment de se plaindre du manque de confiance, sachions l'inspirer, et je réponds qu'on l'aura. L'article du Diritto qui accepte la discussion sur la question du Pape nous fera beaucoup de mal, car on ne persuadera jamais à l'étranger que ce journal ne soit pas l'organe du parti gouvernemental qui est au pouvoir. Je trouve très grave que nous n'ayons pas un journal qui soit effectivement l'expression de la pensée du Cabinet. Tous ces organes de la gauche qui tiennent un langage différent les uns des autres ne donnent pas une idée favorable de l'homogéneité du parti qui appuye le Cabinet actuel. Ce qu'il nous faut pour inspirer une solide confiance à l'étranger, c'est des hommes conséquents avec leur passé. Le raisonnement qu'on était ami avec Monsieur un tel quand on n'était pas au pouvoir, mais que maintenant on s'abstient de lui témoigner les mèmes sentiments (2), n'a pas cours avec les Cabinets, qui ne veulent compter que sur des amis sérieux et durables. Bref il ne s'agit pas ici de question de partis, mais d'hommes. Que demain le pouvoir repose en Italie entre les mains d'hommes réellement serieux et reconnus comme tels en Europe et nous serons de nouveau à flòt, c'est là ce qu'il nous faut et pas des phrases. Je me suis échiné à persuader depuis des années notre Gouvernement que si pour nous la question Romaine devait ètre considérée comme finie, pour l'Europe elle n'était pas encore enterrée. Les faits ne me donnent que trop raison, il n'aurait cependant dépendu que de nous d'en faire une momie irresuscitable, mais les grandes théories et surtout les grands mots ne nous ont permis d'atteindre ce résultat. Heureusement pour nous, nous ne

sommes pas les seuls aveugles dans le monde, les Français et en particulier M. Gambetta montrent qu'ils le sont plus que nous; j'en suis donc réduit à espérer dans la balourdise de ce dernier pour nous tirer de là.

Ici personne ne m'a soufflé mot de la question Romaine, et évidemment je fais pour mon compte comme si la chose se passait dans la lume. Ce que j'ai besoin c'est qu'on aye la persuasion ici de ma force en Italie, et que par conséquent on ne se risque pas à faire traiter quoi que ce soit à Rome sans m'en avoir parlé à moi avant. S'il continue à en étre ainsi je déjouerai toujours en temps toute démarche peu convenable, qu'on serait tenté d'introduire auprès de notre Gouvernement par l'entremise de l'Ambassade à Rome.

Par une lettre que je viens de recevoir du Comte Launay (l) je vols que Lui également apprécierait beaucoup une alliance défensive avec l'Autriche et l'Allemagne sur la base de l'intègrité des territoires. Je tiens à vous dire que je partage complètement cette idée avec vous et lui, seulement je ne vois aucune hombre de chance de la réaliser dans le moment présent. Que l'Autriche s'abstienne dans le moment présent de dire son mot en faveur du Saint Pére, c'est pratique et correct, et certes nous devons lui en tenir grand compte, mais lui demander qu'elle nous garantisse implicitement le territoire Pontificai, c'est trop prétendre. Nous aurions grand tort de l'essayer car ou je me trompe fort ou on nous dirait que cela on ne l'entend pas faire, et ça deviendrait grave. Soyons justes nous voudrions offrir en échange à l'Autriche la garantie de son territoire, vous m'ajoutez sauf contre la Russie, et de Launay me dit, limitée à deux ans! Mais le Cabinet de Vienne nous répondrait que notre garantie ne lui est pas nécessaire. Si demain la guerre éclatait entre la France et l'Allemagne, ce serait une autre affaire, notre proposition pourrait sourire, mais aujourd'hui avec un Ministère qui pourrait fort bien ne plus y etre dans deux mois, on n'entamerait pas méme la conversation avec nous, d'autant plus qu'on se dirait qu'armés de cette garantie nous chercherions noise à la France, au risque d'entrainer nos alliès dans une bagarre, et peut etre pire encore ne serait-on nullement rassurés que nous ne tardions pas à tourner casaque nous alliant avec les Républicains de France. En l'état des choses il n'y a donc rien à tenter en ce sens. Si puis nous donnions de solides garanties de ne plus vouloir coqueter avec les Républicains du dehors et du dedans, et que en meme temps Bismarck fit un nouveau volte face en notre faveur, alors on pourrait songer à l'accord pour la garantie des territoires, mais jusqu'à ce que ces deux choses se vérifient ne nous arrétons pas à une idée sans chances de résultat. Vous devez me trouver bien décourageant ou pour le moins fort découragé, je défie de ne pas l'étre quand on voit nos affaires aller aussi mal qu'elles vont. Décidément nous finissons mal l'année et ne commencerons pas bien la prochaine. L'année 1882 pourrait amener de gros orages contre les quels nous ne serions garantis que par un manteau de grands principes, vetement bien insuffisant pour les àpres temps. Dans un de mes derniers rapports relatif à la contrevisite de l'Empereur (2) je n'ai pas exclu complètement la possibilité qu'elle ait lieu à Rome; mais depuis lors beaucoup d'eau est passée dans

le Tibre, et il n'y a plus l'hombre d'une illusion à, se faire qu'en l'état des choses l'Empereur puisse prendre aussi carrément parti pour nous, en venant visiter le Roi dans notre capitale dont la possession forme en ce moment, nous ne pouvons nous le cacher, l'objet de discussions animées dans toute la presse Européenne, et peut étre, à notre insu, entre les Cabinets. Ici pour le moment la presse est assez favorable pour l'Italie (beaucoup moins pour le Ministère), mais ceci ne veut pas dire grande chose, tout au plus ça prouve que le Gouvernement Impérial se maintient sur la réserve, néanmoins nous pouvons déjà nous féliciter de cette attitude qui de toute manière nou::; est avantageuse. Pour maintenir ce courant il nous faut faire front résolument contre ce parti du désordre et ses champions qui sont bien près du Gouvernement. Les scènes comme celles qui ont eu lieu à Pisa si je ne me trompe à l'occasion du passage des pélerins doivent étre prévenues, empéchées, réprimées énergiquement, car nos ennemis en tirent grand parti. Appuyons puis carrément l'Autriche, sur le Danube comme partout, de manière à lui faire sentir l'avantage de notre amitié, nous gagnerons ainsi du temps, et nous réussirons peut-étre à eviter la bourrasque.

(l) -Cfr. n. 375. (2) -Cfr. n. 390. (l) -Cfr. n. 404. (2) -Cfr. n. 373.
413

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A LONDRA, MENABREA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (1).

T. 1111-1112-1113 (2). Roma, 31 dicembre 1881, ore 19.

L'ambassadeur d'Angleterre étant encore venu me demander, au nom de son Gouvernement, des éclaircissements au sujet des effets que la convention pour Assab aurait, en droit, à l'égard du reste de la còte, j'ai résumé ma pensée là dessus dans une formule que sir A. Paget a reproduite au Foreign Office et que je crois utile, pour votre information de répéter ici: «Le projet de convention ne contenant pas une cession directe d'Assab de la part de la Porte et de l'Egypte à l'Italie, mais simplement une reconnaissance des acquisitions faites par l'Italie avec renonciation volontaire de la part de la Porte et de l'Egypte aux droits qu'on pourrait faire valoir contre ces acquisitions, deux conséquences en découlent: 1° que l'Italie garde un intérét à ne pas invalider son titre primitif qui relève du Sultan de Raheita, mais en méme temps le Gouvernement italien est prét à reconnaitre, si le Gouvernement de Sa Majesté le désire, la souveraineté de la Porte et de l'Egypte sur tout le reste de la cOte aussi bien au sud qu'au nord d'Assab et d'ajouter à la convention une clause pour exprimer cette reconaissance d'une manière formelle, en laissant la question de la souveraineté sur Raheita à l'état actuel d'indécision, et une autre clause s'engageant à ne pas étendre la possession actuelle d'Assab; 2° qu'il n'y a à craindre aucune occupation semblable de la part d'autres puissances sur d'autres parties de la còte, car le précédent

de la convention actuelle d'Assab prouverait l'insuffisance de ces occupations ou cession sans une approbation formelle de l'Egypte et de la Porte ».

Maintenant l'essentiel est qu'on en finisse le plus vite avec cette question, que tout le monde a intéret à voir promptement réglée. J'ai dit à l'ambassadeur d'Angleterre que j'allais, à cet effet, télégraphier à nos représentants à Constantinople et au Caire afin que, sauf le cas où l'on persisterait à penser que leur abstention est encore préférable, ils pretent, à la requete de leurs collègues britanniques, toute coopération utile respectivement auprès de la Sublime Porte et du Gouvernement Vice-Royal, notamment en vue des renseignements qu'ils seraient en mesure de fournir.

* -(Seguita per Londra) J'ai télégraphié en ce sens au comte Corti et à M. -De Martino.

(Seguita per Costantinopoli e per Cairo) Veuillez par conséquent vous mettre à cet effet, dès aujourd'hui à la disposition de Lord Dufferin, (M. Malet). Vous devez, le cas échéant, vous appliquer surtout à fai-re comprendre toute l'importance que nous attachons à l'arrangement de cette affaire *.

(l) -Ed. !n italiano, al eccezione del brano fra asterischi, in LV 34, p. 131. (2) -I tre numeri sono quelìl con eu! 11 telegramma fu !nv!ato ai d!vers! destinatari.
414

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 31 dicembre 1881.

Le courrier me donne le moyen de vous remercier, et je le fais de tout coeur, des deux lettres dont vous m'avez honoré en dernier lieu (1). J'espère que vous approuverez la dépeche (2) que ce courrier vous apporte et qui fixe notre politique autant qu'il est actuellement digne, possible et pratique de le faire. Après cela, il n'y a plus qu'une alternative: ou nous en viendrons, d'ici à quelques mois, à l'al:liance, ou nous entrerons dans une période de recueillement, en armant, fidèles aux engagements pris par la dépeche en question, sftrs ainsi de nos derrières, et faisant front à la grande république.

La situation est toujours la meme à l'intérieur, avec ces circonstances de plus, que Ricotti est allé voir Sella pour concerter qui commandera la droite à la bataille qui doit se livrer contre Depretis au retour de la Chambre; et que le dissentiment entre Depretis et Mancini s'accentue au point qu'il est difficile de prévoir qu'un conflit entre eux puisse etre longtemps évité. Le public regarde et attend lequel des deux donnera le croc-en-jambe à l'autre. Le désavantage de Mancini est qu'en dehors de Depretis il n'y a point de piémontais assez fort dans la gauche, et qu'on ne peut pas faire un ministère sans un piémontais parlementairement puissant. Je ne vois aucune issue si Sella ne se décide pas à prendre une grande initiative. Tout cela est extremement triste.

Le pays ne s'est pas mal tenu devant les avances d'une certaine presse, crue officieuse, d'Allemagne envers le Vatican; il est resté assez calme. Les intentions du Prince de Bismarck demeurent un profond mystère. Les télégrammes du Comte de Launay ne font pas prévoir qu'il s'attende à etre reçu par lui de sitòt. Je vous signale un beau canard: M. de Beust s'occuperait à Paris de faire aboutir non pas à Berlin, mais à Paris notre rapprochement avec Vienne!!

Je n'ai rien de sérieux à vous mander, vous le voyez, mon cher Comte. J'espère que la Consulta restera calme, ferme et patiente sur la ligne adoptée. Mais nous ne serons pas brillants dans le détail, hélas!

P. S. Le langage de Depretis avec Mancini est assez favorable au rapprochement pacifique (sic!) pour que Mancini ait pu écrire la dépeche qui vous parviendra par ce Courrier; mais je crois qu'il eùt été pour le moins épineux d'en concerter les termes avec le Président du Conseil, qui ne la lira probablement que plus tard.

(l) -Cfr. nn. 375 e 379. (2) -Cfr. n. 407.
415

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 6. Costantinopoli, 2 gennaio 1882, ore 10,30 (per. ore 22,25).

*Reçu télégramme de V. E. sur Assab (2). Je me suis immédiatement mis à la disposition de [l'ambassadeur] d'Angleterre. S. E. m'a informé que le ministre des affaires étrangères lui avait fait dire la veille qu'il était en correspondance incessante là dessus avec l'Egypte, et qu'il espérait pouvoir lui annoncer sous peu résultat satisfaisant. *L'ambassadeur n'a reçu aucune instruction ultérieure de la part de son Gouvernement. Il pense, d'ailleurs que l'affaire se traite plutòt entre Londres et le Caire, et entre Costantinople et le Caire, qu'entre Londres et Constantinople.

416

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T.9). Cairo, 3 gennaio 1882, ore 12,45 (per. ore 15).

Collègue anglais m'a dit que la Porte a télégraphié Gouvernement égyptien conclure convention pour Assab sur les bases de la convention avec les

Puissances qui autoriserait étrangers acquérir propriété territoriale. Collègue reconnait impossibilité acceptation telle proposition; il espère beaucoup que le dernier télégramme de V. E. (l) pourra faciliter les négociations mais il croit en meme temps que le Gouvernement égyptien ne peut rien conclure sans décision Constantinople. Il m'a prié de l'aider auprès de Chérif pacha.

(l) -l! brano tra asterischi è ed. in italiano 1n LV 34, p. 131. (2) -Cfr. n. 413.
417

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CIFRATO 179. Parigi, 3 gennaio 1882 (per. il 7).

Le Sous-Secrétaire d'Etat au Ministère des Affaires Etrangères m'a dit hier que les articles publiés récemment par la Post de Berlin l'avaient vivement impressionné, et qu'après y avoir réfléchi il était arrivé à la conclusion que Bismarck avait voulu faire une simple démonstration, car s'il avait eu le dessein d'aUer plus loin, il aurait évité d'engager la question avec tant de publicité. Après avoir exprimé cette opinion, plutòt comme personnelle, Secrétaire d'Etat déplora les troubles qui ont eu lieu à Rome le treize Juillet, et tout en affectant de la bonhomie il s'attacha à me démontrer que le mécontentement du Pape « qui n'aime pas la Maison de Savoie » est le défaut de notre cuirasse et sa pensée sembla s'arréter volontiers, dans le cours de notre conversation, sur les difficultés que nous éprouverions à arriver à une entente avec la Papauté. Secrétaire d'Etat ne m'a pas représenté la France républicaine comme désintéressée dans cette question; au contraire, il fit allusion à la grande influence de l'épiscopat de France et à la pression que, dans un moment donné, il pourrait exercer sur le Gouvernement français. Secrétaire d'Etat compte bien cependant avec le parti libéral du pays, mais il m'a semblé disposé à faire une belle part à l'épiscopat, puisqu'il m'a dit avec ferveur que la France, comme grande puissance catholique, ne pouvait pas négliger le Pape et devait avoir un représentant auprès de lui, en ajoutant qu'au point de vue des embarras que peuvent causer les prétentions des radicaux nous avions commis une faute grave en n'employant pas tous nos efforts auprès de Frère Orban pour empécher la Belgique de supprimer son représentant auprès du vatican, et cela autant dans notre intérét que dans celui des puissances catholiques Iibérales que le précédent peut géner. M. Spuller rapprocha aussi d'une manière significative la nécessité de tenir compte de l'influence épiscopale du fait (aggravant pour la liberté d'action du Gouvernement) que, quoique l'on soit en France plus Italien que papalin, nous avons cependant perdu beaucoup de sympaties dans ce pays. Le Secrétaire d'Etat en me demandant

pardon de la trivialité de l'expression, conclut en me disant que le Pape était parvenu à prouver «qu'il n'est pas bien à Rome » et sa conclusion fut qu'il lui parait intéressant avant tout de démontrer qu'en réalité il y est bien (1).

(l) Cfr. n. 413.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

T. 8. Roma, 4 gennaio 1882, ore 23,59.

De Martino mande que la Porte a suggéré à l'Egypte d'accepter convention pour Assab dans le sens de la loi autorisant étrangers acheter propriétés territoriales (3). Il ajoute que Malet lui-méme juge cette combinaison inacceptable. Il est certain que si la proposition de la Porte ne vise qu'à nous reconnaitre un droit de propriété privée, elle n'a rien à faire avec la situation. Personne n'a jamais songé à nous contester la propriété privée; ni d'autre part il appartiendrait à l'Egypte de faire, à cet égard, acte de reconnaissance dans un territoire qui, selon nous, n'est pas égyptien. La question ne concerne que la souveraineté sur Assab, dont nous sommes en possession depuis des années et dont sommes bien résolus à ne pas nous dessaisir. Notre proposition réglerait, à ce point, la situation à l'avantage commun de tous les intéressés. Nous obtenons de la Sublime Porte et de l'Egypte l'admission de notre statu quo actuel. De leur còté la Sublime Porte et Egypte, sans faire le moindre sacrifice, car elles n'ont jamais exercé des droits quelconques sur Assab, obtiennent la reconnaissance de leurs droits sur tout le reste de la còte occidentale de la Mer Rouge, sauf la petite enclave de Raheita, que nous excluons, bien entendu, formellement de toute aspiration de notre part, présente ou future, mais dont la situation doit, pour les motifs que V. E. connait, demeurer impréjugée. Tout ceci est si clair et simple que les hésitations de la Porte et de l'Egypte ne sauraient ne pas nous causer la plus pénible impression. Nous n'avons jamais cessé de chercher à leur étre utiles et agréables en toute circonstance.

L'occasion se présente maintenant pour elles de nous rendre un service qui ne leur coute rien et dont le refus n'en serait que d'autant plus fàcheux pour l'avenir de nos rapports mutuels. Je prie V. E. de vouloir bien faire en sorte que lord Dufferin se pénètre de ces considérations et qu'il s'en rende avec efficacité l'organe auprès de la S. Porte. Il ne peut étre indifférent à l'Angleterre elle méme, qui maintenant doit étre assez édifiée sur nos intentions, que nos relations avec l'Egypte et la Turquie soient plus ou moins bon

nes et cordiales. L'action de lord Dufferin a donc, dans l'affaire actuelle, une importance toute spéciale. Veuillez lui renouveler l'offre de votre coopération. Je vous préviens qu'au Caire tout le monde, MM. Malet et De Martino tous les premiers, sont persuadés que la décision ne dépend que de Constantinople. J'attends avec impatience issue de vos démarches (l).

(l) -Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni rispettivamente di Malvano e di Mancini: «Non trovo, in questo Rapporto di interesse altro tranne le consuete allusioni ai fatti del 13 lugllo. Non so se convenga di rilevarle; non parendomi che giovi di tentare una modificazione dell'erroneo giudizio da parte del governo francese » ; « Mi rimandi copia di questo dispaccio. Come mai il nostro incaricato, ad un cosi lungo e significante discorso di Spuller, nulla seppe l'ispondere? Conviene dargli istruzioni, acciò se l'occasione si presenti, tenga il Unguaggio imposto dalla verità dei fatti, e dalla dignità del nostro paese». Cfr. n. 451. (2) -Ed. in itallano in LV 34, p. 133. (3) -Cfr. n. 416.
419

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI MANCINI (2)

L. P. Costantinopoli, 4 gennaio 1882.

Dalla stessa fonte alla quale attinsi il documento che ebbi l'onore di trasmettere all'E. V. colla mia particolare del 30 dicembre (3), ebbi oggi la traduzione d'un telegramma che il Signor Primo Ministro (Said Pascià) avrebbe spedito jeri al Khedive d'Egitto. Ed esso sarebbe concepito ne' seguenti termini:

«Sarebbe egli possibile di riprendere i terreni che furono comprati dall'Italia ad Assab mediante la restituzione del prezzo sborsato, oppure per altro mezzo?».

Questi ragguagli mi vengono da fonte segreta. Però non mi sarebbe possibile di continuare a trarne profitto senza essere in grado di fornire qualche compenso. Sarei quindi grato se l'E. V. volesse farmi conoscere se stima opportuno d'autorizzarmi alla spesa di qualche migliaio di franchi per tale scopo.

420

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

L. P. Vienna, 4 gennaio 1882.

Tengo a porgerle il primo saluto dell'anno mandandole il ben tornato al suo posto, nonché i miei più cordiali auguri per questo 1882, che a dir il vero incomincia sotto assai mediocri auspici per l'Italia.

Volere o non la Questione Romana è nuovamente all'ordine del giorno, da cui non sparirà così presto, paghiamo ora il fio dei troppi errori commessi.

Se il viaggio dei nostri Sovrani a Vienna non ha dato tutti quei frutti sognati dalle fervide immaginazioni italiane, grande è però il vantaggio che fin d'ora ne riceviamo, mantenendo l'Austria a nostro riguardo, nelle presenti contingenze, un'attitudine sommamente corretta che francamente è tutto ciò che si può chiedere ad uno Stato eminentemente Cattolico come questo. Il

pretendere di più per ora, come si vorrebbe alla Consulta, è un sogno; ove si tentasse di realizzare potrebbe procurarci dure disillusioni.

Davvero che il momento di far giudizio è venuto e potrebbe anche essere l'ul\.imo; ciò non mi stanco di predicare siccome Ella potrà convincersene leggendo quei miei rapporti che trovano posto nelle raccolte dei documenti che il Ministero ci manda; come di ragione però i miei moniti più accentuati non vedono la luce. Il male sta nel fatto che mi manca la voluta autorità per farmi ascoltare, ed anche che non mi si vuol intendere. Siamo scesi così in basso che temo purtroppo ci manchi la forza di tornare a salire almeno dove eravamo. S'Ella potesse rimontarmi alquanto il morale con considerazioni alquanto competenti sulla nostra situazione, mi renderebbe un vero servizio, poichè non le nascondo che più nero di così non saprei vedere.

Se c'è da piangere considerando le cose nostre, non c'è da ridere guardando a quelle del Paese ov'Ella si trova, almeno a giudicare dalle impressioni che si hanno qui, e che non mi sembrano sbagliate.

È opinione generale a Vienna che il Governo non funzioni più affatto a Pietroburgo, e mi si assicura che anche sull'Esercito non vi si può fare assegno. Qui le cose prese nel loro assieme non vanno malaccio, ma non vi ha a farsi illusione, le idee conservative trionfano sino a far temere possano varcare quei limiti oltre ai quali cessano di essere tali per diventare prettamente reazionarie.

Facile è dunque l'immaginazione, quanto malagevole riesca per noi nelle nostre attuali condizioni ottenere un vero avvicinamento all'Austria.

Da Roma mi si scrive che il disaccordo fra il Presidente del Consiglio ed il Ministro degli Affari Esteri si accentua ogni giorno maggiormente, cosa sarà quindi per nascere alla riapertura del Parlamento?

Il peggio mi par difficile, ma pur non è impossibile.

Mi dia notizie sue, e se posso servirla a Vienna mi comandi. Le sarò anche assai grato se mi vorrà far conoscere i suoi apprezzamenti che mi servirebbero di preziosa guida nelle presenti e future contingenze (1).

(l) -Questo telegramma fu comunicato all'ambasciata a Londra con T. 9, pari data. (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Non rinvenuta.
421

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 16. Parigi, 5 gennaio 1882, ore 9,22 (per. ore 10,50).

Secrétaire d'Etat nie existence d'une note collective de la France et de l'Angleterre à communiquer au Kédive pour lui assurer une assistance matérielle dans certaines éventualités; il m'a di t qu'aucun document spécial n'a été rédigé, mais il avoue que la «question est au feu » et que Gambetta s'en occupe avec l'ambassadeur d'Angleterre. La négociation cependant est suivie avec beaucoup de mystère. Ambassadeur de Turquie m'a dit qu'elle a commencé dans

32 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

les derniers jours de décembre, c'est-à-dire avant la reprise des négociations commerciales qui ont été interrompues hier. Il espère que cet entracte nuira au projet d'entente anglo-française en Egypte, et dit que si la démarche collective a lieu, le Kédive devrait déclarer que en réservant cette part d'autonomie qui lui est attribuée et reconnue, il n·a pas autorité pour accepter une intervention étrangère avant d'en avoir référé à Constantinople.

(l) Per la risposta cfr. n. 444.

422

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 23. Vienna, 5 gennaio 1882, ore 15,32 (per. ore 18,50).

J'ai fort apprécié l'importante dèpéche confidentielle que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser sous la date du 29 du mais dernier (l) et l'aurai autant que possible camme règle de mon langage. V. E. ne peut pas douter que je sens camme elle le besoin de ne pas compter sur un allié aussi lent que le temps, mais je me persuade chaque jour davantage que le moment n'est pas encore venu de tenter ici avec lueur d'espoir de réussite une démarche pour établir un pacte d'alliance sur la base de la garantie des territoires. Dans une question semblable on ne fcra rien à Vienne sans que le mot d'ordre soit donné de Berlin. J'ai vainement taché d'entraìner Kalnocky, dans une convcrsation t~ès intime j'ai essayé le mettre sur le terrain de nos rclations avec la France. Il a changé net de discours; en un mot, il m'a clairement montré ne pas vouloir sorti.r avec nous de cette réserve amicale qui caractérise les rapports avec l'Italie depuis son rvènement au pouvoir. Cela étant, on pourrait se demander quel avantage nous avons retiré du voyage à Vienne. si ce n'était la question pontificale dans laquelle cette réserve amicale scrupuleusement observée jusqu'ici nour; est d'un incontestable puissant appui. Il ne faut pas se dissimuler que le Gouvernement austto-hongrois est dans ce moment sur une vaie de réaction, très prononcée à l'égard des principes libéraux, et tout prouve qu'on ne s'arrétera pas dans ce chemin. Dans les sphères sur lesquelles le pouvoir s'appuie aujcurd'hui l'idée qui règle la question romaine dans le sens du retour au pouvoir temporel est remise sur le tapis. En cet état de choses, le silence complet qu'on observe avec nous à ce sujet dans les régions gouvernementales et le langage favorable ù nutre égard de toute la presse sont déjà des faits d'une notable importance. La garantie des tcrritoires, tant que la question pontificale rest'~ à l'ordre du jour par la volonté de celui qui l'y a mise, serait une prise de parti décisive en notre faveur dans cette question qu'on ne peut prétendre du Gouvernement imp(';rial, car il ne saurait l'accorder sans saper les bases sur lesquelles repose aujourd'hui la politique extérieure et intérieure. Maintenons l'affirmation de la solidariété d'intéréts de l'Italie avec l'Autriche et l'Allemagne.

Prouvons, en toute circonstance, la force du Gouvernement pour le maintien de l'ordre public et en méme temps pour résister sans hésitation aucune à toute velléité d'immixtion étrangère dans une affaire intérieure. Le Gouvernement pourra s'appuyer sur une forte majorité monarchique. On viendra au devant de nous, et nos propositions seront alors opportunes et accueillies.

(l) Cfr. n. 407.

423

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 24/888. Londra, 5 gennaio 1882, ore 16,14 (per. ore 19,25).

Il parait que c'est Gambetta à qui appartient l'initiat1ve de l'interventi.on éventuelle armée de l'Angleterre et de la France en Egypte que j'ai indiqué à

V. E. par mon télégramme d'hier (l). Mais cette idée ne semble pas accueillie avec beaucoup de faveur en Angleterre. Le Times, qui reflecte assez exactement l'opinion prépondérante du moment, contient ce matin un article plutòt àpre au sujet de Gambetta et de la France. On y déclare que l'Angleterre n'est pas disposée à s'embarrasser en Egypte dans une politique d'aventures camme cel~es de la France cn Tunisie, qu'on ne peut d'ailleurs guère se fier au Gouvernement de la République qui a abandonné l'Angleterre dans les questions difficiles de Dulcigno et de Grèce: il finit en disant espérer que Gambetta se montrera assez ind?.pendant pour ne pas craindre opposition de M. Tirard. On considère les négociations du traité de commerce camme abandonnées, pour le moment, par suite du refus de la France d'accéder aux demandes de l'Angleterre qui ne veut céder sur aucun point, car elle déclare que le traité lui est indifférent, tandis qu'il est au contraire tout à l'avantage de la France.

424

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 25 Costantinopoli, 5 gennaio 1882, ore 22,30 (per. ore 10,40 del 6).

Reçu télégramme de V. E. sur Assa':> (3). Aujourd'hui j'ai eu deux entretiens avec l'ambassadeur d'Angleterre et j'al fait tout ce qui dépendait de moi pour lui faire comprendre l'importance et l'urgence de l'affaire. S. E. ignorait la communication faite par la Sublime Porte à l'Egypte. Il m'a promis de voir le

premier ministre au plus tòt et de lui recommander vivement, ansi qu'il a ordre de le faire, l'acceptation de la convention. Je lui ai de nouveau offert ma coopération que, pour son compte, il accepte volontiers. Il me revient d'une source, dont je ne peux pas toutefois garantir l'authenticité, que le premier ministre aurait, outre ce que V. E. m'a mandé, interpellé le Khédive s'il ne pourrait acquérir, moyennant remboursement ou autre, le territoire acheté par l'!talie.

(l) -T. 14. non pubblicato. (2) -Ed. in italiano in LV 34, p. 134. (3) -Cfr. n. 418.
425

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

'r. 2t'l. Cairo, 6 gennaio 1882, ore 14,30 (per. ore 16,35).

J'ai eu hier au soir long entretien avec Chérif pacha. Il m'a paru comme obligé par sa position à défendre hésitation de la Porte sur le projet de convention Assab et il l'a fait très faiblement. Il s'est arreté sur possibilité occupation de Raheita puisque l'Italie offre reconnaissance souveraineté Sublime Porte sur la cote afriquaine mer Rouge. Je lui en ai expliqué tous les motifs; il m'a demandé copie de votre télégramme du 31 décembre (2) que j'ai donné, et il s'est réservé d'en parler avec collègue anglais qu'il n'a pas encore vu à ce sujet.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 14. Roma, 6 gennaio 1882, ore 16.

Merci de votre télégramme concernant les affaires d'Egypte (3). Mais il est indispensable que nous connaissions, sans perte de temps, la pensée du Gouvernement anglais sur ce grave sujet. V. E. n'ignare pas notre manière d'envisager la situation en Egypte. Rien n'est survenu pour nous la faire modifier, et nous ne voyons vraiment pas pourquoi on chercherait, par des projets d'intervention, à troubler le développement moral du pays, où les symptòmes inquiétants paraissent de plus en plus s'évanouir, et où la réunion des notables s'est tout récemment effectuée sans le moindre inconvénient. V. E. peut d'autant plus facilement avoir avec lord Granville une franche explication, que Sa Seigneurie elle-méme s'était spontanément engagée, en septembre dernier. à

nous tenir au courant si quelque chose de nouveau allait survenir (1). Tàchez de le voir aussitòt que possible. J'attends avec impatience le résultat de votre entretien. Ici, veuillez ne pas le dissimuler à lord Granville, on considère cette affaire comme étant pour l'Italie d'un intéret fondamenta!. Si l'Angleterre n'est pas tout à fait plus d'accord avec la France quant à leur concours en Egypte, ce serait le moment de s'aider de nos légitimes réclamations pour prévenir des altérations plus profondes dans les pays de la Méditerranee. Proposez, après votre entrevue, ce que vous jugez mieux convenable à sauvegarder nos intérets et à leur épargner des nouvelles blessures.

(l) -Ed. in italiano, con alcune varianti, in LV 34, p. 134. (2) -Cfr. n. 413. (3) -Cfr. n. 423.
427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT (2)

T. 15. Roma, 6 gennaio 1882, ore 16,20.

On parle d'une intervention éventuelle anglo-française en Egypte, que rien d'officiel ne confirme cependant pas jusqu'ici. J'attacherais beaucoup de prix à connaitre quel serait, le cas échéant, en présence d'une pareille éventualité l'attitude du gouvernement austro-hongrois (allemand, russe). V. E. connait à ce sujet notre manière de voir, que l'apaisement progressif dans le ViceRoyaume n'a fait, depuis le septembre dernier, que raffermir davantage. Veuillez me donner le plus tòt possible des renseignements par télégraphe, après votre entrevue officielle (3).

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 17. Roma, 6 gennaio 1882, ore 16,20.

Merci de votre télégramme concernant affaires d'Egypte (4). Veuillez me tenir au courant, tàchant surtout de savoir si, à l'occasion du récent séjour de Dilke à Paris, il y a eu à cet égard quelque chose de convenu ou de projeté en vue de certaines éventualités. A Londres on prétend que la proposition d'une occupation militaire de l'Egypte par la France et l'Angleterre est partie de l'initiative de Gambetta, et que le Gouvernement anglais s'y refuse (5).

(l) -Cfr. n. 222. (2) -Ed. parzialmente In LV 35, p. 49. Analogo telegramma venne inviato in pari data alle rappresentanze a Costantinopoli e al Cairo col n. 16. (3) -Per le risposte cfr. nn. 437, 445 e 459.

(4) Cfr. n. 421.

(5) Cfr. n. 423.

429

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 27. Berlino, 6 gennaio 1882, ore 16,45 (per. ore 18).

Hier soir la Gazette de l'Allemagne du Nord publiait un article pour « constater qu'il existe dans la presse une grande confusion sur les pourparlers réels ou prétendus qu'ont lieu actuellement à Rome. Confusion serait moindre si on voulait strictement distinguer entre les trois sortes de négociations, qui entrent surtout e n ligne de compte, à savoir: l a Négociations se rattachant à la législation ecclésiastique, sur laquelle M. Schlozer a eu des pourparlers préliminaires qui seront probablement et prochainement continués; 2° Négociations sur des affaires courantes, pour lesquelles la Curie doit sans doute etre entendue, entre autres sur certaines questions ayant trait aux évéchés; 3° Négociations sur la situation générale de la Papauté. A cet égard il n'est pas du reste sù.rement connu si, en déhors des allocutions officielles du Pape, ce point a été aussi soulevé sur le terrain diplomatique ;). Ces explications ne dissipent pas le clairobscur dans lequel sans doute il convient encore au Cabinet de Berlin de laisser la situation. Je maintiens au reste la manière de voir exprimée dans mes derniers rapports. Hier encore le sous--secrétaire d'état me disait, en l'absence du secrétaire d'état malade, que j'aYais parfaitement raison d'avoir confiance dans l'amitié et la sagesse politique du chancelier. Un autre fonctionnaire d'un rang élGvé me donnait assurance que Bimr.arck ne subordonnerait pas son amitié pour l'Italie à des nécessités parlamentaires. C'est sur ce terrain que je me piace affectant le plus grand calme; je crois qu'à Rome il faut faire autant et ne trahir aucune appréhension.

430

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 33/890. Londra, 6 gennaio 1882, ore 18,38 (per. ore 20,30).

Ayant demandé ce matin à Granville ce qu'il y a de vrai dans les bruits répandus d'une intervention armée franco-anglaise en Egypte, il m'a répondu qne cette nouvelle n'avait aucun fondement; mais il m'a autorisé à dire très confidentiellement à V. E. que les deux Gouvernements français et anglais travaillaient à se mettre d'accord sur une dépéche à adresser au Vice Roi afin de lut donner défiance morale contre les factions qui travaillent à s'insurger contre lui. Lui ayant aussi demandé ce qu'il en était du traité de commerce anglo-français, il m'a répondu que, dans son opinion, on pouvait considérer les négociations comme rompues. Ces questions seront probablement résolues dans les conseils qui doivent avoir lieu ces jours ci.

431

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 36. Costantinopoli, 7 gennaio 1882, ore 11,53 (per. ore 11,30 dell' 8).

Hier le ministre des aff2Jres étrangères a admis avec l'ambassadeur d'Angleterre que la Porte avait exprimé à l'Egypte sur Assab opinion conforme à celle contenue dans le télégramme de V. E. du 5 courant (2); il a ajouté que le Gouvernement turc avait reproché au Gouvernement égyptien, auquel le territoire avait été confié par la Porte, d'avoir laissé prendre à l'affaire les proportions présentes, qu'il avait répondu aux premières objections contre la convention en demandant si l'Egypte n'avait pas le moyens de faire évacuer le territoire par la force, qu'il avait mf:me suggéré à l'Egypte d'obtenir une modification de la convention dans le sens recommandé. Le ministre des affaires étrangères ajouta que la Porte était disposé à accepter les principes de la convention. Premier ministre s'était d'abord montré très favorable, mais des influences contraires s'étaient manifestées dans le Conseil des ministres, ce qui entravait le progrès de la négociation.

432

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 39/891. Londra, 7 gennaio 1882, ore 15,30 (per. ore 18,40).

Par mon télégramme n. 890 d'hier (3), j'ai déjà rèpondu par avance à celui de V. E. (4) de mème date relatif aux affaires d'Egypte. Ici on continue à attribuer à M. Gambetta l'idée d'une action militaire anglo-française en Egypte, ce qui aurait conduit à une alliance des deux puissances dans la cas où une telle intervention eùt amené d es complications; mais e n Angleterre opinio n n'èst pas clisposée à se laisser entrainer dans cette vaie. Quant au désir bien naturel exprimé par V. E. de voir Italie reprendre sa position en Egypte, il est douteux que les deux protecteurs qui, malgré leur accord apparent, se jalousent mùtuellement et vcudraient s'exclure l'un l'autre, consentent à admettre intromission d'un troisième dans les affaires du Vice-Roi. L'expédiant le plus opportun serait, à mon avis, de faire considérer comme européenne la question égyptienne et par conséquent d'enduire les grandes puissances à ne pas l'abandonner au manopole exclusif de la France et de l'Angleterre. Un arrangement

( 4) Cfr. n. 426.

dans ce sens pourrait amener quelque résultat utile pour nous et peut-étre convaincre l'Angleterre qu'elle aurait mieux fait dans son propre intérét, de ne. pas laisser écarter, comme cela a eu lieu dans le temps, notre ingérence directe dans les affaires d'Egypte; en méme temps on pourrait faire sentir au Vice-Roi que l'Italie est toujours disposée à le seconder pour qu'il puisse acquérir son entière indépendance dans l'exercice de son pouvoir.

(l) -Ed. in italiano, con alcune varianti, in LV 34, pp. 134-135. (2) -Cfr. n. 418, in realtà del 4 gennaio sera. (3) -Cfr. n. 430.
433

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 41/892. Londra, 7 gennaio 1882, ore 23,10 (per. ore 8,01 dell' 8).

Granville m'a fait aujourd'hui communication verbale suivante: « Dufferin lui télégraphie avoir interpellé Assim pacha au sujet des nouvelles difficultés opposées par l'Egypte au projet de convention pour Assab. Assim pacha lui répondit que les objections de l'Egypte avaient été mal interprétées; qu'elles se réfèrent à une alternative que dès le 6 juillet dernier le Gouvernement avait suggerée à celui du Vice-Roi camme une solution possible, mais qu'en ce moment la S. Porte était prete à agréer la convention. Dufferin ajoute qu'il est assez difficile de connaitre la vérité vraie, mais il soupçonne que c'est le Sultan lui-méme qui hésite à donner consentement promis. Granville m'a dit ensuite que le mlnistère des Indes croyait que l'article à ajouter à la convention pour Raheita serait difficilement accepté par l'Egypte tel qu'il était rédigé, et il a ajouté que Gladstone et lui avaient étudié nouvelle formule ci-après, qui peutétre éviterait les objections, tout en permettant d'atteindre le but que nous nous étions proposé de protéger le Sultan de cette région. Il me demande en méme temps comment nous en étions arrivés à promettre cette protection. Je lui ai expliqué l'origine de ce fait, et comment ayant dO. occuper, pour compléter notre établissement, une petite portion du territoire susdit, nous n'avons pu l'obtenir qu'à la condition d'étendre notre protection sur le Sultan Berehan, qui voulait méme se déclarer vassal du Roi d'Italie, ce que nous avions refusé afin de ne pas préjuger la question de souveraineté. Cette formule consisterait à se borner à déclarer que l'Egypte prend l'engagement de ne molester en aucune manière le Sultan de Raheita. Granville m'a chargé de communiquer à V. E. cette proposition, au sujet de laquelle je me suis abstenu de prendre aucun engagement. Granville m'a de nouveau exprimé son désir de voir cette question terminée à notre satisfaction.

(l) Ed. in italiano, con alcune varianti, in LV 34, pp. 135-136.

434

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 42. Costantinopoli, 8 gennaio 1882, ore 11,45 (per. ore 12) (2).

* Reçu télégramme de V. E. (3). D'après une nouvelle conversation avec Dufferin il résulte que le ministre des affaires étrangères * ne lui * aurait * pas dit que la Porte avait demandé à l'Egypte s'il pouvait nous chasser d'Assab, mais * seulement suggéré que, * ne pouvant pas nous chasser * il valait mieux a~cepter convention sous les conditions fondamentales de 1868. * Si V. E. est décidée à faire intervenir l'action du représentant d'Italie, je crois que Dufferin n'aura aucune obiection à me passer la négociation. Avant de prendre cette décision toutefois, je crois de mon dévoir de prier V. E. de considérer que les négociations qui viennent d'avoir lieu ont déjà constaté que la situation actuelle présente des difficultés insurmontables pour une solution conforme aux désirs du Gouvernement du Roi. Nul doute qu'en tout cas aucun résultat immédiat ne saurait ètre obtenu.

435

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 44. Cairo, 8 gennaio 1882, ore 17,10 (per. ore 18,55).

Agents diplomatiques anglais-français en ce moment ont présenté au Viceroi une note officielle qu'on affirme très accentuée; lui assurent assistence matérielle des deux puissances, en cas de besoin, l'ayant elles seules fait nommer Viceroi. Aucun motif en Egypte pouvant justifier cette démarche, les agents diplomatiques autrichien et allemande jugent ce fait come une démonstration à nos Gouvernements (4).

436

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 45. Cairo, 9 gennaio 1882, ore 5 (per. ore 14,55).

La note officielle anglo-française invite le Viceroi à gouverner avec fermeté et courage; lui rappelle que la France et l'Angleterre l'ont porté sur le

tr6ne de l'Egypte, que quiconque le menacerait se trouverait en face de la France et da l'Angleterre, et lui assure assistance matérielle contre les troubles agressions soit intérieurs qu'extérieurs. Il parait que c'est une déclaration à la Turquie et aux puissances que l'Egypte leur appartient. Je tiens de bonne source que le Viceroi a provoqué cette note officielle se disant trahi par tous les siens.

(l) -I brani fra esterichi sono editi in italiano, in LV 34, p. 136. (2) -Sic. nel registro dei telegr,ammi in arrivo. (3) -T. 20 del 7 gennaio, non pubblicato. (4) -Questo telegramma ed il n. 436 furono comunicati con t. 23 del 9 gennaio, non pubblicato, alle ambasciate a Parigi, Londra, Vienna e Berlino. A queste ultime due si richiedevamo anche informazioni circa l'opinione in proposito dei Governi austriaco e tedesco.
437

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI,

T. 46. Berlino, 9 gennaio 1882, ore 19,03 (per. ore 21,45).

Le télégramme de V. E. du 6 janvier (l) se réfère à une situation qui dans ces jours derniers laissait prévoir une intervention armée de la France et de l'Angleterre en Egypte. D'après les nouvelles reçues aujourd'hui par le département des affaires étrangères une note collective de ces deux puissances venait d'étre remise au Khédive, note dont il fallait attendre le texte, mais qui ne semole impliquer qu'un appui mora!. L'éventualité à laquelle V. E. faisait allusion se trouve ainsi au moins ajournée. Le Cabinet de Berlin dans ces conditions ne voit pas de motifs de sortir de sa réserve ni de formuler un programme. Le sous seerètaire d'état ajouta que Bismarck avait pour sisthème du ne pas se prononcer pour des éventualités à l'arrière pian; en ce qui concernait modus procedendi à l'égard de l'Egypte il ne prenait position camme il l'avait fait lorsqu'il s'agissait du règJement d'affaires financières, que lorsqu'il croyait telle ou telle question spéciale affectant aussi les intéréts de l'Allemagne; pour le moment il attend l'oeuvre du temps sans penser à la devancer.

438

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (2)

T. 24. Roma, 9 gennaio 1882, ore 23,59.

Veuillez remercier lord Granville et M. Gladstone de l'empressement amicai qu'iìs déploient pour mener promptement à bonne fin l'affaire de Assab. Nom; acceptons pour l'article additionnel à ajouter au projet de convention relativement à Ralleita la formule que le Cabinet britannique veut bien nous prcposer (3). Get article, qui devrait etre intercalé après l'article premier, pourrait dane ètre ainsi conçu: «Le Gouvernement italien reconnait, en ce qui le concerne, la souveraineté de la Sublime Porte et de l'Egypte sur le reste de

la cote occidentale de la mer Rouge, au sud aussi bien qu'au nord d'Assab avec cette réserve cependant que cette reconnaissance ne doit pas avoir pour effet de modifier ou de troubler en quoi que ce soit les conditions actuelles du Sultan de Raheita. Le Gouvernemcnt italien s'engagt en outre à ne pas étendre les présentes limites du territoire d'Assab telles qu'elles sont indiquées ci dessus à l'article premier ».

(l) -Cfr. n. 427. (2) -Ed. in italiano in LV 34, p. 136. (3) -Cfr. n. 433.
439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. CONFIDENZIALE 25. Roma, 9 gennaio 1882, ore 23,59.

Je vous remercie des renseignements contenus dans votre lettre particulière du 4 janvier (1). A la vérité ces renseignements ne semblent pas bien d'accord avec les dernières nouvelles qui nous arrivent de Londres, d'après les rapports de lord Dufferin. Il importe en ce moment obtenir de tous cotés renseignements pourvu qu'ils viennent de bonne source, et je m'en rapporte à votre sage clairvoyance sur l'utilité de la dépense indiquée dans votre lettre. Si dans cette dernière phase le Cabinet britannique réusc;it à obtenir l'assentiment de la Porte et de l'Egypte, il sorait très utile d'y arriver pour le 18, jour fixé pour la reprise des travaux de la Chambre.

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

T. 26. Roma, 9 gennaio 1882, ore 23,59.

Je suis loin de désirer que lord Dufferin se décharge sur V. E. du soin de poursuivre la négociation pour Assab (2). Votre intervention, bien entendu avec agrément préalable de lord Dufferin, ne devrait avoir d'autre but que celui de donner à la Sublime Porte une idée bien exacte de nos vues et de l'intérèt tout spécial que nous portons à cette affaire; mais l'ambassadeur d'Angleterre devrait naturellement ccntinuer jusqu'au bout dans son role d'intermédiaire autorisé. Je viens de recevoir de Londres le télégramme suivant: « Granville m'a fait aujom·d'hui... (Vedi telegramma da Londra n. 41 (3), sino alla fine) >>. Je me suis empressé de répondre au général Menabrea que nous acceptons pour l'article additionnel concernant Raheita la proposition de lord Granville. Il y aurait dane lieu d'intercaler aussitot après le premier article u~ article ainsi conçu: «Le Gouverncment italien reconnait etc. (Vedi la formula inserta nel telegramma a Londra n. 24) (4) ».

(l) -Cfr. n. 419. (2) -Cfr. n. 434. (3) -Cfr. n. 433. (4) -Cfr. n. 438.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2940. Berlino, 9 gennaio 1882 (per. il 17).

J'ai lu avec intéret l'annexe à la dépeche confidentielle de V. E. n. 1234 du 29 décembre (l) contenant renseignement et appréciations de M. le Comte Corti sur la mission extraordinaire de Sa Majesté le Sultan à Berlin. La dépéche précédente du 22 décembre N. 1230 (l) se référait au m eme sujet.

Voici quelles sont les indications que j'ai recueillies à mon tour. Je n'en garantis pas l'entière exactitude, mais je crois qu'elles se rapprochent de la vérité quelque difficile qu'elle soit à connaitre dans un centre camme Berlin, où le secret est si bien gardé.

Le Sultan conserve rancune à l'Angleterre pour l'annexion de l'ile de Chypre. Il pardonne moins encore à la France son équipée en Tunisie. Il voit en outre de très-mauvais oeil ces deux Puissances cherchant à battre en brèche ce qui lui reste d'autorité en Egypte, en y établissant Ieur condominium. Il ne saurait se fier à la Russie, la dernière guerre ayant démontré une fois de plus, jusqu'où vont ses aspirations traditionnelles. L'Autriche provoque aussi des soupçons par ses agissements dans la Bosnie et l'Herzégovine, et cela indépendemment du projet qu'on lui attribue de viser jusqu'à Salonique.

Dans ces conditions, on comprend que le Sultan ait cherché à piacer son Empire sous l'égide de la Puissance, à ses yeux, la moins intéressée à travailler à sa ruine. Ce n'était pas là au reste une idée nouvelle. Peu après 1871, Aristarky Bey avait été autorisé à sonder le terrain pour la conclusion d'un traité offensif et défensif. Les pourparlers n'aboutirent pas. Il existait entre Berlin et Pétersbourg des rapports trop intimes, pour qu'on acceptàt des propositions dirigées essentiellement contre la Russie.

Les circonstances paraissant se preter à un meilleur résultat, des ouvertures ont été renouvelées par Ali-Nizami Pacha.

Le Prince de Bismarck voulait tout d'abord nettement décliner d'entrer dans cette vaie. Mais opposer un refus absolu, c'était se priver d'exercer une influence qui pouvait, selon les circonstances, tourner au profit de sa politique dans d'autres directions.

D'un autre còté, un assentiment complet eùt créé des obligations de nature à géner la liberté de ses allures. Il a dane pris en quelque sorte une tangente, en manoeuvrant de manière à donner à l'Envoyé turque le sentiment que tout espoir d'une alliance n'était pas écarté, et qu'en attendant l'Allemagne s'appliquerait à témoigner de son amitié constante pour la Turquie et meme à lui marquer davantage toute sa sollicitude. Preuve en était qu'on éviterait de lui susciter des embarras, et qu'on continuerait à mettre à sa disposition des employés civils et militaires. Ces derniers toutefois ne devraient pas servir dans les rangs de l'armée active, mais etre simplement utilisés dans

des bureaux d'administratìon. En meme temps la Cour Impérìale comblait d'attention les Envoyés Ottomans. L'Empereur Guillaume adressait des télégrammes pleins de cordialité, de paroles flatteuses et bienveìllantes, et Abdul-Hamid exprimait de chaleureux remerciements à un ami dont le langage ressemblait presque à celui d'un futur allié.

Il m'a également été confié que le Chancelier conseillait à la Porte, en ce qui concerne la Tunisie, de ne plus songer à en évincer la France. C'était là une solution dont il fallait prendre son parti, et évìter dès lors les complications qui ne manqueraient pas de se produire si la Turquie continuait à concentrer des troupes dans la régence de Tripoli. Soit dit en passant, cette sollicitude en faveur de la France est fort sujette à caution. Cela ne prouve pas autre chose qu'on tient ici à se prémunir contre un reproche quelconque de jouer le ròle de provocateur; mais qu'on ne voit pas sans déplaisir cette Puìssance s'enferrer toujours davantage dans une position, où l'Allemagne se réserve évidemment à elle-meme de mettre le feu aux poudres, le jour où il lui plairait de faire diversion à toute tentative de revanche de la part de son ennemi de 1870.

Il est également dans l'ordre des choses que le Prince de Bismarck aura cherché à dissiper les appréhensions de la Porte à l'endroìt de l'Autriche. Il y aura réussi en partie du moins, car les nouvelles reçues de Vienne, où il a persuadé l'Envoyé du Sultan à se rendre après Berlin, portent que là aussi on s'est quitté avec une satisfaction mutuelle.

S'il n'y a pas alliance formelle, il s'est du moins opéré un rapprochement très sensible. Des relations plus ìntimes se sont établies entre Berlin, Vienne et Constantinople. On peut en induire que, dans les conjonctions présentes, la Turquie ne s'engagera dans aucune action diplomatique sans consulter d'avance l'Allemagne et l'Autriche. Mais la position préponderante auprès du Sultan appartient en ce moment à l'Allemagne, non sans réveiller des susceptibilités à Londres et à Paris, à en juger du moins par le ton des journaux les plus compétents qui se publient dans ces capitales.

Si le Gouvernement allemand se prévaut de son influence sur le Bosphore dans un sens de paix et de conciliation, et pour consolider la position de la Turquìe sur la base du Traité de Berlin, l'Italie ne peut que s'en féliciter; car nous n'avons aucun intéret à une modification du statut qua dans la Péninsule des Balkans.

(l) Non pubblicato.

442

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2256. Costantinopoli, 9 gennaio 1882 (per. il 17).

* Ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. si compiaceva rivolgermi il 6 del presente (2) per riferirmi le voci correvano riguardo all'eventualità

d'un intervento anglo-francese in Egitto, * e per invitarmi a far parola delle misure che avrebbero a prendersi per la protezione dei nostri legittimi interessi nel Mediterraneo.

* Qui non s'ha alcuna notizia tendente a far credere che la possibilità di quell'intervento abbia formato in questi ultimi tempi il soggetto di discussioni fra i Gabinetti di Londra e di Parigi. Io non ne vidi infatti altra menzione all'infuori di quella che si trova nena lettera da Parigi del Times del 2 corrente. * E quale fondamento di vero questa asserzione possa avere, sarebbe a verificarsi in quelle capitali.

E la quistione delle misure a prendersi in conformità agli interessi d'Italia nel Mediterraneo a me sembra essere una gravissima quistione la quale si connette colla politica estera generale del R. Governo. L'azione comune dell'Infhilterra e della Francia nel Vice-Reame data dalla missione dei signori Goschen e Joubert i quali vi ristabilirono l'ordine finanziario, e questa azione comune s'andò poi raffermando per le amichevoli relazioni che mai non cessarono d'esistere fra i due Stati. Che se l'Italia crede ora utile pel suo prestigio J per la più efficace protezione de' suoi interessi di esercitare una maggio':'e influenza nel Vice Reame, io non vedrei altro mezzo pratico all'infuori di quello di amichevolmente intendersi coi Governi d'Inghilterra e di Francia. Recenti esperienze hanno infatti dimostrato come le altre potenze siano aliene dalnnterpo,re la loro azione diretta nelle cose d'Africa, chè anzi alcune di esse non vedono piJbabilmente di mal occhio che certe potenze europee s'ingolfino sempre più l1elle complicazioni africane. E colla Turchia non si potrebbe trattare, nelle presenti congiunture, che sulla base del ristabilimento della suprer:lazia del Califfo, s'avrebbe infatti ad adottare una politica Islamitica, la quale mi sembrerebbe poco in armonia col progresso della civiltà. Unisco al pressnte, a questo proposito, un articolo dell'Osmanli del 5 corrente (1), giornale che passa per ricevere le sue inspirazioni da Palazzo. Nè ho bisogno d'aggiungere quanto sia importante per l'avvenire del nostro commercio di sviluppare, quanto più sia possibile, la nostra marina militare; e se mi fosse permesso di toccare d'un soggetto che esce completamente dalla mia competenza, aggiungerei che un riscontro potente ai recenti fatti potrebbe trovarsi nella cosk·uzione d'un arsenale a Taranto che potesse servir di base d'operazioni nelLt eventualità di conflitti in quelle regioni.

Queste sono le impressioni che io sottometto al sapiente giudizio dell'E. V. in risposta alla domanda che Essa mi faceva l'onore di indirizzarmi.

P. S. Venne indi a mia conoscenza la S. Porta essere vivamente turbata per la predetta notizia del Times, ed il lvlinistro degli Affari Esteri, essendo interpellato da un de' miei colleghi, se credeva che essa avesse alcun fondamento di vero, avere risposto affermativamente. Ed erasi tenuto un Consiglio dei Ministri per trattare di questa quistlone.

(l) -I brani tra asterischi sono ed. in LV 35, p. 51. (2) -Cfr. n. 427, nota 2.

(l) Non si pubbiica.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Pietroburgo, 9 gennaio 1882.

La partenza d'un corriere di Gabinetto mi dà l'occasione di dirigerle queste poche righe per confermarle il telegramma che Le spedii, or sono pochi giorni (2), nel quale Le riferii un sunto di conversazione che ebbi col signor de Giers intorno a voci, sparse sui gio.mali, di comunicazioni che si suppongono fatte dalla Cancelleria germanica a varii Gabinetti sulla situazione del Papa. La conversazione che ebbi con Giers non ebbe nè poteva avere alcun carattere ufficiale; giacché non voglio in nessuna guisa nè ammettere nè provocare una discussione qualsiasi, avente anche la sola apparenza ufficiale, intorno a questo argomento. Ma mi premeva di sapere se da Berlino o da altrove fosse stata mossa qui parola in proposito. Perciò parlando, per dire cosi accademicamente e privatamente, indagai la cesa presso Giers, il quale mi disse che da neswn luogo gli era stato diretto verbo sul Papa e sulla sua situazione. Aggiunse, che le trattative della Russia calia S. Sede, che procedono del resto assai lentamente, hanno per solo scopo la nomina dei Vescovi Cattolici in Russia e la questione dei seminarii, e che esse sono affatto separate da quelle che la Germania prosegue a Roma; t;1ntoché si le une come le altre sono per dir cosi reciprocamente ignorate, nei rapporti ufficiali dei Governi di Russia e di Germania. Il governo russo non si attende del resto a nessuna comunicazione di tal genere, e certamente non b:1 nessua intenzione di farne.

Le scrivo queste cose in via particolare per debita sua informazione. Se però Ella credesse utile che ne foss':: fatto cenno in un dispaccio ufficiale, abbia la bontà di farmelo sapere, ed lo Le confermerò quanto sopra nella conispondenza ordinaria.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Pietroburgo, 9 gennaio 1882.

Le sono gratissimo della sua bucna e cortese lettera del 4 corrente (3), rimessami jeri sera dal Corriere di Gabinetto, e mi preme di ringraziarla e di contraccambiarle i suoi affettuosi auguri. Fo voti sinceri perché Dio Le dia vita e salute e forza d'animo per continuare nell'impresa difficile e talora ingrata ch'ella ha per le mani, per buona ventura del nostro paese, e fo voto sopra tutto perché i di Lei consigli siano intesi ed esauditi alla Consulta. Per carità,

non si perda d'animo. Il mio modo di vedere le è noto. La nostra salute nei difficili momenti che traversiamo, sta nella buona intelligenza tra l'Italia e l'Austria. A questo indeclinabile scopo noi dobbiamo posporre ogni altra considerazione.

Ella conoscerà intero l'animo mio quando Le avrò detto che sottoscrivo colle mie mani a quanto Ella scrisse nel suo dispaccio del 13 dicembre (1).

Io qui sono un po' all'infuori della politica militante. La mia missione in Russia non può ora avere altro scopo che di mantenere il Governo di questo impero in buone disposizioni verso l'Italia, ed è quello che tento di fare coll'ajuto dell'ottimo Giers che è uomo conciliante, prudente, ed alieno dal cercare o favorire complicazioni all'estero. Spero, che quantunque questo Governo inchini ad idee ultra-conservatrici ed assolute, non si lascerebbe trascinare a dare approvazione o favore alla resurrezione della questione romana. In questo soltanto e nel mantenimento di buone disposizioni a nostro riguardo, la mia opera può aver qui una utilità determinata.

Quanto alle condizioni interne di questo paese, esse non sono buone ed Ella le conosce abbastanza per paterne giudicare. Ma quali che siano le fasi per cui dovrà passare la Russia, ed ammesso anche che in circostanze per essa infelici possa venire spogliata in un avvenire che è malagevole il prevedere, di territori abitati da popolazione russa, rimarrà pur sempre una massa formidabile ed indivisibile di popolazione compatta ed omogenea, che ha in quantità smisurata uomini, cavalli e grano. In Asia, il trattato colla China e l'occupazione di Tekké l'hanno messa in una situazione eccellente. Ed in Europa, benché per effetto della guerra Turca i suoi interessi territoriali si trovino, oramai in opposizione inevitabile coi suoi vicini d'occidente massime con quelli dell'Austria, l'interesse dinastico e conservatore la tiene, se non interamente legata, almeno non disgiunta, dalla Germania e dall'Austria.

(l) -Da Museo Ceni~·ale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -T. 18 del 5 gennaio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 420.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 50. Pietroburgo, 10 gennaio 1882, ore 10,50 (per. ore 12,30).

Ayant demandé à Giers quelle était la mamere de voir et quelle serait l'attitude du Gouvernement russe en cas d'une intervention anglo-française en Egypte, S. E. m'a répondu ce qui suit: «Le point de vue du Cabinet impérial a été tracé par l'Empereur dès le commencement des complications égyptiennes. Il considère la question comme relevant du concert européen des puissances à un double titre; d'abord parceque le sort de l'Egypte a été fixé par les traités européens, ensuite, parceque le canal de Suez a un caractère internatiana! intéressant toutes les Puissances. Giers ignare ce qui en est de l'inten

tion pretée à l'Angleterre et à la France d'intervenir matériellement en Egypte, mais il croit pouvoir affirmer que le Gouvernement russe maintiendra toujours cette opinion dans la conviction qu'elle est tout à fait correcte ».

(l) Cfr. n. 368.

446

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 58/894. Londra, 10 gennaio 1882, ore 17,20 (per. ore 21,25).

J'ai saisi l'occasion de l'entretien que j'ai eu aujourd'hui avec Granville pour lui parler de la note collective adressée au Viceroì par l'Angleterre et par la France. J'ai cru devoir en meme temps lui faire connaitre la substance des télégrammes de De Martino à ce sujet (1). Granville m'a immédiatement répondu que le contenu de ceux-ci était inexact. Il a envoyé à Paget pour etre remis à V. E. texte officiel de la dite note qui est publiée par le Times et les autres principaux journaux de Londres. Lui ayant fait observer que cette note non seulement a pour but d'exercer un effet moral, comme il me l'avait dit, mais qu'elle comporte implicitement une action militaire commune, le cas échéant et que l'opinion qu'on s'en est formée que la France et l'Angleterre veulent par le fait exclure l'ingérence de toute autre puissance dans les affaires d'Egypte, le noble lord répondit mots suivants que je réproduis presque textuellement: «Rien n'est changé dans la politique de l'Angleterre telle qu'elle est tracée dans la dépeche à sir Malet. L'Angleterre a une grande objection, ou pour mieux dire, répugnance contre intervention quelconque en Egypte, soit par elle-meme, soit de la part de toute autre puissance. L'Angleterre désire le maintien de l'union entre la Turquie et l'Egypte, pourvu que la liberté de celle-ci ne soit pas compromise». Quant à l'exclusion de l'ingérence de toute autre puissance en Egypte, il ne veut pas accentuer maintenant cette question plus qu'elle ne l'a été jusqu'à ce jour.

447

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 53. Berlino, 10 gennaio 1882, ore 17,59 (per. ore 19,05).

En suite du télégramme de V. E. d'hier au soir (2), je suis retourné aujourd'hui chez le sécrétaire d'Etat. Les nouvelles reçues ici ne donnent pas à la note collective de la France et de l'Angleterre un caractère aussi accentué qu'on serait induit à l'admettre. Après le résumé qui nous a été communiqué par

M. De Martino, il ne serait pas fait mention d'une assistance matérielle. Les

33 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

deux puissances considèrent le maintien de Viceroi sur le trone sous Ies conditions sanctionnées par des firmans successifs comme la seule garantie possible d'ordre et de prospérité en Egypte. Elles y sont également intéressés et, d'accord pour écarter par des efforts mutuels tout ce qui pourrait occasionner des complications intérieures ou extérieures, l'Angleterre et la France, à l'occasion, sauraient obvier à ces dangers. Le secrétaire d'état disait que la situation, pour autant qu'elle était connue à Berlin, restait la mème que celle dont m'avait parlé le sous secrétaire d'état et que j'ai retracée dans mon télégramme du mème jour (1). Ainsi le comte Hatzfeld n'avait rien à modifier dans ce langage.

(l) -Cfr. nn. 435 e 436. (2) -Cfr. n. 435, nota 4.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 57. Costantinopoli, 10 gennaio 1882, ore 22,10 (per. ore 9,20 dell'11).

Reçu les deux télégrammes de V. E. (3). * Ambassadeur d'Angleterre a eu hier une nouvelle conférence avec premier ministre sur l'affaire d'Assab. Son Altesse lui a dit qu'un ou deux ministres s'appuyant sur les objections soulevées en Egypte s'opposaient aux vues qu'il avait soutenues. Son Altesse ajouta que les difficultés principales se rencontraient en Egypte et con à Constantinople l'ot elle suggérait, par conséquent, de faire des efforts au Caire pour Ies surmonter. L'ambassadeur d'Angleterre a dit au premier ministre que l'Italie était disposée a reconnaitre la souveraineté au nord et au midi d'Assab, mais quant aux détails relatifs à la position du sultan Berehan, Dufferin est d'avis qu'il serait préférable de les régler en Egypte. * S. E. n'a pas encore reçu de réponse de Granville concernant une coopération, aussitòt que la réponse affirmative sera venue, j'agirai en conformité des ordres de V. E.

449

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1240. Roma, 10 gennaio 1882.

Tra i rapporti che V. E. tosto dopo il ritorno suo a Berlino mi ha fatto pervenire per mezzo del Corriere di Gabinetto, richiamarono in special modo la mia attenzione quelli in data 24 e 25 dicembre, segnati coi n. 2931 (4) e 2932 (5).

Col primo di essi l'E. V. mi riferiva un colloquio avuto col Segretario di Stato. Mi piace di riconoscere, senza indugio, che le parole di lei hanno fede!

(-3) Cfr. nn. 439 e 440. (-4) Cfr. n. 395, nota l.

mente, e con molta chiarezza, espresso i nostri divisamenti, nell'esporre al Conte di Hatzfeld, sia gli scopi, in genere, della nostra politica, sia i corollari pratici che è animo nostro di trarre dal recente convegno di Vienna. Il Conte di Hatzfeld, a sua volta, le rinnovava, a questo riguardo, la dichiarazione già fatta, anche in nome del Principe di Bismarck, al cavaliere Tugini che cioè costì si considerava siccome rivolto anche alla Germania ogni atto nostro d'amicizia verso l'Austria-Ungheria. Nè ho mestieri di aggiungere quanto ci riesca di soddisfazione lo scorgere, per reiterata e autorevolissima conferma come puntualmente si avveri sotto questo aspetto, quella che fu nostra previsione, e non poco influì sulla risoluzione relativa al viaggio di Vienn!ì.

Intanto però a V. E. non pareva, con ragione, sufficiente la promessa del Conte di Hatzfeld che avrebbe reso conto del colloquio al Principe Cancelliere; in materia di così notevole importanza e dopo così importante avvenimento quale fu il Convegno di Vienna, è naturale che V. E., ambasciatore di S. M. il Re d'Italia, reduce dalla capitale donde ella reca l'intimo pensiero dei Ministri non solo, ma dello stesso Sovrano, ambisca e ottengl). la opportunità di conferire personalmente coll'eminente uomo di Stato che costì dirige la pubblica cosa.

Il desiderio non muove da una semplice questione di forma e neppure dal dubbio che manchi al Segretario di Stato il modo di farsi, tra V. E. e il Cancelliere, autorevole intermediario. Bensì è evidente che le domande, gli schiarimenti, le dichiaràzioni complementari, non altrimenti possono avere utile esplicazione se non quando la simultanea presenza di chi interroga e di chi risponde ne renda possibile lo scambio pronto e immediato. Con mio recente dispaccio Le comunicai copia di altro dispaccio (l) diretto al R. Ambasciatore a Vienna, ponendo così l'E. V. in grado non solo di conoscere in termini precisi e tassativi quello che oramai è nostro programma fermamente risoluto e voluto, ma altresì, quando il momento le apparisse propizio, di farne oggetto di formale dichiarazione, anche come avviamento ad accordi eventuali, di cui nel mio dispaccio al Generale di Robilant sono esplicitamente segnate le basi e le condizioni. Nè certo si concepirebbe che il discorso intorno a così grave e delicata materia abbia a impegnarsi ed a continuarsi per interposta persona. V. E. avverte esserle stato detto dal conte di Hatzfeld che il Cancelliere preferiva lasciare al Segretario di Stato la cura di ricevere i capi di missione e di trattare gli affari, salvo a riferirgliene in casi eccezionali. Ma a noi sembra che una franca e schietta spiegazione, tra i due governi, tragga dalla situazione presente una importanza più che eccezionale, un'importanza decisiva per l'indirizzo futuro della politica rispettiva. Né potrei concepire che si voglia, in questa circostanza, disconoscere, rispetto a lei, la prerogativa universalmente ammessa, la quale, agli ambasciatori, come rappresentanti del loro Sovrano, concedendo libero adito presso il Capo dello Stato ove sono accreditati, a maggior ragione dovrebbe valere presso il Principe Cancelliere. Certo è che in Italia la cosa farebbe pessima impressione.

Mi alfido del resto intieramente allo zelo, alla diligenza all'autorità di lei perchè, in ogni modo, circa i nostri veri intendimenti non rimanga ombra alcuna in codeste sfere ufficiali.

(l) -Cfr. n. 437. (2) -Il brano tra asterischi è ed. in italiano in LV 34, p. 137. (5) -Cfr. n. 395.

(l) Cfr. n. 407, nota l, p. 416.

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1241. Roma, 10 gennaio 1882.

Con rapporto del 26 dicembre scorso (1), V. E. mi ha riferito quanto aveva potuto finora apprendere, circa gli intendimenti del principe di Bismarck verso il Vaticano, in un Suo colloquio col Segretario di Stato. Il linguaggio del conte di Hatzfeldt escluderebbe l'importanza delle notizie e delle considerazioni che si lessero, in questi ultimi tempi, anche in giornali che hanno costì voce d'essere interpreti del pensiero governativo. I negoziati tra il gabinetto di Berlino e la curia pontificia altro obbiettivo non avrebbero che la politica ecclesiastica interna della Prussia, la ricerca cioè di un modus vivendi, che, consentendo, nel fatto, e senza deroga, nè alle leggi dello Stato, nè ai principii della chiesa cattolica, un mutuo accordo, riconduca in Germania la pace religiosa. Certo queste dichiarazioni, quando esprimessero intera la realtà della situazione, sarebbero tali da sgombrare d'ogni preoccupazione l'animo di quanti hanno a cuore di non veder spuntare un germe di fittizio dissidio tra due nazioni, come la Germania e l'Italia, aventi, per fortunata coincidenza di vicende e di condizioni, una perfetta identità di interessi, così nelle maggiori come nelle minori questioni. Però le spiegazioni fornite a V. E. dal Segretario di Stato sono purtroppo lungi dall'avere un carattere recisamente categorico. Ed è anzi notevole come il conte di Hatzfeldt abbia adoperato, anziché la formola di chi sa ed afferma, quella di chi presume ed esprime una semplice opinione. Dalla quale circostanza traggo nuovo argomento a conferma di quanto già Le ho detto in altro mio dispaccio (2), circa la necessità assoluta che Ella abbia modo dr udire personalmente dal labbro del cancelliere parole più concludenti e sicure.

Intanto l'E. V. ha stimato, con ragione, opportuno di attingere, anche ad altre fonti, notizie e apprezzamenti circa questo grave soggetto. E da siffatte indagini Ella travasi indotta a non considerare siccome affatto inammissibile la ipotesi che il principe di Bismarck possa voler fare, della così detta quistione pontificia, un mezzo di successo nella sua politica interna. A mia volta, già Le palesai senza ambagi, di fronte a simile contingenza, tutto il mio pensiero nel telegramma del 26 dicembre (3). Importa che V. E. ne abbia profondo e fisso il convincimento, ed importa altresì che il Governo imperiale, nel momento opportuno anticipatamente lo sappia: giammai, quali che siano gli uomini che siedono nei consigli della Corona, quale che sia il partito parlamentare cui spetti la somma delle cose, giammai sarà per ammettersi, in Italia, una intromissione estera in tale argomento che vogliamo e giustamente vogliamo riserbato alla nostra libera e sovrana potestà di nazione indipendente. Ammettere che un governo straniero interloquisca e discuta circa la Legge delle guarentigie, ammettere che possa essercene chiesta la modificazione e la ampliazione in

questo o quel punto speciale, ammettere che se ne vogliano anche solo sancite

o garantite convenzionalmente, mercè il concorso di altri Governi, le disposizioni stesse attualmente vigenti ammettere o l'una o l'altra di queste pretese, importerebbe ammetterne tutti i corollarii immediati o remoti, creare, in favore di governi stranieri, un titolo di perpetua e costante intromissione nelle nostre cose interiori, con facoltà di sindacare ogni nostro atto, per poco che sia o sembri attinente alle condizioni complesse, nè facilmente definibili delle istituzioni pontificie. Nazione unita e concorde di quasi trenta milioni, memore degli ammonimenti del passato e della storia del Papato, la quale si può riassumere in una continua invocazione delle ingerenze e delle armi straniere contro la sua unità da secoli desiderata, giammai l'Italia accetterà questa che sarebbe, in confronto con le altre nazioni, una vera e propria capitis deminutio, e la farebbe discendere al livello di alcuno Stato a cui, per circostanze speciali, fu necessità provvedere alla propria sicurezza, a scapito della politica indipendenza, con l'oneroso beneficio dell'altrui tutela.

Certo il tentativo non gioverebbe alla causa della Chiesa stessa; imperocchè la contingenza di una azione straniera a favore del Pontefice sarebbe per lo appunto quella che gli creerebbe la più difficile situazione che immaginar si possa, suscitandogli il risentimento del popolo italiano, ferito in quanto v'ha di più sacro nello spirito nazionale, e rendendo arduo il compito, cui il governo del Re non mai verrebbe meno in ogni modo, di proteggere la sicurezza e la indipendenza della Apostolica Sede. Nè si muterebbe sostanzialmente il nostro pensiero quando si avverasse la ipotesi, da noi non creduta e che sarebbe da noi vivamente deplorata, dell'allontanamento del Pontefice da Roma. Noi non potremmo, naturalmente, impedire che si effettui il divisamento; adempiuti fino all'ultimo i doveri di tutela e di onoranza che ci incombono per la Legge delle garantie, lasceremmo che il Santo Padre scelga quella residenza che gli sembri più opportuna. Bensì ci riuscirebbe di conforto il pensare che. recandosi là dove mancherebbero, del pari, e la potestà temporale, e le garantie protettrici che lo circondano in Roma, il Pontefice mostrerebbe egli stesso di avere fede nella intrinseca efficacia della propria potestà spirituale, per cui il suo ministero sfugge necessariamente a ogni pericolo di coazione, non volendo noi, del resto, neppur concepire che il Santo Padre, assente da Roma, voglia rinnovare, a danno d'Italia, il flagello dell'intervento forestiero.

Senonchè V. E., convenendo meco in questi concetti, stima che non basti respingere in limine ogni tentativo di intromissione, ma convenga altresì tenere scrupolosamente tal linea di condotta per cui ad una indebita intromissione manchi anche l'ombra di un pretesto qualsiasi.

Ricordando quanto è occorso in epoca abbastanza a noi vicina, io potrei per verità dubitare che possa essere oggetto di sollecitudine per il governo germanico il modo più o meno rigoroso con cui si applichi tra noi la Legge delle garantie; imperocchè trovo bensì traccia della preoccupazione sua circa le condizioni di politica irresponsabilità in cui la Santa Sede travasi in Italia costituita per effetto di quella legge, non mai è occorso che da Berlino giungessero doglianze per menomata dignità del Pontefice od offesa alle istituzioni vaticane. Ma a noi deve necessariamente ripugnare ogni straniera intromissione

su tale argomento, non importa in qual senso o scopo; ond'è che, anche sul terreno degli effetti pratici della Legge delle garentie, gioverà dimostrare, nè la dimostrazione è difficile per chi abbia serenità di mente ed animo libero da ogni prevenzione, come l'esperimento d'oltre un decennio abbia luminosamente dimostrato che quella legge ampiamente provvede, e nel migliore de' modi, alla indipendenza spirituale del Pontefice.

Non Le nascondo, con la schiettezza che mi è propria, essermi riuscito alquanto grave lo scorgere dal rapporto di Lei in data 27 dicembre (1), come, anche dopo i nostri ripetuti colloqui, Le sembri tuttora potersi trarre, a carico nostro, alcuna sfavorevole illazione da quanto è avvenuto la notte del 13 luglio, e dal contegno del R. Governo verso meetings adunatisi indi, in più luoghi d'Italia, per provocare una agitazione contro la Legge delle garentie. Imperocchè mi era sempre sembrato, e mi sembra tuttavia, che i fatti reali parlino con incontrastabile efficacia.

Non è vero che da ben undici anni Roma fornisce lo spettacolo di tale città, ove la tolleranza e il rispetto delle altrui credenze sono domma di governo altrettanto quanto istinto di popolazione? Fuori di Roma molte cose si possono immaginare e accreditare che svisano la realtà della situazione; ma non è possibile l'inganno per chi ha dimora tra noi ed è spettatore delle nostre quotidiane vicende. Qui sono frequenti le cerimonie anche esteriori del rito cattolico senza che alcuno si attenti di turbarle; qui si alternano le luminarie per le solennità nazionali con quelle per le feste religiose; qui convennero più volte e convengono pellegrini d'ogni paese, che talvolta abusano dell'ospitalità, senza che siasi mai avuto in Roma a deplorare alcuno spiacevole incidente; qui poterono celebrarsi due giubilei sotto il pontificato di Pio IX; qui potè tenersi un Conclave in tanta quiete e sicurezza quanta non si ricorda negli annali delle elezioni pontificie, spesso procellose ed anca cruente; qui infine, inaugurato un sistema di larghezza forse eccessiva, e senza esempio in altri Stati cattolici, verso la Chiesa, poterono pacatamente comporsi quistioni spinose di mista competenza e di ragione canonica, che altrove costituiscono ardui e quasi insolubili problemi. Nè poi sussiste che la Legge delle guarentie, per non essere stata espressamente accettata dal Pontefice, resti tuttora ineseguita. Per l'opposto, percorrendone le disposizioni, è forza di riconoscere che il Pontefice si giova ed è in possesso di tutte le concessioni derivanti da quella legge, se si eccettui la riscossione dell'annua rendita assegnatagli, la quale però è sempre tenuta a sua disposizione, come si pratica dall'amministrazione del debito pubblico verso di ogni altro creditore dello Stato. In una parola coloro che si affannano a'd argomentare contro la Legge delle guarentie e contro la applicazion sua, sono ridotti a quei due punti già da Lei accennati: la notte del 13 luglio, e i meetings contro le garantie. Il che è quanto dire che non altrove travasi materia a corroborare la affermazione tranne quei due episodii: un deplorevole tafferuglio, con manifestazioni esteriori nei due opposti sensi, provocato con malafede insigne, e contro la volontà stessa del Pontefice, da un gruppo di zelanti clericali, agevolato dall'ora notturna e dalla fiducia ispirataci da autorevoli assicurazioni,

ma tosto represso con le sanzioni penali; e riunioni di cui svanì oramai l'innocuo ricordo, tosto sciolte non appena in esse si trascese a parole o ad atti non conformi alla legge.

Io non dubito di affermare, e vorrei che V. E. affermasse, all'occorrenza, con eguale asseveranza, queste che in buona fede sono le conclusioni di un esame spassionato ed imparziale dei fatti: non solo il Governo italiano (non parlo di questo piuttosto che di quel ministero) va immune della taccia di non avere saputo, o voluto, o potuto eseguire correttamente la Legge delle guarentige, ma della legge stessa si è oramai sperimentata la bontà, la sufficienza, la efficacia.

Potrebbesi ammettere, in guisa di ipotesi, la contraria affermazione; ma soltanto come proposizione connessa con questa altra: doversi mutare radicalmente l'indirizzo liberale, l'indirizzo nazionale del giovane regno. Sarebbe, in altri termini, come consigliare un sistema che pigli le mosse: dalla negazione di quei principii di libertà, in materia di stampa, in materia di associazione e di riunione, i quali, checchè se ne dica, sono perfettamente conciliabili, qui ove la monarchia e tutte le associazioni dello Stato hanno radice nella volontà popolare, con le idee di ordine e di savio governo. Però, è egli mestieri di tosto aggiungere che, nè un mutamento di indirizzo nel senso di reazione, nè Io sconoscimento dei principii che dal 1848 in poi sono base sicura ed incrollabile della monarchia costituzionale in Italia, sono in guisa alcuna tra noi concepibili. Non parlo di me soltanto, nè dei ministri miei colleghi; parlo, in genere, di tutti gli uomini serii di governo in Italia, i quali ben sanno che giammai dal parlamento si otterrebbe sancito e nemmeno tollerato un provvedimento qualsiasi che offenda il principio della libera stampa, o il diritto di riunione, o il diritto di associazione, bastando, del resto, a correggerne gli eccessi le leggi vigenti, che noi siamo ben risoluti a far rigidamente osservare. Ancora fresca è la memoria del tentativo del 1867, quando, essendo presidente del consiglio l'illustre barone Ricasoli, si vollero impedire i meetings rivolti ad oppugnare le riforme ecclesiastiche e la conciliazione col papato, connesse con la combinazione finanziaria Langrand-Dumonceau. Portata la questione alla Camera, il ministero fu vivacemente disapprovato e soccombente; sciolta la Camera, le nuove elezioni, fatte sotto l'impressione del voto, tornarono tali che il ministero, inchinandosi al giudizio del paese, si trovò costretto a dare la sua dimissione senza neppure aspettare la riconvocazione del parlamento.

Questi sono principii di governo costituzionale, rispetto ai quali non cade dubbio alcuno per chi conosca le nostre condizioni. Ma dobbiamo, per questo, pensare che lo stato delle cose, tra noi, sia menomamente pericoloso nei rapporti d'ordine interno, o infesto ai nostri rapporti esteriori? Contrario affatto è il convincimento nostro: convincimento profondo e poggiato sulla quotidiana esperienza di quanto avviene in Italia e altrove.

Certamente può cagionare disgusto e rammarico che nella pubblica stampa si esprimano, talvolta in termini men convenienti, opinioni contrarie a quelle che sono professate dalla immensa maggioranza della popolazione, eppure siffatte manifestazioni, non avendo il carattere di offesa alle istituzioni o di provocazione al disordine, sfuggono ad ogni sanzione penale; ma ne' casi d'insulto

o di altra specie di reato, è aperto l'adito a' tribunali per l'applicazione ed il rispetto delle leggi. Certamente spiace che alcuni cittadini (esigua ed insignificante minoranza) si valgano del diritto di associazione per conferire un simulacro di apparente consistenza alle loro inani dottrine che non trovano eco .nel paese. Certamente, infine, può ripugnare che, in occasione di meetings, possano professarsi teorie ed enunciarsi fatti cui contraddicono la coscienza popolare e la evidenza della realtà. Però, quando non si voglia suggerire un regime di reazione, con tutte le sue conseguenze immediate e remote, e consigliare un sistema di assoluta compressione che più non potrebbesi, quando lo si adottasse, a volontà conterminare, è forza riconoscere che, anzichè voler attribuire, moltiplicando fuori de' casi gravi procedimenti di dubbiosa efficacia, a sterili tentativi una importanza che punto non hanno, giovi meglio che la loro impotenza apparisca e si dimostri mercè la generale indifferenza e noncuranza. Chi si rammenta più in Italia, all'infuori dei giornali clericali che si valgono del ricordo per le loro polemiche quotidiane, che pochi mesi or sono da taluno si declamò nei meetings contro la Legge delle guarentige? Chi avverte che la vana domanda ancor si riproduce, di quando in quando, nelle colonne di alcun giornale, che indarno si affatica a procacciarsi proseliti ed aderenze? Sono episodi effimeri, che punto non influiscono sulla maestà di una legge, sancita, osservata, e fermamente mantenuta per volontà della immensa maggioranza

della nazione.

Nè possiamo presumere che questa nostra situazione, innocua nei rapporti interni, debba menomamente turbare o rendere malagevoli le nostre naturali alleanze. Ciascun paese ha indole propria di legislazione e di istituzioni, come ha indole propria di genio nazionale e di tradizionali consuetudini. L'Inghilterra, paese di libertà amplissima, potè più volte essere alleata fedele ed efficace di Stati retti con ordini ben diversi. La stessa storia del nostro risorgimento nazionale ricorda bensì, come tra l'Italia liberale e alcuno Stato che in quei tempi era il suo più valido alleato, abbia potuto sorgere talvolta dissidio d'apprezzamenti in materie attinenti alla legislazione interna; però tali divergenze, considerate con l'equità e la benevolenza che sono naturali tra governi risoluti a procedere d'accordo nel comune interesse, non ha punto nociuto ad amicizie ed alleanze che ebbero ampii effetti di gloria e di notevoli beneficii; nella guisa stessa che gl'interessi supremi d'un paese, nelle sue relazioni con l'estero, debbon sempre considerarsi come sottratti all'avvicendarsi dei partiti nella direzione della pubblica cosa. Noi abbiamo fede che questi stessi concetti abbiano a presiedere ai mutui rapporti fra l'Italia e la Germania, inaugurati nel convegno di Vienna; e, come indarno dai nemici nostri si farebbe assegnamento sopra fenomeni passeggeri che sono comuni a tutti i paesi di regime largamente costituzionale, così gli amici nostri possono sicuramente affidarsi, per serbarci amicizia, alla lealtà della nazione e alla indissolubile solidarietà che in Italia reciprocamente unisce popolo e dinastia.

Queste, che qui esposi, sono considerazioni di chiarissima e manifesta evidenza per quanti sono in grado di conoscere da vicino e di apprezzare rettamente le cose nostre. Pur troppo riesce men facile il giudizio all'estero, ove una stampa ignara e mossa sovente da interessi diversi, suole far velo alla realtà. Però è compito dell'E. V., che delle nostre istituzioni e delle vere condizioni degli animi in Italia ha precisa e sicura conoscenza, di adoperarsi acciò, almeno nelle sfere officiali, sia corretto quanto possa esservi di erroneo nelle impressioni e nei giudizi. Nè al certo V. E., che ha mente elevata e schietto patriottismo, verrà meno a questa, che io considero parte importantissima e principale della missione assegnatale dalla fiducia del Sovrano (l).

(l) -Cfr. n. 397. (2) -Cfr. n. 449. (3) -Cfr. n. 396.

(l) Cfr. n. 399.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1079. Roma, 10 gennaio 1882.

Il rapporto del 3 gennaio n. 179 (3) ove è riferita una conversazione di Lei col Sottosegretario di Stato, mi ha cagionato non lieve meraviglia. Suppongo che Ella non avrà mancato di ribatterne le inesattezze e di correggerne gli erronei giudizi, imperocchè ciò che più manifesto emerge dal linguaggio del signor Spuller è la assenza di una giusta notizia di ciò che rispetto alla cosiddetta questione pontificia, è occorso e di tutto ciò che sta accadendo fra noi.

Non mi farò a discutere quelli, tra i concetti enunciati dal signor Spuller, che si riferiscono all'atteggiamento e alle intenzioni probabili del Governo francese. Bensì stimo di dover rilevare due punti che riflettono gli atti e i propositi nostri.

Il signor Spuller crede che il Governo italiano avrebbe dovuto impedire che il Belgio sopprimesse la sua Legazione presso la S. Sede. Il Governo del Re si è scrupolosamente astenuto da tutto ciò che avesse potuto sembrare incoraggiamento a tale soppressione; imperocchè fu ed è nostro costante pensiero che,

« QUESTIONE PONTIFICIA

Nessuna proposta, nessun ufficio, niuna comunicazione né officiale, né officiosa né scritta né verbale, fu mal fatta dal Governo germanico al Governo italiano, relativamente alla posizione del Papa, alla Legge delle Garanzie o ai modi di sua esecuzione. Le nostre più diligenti informazioni escludono benanche che sopra codesti argomenti slavi stato veruno scambio d'idee e di corrispondenze tra il Governo germanico ed aUri Governi. Il nostro ambasciatore a Berlino è stato assicurato offi,cialmente, che l negoziati tra la Prussia ed il Vati!c.ano erano limitati soltanto alla modificazione deUa legislazione ecclesiastica interna delle provincie prussiane, divenuta ostile al clero cattolico per le note leggi di maggio, la cui applicazione avrebbe creato una condizione anormale e numerose vacanze di vescovati e parrocchie in mezzo a quelle popolaz·ioni cattoliche. Per alrtro le concessioni del Governo prussiano non si estenderebbero più all'abrogazione pura e semplice di tutte le leggi di maggio, [disonorando] il Governo in faccia alla Curia Romana, ma piuttosto si tratterebbe di sostituire a leggi [irre·vocabill] e di applicazione obbligatoria poteri discrezionali del Governo di sospendere in tutto o in parte l'applicazione, ponendo sempre il clero sotto l'autorità e 1a dipendenza dei poteri del Governo (2). Ove siffatti negoziati riuscissero ad una soddisfacente condusione, cesserebbe ogni ostacolo al ristabiliento di una rappresentanza del Regno di Prussia presso la Santa Sede, come ne esistono di altri Stati, in conformità della nostra Legge delle Garanzie.

Certamente ben altre sono le concessioni, che il partito cattolico dell'Assemblea germanica solleciterebbe, il che finora per manifeste pruove ha impedito che esso appoggiasse la politica interna del Cancelliere deH'Impero. Ma è superfluo. Titolo creato a pro di Governi stranieri sarebbe un'abdicazione della nostra indipendenza una capitis diminutio.

Una nazione di 30 milioni.

Fermo proposito di proteggere e circondare di efficaci garanzie».

mentre la Legge delle Garentie riconosce espressamente al Pontefice il diritto di Legazione, attivo e passivo, nel fatto ci giova il contatto fra la S. Sede e le Potenze di tradizione liberale. Però è evidente che una nostra intromissione, intesa a conseguire il mantenimento o la restaurazione di una Legazione estera presso il Santo Padre, riuscirebbe eccessiva e contraria a quel principli di scrupoloso rispetto della indipendenza pontificia che sono la base del nostro diritto pubblico in questa materia.

Più gravi e più degni di nota, benchè espressi in forma famigliare ed amichevole, sono gli appunti circa il modo con cui la legge delle garentie viene intesa ed applicata. È la stessa accusa che per opera di ignari delle cose nostre, si viene, di quando [in quando] ripetendo. Affinchè Ella abbia norme e istruzioni precise a tale riguardo, qui acchiudo copia di un dispaccio che intorno a questo argomento, ho diretto oggi stesso al R. Ambasciatore a Berlino (1).

(l) Si pubblica qui un appunto di Mancini per la stesura di questo dispaccio (Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini):

(2) -Le due parole tra parentesi quadre di questa frase sono di incerta lettura. (3) -Cfr. n. 417.
452

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE R. 483. Lisbona, 10 gennaio 1882 (per. il 18).

Già ebbi l'onore di accennare nel mio recente rapporto (2), di questa Serie, che questo nuovo ministro degli affari esteri, comprendendo bene, come lo comprese altresì uno dei suoi egregi predecessori, il nostro grande interesse ad avere informazioni sicure e perenni del Vaticano, ha scritto, anche particolarmente, al suo ambasciatore a Roma di tenerlo bene e sempre a giorno di tutto, ed io sono certo che dall'attuale ministro ogni informazione mi sarà confidenzialmente comunicata.

Di fatti un primo dispaccio del marchese di Thomar è giunto ieri al signor Serpa-Pimentel, il quale ha avuto la bontà di subito leggermene il testo portoghese, il di cui sunto principale è il seguente, per quanto ho potuto ritenerlo nella fretta che aveva il ministro, attesa la sua partenza per la frontiera all'incontro dei Reali di Spagna.

Al Vaticano, dice il dispaccio, havvi molta soddisfazione nel vedere la stampa europea far risorgere la questione romana, ed un alto personaggio disse al marchese di Thomar, che il maggior interesse della Santa Sede erasi quello attualmente di intrattener il fuoco sacro (sic) in suo favore, e se il Governo italiano non migliora il suo modo di agire verso la Santa Sede e non sa, o non vuole, prevenire ed impedire avvenimenti come quelli del 13 luglio, i quali possono facilmente rinnovarsi, Leone XIII continuerà nella sua perenne ostilità verso l'Italia.

Nel complesso del dispaccio, il marchese di Thomar deplora, e sa esser nel Vaticano uno dei maggiori appunti che si fanno al Governo italiano, che personalità estranee al Governo influiscano presso gli illusi, gli esagerati od i mal intenzionati, ed incoraggino oltraggi al papato, ai ministri della religione, provocando manifestazioni e disordini, che, rimanendo impuniti a danno di ogni prestigio governativo, tendono al postutto a distruggere non solo il papato, ma puranche la monarchia (sic).

Il signor di Serpa mi disse attendere fra poco un secondo dispaccio dall'ambasciatore portoghese a Roma, relativo ad altre informazioni che gli furono chieste particolarmente, e sarà mio premuroso dovere di riferirle a V. E., appena mi saranno comunicate.

(l) -Cfr. n. 450. (2) -R. 480 del 28 dicembre, non pubblicato.
453

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, DE MARTINO (l)

T. 29. Roma, 11 gennaio 1882, ore 16,50.

Le premier ministre du Sultan a dit hier à l'ambassadeur d'Angleterre « qu'un ou deux ministres, s'appuyant sur les objections soulevées par l'Egypte, s'opposaient aux vues qu'il avait soutenues à l'égard de la convention pour Assab ». Son Altesse ajoutait que les difficultés principales se rencontraient en Egypte et non à Constantinople; elle suggérait par conséquent de faire des efforts au Caire pour les surmonter (2). Veuillez vous concerter avec votre collègue britannique pour agir énergiquement en ce sens. Il est maintenant constaté d'une manière absolue que l'issue de cette affaire ne dépend plus que de la bonne volonté du Khédive et de ses ministres. C'est à eux de juger s'ils leur convient d'assumer la responsabilité des conséquences, que l'insuccès de la négociation entrainerait nécessairement. Résolus, camme nous le sommes, à ne pas nous dessaisir, quoiqu'il arrive, d'une possession que nous avons légitimement acquise depuis plus de dix ans, nous n'avons qu'à laisser à l'Egypte le choix entre le maintien, contre ses prétentions, d'un statu quo de fait qui peut à chaque instant lui créer les complications les plus désagréables, et un réglement amica! de la situation, dont les avantages directes seraient pour elle tout aussi bien que pour nous, et que l'opinion publique en Italie apprécierait comme un gage d'amitié réciproque. * Au point où les choses sont arrivées, votre langage avec Cherif pacha doit étre des plus pressants et des plus explicites. *

(l) -Ed. in italiano, ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, p. 138. (2) -Questa prima parte del t. fu comunicata a Londra in pari data col n. 30 con la seguente istruzione: « Je pr!e V. E. de faire en sorte que le représentant britannique en Egypte reçoive à cet effet instructions pressantes et catégoriques ».
454

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 31. Roma, 11 gennaio 1882, ore 23,40.

Je viens de vous écrire par poste deux dépeches concernant, l'une notre situation en général vis-à-vis de l'Allemagne et de l'Autnche-Hongrie, l'autre la question pontificale (1). J'appelle d'une manière tout spéciale votre attention sur ces pièces, où je me suis attaché à reproduire toute ma pensée. V. E. les recevra samedi matin. J'estime qu'il est de la plus haute importance qu'elle ait avec le prince de Bismarck un entretien, qui seul peut nous donner le mot de la situation. Personne ne comprendrait d'ailleurs ici que l'ambassadeur, qui représente la personne du Roi, ayant d'après sa prérogative universellement reconnue libre accès auprès de l'Empereur, revenant de sa capitale d'où il rapporte les impressions de son Souverain et des ministres, ne puisse pas voir l'homme qui dirige la politique de l'Allemagne. Les journaux parlent de votre rencontre avec le prince de Bismarck comme d'un fait nature! et déjà accompli. Si le 18 on m'interpelle là dessus, ce qui est surement inévitable, je me trouverais extrèmement embarrassé de devoir avouer que le prince de Bismarck a voulu rester invisible.

455

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1309. Roma, 11 gennaio 1882.

Ho già avuto occasione di far cenno a V. E. della sorda e sistematica ostilità delle Autorità inglesi d'Aden contro il nostro possedimento di Assab, della quale non ha mai cessato di lagnarsi il R. Commissario signor Branchi. L'ultima volta che questi si recò ad Aden e credette di non potersi esimere dal far visita al Politica! Resident, generale Lock, fu da lui ricevuto abbastanza gentilmente, ma ebbe ben diversa accoglienza da varie altre persone specialmente militari, colle quali si trovò in contatto. Il signor Branchi aveva condotto seco, per fare alcune compre di materiale per la colonia, un interprete ed una guardia del Commissariato. Ambedue furono scopo (sono parole precise del Signor Branchi) « di una serie non interrotta di persecuzioni e citazioni da parte tanto della polizia quanto d'ogni sorta d'autorità subordinate » talché il R. Commissario rimase in dubbio se non dovesse farli tornare a bordo del «Fieramosca» che li aveva accompagnati ad Aden, e solo si astenne dal

muover reclamo stante le ingiunzioni di questo Ministero di comportarsi con la massima prudenza nei rapporti con le Autorità inglesi.

Siffatto contegno di persistente ostilità, che ben si comprende quanti imbarazzi ed inquietudini debba procurare al nostro Commissariato, si risente evidentemente dell'antica diffidenza inglese verso la colonia d'Assab; ma troppo discorda con la benevolenza attuale del Governo della Regina perché non debba cessare appena additato alla sua attenzione.

A tale scopo parmi opportuno che V. E. faccia una comunicazione a Lord Granville, la quale provocherà, non ne dubito, l'invio di convenienti istruzioni al Residente politico in Aden.

(l) Cfr. nn. 449 e 450.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1310. Roma, 11 gennaio 1882.

Poiché si vuole, in questi tempi, risuscitare, sul terreno della pubblica discussione, una questione pontificia, nulla può riuscirmi più interessante quanto il ricevere accurate informazioni sullo stato dell'opinione e sugli apprezzamenti dei più autorevoli personaggi dei vari paesi.

Graditissimo quindi mi è stato il rapporto confidenziale di V. E., in data 28 dicembre scorso, n. 1211 Cl) e spero sarà seguito da altri ogni qualvolta se ne presenti la occasione.

In questa campagna in cui sotto veste di religione hanno potuto schierarsi contro l'Italia opposti interessi, vecchi pregiudizi, recenti diffidenze, sarebbe lungo ma altrettanto facile smentire le calunnie, ribattere le accuse, rettificare i falsi giudizi che si odono da ogni parte contro di noi.

Nel rapporto di V. E. trovo per esempio che fra i motivi reali delle lagnanze del Pontefice, taluno in Inghilterra annovera quello di non potere il Papa affacciarsi alle finestre del Vaticano senza essere esposto agli schiamazzi del popolaccio. È un'accusa che mi giunge nuova. Per quanto si sa qui a Roma, la sola volta dopo il 1870 che il Papa si sia affacciato alle finestre del Vaticano, e che la sua persona sia stata vista e notata dalla piazza sottostante, fu nel 1874 o nel 1875. Vivendo Pio IX, tutti gli anni si cantava in San Pietro un Tedeum per l'anniversario della sua elevazione, senza che a nessuno venisse mai in mente di turbare quella funzione periodica. In uno di quei due anni, al momento che la folla, in tale ricorrenza, usciva dalla chiesa, Pio IX si affacciò ad una delle finestre basse d'un corridoio che da San Pietro mette al palazzo del Vaticano, facendo nascere il sospetto che, spontaneamente, o per altrui istigazione si fosse affacciato per provocare una dimostrazione di simpatia. Vi furono applausi ed acclamazioni, non già atti irriverenti od ingiu

(l} Cfr. n. 403.

riosi; diguisaché, se si volesse citare questo caso, lo si dovrebbe piuttosto per mostrare il rispetto di cui gode il Papa a Roma.

Il rapporto di V. E. riferisce anche qualche proposta affacciata in Inghilterra per conciliare la convivenza della Santa Sede con la capitale del regno e fra esse una «conveniente ampliazione delle dipendenze del Vaticano». Potremmo chiedere a noi stessi se e in qual modo un simile espediente muterebbe, a vantaggio del Pontefice la situazione attuale; però la prima domanda che senza dubbio V. E. avrà saputo proporre a se stesso, e risolvere, è, se sia conciliabile col diritto nazionale la esistenza, nel territorio italiano, di una enclave non italiana, sia pure minuscola, dove la sovranità del Re venga meno e le sottentri una potestà intrinsecamente inetta all'esercizio di una giurisdizione regolare e civile. Ad ogni modo, e per risalire da questo punto di vista, affatto speciale e ristretto, ad un ordine generale di idee, stimo utile, acciò Ella abbia conoscenza esatta e completa del pensiero nostro circa questo grave argomento, di qui acchiuder copia di un dispaccio che oggi stesso spedisco, in proposito, al R. ambasciatore a Berlino (l). È la sola risposta possibile a fantastiche proposte.

457

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2944. Berlino, 11 gennaio 1882 (per. il 17).

Voici des détails d'une nature secrète que je n'ai obtenus que sous la réserve qu'ils resteraient absolument confidentiels. Je tiendrais donc beaucoup à ce que ce rapport ne figuràt point parmi les documents diplomatiques transmis aux différentes Ambassades et Légations.

Dans ces derniers temps, Lord Granvllle à désiré connaitre en voie privée l'avis du Prince de Bismarck sur l'éventualité d'une occupation militaire anglofrançaise en Egypte. Ainsi consultée, Son Altesse a exprimé sa manière de voir et l'a fait connaitre verbalement à Sa Seigneurie, en évitant de se servir de l'entremise ordinaire soit de l'Ambassade de la Grande Bretagne à Berlin, soit de l'Ambassade impériale à Londres (2).

D'après l'opinion du Prince, une intervention armée des deux Puissances présenterait deux graves inconvénients.

1° Pour se convaincre des conséquences que entrainerait une pareille combinaison, il suffit de se rappeler la campagne entreprise en commun par la Prusse et l'Autriche dans le Schleswig Holstein contre le Danemark, et qui aboutit fatalement à la guerre de 1866 entre deux anciens alliés.

2D Une immixtion armée de l'Angleterre et de la France ne manquerait pas de rencontrer de l'opposition en Russie, en Italie et peut-etre meme de

la part de l'Autriche-Hongrie. Ces Puissances inclinent visiblement à ne pas se désintéresser dans les destinées de l'Egypte. A leurs yeux, il s'agit d'une question d'un intérét général. Si ces divergences de vue n'aboutissaient pas à un conflit, elles produiraient du moins un grand trouble dans le concert européen, que chacun devrait au contraire travailler à maintenir.

Dans ces conjonctures, il semblait au Prince que la meilleure voie à suivre, si les circonstances intérieures de la Vice-Royauté rendaient une occupation nécessaire, serait celle de la laisser opérer par la Puissance Suzeraine, la Turquie. Cette combinaison préviendrait les dangers qui risqueraient de naitre d'un tete-à-tete militaire des deux Puissances occidentales sur les bords du Nil.

Le Comte de Granville s'est montré réconnaissant de ce conseil et disposé à y conformer sa conduite. Il se prononçait à Paris en ce sens et en son propre nom; mais le Gouvernement français paraissait assez peu enclin à admettre, le cas échéant, une action isolée de la Turquie. Il appréhenderait que les succès des troupes ottomanes en Egypte n'eussent un contrecoup en Tunisie et meme en Algérie.

Telles sont les indications qui m'ont été fournies de très bonne source. On pourrait en induire que les bruits qui ont couru sur l'éventualité d'une intervention militaire anglo-française en Egypte, avaient leur raison d'étre. La note collective remise ces jours derniers au Vice-Roi ressemble fort à une transaction entre des vues opposées. Si l'assistance matérielle n'est pas explicitement désignée, c'était probablement une concession à l'Angleterre du còté de la France, qui à son tour aura tenu à l'insertion de quelques phrases à double entente, sur lesquelles on pourrait revenir à l'occurrence. Elles sont en meme temps un avertissement au Khédive, à la Turquie et au parti national égyptien.

Quoi qu'il en soit, il faut en toute justice reconnaitre que dans cette occasion encore, le Chancelier a rendu un véritable service à la cause de la paix générale. Au reste, si les Cabinets de Paris et de Londres maintiennent leur prétention d'exclure l'Europe, comme telle, du règlement des affaires égyptiennes, ils ne sont pas moins en défiance l'un contre l'autre, et cette attitude ne facilitera certes pas leur marche de front dans d'autres directions. En un mot, la France ne peut compter sur l'Angleterre pour des projets de rescousse contre l'Allemagne. C'est tout profit pour sa cause, et le profit est acquis quand méme et malgré les conseils de prudence donnés par le Prince de Bismarck.

(l) -Cfr. n. 450. (2) -Annotazione a margine di Malvano: «Viaggio di Herbert Bismarck a Londra».
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2945. Berlino, 11 gennaio 1882 (per. il 17).

Le Secrétaire d'Etat m'a dit hier qu'il avait exprimé au Chancelier mon désir de lui faire une visite, et que je serais reçu très prochainement. Vu ses

occupations multiples dans ces derniers temps et qui se prolongeaient sans fin, il regrettait d'avoir retardé notre entrevue.

J'ai laissé entendre au Comte de Hatzfeldt que le thème de ma conversation serait le meme que celui que j'avais déjà développé dans mes entretiens avec lui aux dates du 23 et du 30 décembre échu (rapports n. 2931 (l) et 2936 (2)). Je répéterais quel est le progranime politique que nous sommes fermement résolus à poursuivre pour favoriser, sans provocation pour qui que ce soit, le maintien de la paix générale. Nous avions la conviction de rencontrer l'Allemagne dans cette vaie pour établir une entente commune sur le pied d'une parfaite intimité. Je parlerais en outre des impressions personnelles recueillies durant mon récent séjour à Rome sur la questione Pontificare que certains journaux s'appliquent à piacer sur un terrain, où la phaintasie prend le mors aux dents, sans voir les obstacles insurmontables que lui opposerait la réalité.

Sur le premier point, le Secrétaire d'Etat semblait douter du concours que les partis politiques preteraient à l'exécution d'un tel programme. Il faisait aussi allusion à l'instabilité de nos Ministères. J'ai dit que le& grandes lignes de la politique étrangère ne sauraient étre subordonnées aux questions intérieures de partis, ni dépendre de telle ou telle autre administration arrivant au pouvoir. Il devait y avoir dans cet ordre d'idées continuité et uniformité de direction. Notre but est parfaitement déterminé, à savoir celui d'un rapprochement intime avec l'Allemagne et l'Autriche, et de concourir d'un commun accord à tout ce qui peut servir la cause de la paix et des Monarchies solidaires entre elles. Le Gouvernement était parfaitement résolu, le voyage à Vienne en fournissait la meilleure preuve, à s'engager toujours plus dans cette vaie. Le Roi et ses Ministres sont unanimes à cet effet. D'ailleurs l'opinion publique s'est prononcée si nettement dans ce sens, que son appui ne saurait faire défaut à un Gouvernement qui a su seconder ses aspirations au plus haut point significatives.

Le Comte de Hatzfeldt répliquait, sans s'engager autrement, que nous connaissions déjà la manière de voir du Chancelier, à savoir que tout acte de confiance et d'amitié de notre part envers l'Autriche-Hongrie, était considéré ici camme visant également l' Allemagne.

Quant au second point, le Secrétaire d'Etat me répétait l'assurance, déjà émise peu après mon retour à Berlin, que nous avions parfaitement raison de compter sur l'amitié et la sagesse du Prince de Bismarck. C'est, gràce à cette sagesse, qu'il n'a cessé depuis 1871 de s'employer, non sans quelque succès, à sauvegarder la paix générale, en donnant ainsi tort à ceux qui redoutaient la création d'un Empire d'Allemagne.

La veille, j'avais tenu un Iangage analogue au Sous-Secrétaire d'Etat, et son Iangage ressemblait entièrement à celui du Comte de Hatzfeldt.

(l) -Cfr. n. 395, nota l. (2) -Non pubbl!cato, ma cfr. nn. 405 e 410.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1577. Vienna, 11 gennaio 1882 (per. il 14).

L'E. V. invitavami col suo telegramma del 6 corrente (2) a farle conoscere quale sarebbe l'attitudine del Gabinetto di Vienna a fronte d'un eventuale intervento anglo-francese in Egitto di cui mi diceva si tornava a parlare. Con altro successivo del giorno 9 (3) compiacevasi poi trasmettermi il testo di due telegrammi direttile dal Comm. De Martino a riguardo della nota collettiva presentata al Vice Re, dagli Agenti diplomatici di Francia e d'Inghilterra di cui già i giornali ebbero a fare conoscere un sunto assai sommario; ed al tempo stesso l'E. V. esprimevami il desiderio di conoscere gli apprezzamenti in proposito del Governo imperiale.

Jeri mi sono trovato in grado di conferire assai a lungo su sì grave argomento col Conte Kalnoky.

* -S. E. dissemi non avere avuto dall'Agente imperiale in Egitto altra notizia se non quella della consegna fatta al Khedive di una Nota identica da parte degli Agenti di Francia e d'Inghilterra; mi aggiunse però che poco prima ch'io entrassi da lui l'Ambasciatore d'Inghilterra gli aveva dato conoscenza delle istruzioni dirette dal signor Granville all'Agente inglese al Cairo in cui era tracciato il carattere che la nota di cui è caso doveva avere; in quel documento egli aveva notato che era menzionato il firmano d'investitura del Sultano e che nulla vi si diceva che accennasse ad intenzioni ostili alla Porta da parte dei due Governi né si parlava di appoggio materiale a darsi al Governo Vice Reale. S. -E. trovava quindi doversi anzitutto attendere di conoscere il testo della Nota onde apprezzarne con precisione la portata. Ciò stando riservasi di riparlarmi di quella questione allorché ne sarebbe a piena conoscenza. Credetti opportuno non lasciare finire così la conversazione * e quindi mi accinsi a svolgergli sommariamente le idee dell'E. V. al riguardo a seconda delle indicazioni fornitemi coi dispacci del 13 e 19 settembre * n. 1208 e 1211 (4) che riassumono con queste precise parole tolte dal dispaccio dell'E. V. ai Rappresentanti di Sua Maestà in Parigi e Londra dell'll settembre 1881 (5) che giovami qui ripetere testualmente «Nostro desiderio, nostro voto -giova senza riserva dichiararlo, -è questo solo: che il Governo del Vice Re trovi nel paese stesso col favore e colla benevola assistenza dell'Europa, le sorgenti della propria forza in condizioni di normale ed indipendente esistenza (salvi beninteso i vincoli che per Trattati lo legano alla Sublime Porta) sì che gli interessi delle colonie straniere abbiano efficace garantia di protezione e di libero svolgimento ». *

Questa mia dichiarazione porse occasione al Conte Kalnoky di manifestarmi a sua volta che il Gabinetto di Vienna non aveva mai ammesso che gli affari

(-3) Cfr. n. 435, nota 4.

34 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

dell'Egitto potessero riguardare due sole Potenze, visto che invece tutte vi sono interessate, questo diritto essere stato in più occasioni accampato e riconosciuto e non intendere egli rinunciarvi; essere quindi suo desiderio di concertarsi cogli altri Gabinetti sull'attitudine da osservarsi nella presente congiuntura. Tosto dopo però S. E. aggiungevami doversi badare a non sollevare una questione egiziana che fino ad ora non esiste. * A fronte di questa osservazione parvemi a proposito esprimendo il mio personale avviso di approvare quel modo di procedere guardingo da Lui indicatomi, ma facendo però osservare che evidentemente se tutti tacevano a fronte dell'iniziativa presa dai Gabinetti di Francia e d'Inghilterra che aveva precisamente a seconda anche delle osservazioni da lui stesso poste in rilievo il carattere di una dimostrazione avvenuta senza causa apparente di sorta, certo le altre Potenze non si troverebbero per ora impigliate in una questione egiziana ma che conveniva aver presente: che alla prima occasione la Francia e l'Inghilterra valendosi del nostro comune silenzio a fronte di tale loro così esplicito passo avrebbero buono in mano per chiudere la bocca un'altra volta su questioni più decisive dicendoci che tacitamente la posizione esclusiva da loro assunta era già da noi accettata. Questa mia osservazione sembrami abbia impressionato il Conte Kalnoky; infatti egli rispondeva di apprezzarne il valore poichè non si può negare che la dimostrazione di cui si tratta (sono sue parole) ha rotto l'equilibrio in Egitto e quindi ora devesi ristabilirlo.

Ancora una volta quindi mi ripetè l'espressione del suo desiderio d'intendersi

cogli altri Gabinetti, assicurandomi che avrebbe ripreso meco la conversazione

al riguardo. Conversando poi ancora alcuni minuti su quella questione in forma

particolare accennavami l'idea che si potrebbe forse ristabilire l'equilibrio di

·, cui è caso, se le altre Potenze rivolgessero dal canto loro al Governo khediviale una nota uguale a quella franco-inglese, locchè affermerebbe l'esclusione del diritto di un'isolata ingerenza negli affari egiziani da parte di due sole potenze; evidentemente però doversi anzitutto attendere di conoscere il testo preciso del documento di cui è caso. * Da quanto precede l'E. V. rileverà come me che marcatamente, il conte Kalnoky mantenne ed affermò nel suo linguaggio con me l'eguaglianza di diritti negli affari egiziani da parte di tutte le grandi potenze, la necessità quindi dell'azione sempre comune; parmi dunque sarebbe assai imprudente da parte nostra se volessimo pretendere siccome potenza più che alcune altre direttamente interessata, ad esercitare un'azione speciale ed esclusiva di qualcuna di esse o per meglio precisare il mio pensiero, in unione soltanto con la Francia e con l'Inghilterra poichè tale nostra pretesa ci metterebbe alla nostra volta dalla parte del torto a fronte di quegli altri Gabinetti che non accettano l'azione isolata delle potenze occidentali volendo invece quella del concerto Europeo.

* Il Conte Kalnoky del resto esprimeva l'opinione che per ora non era a temersi i Gabinetti di Parigi e di Londra procedessero a nuovi più precisi passi risultandogli che il Governo inglese era giunto, in questa faccenda colla nota di cui è caso al limite estremo a cui intende arrivare nei suoi accordi con la Francia, su questa questione. Devo dire che particolari mie informazioni mi fanno ritenere quest'apprezzamento siccome esatto. *

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 54-55. (2) -Cfr. n. 427. (4) -Cfr. n. 209, inviato a Vienna con protocollo 1208. H d. 1211 non è pubblicato. (5) -Cfr. n. 203.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 84o. Il Cairo, 11 gennaio 1882 (per. il 16).

Speravo poter rimettere all'E. V. la nota anglo-francese soggetto dei miei ulti.mi telegrammi, che si disse sarebbe pubblicata, come richiesto nella nota istessa, nel Moniteur ufficiale, ma conosciutone il contenuto in pubblico, produsse sì cattiva impressione che Scerif prudentemente ne impedì la pubblicazione.

* La nota, come telegrafai all'E. V. (2), incomincia per esprimere la più grande soddisfazione per il nuovo regime di Governo introdotto in Egitto quindi invita il Khedive a governare con fermezza e coraggio esprime fiducia che la Camera dei delegati procederà con moderazione e saggezza, rispettando gli impegni del Governo con le due potenze gli rammenta che la Francia e l'Inghilterra lo hanno portato sul trono dell'Egitto, che chiunque potesse minacciare la posizione delle cose da essa creata, si troverebbe faccia a faccia con l'Inghilterra e la Francia e lo assicura di assistenza materiale contro torbidi e minacce sia dall'interno che dall'estero.

In tutta la nota si fa risaltare ad esuberanza il perfetto accordo tra le due potenze. Ed è così esplicita e categorica che rende superfluo da parte mia lo svolgere di qualsiasi apprezzamento. Soltanto rimarcherò esser la prima volta che in un documento ufficiale si usi la parola trono dell'Egitto. *

Nello stesso momento che i due Agenti presentavano la nota al Khedive, alle 3 p.m. del giorno 7 (3), ne fui informato da persona sicurissima, la quale poi nella notte mi riferì l'esatto tenore della nota; e così mi fu dato di paterne dare immediatamente conto all'E. V.

Al eollega d'Austria, che ne udì vagamente qualche cosa, e venne a chiedermene, credetti communicargli quanto era a me noto.

Un fatto così grave, impreveduto, e reso pubblico il giorno successivo, produsse una immensa sorpresa, e mi fu dato perfino sentire dallo stesso signor Colvin, controllore inglese, che non poteasene comprendere la ragione. * Nell'andamento delle cose pubbliche non poteva esservi pretesto per giustificarsi. E come ho potuto riferire a V. E. con il mio rapporto del 7 corrente di n. 845 (4) * la voce sparsa dalla stampa inglese di un eventuale intervento, produsse una certa sensazione nel mondo finanziario soltanto, poichè non si poteva scorgere, e non esisteva, come non esiste nessun motivo che potesse provocare una misura così estrema.

* Nel mio rapporto del 19 dicembre scorso di n. 838 (4) nel dar conto all'E. V. dei fatti di Suez, riferii fedelmente la conversazione avuta col Khedive,

ed il triste quadro ch'Egli mi fece della situazione del paese. E rammento che lo consigliai, per sua propria dignità, a non tener con altri lo stesso linguaggio.

Sono oggi assicurato in modo indubitabile da persone più che degne di fede, che il Khedive abbia espressamente chiamato il signor Malet, e che gli abbia tenuto lo stesso linguaggio, molto più accentuato ed allarmante, dicendosi assolutamente perduto senza una sicura assistenza delle due potenze. E si crede lo averlo fatto in odio a Scerif Pascià, e sotto l'incubo della prossima apertura

della Camera dei delegati, ch'Egli ritiene per docile istrumento d'Arabi Bey, e del partito nazionale.

Non solo la sicurezza delle informazioni, ma conoscendo il carattere del Khedive, non sarei alieno veramente a credere che questo sia stato il movente partito dall'Egitto.

Probabilmente, e su ciò l'E. V. ne è il miglior giudice, a questo potrebbe aggiungersi, le poco benevole disposizioni personali del Sultano verso il Khedive, la marcata preponderanza dell'influenza germanica a Costantinopoli, l'atteggiamento di altre potenze a considerare come europea la questione egiziana, come motivi che abbiano indotta la Francia e l'Inghilterra a saltare il Rubicone, e dichiarare nettamente il loro pensiero su ciò che concerne l'Egitto. *

La nota anglo-francese lungi dal produrre gli effetti salutari * preconizzati dal signor Malet, * ha sollevato il massimo eccitamento e nell'armata e nella Camera dei delegati, * principalmente perchè ritengono che il Khedive l'abbia provocata. Ieri sera il Khedive lamentando quest'accusa, volle assicurarmi esser del tutto infondata. * Intanto come ho telegrafato all'E. V., jeri (l) l'armata ha protestato energicamente rifiutando la protezione delle due potenze, e dichiarando non esser dipendente che dall'autorità del Sultano. E mi si assicura che Arabi Bey abbia pubblicamente dichiarato doversi considerare la nota come una dichiarazione di guerra, e che nella Camera dei delegati si siano pronunciate minacce contro i Cristiani in caso d'intervento.

Non ho mai visto Scerif tanto preoccupato, * e posso dire abbattuto, * quanto in questa circostanza. Egli mi disse francamente di non poter comprendere quale possa essere il pensiero delle due potenze, dopo tante assicurazioni ufficiali dategli di sostenerlo e secondario a consolidare il nuovo regime di Governo liberale, di gettare il paese cosi inaspettatamente in un caos di complicazioni interne, e forse anche estere. Egli mi ha confermato che la Porta, sospettando qualche cosa dalle notizie pubblicate nei giornali, aveva da diversi giorni telegrafato al Khedive esigendo delle spiegazioni; e che Egli non ha fatto altro che comunicare per telegrafo la nota a Costantinopoli, * la quale, egli è convinto produsse imprevedibili complicazioni. *

Non mi è stato dato di poter vedere il collega di Germania, ma invece più volte quello d'Austria il quale considera la nota anglo-francese come diretta principalmente alla Germania.

(l) -Ed. ad eccezione dei brani tra asterischi e con alcune varianti in LV 35, pp. 56-57. (2) -Cfr. n. 436. (3) -In LV 35: «giorno 8 ». (4) -Non pubblicato.

(l) T. 51 del 10 gennaio, non pubblicato.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2946. Berlino, 12 gennaio 1882 (per. il 17).

J'ai lu, avec toute l'attention qu'il mérite, l'annexe à la dépeche de V. E. du 29 Décembre échu n. 1235 Cl). Je m'inspirerai des considérations y développées, quand je me rencontrerai avec le Prince de Bismarck.

Sans m'engager à fond, je chercherai, dans la mesure du possible à le mettre en demeure de se prononcer, ou du moins je provoquerai quelques explications qui éclaircissent un peu une situation passablement confuse. En attendant, j'ai poussé une reconnaissance dans mes entretiens avec le Secrétaire d'Etat. Sa réserve me donne l'impression que, pour des motifs assez semblables à ceux indiqués par S. E. le Comte de Robilant dans un télégramme, dont l'annexe précité contient un résumé, le Prince de Bismarck gardera la meme attitude. Si la situation s'est améliorée depuis la visite à Vienne, ce n'est pas encore au point d'avoir établi une confiance absolue à notre égard. D'ailleurs, I'Allemagne se sentant assez rassurée par ses propres forces, par son intimité avec le Cabinet de Vienne, par ses relations devenues plus amicales avec la Russie, et par les conditions de la France et de l'Angleterre unies en apparence plus qu'en réalité, ne prouve aucun besoin urgent de se rapprocher davantage de l'Italie. Le Chancelier semble attendre que nous fournissions sur le terrain des faits des preuves ultérieures de tout le sérieux de nos préférences pour les deux Empires. A ses yeux, d'ailleurs, il n'existe à l'horizon aucun point noir qui annonce la tempéte. Il croirait prématuré de contracter des engagements à longue échéance et dont le secret, s'il était mal gardé, amènerait dans le concert Européen des regrettables suspicions.

Telles seront vraisemblablement les inductlons que je devrai tirer de mon prochain entretien avec Son Altesse. Mais il ne sera pas inutile en ce sens que le Prince se persuadera davantage de notre ferme résolution de nous montrer parfaitement conséquents dans la ligne de conduite que nous nous sommes tracée, en ne prenant conseil que des intérets de la conservation de la paix générale.

Il ne saurait dane etre question pour le moment de formuler un traité d'alliance, mais de nous maintenir sur la vaie qui aboutira à ce but quand d'un commun accord l'opportunité en sera reconnue. Mettons toutes nos voiles dehors, afin de profiter du premier vent favorable. Quand toute défiance aura disparu ici à notre égard, l'influence du Cabinet de Berlin, se fera sentir à Vienne pour mieux prédisposer l'Empereur François-Joseph à emboiter les pas avec nous, du moment surtout où les circonstances rendraient plus évidents qu'aujourd'hui, pour l'Autriche et l'Allemagne, les avantages d'un trio défensif pour une garantie mutuelle des territoires. Sous ce rapport, une certaine

impulsion àevrait venir d'ici, mais il est évident aussi que le terrain devrait etre préparé par les mains habiles du Comte de Robilant, pour nous conduire au résultat désiré. L'Autriche fournit, entre nous et l'Allemagne, la continuité de territoire des Etats qu'il s'agit précisément de rendre solidaires dans un but de paix, de conciliation et de respect des obligations internationales. Au reste, est-ce une fin de non-recevoir, ou n'est-ce pas plutòt l'expression de la pensée intime du Prince de Bismarck de planter d'abord à Vienne les jalons, sauf à les étendre jusqu-ici pour que l'alignement soit sans interruption? Le fait est qu'à chaque occasion on entend des phrases sortant du meme moule: « tout ce que vous faites pour l'Autriche, nous le réputons camme étant aussi adressé à l' Allemagne ».

D'après ce qui précède, nous ne sommes pas encore arrivés au moment de discuter les termes d'un accord. Il est cependant un point mentionné dans l'annexe à la dépèche du 29 Décembre sur lequel je me permettrais une observation. Si nous parlions d'une clause restrictive en faveur de la Russie, nous fournirions un motif ou prétexte à Vienne surtout de faire la sourde oreille à nos ouvertures. A Vienne, on doit se prémunir contre la Russie, et c'est pour cette raison principale bien plus que pour le danger que l'Autriche pourrait courir vers la frontière de l'Italie, que le Prince de Bismarck a eu beau jeu pour lier partie avec Vienne. En ce qui la concerne, l'Allemagne doit aussi avoir l'oeil ouvert sur l'éventualité d'une coalition franco-russe. Or, dans ces prévisions, nous ferions fausse route si nous voulions accorder en quelque sorte un traitement de faveur à la Russie et lui laisser carte bianche. Mieux vaudrait ne pas soulever cette question et nous borner, les cas échéant, à déclarer que chaque Etat aurait libre accession à la ligue pacifique. Sans froisser personne, on arriverait moins difficilement au but.

(l) Cfr. n. 407, nota l, p. 416.

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IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Bruxelles, 12 gennaio 1882.

Quando partii da Roma, V. E. mi aveva lasciato la speranza che mi avrebbe mandato qui una sua lettera d'introduzione per il Signor Bara, ch'io non avevo ancora potuto conoscere l'estate scorsa. Come ebbi l'onore di dirle allora, questa sarebbe stata per me una gran fortuna, ma sgraziatamente la mia aspettativa fu delusa. Malgrado che questo mi sia stato sorgente di vivo rammarico, comprendo come V. E. in mezzo alle sue gravi occupazioni, non abbia avuto agio a fornirmi quella commendatizia. Dovetti dunque presentarmi io stesso al Signor Bara, il quale fu per me un compitissimo, e non dispero di poter forse riuscire a ottenere da lui e dal Signor Frère Orban di corrispondere in qualche modo alla nobile proposta di cui V. E. prese l'iniziativa, per fissare alcune regole comuni circa la condizione civile degli stranieri.

Hù adesso da rivolgerle una preghiera, non solo per norma del mio linguaggio, ma ben anche per soddisfare un desiderio statomi espresso dal Signor Frère Orban.

Da che sono partito dall'Italia non ho saputo più nulla, oltre a quanto contengono i giornali, circa tutte le questioni politiche, tanto d'ordine generale che puramente italiano. Sopra una di esse in ispecie avrei avuto bisogno d'essere informato di qualche cosa, per poter risp:mdere a una infinità di domande, che mi sono state e mi sono rivolte da colleghi diplomatici e da altri personaggi del paese, cioè sopra le assurde dicerie sparse ultimamente intorno ai tentativi di risollevare la questione Romana. Benchè ormai anche i clericali s'accorgano di essere corsi dietro a un fantasma, ciò non pertanto V. E. meno di qualunque altro ignora la situazione grave che si avrebbe nel Belgio, se appo qualche potenza le pretese della Santa Sede giungessero a trovar ascolto. Il signor Frère Orban, nel parlarmi di ciò, mi disse di aver seguito con molta attenzione tutta la polemica della stampa a siffatto riguardo, e dichiarandomi di non aver avuto da Berlino o da Roma alcuna informazione atta a gettare le menoma luce sulle cause che hanno potuto produrre le strane voci poste in giro recentemente, chiedevami se avessi ricevuto qualche notizia da V. E., e quale fosse in complesso la mia opinione. Non esitai a rispondere che ritenevo assolutamente infondate le voci di un intervento anche amichevole della Germania in favore del potere temporale del Papa, ma che dal Ministero non mi era pervenuta alcuna comunicazione su tale argomento. « Sarei lieto di sapere », riprese il signor Frère Orban, «se vi è stato anche un pretesto per le speranze concepite dal partito clericale».

Dopo questa conversazione, non dubito che V. E. scorgerà la convenienza d'impartirmi qualche istruzione.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 32. Roma, 13 gennaio 1882, ore 12,35.

Il ne me serait guère facile de résumer les deux dépèches (1), dont l'ensemble seui peut faire justement apprécier par V. E. nos convictions et nos vues. Je prérère, pour le cas où avant la reception de ces dépèches vous devriez vous aboucher avec M. de Bismarck, marquer ici les points principaux, sur lesquels votre langage devrait ètre le plus affirmatif et explicite. Nos idées au sujet de notre attitude présente et éventuelle envers l'alliance austro-allemande sont clairement spécifiées dans ma dépèche au comte de Robilant (2), dont une copie vous a été transmise par le dernier courrier de cabinet. Je n'ai, à cet égard, rien à ajouter ni à retrancher. Qlant à la question pontificale, si

M. de Bismarck veut bien y tomber, V. E. ne doit pas laisser subsister dans son

t. -61 del 12 gennaio, non pubblicato.

esprit le moindre doute sur notre ferme résolution de ne pas accepter là dessus, dans un but quelconque, une négociation diplomatique ou meme officieuse. Veut-on dans le désir sincère et légitime de se renseigner, connaitre la réalité de la situation? Nous n'aurons pas de la peine à constater que la loi des garanties est chez nous en pleine et franche voie d'exécution et qu'elle assure au Saint Siège les conditions les plus larges de liberté et d'indépendance. Le Pape jouit à son gré de toutes prérogatives et concessions garanties par cette loi. Il reçoit des missions étrangères et il en envoie à l'étranger. Il a à sa disposition spéciale et réservée un service postal et un service télégraphique. L'immunité du Vatican a été religieusement respectée, meme en cas d'asile accordé à des délinquants. Il y a eu depuis 1871 autant et peut etre plus de procès de presse pour insultes au Pontife que pour insultes au Roi, avec application de la peine identique. Le Pape nomme tous les éveques italiens ce qui'il ne pouvait faire et ne faisait auparavant. L'exequatur est accordé a tous les éveques qu'il a nommés. Il exerce en Sicile une jurisdiction ecclésiastique que le Saint Siège n'y avait jamais exercé depuis six siècles, car la loi des garanties y a aboli la Legazia Apostolica. En un mot tout ce que le Saint Siège fait dans la plénitude de ses pouvoirs, il le fait gràce à cette loi des garanties, dont aucune clause n'est en souffrance, sauf celle concernant l'allocation en faveur du Pape, qui peut cependant le jour où il s'y déciderait toucher à tout instant le 17 millìons, auxquels se montent d'après la loi les cinq dernières annuités non encore tombées en prescription.

Mais si la préoccupation, dont le sort du Saint Siège est l'objet, cachait une arrière pensée d'immixtion, que nous ne pouvons admettre, les dangers d'une pareille tentative seraient incalculables non pas seulement pour les rapports entre l'Allemagne et l'Italie, mais encore pour la situation de la Papauté elle meme, contre laquelle se reproduirait la haine que toute provocation d'intervention étrangère a constamment excitée en Italie. C'est là un sujet, où il n'y a pas chez nous de nuances d'opinions, et toute illusion qu'on se ferait à cet égard à Berlin, entrainerait des conséquences fatales pour l'avenir des deux pays.

(l) -Cfr. nn. 449 e 450. De Launay aveva richiesto l'invio del riassunto dei dispacci con (2) -Cfr. n. 407.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 13 gennaio 1882.

Sella ne vient pas; ses médecins le lui défendent. L'opposition est décon...: certée. Le Président du Conseil affirme que tout est au mieux dans nos relations extérieures et nie qu'aucun de nos ambassadeurs ait jamais conseillé d'armer. Ce n'est pas aux gardiens de la correspondance politique au Ministère des affaires étrangères de révéler les preuves qui abondent du contraire. Le ministère appuie deux républicains dans les élections de deux collèges vacants en ce moment: on combat Bucchia pour faire plaisir à Acton. Voilà à quelle hauteur de vues nous sommes comme administration intérieure. Le langage de D. est toujours: rapprochement avec l'Autriche, oui, avec l'Allemagne meme oui, mais engagement qui puissent impliquer un conflit quelconque avec la France, non. C'est. ainsi que nous dénonçons et répudions l'alliance austro-allemande camme le commencement d'une coalition contre la France. Camme c'est habile! Je suis désolé.

D'autre part, je crains que de Berlin on ne fournisse trop de prétextes à la gauche de se dégager en alléguant qu'elle ne veut pas subir une politique de réaction imposée par l'étranger. Je crains que les duretés du Prince de Bismarck ne finissent par produire ce résultat doublement déplorable, que la politique de l'alliance devienne presque impossible pour une gauche qu'on décourage trop, et plus difficile pour une droite qui se présenterait camme indirectement patronnée par des influences qui ont montré peu de ménagements pour l'amour propre national. Je sais, hélas! combien nous prétons le flanc; je sais aussi qu'on a en ce moment intéret à Berlin à garder le silence; mais on y veut peutétre un peu trop la mort du pecheur, ou plutòt on l'accable trop de condamnations sans appel propres à le décourager entièrement de bien faire. Et combien de mal il peut faire, en revanche! il eut mieux valu peut etre éviter le danger de rejeter dans les tendances françaises tout le parti qui était mur pour l'alliance et qu'il eut été, qu'il serait encor facile d'y engager définitivement, meme sans la conclure formellement avec lui, ce qui eut été autant de gagné pour la monarchie sur les éléments de désordre, réduits alors au pur républicanisme, bien peu puissant par lui-meme en Italie.

Quoi qu'il en soit, il semble que les circonstances devraient décider le ministère à suivre les · conseils souvent donnés dans les derniers temps par nos ambassadeurs d'armer. Il serait temps au lieu d'aUer mendier à droite et à gauche de la bénignité d'autrui des apparences de succès, il serait temps de nous renfermer dans le soin de notre sécurité et de nos intérets extérieurs réels, en nous montrant capables de les assurer selon nos forces. Ce serait plus respectable et nous attirerait plus de confiance de la part des alliés que nous souhaitons. Or les projets présentés aux Chambres par le ministre de la Guerre, projets à longue échéance, font-ils face aux nécessités peut-etre prochaines? Nous aurons dans trois ou quatre ans cent mille hommes de plus; mais les

300.000 hommes que nous pouvons mettre en un mais en première ligne sont ils organisés pour autre chose que la pure défense? Et s'il fallait absolument coopérer à une de ces opérations offensives qui sont parfois le seul moyen de défense, cela nous serait-il possible? Et si cela n'est pas actuellement possible, combien de temps et d'argent faut-il pour mettre sur le pied de complète préparation nos 300.000 hommes pour une guerre éventuelle meme au dehors? Voilà des questions graves sur lesquelles je ne vois pas que l'attention ici soit assez éveillée. Et encore, quelle influence peut avoir notre inertie en matière d'armement sur la froideur avec laquelle nos ouvertures sont accueillies à Vienne et à Berlin? V. E. est plus compétente que personne à traiter le còté politique et le còté militaire (l) d'une semblable question, et a toute l'autorité nécessaire

pour la poser avec efficacité au ministère après que notre note du 29 Décembre (l) aurait été dùment notifiée en substance au Gouvernement AustroHongrois; car auparavant cela pourrait faire renaitre ici des hésitations encore possibles, qui ne le seraient plus après.

Je me suis permis de télégraphier ce matin à V. E. {2), voici pourquoi. D'abord il y a des pourparlers inquiétants entre Rome et Paris en vue d'obtenir quelque brise de douceur à présenter aux Chambres le 18! Ensuite M. de Renat, servant sans le savoir le pian du Prince de Bismarck de compromettre et de duper Gambetta, cherche à dessiner une situation où l'Autriche pourrait paraitre dis:tJoser de nous pour une alliance avec la France; j'ai trouvé à cet égard, tellement dangereuse pour notre moral, la lettre personnelle de Marochetti (2) que je joins à celle-ci, que j'ai cru pouvoir nier en conscience de mon droit de la garder pour moi seui. Enfin j'ai peur que le moindre changement dans la situation puisse servir de prétexte pour abandonner le terrain où nous nous plaçons par la note du 29 Décembre, si la substance n'en est pas communiquée bientòt et rendue ainsi irrévocable.

En cela camme en tout le reste, V. E. excusera mon zèle s'il est excessif. Il n'y a pas grand mal puisque je ne fais pas un pas ni ne dis pas un mot sans etre sùr que vous avez implicitement ou explicitement approuvé l'idée dont je m'inspire.

La fin, tout au moins, de la note du 29 Décembre peut ètre l'objet d'une conversation où l'on peut mettre toute la dignité et la fierté convenables. La formule de la garantie réciproque des territoires, imaginée ici pour bien marquer avant le voyage de Vienne l'exclusion corriplète de tout irredentisme, n'est point une proposition à laquelle l'Italie tienne. C'est une des mille formes à adopter pour définir l'alliance, mais les inconvénients de paraitre garantir l'Alsace Lorraine ou Rome peuvent ètre une très bonne raison de préférer une autre forme d'accords et ne devraient pas ètre un empèchement à la recherche de cette forme. Ce qui i:nporte, c'est que l'accord s'établisse et se concrète. Un pas digne et sùr dans cette voie me parait ètre indiqué dans la dernière partie de la note du 29 Décembre. Que V. E. me soit indulgente si je me trompe.

(l) Annotazione a margine di Blanc: «On m'assure de très bonne source que le M. Moltke ocnsidère notre armée comme excellente, mais organisée seulement pour la défense territoriale, tandis que selon lui, l'Italie avec sa topographie, ses còtes sans défense, et sa faible marine, ne peut ètre défendue qu'en portant la guerre chez l'ennemi ».

465

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1581. Vienna, 13 gennaio 1882 (per. il 17 ).

Ringrazio l'E. V. pel modo chiaro e preciso col quale Ella volle, rivolgendomi l'importantissimo dispaccio del 29 dello scorso Dicembre n. 1233 della

presente serie (l), riassumermi in termini che escludono ugni dubbiezza tutto il pensiero suo circa i nostri rapporti con l'Austria-Ungheria.

Si fu precisamente la costatazione di quel modo di vedere dell'E. V. che mi fè persuaso tre mesi or sono della opportunità del viaggio di Sua Maestà a Vienna, non potendo dubitare che non si sarebbe mosso un così decisivo passo senza che il R. Governo non ne accettasse tutte le conseguenze.

Il giorno in cui Sua Maestà mi fece partire da Monza alla volta di Budapest segnò ai miei occhi il principio di una nuova era per l'Italia poichè da quel giorno inauguravasi da noi una nuova sana politica. A tale riguardo credo di essermi spiegato con sufficiente chiarezza non disgiunta da tutta la riverenza dovuta al nostro Augusto Sovrano e di avere anche appieno chiarito il mio pensiero con l'E. V. nonchè con S. E. il Presidente del Consiglio.

Quella politica porterà indubbiamente le sue conseguenze se sapremo mantenercisi scrupolosamente fedeli ed attenderne pazientemente i risultati. Durante il soggiorno delle Loro Maestà a Vienna raccogliemmo i fiori, ma dall'apparire di questi non può a meno di correre un tempo non breve prima che :roaturino i frutti, e ciò è cosa di cui purtroppo l'opinione pubblica in Italia mostra non sapersi persuadere.

Un'altra circostanza poi di cui da noi non si tiene conto si è: che il viaggio di Vienna fu combinato mentre il Barone Haymerle era Ministro degli Affari Est"eri, e la sorte volle che egli morisse alla vigilia del compimento di quel fatto, dimodochè durante il soggiorno dell'E. V. e di S. E. il Presidente del Consiglio in questa Capitale, nessun Ministro rappresentava il Gabinetto di Vienna, assolutamente impossibile quindi sarebbe stato anche solo gettare le basi di un accordo qualsiasi per l'avvenire.

Il farci ora innanzi colle proposte di un patto speciale sulla base della reciproca garanzia territoriale difensiva in caso di esterne aggressioni non potrebbe procurarci che un rifiuto in forma cortese ma esplicita. Infatti chi minaccia oggi l'Austria-Ungheria fortemente appoggiata dall'alleanza germanica? La Russia tutt'al più, ammesso che le sue circostanze interne ogni giorno più gravi non la rendano inoffensiva; ma precisamente contro questo solo suo eventuale avversario noi non intendiamo stringere alleanza. Cosa daremmo dunque all'Austria in compenso dell'immenso appoggio che ci verrebbe da Lei contro i nostri nemici, la Francia ed il Papato? Nulla, proprio nulla. E come possiamo credere che senza corrispettivo di sorta l'Austria-Ungheria, la sola Potenza veramente cattolica, voglia oggi a fronte della cattolicità che nuovamente ha preso in mano la questione del papato unire la sua alla nostra bandiera per guarentirci solennemente il possesso di quella Roma che sì fieramente il Cattolicesimo ci sta contrastando? Mi si dirà in verità che gli impegni fra gli Stati non si contraggono soltanto per il momento presente, ma bensì in vista degli eventi dell'avvenire, che nel caso nostro possono fornirci il mezzo di rendere a nostra volta importanti servigi all'Austria; ma chi può parlare con illimitata fiducia di quegli impegni dell'avvenire quando si ha a fronte un Governo prettamente parlamentare come il nostro, che non solo non presenta guarenzia di

sorta nella stabilità della sua politica estera, ma che i fatti dimostrano anzi mutare al riguardo di sentimenti anche all'infuori dell'alternarsi dei partiti? Tutta la fiducia dei Governi esteri deve dunque poggiare su di una persona, su di un nome: ma chi può guarentire la durata al potere di un ministro in Italia, mentre basta un incidente qualsiasi, una coalizione di gruppi per produrre una crisi, e far passare la direzione della politica estera dalle mani di chi l'indirizzava in un senso, entro quelle di chi, appoggiato sempre allo stesso partito, la spingerebbe in tutt'altra direzione?

Nessuno è più persuaso di me che i rimedi ad un tale stato di cose sarebbero peggiori del male, se la guarigione di un siffatto, mi si conceda dire, stato morboso non si produrrà naturalmente, ma non è men vero che nelle nostre attuali condizioni non troveremo un Governo stabile, quali sono quelli della Germania e dell'Austria-Ungheria, che sia disposto a stringere con noi patti concludenti per l'avvenire.

Ciò io sentiva pienamente allorché io mi mostravo ripugnante al viaggio di Vienna, che pur doveva essere l'affermazione di quella politica interna ed estera che, senza vacillare mai, ho sempre sostenuto essere l'uniea veramente salutare per l'Italia e la sua Monarchia, che in tutta la mia vita confusi mai sempre in un'unica devozione.

Nondimeno, non esitai ad arrendermi con convincimento al modo di vedere della E. V. allorquando acquistai la persuasione che per troppe ragioni più non potevasi differire ulteriormente l'importantissima risoluzione; ed invitatovi da V. E. unii i miei rispettosi consigli ai suoi onde togliere ogni esitazione dall'animo di Sua Maestà, nonchè dalla mente degli eccellentissimi di Lei colleghi (1). Oggi, a cosa fatta, e malgrado le apparentemente poco felicemente mutate condizioni in cui ci troviamo, non mi pento di quella mia risoluzione, poiché ad ogni modo già vedo spuntare quei desiderati frutti del grande fatto compiuto.

La strada presa non ci condusse ancora in verità a Berlino, come potevamo e dovevamo anzi sperare, ma a Vienna intanto ci siamo e ci resteremo se sapremo mantenervici; e ciò non è poca cosa colla bufera reazionaria che in oggi ci viene dai Governi del Nord.

Nessun impegno materiale fu preso a Vienna, ma da una parte, come dall'altra ne abbiamo assunto moralmente, di natura da arrecar fin d'ora non lieve vantaggio alle due parti. L'Austria dopo la visita del Re a Vienna si ritiene sicura di non incontrare per intanto la nostra azione ostile in Oriente; e sa di non correre pericolo alle spalle. L'Italia dal canto suo trova nell'attitudine simpaticamente silenziosa dell'Austria a fronte del risveglio della questione pontificale un appoggio, la di cui importanza non ha d'uopo di commenti.

Se non fossimo venuti a Vienna, la diffidenza dell'Austria, mantenuta viva dalla nostra politica in passato sempre incerta, e talvolta ostile, avrebbe indotto quella Potenza a non lasciarsi sfuggire l'occasione di toglierei ogni velleità, ed anzi meglio ogni possibilità di nuocerle dando a quel partito che in Europa propugna la rivendicazione di Roma, quella forza ch'essa sola potrebbe dargli, e che in suo difetto non potrà mai avere.

A me pare quindi che, a fronte di tali sì poco dubbi vantaggi ottenuti, non sia troppo chiedere alla pazienza degli italiani il fare assegnamento per il di più sulla azione del tempo per quanto questo possa essere un tardo alleato ed intanto siano gravi i pericoli che ci minacciano. Non compromettiamo dunque l'avvenire per soverchia precipitazione di garantirci contro di esso; manteniamoci incrollabili nell'intrapresa via; coi fatti infondiamo negli altri quella fiducia nella costanza dei nostri propositi, di cui solo colle parole non ci persuaderemmo neppur noi, mostriamo al mondo che siamo capaci di resistere tanto alle correnti rivoluzionarie come a quelle reazionarie, dando l'esempio della piena compatibilità della Monarchia coll'applicazione dei principi i più veramente liberali. Giungerà così il giorno non lontano in cui la nostra cooperazione sarà desiderata in forma positiva a Berlino ed a Vienna, e ci sarà chiesta in quel modo degno che solo può rendercela onorevole e proficua.

(l) -Cfr. n. 407. (2) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 407.

(l) Cfr. n. 260.

466

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 13 gennaio 1882

Je suis bien aise que nous ayons repris un échange d'idées interrompu durant ces derniers mois de congé. Je vous remercie beaucoup de votre lettre du 3 (1). Il importe plus que jamais que nous continuions à marcher en plein accord pour soutenir le Gouvernement dans la voie qu'il a entreprise. Nous ne sommes pas près d'atteindre le but, mais c'est déjà beaucoup de maintenir la Consulta dans cette direction, malgré les obstacles semés sur la route à cause de certains courants contraires soit à l'étranger, soit meme dans notre propre Ministère par quelques dissentements entre Mancini et Depretis.

Malgré le dire des journaux, je n'ai pas encore vu le Chancelier. Mais j'ai fait des reconnaissances et j'ai pu constater que si on voit de bon oeil la nouvelle direction imprimée à notre politique, on n'a pas encore la confiance que nous la suivrons sans broncher. L'instabilité de nos Ministres, et quasi Ministres, le jeu des partis chez nous qui nous fait tant de mal, les exagérations du parlementarisme, tout cela n'encourage certes pas à lier partie avec nous. Le Chancelier m'a fait dire le 10 de ce mois qu'il me recevrait très prochainement. J'espère qu'il se produira alors quelque éclaircie dans une situation passablement confuse. Sans m'engager à fond, je tàcherai de le faire parler. Je m'attends à de la réserve de sa part pour des motifs assez semblables (comme je le mande aujourd'hui à Rome) (2) à ceux que vous avez indiqué dans un télégramme (3) dont la dépeche du 29 Décembre (4) qui m'a été communiquée

donne la substance. Il sera en tout cas utile de le persuader davantage de notre ferme résolution de nous montrer conséquents dans la ligne de conduite politique que nous nous sommes tracée. Mais si le moment n'est pas venu de formuler des accords, nous devons rester dans la voie qui y conduira quand d'une part et d'autre on reconnaitra l'opportunité d'engagements précis. Je suis de votre avis qu'une certaine impulsion devrait venir d'ici à Vienne, mais il est évident aussi que le terrain devrait etre préalablement préparé et déblayé dans la mesure du possible. Le fait est qu'on me répète ici sur tous les tons: «Tout ce que vous faites pour l'Autriche, nous le réputons comme étant aussi adressé à l'Allemagne ». C'est peut etre pour nous dérouter, ou bien pour nous faire comprendre qu'il faut commencer à planter des jalons en Autriche qui fournit entre nous et l'Allemagne la continuité de territoire; ou plut6t veut-ont gagner du temps, et voir d'abord mieux si sur le terrain des faits nous nous montrerons toujours résolus à marquer le pas dans la direction de Vienne et de Berlin, sans osciller vers Paris, ou meme vers Pétersbourg. Je dis Pétersbourg, parceque comme vous, j'ai été frappè de l'idée dangereuse d'une clause éventuelle et restrictive en faveur de la Russie qui pourrait un jour se. coaliser avec la France contre l'Allemagne, ou se tourner contre l'Autriche. Mieux vaudrait, comme je récris à Rome, ne pas soulever cette question, en nous bornant, le cas échéant, que ch::tque Etat aurait libre accession à la ligue pacifique.

A propos d'audience chez le Prince de Bismarck, il m'est venu de la Consulta dans la nuit du 11 et 12, un télégramme (l) où il était dit que personne ne comprendrait que je ne parvinsse pas à voir le Ministre dirigeant la politique étrangère; que cela produirait le plus mauvaise impression. C'était en quelque sorte me rendre responsable de sa presque invisibilité mème pour les Ambassadeurs. Je ne pourrais l'admettre, et j'écris une dépèche (2} où je décline cette responsabilité surtout au moment où j'ai la perspective è,e le rencontrer bient6t. Mais comme je puis, ainsi que mes autres collègues, me retrouver dans l'embarras de pénétrer dans le palais enchanté, je prie le Gouvernement de choisir et de proposer au Roi pour ce poste un candidat muni d'un talisman qui lui ouvre mieux qu'à moi les portes. Comme nos Chambres se réuniront le 18, M. Mancini craignait probablement des interpellations et dans l'intéret du Mini.stère il voudrait arriver au Parlement avec un «canestrino» d'assurances bienveillantes du Prince de Bismarck. Quand les Ministres comme chez nous ne vivent que par la tolérance des partis, on est exposé à des télégrammes de la sorte. Voici en deux mais la seconde fois que j'offre de me démettre. La première fois, je crois vous l'avoir écrit, c'était à propos de certains discours critiques de l'Italie, faits par le Prince de Bismarck à la Chambre (3). Une partie de notre presse voulait m'en rendre responsable parceque je n'avais pas suffisemment renseigné ici sur les conditions de l'Italie. Cela m'a fait bouillir le sang, et j'ai déclaré que si dans l'intérèt du Roi et du pays il fallait une victfme expiatoire, j'étais prèt à subir toute résolution qu'on croirait devoir

prendre à mes égards pour sauvegarder les apparences des fautes que nous avions commises dans notre politique étrangère et intérieure, fautes qui certainement ne pouvaient nous captiver les sympathies de l'Allemagne, et contre lesquelles j'avais toujours combattu sans succès.

On s'use à ce métier, et cependant il est impossible quand on a sa propre conscience en paix, de ne pas se révolter parfois des extravagances de nos Ministres qui ne sont pas méme la menue monnaie des hommes d'Etat véritablement dignes de ce nom, et d'une presse aussi peu disciplinée que la notre.

Les renseignements qui vous [ont] été fournis sur l'incident du Prince Impérial à l'époque des funérailles du Roi Vietar Emmanuel, qui aurait été mal interprété à notre Cour et cause d'une froideur marquée du Roi et de la Reine et remarqué par Son Altesse Imperiale [sic]. J'ai eu ses impressions dès so n retour à Berlin, elles ne trahissaient rien de semblable; au contraire il ne tarissait pas dans ses éloges et dans sa satisfaction de l'ae:cueil le plus cordial. Le 2 Janvier le Prince et la Princesse héréditaire ayant appris que j'étais nouvellement à mon poste, ont voulu me recevoir dans l'intimité pour avoir maints détails sur le Roi, la Reine et l'Italie. Dans cette visite qui a duré plus d'une heure, la Princesse m'a dit: « Vous savez combien nous sommes attachés au Roi et à la Reine, et combien nous aimons l'Italie. Nous tenons à ce qu'ils en reçoivent un témoignage de plus aussi par votre entremise ». Le Prince Impérial a abondé dans ce sens, et m'a parlé avec une très vive affection et un grand respect du Roi. Cela prouverait au moins que s'il y a eu en 1878 queques impressions regrettables, elles sont du moins complètement effacées à la Cour du Prince Impérial.

(l) -Non rinvenuta. (2) -Cfr. n. 461. (3) -Cfr. n. 387. (4) -Cfr. n. 407, nota l, p. 416. (l) -Cfr. n. 454. (2) -T. 61 del 12 gennaio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 350.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 46/1226. Londra, 14 gennaio 1882 (per. il 18).

Mi pervenne questa mattina il pregiato dispaccio di V. E. del 10 corrente (Serie Politica n. 1310) (l) che mi accusa ricevuta del mio rapporto del 28 dicembre ultimo (serie politica n. 1211) (2) ed al quale è annessa una copia del dispaccio che la E. V. indirizzava in data del 10 corrente gennaio all'ambasciatore di S. M. in Berlino relativo alla posizione del Papa in Roma, ed alla Legge delle Guarentigie. Anzitutto io debbo rilevare una inesattezza occorsa nel sovracitato dispaccio di V. E. circa la interpretazione di un passo del mio rapporto dove io dico in sostanza essere opinione di non pochi in Inghilterra, che per togliere ogni motivo di lamenti al Sommo Pontefice, sarebbe opportuno di ampliare le dipendenze del Vaticano in modo da costituire un recinto impenetrabile ai profani, affinché il papa vi possa, con tutta libertà, compiere

1 riti della Chiesa. Il dispaccio di V. E. suppone che con tale proposta si intende di costituire in Roma stessa «un'Enclave non italiana, dove venga meno la Sovranità del Re e le sottentri una potestà intrinsecamente inetta all'esercizio di una giurisdizione regolare e civile ~; questa non fu e non poteva essere l'interpretazione della proposta anzi rammentata, interpretazione che si trova contraria a quanto era espresso nel complesso del Rapporto. Ma s'intendeva

dire che il Vaticano coi suoi annessi costituirebbe, come lo è attualmente il Vaticano solo, un appannaggio territoriale nel quale nessuno potrebbe penetrare sellza l'autorizzazione del Papa, nello stesso modo che in una casa privata, nel Home degli inglesi che è inviolabile, nessun privato, nessuna forza pubblica potrebbero penetrare senza un decreto del Magistrato. Ma con tutto ciò l'Home non è sottratto all'autorità sovrana della Regina; soltanto la legge ha voluto guarentire la libertà dei cittadini contro l'arbitrio di chichessia. Così non poteva venire in mente di creare una sovranità indipendente incastrata in mezzo alla capitale; abbiamo già abbastanza della enclave della repubblica di S. Marino senza crearne un'altra. Fatta questa rettificazione, debbo ringraziare l'E. V. della communicazione che Ella mi ha fatto del suo dispaccio all'ambasciatore del Re a Berlino. In esso sono chiaramente espressi i sentimenti che debbono animare ogni italiano che porti amore all'indipendenza e dignità del proprio paese e mi compiaccio tanto più nel dichiararlo che non altrimenti ho espresso la mia opinione ogni qual volta mi è occorso di parlare intorno a quell'argomento; ultimamente ancora io ebbi col Conte Granville una conversazione più accademica che non ufficiale sulla questione papale nuovamente sorta in tutta la stampa europea. Il nobile Lord mi diceva che in quanto a Roma egli stava sempre sotto l'impressione di quanto aveva scritto in proposito Massimo d'Azeglio che respingeva Roma come Capitale d'Italia ed accennava anzi Firenze come la città che più d'ogni altra fosse indicata a diventare la nostra capitale effettiva e permanente. Io risposi che ai tempi di Massimo d'Azeglio si poteva discutere la questione e trovare molte ragioni in favore della di lui opinione. Ma che oramai la questione era sciolta. Eravamo entrati a Roma, che, proclamata capitale del Regno, era diventata il nodo incontestato attorno al quale si aggruppano tutte le parti più diversificate dell'Italia; che il tentare di ridonare Roma al Pontefice sarebbe un volere distruggere l'unità nazionale, e promuovere una resistenza insuperabile per parte della quasi unanimità delle popolazioni; che per conseguenza era d'uopo smettere ogni pensiero di tal fatta, come non si poteva neppure ammettere l'intromissione di qualsiasi Potenza straniera in una questione che era di nostra assoluta ed indipendente spettanza. Il nobile Lord confessò che la questione era pregiudicata; egli tuttavia esprimeva il desiderio che fossero tolti i pretesti a delle agitazioni consimili a quella attuale, che egli però considerava come artificiale anziché appoggiata e mantenuta da motivi fondati (1).

(l) -Cfr. n. 456. (2) -Cfr. n. 403.

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Si potrebbe ancora chiedere al Generale Menabrea in qual modo i fautori di un ampllamento del Vaticano intenderebbero praticabile l'esercizio della sovranità italiana entro il recinto pontificio. Imperocché la condizione giuridica sui generis che la legge delle garantle ha creato per il palazzo Vaticano con le sue immediate dipendenze diventerebbe senz'a:ltro una anomalia flagrante, una mostruosità per poco vi si aggiungesse di territorio e di persone.Nondimeno reputerei in,tempestivo di continuare la polemica».

468

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1583. Vienna, 14 gennaio 1882 (per. il 17).

Quasi ogni giorno l'uno o l'altro dei giornali austriaci riporta notizie telegrafiche o di diversa forma, in cui si fa cenno della prossima controvisita delle Loro Maestà Imperiali ai Nostri Augusti Sovrani, indicando però sempre Torino siccome la città dove la Corte d'Italia riceverebbe gli Augusti Suoi Ospiti. In verità, non esito a credere che quell'insistente voce abbia la sua sorgente in Italia, e ciò mi rincresce tanto più, che in tal maniera si finirà per raffermare la credenza qui che effettivamente l'antica capitale del Regno Sardo sia la città fin d'ora anche da parte nostra prescelta per sì solenne circostanza. Il giorno quindi in cui, o direttamente da Sovrano a Sovrano, o per altro mezzo, verrà fatta la prima apertura intorno al viaggio in Italia delle Loro Maestà Imperiali, ci troveremo a fronte di una questione già pregiudicata, che ben prevedo non sarà più modificabile.

Non ho per conto mio mancato di richiamare l'attenzione dell'E. V. su tale deplorabile questione sin dal primo giorno in cui il telegrafo ebbe a fare cenno dell'intempestiva iniziativa assunta in proposito, con una mancanza di tatto veramente incredibile dal Sindaco di Torino, nella circostanza in cui Sua Maestà recavasi in quella città per inaugurarvi la fondazione del nuovo Ospedale Mauriziano. Trattasi di cosa così delicata sotto ogni aspetto, che veramente non saprei suggerire il da farsi oggi, onde riparare all'errore già commesso lasciando accreditare informazioni così poco conformi al nostro interesse: ad ogni modo però, sembrami si potrebbe cogliere la prima occasione in cui un giornale qualsiasi riparlasse di supposti preparativi in corso nella Reggia di Torino per fare dichiarare da uno dei giornali nostri più accreditati all'estero, quali sarebbero il Popolo Romano ed il Diritto che tutto ciò che si è detto al riguardo è di pura invenzione; un soggiorno per qualsiasi ragione della Loro Maestà in quest'anno nella capitale del Piemonte non essendo in vista.

L'E. V., meglio di me in grado di apprezzare se e quali inconvenienti presenterebbe l'effettuazione della controvisita Imperiale a Torino, giudicherà nell'alto suo senno se convenga o non eliminarne in tal maniera la possibilità.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 13-14 gennaio 1882.

Je vous remercie vivement pour votre lettre du 31 décembre dernier et pour celles du 2 et 8 janvier (1). Par rapport à l'alliance je crois avoir tout

35 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

dit par mes télégrammes ainsi que dans mon rapport n. 1581 (l) qui part avec cette lettre. On doit me trouver à la Consulta d'une franchise désespérante, mais je ne saurais jamais tromper mon Pays, il faut donc que le Gouvernement qu'il se donne, s'arrange à entendre ·toujours toute la vérité de ma bouche. Il n'y a point de doute que la politique que vous entendriez faire est sage, juste et la seule pratique; mais pour la faire efficacement il faudrait que le Ministère fut d'accord comme un seui homme, et que le Pays, ou pour le moins le parti qui l'appuye à la Chambre, fiìt à ses ordres comme un Régiment à ceux de son Colonel. Nous sommes loin de là hélas. Dans le Ministère il y en a pour tout le monde, et quant au soi disant parti, c'est une salade ou tous les légumes sont représentés. On sait tout cela à l'étranger et franchement il n'est point nécessaire d'etre très malins pour le comprendre. Comme veut-on donc qu'on se laisse entrainer à s'allier avec nous? Rétablissons d'abord notre réputation par trop avarieé, et puis on commencera à nous écouter, et on finira par nous croire, mais pour en arriver là, bon gré mal gré il y faut de la patience, en busquant les choses nous accréditerons toujours plus la croyance qu'il n'y a rien de changé chez nous.

Vous me dites que le dissentiment entre M. Depretis et Mancini s'accentue au point qu'il est difficile de prévoir qu'un conflit entr'eux puisse etre longtemps évité; ceci saute du reste aux yeux de tout le monde. Or comme croire qu'on ne répondrait pas à une ouverture de notre part en nous disant: «commencez par vous mettre d'accord en famille puis nous pourrons voir s'il y a lieu de causer avec vous ». Ajoutez à cela qu'avec le courant réactionnaire qui souffle à Berlin et à Vienne on n'est déjà pas trop porté dans les deux Capitales à marcher main en main avec un Pays qui va tuojours de l'avant à la conquete de toutes les libertés, meme de celles !es plus problématiques. N'oublions pas qu'avant tout l'alliance Austro-Allemande a surtout pour but la défense des principes monarchiques et conservateurs, nous avons donc à combattre là une vraie incompatibilité d'humeurs, suffisante à amener la séparation si l'union existait déjà.

Il y a puis du reste une chose que je ne comprends pas et que personne ne savait à l'étranger; c'est comme il puisse se trouver chez nous des hommes d'Etat dans la plénitude de leur bon sens, qui voudraient le rapprochement à cette France, dont personne ne sait ce qu'il en sera demain; nous voyons où en est déjà ce Gambetta.

Mais je n'ai pas besoin de vous dire tout cela, car vous le sentez autant et plus que moi peut-etre étant à portée de savoir tout ce que j'ignore moi.

Tachez qu'on ne ·courre pas la poste pour les affaires d'Egypte, ici et à Berlin il me semble que pour le moment on ne veut point se mettre une nouvelle affaire sur Ies bras, on trouvera un moyen de faire entendre à la France et à l'Angleterre que l'Egypte intéresse toutes les Puissances, et pas deux d'entre-elles seulement, et voilà tout; mais si nous faisions mine de vouloir prendre aussi nous une position à part dans la question, on ne nous épargnerait pas la leçon. Il aurait mieux valu pour tout le monde que la

France et l'Angleterre nous eussent admis dans leur société au Caire dès le commencement; ceci ne s'est pas fait alors, il est trop tard maintenant; nous n'avons plus à viser qu'à assurer l'action collective des Grandes Puissances, et à maintenir notre ròle parmi elles. Il vaut mieux que nous le comprenions vite de nous memes, avant qu'on nous le fasse entendre.

Merci pour votre réponse au sujet de Galvagna quoiqu'elle ne me contente qu'à moitié, car sa promotion peut encore tarder longtemps.

Pour le poste de Paris il n'y aurait qu'à y envoyer Corti, ce serait la seule chose sage et opportune: si on envoyait Farini c'est pour le coup que les suspicions iraient leur train à Berlin et ici; mais je ne veux pas me meler de cette affaire là qui ne me regarde pas du tout, je ne sors déjà que trop souvent des limites que je ne devrais jamais franchir surtout pour ne pas me faire du mauvais sang inutilement.

14 gennaio

Jli' suis sous le coup de votre télégramme personnel de hier soir (1). M. Mancini veut donc que je force la situation ici en mettant Kalnoky au mur de conclure avec nous l'alliance défensive basée sur la garantie des territoires. Lorsque je recevrai l'ordre explicite je représenterai encore une fois toutes les raisons qui me font avoir la certitude que cette démarche de notre part ne trouvera ici aucun accueil et qu'elle ne servira qu'à empirer notre position, car on ne tardera pas à connaitre le refus qui nous aura été fait. Si puis malgré cela on me dira de risquer tout, c'est à dire de compromettre l'avenir de notre Pays pour sauver un Ministère ou un Ministre, j'obérai de mon mieux, parceque c'est mon devoir d'obéir tant que je suis ici, mais quand j'aurai échoué je me retirerai positivement car j'aurai ainsi achevé de m'user complètement ici et je ne serai plus dans le cas d'y rendre aucun service au Pays. Mais comme peut o n espérer que l' Autriche qui est avant tout l'alliée de l'Allcmagne, s'alliera avec nous sans qu'à Berlin on soit d'accord à ce sujet, et comme croit-on qu'à Berlin on dira oui, tandis que le Chancelier continue à observer à notre égard une attitude presqu'hostile? C'est décidément de la haute fantaisie que nous voulons faire, eh bien je ne vous le cache pas ces exercices là ne sont faits, ni pour mon caractère ni pour mon tempérament. A t-on envisagé les conséquences d'un refus? Probablernent le Ministre se dira que si cela arrive il se retire, mais cela ne sortira pas le Pays de la boue dans la quelle on l'aura plongé. Décidément si on veut aller de l'avant malgré tout ce que je n'ai cessé de dire sous tous les tons sous toutes les formes dans ces derniers temps ça prouve qu'on n'a plus aucune confiance dans mon expérience, dans mon bon sens; mais alors pourquoi me chargerait-on moi d'une al'faire si délicate, il vaudrait bien mieux me rappeler avant et confier la délicate mission à un musicier de l'avenir auquel je serais le premier à souhaiter bien du plaisir dans le milieu où il timberait ici. En tout cas je vous remercie de m'avoir prévenu, il n'y aura ainsi plus rien qui pourra me surprendre.

(l) Non rinvenute.

(l) Cfr. n. 465.

(l) Non rinvenuto.

470

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, (l) AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Roma, 15 gennaio 1882.

Stimo mio debito di sottomettere a V. E. la qui acchiusa lettera stasera pervenutami da Blanc non senza aggiungere che non ho punto visto passare i telegrammi da Berlino cui vi si allude.

ALLEGATO

BLANC A MALVANO

L. P.

Mi si assicura che TOirraca ha ricevuto telegrammi da BerUno in cui gli si dice che fa una grande impressione il vedere che il governo lascia comprare da capitalisti francesi i pl'incipali giornali italiani e specialmente quelli che finora erano per l'alleanza. Potresti verificare se veramente il Torraca ha ricevuto simile notizia, e da che fonte?

Un diplomatico mi ha detto di sapere che una delle cagioni principali della freddezza di Vienna e di Berlino verso di noi è che non si vuole che abbiamo un esercito capace di prendere l'offensiva, locchè sarebbe considerato in Germania come il solo mezzo di difesa nelle attuali condizioni delle nostre coste. Ne parlerò al Ministro. Intanto lo dico a te.

471

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (l)

L. P. Roma, 15 gennaio 1882.

J'ai cru opportun, mon cher Comte, de vous télégraphier hier soir (2), une première fois pour vous informer de ce qui venait de se passer, une seconde fois (2) pour vous prévenir qu'on n'attache ici aucune importance spéciale aux choix de la formule de garantie des territoìres plutòt qu'au choix de toute autre, pourvu que le but d'assurer l'entente solide des deux Etats soit atteint. Vous vous rappelez sans doute que la garantie des territoires n'a été dans l'origine qu'un moyen de poser correctement et sans péril de conflits dans le Cabinet la question latente de la renonciation à l'Irredentismo.

Il y a à tenir compte d'une circonstance importante, c'est qu'on commence ici à ne plus croire à Gambetta, dont l'ascension ressemble décidément à celle d'une fusée mouillée, qui n'ira pas loin et ne jettera guère d'èclat. Il s'ensuit que le Président du Conseil lui-méme ne serait peut étre pas fàché de se rapprocher de la politique de la Consulta si on lui faisait moins mauvais visage à Berlin. On me dit très confidentiellement à ce sujet, et de haut lieu, qu'on

croit savoir qu'il y a quelque rancune personnelle du Prince de Bismarck con

tre Depretis, tenant à des incidents anciens. Je ne sais ce que cela peut etre.

Mon télégramme sur la conversation du ministre avec M. de Wimpffen

contient tout ce que M. Mancini m'en a dit immédiatement après. Il m'a ce

pendant encore ajouté qu'il avait prié M. de Wimpffen de venir à la Consulta

pour un entretien plus complet sur l'objet de la dépeche du 29 décembre (l).

De toute manière, j'espère que V. E. ne trouvera pas trop hasardé mon

télégramme concernant l'opportunité qu'il me semble y avoir à donner suite aux

déclarations contenues dans la fin de la dépeche du 29 décembre.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Non rinvenuto.
472

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI,

R. RR. 55/1228. Londra, 15 gennaio 1882 (per. il 19).

Credo opportuno di riferire riservatamente all'E. V. una conversazione che ieri ebbi con questo ambasciatore di Germania, il Conte Miinster, intorno alla recente nota collettiva della Francia e dell'Inghilterra indirizzata al Kedivé per promettergli l'appoggio di quelle due potenze in caso che la sua autorità fosse: minacciata.

Come ne informai l'E. V. col telegramma n. 887 del 4 corrente, (2) il primo ad accennare l'esistenza di quella nota fu il corrispondente del Times a Parigi che indicava anche i particolari d'una azione militare che sarebbe stata già concertata in caso di bisogno. Il Conte Miinster si recò tosto da Lord Granville per sapere a che cosa attenersi riguardo a quel documento che gli pareva tanto più strano essendogli noto che, poco tempo prima, il Conte Granville aveva per mezzo dell'Ambasciatore britannico a Berlino, fatto interpellare circa l'Egitto il Principe Bismarck, il quale, rispondendo, diede per consiglio all'Inghilterra di nulla fare che potesse irritare il Sultano. Il nobile Lord rispose all'ambasciatore germanico che la corrispondenza del Times era del tutto inesatta; ma confessò intanto che si stava preparando una nota collettiva per dare un appoggio morale al Viceré d'Egitto.

Quando fu pubblicato il testo di quella nota, il Conte Mi.inster fece osservare al Conte Granville che quel documento comportava implicitamente la promessa di un concorso eventuale armato delle due potenze in ajuto del Kedivé; ma il nobile Lord non volle ammettere tale conseguenza come inevitabile e fece anzi tutte le sue riserve in proposito. E difatti si vede che tanto i giornali ministeriali quanto i due Rappresentanti d'Inghilterra al Cairo ed a Costantinopoli cercano d'attenuare la portata di quel documento. Si assicura. mi disse poi il Conte Miinster, che il Conte Granville era contrario a tale nota collettiva; ma essa fu voluta dall'on. Gladstone che conserva tuttora l'asperità

dei suoi sentimenti contro il Governo turco e vide nell'azione simultanea della Francia e dell'Inghilterra in Egitto un mezzo di frenare le aspirazioni panislamitiche esternate dal Sultano nella sua qualità di Califfo dell'Islamismo. Ciò si sa a Costantinopoli e vi si attribuisce il difficile accesso che ha presso il Sultano Lord DuHerin, benché egli sia beneviso personalmente siccome ritenuto per uno fra i più intelligenti e più amabili ambasciatori.

Intanto la nota collettiva non è stata accolta con favore dal pubblico inglese, e sopra tutto si respinge assai energicamente l'idea d'essere trascinati a dover agire militarmente di concerto colla Francia. Fra le altre pubblicazioni relative alla questione egiziana merita d'essere notato un recente articolo de1l'Economist nel quale quell'importante periodico dichiara di scorgere nell'eventuale azione militare combinata delle due potenze una sorgente di pessime conseguenze a motivo del grave divario d'interessi esistente fra le due na~ioni. L'articolo inoltre considera la posizione creata all'Egitto dall'Inghilterra stessa associata alla Francia, come piena di pericoli e foriera di serii turbamenti.

(l) -Cfr. n. 407. (2) -T. 14/887, non pubblicato.
473

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 186. Parigi, 15 gennaio 1882 (per. il 20).

J'ai reçu la dépèche n. 1079 du 10 courant (1). J'en remercie d'autant plus vivement V. E. que ces deux documents me permettront de réfuter avec plus d'autorité les fausses appréciations de M. Spuller. Dans ces derniers temps le Sous Secrétaire d'Etat m'a entretenu de la soit disant question papale, chaque fois que j'ai eu occasion de le voir. Il m'a dit hier que bon gré mal gré il faut reconnaitre que la question a récemment parcouru une étappe dans une direction nouvelle, et que Bismarck d'accord sans doute avec la Curie Romaine en était arrivé à faire de la question une question européenne. J'ai deéclaré que d'abord aucun fait à ma connaissance ne justifie cette manière de voir, contre Iaquelle s'élève la voix de l'Italie toute entière sans distinction de parti; et j'ai ajouté que je m'explique d'autant moins cette appréciation, qu'il avait été premier à me dire que Bismarck avait voulu faire par l'organe de la presse une simple démonstration passagère dans un but de politique intérieure et pour son intérèt personnel. Mais M. Spuller sait parfaitement comment nous envisageons la situation du Pape et plus je l'écoute plus je suis disposé à penser que sa crainte est de voir l'Allemagne accaparer la question à son profit, et c'est peut-ètre bien plutòt lui qui voudrait la voir portée sur le terrain européen, ou bien l'utiliser dans l'intérèt français. Au reste le Ministère va vivre dans l'incertitude pour quelque temps encore jusqu'à ce que la Chambre des Députés ait adopté le scrutin de liste, dont Gambetta fera une question de cabinet. C'est maintenant à cause de cet état de crise, que M. de

Courcel retarde de jour en jour san départ pour Berlln. on croit qu'à force de savoir faire et de belles promesses Gambetta l'emportera, mais en attendant il n'a pas osé demander l'urgence de san projet de révision, parce que le vote aurait pu témoigner du peu d'empressement de la Chambre à voter san suicide ou sa soumission plus que passive pendant quatre ans.

(l) Cfr. n. 451.

474

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 76. Vienna, 16 gennaio 1882, ore 15,40 (per. ore 16,15).

Ne pouvant plus douter que V. E. trouve urgent que notre politique vis-à-vis du Cabinet de Vienne soit fixée dans le sens de sa dépéche du vingtneuf décembre (l) malgré toutes les considérations qui me faìsaient trouver convenable de différer et que j'ai encore développé dans mon rapport du 13 courant (2), je me suis décidé à me procurer une conversation à ce sujet avec Kalnoky. Je lui ai dane demandé une heure pour m'entretenir avec lui, et il me l'a fixé pour après demain mercredi tout san temps étant pris avant. Depuis hier du reste la situation se présente plus favorable à une entente plus étroite avec nous. L'insurrection du sud de la Dalmatie menace de s'étendre à l'Herzégovine, et l'Autriche-Hongrie peut avoir bientòt de graves embarras de ce còté, il y a dane maintenant aussi convenance pour elle à s'assurer notre amitié. J'engagerai la conversation de manière à préciser plus ou moins les vues de

V. E. selon accueil qui sera fait à nos ouvertures. Il est possible que je n'aille pas dans un premier entretien jusqu'à faire mention du pacte de garantie, mais si cela devait étre je prie instamment V. E. de me dégager de la réserve relative à la Russie, car il n'y a pas de doutc que cette réserve exciterait pour le moins des défiances très fortes et n'aurait d'autre part pas de raison d'étre, vu les circonstances intérieures de cet Empire et ses rapports actuels avec les deux autres; pour avoir au moins une chance d'atteindre le but que V. E. se propose c'est mon avis absolu qu'il faut abandonner la susdite réserve.

475

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (3)

D. 1325. Roma, 16 gennaio 1882.

L'ambasciatore di Turchia mi ha comunicato per incarico del suo Governo, un telegramma, col quale ci si porge notizia confidenziale di altro telegramma

che la Sublime Porta ha testè indirizzato agli ambasciatori ottomani a Parigi e a Londra circa le note identiche che, 1'8 di questo mese, furono consegnate al Kedivé dagli agenti di Francia e d'Inghilterra al Cairo.

Qui acchiudo, per semplice informazione di Lei, il testo, tolto dalla officiosa corrispondenza Havas di Parigi, delle due note identiche, non che copia del telegramma comunicatomi da S. E. Musurus bey (l):

«La Sublime Porta (così sostanzialmente è detto nel telegramma) ravvisa nell'atto delle due potenze l'indizio che queste non hanno apprezzato le sue reiterate assicurazioni circa i propositi suoi verso l'Egitto, e stima in conseguenza suo obbligo di sottoporre ad esse alcune sue osservazioni. Nulla di quanto accade, o si presume che possa accadere nel vicereame, giustifica il passo collettivo dei due gabinetti; mentre d'altronde l'Egitto fa parte integrale del dominio del Sultano, ed è competenza esclusiva della Sublime Porta tutto ciò che spetta ai poteri conferiti al Kedivé non che quanto giovi a consolidarne l'autorità. Ond'è che, quando pure quegli officii si fossero stimati necessarii, era almeno naturale di porgerne avviso anticipato alla potenza sovrana e di servirsi indi del suo tramite. La Sublime Porta crede quindi di aver ragione nel trovare non giusta la comunicazione direttamente fatta al Kedivé, e si vede costretta a chiedere spiegazione dell'essersi i due governi associati in un atto che essa considera come attentatorio ai suoi diritti di sovranità in Egitto».

Mussurus bey, inviato, con l'ultima parte del telegramma pervenutogli dalla Sublime Porta, a ricercare in questa circostanza assistenza ed agevolazioni dal

R. Governo, avrebbe desiderato che io gli manifestassi senz'altro il nostro pensiero a tale riguardo. Però non mi è sembrato possibile di porgergli immediata e definitiva risposta.

Noi non abbiamo mai dissimulato, anzi abbiamo ancora di recente avuto l'opportunità di manifestare, con grande schiettezza, l'animo nostro circa le cose egiziane. Noi pensiamo che il mantenimento dello statu quo nel vicereame, conciliando le importanti riforme in esso attuate e Io sviluppo pacifico della sua autonomia col mantenimento dei rapporti tra il vicereame stesso e la Sublime Porta, creati e consacrati dai firmani imperiali, costituisce la più preziosa e sicura guarentigia, sia per lo svolgimento della prosperità economica e per la quiete di quella contrada, ove sono così numerosi e rilevanti gli interessi italiani, sia per la esclusione di quei conflitti e di quelle complicazioni che sarebbero necessaria conseguenza di una alterazione della presente condizione politica a beneficio di questa o di quella potenza. E ci piace anche di ricordare come questi nostri concetti siano pur quelli che il Gabinetto britannico pubblicamente dichiarava nel dispaccio diretto, il 4 novembre, da Lord Granville al rappresentante della Regina in Cairo (2).

Senonché non sembra che, in occasione del presente incidente, possano sollevarsi questioni sostanziali e complesse che si connettono con la situazione politica del vicereame. La Sublime Porta desidera solo di essere rassicurata circa le illazioni che potrebbero trarsi dal fatto che due potenze non aventi

in Egitto, nell'ordine politico garentito dai trattati, una posizione speciale, hanno creduto di potersi rivolgere direttamente, e con offici concordati, al Kedivé, per dichiarazioni di cui ben non si scorge la opportunità e la ragione d'essere.

Certo sarà importante, anche per noi, di udire quali schiarimenti saranno forniti alla Sublime Porta dai due Gabinetti cui si rivolge principalmente la sua interpellanza. Intanto però è degno di nota che la Sublime Porta, dirigendosi in questa contingenza al R. Governo, come pure ai Governi di AustriaUngheria, di Germania e di Russia, riconosce, secondochè fu sempre ed è nostro convincimento, che le condizioni dell'Egitto implicano un interesse generale ed una situazione politica regolata da convenzioni che ebbero la firma e la malleveria dell'Europa, nè quindi potrebbe, anche col consenso, che indubitatamente sarebbe richiesto, del Sultano, intervenirvi mutamento alcuno senza la uguale partecipazione delle potenze formanti il concerto europeo, e tanto meno sarebbe ammissibile l'azione esclusiva di alcune potenze. Movendo da questo punto fondamentale, le quattro potenze, richieste dalla Sublime Porta di pronunciarsi circa l'atto collettivo della Francia e dell'Inghilterra, potrebbero averne occasione propizia per esprimere e scambiare idee atte a meglio definire il loro rispettivo atteggiamento. Ed è questa appunto la considerazione per cui, mentre desidero che fin da ora, e in ogni circostanza, V. E. dichiari francamente ai ministri del Sultano quali sono, in tesi generale, i nostri intendimenti rispetto alle cose egiziane, preferisco di differire la nostra replica formale alla comunicazione ottomana, fino a che mi siano note a tale riguardo le intenzioni degli altri tre gabinetti, coi quali mi affretto a mettermi in comunicazione (l).

(l) -Cfr. n. 407. (2) -Cfr. n. 465. (3) -Ed., con alcune varianti, in LV 35, pp. 57-59.

(l) Non pubbH.cato.

(2) Cfr. n. 330.

476

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI,

R. 2951. Berlino, 16 gennaio 1882 (per. il 20).

Depuis le départ du Courrier de Cabinet qui, le 13 courant, s'est acheminé vers l'Italie, via Vienne, j'ai reçu dans la soirée du mème jour les trois télégrammes de V. E. datés du 13 (2) et le lendemain les dépéches du 10 Janvier

n. 1240 et 1241 (3). Ses instructions régleront mon langage lors de mon entrevue avec le Chancelier. Elle est retardée en suite d'une indisposition, dont il souffre depuis quelques jours et qui l'a mème empéché de voir le Secrétaire d'Etat.

En attendant, j'ai fait visite avant hier au Sous-Secrétaire d'Etat pour lui parler de deux articles, qui avaient paru tout récemment dans la Politische

(-3) Cfr. nn. 449 e 450.

Correspondez de Vienne: l'un contenant des déclarations rassurantes que le Cabinet de Berlin aurait faites spontanément à notre Gouvernement à l'égard de la question pontificale, et l'autre référant le langage qui m'aurait été tenu, sur le méme sujet, par M. le Comte de Hatzfeldt. Je ne savais trop où ce journal puisait ses nouvelles. Je m'étais fait un devoir, en ce qui me concernait, de rendre compte à V. E. des impressions que j'avais recueillies ici au Département des Affaires Etrangères. Les explications attendues, quelques satisfaisantes qu'elles parussent, n'avaient pas un caractère aussi catégorique que celui dont le journal précité porte l'empreinte. Il est évident que, si au lieu d'exprimer une simple opinion on m'eùt fait de pareilles déclarations, je n'aurais pu désirer davantage, et je me demandais si je pouvais les considérer comme répondant à l'entière vérité.

M. le Dr. Busch semblait le croire, mais il s'expliquait que le Comte de Hatzfeldt ne se fùt pas prononcé d'une manière plus déterminée, car le Gouvernement Impérial évite en général de fournir démentis et explications sur des articles de journaux, auxquels il plait de soulever, de leur propre chef une polémique sur telle ou telle autre question.

Aujourd'hui je me suis rencontré avec le Comte de Hatzf.eldt et je lui ai parlé dans le mème sens. Il m'a dit que, s'il avait fait preuve d'une certaine réserve sur les notices et considérations qui se lisaient en ces derniers temps dans certains jounaux, c'était parceque je devais m'aboucher prochainement avec le Prince de Bismarck, et que dès lors c'était à San Altesse qu'était tout naturellement dévolu le soin de s'expliquer camme il l'entendrait.

Ce ne sera donc qu'en suite de ma conversation avec le Chancelier, que nous saurons mieux à quoi nous en tenir. En attendant, je persiste à affirmer que nous devons avoir confiance dans son amitié pour l'Italie et dans sa sagesse politique, ainsi qu'à croire que les négociations de la part du Cabinet de Berlin avee le Vatican ne concernent que des questions d'ordre ecclésiastique et administratif. C'est sur ce terrain qu'il conviendrait de se piacer en répondant en termes génériques, si des interpellations se produisaient à notre Chambre des Députés. Y aurait-il eu méme des pourparlers impliquant, de près ou de loin, des concessions à la Curie Romaine aux dépens de l'Italie, il serait plus habile et plus digne de feindre de les ignorer de parti pris, tout en laissant comprendre, camme je l'ai fait aujourd'hui encore dans ma visite au Comte d'Hatzfeldt, que nous ne saurions admettre en aucune manière une immixtion quelconque qui ne manquerait pas d'amener des complications et des dangers incalculables (l).

« Si risponda, facendogli sapere che gli articoli della Politische Correspondenz hanno anche a noi recato sorpresa, non avendo noi finora ricevuto da'l Governo Imperiale Germanico veruna comunicazione, oltre quelle date dal conte Hatzfeld al de Launay.

Scrivere anche a Vienna per cercare di scoprire la sorgente di quegli articoli. Mancini».

«Ho potuto sapere che l'autore della corrispondenza fu il Signor de Hirling, il quale fece la cosa a fin di bene, e traendone argomento da ciò che gli era stato detto alla Consulta circa le relazioni rassicuranti del Cont<> de Launay.

23 Gennaio 1882. Malvano >>.

(l) -Cfr. n. 400. (2) -Cfr. n. 463 e i t. 33 e 36 non pubblicati.

(l) Allegate al presente rapporto si trovano le seguenti annotazioni:

477

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 84/898. Londra, 17 gennaio 1882, ore 16,30 (per. ore 22,40).

Granville m'a promis de recommander vivement à Malet convention pour Assab. En attendant il suggère de substituer à la dernière formule de V. E. l'une des deux suivantes. La première a été concertée entre le Indian Office et le Foreign Office, et il est probable qu'elle serait préféré par le Gouvernement egyptien. La seconde paraìtrait également acceptable ici, mais Granville craint que le Gouvernement egyptien n'y fasse opposition. Première formule: «Le Gouvernement italien reconnaìt, en ce qui le concerne, la souveraineté de la

S. Porte, et de l'Egypte sur le reste de la còte occidentale de la Mer Rouge, au sud aussi bien qu'au nord d'Assab, et s'engage à ne pas étendre les présentes limites du territoire d'Assab indiquées ci-dessus à l'art. Ier. Le Gouvernement Egyptien de son còté, s'engage à ce que le Sultan Berehan de Raheita ne soit en aucune façon molesté à cause de ses transactions antèrieures avec la Compagnie Rubattino et le Gouvernement italien au sujet d'Assab ». Seconde formule: «Le Gouvernement italien reconnait, en ce qui le concerne, la souveraineté de la S. Porte et de l'Egypte sur le reste de la còte occidentale de la Mer Rouge au sud et au nord d'Assab, mais, par suite de transactions précédentes, le Gouvernement italien se considère comme obligé de garantir le Sultan de Raheita contre toute difficulté qui pourrait lui venir du dehors à cause de ses engagements envers l'Italie relativement à Assab. Le Gouvernement italien s'engage, en outre, à ne pas étendre les présentes limites d'Assab indiquées ci~ dessus à l'art. Ier ».

478

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. [Roma, 17 gennaio 1882] (2).

Malvano mi fa vedere il telegramma da mandare al Conte Robilant, re~ datto prima che V. E. avesse cognizione, per il mio biglietto di stamane, della conversazione di Uxhull. Mi permetto di suggerire che non si aggiunga nulla alle istruzioni del 29 dicembre (3), che sono caute e prudenti, e che la sola cosa da telegrafare a Robilant sia di liberarlo dall'obbligo di dover mettere eventualmente innanzi fin da ora alcuna riserva (che non essendo utile potrebbe nuocere) relativa alla Russia (4).

ALLEGATO

PROGETTO DI TELEGRAMMA PER ROBILANT

En vous exprimant avec le comte Kalnoky conformément à ma dépeche du 29 décembre vous pouvez omettre toute réserve relative à la Russie puisque les rapports de cette puissance avec les deux empires et le langage de l'ambassadeur de Russie ici rendent une telle réserve superflue et intempestive.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -L'originale è privo di data; si inserisce sotto il 17 gennaio tenendo conto del riferimento al n. 479. (3) -Cfr. n. 407. (4) -Il telegramma che fu inviato realmente al Di Rob!lant è il n. 479.
479

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 41. Roma, 17 gennaio 1882, ore 23,55.

Je dois en réponse à votre télégramme (l) approuver tout d'abord que vous ayez pris la décision d'avoir avec le comte Kalnoky un entretin sérieux sur la base de ma dépeche du 29 décembre (2). Il n'y a de ma part ni impatience ni l'intention de sortir brusquement de notre réserve. Mais le comte Wimpffen se plaignait déjà de notre silence qu'il dit excessif envers le comte Kalnoky auprès duquel aucune ouverture significative n'a jamais été faite à Vienne. L'opinion commence d'ailleurs à s'accréditer ici dans les cercles officiels que le voyage de Vienne est destiné à rester sans conséquences pratiques. Ma dépeche du 29 décembre exprime nettement ma pensée, nous ne voulons certes pas nous exposer par des avances intempestives à des réponses evasives ou inconcluantes ni poser dès ce moment les conditions spéciales d'accords éventuels sans avoir acquis au préalable la certitude que le Cabinet de Vienne est disposé ave,c le concours de l'Allemagne à s'entendre avec nous pour de pareils accords et à en débattre le but aussi bien que les limites. Mais ce qui est essentiel dès aujourd'hui c'est que nous affirmions nettement notre attitude telle qu'elle est indiquée dans ma dépeche du 29 décembre et que nous écartions ainsi, une fois pour toute les défiances plus ou moins justifiées qui gènent et dénaturent notre politique. Je laisse dane à votre prudence avec une confiance entière le soin de entamer et de diriger la conversation de la façon quì vous paraitrait la plus opportune d'apprécier l'accueil qu'on fera à vas premières ouvertures de vous régler selon l'expansion ou la réserve des déclarations de Kalnoky, ainsi que de vous arréter ou passer outre avec le tact et l'expérience que vous possédez. Quand bien meme on devrait remettre à plus tard l'examen des conditions et la conclusion de l'entente, ce sera autant de gagné que d'avoir éliminé tout prétexte de soupçon à notre égard et d'ètre sorti d'une ignorance absolue sur les intentions du Cabinet de Vienne. Il importe bien entendu de faire comprendre d'ailleurs que nous ne sommes pressés par aucun but spécial diplomatique ou parlementaire. Quant à la réserve concernant la Rm:sie je pense qu'il serait prématuré d'en faire dès maintenant l'objet d'une discussion et je préférerais pouvoir me prononcer sur ce point après votre entretien dont j'attendrai demain le résumé télégraphique (3).

(l) -Cfr. n. 474. (2) -Cfr. n. 407. (3) -T. 87 del 18 gennaio, non pubblicato, ma cfr, n. 487,
480

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY E A VIENNA, DI ROBILANT (l)

D. Roma, 17 gennaio 1882.

Mi pregio di qui acchiudere, per informazione di Lei, copia di un dispaccio diretto al R. Ambasciatore in Costantinopoli (2) circa la comunicazione con cui Musurus Bey mi ha fatto conoscere, d'ordine del suo Governo le osservazioni della Sublime Porta di fronte alla Nota identica rimessa al Khédive 1'8 di questo mese, dagli Agenti di Francia e d'Inghilterra al Cairo. Acchiudo ad ogni buoli fine pure copia del telegramma pervenuto a Musurus Bey e della Nota frar.co-britannica (3) secondochè ne fu pubblicato il testo dalla Agenzia Havas di Parigi.

Il carteggio di V. E. mi lascia presumere che non differisca sostanzialmente dal nostro il pensiero di codesto Gabinetto a cui la stessa comunicazione sarà certo stata rivolta dalla Sublime Porta. Nondimeno ho preferito di differire una risposta formale in fino a che non sia esaurito lo scambio di idee che mi pare acconcio di tosto iniziare coi tre Gabinetti a cui la Sublime Porta si è indirizzata nella presente circostanza. Confermo a tale riguardo il telegramma che ho spedito a V. E. (4) riassumendo i concetti espressi nel mio dispaccio al Conte Corti, e sto ora in aspettazione di conoscere le dichiarazioni più precise e concrete che Ella avrà potuto, in proposito, raccogliere da codesto Signor Ministro, degli Affari Esteri (5).

481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. 1240. Roma, 17 gennaio 1882.

L'Ambasciatore d'Austria-Ungheria, riferendosi alle frequenti comunicazioni con cui il Governo Ellenico ha, in questi ultimi tempi, fatto appello all'intromissione delle Potenze nelle controversie sue con la Sublime Porta, ha, incidentalmente, espresso, in nome del suo Governo, il pensiero che siffatto metodo di trattazione non sia, né il più opportuno, né il meglio atto ad agevolare la soluzione delle controversie stesse. Indipendentemente dal dubbio se in ogni singolo argomento spetti, o non, alle Potenze un titolo indiscutibile di intervento, il Gabinetto di Vienna opina che l'appello alle Potenze non è,

già per se stesso, scevro di inconvenienti, sia perché esso ha per effetto di attribuire l'apparenza di una speciale gravità ed importanza a questioni che, in realtà, non sono particolarmente gravi od importanti, sia perché potendo esso condurre i vari Gabinetti alla manifestazione di pareri non sempre rigorosamente conformi, se ne può accreditare la fallace e pericolosa opinione che sia scossa ed attenuata quella concordia di propositi che fu così efficace elemento di successo di fronte alle non lievi difficoltà dei problemi orientali.

Stimo utile di qui pigliare nota delle considerazioni svolte, a questo proposito, dall'Ambasciatore Austro-Ungarico, le quali ci sembrano assai assennate e concordano, del resto, interamente col nostro pensiero, secondo che apparisce dal mio dispaccio del 3 gennaio corrente (l), diretto al R. Ministro in Atene e comunicato a V. E. con la Serie consueta dei documenti diplomatici.

(l) -Ed. in LV 35, p. 59. Analogo dispaccio venne inviato in pari data a Pietroburgo col n. 760. (2) -Cfr. n. 475. (3) -Non pubblicati. (4) -T. 45, partito in realtà il 18, non pubblicato. (5) -Per le risposte cfr. nn. 484 e 490.
482

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2263. Costantinopoli, 17 gennaio 1882.

Il 13 del presente venne a mie mani il telegramma (2) pel quale l'E. V. mi faceva l'onore di significarmi Lord Granville dimostrare le migliori disposizioni per l'affare di Assab, raddoppierebbe d'insistenza al Cairo, dove un avviso favorevole della Sublime Porta produrrebbe il suo effetto.

Dal mio canto m'era riferito da persona che sembra trarre le sue informazioni dalle corrispondenze esistenti alla Sublime Porta, alla domanda da questa fatta se il Governo egiziano sarebbe in grado di comprare i terreni acquistati dall'Italia, il Khedive aveva risposto: «l'intenzione del Governo italiano essere di stabilire la sua influenza nel mare dell'Arabia; la proposta d'acquistare quei terreni sarebbe naturalmente respinta; procedendo d'accordo coll'Inghilterra in questo affare si fornirebbe la ragione d'intervento estero nel Mar Rosso; il Governo egiziano, senza portare pregiudizio ai diritti dell'Impero, cercherebbe di combinare una specie di società colla compagnia Rubattino ». Delle quali cose credetti mio dovere di dare immediatamente avviso telegrafico all'E. V. (3).

E dalla medesima fonte trassi che la Sublime Porta ha mandato al Ministero della Marina l'ordine d'allestire una nave da mandarsi nel Mar Rosso e la quale avrebbe, fra gli altri, l'incarico di sorvegliare i procedimenti del Commissario Italiano sopratutto lungo le coste dello Yemen e dell'Hedjaz.

Il signor Ambasciatore d'Inghilterra non vide il Primo Ministro ne' passati giorni, ed i negoziati pendenti fra di esso e la Sublime Porta non fecero alcun progresso. Lord Dufferin, da me interpellato in proposito, dicevami jersera sembrargli che le trattative seguissero in questo momento fra Roma e Londra.

(l) -D. 135, non pubbl!cato. (2) -T. 35, non pubblicato. (3) -T. 68 del 14 gennaio, non pubblicato.
483

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 43. Roma, 18 gennaio 1882, ore 15,45.

Les formules que lord Granville suggère (l), ont selon nous toutes les deux ceci de défectueux, qu'elles paraissent n'accorder à Berehan, dont nous ne saurions maintenant méconnaitre la situation que nous lui avons jusqu'ici reconnue, qu'une simple amnistie d'avoir cédé une partie de territoire formant aujourd'hui la possession d'Assab. Veuillez demander à lord Granville si la formule suivante ne lui semblerait pas de nature à concilier toutes les exigences: <.:Le Gouvernement italien reconnait, en ce qui le concerne, la souveraineté de la Sublime Porte et de l'Egypte sur le reste de la còte occidentale de la Mer Rouge, au sud aussi bien qu'au nord d'Assab. Cependant le Gouvernement italien se considérant, par suite de transactions précédentes, obligé de garantir le Sultan de Raheita contre toute difficulté qui pourrait lui venir du dehors à cause de ses engagements envers l'Italie relativement à Assab, ces transactions sont maintenues avec le statu qua de fait pour le dit Sultan Berehan. Le Gouvernement italien s'engage en outre à ne pas étendre les présentes limites du territoire d'Assab, indiquées ci-dessus à l'art. I•r. ».

La Chambre s'ouvre aujourd'hui et il devient d'une urgence extreme d'en finir avec cette négociation qui traine en delà de toute prévision. Le comte Corti me télégraphe qu'aucune proposition concernant la convention n'a été jusqu'ici soumise au Sultan, et que probablement de Constantinople on encourage la résistance du gouvernement égyptien aux propositions anglaises. Il serait urgent que lord Granville télégraphiat en conséquence à lord Dufferin et à Malte, et qu'on demandat une réponse définitive.

484

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 86. Vienna, 18 gennaio 1882, ore 19,30 (per. ore 20,40).

J'ai parlé avec Kalnoky affaire Egypte. Il m'a dit qu'il approuve idée exprimée par Cabinet de Pétersbourg de se rattacher à la note communiquée par la Porte pour adresser à Constantinople une note qui affirmant l'intention du maintien statu qua déclare aussi que les affaires d'Egypte sur la susdite base intéressent toutes les puissances, et ne pourront jamais etre l'affaire de quelques unes d'entre elles; seulement il m'a dit d'attendre à ce sujet avis Berlin

pour se décider. Mais camme j'ai déjà eu l'honneur de la faire remarquer à

V. E. (l) le principe absolu qui domine ici au sujet Egypte c'est le concert des grandes puissances. Nous n'avons donc qu'à nous y associer définitivement explicitement car pour sauvegarder nos intérets je ne vois pas qu'il nous reste d'autres choix à faire.

(l) Cfr. n. 477.

485

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 89. Parigi, 19 gennaio 1882, ore 1 (per. ore 3,15).

Gambetta m'autorise à déclarer que j'ai parfaitement interpreté sa pensée en. affirmant qu'il ne veut pas rompre les négociations pour l'affaire de Sfax et. serait disposé à procéder avec nous camme il l'a fait avec l'Espagne pour les faits de Saida. Espagne selon lui a d'abord posé camme nous la question sur le terrain du droit, puis elle a renoncé à demander des indemnités pour en venir ensuite à un arrangement en vue de recevoir des dédommagements. Gambetta désire une solution pratique, il est pret à réunir tous les éléments que lui fournira l'enquete internationale et l'administration française, et à examiner ensuite les choses contradictoirement avec nous dans son Cabinet pour arriver à établir une mesure équitable. Il dit que «le sentiment naturel porte une puissance camme la France à reconnaìtre et à réparer les pertes subies par des victimes qui ont souffert ». Placé sur ce terrain humanitaire il semble ne pas meme vouloir aborder le còté pratique en c.dmettant la réserve meme tacite de nos droits, parcequ'il prévoit que dans le cours des négociations ultérieures nous pourrions la faire valoir. Il dit qu'au bout du compte ce n'est qu'une affaire de rédaction et une phrase à trouver.

486

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 46. Roma, 19 gennaio 1882, ore 1,30.

V. E. a sans doute remarqué que, par mon télégramme précédent (2), je n'ai au fond qu'accepté la formule n. 2 de lord Granville, en y ajoutant seulement les mots « ces transactions sont maintenues avec le statu quo actuel pour le dit Sultan ». Si cependant une confirmation expresse de nos accords

avec Berehan pouvait soulever la moindre difficulté, ou pourrait supprimer les mots «ces transactions sont maintenues ~. et se borner à dire «le statu quo actuel est maintenu pour le dit Sultan ~-

Nous n'avons, vous le savez, aucune arrière-pensée, et nous tenons seulement à ce qu'on laisse à Raheita les choses telles qu'elles le sont aujourd'hui. Corti télégraphie (l) que Dufferin attend toujours du Foreign Office l'autorisation de se laisser aider par lui dans sa démarche auprès des ministres du Sultan. Il nous paraitrait utile que cette autorisation fut donnée sans retard, conformément à l'avis exprimé d'ailleurs par Dufferin lui mème.

(l) -T. 54 del 10 gennaio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 483.
487

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1586. Vienna, 19 gennaio 1882 (per. il 24).

Con varii miei telegrammi ed essenzialmente col mio rapporto del 13 gennaio n. 1581 (2) parmi io avessi manifestato all'E. V. senza reticenze di sorta non ravvisar io, per un assieme di circostanze di cui è inutile tornare a far cenno oggi, ancora giunto il momento di tentare con buona speranza di riuscìta un avvicinamento all'Austria-Ungheria che a v esse il carattere di reciproci precisi impegni. Ciò nondimeno l'E. V. avendo creduto dover tener parola al Conte Wimpffen del dispaccio a me diretto in data 29 dicembre (3), se ancora mi sarebbe stato possibile differire per alcuni giorni di dar seguito alle istruzioni in esso impartitemi, era evidente che quel maggiore ritardo da me ravvisato conveniente piu non era ammissibile. Mi decisi dunque ad impegnare la conversazione in proposito col Conte Kalnoky, tenendomi entro quei piu riservati limiti consentitimi dalle relazioni su sì grave argomento, già pervenute a Vienna pel tramite dell'Ambasciata Imperiale a Roma.

Ieri quindi mi recai dal Ministro degli Affari Esteri, a cui io aveva chiesta una speciale udienza, non permettendo il troppo ristretto tempo del settimanale solito suo ricevimento, d'impegnare seco lui una conversazione di quella natura.

Alle prime mie parole s. E. dissemi già aver avuto dal Conte Wimpffen preliminare conoscenza delle cose di cui stavo per intrattenerlo, essere però lieto di averne da me maggior conferma e più precise spiegazioni. Ma giovami qui riferire all'E. V. colla maggior esattezza il linguaggio da me tenuto al Conte Kalnoky, essendo d'altronde troppo necessario ne resti precisa traccia per ogni avvenire eventualità. Ecco dunque come io ebbi ad esprimermi.

La visita dell'Augusto mio Sovrano a Vienna, oltre a soddisfare un personale sentimento di cordiale amicizia del Re verso l'Imperatore, aveva per iseo

36 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

po di dare un carattere pubblico e solenne al nostro avvicinamento all'AustriaUngheria locchè era un vivo desiderio tanto di Sua Maestà e del suo Governo che dell'Italia tutta.

Sta di fatto che in tale circostanza non furono chiesti nè presi da noi impegni di sorta, ma non è men vero che quel fausto avvenimento, ed il modo col quale ebbe a svolgersi, già faceva presumere un accordo intorno alle principali questioni che interessano i due paesi, o per lo meno la certezza di giungervi fra breve.

Convien notare che in quel momento non vi era a Vienna un Ministro degli Affari Esteri; chi ne reggeva le funzioni non si sarebbe trovato in posizione di risponderei, ove da parte nostra gli si fossero fatte precise aperture nel suespresso senso. Conseguentemente si dovette rimettere a miglior momento ogni discorso in proposito, e questo per varie circostanze non si presentò prima d'ora. Di tutto quanto precede il Conte Kalnoky convenne meco pienamente.

Ciò premesso feci rilevare che nel frattempo le insinuazioni della stampa e dei partiti tanto in Italia quanto in Austria ed in Francia, avevano potuto lasciar supporre che le intenzioni del Governo italiano si fossero andate in seguito modificando, ed essere precisamente onde togliere ogni dubbio al riguardo che io era incaricato di dichiarargli: che non solo il R. Governo non aveva menomamente deviato dalla linea di condotta indicata dal viaggio reale a Vienna, ma che anzi onde meglio dimostrare la costanza dei nostri intendimenti, saremmo anche pronti a raffermare il legame morale che già esiste dandovi espressione con degli impegni di una natura più precisa. Sufficientemente abbiamo chiarito, diss'io, durante la visita reale e dopo, che a malgrado avessimo gli interessi nostri gravemente impegnati nel Mediterraneo, non intendevamo ciò connettere in maniera alcuna collo scopo che ci aveva condotti a Vienna, ed inoltre doversi ancora aggiungere che neppur oggi col passo che stiamo facendo non abbiamo in mira alcun obbiettivo di tal natura, come neppure di raggiungere fini che si riferiscono a scopi parlamentari.

Tutto ciò premesso, e ben posto in sodo dichiarai ancora, essere io incaricato di ripetere che lo scopo a cui miriamo volendoci legare coll'AustriaUngheria e la Germania con degli impegni precisi, si è unicamente di affermare la solidarietà dei nostri interessi coi loro, in maniera da non lasciar d'ora in avanti dubbio alcuno su quel nostro proposito che resterebbe anzi cosi base invariabile della nostra politica.

Conchiusi poi il mio discorso col dire: «Volete voi entrare con nm m questo ordine d'idee? Io sono pronto a svilupparvi maggiormente il nostro pensiero, ed a seconda di quanto mi potrete dire, mi farò dovere di procurarmi quelle maggiori istruzioni che mi accorreranno: non ho poi d'uopo d'aggiungere che l'aver aspettato fino ad ora vi deve essere prova che non abbiamo fretta di sorta, l'avervi tenuto di ciò parola oggi non avendo avuto altra ragione, se non quella di tagliar corto alle meno esatte impressioni che il nostro silenzio maggiormente prolungato, avrebbe potuto far sorgere nell'animo vostro:..

Il conte Kalnoky che mi aveva ascoltato con silenziosa attenzione, dissemi poter io assicurare il mio Governo dell'accoglienza molto simpatica che il Governo Imperiale faceva alle nostre entrature, nulla stando più a cuore, si' a S. M. l'Imperatore che al suo Governo, che di stringere e sempre meglio assicurare le relazioni fra i nostri due paesi; non dovermi però egli tacere che, visti i legami che esistono fra l'Austria-Ungheria e la Germania, impossibile riuscivagli il rispondermi senza sapere se eguali passi il mio Governo avesse del pari mossi a Berlino e quale accoglienza vi avessero incontrata, poiché dovevamo riconoscere siccome cosa evidente, che ciò che da noi si desidera non potrebbe realizzarsi senza il contemporaneo assenso del Principe di Bismarck. Al tempo stesso poi S. E. voleva mostrarmi credere che il Cancelliere Germanico non sarebbe troppo alieno dallo associarsi ai nostri intendimenti, poiché essi esprimevano la formale adesione dell'Italia a quei principi conservatori che costituiscono la base dell'alleanza dei due Imperi, e quindi non poter a meno di tornargli gradita. S. E. facevami poscia un quadro delle relazioni dell'Austria-Ungheria coi suoi vicini, ch'egli dimostravami quanto mai ottime: la monarchia nulla aveva da temere da nessuno; e lasciavami egli così intendere non aver essa d'uopo di nuovi alleati. Ciò però non essere del tutto il caso della Germania che necessariamente deve guardarsi dalla Francia pure nostra vicina. «Dovete dunque, dicevami egli, essere preparati a ciò che in quella direzione vi si chiederà a Berlino! ». A questa osservazione mi limitai a rispondere che gli stessi intendimenti animavano il Governo del Re tanto a riguardo della Germania che dell'Austria, e che se ci eravamo diretti a Vienna prima che a Berlino si era perché il nostro Sovrano era venuto in questa capitale prima di andare in quella tedesca.

Fattami in tali termini la risposta che dirò ufficiale alle mie dichiarazioni, il Conte Kalnoky continuò meco famigliarmente la conversazione sul grave argomento da nie trattato, dicendomi che in verità gli impegni in iscritto a cui gli era sembrato volessi accennare, non sono più guarì negli usi diplomatici, non avere poi egli personalmente grande simpatia pei trattati segreti. A ciò io risposi che io mi era limitato ad accennargli in tesi generale gli intendimenti del mio Governo, che in quanto poi avrebbe tratto alla loro applicazione tanto nella sostanza come nella forma, vi sarebbe tempo a discorrere non essendovi, come già io gli avevo detto, premura di sorta nelle odierne circostanze. Non ho però dissimulato al mio egregio interlocutore, che a parer mio vi ha sempre convenienza a mettere entro certi limiti i patti per iscritto, quando si voglia assicurarne la durata a malgrado l'avvicendarsi dei Ministri e dei partiti negli Stati parlamentari. Questa mia osservazione sembrami producesse una certa impressione sullo spirito del Conte Kalnoky. Egli però vi ttovò occasione per interloquire sulle cose nostre interne, non nascondendomi i suoi dubbi intorno al perfetto accordo che tanto nel Governo quanto nelle Camere vi possa essere sulla convenienza per l'Italia di allearsi all'Austria ed alla Germania. A questo proposito non ho d'uopo di assicurare l'E. V. che gli argomenti non mi fecero difetto per ribattere quelle insinuazioni, ma francamente temo di non essere riuscito a persuadere a questo proposito il Conte Kalnoky quanto l'avrei desiderato: a fronte però del mio linguaggio energicamente accentuato, egli non credette più dover insistere maggiormente al riguardo, e la conversazione finì, S. E. avendomi ripetuto doversi la nostra conversazione riprendere dopo che avremmo parlato a Berlino.

Da quanto precede l'E. V. non potrà a meno di constatare, che le mie p"l.·evisioni si avvicinavano assai al vero, poiché ciò che emerge di più chiaro dal linguaggio tenutomi dal conte Kalnoky, si è, duolmi il doverlo dire, una mediocre fiducia in noi, e l'affermazione della solidarietà nei principi conservativi che esiste fra Vienna e Berlino. A nulla servì mai il chiudere gli occhi alla evidenza; il linguaggio dei Signori Kallay ed Andrassy in seno alle delegazioni e più tardi quello del Principe Bismarck nel Parlamento germanico, malgrado che siano stati posteriormente emendati nella forma, pur nella sostanza, tanto prima come dopo le correzioni subite, indicano un concetto unico a riguardo dell'Italia, che non dimostra tendenza di sorta da parte di quei due Governi a stringersi a noi con precisa alleanza nelle presenti circostanze nostre.

Convien in verità, prima di pronunciarci, aspettare la risposta che ci verrà fatta da Berlino, ma non saprei dissimulare all'E. V. che sospetto fortemente che il Conte Kalnoky già conoscesse quale ne sarebbe il tenore, e quindi il suo invito a farci sentire dal magno oracolo della Sprea altro non fosse se non una cortese maniera di farci intendere che pel momento i nostri desideri non potrebbero trovar ascolto.

Se l'E. V. non ebbe per avventura a precisare maggiormente col Conte Wimpffen i suoi intendimenti di quanto ebbi a farlo io col Conte Kalnoky, a me pare che fino ad ora la nostra situazione in faccia al Gabinetto di Vienna non sia pregiudicata, e quindi si possa sperare che la sempre maggiore affermazione dei nostri intendimenti provata coi fatti, ed il successivo svolgersi degli avvenimenti in Europa, che a malgrado le previsioni pacifiche così altamente fatte suonare a Berlino, pure a parer mio potrebbero assai probabilmente non avverarsi quest'anno, riesca a modificare gli apprezzamenti dei Governi di Berlino e di Vienna, e li renda più proclivi ad assicurarsi per ogni eventualità la nostra alleanza, di cui non ho mancato nella mia conversazione col Conte Kalnoky di far chiaramente rilevare il valore. A questo proposito devo dire, che egli mostrommi di non disconoscere il pregio del nostro eventuale concorso, essenzialmente onde far argine alla invadente corrente repubblicana, ma è però chiaro che egli intendeva del pari che in qualunque maniera, date le circostanze attuali d'Europa e le nostre, in caso di una conflagrazione generale che solo potrebbe trascinare l'Austria-Ungheria ad una guerra, forzatamente dovremmo per ragione di conservazione essere in quel giorno i loro incondizionati alleati: cosa che naturalmente è preferita qui.

Starò in attesa che l'E. V. mi faccia conoscere se il mio collega di Berlino abbia. dal canto suo agito nello stesso senso di me (l) affinché s'egli, più abile e più fortunato di me fosse pienamente riuscito nell'affidatogli incarico, io possa a mia volta ripigliare la conversazione col Conte Kalnoky al punto in cui dovetti troncarla.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 465. (3) -Cfr. n. 407.

(l) çon t. 47 del 19 gennaio, Mancini trasmise a De Launay 11 sunto della conversazione con Ka1noky inviato da Robilant con t. 87 del 18 gennaio perché potesse regoiare 11 suo linguaggio con Bismarck.

488

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 91. Costantinopoli, 20 gennaio 1882, ore 9 (per. ore 10,20).

Ambassadeur d'Angleterre vient de me dire que le premier ministre l'informé que le Gouvernement égyptien lui a fait savoir qu'il traitait avec la compagnie Rubattino pour Assab; que lui-méme toutefois accepterait notre convention si le Gouvernement italien reconnaissait souveraineté du sultan au midi d'Assab. J'ai fait observer à Dufferin que le Gouvernement italien avait déjà consenti à cette condition et qu'il serait donc opportun d'obtenir de la Porte une déclaration écrite contenant son agrément. Dufferin répondit qu'il n'avait pas reçu de son Gouvernement ordre de communiquer à la Porte l'information susdite et que d'ailleurs il ne s'agissait que de l'opinion personnelle de Said pacha à laquelle faisaient opposition quelques uns de ses collègues et l'Egypte (2).

489

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 95. Berlino, 20 gennaio 1882, ore 18,56 (per. ore 20).

J'apprends ce qui suit par le Secrétaire d'Etat. Il avait rendu compte au chancelier de notre entretien du 16, rapport n. 2951 (3). Le prince de Bismarck lui a dit ce qui m'était répété confidentiellement, qu'aucun Gouvernement n'avait soulevé la question de la Papauté camme si on avait mis sur le tapis des concessions aux dépens de l'Italie, et qu'en ce qui concernait nommément l'Allemagne, il n'avait pas été non plus le cas. « Au reste, ajoutait le secrétaire d'Etat, vous n'y avez pas cru vous non plus ». J'ai répondu qu'en fait nous étions restés parfaitement calmes et que nous n'avions jamais douté de l'amitié et de la sagesse du chancelier. Il est toujours souffrant et ne peut encore recevoir. A notre entrevue prochaine je ne manquerai pas de faire les mémes ouvertures déjà faites par Robilant, et sur lesquelles V. E. m'a renseigné par son télégramme d'hier au soir (4). Ce qui nous a été dit à Vienne laisse prévoir dans quel sens on s'exprimera ici. Quoi qu'il en soit, ce sera toujours un avantage d'avoir pris nous mémes position pour contribuer au maintien de la paix, nous approchant, ne serait que graduellement, vers une intimité parfaite avec l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne.

(-4) Cfr. n. 487, nota l, pag. 498.
(l) -Ed., in itaUano con a:Icune varianti, in LV 34, p. 149. (2) -Mancini rispose con t. 50, pari data, dando comunicazione del n. 492. (3) -Cfr. n. 476.
490

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 96. Berlino, 20 gennaio 1882, ore 18,56 (per. ore 21).

Je viens de préssentir les vues de secrétaire d'Etat au sujet de la démarche de la Turquie auprès des quatre Cabinets (1). Il estimerait que la note collective de l'Angleterre et de la France n'avait point la portée et la signification de mettre en doute les droits de souveraineté du Sultan, ni de piacer sur le tapis leur intervention armée. Il ne semblait pas dans ces conditions qu'il fiìt le cas, de la part des quatre Cabinets, de se prononcer à Paris et à Londres. C'est dans ces termes généraux, et en quelque sorte théoriquement, que le secrétaire d'Etat a parlé avec l'ambassadeur de Turquie. Le Cabinet impérlal pourrait charger son ambassade à Constantinople de s'exprimer à la Sublime Porte dans un sens analogue, mais en attendant on n'est pas décidé si on fera une réponse décisive à son représentant à Berlin. Le secrétaire d'Etat ajoutait que, si des troubles sérieux survenaient en Egypte, la meilleure voie à suivre lui semblait celle d'une intervention de la Turquie. Il reconnaissait, d'ailleurs, que cette question avait un caractère européen.

491

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 97/899. Londra, 20 gennaio 1882, ore 19,30 (per. ore 23,40).

Je viens de voir Granville à qui j'ai communiqué résumé des trois derniers télégrammes de V. E. relatifs à Assab (3). Il m'a d'abord informé qu'il avait autorisé Malet à s'entendre avec De Martino pour agir de concert avec lui auprès du Gouvernement egyptien. Il m'a promis de donner des instructions analogues à Dufferin pour agir de concert à Constantinople avec Corti. Venant ensuite à la question de la convention d'Assab, après avoir pris connaissance des deux formules proposées par V. E. il m'a dit que la grande objection de la Sublime Porte était qu'elle ne voulait pas reconnaitre au Sultan Berehan ni à aucun des autres le droit de disposer du territoire qu'elle considère comme sien. J'ai répondu que la protection dont nous voulions entourer le dit Sultan était une question de bonne foi pour nous, et que sur ce point le Gouvernement du Roi n'était pas disposé à transiger; que nous avions fait déjà à la

Sublime Porte ainsi qu'à l'Egypte une grande concession en reconnaissant leur souveraineté plus que douteuse et toujours contestée sur la cote occidentale de la Mer Rouge; que nous n'avions accédé au projet de convention proposée par le Cabinet anglais que pour démontrer à celui-ci que nous étions de bonne foi en déclarant que nous ne voulions créer à Assab qu'un établissement commerciai et nullement militaire et que nous voulions en meme temps correspondre par un tel assentiment à la bienveillance dont lui Granville et Gladstone nous avaient donné des preuves pour mener à bonne fin cette affaire. J'ai repoussé l'idée mise en avant par l'Egypte d'accorder une simple concession à la compagnie Rubattino. J'ai répété que le Gouvernement du Roi était engagé envers le pays et qu'il ne pourrait reculer. J'ai dit qu'en reconnaissant la souveraineté de l'Egypte sur la cote occidentale de la Mer Rouge, nous lui accordions bien au delà de ce à quoi il pouvait prétendre après le massacre de Beilul, après l'indigne et dérisoire enquete que le Gouvernement avait faite sur ce crime jusqu'à ce jour trainée et que nous aurions pu venger en nous faisant justice nousmemes. J'ai fini par dire pour mon propre compte, que le pis-aller pour nous était de rester dans le statu quo actuel, que personne n'avait le droit de nous chasser d'Assab et qu'en entreprenant une telle tache personne ne voudrait ajouter une nouvelle complication à celles qui viennent de surgir dans le nord de l'Afrique. Granville n'a pas semblé prendre en trop mauvaise part mes observations et m'a promis de s'occuper incessamment de cette affaire que je lui ai déclarée etre urgente, surtout en vue de la réunion du Parlement qui venait d'avoir lieu.

(l) -Cfr. n. 475. (2) -Ed. in 1tal1ano in LV 34, p. 145. (3) -Cfr. nn. 453, nota 2, 483 e 486.
492

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 49. Roma, 20 gennaio 1882, ore 23,40.

Corti télégraphie ce qui suit: «L'ambassadeur d'Angleterre etc. (Vedi telegramma da Costantinopoli, n. 91 (1), sino alla fine)~-Pour couper court à ce qui pourrait bien n'etre qu'un simple prétexte dilatoire, je vous prie de déclarer que la compagnie Rubattino n'a reçu jusqu'ici aucune ouverture dans le sens ci-dessus, et que quand bien meme elle en recevrait, ce serait peine inutile, car ses engagements envers le Gouvernement du Roi impliquent à cet égard une interdiction absolue.

(Continua per Londra) Quant à notre déclaration concernant la cote au sud d'Assab, je prie V. E. de faire en sorte que Dufferin en donne connaissance immédiate à la Sublime Porte.

(l) Cfr. n. 488.

493

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 766. Pietroburgo, 20 gennaio 1882 (per. il 26).

L'E. V. con telegramma del 18 corrente (2) mi fece l'onore di trasmettermi altro telegramma da Lei spedito al R. Ambasciatore a Costantinopoli, relativo alla comunicazione fattale per parte della Sublime Porta sull'argomento della nota rimessa al Khedive dagli Agenti d'Inghilterra e di Francia al Cairo. Nel farmi questa trasmissione l'E. V. che già era informata del modo di vedere teorico del Governo Imperiale di Russia relativamente agU affari d'Egitto, mi espresse il desiderio di conoscere in modo più preciso se il Gabinetto di Pietroburgo fosse d'avviso che sarebbe conveniente di fare, sia a Londra ed a Parigi, sia a Costantinopoli ed al Cairo, una comunicazione ed in quali termini.

Per adempiere le istruzioni dell'E. V. mi recai jeri dal signor de Giers, al quale esposi verbalmente quanto Ella m'aveva mandato col telegramma, pur ora citato. S. E., dopo aver constatato la perfetta concordanza dei Governi d'Italia e di Russia nel modo di considerare la questione egiziana, nel quale convengono pure i Governi di Germania e d'Austria-Ungheria, mi disse in sostanza quanto segue. Il signor de Giers aveva risposto alla comunicazione fattagli recentemente dall'Ambasciatore di Turchia nel senso che l'E. V. conosce, cioè, che nessuna innovazione potrebbe recarsi allo statu qua in Egitto senza l'accordo delle potenze, e ciò per la doppia ragione, che il Governo egiziano è costituito in forza di trattati europei, e che il canale di Suez deve considerarsi come avente un carattere internazionale; e che d'altronde, nell'opinione del Governo russo, questo statu qua il quale implica il vassallaggio dell'Egitto verso il Sultano, deve essere mantenuto. Il signor de Giers non aveva ricevuto, intorno alla nota anglo-francese diretta al Khedive, alcuna comunicazione da parte dei Governi d'Inghilterra e di Francia. Egli si limitò quindi a far conoscere il modo di vedere del Gabinetto dì Pietroburgo agli Ambasciatori di Russia in Londra ed in Parigi, per norma eventuale del loro linguaggio. Ma pel caso in cui fosse giudicato utile dai quattro Gabinetti di Roma, di Pietroburgo, di Vienna e di Berlino, di fare alla Sublime Porta una comunicazione identica intorno a quest'oggetto, il signor Novikoff era stato eventualmente autorizzato ad associarsi a tal fine ai suoi colleghi d'Italia, d'Austria-Ungheria e di Germania.

Quanto al Governo egiziano, il signor de Giers si riservava di dare all'uopo all'Agente russo al Cairo istruzioni nello stesso senso di quelle che furono impartite al signor Novikoff a Costantinopoli.

Da questa risposta del signor de Giers sembra risultare che il Gabinetto di Pietroburgo non prenderà alcuna iniziativa in ordine a questa questione, ma si associerà probabilmente a quelle eventuali proposte che fossero fatte, d'accordo, dagli altri Gabinetti coi quali, su questo speciale argomento, è in comunione di idee e d'interessi.

(l) -Ed. in LV 35, pp. 62-63. (2) -T. 44, non pubblicato ma cfr. n. 480. nota l.
494

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Costantinopoli, 20 gennaio 1882.

Credo mio dovere d'indirizzare oggi poche righe confidenziali all'E. V. sul tenore dei discorsi che si tengono a Palazzo riguardo all'Italia. Questi discorsi sono evidentemente inspirati dalla situazione delle cose; non essendosi incontrato a Berlino tutto quell'appoggio che si cercava si rivolgono altrove gli sguardi. Però mi preme di far conoscere all'E. V. come siffatte voci non abbiano alcuna origine nel mio atteggiamento, nè incontrino presso di me alcun incoraggiamento, imperocché per nulla al mondo vorrei contribuire con atti

o con parole a suscitare un conflitto fra l'Italia e la Francia.

Per l'affare d'Assab io faccio tutto quello che posso. ma io posso poco, chè Lord Dufferin è guardingo, nè agisce senza precise istruzioni dal suo Governo. Ed i negoziati riescono ognor più ardui per la naturale ansietà della Sublime Porta d'evitare, nelle presenti congiunture, ogni cosa chP possa essere sgradita al Kedive.

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 54. Roma, 22 gennaio 1882, ore 23.

Robilant a indirectement appris (2) que Kalnoky accepte proposition russe de charger les ambassadeurs à Constantinople de la rédaction de la note en réponse à celle communiquée par la Turquie au sujet de l'Egypte. Je n'ai pas connaissance de cette proposition de la Russie. Si elle existe, je pense que le Cabinet de Saint Pétersbourg ne tardera pas à nous en saisir, car personne ne saurait admettre qu'une démarche pareille ait lieu sans qu'elle soit préalablement concertée aussi avec l'Italie.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -T. 100 del 21 gennaio, non pubblicato.
496

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 55. Roma, 22 gennaio 1882, ore 23.

Nous n'avons, ni par Nigra, ni par Uxkull, aucune connaissance de la proposition russe, à laquelle le télégramme de V. E. (l) fait allusion. Vous devriez cependant, ce me semble, sans en faire bien entendu une question de susceptibilité, interroger franchement là dessus M. de Kalnoky, lui faisant bien comprendre que jamais nous ne saurions consentir à etre rejetés à l'arrière plan en ce qui concerne l'affaire egyptienne. S'il faut charger les ambassadeurs à Constantinople de la rédaction d'une note de réponse, l'ambassadeur italien doit y avoir sa part comme de raison.

497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA

T. 56 Roma, 24 gennaio 1882, ore 3.

Voici la substance d'une communication confidentielle que l'ambassadeur d'Autriche-Hongrie vient de me faire: «M. d'Oubril avait communiqué le 17 un télégramme de M. de Giers proposant une réponse identique et simultanée des trois Empires à la Sublime Porte dans le sens qu'ils désiraient le maintien du statu quo politique en Egypte sur la base des traités européens et ne pouvant étre modifié que par le concert de toutes les Puissances contractantes. Sur quoi, Kalnocky a télégraphié le 21 à Calice, se déclarant d'accord en principe avec Giers, mais observant que les traités européens relatifs à la situation politique de l'Egypte mentionnés dans la proposition russe n'existent pas. Il y a la convention de Londres de 1840 à laquelle la France et la Sardaigne n'ont pas pris part, mais celle-ci-n'a été que la base des firmans émanés plus tard par la Porte pour régler la situation de l'Egypte. Ces firmans ont été notifiés par la Porte aux Grandes Puissances. Mais il n'en existe pas par ce rait des puissances contractantes. Par conséquent Kalnocky propose que la communication identique et simultanée déclare que les trois puissances désirent le maintìen du statu quo en Egypte sur la base des arrangements et des firmans des Sultans, et sont d'avis que le statu quo ne pourrait etre modifié que par un accord entre les Grandes Puissances et la puissance suzeraine. Le baron Calice est autorisé à se concerter avec ses collègues de Russie et d'Allemagne pour faire cette réponse collective à la Sublime Porte. Le Cabinet de St. Pétersbourg sait, d'après les communications que nous venons d'échanger avec lui sur cette

question que nos vues coincident avec les siennes. Saisis simultanément avec les autres Cabinets de la communication ottomane nous avons été les premiers à penser qu'il y avait lieu de concerter à quatre si et quelle réponse devait étre faite. Il n'en serait donc que d'autant plus singulier qu'on n'ait pas cru à St. Pétersbourg devoir nous appeler à prendre part à la démarche collective pour laquelle des pourparlers seraient exclusivement engagés avec Berlin et Vienne. Votre télégramme de ce soir (l) me laisse cependant supposer qu'on s'est mépris à Vienne, en attribuant à la Russie l'intention de nous exclure. S'il en est ainsi, il est extrémement urgent que le malentendu soit éclairci et que M. de Giers télégraphie à Vienne et à Berlin, d'autant plus que depuis le 21 Calice a déjà reçu instructions de se concerter à trois. Je compte sur une prompte action de votre part et j'attends réponse (2) avec impatience. Quant aux observations de M. Kalnocky au point de vue des traités je me réserve d'en faire l'objet d'un télégramme séparé (3).

(l) Cfr. n. 395, nota 2.

498

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

T. 111. Costantinopoli, 24 gennaio 1882, ore 12,36 (per. ore 11,40 del 25).

L'ambassadeur d' Angleterre vient de me dire que le premier ministre lui a fait savoir que s'il pouvait lui communiquer officiellement reconnaissance de la part de l'Italie de la souveraineté de la Porte au midi d'Assab, Son Altesse consentirait à la convention. Dufferin a démandé des instructions là dessus. J'ai insistè pour que si S. E. recevait cette autorisation, il soit entendu que la Porte répondrait en donnant son assentiment à la convention. S. E. m'a répondue que telle était bien son intention.

499

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 116. Vienna, 24 gennaio 1882, ore 17,40 (per. ore 19,55).

J'ai causé avec Kalnoky dans le sens du télégramme de V. E. de la nuit dernière (5). Il n'a jamais imaginé qu'on puisse faire une démarche à Constanti

nople pour affaires égyptiennes sans l'Italie. C'est précisément partant de cette idée qu'il vous a fait faire par Wimpffen communication dont il s'agit, qui était confidentielle, ne voulant pas traverser initiative prise par la Russie. Il m'a dlt que justement il avait fait l'observation au sujet traité 1840 que, ne portant pas signature de la France et de la Sardaigne, il ne pouvait plus aujourd'hui etre considéré comme traité européen existant. Il a toujours cru que Giers avait fait faire à Rome les memes propositions qu'à Vienne et Berlin; il a conclu que tout ça était une confusion qui s'arrangerait. J'ai exprimé meme avis. Je n'ai du reste traité toute la chose que fort légèrement, montrant que

V. E. également n'avait vu dans tout ça qu'un malentendu que cependant il fallait éclaircir O).

(l) -T. 107 del 23 gennaio, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 502. (3) -Questo telegramma fu comunicato in pari data alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli e Vienna con t. 57 con l'istruzione di adoperarsi nello stesso senso. (4) -Ed. in italiano in LV 34, p. 148. (5) -Cfr. nota 3.
500

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

T. 60. Roma, 24 gennaio 1882, ore 18.

Merci de votre télégramme concernant Assab (3). Malgré notre vif désir d'en finir au plus tòt avec cette affaire, je préfère, pour eviter tout malentendu, que l'autorisation demandée par Dufferin lui arrive de Londres où l'on connait maitnenant exactement notre pensée au sujet de la reconnaissance de la souveraineté ottomane au sud d'Assab (4).

501

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 62. Roma, 24 gennaio 1882, ore 19.

Je reçois en ce moment réponse du chevalier Nigra. La voici: « Giers à qui j'ai demandé s'il avait fait etc. (vedi telegramma n. 110 da Pietroburgo :.) (5). Je n'hésite pas après ce télégramme à autoriser l'ambassadeur à Constantinople CV. E.) à s'entendre éventuellement avec ses trois collègues pour la démarche à faire d'un commun accord auprès de la Sublime Porte. Je télégraphierai plus tard au sujet de l'applicabilité des traités européens à la situation actuelle.

(Per Berlino e Vienna) Voici en attendant sur cette affaire un télégramme de Corti en date de ce matin: «Je viens de voir l'ambassadeur d'Autriche qui ;m'a assuré etc. (vedi telegramma da Costantinopoli n. 112) » (1).

(l) -Questo telegramma fu comunicato in pari data alle ambasciate a Berlino, Pietroburgo e Costantinopoli con t. 63. (2) -Ed. in italiano in LV 34, p. 149. (3) -Cfr. n. 488. (4) -Questo telegramma e quello edito al n. 488 furono comunicati a Menabrea con t. 59, pari data, con la seguente istruzione: «Faites cependant en sorte que lord Dufferin reçoivP cette autorisation le plus tòt possible ». (5) -Non pubbUcato, ma cfr. n. 502.
502

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 769. Pietroburgo, 24 gennaio 1882 (per. il 1° febbraio).

Riferendomi al mio precedente dispaccio di questa Serie n. 766, del 20/8 Gennaio corrente (3), mi pregio d'informare l'E. V. che ho ricevuto ieri il di Lei telegramma (4) col quale Ella mi annunzia che il R. Ambasciatore a Vienna aveva appreso indirettamente che il Gabinetto di Vienna accettava la proposta russa d'incaricare gli Ambasciatori a Costantinopoli della redazione della nota in risposta a quella che fu comunicata dalla Turchia sull'Egitto. L'E. V. soggiungeva in quel telegramma che non aveva notizia di questa proposta russa, e che pensava ch'essa, se esisteva, non avrebbe tardato ad esserle comunicata pei debiti e previi concerti.

Ho avuto cura di rispondere subito all'E. V. per telegramma in data di jeri (5), facendole notare che, secondo la comunicazione fattami dal signor de Giers, non esisteva altra proposta russa se non quella di cui resi conto all'E. v. col mio dispaccio del 20/8 gennaio corrente, e col mio telegramma del giorno precedente (6).

Ripeto qui per ogni buon fine il relativo passaggio del dispaccio precitato: «Pel caso in cui fosse giudicato utile dai quattro Gabinetti di Roma, di Pietroburga, di Vienna e di Berlino, di fare alla Sublime Porta una comunicazione identica intorno a quest'oggetto (la questione egiziana) il signor Novikoff era stato eventualmente autorizzato ad associarsi ai suoi colleghi d'Italia, d'AustriaUngheria e di Germania ».

Nel tempo stesso però, ed allo scopo di ben definire la sostanza ed i termini di questa così detta proposta russa, chiesi per iscritto a S. E. il signor de Giers se il Gabinetto di Pietroburgo aveva fatto o intendeva di fare una proposta propriamente detta nel senso della comunicazione da lui fattami e nei termini che ho riferito all'E. V.

Il signor de Giers mi rispose colla lettera in data di ieri, della quale ho l'onore d'acchiudere la copia (7).

In questa lettera, confermando il senso della comunicazione da lei fattami, e fatta ad un tempo ai miei colleghi di Germania e d'Austria, il signor de Giers aggiunge che non aveva l'intenzione di fare al riguardo formali proposte, ma che credeva, che al punto in cui erano le cose forse sarebbe utile che una delle quattro potenze prendesse l'iniziativa. Però il signor de Giers terminava col dire che avrebbe preso in proposito gli ordini dell'Imperatore.

(l) -Non pubbHcato, ma cfr. n. 507. (2) -Un sunto di questo rappor.to è ed. in LV 35, p. 63. (3) -Cfr. n. 493. (4) -Cfr. n. 495. (5) -Cfr. n. 501, nota 5. (6) -T. 92 del 20 gennaio, non pubblicato. (7) -Non si pubblica.
503

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. CONFIDENZIALE 66. Roma, 25 gennaio 1882, ore 16,15.

D'après un rapport du comte Corti il est entre autres possible que la Sublime Porte envoie un navire de guerre sur les còtes du Yemen et du Hedjaz, le K.hédive lui ayant fait croire que les italiens ont des desseins en Arabie. Sans avoir l'air de démentir un bruit aussi absurde, veuillez cependant faire comprendre combien une pareille supposition serait absurde. Mais en attendant dites au vice consul à Port Said de me télégraphier directement si un navire de guerre ottoman se présentait pour traverser le canal, m'indiquant nombre canons et équipage.

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 67. Roma, 25 gennaio 1882, ore 17.

Il parait que la Russie veut prendre l'initiative à Constantinople d'une démarche qui serait faite par les ambassadeurs d'Italie de Russie d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie pour exprimer désir maintien statu quo en Egypte sur la base des firmans actuels et des traités existants, et pour déclarer qu'aucun changement ne saurait y etre apporté sans la participation des grandes puissances. II n'y a pas jusqu'ici de proposition formelle mais ces idées coincidant avec Ies nòtres et les Cabinets de Vienne et de Berlin paraissant disposés à s'associer à la démarche projetée; j'ai télégraphié au comte Corti (l) l'autorisant à se concerter éventuellement dans ce but avec ses collègues. Ceci est pour votre information dans le cas où vous seriez interrogé sur ce sujet.

(l) Cfr. n. 501.

505

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 123. Pietroburgo, 25 gennaio 1882, ore 19,55 (per. ore 23,20).

J'ai vu aujourd'hui Giers; lui ayant exposé substance de vos derniers télégrammes (1), il m'a dit qu'il y avait eu un malentendu, probablement produit à Vienne, et il m'a répété que le Gouvernement russe n'avait pris et ne prenait aucune initiative d'une proposition quelconque sur les affaires égyptiennes et qu'il s'était borné à suggérer aux Cabinets de Berlin, de Vienne et de Rome, d'envoyer aux ambassadeurs respectifs à Constantinople instruction de se concerter éventuellement pour le cas où une communication à la Sublime Porte aurait été reconnue nécessaire par les quatre Cabinets. Conséquemment des instructions dans ce sens ont été envoyées à M. Novikoff pour qu'il puisse se concerter éventuellement avec ses collègues parmi lesquels naturellement Giers a entendu comprendre ambassadeur d'Italie. Quant à la modification proposée par comte Kalnoky (2) Giers n'a pas cru devoir se prononcer jusqu'ici bien qu'elle lui semble susceptible d'étre prise en considération en temps opportun (3).

506

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. 2956. Berlino, 25 gennaio 1882 (per. il 29).

*Dans la journée d'hier me sont parvenus deux télégrammes de V. E. au sujet de l'Egypte ( 5) . *

Ce n'a été que cette après midi que j'ai pu voir le Secrétaire d'Etat. *J'ai parlé de l'erreur qui s'est produite en suite de la proposition russe, comme s'il s'agissait de faire une réponse simultanée et identique des trois Empires à la dernière démarche de la Sublime Porte qui s'adressait également et au méme titre à l'Italie. Ce ne pouvait étre qu'un malentendu qui au reste est presque entièrement éclairci par des nouvelles subséquentes que nous avions reçues de St. Pétersbourg et de Vienne.

En attendant, * je ne m'expliquais pas que de certain còté on niàt l'existence d'accords Européens touchant l'Egypte, camme si celle-ci n'était pas, sur la base de firmans successifs notifiés aux Puissances, liée au sort du pouvoir Suzl:rain. Qui plus est, le traité de Paris du 30 Mars 1856 qui donnait satisfaction aux intérets de l'équilibre européen après la guerre de Crimée, porte la

signature de toutes les Puissances et reste en vigueur pour autant qu'il n'a pas été modifié par la Congrès de Berlin. Tel est le terrain sur lequel devraient se piacer les Puissances.

Le Comte de Hatzfeldt partageait cet avis. Invoquer seulement des firmans, ce serait en effet une base peu solide, car par des nouveaux firmans on pourrait chercher à modifier et meme à détruire ceux antérieurs. * Mais il me disait que s'il devait formuler, en quelque sorte ex-cathedra, un avis relativement à une participation dévolue en stricte règle à l'Italie dans la démarche projetée par les trois Empires, il se croirait obligé de prendre la chose ad referendum. Si non, * il n'hésitait pas à déclarer, sans consulter son chef, que le Cabinet de Berlin verrait avec plaisir que nous agissions de concert et en pleine conformité avec les trois autres Puissances.

J'ai répondu que * je n'entendais pas soulever une question de principe. Il ne s'agissait que d'un malentendu qui mieux valait faire disparaitre. * Nos vues d'ailleurs sur les affaires d' Egypte coi:ncident avec celles de Berlin, de Vienne et de St. Pétersbourg. Aussi avions nous déjà télégraphié à notre Ambassadeur à Constantinople de s'entendre éventuellement avec ses trois collègues d'Allemagne, d' Autriche et de Russie.

Le Secrétaire d'Etat, m'assurait que l'Allemagne aussi, si peu intéressée qu'elle fut dans cette question, ne manquerait pas de s'associer à la démarche dont il s'agit quand les autres Puissances se seraient mises d'accord. Par là, le Cabinet de Berlin n'entendrait pas se mettre en opposition avec la France et l'Angleterre, mais croirait au contraire leur rendre service.

* En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui (l) et en accusan réception de celui expédié ce soir par V. E. (2)... *

(l) -Cfr. nn. 495, 497, 499, nota l, p. 506. (2) -Cfr. n. 499. (3) -Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli e Vienna con T. 10 del 26 gennaio. (4) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 35, pp. 64-65. (5) -Cfr. n. 497, nota 3, p. 505 e n. 501.
507

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2272. Costantinopoli, 25 gennaio 1882 (per. il 31).

Ieri ebbi l'onore di ricevere il telegramma (3) nel quale l'E. V. si compiaceva darmi conoscenza della grave proposta fatta dal Governo russo a quelli d'Austria-Ungheria e di Germania, di intendersi sopra una comunicazione identica e simultanea a rivolgersi alla Sublime Porta, riguardo alle cose d'Egitto. Questa notizia mi recò una penosissima sorpresa, imperocchè non comprendevo per quale motivo la Russia avesse a prendere l'iniziativa in questa vertenza ed ancora meno potevo rendermi ragione dell'esclusione dell'Italia dalla partecipazione che le spettava, sia per la sua posizione nel concerto europeo, sia per avere essa più dei tre Imperii, sempre manifestato tendenze conformi alla comunicazione che il Gabinetto di Pietroburgo proponeva di fare alla

Sublime Porta. E ne veniva alla conclusione non potersi trattare che di un equivoco facile a rischiararsi.

In adempimento alle istruzioni, pel telegramma dell'E. V. impartitemi, mi recai immediatamente presso il signor Ambasciatore d'Austria-Ungheria, il quale mi disse avere infatti avuto contezza della proposta fatta dal Governo russo a Vienna ed a Berlino d'intendersi sopra una nota identica da indirizzarsi alla Sublime Porta sulla questione; però il Governo austro-ungarico aveva proposto delle modificazioni ai motivi da inserirsi nella comunicazione, le quali erano precisamente fondate sulla ragione che la Francia e la Sardegna non erano firmatarie del trattato del 1840; ch'egli non aveva quindi, né poteva aver ricevuto l'istruzione positiva di intendersi co' suoi colleghi di Russia e di Germania sulla forma della nota in discorso; la sua impressione essere che i tre Governi Imperiali non aveano ancor preso una risoluzione definitiva in proposito, nè la comunicazione a farsi alla Sublime Porta era imminente.

Dall'incaricato d'Affari di Germania aveva tratto la sera innanzi, il che mi fu da esso c0nfermato iersera, non avere egli ricevuto in Berlino altra comunicazione riguardo all'Egitto all'infuori di quella che portava la risposta fatta dal Conte Hatzfeldt all'Ambasciatore ottomano a Berlino, vale a dire il Governo germanico consigliare alla Porta d'aspettare la risposta che i Governi di Francia e d'Inghilterra farebbero alla domanda di spiegazione diretta a Parigi ed a Londra. Nè era a mia conoscenza quale accoglienza il Gabinetto di Berlino avesse fatto alla proposta russa. Delle quali cose diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V. (1).

Vidi di poi il Signor Ambasciatore di Russia il quale fu meno esplicito nelle sue comunicazioni. Egli aveva ricevuto dal suo Governo l'istruzione d'intendersi cogli Ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Germania sulla notificazione a farsi alla Sublime Porta; però non si trattava di una nota collettiva ma di una nota identica; nè era sicuro che s'intendesse d'escluderne l'Italia.

Iersera comparve indi il telegramma dell'E. V. (2) contenente la ripetizione di quello del Cav. Nigra, non che l'autorizzazione di intendermi eventualmente co' miei tre colleghi sulla comunicazione a rivolgersi alla Sublime Porta. E di quest'ultima darò pronta contezza al signor Ambasciatore di Russia. E stamane ebbi l'onore di ricevere il telegramma (3) nel quale l'E. V. si compiaceva darmi contezza delle soddisfacenti dichiarazioni fatte ai. Conte Robilant dal Conte Kalnocky.

(l) -T. 121, non pubblicato. (2) -T. 65, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 497, nota 3, p. 505.
508

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 13@. Vienna, 26 gennaio 1882, ore 14,30 (per. ore 16,40).

Comte Kàlnoky parlant avec moi des affaires de l'Egypte, n'a pas déclaré d'une manière absolue que traité 1840 soit désormais sans valeur parce qu'il

37 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

ne porte pas signature France et Sardaigne; il a seulement fait remarquer qu'il ne convient pas prendre pour base exclusive les traités dans la présente question Egypte faisant à ce propos observation susdite. Il faut du reste avoir présent que cette observation était plutòt une manière courtoise et indirecte de reconnaitre dans question spéciale qui ce jour était l'objet de notre entretien c'est à dire notre ingérence dans les affaires Egypte, pour le moins égale à celle des trois Empires. Si donc nous entendions prendre acte de ces paroles à ce sujet, il ne les confirmerait pas, et nous risquerions par là soulever question dangereuse, d'autant plus qu'il m'a répété avec insistance, qu'il n'entendait pas discuter avec nous termes proposition russe pour ne pas entraver initiative prise à ce sujet par Cabinet St. Pétersbourg.

(l) -T. 112, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 501. (3) -T. 65 del 25 gennaio, non pubblicato.
509

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 134/903. Londra, 26 gennaio 1882, ore 22,02 (per. ore 2,40 del 27).

J'ai donné aujourd'hui communication à Granville du contenu du dernier télégramme de V. E. qui relate celui de Corti relatif à baie d'Assab (2). Il avait transmis au Département de l'Inde les dernières formules proposées par V. E. pour l'article additionnel de la convention, mais les deux départements ne croyaient pas pouvoir l'appuyer auprès de l'Egypte, à cause des considérations suivantes qui m'ont été dictées: «Les deux rédactions proposées par le Gouvernement italien obligeraient le Gouvernement égyptien à reconnaitre le statu qua en ce qui regarde le Sultan Berehan et par suite la validité de ses engagements avec le Gouvernement italien, c'est à dire son indépendance envers l'Egypte. Ce serait laisser à ce Sultan le droit de faire, pour le reste de son territoire qui s'étend très loin au sud d'Assab, ce qu'il a fait pour la partie annexée à notre établissement, ou en d'autres termes, il pourrait en disposer en faveur de toute autre puissance européenne qui désirerait s'y établir. L'Egypte en acceptant la rédaction du Gouvernement italien se priverait du droit de s'opposer à une telle cession. On ne peut donc pas s'attendre à ce que l'Egypte se soumette à cette condition. De son còté le Gouvernement britannique ne croit pas pouvoir exercer une pression sur le Vice Roi pour qu'il accepte la rédaction italienne, mais lord Granville est toujours disposé à agir auprès de lui pour qu'il agrée celle des deux rédactions proposées par le Foreign Office qui serait acceptée par l'Italie ». J'ai renouvelé mes précédents arguments pour prouver que notre convention était toute en faveur de la souveraineté de l'Egypte; que quant au Sultan Berehan, camme il s'était mis sous notre protection, il ne pouvait pas disposer de son territoire contre notre volonté et contre nos engagements clairement exprimés dans la convention, que d'autre part, nous ne

demandions en sa faveur que le statu qua, c'est à dire, qu'il ne soit pas molesté par l'Egypte et que nous avions d'ailleurs autant d'intérèt que celle-ci à ce qu'aucune autre Puissance européenne ne vienne pas s'établir auprès de nous. Granville s'est borné à me dire que ces conséquences ne résultaient pas clairement de notre projet.

(l) -Ed., in italiano !n LV 34, p. 151. (2) -T. 59 del 24 gennaio, non pubblicato.
510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1087. Roma, 26 gennaio 1882.

Con rapporto del 19 Gennaio n. 187 (1) di questa serie la S. V. m'informa del nuovo colloquio avuto con codesto Ministro degli Affari Esteri circa i nostri reclami pei fatti di Sfax. Il signor Gambetta vorrebbe proseguire i negoziati per giungere ad un componimento di questa vertenza, e sarebbe anche disposto ad esaminare i reclami in contradditorio del Rappresentante italiano; però egli persiste ad escludere quella reciproca riserva dei rispettivi diritti che, agli occhi nostri, rimane pur sempre l'unica base sulla quale possono utilmente continuarsi le trattative. L'On. Presidente del Consiglio, movendo dal concetto che i danni siano senz'altro da imputarsi a forza maggiore, vorrebbe farci accettare, come premessa dell'ulteriore negoziato, la dichiarazione che, se il Governo della Repubblica s'induce a concedere indennizzo, a ciò lo spinge un sentimento umanitario, non già considerazione alcuna d'indole giuridica. Questa sarebbe, per lo appunto, la spiegazione della locuzione à titre gracieux che il Ministero francese degli Affari Esteri aveva adoperato e adopera tuttora nell'ammettere la possibilità che ai danneggiati di Sfax possa accordarsi qualche compenso.

A noi duole che il signor Gambetta voglia rimanere su questo terreno ove certo non ci è possibile di seguirlo. Imperocchè noi possiamo bensì consentire che il Governo francese discuta il nostro diritto e lo contrasti nel modo che stimi migliore; possiamo anche, fin d'ora, consentire all'abbandono d'ogni pretesa qualora dall'esame fatto in comune, con animo scevro da ogni proposito deliberato e col sincero desiderio di giungere ad un equo componimento, venisse a risultare che i danneggiati italiani di Sfax non hanno diritto da far valere, nel senso assoluto della parola. Però non possiamo rinunciare a priori, e quasi in forma pregiudiziale, alle ragioni dei nostri connazionali; aggiungerò anzi che ciò sarebbe tal cosa la quale eccederebbe le :f.acoltà del Governo, che ha l'obbligo, e non solo il diritto di provvedere efficacemente alla tutela dei legittimi interessi dei connazionali nostri. Su questo punto è importante che in ogni occasione ella faccia dichiarazioni esplicite, e tali da non lasciar sussistere alcuna dubbiezza.

Nelle conversazioni avute con Lei, il signor Gambetta accennò più volte ai fatti di Saida, affermando la identità del caso, e traendone la conseguenza

che uguale debba essere il procedimento. Tale apprezzamento a me pare meno esatto, nè esito, dal canto mio, a dichiarare come non si ravvisi, fra i due casi, la benchè minima analogia. A Saida coloni spagnuoli furono sopraffatti dall'improvviso irrompere di bande d'insorti, e la forza pubblica fu impotente a proteggerli. Si potè far colpa all'Autorità d'incuria, d'imprevidenza, di poca energia, ma non mai, ch'io sappia, le fu imputato di avere essa stessa coi suoi agenti, recati i danni pei quali si reclamavano le indennità. Si comprende quindi, fino ad un certo punto, che il Governo francese non voglia crearsi, in occasione del caso di Saida, un pericoloso precedente di responsabilità. A Sfax, invece, trattasi di danni, rispetto ai quali in base a documenti riconosciuti autentici dallo stesso Signor Gambetta, esiste la presunzione, se non la certezza, che autori ne siano stati gli stessi soldati francesi; e ciò non già nell'impeto dell'assalto nè per quelle inesorabili necessità della guerra, a cui debbono tutti piegarsi, sibbene quando la città non faceva resistenza e gl'insorti l'avevano abbandonata. Non si tratta qui di forza maggiore, ma di tali estremi giuridici per cui riesce difficile il negare la imputabilità e l'obbligo della rifusione dei danni che ne consegue.

Fra pochi giorni sarò in grado di trasmetterle una memoria nella quale si trae dagli stessi verbali della Commissione internazionale diligentemente e fedelmente riprodotti per tutto ciò che concerne la questione di responsabilità l'accertamento dell'indole e degli autori dei danni. Riescirà allora facile il giudizio, e si scorgerà che, se si può, come abbiamo sempre concesso, addivenire a transazione per quanto riguarda l'ammontare del rimborso, non può invece esservi adito a seria obiezione circa il nostro buon diritto. Quando anche serie obiezioni potessero contrastarlo, la quistione di diritto può e deve rimanere impregiudicata, nelle trattative amichevoli per un equo componimento. L'anticipata rinuncia nostra al Signor Gambetta sembra necessaria perchè altrimenti la nostra pretensione giuridica potrebbe rinascere; non ci sembra fondata una simile obiezione. È facile osservare che se le trattative approdino a soddisfacente risultato, ed alla determinazione di una cifra accettabile ed accettata pei risarcimenti di cui trattasi, naturale conseguenza ne sarà che la quistione di diritto rimanga oziosa ed abbandonata, e debbasi solo ricercare una conveniente redazione; però nella contraria ipotesi è evidente la necessità che la posizione giuridica delle parti rimanga qual'era avanti il tentativo del componimento. Un diverso sistema collocherebbe una parte nell'assoluta discrezione dell'altra parte quanto alla somma che rappresentar dovrebbe il risarcimento, il che certamente non potrebbesi pretendere nè consentire.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 485.

511

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 323. Atene, 26 gennaio 1882 (per. il 31).

La Circolare del Conte Kalnoky, in data del 12 corrente, relativa ai vari punti tuttora in litigio tra Turchia e Grecia deve essere già nota all'E. V., di guisa che non starò a ripeterla, dopo la cortese comunicazione avutane dal mio collega Austro-Ungarico.

A me preme e giova, pertanto, riferire come il Principe Wrede non ne abbia fatto finora alcun cenno al Signor Comondouros, sia perchè questi debba averla risaputa dal Rappresentante Greco a Vienna, sia per non ripetere senza necessità cose poco gradite al Governo Ellenico, e stonanti affatto dalle premurose richieste sporte ai Gabinetti mediatori.

Il Presidente del Consiglio fattone intanto consapevole dal Principe Ypsilanti me ne tenne jeri discorso, non senza rimpiangere la poca sollecitudine del Governo Imperiale e Reale, rispetto alla Grecia, e, più ancora il tentativo di condurre agli stessi consigli gli altri cinque Gabinetti; onde conseguirebbe, nel suo pensiero, il totale abbandono degli interessi Ellenici.

Ispirandomi ai concetti più volte espressi . dall'E. V., cercai di rincorare il mio interlocutore, provandogli come egli esagerasse senza ragione il senso e la portata della Circolare surriferita.

Doversi, anzi, quel documento ravvisare come un saggio suggerimento alla Grecia che trarrebbe di certo maggior profitto e più pratico beneficio da un diretto e leale negoziato con la Sublime Porta, intorno alle diverse quistioni sorte dopo la Convenzione del 24 Maggio 1881.

L'azione delle Potenze non potersi esercitare ad ogni piè sospinto, e per qualsiasi lieve incidente, e doversi pure tener conto dei grandi sacrifici della Turchia, non che della buona fede con la quale gli impegni contratti erano stati adempiuti. Trattarsi ora, soltanto, di regolare alcuni punti controversi, conseguenza necessaria e, quasi, corollario di una cessione territoriale, e non essere prudente compromettere l'avvenire ed i rapporti di bravo vicinato per interessi di secondaria importanza. Appigliandosi il Gabinetto di Atene al partito della moderazione, e della longanimità, non potrebbe che veder appianate in breve le piccole difficoltà esistenti e riscuotere l'approvazione dell'Europa che provò abbastanza quanto il bene della Grecia le tornasse a cuore.

Nel fare siffatti ragionamenti, mi tenni sulle generali, evitando con cura di accennare piuttosto a questa che a quella controversia, e di entrare nel loro merito. Se non riuscii a convincere il Signor Comondouros (sempre sospettoso e diffidente lorchè trattasi del Gabinetto di Vienna) ebbi almeno la persuasione che lo statu quo sarebbe tollerato fino all'apertura del Parlamento, al quale spetterà di decidere se continuare in questa via o ricorrere ad altri mezzi.

Interpellato, quindi, sul risultato delle amichevoli entrature che furono prescritte al Signor Conduriotis, (Vedi Rapporto n. 319) (l) mi fu risposto, avere quel diplomatico trovato i Ministri del Sultano inflessibili sulle loro pretese.

S. E. ravvisa appieno quanto le Pptenze debbano essere stanche di udire continuamente i pianti ed i lamenti della Grecia; ma, stimò dover suo dì riferire e sottoporre al loro alto e autorevole apprezzamento tutti gli incidenti occorsi in questi ultimi tempi, e che Essa considera provocati, senza eccezione, dalla Turchia.

(l) Non pubblicato.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 73. Roma, 27 gennaio 1882, ore 18,20.

J'ai lu avec le plus vif intéret et soumis à S. M. le Roi rapport du 19 janvier (1), rendant compte de l'entretien de V. E. avec le comte Kalnoky. J'approuve entièrement les termes ainsi que la mesure de votre langage. Il est nature! que le cabinet austro-hongrois veuille, avant de s'engager plus loin envers nous, consulter le prince de Bismarck. Le voyage de Wolkenstein à Berlin, dont les journaux s'occupent, pourrait bien se rattacher à ce sujet. Le comte de Launay a été instruit de ce qui s'est passé entre V. E. et Kalnoky. Il doit etre prochainement reçu par Bismarck. Je vous télégraphierai aussitòt après. La réserve, dont le comte Kalnoky a témoigné à cette occasion, ne me para'ìt donc guère devoir nécessairement s'expliquer par une défiance injustifiable à notre endroit ou par une espèce de chauvinisme conservateur concerté entre Vienne et Berlin. Quoi qu'il en soit d'ailleurs nous ne devons pas regretter d'avoir pris franchement une position, dont nous sommes bien résolus, au point de vue surtout de nos propres intérets, à ne pas nous laisser dé:r>lacer. L'équivoque n'est désormais plus possible, et on doit savoir à Vienne comme à Berlin quelle est la base inébranlable et permanente de notre politique. Libre maintenant à ces deux puissances de considérer quand il pourra leur convenir de profiter d'une situation, où il n'y a certainement pas d'impatience de notre còté (2).

513

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2958. Berlino, 27 gennaio 1882 (per. il 2 febbraio).

Les instructions transmises par V. E., surtout par sa dépeche du 29 décembre (3) et son télégramme du 19 janvier (4), me mettront à meme de m'expliquer nettement avec le Chancelier de l'Empire sur la question qui touche de plus près à nos intérets politiques. Depuis un mois environ, j'ai demandé à le voir à plusieurs reprises. Chaque fois que je rencontre le Secrétaire d'Etat je m'informe de la santé de Son Altesse avec un empressement si marqué, qu'il se rend parfaitement compte que c'est une manière indirecte de rappeler que je suis dans l'attente. Hier encore, à la Cour, j'interpellais le Comte de Hatzfeldt, et j'apprenais que Son Altesse, après avoir forcé la consigne du médecin en se rendant, le 24 courant, au Reichstag pour défen

dre le rescrit Impérial et les droits de la Couronne, souffrait d'une rechùte de rhumatisme et avait encore besoin de quelque repos, mais que je ne tarderais pas à etre reçu.

J'admets cette excuse sous bénéfice d'inventaire. Je crois plutòt que le Prince a voulu attendre que la situation fùt mieux éclaircie à l'égard des rapports avec la Cour du Vatican pour le cas où il jugerait à propos d'en parler. Aussi je comptais presque avoir mon audience peu après l'avis qu'il me faisait parvenir par l'entremise du Secrétaire d'Etat (rapport n. 2953 du 20 janvier) (1). Depuis lors il aura évidemment été renseigné de Vienne sur les ouvertures faites par le Comte de Robilant (2). Il prévoit que j'entàmerai ici le meme sujet, et il aura voulu s'entendre avec le Comte Kalnoky. Il se pourrait fort bien que le Chef de Section Comte de Wolkenstein, arrivé ici avant hier avec la prétendue mission de négocier sur les affaires du Danube et sur quelques autres points d'ordre commerciai, soit venu aussi pour écouter et rapporter les impressions du Prince en ce qui nous concerne. Dans ce cas, il sera d'autant plus intéressant de voir dans leur calcul de nous mettre davantage à l'épreuve, de ne pas se lier hic et nunc et de chercher, sans nous décourager, à entretenir nos fermes dispositions. Si tel était le cas, comme semble le laisser pressentir la réponse délatoire et au reste parfaitement courtoise donnée à mon Collègue à Vienne, nous ne devrions pas nous laisser rebuter parceque nous ne prendrions pas la place au premier assaut. Il s'agit bien plutòt d'un siège en règle. Nous ne sommes encore qu'aux travaux d'approche. Maintenons-nous dans la vaie qui aboutira vers le but que nous nous proposons, quand les deux Cours seront toujours plus persuadées que nous restons inébranlables dans la conduite que nous nous sommes tracée. Au reste, en face d'une France qui n'est rien moins que notre arnie et qui va à la dérive, nos étapes vers Vienne et Berlin sont obligatoires. Nous n'avons plus la liberté de nos alliances. Appliquons-nous cette maxime du Prince de Bismarck: «Un Gouvernement ne doit pas avoir d'indécisions: quand il a une fois adopté une vaie il faut qu'il marche en avant sans regarder à droite ni à gauche; s'il est flottant, il devient faible et tout l'Etat en souffre ». Dans san esprit cette maxime s'appliquait à la politique intérieure; mais elle est aussi de mise dans la politique étrangère.

Il est peut-etre regrettable que mon entrevue ne doive avoir lieu qu'après la chùte de M. Gambetta. La nouvelle parvenue ce matin n'était pas prévue ici il y a peu de jours, ainsi qu'il résulte de mon rapport n. 2957 (3). Avec

M. Gambetta au pouvoir, la défiance qu'on lui portait aurait un peu facilité ma tàche. Sa retraite laisse piace à des hommes d'Etat moins aventureux et Ies appréhensions diminueront. Il est vrai qu'avec la Chambre actuelle où Ies radicaux abondent, tout Gouvernement sérieux devient impossible et que d'autres crises ne tarderont pas à se produire.

Le dernier discours de V. E., de meme que celui qu'elle a prononcé à la Chambre le 7 Décembre dernier (4), n'a pu produire qu'un bon effet ici.

(-4) Cfr. n. 358.
(l) -Cfr. n. 487. (2) -Questo telegramma fu comunicato a De Launay con t. 75 pari data. (3) -Cfr. n. 407, nota l, pag. 419. (4) -Cfr. n. 487, nota l, pag. 498. (l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 487. (3) -Del 25 gennaio, non pubblicato.
514

L'AMBASCIATORE A BERLINO DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2959. Berlino, 27 gennaio 1882 (per. il 2 febbraio).

La Chambre des Députés sera bientòt appelée à délibérer sur le projet de loi présenté par le Ministère prussien au sujet des modifications à introduire dans l es lois ecclésiastiques (rapport n. 2954) (l).

Le Cabinet de Berlin ne se flatte point, par des mesures législatives, de mettre un terme à la lutte de principes entre l'Etat et l'Eglise. Il se borne à la recherche d'un modus vivendi pratique entre les deux pouvoirs. On laisse entendre à l'Eglise catholique que l'Etat n'a pas besoin de son appui, et qu'il ne capitulera jamais. Il déclare faire son possible pour donner à ses sujets appartenant à ce culte la plus grande liberté réligieuse, pour autant que celle-ci ne heurte pas les intérets du pouvoir civil. Il faut sans doute à cet effet une majorité dans le Landtag, mais si le centre refuse son appui, le Gouvernement pourra et saura attendre.

Je sais que le Prince de Bismarck croit qu'il parviendrait à s'entendre directement avec le Pape et c'est pourquoi les relations diplomatiques vont etre très-prochainement rétablies avec le Vatican. Mais le Chancelier conserve peu d'espoir d'un accord avec le parti du Centre, dont le Chef persiste à réclamer l'abrogation des lois de mai, au lieu de se contenter d'une simple révision, et de faciliter l'attitude du Gouvernement en lui accordant des pouvoirs discrétionnaires. Son Altesse maintient son dire qu'il n'ira pas à Canossa, et qu'il est personnellement engagé d'honneur dans cette question. Il est une limite qu'il ne saurait dépasser.

Que signifiaient alors certains articles de la Post? Une fata Morgana pour entretenir les illusioris du St. Siège ou bien un avertissement à l'Italie de ne pas mettre l'Allemagne en tentation de sortir de son arsenal une arme, dont l'emploi lui semblerait indiqué, si nous nous engagions un jour dans un autre courant que celui que nous suivons actuellement. Nous ne devons pas oublier qu'aucun Gouvernement étranger, celui-ci nommément, n'a jamais déclaré qu'à son avis, il appartient à nous seuls de régler la question de la Papauté.

Depuis les publications du journal précité, la situatiun s'est sensiblement améliorée à cet égard. Preuve en est mon rapport n. 2953 (2). Le Prince de Bismarck devait savoir par le Cabinet Autrichien que nous venions une fois de plus de témoigner de notre ferme propos de rester fidèles au programme inauguré par la visite Royale à Vienne. Notre attitude calme et à la fois résolue aura aussi produit bon effet. Il n'est pas pour nous de politique meilleure en ce moment que de garder notre sang-froid, de laisser passer tous les bruits sans les dédaigner et sans les prendre non plus trop au sérieux. Re

stons tout simplement fidèles à cette sagesse que nous sommes obligés de pratiquer dans nos affaires intérieures, pour mieux la pratiquer ensuite dans nos relations avec l'étranger.

(l) -Del 21 gennaio, non pubblicato. (2) -Del 20 gennaio, non pubblicato, ma cfr. n. 489.
515

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2274. Costantinopoli, 27 gennaio 1882 (per il 2 febbraio ).

Ieri il signor Incaricato di Germania mi significò aver ricevuto l'ordine di intendersi co' suoi colleghi di Russia e d'Austria-Ungheria per la comunicazione a farsi alla Sublime Porta sulle cose d'Egitto, secondo la forma convenuta fra i due Governi imperiali. Soggiunsi essere io pure munito dell'istruzione d'associarmi a' miei tre colleghi in questo procedimento. * Però il Barone di Hirschfeld mi faceva intendere le sue istruzioni essere verosimilmente incomplete, non fare esse menzione dell'Italia, aspetterebbe ulteriori ordini da Berlino.*

L'Ambasciatore austro-ungarico mi ripeteva quanto già ebbi l'onore di riferire all'E. V. (2) in ordine alle istruzioni da esso ricevute, aggiungeva la nota dovere essere identica, l'Italia era libera di fare analoga comunicàzione alla Sublime Porta.

L'Ambasciatore di Russia aveva ricevuto un nuovo telegramma da Pietroburga sull'argomento, in esso era fatta menzione dell'Italia, ma il telegramma era in cifra a S. E. non era riuscita a comprenderne H senso.

E i,ersera compariva il telegramma (3) pel quale l'E. V. mi faceva l'onore di riferirmi, il signor Giers avere ripetuto al Cav. Nigra, il Governo russo non aveva preso alcuna iniziativa, si era limitato a suggerire ai Gabinetti di Berlino di Vienna, e di Roma di mandare ai rispettivi Ambasciatori a Costantinopoli l'istruzione di concertarsi per caso che i quattro Gabinetti giudicassero necessario di fare una comunicazione alla Sublime Porta; egli aveva quindi mandato al signor Novikoff l'istruzione di mettersi eventualmente d'accordo co' suoi colleghi, fra i quali aveva inteso comprendere il Rappresentante d'Italia.

*La ragione della presente nostra posizione è che la Russia ometteva di indirizzare al Gabinetto di Roma il suggerimento che rivolgeva a quelli di Berlino e di Vienna. Questi ed i rispettivi rappresentanti a Costantinopoli sono quindi d'avviso che, malgrado le presenti dichiarazioni della Russia, l'iniziativa della proposta appartiene a questa, e non si mostrano quindi disposti a modificarla, tanto più in presenza delle attuali esitazioni del Signor Novikoff.

In tali circostanze io non indugiai a telegrafare (l) alla E. V. essere urgente che i miei tre colleghi ricevessero l'istruzione positiva d'ammettere la partecipazione dell'Italia alle risoluzioni a prendersi in proposito * (2).

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 65-66. (2) -Cfr. n. 507. (3) -Cfr. n. 505.
516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (3)

T. 77. Roma, 28 gennaio 1882, ore 14,35.

Je vois par votre télégramme d'hier (4), que la préoccupation de l'Egypte porterait, d'après lord Granville principalement sur l'éventualité où Berehan voudrait profiter de la reconnaissance de son statu quo actuel pour faire à une tierce puissance des cessions territoriales ultérieures. Lord Granville estime que notre formule ne suffit pas pour écarter cette préoccupation et il insiste pour que nous acceptions l'une ou l'autre des deux formules concertées entre le Foreign et l'Indian Office. V. E. a sans doute déjà fait remarquer à lord Granville que notre formule, d'après la dernière rédaction indiquée dans mon télégramme du 19 janvier (5) ne fait qu'ajouter à la formule anglaise n. 2 les mots: «le statu quo actuel est maintenu pour le dit Sultan ». Notre pensée n'a jamais été d'éxiger que la Turquie et l'Egypte reconnaissent pour Berehan une situation indépendante. Nous tenons seulement, obligés comme nous le somme par nos transactions antérieures avec le chef indigène, à ce que sa situation demeure impréjugée en droit et inaltérée en fait. Nous avons, d'autre part tout aussi bien que la Turquie et l'Egypte à coeur d'éliminer la possibilité qu'une tierce puissance quelconque vienne s'installer dans la Mer Rouge au sud d'Assab. Cela étant l'accord me parait devoir étre facile. Je n'ai de mon còté, pour écarter toute préoccupation de l'Egypte, aucune difficulté à remplacer les mots «le statu quo actuel est maintenu » qui paraissent impliquer de sa part une reconnaissance d'inùépendance par la simple addition à la formule anglaise n. 2 aux mots: « ainsi qu'à exclure tout changement dans ses conditions de fait actuelles ». Ce serait ainsi, non pas un engagement bilatéral, mais une déclaration uniIatérale du Gouvernement italien, après laquelle chacune des deux parties garderait à l'égard de Raheita sa manière de voir. La clause ainsi rédigée aurait, en outre, l'avantage de créer à Berehan un empechement contre toute idée de cession territoriale ultérieure. La formule serait donc définitivement conçue dans les termes suivants: «Le Gouvernement italien reconnait, en ce qui le concerne, la souveraineté de la Sublime Porte et de l'Egypte sur le reste de la còte occidentale de la Mer Rouge au sud aussi bien qu'au nord d'Assab.

Cependant, en suite de transactions antérieures, le Gouvernement italien se considère obligé à garantir le Sultan de Raheita contre toute difficulté qui pourrait lui venir du dehors à cause de ses engagements avec l'Italie relativement à Assab, ainsi qu'à exclure tout changement dans ses conditions de fait actuelles. * Le Gouvernement italien s'engage en outre à ne pas étendre les présentes limites d'Assab telles qu'elles sont indiquées ci-dessus à l'art. r•r ». J'espère que cette formule va étre agréée par Iord Granville et qu'il s'emploiera pour la faire accepter par l'Egypte. En ce cas, il pourrait, ce me semble, ne pas hésiter, sans méme attendre la réponse du Caire à faire faire par Dufferin la déclaration en présence de laquelle la Sublime Porte parait maintenant étre disposée à accepter la convention. *

(l) -T. i32 del 26 gennaio, non pubblicato. (2) -Mancini inviò con t. 72 dello stesso 27 gennaio questa istruzione agli ambasciatori a Berlino, Pietroburgo e Vienna. (3) -Ed. in italiano, ad eccezione del brano tra asterischi e con aLcune varianti, in LV 54, p. 152. (4) -Cfr. n. 509. (5) -Cfr. n. 486.
517

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 139. Pietroburgo, 28 gennaio 1882, ore 17,40 (per. ore 19,05).

Pour mettre fin au malentendu, j'ai annoncé officiellement et par écrit à Giers que Corti avait été autorisé à se concerter avec ambassadeur de Russie et ses autres collègues de l'Allemagne et d'Autriche à Constantinople au sujet d'une démarche éventuelle sur les affaires d'Egypte, et j'ai demandé que Novikoff fut également autorisé à s'entendre avec ambassadeur d'Italie à Constantinople conjointement avec ses autres collègues. A la suite de cette démarche Giers a envoyé à Novikoff télégramme dont voici la substance. « Ambassadeur d'Italie à Pétersbourg m'a annoncé que Corti était autorisé à s'entendre avec vous et ses autres collègues sur démarche éventuelle. Je vous confirme instructìons portant que l'entente doit avoir lieu à quatre ». Giers a également télégraphié à Vienne et à Berlin qu'il a toujours entendu parler d'une entente à quatre et non à trois (1).

518

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 140. Berlino, 28 gennaio 1882, ore 17,40 (per. ore 19,10).

Cabinet de Berlin verra, il va sans dire, avec satisfaction l'Italie se joindre à la démarche auprès de la Sublime Porte du moment où tel serait aussi l'avis de la Russie et de l'Autriche, ce que du reste, on ne saurait mettre en doute. Chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople a été aujourd'hui méme instruit

dans ce sens et engagé en méme temps à se concerter à cet effet avec ses collègues Novikoff et Calice. Ambassadeur de Russie a déjà reçu autorisation pour communication à quatre; il manquerait encore assentiment explicite de l'Autriche à transmettre à Calice; c'est ce que vient de me dire le secrétaire d'Etat. Il était inexact qu'il eut fait à l'ambassadeur de Turquie à Berlin une communication impliquant qu'il fallait attendre réponse du Gouvernement français et anglais à la demande d'explication de la Sublime Porte. La démarche indépendante de cette réponse aura lieu aussitòt les quatre puissances seront entièrement mises d'accord.

(l) Il contenuto di questo documento e del n. 518 fu comunicato alle ambasciate a Vienna e Costantinopoli con t. 78 pari data.

519

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 gennaio 1882.

Je vous écris très à la hàte. Un télégramme sur l'Egypte (l) m'a obligé, en ce jour d'éxpédition du Courrier, de me rendre au Ministère et de télégraphier à la Consulta (2). Quel gàchis pour la communication à faire à la Porte. Chacun des trois Empires se disait très disposé à notre participitation, mais laissait ses Ambassadeurs à Constantinople sans instructions précises. Enfin NoFikoff a reçu un assentement de Pétersbourg, et le Cabinet de Berlin a télégraphié aujourd'hui à son chargé d'Affaires en Turquie, qu'il allait sans dire qu'on verrait avec satisfaction notre concours du moment où de Vienne et de Pétersbourg on serait du méme avis. Le diplomate allemand est chargé de se concerter avec ses collègues. L'Autriche est en retard, cependant d'après vos télégrammes Kàlnoky n'avait soulevé aucun doute sur une démarche à quatre. Les trois Empires ne se sont pas montrés très gracieux à notre endroit...

Venons à la grosse question. Il est évident que du moment -j'en avais éte aussi informé de Rome -où M. Mancini avait attaché le grelot chez Wimpffen vous ne pouviez hésiter à aller vous aussi de l'avant. Vous ne pouviez parler dans des termes plus appropriés et mesurés. Je vous en fais mon compliment sincère. Quant à la réponse que vous avez eue, elle était prévue. Elle est dilatoire mais en méme temps très polie. On nous renvoie à un tribuna! supérieur. C'est mon tour de monter sur la bréche. Je me suis armé de mon mieux de pied en cape, mais je n'ai pas encore pu m'aboucher avec l'interlocuteur principal. Voilà près d'un mois que j'ai demandé à lui faire visite; il devait d'abord me recevoir le 10 Janvier, puis ç'a été partie remise pour cause de maladie. Non encore convalescent il a forcé la consigne du médecin pour tenir au Reichstag son discours si remarquable sur les droits de la Couronne, il en est résulté une rechute de douleurs rhumatismales. Mais il me fait donner l'assurance que l'audience sera très prochaine. Je crois

plutòt que tout cela n'est qu'un prétexte pour attendre que la situation soit un J)eu mieux éclaircie. Il n'est guère présumable que le Chancelier n'ait pas été renseigné de Vienne sur votre conversation avec Kalnoky. On voudra se concerter d'ici avec Vienne. Peut étre que le Comte de Wolkenstein, arrivé ici avant hier avec la prétendue mission de conférer sur la question du Danube et quelques points d'ordre commerciai, aura aussi été chargé de parler de ce qui nous concerne. Le fait est que je reste encore le bee dans l'eau.

En attendant je ne crois pas qu'ici, comme à Vienne, on se prononce hic et nunc. On veut nous voir davantage à l'épreuve dans nos fermes résolutions. Sans nous décourager, on se bornera à prendre acte de nos résolutions, sauf à s'entendre en temps opportun pour préciser l'entente. J'apprends avec plaisir que M. Mancini ne se décourage pas. Notre devoir est de le soutenir de notre mieux pour couper toute ligne de retraite. II est regrettable que l'occasion m'ait manqué pour faire ici des ouvertures avant la chute de Gambetta. Ses successeurs inspireront plus de confiance et dès lors on sentira un peu moins le besoin de se rapprocher de nous. Il est vrai que quelle que soit la nouvelle administration, elle aura à Iutter contre une Chambre qui ne tardera pas à susciter de graves embarras, et d'autres crises ministérielles ou meme de plus graves dangers. Quoi qu'il en soit l'essentiel est de nous engager moralement dans la voie tracée par la visite Royale à Vienne, et d'attendre alors patiemment une réciprocité, et une entente plus intime. En présence d'une France radicale et qui est si loin d'etre une arnie sùre, nous n'avons d'ailleurs qu'un seui choix à faire dans l'intéret du Roi et du Pays. Nous ne pouvons avoir d'autre programme que celui inauguré à Vienne. Il y va de notre salut. Dans cette position il faut tàcher, autant que le comporte la dignité, de se raidir contre certaines désillusions ou piqùres d'amour propre, quelque sensibles qu'elles soient. Ainsi depuis le voyage à Vienne et meme déjà lors de la présence de nos Souverains dans cette capitale, l'attitude du Cabinet de Berlin a Iaissé beaucoup à désirer. J'en suis profondément blessé, mais la raison d'état I'emporte sur toute autre considération. Il faut certainement surmonter une certaine répugnance pour faire le chemin qui nous conduit à Berlin, sans qu'on ait l'air de faire un seul pas à notre rencontre. C'est ce que j'avais au fond du coeur en fournissant à son retour à Rome à M. Mancini le projet de circulaire du 6 Novembre (1). J'ai tué ce sentiment de répugnance pour ne m'inspirer que des intéréts de l'avenir. Cette circulaire à été épluchée selon les habitudes de notre Ministre des Affaires Etrangères. Mais il a conservé les parties principales du projet. Il ne voulait pas d'abord qu'on mentionnàt la solidarité entre les Monarchies, et il l'a maintenue seulement après mon insistance énergique. Malgré mon opposition il a voulu parler de la civilisation, ce cliché qu'on invoque cependant contre nous pour justifier I'expédition de Tunis, pour nous exclure de l'Egypte. Il a tenu aussi à intercaler Ies mots: application constante des lois, comme si cela n'allait pas sans dire. Ma phrase qui visait l'Irredenta, était beaucoup plus énergique. Enfin il a supprimé ma conclusion: «Il résulte de cette dépeche que si nous tenons à entretenir Ies meilleures

relations d'amitié avec toutes les Puissances, nos préférences marquées sont pour l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne. Mais, sauf ces amendements, l'ensemble est resté, et j'ai été bien aise que notre Ministre signat cette dépeche qui nous engage et fixe en meme temps l'attitude de nos agents à l'étranger.

Je vous serais très obligé de fare parvenir dans la cassette au Chevalier Tosi le pli ci-joint. Est-on bien sur que cette cassette est à l'abri des indiscrétions de la poste? Pour cette fois cela n'aurait aucun inconvénient, mais pour une autre fois je tiendrais à etre fixé là dessus.

(l) -Cfr. n. 505, nota 3. (2) -Cfr. n. 518, pari data.

(l) Cfr. n. 309.

520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, E A PIETROBURGO, NIGRA

T. 79. Roma, 29 gennaio 1882, ore 11,45.

Kalnoky a hier adressé à Calice télégramme suivant: « Les démarches à faire auprès de la Porte devront précisément avoir comme base le point de vue européen; il est de toute évidence que l'Italie doit en etre avec les autres puissances. Vous vous entendrez avec le comte Corti, comme avec vos collègues de Russie et d'Allemagne ».

(Seguito per Berlino e Pietroburgo) (lnstructions analogues on été télégraphiées à l'ambassadeur de Russie (Allemagne) par son Gouvernement.

521

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DE ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1591. Vienna, 29 gennaio 1882 (per. il 2 febbraio).

Col mio telegramma del 18 corrente (l), e più ampiamente col mio rapporto della presente serie del 19 corrente n. 1586 (2) ho ragguagliato con precisione l'E. V. intorno all'importante conversazione da me avuta col Conte Kalnoky a seconda delle istruzioni impartitemi con dispaccio del 29 scorso dicembre n. 1233 (3).

Quelle mie informazioni però compilate a cosi breve intervallo dall'avuto colloquio necessitano ulteriori apprezzamenti che m'accingo a svolgere ail'E. V. nel presente rapporto, con quella mia usata franchezza a cui meno che mai saprei fare eccezione in questa circostanza di tanto momento per la Dinastia e per l'Italia.

Oramai sembrami non vi siano più illusioni da farsi sugli intendimenti dell'Austria-Ungheria a nostro riguardo. È evidente che il Gabinetto di Vienna desidera vivamente mantenere con noi relazioni amichevoli ed anche cordiali, ma nulla più per il momento. Ad accordi più intimi non ravvisa ancora di sua convenienza l'addivenire con noi.

Ragione di ciò si è anzitutto la differenza assoluta radicale che esiste nella politica interna dei due paesi. In Italia, piaccia o non, è fatto incontestabile che procediamo a gonfie vele verso uno sconfinato progresso di ogni libertà.

In Austria invece da un paio d'anni si batte l'opposta via a grande velocità. Il trionfo di tutti quei principii che chiamansi conservativi è la meta a cui aspira il Governo dell'Imperatore e quasi ogni giorno si può constatare un nuovo passo fatto su quella via. La sola cosa forse ben convenuta negli accordi che legano l'uno all'altro i Gabinetti di Vienna e di Berlino si è precisamente, a parere mio, la reciproca assicuranza di perseverare di conserva in quella politica di fare fronte cogli opportuni mezzi all'invadente radicalismo. Ai tempi della Santa Alleanza quello scopo si raggiungeva colla forza materiale; in quelli che corrono ciò non sarebbe più fattibile; ed altri mezzi si adoperano forse più efficaci. Primo fra questi si è, chiaro apparisce, l'isolamento e quindi l'impotenza in cui si fanno cadere quegli Stati da cui potrebbe esercitarsi una pericolosa propaganda. Dell'efficacia del sistema purtroppo non è più lecito agli Italiani di dubitare, poichè più che mai forse ne siamo

V'ittime.

È comune in Italia l'apprezzamento fondato su precedenti storici non formare ostacolo alla conclusione di alleanze di diverso magari opposto indirizzo seguito nella politica interna da due Stati, che ad esclusivo scopo di politica estera intendono legarsi l'uno all'altro con precise stipulazioni. Ma

conviene riconoscere che fatti simili pur sempre poco comuni si produssero soltanto in circostanze eccezionalissime ed allorquando i due Stati contraenti avevano la piena certezza di potere fare assegno l'uno sull'altro, ad uno scopo ben determinato fino a quando durerebbe il comune pericolo ravvisato tale dall'opinione universale nei due Paesi.

Ben diversa è oggi la situazione reciproca dell'Austria e dell'Italia, od almeno è fuori di dubbio che tale apparisca agli occhi di chi governa a Vienna e direi anche a Berlino se mi fosse lecito invadere il campo del mio illustre collega che rappresenta il Re in quella Capitale. Non volendo parlare che di Vienna devo dire senza reticenze che qui non si ha fede nella serietà dei nostri propositi oggi, e tanto meno nella costanza in essi se anche attualmente fossero veramente tali quali si dimostrano. La fede non s'impone, e non vi ha ragionamento che valga a farla penetrare in chi non l'ha. Anzi ho dovuto più volte persuadermi, ed anche durante il mio ultimo colloquio col Conte Kalnoky, essere assai pericoloso l'accingersi a confutare con ragionamenti le impressioni esistenti: poiché la discussione finisce sempre per cadere su fatti ed antecedenti personali che non si possono negare e che nulla vale spiegare coi cambiamenti avvenuti in conseguenza dei mutati eventi e delle diverse posizioni. Citerò un esempio che non ci tocca ed è quello del Signor Gladstone. Orbene sta di fatto che, a malgrado la poco decorosa ritrattazione ch'Egli ebbe a fare al momento in cui assunse !fl direzione della cosa pubblica dal sovrano all'ultimo dei suoi sudditi nessuno in Austria ha dimenticato H linguaggio da lui tenuto come deputato dell'opposizione e sempre lo si considera qui come un acerrimo nemico dell'Austria-Ungheria la cui caduta sarebbe accolta con gioia.

Grave è senza dubbio questa condizione di cose, quando si considera di quanto giovamento ci sarebbe H potersi con sicurezza appoggiare all'AustriaUngheria ed alla Germania e si vede l'impossibilità di... (l) senza nostra rovina il fascio delle potenze occidentali e peggio ancora H rimanere sempre isolati, mentre assai minaccioso per l'Europa si presenta un non lontano avvenire.

Sembrami cionondimeno non si abbia ad esitare sulla via a seguire. Ammetto anzitutto che non possa essere H caso di mutare radicalmente l'indirizzo della nostra politica interna poiché le masse da noi non si persuaderebbern che per assicurare alla Patria quel prestigio e quella forza che Le si addice nel concerto europeo si abbiano a menomare quelle sue libertà ch'esse tendono a sempre più allargare ma non credo del pari non si possa fare intendere alle sfere dirigenti che i supremi bisogni della Patria impongono di rimettere a tempi più calmi la realizzazione d'idee che applicate oggi possono compromettere le nostre sorti.

Premessa dunque la necessità, ove vogliasi effettivamente stringere un giorno un'alleanza seria coll'Austria e colla Germania, di rallentare la nostra veloce marcia verso gli ideali, vorrei vedere i nostri armamenti in maniera tale da fare prendere in seria considerazione il peso delle nostre armi nella bilancia di quegli eventi che possono anche prodursi prossimamente. Al tempo stesso, mentre non ricercherei più in maniera alcuna contatti che con danno della nostra dignità, sono e saranno per qualche tempo ancora respinti, non muterei per niente la condotta politica da noi seguita in questi ultimi mesi. Persisterei nell'affermare il nostro intendimento di vivere in pace con tutti i nostri vicini sulla base dei trattati vigenti non dissimulando però al tempo stesso che le simpatie dell'Italia non possono essere che per l'Austria-Ungheria e la Germania, e di ciò non mancherei di dare prova in ogni occasione che non implichi una lesione dei nostri assoluti interessi. Mantenendosi normale la situazione il seguire una condotta politica com'ebbi a tracciarla ci procurerebbe considerazione presso gli altri Gabinetti e non correremmo pericoli di sorta. Se poi gli eventi si facessero realmente minacciosi per la pace d'Europa, quelle Potenze che per le ragioni da me indicate non sarebbero disposte oggi a fare alleanza con noi ci ricercherebbero a malgrado tutto, la saviezza e dignità da noi dimostrate facendole persuase che si può essere leali ed efficaci alleati nonostante il diverso modo d'intendere il Governo interno dello Stato.

Non mi dissimulo le difficoltà dell'applicazione di un tal sistema che implica una temporaria passività certo non di natura a dare al Governo quella

forza che gli occorrerebbe per tenere in freno il partito radicale, che se sa tacere allorché lo si accarezza spiegherebbe tutte le sue forze, e non son poche, per reagire il giorno in cui si farebbe seriamente fronte contro di lui: ma non è men vero che altri mezzi non abbiamo onde avere un giorno quegli alleati senza i quali i nostri più gravi interessi già manomessi oggi sarebbero completamente conculcati in un non lontano avvenire e scadressimo così del tutto dall'acquistataci posizione di Grande Potenza.

L'E. V. col suo telegramma del 27 corrente (l) si compiacque significarmi avere approvato il linguaggio da me tenuto al Conte Kalnoky lo che mi riuscì di particolare soddisfazione. Dovetti però al tempo stesso constatare ch'Ella non divide i miei apprezzamenti intorno ai moventi a cui s'inspira il Gabinetto di Vienna nella sua attitudine a nostro riguardo. Sarebbemi ciò nondimeno impossibile di emettere un diverso giudizio in proposito senza tradire la verità, che ritengo sacro dovere di un ambasciatore l'esporre sempre senza reticenza al suo Governo. I miei apprezzamenti poggiano non sopra congetture ma bensì sopra fatti che si compiono sotto i miei occhi, e su discorsi che di continuo mi si tengono dai più autorevoli personaggi che troppo chiaramente lasciano trasparire il pensiero di chi mi tiene parola delle cose nostre perché io possa avere dubbi sul modo d'interpretarla (2).

(l) -T. 87, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 487. (3) -Cfr. n. 407.

(l) La parola manca nel!"originale.

522

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (3)

D. 1330. Roma, 30 gennaio 1882.

Con dispaccio del 16 di questo mese (4), dopo avere riassunto uno comunicazione fattami in quei giorni dall'ambasciatore di Turchia rispetto alle note identiche consegnate al Kedive d'Egitto, 1'8 gennaio, dagli agenti di

destra e sinistra -il quale possa o raccomandare, o solo ritenere possibile, praticamente un

indirizzo diverso; 3) che, del resto, l'Austria-Ungheria e la Germania, non hanno maggior ragionedi adombrarsi d'un indirizzo liberale in Italia, consentaneo alle nostre condizioni e alle nostre tendenze, di quel che dovremmo, a nostra volta, adombrarci di un indirizzo diverso che pajapiù consentaneo, in quei due paesi, alle condizioni e alle tendenze presenti.

Si è che lo stesso Principe di Bismarck, mentre ha toccato alla questione senza dubbio grave e complessa, dell'influsso del parlamentarismo sulla diplomazia e sulla situazione parlamentare, non ha detto verbo che suoni diffidenza contro le nostre libere istituzioni, mostrando viemmegiio che la sua esemplificazione di tre settimane or sono era argomento oratorio, constatazione (a nostro avviso non esatlta) di fatti, non già censura e disapprovazione».

Su tale appunto Mancini ha annotato:

«Credo utile, nel comunicare ciò che si è fatto a Berlino, o nel dare istruzioni pel da farsi a Vienna, rispondere a questo erroneo dispaccio rettificandone le idee e coordinandole col nostro indirizzo politico ».

(-4) Cfr. n. 475.

38 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

Francia e d'Inghilterra, ebbi cura di ricordarle, in termini precisi, quello che fu ed è nostro costante pensiero circa le cose egiziane; essere altamente desiderabile il mantenimento dello statu quo nel vicereame sulla base dei firmani imperiali, come quello che, insieme con lo svolgimento della prosperità economica e con la quiete del paese, assicura la esclusione dei conflitti che sarebbero necessaria conseguenza d'ogni tentativo d'alterazione della presente condizione politica a beneficio di questa o di quella potenza; la situazione dell'Egitto, regolata anche essa, come quella dell'intero Stato ottomano, da convenzioni che ebbero la firma e la malleveria dell'Europa non potersi, anche col consenso, che indubitatamente sarebbe richiesto, del Sultano, menomamente alterare senza la eguale partecipazione delle potenze formanti il concerto europeo.

p,erò, mentre così Le manifestavo l'animo nostro, aggiungevo parerei preferibile di differire la nostra risposta formale alla comunicazione ottomana fino che ci fossero note le intenzioni degli altri tre gabinetti a cui la Sublime Porta aveva rivolto simultaneamente la sua interrogazione, e coi quali io mi ero affrettato a mettermi in comunicazione.

L'E. V. ebbe notizia, mercè i telegrammi che Le spedii nei giorni scorsi sopra quest'argomento, delle fasi successive dello scambio di idee di cui prendemmo l'iniziativa. Senza qui ripetere ogni più minuto particolare del negoziato, mi basterà ricapitolarne le conclusioni. I quattro gabinetti si trovarono sostanzialmente concordi nel riconoscere l'opportunità di un officio da farsi presso la Sublime Porta per porre in sodo questo duplice concetto: mantenimento dello statu quo sulla base dei firmani e degli accordi europei; inammissibilità di una modificazione politica qualsiasi, la quale non sia il risultato di accordi tra la potenza alto-sovrana e le grandi potenze. I quattro gabinetti si trovarono del pari consenzienti nel lasciare ai loro ambasciatori in Costantinopoli la cura di concordare il momento più opportuno e la forma da prescegliersi per la divisata comunicazione.

Tostoché ci fu manifesto che in quel senso si sarebbero pronunciati i tre gabinetti con cui stavamo scambiando le nostre idee, ebbi cura d'impartirle, con telegramma del 25 di questo mese (1), convenienti istruzioni, dandole facoltà di concertarsi coi suoi colleghi per quegli officii che fossero sembrati espedienti. E, come l'E. V. mi ha oggi telegrafato (2), già Le fu confermato dai tre colleghi avere questi ricevuto parimenti dai rispettivi Governi istruzione di fare in quattro, cioè col concorso di Lei, la convenuta comunicazione, e doversi probabilmente tenere domani apposita riunione per fissare definitivamente il procedimento da seguirsi.

Volli però, con telegramma di stamane (3), pur rinnovandole le istruzioni precedenti, richiamare, in modo speciale, l'attenzione di Lei, sul carattere che gli officii attuali delle quattro potenze dovrebbero, a parer nostro, serbare. La Sublime Porta avendo rivolto, in seguito alla nota franco-britannica, una precisa interrogazione ai quattro gabinetti, è naturale che questi

rispondano dichiarando schiettamente i loro intendimenti rispetto alle pre

senti condizioni e alle eventuali contingenze in Egitto. Però sarebbe, non solo in quanto ci concerne, ma in quanto concerne altresì gli altri gabinetti, di cui ben conosciamo l'opinione su questo proposito, affatto contraria al vero la supposizione che a codesto atto attribuisse un carattere di opposizione, o anche soltanto meno amichevole, verso le due potenze che fecero consegnare al Khedivé la nota identica dell'8 gennaio, e che, per tal guisa, l'Europa si trovi, in certo modo, scissa in due campi. Noi dobbiamo invece ritenere che il pensiero delle quattro potenze non differisca sostanzialmente da quello delle altre due. Che anzi, per quel che spetta all'Inghilterra, possediamo, nel dispaccio di Lord Granville del 4 novembre (l) tale documento da cui ben si scorge come il gabinetto di Londra si accosti interamente al nostro modo di considerare in Egitto il presente e il futuro.

(l) -Cfr. n. 512. (2) -Allegato a questo rapporto è il seguente appunto di pugno di Malvano: «Non so se convenga proseguire, col Gen. di Robilant, una discussione sopra una divergenza di apprezzamento. se così paresse a S. E., sarebbe opportuno di far notare al Gen. di Rooilant: l) che la politica liberale italiana, appunto perché ben !ungi dal mirare a fantastici ideali, corrisponde a necessità concrete della situazione, costituisce un efficace elemento di quiete e di conservazione come quella che antiviene scosse e crisi le quali sono inevitabili conseguenze di quella politica che voglia opporre a una naturale, graduata, progressiva, innocua espansione, una inesorabile e fittizia compressione; 2) che non vi ha, in conseguenza, patriota italiano -senza distinzione tra (3) -Ed. in LV 35, pp. 68-70. (l) -Cfr. n. 501, J.n realtà del 24 gennaio. (2) -T. 145, non pubblicato. (3) -T. 82, non pubblicato.
523

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DE ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1593. Vienna, 30 gennaio 1882 (per. il 2 febbraio).

La partecipazione dell'Italia alla dichiarazione a rivolgersi alla Sublime Porta in risposta alla comunicazione da essa fatta ai Gabinetti di Roma, Berlino, Pietroburgo e Vienna, della Nota che essa rivolgeva ai Gabinetti di Londra e Parigi, a riguardo dell'attitudine da questi assunta nella questione d'Egitto, sembrami sia oggi in conseguenza dei passi fatti dal R. Governo posta fuori d'ogni contestazione.

Ci fu da ogni parte assicurato con termini più o meno precisi che quella nostra partecipazione non aveva mai formato oggetto di dubbio; ciò emerge dai telegrammi da me diretti in proposito all'E. V., nonché da quelli che V. E. ebbe a rivolgermi sullo stesso argomento, comunicandomi le risposte avute dai miei colleghi di Berlino e Pietroburgo (2).

Non è però men vero, che chiaro apparisce anche che se i tre summentovati Gabinetti intendevano ammetterci in loro compagnia per la partecipazione della Nota identica il cui tenore non è ancora formulato oggi con precisione, non erano però del pari disposti a concertare con noi il modo e la forma di quella dimostrazione diplomatica volendo essi limitare ai Tre Imperi il preventivo scambio d'idee. Dalle conversazioni da me avute al riguardo col Conte Kalnoky potei constatare, che il Gabinetto di Vienna si è in questa circostanza dimostrato siccome il più animato di amichevoli intendimenti a

riguardo dell'Italia, e di ciò parmi si abbia a tenergli gran conto; poiché non è a dissimularsi che abbiamo seriamente corso pericolo di vederci esclusi da un'azione Europea di tanta importanza per noi.

Ad ogni modo l'avvenuto deve metterei in attenzione affinché in avvenire niente d'analogo abbia a riprodursi (1).

(l) -Cfr. n. 330. (2) -Cfr. nn. 517 e 518.
524

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (2)

T. 86. Roma, 31 gennaio 1882, ore 12.

Le comte Corti ayant fait part à son collègue britannique de la déclaration que Cherif pacha vous a faite, à savoir que tout dépend pour la convention relative à Assab de la décision qui va étre prise à Constantinople, lord Dufferin a fait la remarque que Malet n'a jamais télépraphié ni écrit rien de pareil (3). Il est dane indispensable pour sortir d'une impasse dont cherchons depuis trop longtemps déjà l'issue que Cherif répète à Malet ce qu'il vous a déclaré et que ce dernier en donne immédiatement avis soit à Londres soit à Constantinople.

525

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 156. Berlino, 31 gennaio 1882, ore 23,10 (per. ore 1 del 1° febbraio).

Reçu aujourd'hui par le chancelier j'ai engagé entretien dans le sens de vos instructions. Pour prouver tout le sérieux de nos résolutions, j'ai dit que nous étions préts à concerter des engagements plus précis afin de mieux établir et régler une solidarité commune des intéréts monarchiques et pacific;:ues. Pour donner plus de poids à mes paroles, j'ai lu les déclarations formulées dans le dernier alinéa de la dépéche du 29 décembre (4). En faisant

Su questa falsariga fu redatto ed inviato a Robllant il d. 1248 del 4 febbraio, non pubblicato.

ces ouvertures, j'espérais que le chancellier se montrerait favorable à la réalisation d'un programme déjà irrévocablement arreté par nous et tout à fait indépendant des circonstances momentanées extérieures ou intérieures. S'il entrait dans ces idées, je me procurerais des instructions ultérieures ce qui n'empechait pas de le préssentir en attendant sur la meilleure forme à adopter. «Il est évident que de votre réponse dépendra celle de Vienne où des pourparlers préliminaires ont déjà eu lieu, j'aurais agi dès mon retour à Berlin si j'avais pu rencontrer Votre Altesse plus tot ». Sans faire lui meme aucune allusion aux ouvertures à Vienne, Bismarck m'a dit saluer avec applaudissement mon langage et déclarations qui prouvaient le sérieux et définitif de nos résolutions. L'Autriche, dont l'existence est une nécessité pour l'Allemagne, présente toutes les garanties voulues pour une alliance dans un but de paix et de conservation. Ni l'Angleterre, ni la Russie, ni surtout la France n'offrent la meme sécurité. Autriche et Allemagne réunies sont de taille à faire front à toute coalition, ce qui pourtant n'enlève pas de valeur à une union avec l'Italie monarchique. Plus on comptera d'amis de la paix et mieux celle-ci sera-t-elle gardée. Il est vrai qu'à Rome Parlement influence ou détermine meme la politique étrangère, tandis que diplomatie aussi bien qu'armée aux termes memes de la constitution sont placées sous la haute direction du Roi, il y aurait donc lieu de se préoccuper de changements ultérieurs. J'ai combattu cette supposition, car les grandes lignes de la politique étrangère, soustraites aux fluctuations des partis, sont imposées par la force des choses; c'est ce courant irrésistible qui nous place dans la voie où nous sommes soutenus par l'opinion publique qui ne souffrirait aucune déviation de ce programme. Parlant ensuite d'accords éventuels, le chancelier faisait l'observation qu'en général on n'aimerait pas les prendre pour de longues échéances et sans stipuler des clauses très précises. Entre l'Italie et l'Allemagne il serait peut etre moins malaisé de s'entendre, car elles n'ont pas d'intérets divergents, mais il surgirait des difficultés à s'entendre pour un traité d'alliance meme simplement défensive. Ni l'une ni l'autre ne voucL·ait l'éteindre à toutes les prévisions, autrement il dépendrait d'une des parties contractantes d'entrainer l'autre à sa suite pour sauvegarder des intérets qui ne seraient peut etre pas les siens. D'ailleurs l'Allemagne, n'étant pas limitrophe à l'Italie, devrait toujours s'assurer de l'assentiment de la tierce puissance, l'Autriche. Le Cabinet de Berlin pourrait, il est vrai, user de son influence sur l'Autriche pour l'engager à se lier avec nous, mais ce serait là un procédé peu régulier que de vouloir préjuger ainsi ses intentions formelles. « Entendez vous avec elle; tout ce que vous ferez en sa faveur nous le considérons comme fait à nous memes. Si vous en venez à des accords implicites ou explicites, nous serons des mieux disposés à user envers vous de réciprocité. La clef de la situation est à Vienne ». En attendant le Prince prenait acte de nos déclarations si satisfaisantes et qu'il considère comme un acheminement à des pourparlers ultérieurs quand nous nous serions concertés avec l'Autriche. Le Prince de Bismarck s'est exprimé avec beaucoup d'amitié à notre égard mais il nous renvoie à Vienne. A moins que ce ne soit un jeu de raquette combiné entre les deux Cabinets pour nous payer de bonnes paroles et une fin de non recevoir,

U conviendrait de reprendre à Vienne la conversation sur le terrain bien préparé par le comte de Robilant. C'est le seui moyen d'élucider la question. Durant cette conversation, qui a duré une heure, le chancelier n'a pas parlé det>; affaires de Rome, mais en prenant congé, j'ai fait allusion à M. Falk que j'avais rencontré dans l'antichambre et qui venait d'ètre nommé président de tribunal et renonçait ainsi aux Iuttes parlementaires dans les lois ecclésiastiques portant sa signature. A ce sujet Bismarck m'a dit qu'il ne négociait pas sur la situation de la Papauté qui n'avait rien à lui donner; il cherchait seulement à s'entendre par dessus le centre avec la Curie sur un modus vivendi. Il s'agissait simplement de révision des lois de mai et non de leur abrogation. M. de Schl6zer se rendrait à Rome pour traiter avec le Pape comme pouvoir spirituel, des affaires dites courantes. Comme il valait mieux ne pas aborder une discussion à fond sur une question au sujet de laquelle j'avais déjà nettement exprimé notre manière de voir et cela à propos de l'article du journal La Poste je me suis borné à dire que le Gouvernement du Roi a toujours eu confiance dans l'amitié du chancelier à notre égard. Il va sans dire que ce télégram:ine est très confidentiel, si une indiscrétion était commise, nous perdrions la confiance du prince. Il tient mème à ce que le public ne se doute pas qu'il reçoit un des diplomates accrédités à cette Cour. La National Zeitung d'aujourd'hui reproduit en grande partie d'après le Secolo de Milan la dépèche écrite que V. E. m'a adressée le 10 Janvier (1). Je ne m'explique pas un fait aussi regrettable. On ne saurait trop veiller sur la siìreté dans la correspondance (2).

(l) Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Quantunquesi tratti di incidente oramai esaurito, constatare non essere esatta la supposizione che da Pietroburga ci si volesse escludere dalla démarche da farsi a Costantinopoli. Il malinteso ebbe origine da ciò che i Gabinetti di Vienna e di Berlino, per erronea informazione, supposero che il Gabinetto di Pietroburgo avesse preso con essi, e con essi soltanto, l'iniziativa di una proposta concreta; mentre, invece, il Gabinetto di Pietroburgo non ebbe mai da formulare una simile proposta ed anzi il pensiero, messone innanzi dal signor de Giers, non ebbe l'approvazione dell'Imperatore.Ridotta quindi la cosa a un semplice scambio di idee, è evidente che il Gabinetto di Pietroburga non fece, a Berlino e a Vienna, che le stesse comunicazioni fatte a noi stessi, il che risulta chiaramente dal carteggio del Cav. Nigra».

(2) -Ed. in Italiano in LV 34, p. 156. (3) -T. 150, del 30 gennaio, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 407.
526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, (3) ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 87. Roma, 31 gennaio 1882, ore 23,55.

Si, comme V. E. le suppose dans son rapport du 27 janvier (4), c'est le Gouvernement britannique lui-mème, qui désire ètre complètement rassuré, au sujet de l'éventualité où Berehan ferait à une tierce puissance d'autres cessions territoriales nous pourrions écarter toute préoccupation de cette nature en ajoutant encore, dans notre projet d'article à insérer dans la convention, la déclaration que le «Gouvernement italien se considérerait dégagé de toute ooligation envers Berehan dans le cas où celui-ci essayerait de céder à une tierce puissance une partie quelconque de son territoire ». V. E. est autorisée à faire à lord Granville cette proposition dans l'entretien qu'elle va avoir avec lui. Vous pouvez exprimer la mème defense de toute autre aliénation d'une

partie quelconque du territoire de Raheita avec des formules différentes mieux agréées par Granville, ainsi que la suivante: «Le maintien du statu quo actuel en faveur du sultan de Raheita n'est consenti que sous la condition qu'il ne pourra faire aucune autre aliénat!on d'une partie quelconque de son territoire en faveur de qui que ce soit ». * J'ai pleine confiance dans votre haute capacitè pour conduire à bout cette négociation et faire envoyer à Dufferin les instructions nécéssaires. *

(l) -Cfr. n. 450. (2) -Questo telegramma e quello edito al n. 534 furono comunicati a di Robilant con t. 98 del 5 febbraio. (3) -Ed. in italiano ad eccezione del brano tra asterischi, !n LV 34, p. 156. (4) -Non pubblicato, ma cfr. n. 509.
527

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 165. Costantinopoli, 2 febbraio 1882, ore 2,10

(per. ore 13,45).

Aujourd'hui Ics quatre rcprésentants font à la Porte communication suivante: «En réponse à la communication que l'ambassadeur de S. M. le Sultan à Rome a fait au Gouvernement de S. M. le Roi du télégramme que la Porte a adressé à ses représentants à Paris et à Londres en date du 13 janvier relativement à l'Egypte, ambassadeur de Sa Majesté a été chargé de faire connaitre au Gouvernement ottoman, ce qui suit. Le Gouvernement de Sa Majesté désire le maintien du statu quo en Egypte sur la base des arrangements européens et des firmans des Sultans, et il est d'avis que ce statu quo ne saurait étre modifié que par une entente entre les grandes puissances et la puissance suzeraine ». C'est une déclaration verbale que nous envoyons par nos premiers drogmans et dont on laisse copie pour servir d'aidememoire (l).

528

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 164. Parigi, 2 febbraio 1882, ore 12.

(per. ore 13,50).

A sa première réception officielle Freycinet m'a fait excellent accueil. Il m'a chargé de dire à V. E. que nous trouverions en lui les meilleures dispositions. II a ajouté qu'il ferait ce qui dépend de lui pour resserrer Ies bonnes relations entre la France et l'Italie « son alliée naturelle ».

(l) Questo telegramma fu comunicato a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo, Vienna e al Cairo con t. 91 del 3 febbraio.

529

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

'l'. 168/909. Londra, 2 febbraio 1882, ore 19,50 (per. ore 23,40).

J'ai pu communiquer aujourd'hui les deux dernières rédactions proposées par V. E. pour l'article de la convention relative au sultan Berehan (2), à Granville qui m'a semblé leur faire bon accueil, mais il n'a pas voulu se prononcer avant d'avoir conféré avec le ministre des Indes. Je n'ai pas manqué de lui faire observer que ces rédactions concilient toutes les exigences, qu'on ne pouvait rien nous demander de plus et que nous comptions sur l'amitié du Cabinet anglais pour donner promptement fin à cette affaire d'une manière favorable. Granville m'a assuré qu'il s'en occuperait sans retard et m'a de nouveau promis de donner à Dufferin instructions de s'entendre avec Corti pour agir de concert auprès de la Sublime Porte aussitòt que nous serons d'accord sur la rédaction. Par la meme occasion je lui ai donné lecture du télégramme de V. E. (3) relatif à la démarche commune des quatre puìssances au sujet de l'Egypte. Granville m'a chargé de remercier V. E. de cette communication et de lui déclarer que nos appréciations au sujet de l'attitude de l'Angleterre dans cette question sont parfaitement conformes à la pensée du Gouvemement anglais. Il m'a dit ainsi que le discours récemment prononcé par sir Dilke et dont je vous ai envoyé hier un exemplaire, exprime exactement la pensée du Gouvernement anglais surtout à l'égard de l'Egypte.

530

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

R. CONFIDENZIALE 2280. Costantinopoli, 3 febbraio 1882 (per. il 9).

Ieri ebbi l'onore di ragguagliare l'E. V. della comunicazione a quattro fatta alla Sublime Porta sulle cose d'Egitto (5). Ebbi indi l'occasione d'intrattenermi di essa col signor Ambasciatore d'Inghilterra, al quale parlai nel senso delle istruzioni dell'E. V. impartitemi pel riverito telegramma delli 30 gennaio (6), allargandomi sopratutto sulla necessità nella quale le quattro potenze si trovavano di rispondere alla comunicazione della Sublime Porta. E Lord Dufferin ebbe a riconoscere che le nostre dichiarazioni erano di fatto conformi a quelle che

erano state svolte pel dispaccio di Lord Granville al signor Malet del 4 novembre u.s. (l).

E le ultime notizie che qui giungono dal Cairo sono assai gravi, tanto che Cherif Pascià avrebbe riconosciuto Araby Bey essere completamente padrone della situazione. Si riviene quindi a parlare della eventuale necessità d'un intervento estero, al quale riguardo m'è riferito in modo confidenziale il Principe di Bismarck avere espresso a Lord Ampthill l'avviso che la migliore soluzione in quel caso sarebbe un intervento delle forze ottomane. Ed io aggiungerò che, qualunque determinazione abbia a prendersi 'Onde far fronte a qùelle difficoltà, sarebbe sopratutto a desiderarsi, affine di evitare le complicazioni europee, che essa fosse adottata in seguito ad un accordo fra le sei potenze.

(l) -Ed. in italiano con alcune varianti in LV 34, p. 161. (2) -Cfr. n. 526. (3) -Cfr. n. 504. (4) -Ed. lnv. LV 35, p. 74. (5) -Cfr. n. 527. (6) -T. 82 non pubbllcato, ma cfr. n. 522.
531

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 176/908. Londra, 4 febbraio 1882, ore 22,20 (per. ore 1,25 del 5).

J'ai demandé aujourd'hui à Granville ce qu'il y a de vrai dans la nouvelle d'une démonstration militaire à Alexandrie et dans le projet d'intervention armée anglo-française que le Times annonçait comme déjà concertée. Sur le premier point Granville m'a répondu que le mouvement militaire était vrai et fort sérieux, et qu'on supposait avec fondement qu'il était fomenté par l'ex Kedive, qui aurait Araby bey à ses gages. Quant à l'intervention armée anglofrançaise, il n'en a jamais été question, vu que sur ce point Angleterre s'est toujours tenue dans la plus grande réserve, ne voulant point sortir du programme tracé par la dépeche de novembre à Malet (l). Granville ne m'a point di t ce que Gouvernement anglais entendait faire e n cette circonstance; d'autre part M. de Freycinet n'a pas encore manifesté son attitude dans cette question. Puis il m'a parlé de la note identique des quatre puissances à la Porte, et m'a di't; qu'il y avait une première rédaction proposée un peu vive qui avait été remplacée par l'actuelle qu'il trouve très correcte. Il est porté à croire que l'Italie a du exercer son influence dans cette rédaction, d'autant plus qu'elle est conforme aux déclarations précédentes de V. E. La question est très difficile; la grande majorité du pays se prononce énergiquement contre action armée de concert avec France. J'ai saisi l'occasion pour lui parler de la convention d'Assab; il m'a dit que le moment était peu opportun pour faire aucune proposition à l'Egypte; mals il tient clu reste touj ours à sa rédaction de l'article discuté, et ne croit pas que la formule de V. E. puisse détruire les obicctions du Gouvernement egyptien. Je l'ai derechef prié d'examiner question avec l'intention bienveillante de tenir compte de notre désir d'arriver à une prompte solution, sans qu'on puisse nous accuser de manquer de parole à Berehan. De mon còté j'examinerai s'il est possible de combiner quelque nouvelle formule.

(l) Cfr. n. 330.

532

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 2963. Berlino, 4 febbraio 1882 (per. il 9).

Dans la visite que j'ai faite aujourd'hui au secrétaire d'Etat, j'ai parlé de la situation en Egypte où la chute du cabinet de Scerif pacha, provoquée par l'lnfluence du parti militaire et par les agissements de l'assemblée des notables, pourrait provoquer une crise aigtie et amener peut-ètre une occupation anglofrançaise (premier télégramme de V. E. du 3 février) (2). Quant à l'Italie, elle ne varie pas dans sa manière d'envisager les choses. Nous n'avons en Egypte, je l'ai répété assez souvent, aucun intérèt à ce que le prestige et l'autorité du Sultan dans ces régions soient affaiblis davantage.

Le Comte de Hatzfeldt se plaçait sur le mème terrain, sans indiquer autrement ce que le cabinet impérial pensait et ferait en prévision ou en présence d'une intervention armée de la France et de l'Angleterre, intervention à laquelle d'ailleurs il ne croyait pas dans les conjonctures actuelles, quelques graves qu'elles fussent. La démarche tout-récemment faite à Constantinople par l'Italie, l'Allemagne, l'Autriche et la Russie (second télégramme de V. E. du 3 février) (3), a précisément eu pour but de bien marquer quels sont les désirs et l'avis des signataires de la note verbale et identique sur la base des arrangements européens et des firmans du Sultan. Rien ne laisserait prévoir qu'à Londres surtout on voudrait faire bande à parte.

A propos de cette note verbale, le secrétaire d'Etat me donnait le détail suivant. En recevant la communication dont il s'agit, le ministre ottoman des affaires étrangères a fait une réserve sur la qualification de «puissance suzeraine », car le Sulta1'1 conservait en Egypte des pouvoirs de souveraineté.

M. de Hatzfeldt semblait admettre lui aussi que tel était le cas. On ne saurait du moins établir une analogie entre les rapports de la Turquie avec l'Egypte, et ceux avec la Bulgarie. Si le cabinet de Berlin n'a pas scruté la valeur de chaque mot de la note verbale, c'était parce qu'il préférait ne pas en discuter la teneur déjà convenue entre les autres puissances.

* M. Goschen sortait précisément du ministère des affaires étrangères quand j'y entrais. Je l'avais vu la veille chez moi, et il opposait un démenti trèscatégorique à des journaux qui lui attribuaient une mission poìitique. Il n'était ver,u ici que de son propre mouvement pour recuelllir quelques données sur les questions économiques, sociales et financières qui sont à l'ordre du jour en Allemagne. Je me réfère à cet égard à mon rapport commerciai en date d'hier (4). Il a vai t surtout tenu à se rencontrer avec son ami lord Ampthill, et avec son ancien collègue à Constantinople, le Comte de Hatzfeldt. Je ne sais

(-3) Cfr. n. 527, nota l.

trop s'il faut prendre au pie d de la lettre le démenti de M. Goschen; quoi qu'il en soit, je faisais une allusion aux nouvelles du Caire. Il en reconnaissait la gravité, tout en observant qu'on se trompait peut-etre en Turquie, aussi-bien qu'en Egypte, en spéculant sur un désaccord entre les puissances pour prendre une attitude très-accentuée. Ce calcul, cette fois encore:, risque fort d'etre déjoué par les événements. Comme j'étais attendu chez le Comte de Hatzfeldt, le loisir me manquait pour engager plus à fond notre entretien. M. Goschen repartait dans la journée pour Paris et Londres.

En accusant réception de la dépeche n. 1246 du 31 janvier (1), par laquelle vous me communiquiez un annexe qui résumait et fixait notre conduite dans les dernières négociations qui ont abouti à une entente entre l'Italie et les trois empires au sujet de la démarche susmentionnée à Constantinople... *

(1) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, pp. 74-75. (2) -T. 93, non pubblicato. (4) -Non pubblicato.
533

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Parigi, 4 febbraio 1882 (per. il 9).

Approfitto della partenza del corriere di Gabinetto per partecipare alla

E. V. le riflessioni che in una nostra conversazione quest'Ambasciatore di Germania esternò pochi giorni or sono sulla recente caduta del Gabinetto francese. Esaminando le dimissioni del signor Gambetta dal punto di vista della politica estera, il Principe Hohenlohe esordi col dirmi che la sua disparizione dalla scena « agirait comme calmant » sovratutto nelle questioni orientali. S. E. osservò come la mania dell'ex Presidente del Consiglio di <<cavar le castagne dal fuoco» a profittJ dell'Inghilterra, in Egitto, avesse destato non poca ansietà in questi circoli politici e, confermando allora l'opinione, che già ho avuto occasione di esternare, imputò all'iniziativa del singor Gambetta l'idea di spingere ad un intervento militare comune in Egitto della Francia e dell'Inghilterra, mentre egli crede che questa ultima Potenza sia propensa a maggior moderazione d'intendimenti. S. E. proseguì alludendo con marcata ironia al « désappointement » che la caduta del Gabinetto del 14 novembre destò a questa Ambasciata britannica, ove, nell'interesse del commercio inglese, si è saputo con arte innegabile trar pa1·tito dalla tenacità colla quale il signor Gambetta mostrava di voler tenere le sorti della Francia in Egitto strettamente collegate a quelle dell'Inghilterra.

Se V. E. potesse dubitare della soddisfazione che gli insuccessi del signor Gambetta fanno provare all'Ambasciatore di Germania, basterebbe ricordare il linguaggio che S. E. tenne meco alla vigilia del voto del 26 Gennaio. Ella rammenterà, signor Ministro, come si credette allora per un momento che le

sorti variassero a favore del signor Gambetta, perchè spiccarono sotto luce troppo chiara, nella relazione del signor Andrieux concernente la revisione e lo scruttnio di lista, i personali rancori dell'autore contro il Presidente del Consiglio. L'effetto prodotto dalla relazione ne fu sulle prime alquanto attenuato, e, tale circostanza sembrando dover servire gli interessi del Ministero, il Principe Hohenlohe me ne aveva parlato in termini che già ebbi l'onore di riferire per telegrafo (1), e che non mi permisero alcun dubbio sulla tendenza delle sue speranze.

Continuando il discorso S. E. constatò che l'influenza del Signor Gambetta sull'attuale Camera è ormai di molto scemata: però nel paese egli conserva probabilmente ancora grande prestigio « quoique l'insuccès tue en France, où l'on n'adore guère longtemps la mème idole ». Non sembra al Principe, che durante la breve sua permanenza alla direzione degli Affari, il signor Gambetta abbia dato prova di grandi qualità come «uomo di Governo>>. Citandomi come opinione giustissima una osservazione che fece il signor Blowitz in una recente sua corrispondenza pubblicata dal Times l'Ambasciatore concede una superiorità rara all'ex Presidente del Consiglio quale «tattico parlamentare», ma gli nega assolutamente la capacità di «strategico». Siccome si era detto, lo sa l'E. V., che il Signor Gambetta avesse ad arte preparato il proprio ritiro, perché ristucco delle difficoltà del potere -che egli invero accettò a mal suo grado, anzi con ormai notoria ripugnanza -domandai all'Ambasciatore se questa versione gli sembrasse verosimile. Egli afferma invece che il signor Gambetta non ha creduto alla possibilità di essere rovesciato: infatuato di se stesso e facilmente accessibile all'adulazione, egli si compiacque nell'illusione che la maggioranza non avrebbe osato resistere alle sue esigenze e si sarebbe con docilità piegata ad ogni più egoistico suo capriccio. I famigliari che lo circondano, aggiunse il Principe, sono uomini giovanissimi e sconosciuti, che lo scrutinio di circondario non porterebbe alla deputazione perchè privi di influenza locale: essi, nell'interesse della propria elezione, fanno assegno sullo scrutinio di lista, ed hanno perciò completamente ingannato il signor Gambetta sull'estensione del suo prestigio alla Camera. Quest'assemblea invece, eletta poche settimane or sono, non poteva sacrificare l'indipendenza e forse la stessa esistenza sua ai progetti autoritarii e dittatoriali di lui. È grave errore, osservò l'Ambasciator~, il credere che si possa diventare dittatore in Francia o altrove « en prévenant plusieurs mais d'avance» e mediante un voto preventivo del Parlamento. Finora la storia non fornisce esempi di tal modo di procedere, benchè il Principe Bismarck sembri voler iniziarne il sistema. «Mais» disse l'Ambasciatore sorridendo «il a d'autres antécédents )),

Questa osservazione mi portò a chiedere al Principe Hohenlohe se credesse il signor Gambetta uomo da provocare o secondare disordini per favorire personali interessi. S. E. mi replicò di no, ma prevede che il signor Gambetta farà continua e latente opposizione per preparare « une dissolution éclatante » della presente Camera: egli a questo scopo metterà in opera per l'appunto tutta l'arte sua qual tattico parlamentare. Di questo talento dell'ex Presidente del

Consiglio fu data manifesta prova il 26 gennaio: egli fece in modo che nell'intervallo di due ore la Camera si contraddicesse ingenuamente. Di fatto dopo aver rigettato la proposizione dei radicali così concepita « Il y a lieu de réviser les Lois constitutionnelles » essa adottò l'identico progetto della Commissione ove è detto «Il y lieu à révision des Lois constitutionnelles ». Senonchè tutto ciò non aveva che un interesse secondario, giacchè le mire ostili della maggioranza della Camera tendevano unicamente ad annientare la personalità del signor Gambetta. La confusione che regnò quel giorno alla Camera fu grande, e l'accrebbe il momentaneo successo del discorso che pronunziò con ammirabile eloquenza il Presidente del Consiglio. L'argomentazione ne era alquanto debole, e invero difficilmente poteva essere altrimenti, i deputati. non si volevano suicidare, e il signor Gambetta non inventò ragioni plausibili perchè accettassero la loro condanna a morte, ma, con arte veramente maestra, egli combinò l'ordine delle votazioni in modo da « retomber » come si pretende che egli stesso abbia detto «non seulement sur ses pieds mais sur les pieds des autres ».

L'Ambasciatore di Germania constatò ad ogni modo che il signor Gambetta era caduto sopra terreno buono e da conservatore, e crede che egli sia lungi dall'essere un «uomo finito».

Volendosi apprezzare la posizione che occupò in Francia il signor Gambetta, occorre pur tener conto del credito che l'uomo, il cui nome è sinonimo di rivincita, ha saputo acquistarsi nell'esercito. Egli si è dedicato con perseveranza e successo a migliorarne le condizioni, e l'opinione dominante fra gli addetti militari esteri a Parigi, è che la Francia ha fatto immensi progressi nell'ordine militare. È incontestabile però che il paese è tutt'altro che propenso ad arrischiare contro la Germania una seconda edizione del 1870. Il signor Gambetta, se mai ritornasse al potere, dovrà pur riflettere, che una campagna gloriosa darebbe la maggior somma di gloria al maresciallo o generale vincitore. Di questa prudente tema di una prevalenza militare, egli stesso già diede manifesta prova: è ormai notorio che, quando era Presidente della Camera poco dopo il Congresso di Berlino, l'ex Ministro degli Affari Esteri consigliò di ritardare la « passeggiata » a Tunisi per non !asciarne l'onore al Maresciallo Mac-Mahon.

(l) Non pubblicato.

(l) T. 120 del 25 gennaio, non pubblicato.

534

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 97. Roma, 5 febbraio 1882, ore 18.

Votre télégramme du 31 janvier (l) me fait bonne impression, et je me plais à reconnaitre que vous avez engagé avec le chancelier la partie en termes aussi habiles que correctes. En nous adressant d'abord à Vienne, nous n'avions

~u'énoncé le principe d'une entente avec l'Autriche et l'Allemagne. Le chancelier admet non pas seulement ce principe, mais il formule quant à son développement des vues qui nous paraissent essentiellement pratiques et qui coYncident avec les nòtres. Comme le prince de Bismarck, nous n'aimons guère les accords à longue échéance, ni des accords qui ne seraient pas très précis. Nous admettons également que meme un accord simplement défensif ne devrait s'étendre à toutes les éventualités possibles, qu'il ne saurait avoir une portée illimitée, et que les conditions en devraient étre clairement déterminées. Le chancelier ajoute que la conformité des intérèts allemands et italiens rend plus facile l'entente, et que par conséquent la solution du probleme, et les conditions de l'entente doivent etre étudiées à Vienne bien plus qu'à Berlin. Cela étant, nous pouvons considérer le conseil qu'il nous donne, de chercher d'abord à nous arranger avec l'Autriche-Hongrie, non pas comme une fin de non recevoir, mais comme l'expression amicale et sérieuse d'une conviction que nous partageons. Je vais donc instruire le comte Robilant (l) de ce qui s'est passé entre V. E. et le prince de Bismarck, le priant de constater que ce dernier s'est explicitement prononcé sur la question de principe, et de se déclarer dès lors envers M. Kalnoky, pret à reprendre les pourparlers au point où ceux-ci en étaient restés. Notre attitude et nos intentions étant maintenant affirmées d'une manière non équivoque le généml de Robilant doit laisser comprendre que nous sommes aussi loin de vouloir brusquer la situation, que de vouloir en retarder le développement normal. Il est évident qu'il appartient aujourd'hui au Cabinet de Vienne de se mettre, ainsi que de mettre nous memes, en mesure de donner une caractère pratique aux pourparlers, dont nous avons pris l'initiative, en nous faisant dans le moment, qu'il jugera opportun, des propositions à examiner. V. E. peut saisir une occasion convenable pour porter à la connaissance du prince de Bismarck la suite, que nous allons donner aux pourparlers de Vienne, en conformité de ses conseils. Soyez tranquille &ur la réserve la plus

rigoureuse et le secret absolu en tout ce qui regarde vos communications intimes (2).

(l) Cfr. n. 525.

535

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 99. Roma, 5 febbraio 1882, ore 18.

V. E. va recevoir simultanément à celui-ci un télégramme du comte Launay (3) rendant compte de son entrevue avec le prince de Bismarck ainsi que ma réponse (4). Celle-ci indique la procédure qui me parait devoir etre maintenant suivie par vous et je prie V. E. de vouloir bien la considérer camme

(3! Cfr. n. 525, nota 2, p. 532.

une instruction qui lui serait adressée. Après l'approbation que nos ouvertures ont obtenu à Berlin, il y a lieu de poursuivre à Vienne notre oeuvre. En att~ndant nos franches déclarations, au sujet de la position que nous avons prise en vue de l'intérét général européen tout aussi bien que du notre ne sauraient ne pas fortifier moralement notre situation, nous mettant en mesure de discuter d'égal à égal, en temps opportun les conditions pratiques d'une solidarité que nous avons été les premiers à affirmer mais que ne saurait certes étre méconnue ni à Vienne ni à Berlin. V. E. peut saisir une occasion convenable pour faire cette communication à Kalnoky en lui laissant le soin de nous faire des propositions et le choix du temps, car nous ne sommes ni impatients ou pressées, ni désideux de retard.

(l) -Cfr. n. 535. (2) -Per la risposta cfr. n. 547. (4) -Cfr. n. 534.
536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

T. 101. Roma, 6 febbraio 1882, ore 15,30.

Je conçois que le moment actuel n'est peut-étre pas le meilleur pour faire avancer à Constantinople et surtout au Caire l'affaire d'Assab. Mais ce dont je commence très sérieusement à me préoccuper, c'est la difficulté que nous prouvons pour arriver avec l'Angleterre elle-méme à une entente sur l'article additionnel concernant Raheita. Nous avons par vos propositions et déclarations écarté, ce me semble, toute objection raisonnable, et je ne vois vraiment pas pourquoi, ni comment, le Cabinet britannique devrait s'arréter devant la simple présupposition que l'Egypte puisse alléguer à l'égard de Raheita des scrupules et prétentions inadmissibles. Je prie V. E. de vouloir bien demander à lord Granville tout exprès un entretien pour régler ce point. V. E. connait désormais le fond de la question et tous ses détails. Je lui donne, d'ailleurs, toute faculté et pouvoirs nécessaires, pourvu qu'on ne veuille pas nous mettre, au sujet de Raheita, en contradiction avec nous mémes. * Mais je vous prie de dire à lord Granville en entamant la conversation, que vous avez instruction de n'en sortir qu'avec une rédaction agréée par lui ou avec la conviction qu'il s'agit d'un problème insoluble. Toute discussion ultérieure serait en effet inutile sur un sujet que nous avons épuisé à fond et sous tous ses aspects. J'ajoute confidentiellement et jusqu'ici pour vous seul que dans tous les cas, il nous suffirait un accord avec le Cabinet britannique pour le règlement de la question d'Assab. L'essentiel pour nous est qu'on puisse en faire la base d'un projet de loi sur les pouvoirs et les fonds qui nous sont nécessaires pour Assab, et ce projet devrait étre présenté sans retard uitérieur à la Chambre avant qu'elle ne cesse de siéger. *

(l) Ed. in italiano, ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, p. 163.

537

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 182. Parigi, 7 febbraio 1882, ore 15,55 (per. ore 18,20).

L'ancien chef du Cabinet et ami intime de Waddington m'a dit ce matin ce qui suit: «Le Cabinet français a còmpris que la politique de Gambetta en Egypte engageait la France dans une voie pleine de périls; l'Angleterre cherchera à accaparrer l'Egypte de plus en plus dans un but égoYste et elle ne se sert de la France que pour sauver les apparences. L'intéret de la France est de ne pas compromettre le concert européen, et elle peut applaudir à la déclaration verbale des quatre Puissances. Autant on doit tenir bon à Tunis, autant on doit etre circonspect au Caire ~-Ce langage mérite d'etre signalé à V. E. parce que c'est Waddington qui a institué le contrale et que Freycinet fait volontiers appel aux lumières de Waddington sur cette question.

538

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 186. Vienna, 7 febbraio 1882, ore 16,45 (per. ore 20).

A la fin d'un très court entretien que j'ai eu aujourd'hui avec Kalnoky, je lui ai dit incidentalement que nous avions causé à Berlin sur le meme sujet dont je l'avais déjà entretenu, et que j'étais tout pret à reprendre la conversation avec lui quand il le voudrait. J'ai insistè su~· ce que si nous ne sommes pas du tout préssés, nous ne désirons pas non plus de retard. Il m'a répondu n'avoir encore reçu aucune nouvelle à ce sujet de Berlin e m'a demandé si le comte Launay avait été satisfait de son entretien avec Bismarck. Sur mon affirmation très positive il m'a dit qu'il n'en avait pas douté. Je lui ai répété que je me mettais à sa disposition pour reprendre l'entretien au point ou nous l'avions laissé. Il m'a remercié et voilà tout pour le moment. Il faut donc que j'attende qu'il entame lui la conversation.

539

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 183/909. Londra, 7 febbraio 1882, ore 18 (per. ore 18,30).

* Avant d'avoir reçu dernier télégramme de V. E. (2) j'avais pu parler un instant à Granville pour lui recommander de nouveau prompte solution de

l'affaire d'Assab. Je lui écris aujourd'hui pour avoir avec lui entretien définitif à ce sujet. * Hier au soir j'ai rencontré Gladstone qui m'a remercié de la manière dont V. E. a posé la question pour la note des Puissances relative à l'Egypte et qui est conforme aux vues du Gouvernement anglais. Je lui ai répondu que puisqu'il était content de nous dans cette affaire, il devait terminer promptement question d'Assab d'une manière conforme à notre dignité. Il m'a répondu qu'il s'en occuperait et espérait arriver à une solution. En ce moment on ne peut guère s'attendre à ce que les affaires qui n'intéressent pas directement l'Angleterre soient examinées par les ministres qui sont préoccupés du Parlement et des discussions qui peuvent y surgir. Il y a des signes de désaccord dans le Cabinet et l'on prétend que Goschen a été envoyé à Berlin par Gladstone pour s'entendre avec Bismarck au sujet de l'Egypte sans que ambassadeur d'Angleterre en ait été prévenu, ce dont il se serait plaint.

(l) -Il brano tra asterischi è ed. in italiano in LV 34, p. 163. (2) -Cfr. n. 536.
540

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 1249. Roma, 7 febbraio 1882.

L'Incaricato d'Affari di Sua Maestà a Monaco mi ha ora mandato (l) alcuni particolari sulla missione del signor Schltizer, dei quali non sarà inutile che io faccia cenno a V. E. Passando da Monaco il signor Schltizer pranzò dal Ministro di Prussia dove trovavasi anche il Barone di Soden Ministro del Wilrtemberg. È da quest'ultimo che il Cavalier De Nitto ebbe privatamente i seguenti ragguagli.

Il signor Schltizer non nascose lo scopo della sua missione esser quello di trattare con la Sua Santità per un rnodus vivendi le cui basi già erano state determinate a Berlino. Il Governo prussiano aveva presa la risoluzione di chiedere pieni poteri al Landtag relativamente all'esecuzione delle leggi di maggio, appunto per avere libertà d'azione nei negoziati con la Santa Sede. Se il Vaticano accetta di discutere le proposte del Governo prussiano, il centro dovrà anche suo malgrado piegarsi ad accordare i pieni poteri al Governo per non impedire i negoziati. In ogni caso il Principe di Bismarck crede poter contare sopra una frazione importante del centro che si mostra disposta a staccarsi dal signor Windhorst.

Il sìgnor Schltizer conchiudeva che egli avrebbe abbondato di riguardi e sarebbe stato arrendevole nelle quistioni di dettaglio ed esprimeva questo concetto con la frase: «Je suis chargé de porter beaucoup de bonbons pour le Pape ».

Il Barone di Soden diceva inoltre al Cavalier De Nitto d'avere conferito col Barone di Frankestein, Vice Presidente del Reichstag, di ritorno da Berlino, e d'averlo trovato infervorato a coadiuvare il Principe dì Bismarck nelle sue

J9 ~ Documenti diplomatici • Serle II -Voi XIV

riforme sociali e pronto ad assumere la direzione della parte moderata del centro che già è proclive a staccarsi dal signor WindhorRt.

Secondo poi alcune informazioni che lo stesso Barone di Soden avrebbe attinte da qualche membro del Consiglio Federale, parrebbe che il pericolo di nuove complicazioni in Oriente faccia sentire a Vienna e a Berlino l'utilità di una buona intelligenza coll'Italia.

(l) R. 24 del 3 febbraio, non pubblicato.

541

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 192/911. Londra, 8 febbraio 1882, ore 19,55 (per. ore 0,05 del 9).

Je viens de m'entretenir avec Granville à qui j'ai taché de persuader que les formules pour la convention d'Assab étaient insuffisantes pour protéger le sultan Berehan, tandis, que celles de V. E. ne présentaient aucun des inconvénients qu'ìl croyait y entrevoir. Afin de faciliter solution j'avais meme suggéré officieusement et ad referendum légère modification à la formule de V. E.

* d2.ns 1e but de dissiper tout nuage. * J'ai de nouveau insistè verbalment comme je l'avais fait par écrit pour avoir promptement réponse définitive et j'ai fait observer que nous tenions surtout à etre dès-à-présent d'accord avec Gouvernement anglais sur une formule qu'il s'engagerait à appuyer auprès de la Sublime Porte et de l'Egypte. Granville m'a paru moins éloigné que précédemment de venir à une entente, et il a fini par m'engager à voir le ministre des Indes * de la part de qui, dit-il viennent les objections. * Je vais écrire à ce dernier pour avoir un entretien avec lui. * Je n'ai pas manqué de rappeler à lord Granville que nous n'avions jamais laissé échapper l'occasion de venir en aide au ministère actuel. Il s'est empressé de le reconnaitre, m'a parlé de Dulcigno, et a fini par me dire qu'il attribuait principalement à l'Italie la modération de la note identique des quatre puissances à la Sublime Porte, et qu'il avait meme fait allusion à notre intervention utile à cette occasion dans le discours qu'il avait prononcé hier à la Chambre des Lords. *

542

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 1600. Vienna, 8 febbraio 1882 (per. il 12).

Ieri soltanto mi fu dato a seconda di quanto mi era prescritto dal telegramma dell'E. V. del 3 corrente (3) di scandagliare il pensiero del Conte

KrJnoky sulla nuova fase in cui la questione egiziana sembra volere entrare in seguito all'avvenuto cambiamento di Ministero al Cairo.

S. E. anzitutto mostrommi compiacersi che la dichiarazione identica delle quattro potenze a riguardo dell'Egitto fosse stata presentata alla Sublime Porta in momento così opportuno, cioè prima che si verificasse il fatto di cui è caso.

Dissemi poscia trovare Egli non vi sia ora altro da fare, se non lasciare che gli avvenimenti si svolgano per giudicare da essi la linea di condotta a tenersi in seguito.

* -Il Conte Kalnoky sembrava però abbastanza tranquillo sugli intendimenti attuali della Francia e dell'Inghilterra tanto più che gli accordi intervenuti si limitarono precisamente al punto dove un'azione dovrebbe intraprendersi. Ciò gli faceva ritenere che quei due Governi non si distaccherebbero dagli altri quattro che colla recente loro dichiarazione hanno dimostrato volere anche essi nè più nè meno che la conservazione dello statu qua; e così sarà mantenuto l'accordo Europeo atto ad evitare com'Egli dicevami che si produca una questione d'Egitto. * S. -E. aggiungevami ancora che del resto convenivagli onde bene apprezzare la nuova situazione delle cose al Cairo, aspettare arrivassero i rapporti del Console Generale imperiale, che non ha l'abitudine dì servirsi del telegrafo informando sempre d'ogni cosa coi suoi rapporti in iscritto che affida ai vapori del Lloyd. * Accolsi quell'asserzione con quella stessa serenità colla quale era stata formulata senza mostrarne meraviglia di sorta e la conversazione finì così.

Confermando in tal modo il mio telegramma di ieri O)... *

(l) -Ed. 1n italiano, ad eccezione dei brani fra asterischi, in LV 34, pp. 163-164. (2) -Ed. ad eccezione dei brani tra asterbchi e con alcune varianti in LV 35, p. 79. (3) -T. 93, non pubblicato.
543

L'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 380. Santìago, 8 febbraio 1882 (per. il 3 aprile).

Il barone d'Avril mi ha verbalmente informato che il signor Gambetta, mentre ha approvato i passi da lui fatti, meco d'accordo, riguardo alla Commissione mista, gli ha raccomandato di continuare ad adoperarsi in ogni miglior ?:!lodo per il conseguimento d'una tale soluzione.

Sembra che il Gabinetto di Parigi, benché ritenga non conveniente in massima di vincolare la propria libertà d'azione con una convenzione generale d'arbitrato, trovi tuttavia opportuno che, nel caso speciale dei reclami originati dalla presente guerra, si faccia un'applicazione del principio dell'arbitraggio.

(l) -Cfr. n. 538. (2) -Ed. in LV 37, p. 123.
544

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Costantinopoli, 8 febbraio 1882.

Jeri Lord Dufferin mi domandò se avesse alcun fondamento la voce venutagli d'Egitto che i rappresentanti delle quattro Potenze agissero presso la Sublime Porta onde combinare un intervento delle forze ottomane nel ViceReame. Diedi la più categorica smentita a siffatta voce, assicurandolo niuna comunicazione essere per noi stata fatta alla Porta oltre quella identica che gli era ben nota. E dalle parole di S. E. ebbi a persuadermi il Governo Britannico non essere soddisfatto della sua posizione rispetto alla Francia in Egitto, ed incominciare a dimostrare qualche disposizione a far entrare siffatta quistione nel concerto Europeo. Io non cessai mai di predicare questa tesi al mio collega d'Inghilterra, il quale se ne mostra convinto ne' suoi colloquj intimi con me. Il resto sarebbe a farsi a Londra, e colla dovuta prudenza anche a Parigi, chè il Signor Tissot per esempio, personalmente, è dello stesso avviso; e questo sarebbe il miglior mezzo d'evitare le complicazioni Europee.

545

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 195. Parigi, 9 febbraio 1882, ore 16 (per. ore 17,55).

Je viens de rencontrer l'ambassadeur de Turquie. Il dit n'avoir reçu aucune communication de son Gouvernement au sujet de l'affaire d'Egypte; cependant il tient un langage très significatif insistant en termes vifs sur l'incapacité notoire du Khédive actuel, sur la nécessité de definir ce que les puissances entendent par le statu qua, sur l'opportunité de définir aussi les attributions financières des controleurs en leur enlevant tout prétexte d'ingérence politique ed administrative, et finalement sur l'opportunité de reporter conformément aux firmans le chiffre de l'armée égyptienne en temps de paix à

18.000 hommes au lieu de 8.000, afin d'éviter qu'il se passe en Egypte ce qui s'est passé en Turquie. Il a la conviction ou l'espoir que la France et l'Angleterre ne s'entendent pas et ne pourront pas s'entendre.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.

546

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 196/912. Londra, 10 febbraio 1882, ore 18,51 (per. ore 21,30).

Je viens d'avoir long entretien avec marquis Hartington au sujet de convention pour Assab. Nous avons minutieusement discuté les formules propo:.. sées. J'ai taché de le convaincre que celles du Foreign Offict> étaient insuffisantes sous divers rapports, tandis que les notres, tout en donnant satisfaction à une juste exigence de notre part, étaient beaucoup plus explicites et avantageuses pour l'Angleterre aussi bien que pour l'Egypte. Je lui ai rappelé qu'il existait un traité secret entre ces deux puissances en vertu duquel l'Egypte ne pouvait céder aucune partie de la cote occidentale de la Mer Rouge sans le consentement de l'Angleterre et que ce traité était lettre morte tant que la souveraineté de l'Egypte sur cette cote n'était pas reconnue; ainsi par la convention nous accomplissions un acte entièrement favorable à l'Angleterre en reconnaissant cette souveraineté, lorsque en échange nous ne demandions, outre la reconnaissance de nos droits incontestables sur Assab, que des garanties suffisantes pour le Sultan Berehan contre les vexations de l'Egypte. Il m'a semblé commencer à se persuader que notre proposition n'était pas aussi contraire aux intérèts de l'Egypte et de l'Angleterre, qu'il le croyait; puis il m'a dit qu'il ne me donnait pas aujourd'hui une réponse vu que sur ce sujet il devait au préalable consulter le comité politique de l'Inde. En mème temps il m'a assuré qu'il désirait vivement pouvoir donner à Granville un avis satisfaisant pour nous. Lui ayant exprimé le désir d'une prompte réponse, il m'a promis de s'occuper sans retard de cette affaire.

547

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T.198. Berlino, 11 febbraio 1882, ore 14 (per. ore 17,10).

En me prévalant du contenu du télégramme de V. E. du 5 février (2), j'ai fait dire à Bismarck que nous allions donner suite aux pourparlers de Vienne en conformité des vues qu'il m'avait exprimées. Il vient de me faire remercier de ce message; il attendait de connaitre les vues ultérieures de Cabinet de Vienne.

(l) -Ed. in italiano in LV 34, p. 164. (2) -Cfr. n. 534.
548

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Belgrado. 11 febbraio 1882.

È una vera fortuna per me l'invenzione di una cassetta che mi procura il vantaggio delle sue interessanti e istruttive lettere. La ringrazio tanto di quella del 5 corrente (1). Dopo l'ultima spedizione fatta per Vienna, ho dovuto, cosa veramente eccezionale in questo posto, mandare per la posta due

o tre rapporti politici. Vi fu un discorso alla Louis XIV di questo Principe ai deputati, timore di crisi ministeriale, e molto chiasso alla Skoupchina. Il tutto era motivato dal disastro finanziario dell'Union Générale concessionaria delle ferrovie serbe in virtù di una convenzione che il Ministero impose malgrado una violenta opposizione l'anno scorso, e della quale è naturalmente responsabile. In fondo poi, ed in stato latente, ferve sempre un fiero antagonismo fra il Principe e i Ministri che tengono per l'Austria, e gli elementi contrari che si trovano anche in Serbia. L'Austria è naturalmente un po' inquieta, e sembra che continuamente accadano, malgrado questo Governo, piccoli fatti i quali tengono vivi i sospetti. Decisamente il solo rimedio è che si finisca rapidamente nella Bosnia-Erzegovina, e non sembra che sia cosa troppo facile.

Il poscritto della sua lettera mi ha molto interessato. Il Principe di Bismarck ricevette dunque finalmente il Conte De Launay. Non mi stupirebbe che una cauta cortesia fosse il risultato della situazione parlamentare a Berlino, dove vedo che si è di nuovo accentuata la scissione fra il Cancelliere ed il centro cattolico. Mi fa pena di pensare alla situazione del Conte De Launay.

La quistione che mi pare più seria in questo momento è quella dell'Egitto, dopo che le quattro Potenze hanno preso posizione di fronte alle pretese della Francia e dell'Inghilterra. Da essa potrebbero davvero uscire serie complicazioni. Ma è più probabile che la Francia, piuttosto di sollevare un guaio con la Germania, rinunzierà ad ogni pretesa.

La prego al solito di dare un'occhiata ai miei rapporti qui uniti e poi di spedirli a Roma.

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. CONFIDENZIALE. Roma, 13 febbraio 1882.

Abbiamo da parecchi giorni il Signor Gambetta in Italia. Secondoché dicono i giornali fu da prima a Sanremo, poi, dopo breve gita a Parigi, a Genova, donde abrebbe, jeri, fatto una corsa a Nervi.

Certo non ispetta a noi di investigare lo scopo della venuta dell'ex ministro francese; nè punto cc ne preoccuperemmo se non fosse il dubbio che in Austria-Ungheria possa concepirsi alcun sospetto circa la presenza del Gambetta, segnatamente data l'ipotesi di una sua gita a Roma. Mi affido interamente a V. E., acciò, qualora la cosa le paresse opportuna, una Sua recisa dichiarazione, in tempo e luogo acconci, tronchi ogni commento o supposizione. Imperocché è bene si sappia, conformemente, del resto, a stretta verità, che per il R. Governo il Signor Gambetta non è, nè sarà (quale che sia il suo pensiero) che uno dei non pochi ospiti stranieri, dal dolce clima tratti in questa stagione tra noi.

Questo, parmi, è linguaggio chiaro assai, e tale dovrebbe pur essere quello dell'E. V., se le accadesse di dover toccare di questo tema.

(l) Non pubblicata.

550

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2967. Berlino, 13 febbraio 1882 (per. il 20).

Il me résulte que le Prince de Bismarck porte le jugement suivant sur la situation générale.

M. Gambetta a trop perdu de son prestige pour revenir de si tòt au pouvoir. La composition du nouveau Ministère français offre quelque garantie pour l'adoption d'une politique modérée. Le Cabinet Freycinet semble avoir devant lui une certaine durée, car les Chambres devront se préoccuper des conséquences que pourrait amener une autre crise dans Ies circonstances actuelles. L'Europe ne pourra que profiter de l'apaisement des esprits en France. Une détente s'est déjà opérée au sujet de la question d'Egypte depuis que la direction des Affaires Etrangères a passé à Paris en d'autres mains. Cette question ne saurait présenter des difficultés insurmontables du moment où la politique aventureuse de l'ancien Président du Conseil est mise à l'arrière pian, et que l'Angleterre elle aussi se rapproche des Puissances qui se prononcent pour le maintien du statu quo.

Du còté de la Russie, il ne parait pas y avoir non plus péril en la demeure dans ses relations avec l'étranger. Les trois Empereurs sont en plein accord pour la conservation de la paix. Il est vrai que Alexandre III manque de fermeté de caractère en présence des influences panslavistes qui se font jour jusque dans son entourage. Là-dessus à Berlin camme à Vienne, on a l'oeil très ouvert. Mais dans les conjonctures actuelles, le danger n'a rien d'imminent. Il ne faudrait pas s'exagérer la valeur d'un discours récent du Général Skobeleff, et des agissements de M. Katkoff. Le fait est que le moment serait fort mal choisi pour prèter l'oreille aux chauvinistes. Ce serait pousser à la désorganisation intérieure de la Russie qui plus que jamais a besoin de se recueillir pour mettre ordre à ses propres affaires. Aussi le Cabinet de Péters

bourg s'applique-t-il à suivre une politique de nature à inspirer confiance à ses voisins.

Malgré des on dit, jusqu'ici nullement prouvés, il ne souffle sur le feu de l'insurrection ni en Dalmatie ni en Herzégovine. Les investigations les plus diligentes n'ont amené la découverte d'aucun émissaire russe chargé de fournir des armes et de l'argent aux révoltés. D'ailleurs, le Prince du Monténégro dont l'attitude est toujours réglée par un mot d'ordre parti du Cabinet de l'Empereur Alexandre, se montre très correct envers l'Autriche. Reste à savoir si le Prince Nicolas parviendra à la longue à contenir ses sujets très enclins à faire cause commune avec les habitants de l'Herzégovine qu'ils considèrent camme leurs frères d'armes depuis qu'ils ont combattu il y a peu d'années sous le meme drapeau. Ce Souverain risque fort d'etre entraìné par le courant. Si le cas se vérifiait, de grands embarras naitraient pour la Russie qui consentirait difficilement à laisser la Tchernagora sans appui. Il y a là un danger dont on ne saurait se dissimuler la gravité. Mais on le connait à Vienne et on prend toutes les mesures pour dompter le plus tòt possible la rébellion, afin de ne pas lui laisser le temps de se développer davantage.

Le Chancelier croit que l'Autriche ne tardera pas à s'eu rendre maitre malgré les difficultés que présente la configuration topographique du terrain dans ces contrées.

Dans ces dernières années, comme aujourd'hui, le Prince de Bismarck affecte un certain optimisme dans ses appréciations sur la situation générale en Europe. C'est là au reste une tendance assez explicable chez ceux qui se sentent forts et de taille à parer le contre coup des événements et à pourvoir à l'imprévu auquel il faut toujours faire une large place. Il ne peut lui meme qu'accepter sous réserve son horoscope, entre autres, sur le Ministère Freycinet. En effet l'instabilité n'est-elle pas règle en France où les passions dominent plus que la raison? Pour ce qui nous concerne, je ne vois de ce còté là que d es motifs de nous tenir bien sur nos gardes, et aucune perspective d'un retour à des meilleurs rapports entre les deux nations.

A propos des troubles dans le sud de la Dalmatie et dans l'Herzégovine, il serait superflu d'ajouter que nos bonnes relations avec le Cabinet de Vienne nous prescrivent de veiller très soigneusement à empecher le départ de volontaires et la contrebande de guerre vers ces régions.

551

L'INCARICATO D'AFFARI A SANTIAGO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. R. 385. Santiago, 13 febbraio 1882 (per. il 3 aprile).

Trovomi in grado di aggiungere una breve appendice al mio rapporto dell'B corrente (2).

Nel dispaccio che il signor Gambetta ha indirizzato al barone d'Avril sull'argomento dell'arbitrato e della Commissione mista si spiegano le ragioni per cui il Gabinetto di Parigi non sarebbe disposto ad accettare una convenzione generale d'arbitrato col Cili, o con qualunque altra piccola repubblica americana, mentre pur vivamente desidera la sollecita istituzione d'una speciale Commissione mista pel giudizio dei reclami originati dalla presente guerra.

Il Governo francese non crede utile, ma giudica anzi pericoloso, di vincolarsi con una simile convenzione generale; in molti casi l'azione libera d'una grande nazione verso un piccolo Stato può dare migliori risultati, ma i danni derivati da operazioni militari in regola generale non sono risarcibili perchè provenienti da forza maggiore, onde i relativi reclami nell'ordinaria via diplomatica non si potrebbero validamente sostenere mentre che una più facile e più ampia soddisfazione potrebbe conseguirsi sì alle questioni di fatto che a quelle di diritto.

Questa è approssimativamente la sintesi del ragionamento del signor Gambetta.

A me è parso di scorgervi la manifestazione d'una scrupolosa cura d'evitare dichiarazioni od atti che, contrariamente agli interessi francesi, possano poi eventualmente essere invocati quali precedenti nelle questioni dei danneggiati d'Africa.

(l) -Ed. in LV 37, pp. 123-124. (2) -Cfr. n. 543.
552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A COSTANTINOPOLI, CORTI, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, ALL'INCARICATOD'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 110. Roma, 14 febbraio 1882, ore 12,15 Cl).

Le chargé d'affaires de France me communique un télégramme de son Gouvernement concernant l'Egypte. Ayant appris que la réponse des quatre puissances est fondée sur la reconnaissance des arrangements existant en Egypte, le Gouvernement de la République, d'accord avec celui de la Grande Bretagne a reconnu, en perspective des événements possibles, qu'il serait désirable d'entrer en communication avec les autres Puissances pour s'assurer si elles seraient disposées à échanger leurs vues en ce qui concerne la meilleure conduite à tenir dans les affaires d'Egypte sur lcs bases suivantes: maintien des droits du Sultan et du Khédive, ainsi que des engagements internationaux et des arrangements qui en résultent soit avec la France et l'Angleterre seules, soit avec ces deux nations réunies aux autres puissances; respect des libertés garanties par les firmans du Sultan; développement prudent des institutions égyptiennes. Les Gouvernements de France et d'Angleterre ne considérent pas

que le cas de discuter l'opportunité d'une intervention se présente actuellement, puisque les notables et le nouveau Gouvernement ont manifesté l'intention de maintenir les engagements internationaux mais s'il venait à se produire, ils désireraient que toute intervention éventuelle représentat l'action et l'autorité combinée de l'Europe. Dans cette conjoncture les Gouvernements anglais et français seraient également d'avis que le Sultan fiìt pret à toute mesure ou toute discussion ultérieure. Tout ceci est pour le moment pour votre information. Je me réserve de vous faire connaitre plus tard ma pensée au sujet de la communication française. Je dois en attendant ajouter que jusqu'ici aucune communication nous est parvenue à cet égard de l'Angleterre et que, selon notre idée, les quatre Puissances en parlant dans leur note verbale des arrangements existants en Egypte, ne faisaient guère allusion qu'aux arrangements d'ordre général et non pas aux arrangements spéciaux entre le Vice-Royaume et les puissances occidentales. Donnez moi tous les renseignements qui peuvent contribuer à une exacte appréciation de cette démarche, et à nous faire connaitre l es idées d es autres Gouvernements (l).

(l) Il telegramma venne inviato al Cairo alle 13,45.

553

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 208. Vienna, 14 febbraio 1882, ore 16,36 (per. ore 19).

Kalnoky m'a dit tout à l'heure qu'il avait reçu communication de Berlin de l'entretien que Bismarck avait eu avec de Launay (2) et de l'accueil si favorable que le chancelier avait fait à ses ouvertures. Il m'a dit vouloir donc reprendre conversation avec moi, mais lui etre nécessaire s'y préparer car il n'est disait-il pas facile de trouver ce qu'il y à faire pour arr.iver à quelque chose de pratique. Il m'a ajouté que Bismarck lui-meme se montrait embarrassé à concréter quelque chose à ce sujet. Il m'a demandé un rendez-vous pour vendredi ou samedi, j'irai chez lui samedi. Il montre de bonnes dispositions. Je l'en ai remercié avec beaucoup de calme. Je lui laisserai le soin de développer ses idées, de nous faire des propositions; je me bornerai à discuter et à tacher d'aplanir les difficultés qu'il pourrait soulever de quelconque ordre qu'elles soient. Je rendrai puis compte à V. E. par télégraphe et par écrit de notre conversation (3).

(l) -Con t. 115 del 15 febbraio, non pubblicato, Mancini informò gli stessi destinatari di questo telegramma che l'ambasciatore d'Inghilterra gli aveva fatto una comunicazione identica a quella dell'incaricato d'affari francese. (2) -Cfr. n. 525. (3) -Cfr. n. 578.
554

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 209/914. Londra, 14 Febbraio 1882, ore 23,36 (per. ore 1,10 del 15).

Voici la formule proposée en dernier lieu par moi que Granville après une longue discussion avec le Indian Office se déclare pret à accepter: après le premier paragraphe terminant au mot Assab «cependant le Gouvernement italien se considérant ensuite de etc. etc. la Sublime Porte et l'Egypte maintiendront la situation de fait actuelle clu dit Sultan sous la condition toutefois qu'il n'essayera pas de faire aucune autre aliénation de territoire ». Suit le paragraphe contenant engagement de ne pas étendre les limites d'Assab. Je pense que cette formule sauverait tous les intérets et nous mettrait parfaitement à couvert. Si V. E. l'agrée, comme je l'espère, je la prie de m'en informer aussitòt (2).

555

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2969. Berlino, 14 febbraio 1882 (per. il 20).

Dans l'entretien que j'ai eu le 31 janvier avec le Prince de Bismarck et dont le compte-rendu détaillé se trouve dans mon rapport du meme jour

n. 2961 (3), Son Altesse m'avait laissé entendre que je pourrais continuer les pourparlers avec le Secrétaire d'Etat.

Il était dès lors indiqué de mettre celui-ci au courant. A cet effet, je lui ai expliqué la situation et lui ai donné lecture de la plus grande partie du télégramme expédié à V. E. à la date precitée.

Lè Comte de Hatzfeldt, déjà au fait de nos ouvertures soit ici soit à Vienne, et du langage qui m'avait été tenu par le Chancelier et que j'avais reproduit exactement, paraphrasait les paroles de son chef, à savoir qu'à Berlin on ne pouvait procéder outre sans connaitre les intentions du Cabinet Austro-Hongrois. C'était là que se trouvait la clef de la situation. M. de Hatzfeldt disait qu'au reste il se félicitait de ne pas etre chargé de chercher tout d'abord la formule d'un arrange:rilent. En tout cas, il serait impossible de l'établir avant d'etre édifié sur les dispositions de l'Autriche dont le territoire est contigu au notre, d'où il résulte un ensemble d'intérets à prendre en considération.

J'ai répondu que du moment où il existait un bon vouloir réciproque on ne tarderait pas à se rapprocher du but désiré, à l'atteindre meme. Une des

meilleures voies à suivre pour arriver à ce but serait sans contredit celle de s'app!iquer à entretenir des relations non seulement amicales, mais confiantes entre les trois Gouvernements en sorte que dans chaque question qui surgirait, on se presentit mutuellement et préalablement sur le parti à adopter d'un commun accord.

Le 5 février, m'est parvenu le télégramme de V. E. (l) exprimant ses impressions satisfaisantes sur la première réponse faite d'ici, et me chargeant de porter à la connaissance du Prince de Bismarck que nous allions donner suite aux pourparlers de Vienne en conformité des vues qu'il nous avait manifestees. Le Comte de Hatzieldt étant malade et son indisposition semblant vouloir se prolonger de plusieurs jours, je me suis acquitté du message auprès du Sous-Secrétaire d'Etat qui lui aussi était déjà instruit de cette affaire. Pour agir en toute franchise, je n'ai pas hésité à lui lire le télégramme de V. E. I! se réservait d'en référer au Chancelier. Celui-ci, ainsi que je vous l'ai télégraphié le 11 février (2), me faisait remercier du message, en ajoutant qu'il attendait d'etre renseigné sur les dispositions ultérieures dn Cabinet de Vienne.

Quoi qu'il en soit, nous devons désormais nous considérer comme moralement engagés envers l'Autriche-Hongrie et surtout envers l'Allemagne qui a déjà pris acte de nos déclarations les plus sérieuses, et sur lesquelles il n'y a plus à revenir, à moins de vouloir encourir le reproche de suivre une politique hésitante et équivoque, et de nous exposer aux conséquences désastreuses d'un changement de front. C'est là au reste une vaine supposition pour quiconque connait l'entière loyauté et le patriotisme des Ministres responsables des nos destinées, et nommément de V. E.

En accusant réception et en Vous remerciant, M. le Ministre, de vos dépéches de la présente série jusqu'au n. 1251... (3).

(l) -Ed. in italiano in LV 34, p. 165. (2) -Cfr. n. 557. (3) -Non pubblicato ma cfr. n. 525.
556

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2970. Berlino, 14 febbraio 1882 (per. il 20).

Il me semblait utile au moment surtout où nous nous occupons de la réorganisation ou du développement de nos institutions militaires, de chercher à connaitre l'opinion qu'ici les cercles compétents portent sur notre armée. Je me souvenais d'ailleurs d'avoir en 1875 et à d'autres époques entemlu émettre par le Maréchal de Moltke un jugement favorable, à cela près que l'armée italienne était organisée bien plus pour la défense territoriale que pour agir au delà des frontières. Il importait de vérifier si cette manière de voir plus ou moins fondée avait toujours cours ici.

J'ai donc invité l'Attaché militaire à cette Ambassade de procéder à quelque investigations. En voi ci le premier résultat qUi est déjà . assez complet, car l es données suivantes ont été fournies en voie confidentielle par un officier supérieur du Grand Etat Major, Chef de la Section chargée plus spécialement d'étudier notre organisation. A son avis, notre mobilisation serait trop lente, ce qui provient en grande partie des conditions de notre réseau de chemins de fer dont l'établissement a été souvent influencé par des considérations qui ne répondent pas aux nécessités militaires. D'après ses calculs, il nous faudrait vingt jours pour concentrer nos troupes, et trois ou quatre semaines pour que l'armée fiìt au delà des frontières; tandis que l'Allemagne serait prete à livrer bataille le quatorzième jour. Notre cavalerie serait insuffisante comme nombre surtout, proportion gardée avec la France. Nos cadres d'infanterie sont trop faibles en temps de paix, ce qui ne permet pas de donner à l'instruction des officiers et des soldats le développement voulu. Les trains ont une organisation imparfaite pour une guerre hors de notre territoire. Enfin dans l'alternative d'augmenter le chiffre de nos divisions, ou d'ajouter d'abord plus de solidité et de capacité offensive aux dix corps d'armée déjà existants, le second parti serait indubitablement de beaucoup préférable.

Ce qui frappe beaucoup ici, c'est le fait qu'en Italie les différentes pubblications, quoique non officielles, qui ont traité des problèmes de guerre possible se sont toujours placées sur le terrain de la défense, sans envisager le cas d'une lutte offensive, ce qui laisserait supposer que l'esprit militaire chez nous n'aurait pas saisi toute l'importance de la connexité entre la défense et l'attaque.

Ces impressions formées d'après les rapports élaborés par des attachés militaires allemands ou par des officiers envoyés en mission spéciale en Italie, sont évidemment aujourd'hui encore celles du Comte de Moltke. Son ad latus, le Général Comte de Waldersee, auquel M. le Chev. Biserti a aussi fait visite pour constater la chose, s'est réservé de pressentir sur ce point le Maréchal et de communiquer demain soir sa réponse. J'aurai soin de la faire connaitre a V.E.

Notre Attaché militaire m'a lu son très intéressant rapport dont le mien ne reproduit que la substance. D'après mon désir, il priera le Bureau de notre Etat Major de vous en donner connaissance par entremise du Ministère de la Guerre.

Il n'est pas besoin de faire ressortir, puisque nous sommes engagés à nous ranger du còté de l'Autriche et de l'Allemagne, que notre alliance leur servirait bien peu et ne serait pas mème recherchée, si nos conditions militaires ne nous permettaient qu'une défense à l'intérieur, si on ne pouvait compter, en cas donné, sur notre concours au delà de nos frontières. Mème pour remplir sérieusement un ròle pacifique et avoir parité de voix au chapitre, notre intérèt et notre devoir nous prescrivent de nous mettre sans tarder en mesure de contribuer à empecher la guerre, et à imposer la paix à qui voudrait la troubler. Si les deux Puissances hésitent à entrer dans nos vues, c'est qu'elles tiennent à nous voir davantage à l'oeuvre avant de lier elles-mèmes partie avec nous, un des motifs, et le principal à coup siìr, c'est parce que, malgré tous nos progrès militaires, nous n'avons pas encore un ensemble de forces suffisantes pour

fournir l'appoint matériel de rigueur dans une alliance. Négliger cet intérèt et ce devoir serait un crime de lèse-nation. Les éléments de la défense et de l'attaque se pénètrent si intimement qu'on ne saurait les disjoindre sans encourir une grave responsabilité.

Sans doute ce système combiné exige de grandes défenses. Mais quand il s'agit de la sécurité du Pays, d'éventualités ou son existence pourrait ètre en jeu, on ne saurait songer à des économies que nous risquerions de payer un jou.r au centuple. Ce ne sera que par le déploiement de nos forces de terre et de mer que nous serons respectés en ternps de paix, sauf à les faire valoir, et à en profiter en temps de guerre. Notre caeterum censeo... doit etre de pousser aux armements dans la proportion requise. C'est la meilleure voie pour arriver avec profit à l'alliance désirée.

Pour s'unir aux forts, il faut ètre armés jusqu'aux dents; autrement on ne devient que de simples ausiliaires, en subissant tout les mécomptes et les lnconvénients de cette position.

(l) -Cfr. n. 534. (2) -Cfr. n. 547. (3) -Dell'8 febbraio, non pubblicato.
557

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

T. 116. Roma, 15 febbraio 1882, ore 17,10.

Veuillez remercier lord Granville et lui dire que nous acceptons pour l'article additionnel de la convention relative à Assab la formule qu'il vient de nous proposer (2).

558

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 218. Parigi, 15 febbraio 1882, ore... (3) (per. ore 1,20 del 16).

Freycinet a sur la question de principe en ce qui concerne réclàmations de Sfax les mèmes vues que Gambetta, seulement il les exprime sous forme plus affable et conciliante. Il refuse absolument de se piacer sur le terrain du droit, et affirme que nous sommes seuls à élever cette prétention. Quand je lui ai fait observer que nous ne pouvons abandonner les droits de nos ressortissants à la merci d'un Gouvernement étranger, il m'a déclaré qu'il prend, vis-à-vis du Gouvernement de Sa Majesté, un engagement moral et fait appel à notre confiance. Or, pour sortir de la difficulté, voici ce qu'il propose: je lui écrirai pour lui rappeler simplement l'affaire des réclamations, résultat des faits de Sfax, dont j'avais entretenu son prédécesseur, et en demandant quelle suite il

entend lui-meme donner à ces réclamations. Il me répondrait en proposant le règlement d'après sa manière de voir et il affirme que les termes de sa communication seront de nature à ménager les susceptibilités de V. E. Enfin je lui répondrais en acceptant le sens de sa proposition, puis nous aborderions le còté matériel (1). Je tiens de bonne source que l'envoi de Noailles à Constantinople est chose décidée.

(l) -Ed. !n italiano, in LV 34, p. 165. (2) -Cfr. n. 554. (3) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.
559

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS (2)

PROMEMORIA RR. Roma, 15 febbraio 1882.

Fino al 1875 il Gabinetto di Berlino credette alla possibilità di una alleanza offensiva e difensiva coll'Italia. Vi rinunziò dopo il convegno di Milano perchè, malgrado le dichiarazioni assai precise del Maresciallo Moltke a parecchi tra i nostri generali, nel senso che l'Italia non si possa veramente difendere se non portando la guerra sul territorio nemico, l'idea di un esercito organizzato per l'offensiva non si fece strada nell'esercito nè nel Parlamento, locchè rese la nostra alleanza attiva inutile alla Germania.

Il concetto segreto che prevalse allora nel Gabinetto di Berlino fu questo:

1) Che in caso di guerra fra Francia e Italia la Germania interverrebbe a favore dell'Italia quando Roma fosse minacciata; la valle del Po dovendo all'occorrenza essere protetta contro la Francia dall'Austria; ed il Sud colle isole non interessando la Germania se non in ragione dell'antagonismo che nascerebbe a suo beneficio tra l'Inghilterra e la Francia per l'annessione o l'occupazione per parte della Francia di qualcuna delle isole italiane;

2) Che nel caso di guerra tra Germania e Francia la Germania si contenterebbe in principio della neutralità dell'Italia, ritenendosi però libera di far la pace a spese del neutro per la ragione di giustizia che invece della neutralità che rese quella guerra più facile per la Francia, l'alleanza difensiva ed offensiva dell'Italia colla Germania avrebbe potuto impedire la guerra medesima.

Fatta l'alleanza coll'Austria, locché fu una necessità per la Germania davanti a patti segreti, che gli iniziati sanno esistere, ma di cui si tace la durata, fra Russia e Francia, la Germania ebbe a considerare anche sotto altri lati le sue relazioni coll'Italia, la cui neutralità acquistò valore sotto un altro aspetto, quello della situazione dell'alleanza austro-germanica verso la Russia. In ragione del valore innegabile per l'Austria della benevolenza dell'Italia nelle difficoltà nelle quali si trova per la sua politica nei Balcani (insurrezione dell'Erzegovina, questione del Danubio, ecc.) l'Austria e la Germania hanno risoluto di dare all'Italia la soddisfazione di vedersi associata ai passi che faranno nelle questioni orientali e mediterranee. In caso di guerra poi colla Russia si rinnove

rebbe per l'Italia la situazione del 1854. colla scelta di prender parte, o nofl, ad una nuova guerra di Crimea che potrebbe essere una spedizione per terra per coprire Costantinopoli a benefizio delle autonomie greche e slave del Sud contro un'invasione russa. In tale eventualità si calcola a Berlino, che si avrebbe l'Inghilterra benevola, lacchè renderebbe ancor più libera la scelta che l'Italia avrebbe a fare.

Anco da questo aspetto torna in campo, agli occhi della Germania e dell'Austria, la questione militare in Italia. Se anche nei provvedimenti ora sottoposti alla Camera continua a prevalere il concetto di difesa puramente territoriale che mandò a monte l'alleanza itala-germanica, va a monte anche la partecipazione dell'Italia alle combinazioni austro-germaniche verso l'Oriente, ed in tal caso si è venuti, a Berlino e a Vienna, nel pensiero di disinteressare la F'rancia !asciandole libero campo nel Mediterraneo occidentale, sia pure a danno dell'Italia.

Queste sono informazioni di sicure ed autorevolissime fonti, che il sottoscritto non ottenne che impegnandosi a non ripeterne l'affermazione se non sotto la propria personale responsabilità. Ma è questa stessa responsabilità che fa obbligo allo scrivente di esporre siffatte affermazioni ai Ministri, cui spetta di trarre dalla situazione presente la norma dell'atteggiamento politico e dei provvedimenti concreti del Governo.

I concetti che si hanno presentemente a Berlino sul nostro ordinamento militare sono questi: coi suoi progetti militari che accrescerebbero l'esercito di quattro divisioni l'Italia si impone un onere finanziario e si costituisce in un atteggiamento considerato, a Parigi, come di eventuale ostilità verso la Francia, e tutto ciò col risultato deplorevole di diminuire ancora l'efficacia già insufficiente delle sue forze militari, poiché la creazione di queste quattro divisioni aumenterebbe ancora la sproporzione, già eccessiva, della cavalleria e dell'artiglieria, ed accrescerebbe la durata e le difficoltà della mobilitazione. Anche dal punto di vista d'una semplice neutralità benevola, l'Italia dovrebbe intendere come neppure la più innocua delle azioni militari quale è il concentramento di truppe al confine, possa avere alcun valore quando si sa che l'esercito che lo opera non ne può uscire. Ora le primarie autorità militari, in Germania, asseriscono che è una illusione la nostra di voler persuadere chicchessia della possibilità, per noi, di esercitare una seria azione militare con un esercito che è !ungi dall'avere la media di 4 cannoni per mille uomini e quasi non ha cavalleria in paragone degli altri eserciti, e che coi congedi anticipati indebolisce ancora la solidità di quegli effettivi che con tale sistema rimangono disponibili.

La conclusione di quanto precede è che, dal punto di vista del ministero degli Affari Esteri, sia che si voglia la politica della neutralità, sia che si voglia quella delle alleanze, è necessario dare completo assetto ai 300 mila uomini di prima linea che già abbiamo di qualità eccellente, consolidare proporzionalmente le forze di seconda linea, e porci così sopra un piede rispettabile di completa disponibilità all'azione, nei limiti delle nostre forze.

Un pro-memoria in questo senso, proveniente da persona competente in Berlino, è stato dallo scrivente consegnato, circa un mese fa, al Segretario Generale del ministero della Guerra. Nello stesso tempo lo scrivente sottoponeva

558 analoghe osservazioni a voce a S. E. il Ministro degli Affari Esteri. Il presente pro-memoria è diretto, per scarico di responsabilità, a confermare e precisare cose già dette in via gerarchica per debito di ufficio.

(l) -Per la risposta cfr. n. 563. (2) -Da ACS, Carte Crispi, ed. con varianti ln S. Sonnino, Diario 1886-1912, vol. l, Bari, Laterza, 1972, pp. 513-518.
560

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1603. Vienna, 15 febbraio 1882 (per. il 19).

L'Ambasciatore di Francia presentava ieri al Ministro Imperiale degli Affari Esteri il dispaccio del suo Governo in data 12 corrente relativo agl'intendimenti della Francia concordi con quelli del Governo britannico a riguardo degli affari d'Egitto.

Il Conte Kalnoky ch'io vedeva poco dopo, mi dava gentilmente lettura di quel documento di cui mostrava grandemente compiacersi. Egli mi faceva rilevare quanto fosse stata opportuna sì pel modo e forma nonché per il momento anche, la dichiarazione presentata collettivamente a Costantinopoli dalle altre quattro potenze. S. E. soggiungevami aver ringraziato il Conte Duchàtel per quella comunicazione il cui contenuto Egli ravvisa pienamente conforme alle idee sue: poiché se il Gabinetto di Vienna aveva preso parte al passo collettivo testè fatto dalle quattro altre potenze a Costantinopoli si era precisamente perché il Gabinetto di Vienna non intendeva di restar all'infuori degli affari d'Egitto, ed aveva trovato opportuno di cogliere quell'occasione per affermare in proposito la competenza piena ed intiera di tutte le grandi potenze, che travasi presentemente riconosciuta anche nel dispaccio francese. Come di ragione oltre a questa risposta verbale ne sarà pure diretta una per iscritto, che ritengo probabile sarà dello stesso tenore.

Il Conte Kalnoky dicevami, non aver fin qui ricevuta l'analoga comunicazione del Gabinetto di Saint James, l'Ambasciatore d'Inghilterra avergli però tenuto il giorno prima un linguaggio perfettamente identico alle dichiarazioni contenute nel dispaccio francese.

* Ringraziando l'E. V. pel suo telegramma di ieri sera (2), e confermandoLe il mio di ieri (3) anche sullo stesso argomento ... *

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 118. Roma, 16 febbraio 1882, ore 14,20.

L'accord étant aujourd'hui complet entre les deux Gouvernements pour le projet tout entier de convention, je prie V. E. de faire auprès de Granville

40 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

les démarches les plus pressantes afin que la négociation soit vigoureusement reprtse au Caire et surtout à Constantinople pour arriver à une prompte

, conclusion. Le plus urgent est maintenant, que Dufferin reçoive instruction de faire à la Sublime Porte la déclaration qu'on lui a demandé au sujet de notre reconnaissance de la souveraineté ottomane au nord et au sud d'Assab, et qu'il soit autorisé à se faire aider par so n collègue italien (1). J'ajoute, confidentiellement pour vous que je vais vous écrire proposant en attendant l'échange d'une déclaration préliminaire avec l'Angleterre; mais veuillez n'en parler à Granville qu'après réception de ma dépèche (2).

(l) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi e con data 16 febbraio, !1!1 LV 35, p. 85. (2) -Cfr. n. 552. (3) -T. 207, non pubbUcato.
562

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 219. Parigi, 16 febbraio 1882, ore 14,50 (per. ore 16,55).

L'ambassadeur de Turquie a complètement changé de langage avec moi, maintenant tout est pour le mieux, la situation en Egypte est telle qu'elle ne justifierait aucune intervention ni ingérence. Il s'exprime en termes très formels contre l'éventualité d'une conférence, parce que la Turquie en est toujours la victime. Il constate que c'est l'Angleterre qui a pris l'initiative de la démarche collective et m'a affirmé à deux reprises que l'Angleterre qui est toujours pratique avait déclaré ici qu'au fond elle ne tient pas au maintien de son contròleur, qui peut la compromettre à un moment donné, tandis que Malet suffirait, mais Freycinet tient obstinément au maintien de Blignières. Le langage de Dilke hier à la Chambre des Communes semble concorder avec l'affirmation de l'ambassadeur de Turquie, s'il est exact que le sous-secrètaire d'Etat a attribué les difficultés survenues en Egypte à l'adoption de la politique du dernier Cabinet anglais.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. 120. Roma, 16 febbraio 1882, ore 16,30.

Je consens à ce que vous adressiez à M. de Freycinet une note lui rappelant nos réclamations pour l'affaire de Sfax (3). Le mémoire et le recueil des procès verbaux de l'enquète que je vous ai expédiés hier, par le courrier

Signoroni pourront etre annexées à votre note. Mais nous ne saurions prendre un engagement quelconque pour la réponse que nous serons dans le cas de faire à la réplique de M. de Freycinet avant d'en avoir connu et apprécié les termes.

(l) -Con t. 119, pari data, non pubbUcato Mancini trasmise a Costantinopoli e al Cairo il testo dell'articolo addizionale concordato con l'Ingh!lterra da aggiungere alla convenzione per Assab. (2) -Cfr. n. 564. (3) -Cfr. ·n. 558.
564

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

D. 1333. Roma, 16 febbraio 1882.

Mercè il carteggio telegrafico di questi ultimi giorni, poté infine concordarsi, tra il R. Governo e il Governo britannico, la formula dell'articolo aggiuntivo da inserirsi nella convenzione per Assab, all'oggetto di esprimere il riconoscimento, da parte nostra, della sovranità turco-egiziana sopra la costa occidentale del mar Rosso, al nord e al sud del nostro possedimento, in guisa da non pregiudicare, in fatto o in diritto, la situazione di Berehan, sultano di Raheita. Qui acchiudo, per maggiore chiarezza, il testo integrale della convenzione (2), ove l'articolo aggiuntivo già figura a suo luogo.

Secondoché oggi stesso Le telegrafai (3), importa, ora che ogni difficoltà sorta circa questo punto speciale trovasi infine rimossa, che il Governo· della Regina voglia ripigliare e continuare, con quella benevolenza che in questo affare ci ha costantemente dimostrato, i suoi uffici, così al Cairo, come soprattutto a Costantinopoli, per conseguire, entro quel più breve termine che sia possibile, la accettazione della convenzione. V. E. ricorda in quale stadio precisamente stava, a Costantinopoli, il negoziato, quando, in attesa dell'accordo tra Roma e Londra per l'articolo aggiuntivo, lo si dovette sospendere: lord Dufferin aveva ottenuto dal Primo ministro Said pascià la dichiarazione che, quando egli avesse potuto affermare il riconoscimento, da parte dell'Italia, della sovranità ottomana sopra la costa intera al nord e al sud di Assab, l'adesione della Sublime Porta e del Sultano si sarebbe conseguita; Scerif pascià aveva, dal canto suo, esplicitamente e ripetutamertte dichiarato che il Governo vicereale se ne rimetteva puramente e semplicemente alla decisione della Sublime Porta. La ripresa del negoziato parrebbe quindi doversi inaugurare con tali istruzioni per cui lord Dufferin possa enunciare l'affermazione suaccennata, ed insistere per una immediata decisione, valendosi anche, all'uopo, se così sembra al Foreign Office, della cooperazione del suo collega d'Italia.

Le gravi e stringenti ragioni che ci fanno vivamente desiderare l'immediata conclusione di questa vertenza sono ben note all'E. V. È indispensabile, per la nostra responsabilità, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista finanziario, che lo stato delle cose, in Assab, sia, mediante acconci provvedimenti legislativi, ridotto a forma regolare, prima che giunga a ter

mine la presente sessione parlamentare. Ond'è che, desiderosi, come sempre fummo, di avere in ogni occorrenza una posizione giuridicamente corretta, noi abbiamo rivolto ogni nostro sforzo ad eliminare le dubbiezze che, circa le condizioni del nostro possesso in Assab, avrebbero potuto affacciarsi. La convenzione con la Sublime Porta e con l'Egitto, suggeritaci dal Governo della Regina, e della quale codesto Governo stesso, con atto schiettamente amichevole, volle assumersi il patrocinio, costituirebbe certo la migliore e la più sicura delle soluzioni. Senonché, dopo il lungo tempo già trascorso, e in presenza delle non lievi difficoltà d'ordine politico che attualmente si agitano in Egitto, noi non possiamo dissimularci il pericolo che alla riuscita sollecita delle trattative possano opporsi impedimenti superiori al buon volere del Governo britannico e degli agenti suoi al Cairo e a Costantinopoli. È quindi sorto nell'animo nostro, poiché fortunatamente anche rispetto alla divisata convenzione perfetto è l'accordo tra Roma e Londra, il pensiero che possa provvedere sufficientemente, per noi, alle esigenze della situazione, un patto preliminare tra il Governo italiano e il Governo britannico, che fornisca, rispetto ai rapporti creati dal nostro possesso in Assab, una prima base giuridica, mentre si continuerebbero gli uffici per ottenere l'acquiescenza della Sublime Porta e del Governo vicereale.

Affinché V. E. sia in grado di presentare questo nostro concetto in termini ben chiari e precisi, qui unisco un primo abbozzo di atto, che potrebbe naturalmente subire quelle ulteriori modificazioni non sostanziali che al Foreign Office sembrino acconce, e rispetto alla forma del quale lasciamo libera scelta a codesto Governo, bastandoci solo che esso sia tale documento da potersi, in caso di bisogno, adoperare per uso parlamentare. Due sono essenzialmente i punti che a noi preme di porre in sodo: essere oramai consenzienti i due Governi nel considerare desiderabile e raccomandabile la stipulazione della Convenzione nei termini in cui lo schema è attualmente concepito; volere essi., intanto, pigliare fin da ora le clausole di quella convenzione, in quanto ne riesca applicabile il tenore, come norma dei loro reciproci rapporti in relazione col possedimento di Assab. Mi sembra che il duplice intento sia convenientemente espresso nel qui acchiuso abbozzo, che prego V. E. di voler rimettere senza indugio a Lord Granville facendo vive istanze acciò la proposta nostra trovi, presso il Governo della Regina, benigno e pronto accoglimento. A dire schiettamente l'animo mio, non vedrei davvero quale obiezione possa prevedersi da parte di codesto Governo, trattandosi, sostanzialmente di consegnare in uno scritto un accordo già incontrastabilmente esistente, e di dare fin da ora una maggiore efficacia a reciproche intelligenze che, se per noi giovano ad esigenze parlamentari, corrispondono sopratutto a interessi concreti e a legittime preoccupazioni del Governo britannico. Ad ogni modo, io prego V. E. di voler spiegare quella maggiore vigoria di azione che Le sembri consigliata dalla urgenza del caso, e l'autorizzo a dichiarare che la acquiescenza del Governo della Regina sarà da noi ravvisata come pegno di quella valida amicizia, e di quel desiderio di mutua assistenza che, già in più di una emergenza, recarono buoni effetti, e ne recheranno, giova sperarlo, anche in

avvenire.

(l) -Ed., ad eCICezione del brano fra asterischi, in LV 34, p. 166-167. (2) -Non si pubblica. (3) -Cfr. n. 561.
565

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2972. Berlino, 16 febbraio 1882 (per. il 19).

Je fais suite à mon rapport n. 2970 du 14 février (1).

Le Comte de Moltke a été interpellé par le Quartier-Maitre Général, Comte de Waldersee, sur l'opinion attribuée au Maréchal à l'égard de notre armée, et sur les projets d'augmentation dernièrement présentés au Parlement par le Ministre de la Guerre.

Le Comte de Moltke s'abstenait d'aborder une discussion de détails. Il se bornait à déclarer qu'une augmentation de nos divisions etait, meme en vue de la tache que nous nous proposions, non seulement utile, mais très-désirable (2). Quant au jugement qu'il aurait porté sur le caractère defensif de notre organisation militaire, il affirmait de nouveau très-péremptoirement que le meilleur moyen de se défendre, c'est d'attaquer.

Le Lieutenant-Général de Waldersee a donné très-confidentiellement ces indications au Chevalier Bisesti. Notre Attaché militaire ayant dit qu'il les communiquerait à Rome, son interlocuteur répondait qu'il n'y voyait pas d'inconvénient, pourvu qu'on en fit usage avec toute la dìscrétion voulue, afin que la chose ne fut pas ébruitée dans les cercles diplomatiques. Autrement il en résulterait des commentaires qu'il convenait absolument d'éviter.

Si le Maréchal, comme il fallait s'y attendre, n'a pas discuté à fond sur l'argument dont il s'agit, ou du moins si ses appréciations ont été rapportées d'une manière si concise, il en a pourtant dit assez pour nous faire bien comprendre la nécessité de combiner nos moyens d'attaque et de défense, de ne pas nous contenter de couvrir nos frontières, mais de nous mettre promptement en mesure, le cas écheant, de combattre l'ennemi sur son propre territoire. Cet ennemi n'a pas été autrement désigné. Il est évident qu'il voulait parler d'une France, qui allant à la dérive si elle confiait jamais son sort à des tetes folles ou aventureuses, voudrait troubler la tranquillité générale de l'Europe.

En me prévalant d'une autorité devant laquelle chacun s'incline, je ne puis que confirmer les considérations contenues dans mon rapport précité et qui avait pour objet essentiel de pousser aux armements de manière à rendre à la fois utile à nous-memes et à l'Allemagne, ainsi qu'à l'Autriche, une alliance entre les trois Etats. Avec des forces militaires simplement défensives, nous ne remplirions pas un role digne de l'Italie, dans le cas où nous devrions con

courir à sauvegarder la paix européenne. A cet effet il nous faut un armement total et non partiel.

Il me revient que très-prochainement le Militair-Wochenblatt, journal très estimé et qui a des attaches avec le Grand Etat Major, publiera sur notre armée un article rédigé dans le sens des observations susmentionnées du Maréchal de Moltke. Cet article contiendra un examen de publications récentes faites par la Rassegna Settimanale sur l'organisation de notre armée.

Se son coté, M. le Major Bisesti écrit aujourd'hui un nouveau rapport au Commandant de notre Etat Major, en le priant d'en donner aussi connaissance à V. E.

(l) -Cfr. n. 556. (2) -Annotazione a margine di Blanc: « Keùdell, e Villaume, ritenendo che nè vorremmo nè potremo fare per 24 divisioni gli aumenti di cavalleria, artiglieria, treno, parchi d'assedio, ecc. indispensabili, credono che di fatto la creazione di 4 nuove divisioni indebolirà per più anni l'esercito coll'accrescere l'inferiorità già eccessiva delle proporzioni d'artiglieria e di cavalleria e col rendere la mobilitazione più lenta e più difficile. Essi ra1ccomanderebbero vivamente, se consultati, di cominciare dal porre sul piede d'offensiva le 20 divisioni ora esistenti».
566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA (l)

D. 769. Roma, 17 febbraio 1882.

Il Barone d'Uxkull mi ha oggi comunicato un telegramma che gli era stato diretto dal signor Giers per indagare quale fosse il modo di vedere del R. Governo circa la comunicazione identica fatta dalla Francia e dall'Inghilterra alle altre quattro grandi potenze sulle cose egiziane. Gli ho risposto che il Governo italiano aveva preso cognizione con interesse delle dichiarazioni contenute in quel documento; ma che non potevamo esprimere il nostro pensiero al riguardo prima di avere esaurito lo scambio d'idee che in questo momento aveva luogo cogli altri tre Gabinetti.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2291. Costantinopoli, 17 febbraio 1882 (per. il 23).

Iersera venne a mie mani il telegramma che l'E. V. mi faceva l'onore di indirizzarmi (2) per significarmi essere intervenuto l'accordo col governo britannico circa la forma dell'articolo addizionale da aggiungersi al progetto di convenzione per Assab; l'E. V. avere telegrafato (3) al generale Menabrea d'interporre presso lord Granville i più caldi offici affine i negoziati siano vigorosamente ripresi al Cairo e soprattutto a Costantinopoli per giungere ad una pronta conclusione; il più urgente essere ora di far tenere a lord Dufferin l'istruzione di fare alla Porta la dichiarazione richiesta del riconoscimento da

parte nostra della sovranità della Sublime Porta al nord ed al sud di Assab, e di ammettere l'aiuto del suo collega d'Italia; una dichiarazione preliminare avrebbe ad essere scambiata fra l'Italia e l'Inghilterra sulla questione.

Le trattative avrebbero adunque ad essere riprese vigorosamente dopo un mese di sospensione. Stimo mio debito di sottomettere al sapiente giudizio dell'E. V. alcune considerazioni che mi sono suggerite dalla conoscenza della presente situazione.

I negoziati che seguirono finora, sebbene noti a molti, pure furono tenuti relativamente segreti, nè entrarono nel campo della pubblicità. Se essi sono spinti fino ad una conclusione positiva, ne potranno risultare situazioni più gravi, le quali diventeranno necessariamente il soggetto di pubbliche discussioni. Perlochè mi sembra prezzo dell'opera di soffermarci un momento a considerare gli elementi coi quali s'ha da trattare.

L'E. V. conosce per le mie corrispondenze officiali e private quali siano le vere disposizioni di questi ministri sulla questione di Assab. Delle parole concilianti furono invero pronunziate dal primo ministro nei suoi colloqui con lord Dufferin. Ma io ne inferisco solo che egli voglia mettere sopra di altri l'odiosità del rifiuto. E queste manifestazioni di Said pascià mi rammentano un passaggio del rapporto del generale De Vecchi al ministro degli affari esteri del 29 giugno 1871, il quale diceva: «In risposta alla citazione delle dichiarazioni fatte dalla Sublime Porta alla R. legazione a Costantinopoli favorevoli alle viste dell'Italia, Nubar pascià rispondeva: «con il Governo egiziano la Porta tiene tutt'altro linguaggio :..

Senonché la situazione si è considerevolmente aggravata in quest'intervallo. L'E. V. conosce come siano scoppiati gravi torbidi nel Yemen, i quali sembrano tendere a scuotere l'autorità del Califfo sopra quelli arabi. Ora esiste a palazzo il grave sospetto che quei torbidi siano suscitati dal Governo britannico, e si citano ad appoggio di siffatta asserzione i fatti recentemente occorsi a Makalla. Ed io ebbi l'onore di riferire all'E. V. come tali sospetti siano vieppiù eccitati dal Governo egizio. L'E.V. comprenderà di leggieri come siffatta impressione non possa a meno di nuocere ai negoziati che si riferiscono a regioni situate in quei paraggi e condotti dal Governo britannico.

Delle comunicazioni che qui vengono dall'Egitto io ebbi cura di dare esatta contezza all'E. V., ed esse mi danno il convincimento che, se anca si potesse ottenere l'assenso della Sublime Porta alla convenzione, arduo sarebbe il conseguire quello dell'Egitto. Lascio poi all'E. V. di giudicare se le mutazioni recentemente occorse al Cairo siano per rendere il nuovo ministero più disposto alle concessioni.

E le trattative avrebbero a condursi vigorosamente. Al quale proposito è mio dovere di far conoscere alla E. V. che la presente posizione dell'ambasciata britannica presso la Sublime Porta non è tale da potervi esercitare una grande influenza, nè le istruzioni che essa ricevette furono mai nel senso d'interporre una vigorosa azione.

Nel caso poi che lord Dufferin sia autorizzato a farsi aiutare dal suo collega d'Italia io sarei sommamente grato se l'E. V. volesse impartirmi precise istruzioni in ordine all'atteggiamento che avrei ad assumere, imperocché l'in

terposizione dell'azione diretta della R. ambasciata costituirebbe un grave passo in ordine agli effetti che potranno seguire, massime subentrando essa allorché la questione già trovasi in una fase assai difficile ed incerta. E l'ambasciatore d'Inghilterra è fermo nel seguire scrupolosamente le istruzioni che riceve dal suo Governo.

Io farò dal mio canto tutto quello che potrò in obbedienza agli ordini che mi saranno impartiti dalla E. V. Ma in ogni modo non è ad aspettarsi che questi negoziati possano essere condotti a termine in breve tempo. È contrario alla natura ed alle tradizioni della Sublime Porta di fare risposte categoriche sia negative, sia affermative. Già ebbi l'onore di citare all'E. V. parecchi altri negoziati, i quali si appoggiavano sopra trattati esistenti ed erano a due. Nel presente caso vi sono quattro parti, le quali hanno interessi diversi, e le difficoltà di stabilire un accordo fra di esse devono necessariamente essere d'altrettanto maggiori.

(l) -Ed. in LV. 35, p. 87. (2) -Cfr. n. 561, nota .1, p. 560. (3) -Cfr. n. 561.
568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 126. Roma, 18 febbraio 1882, ore 14,45.

Je vois par votre rapport n. 1262 (l) que les mots « ainsi qu'à exclure tout changement dans ses conditions de fait actuelles » ne figurent pas dans le texte définitif de l'article additionnel, tel qu'il a été arreté entre V. E. et Granville. Je n'ai pas difficulté à admettre cette suppression, que vous pourrez faire vous meme dans la copie du texte intégral de la convention, que je vous ai expédiée avec ma dépeche écrite du 16 février (2).

569

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 127. Roma, 18 febbraio 1882, ore 16.

V. E. m'a télégraphié, le 14 de ce mois (3), que la dernière communication franco-anglaise touchant l'Egypte a fait à Vienne bonne impression, et que le comte Kalnocky après en avoir exprimé verbalement sa satisfaction, sé proposait de faire encore une réponse écrite. Partageant cette manière de voir, nous sommes prets à entrer tout d'abord, avec le Cabinet de Vienne, dans un échange d'idées, sauf à nous concerter ensuite aussi avec les deux

autres cabinets pour le texte ou tout au moins le sens de la réponse à faire. Ce n'est pas une initiative que nous voulons prendre, mais si cet échange d'idées est agréé à Vienne, je tiens à ce que V. E. connaisse nos vues, en général, sur ce sujet. Sans nous arrèter à la mention, que fait la note anglofrançaise des arrangements spéciaux en vigueur entre l'Egypte et les deux puissances à l'égard desquels nous sommes loin de vouloir soulever une discussion intempestive, nous estimons qu'il y a lieu surtout de prendre acte de la déclaration faite par la France et l'Angleterre que l'affaire égyptienne relève du Concert européen. C'est le point de vue de la note verbale à quatre du 2 février. Si, après avoir ainsi répondu à la note anglo-française, le Cabinet de Vienne pensait qu'il y a lieu d'aborder, dès aujourd'hui la prévision du cas où une intervention, malgré les espérances actuelles deviendrait inévitable, pour ne pas ètre pris au dépourvu par les événements, nous sommes disposés sur ce point aussi à nous entendre par un échange de communications intimes avec le Cabinet de Vienne. Nous pensons qu'il convient avant tout d'écarter, par une affirmation en quelque sorte préalable, toute intervention isolée de la France ou de l'Angleterre ou de ces deux puissances seulement. Nos préférences seraient pour l'envoi, en vertu d'une délégation européenne, de forces ottomanes après accord préliminaire avec les puissances en vue d'assurer le caractère temporaire de l'occupation et de sauvegarder les réformes accomplies, les arrangements en vigueur et le développement prudent des institutions locales. Ce ne serait, selon nous, qu'à toute dernière extrémité qu'il y aurait lieu d'examiner l'hypothèse de l'envoi par délégation de l'Europe, d'un corps d'occupation appartenant à une tierce puissance, qui ne serait ni la France ni l'Angleterre, ou bien d'un corps mixte formé des contingents de plusieurs puissances. Je prie V. E. de se ménager, sur la base du présent télégramme, un entretien confidentiel avec le comte Kalnocky. Le conseil de nous entendre, d'abord sur ce sujet avec le Cabinet de Vienne, nous vie n t aussi de Berlin (l).

(l) -Del 15 febbmio, non pubblicato, ma cfr. n. 554. (2) -Cfr. n. 564. (3) -T. 207, non pubblicato, ma cfr. n. 560.
570

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 230. Costantinopoli, 18 febbraio 1882, ore 18,20 (per. ore 5,25 del 19).

L'ambassadeur d'Angleterre vient de recevoir télégramme de lord Granville portant que le Gouvernement italien a adhéré à l'article additionnel dont il est donné le texte. Avec cette addition la convention pourrait ètre acceptée par la Porte et l'Egypte, S. E. devait s'efforcer conjointement avec son collègue italien de persuader le ministre des affaires étrangères de l'accepter.

Nous sommes convenus que lord Dufferin se rendra lundi auprès du premter ministre pour rétablir d'abord la négociation dans l'état où elle était lorsqu'elle fut suspendue, savoir rétablissement moyennant déclaration au sujet de notre reconnaissance de la souveraineté ottomane au nord et au sud d'Assab. Son Altesse consentirait à la convention.

(l) -Del contenuto di questo telegramma furono informate le ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Pletroburgo e l'agenzia al Cairo con t. 128, pari data. (2) -Ed. in italiano in LV 34, p. 169.
571

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI (l)

D. 141. Roma, 18 febbraio 1882.

L'Ambasciatore di Sua Maestà a Costantinopoli mi ha testè trasmessa la risposta che fu data dalla Sublime Porta alla nota collettiva delle grandi Potenze in data del 30 novembre u.s., relativa alle nuove frontiere turcoelleniche. Ella troverà qui unito una copia di questo documento e del rapporto di S. E. il Conte Corti che lo accompagna (2). V. S. rileverà come i rappresentanti delle sei potenze a Costantinopoli abbiano deliberato di soprassedere dalla replica a farsi alla Porta, affine di dar tempo al Gabinetto di Atene di manifestare la sua opinione al riguardo, e nella speranza che le migliorate condizioni nei rapporti dei due paesi porgano il modo di un equo componimento.

E certo qualora, accettata dal Governo ellenico la variante proposta pel monte Analypsis, la Sublime Porta accettasse nel rimanente il tracciato adottato dalla Commissione di delimitazione, come pare implicitamente riconosciuto nell'ultima nota, vi sarebbe ogni convenienza per codesto Gabinetto di definire senz'altro in tal modo le questioni relative al confine che rimangono in sospeso, e di entrare così in possesso mercè lieve sacrificio, delle importanti posizioni che gli competono e che sono tuttora occupate dalle forze ottomane. Ed in tal senso la prego di esprimersi con codesti Governanti, sempre che se ne presenti l'opportunità, insistendo sulle utili conseguenze che dall'amichevole componimento di questa questione potrebbero derivare.

572

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, Al MINISTRO A BELGRADO, TOSI

L. P. Vienna, 18 febbraio 1882.

Si figuri se leggo i suoi rapporti! Essi sono sempre di molto interesse per me ma tanto più in questo momento in cui la Serbia rappresenta una parte

molto importante sullo scacchiere della politica austriaca. Da quanto Ella scrive vedo che le conseguenze del disastro Boutouw non sarebbero poi tanto gravi pel Principato. M'aspettavo ben altro sentendo i commenti del Christich che non saprebbe pianger peggio se il suo Paese fosse ridotto alla estrema irreparabile rovina. Qui si dice che la «Lander Bank » voglia assumere essa il contratto per la ferrovia serba. Capisco che così converrebbe assai al Governo austriaco, ma la cosa mi pare poco taisable, poichè la «Lander Bank » cammina già anch'essa colle grucce e quindi difficilmente potrà incaricarsi di reggere un nuovo peso. Ben giustamente Ella raccomanda al Governo di non far sospirare all'evenienza il riconoscimento del titolo reale se verrà assunto in seguito a voto della grande Skuptchina. Allo stato delle nostre relazioni coll'Austria non potremo precedere il Governo imperiale, ma andargli di conserva anche in quella faccenda sarà cosa ottima.

Qui si dice la posizione del Principe molto compromessa anche a causa dei «regalucci » che avrebbe ricevuto dal Boutouw per amicarselo al momento della conclusione del contratto, ma saranno probabilmente dicerie senza fondamento. Nulla le dico di Launay poichè Egli stesso Le scrive. Andiamo avanti pian pianino facendoci tirare per il naso, gioco a cui ci prestiamo con ardore. Ci tengono a bada ed ecco tutto. Ciò però ha il vantaggio per noi di trattenerci dal fare molte corbellerie; e quindi mi presto anch'io, a malgrado che !asciarmi menar per il naso non sia fra i miei passatempi prediletti.

La questione d'Egitto è entrata in una fase pacifica colla caduta di Gambetta, la Francia ha mollato intieramente, e l'Inghilterra si è fatta premura di mollare anch'essa; la questione è dunque colla comunicazione ai quattro Gabinetti del dispaccio identico dei Gabinetti di Parigi e di Londra, tornata ad essere cosa europea. Pare però che le due potenze non transigeranno sul controllo finanziario esclusivamente a loro riservato. Mancini vorrebbe impuntarsi a questo proposito, ma sarebbe un vano tentativo, gli altri tre Gabinetti accennano a non volerei affatto secondare in questa faccenda.

(l) -Ed. in LV 39, p. 15. (2) -R. 2287, del 10 febbraio ed allegato del 7 gennaio, non pubblicati.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 236/921. Londra, 19 febbraio 1882, ore 16 (per. ore 19,50).

Je reçois à l'instant dépèche de V. E. du 16 (2) annoncée par son télégramme d'hier (3) relatif à Assab. Je vois que V. E. a conservé dans le projet de convention les mots «ainsi qu'à exclure tout changement dans les conditions de fait actuelles », tandis que je les avais supprimés comme faisant double

emploi avec les mots « maintiendront situation de fait actuelle » de la nouvelle formule que j'ai proposée et qui a été acceptée par Hartìngton et Granville. Quant au projet de protocole, j'ai bien peu d'espoir, vu l'esprit soupconneux qui règne au Foreign Office, de le faire accepter dans une forme aussi solennelle. D'autre part il impliquerait que l'Angleterre s'arroge droit d'intervenir dans cette affaire qu'elle n'a traité jusqu'ici que d'une manière officieuse, bien qu'elle ait grand intérèt à ce qu'elle soit réglée et que la souveraineté de la Turquie et de l'Egypte soit bien constatée. D'ailleurs il ne me parait pas sans inconvénients et sans danger pour nous mèmes de constater par un acte diplomatique sp6cial le droit d'intervention, et je pense qu'il serait préférable de proposer d'emblée, sans parler de protocole un simple échange de lettres officielles dans lesqu.elles on énoncerait les deux points mentionnés dans notre projet. La chose reviendrait au mème pour nous comme résultat mais le succès me paraitrait moins chanceux. Je prie V. E. de me faire connaitre par conséquent, sans délai, si elle consent à ce que je me borne à proposer échange lettres demandé auquel j'ai lieu de eroire que Granville accèderait. Je tacherai de le voir dés reçu de v otre réponse (l).

(l) -Ed., parzialmente in Italiano, in LV 34, p. 171. (2) -Cfr. n. 564. (3) -Cfr. n. 568.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (2)

D. 1264. Roma, 19 febbraio 1882.

Fin dal primo momento in cui ebbi conoscenza della recente nota anglofrancese circa le cose egiziane, pensai che, come siamo ben fermi nel concetto di doversi serbare ad ogni officio relativo a così importante materia il carattere europeo che nella nota verbale del 2 febbraio ebbe precisa consacrazione, così ci convenisse, prima di porgere ai due gabinetti una risposta qualsiasi, di metterei in comunicazione con gli altri tre governi a cui quelìa nota era stata indirizzata.

Le notizie procacciatemi dai colleghi di Lei sulle disposizioni manifestate, a tale riguardo, dai gabinetti di Berlino e di Pietroburgo, lasciano già fin da ora intendere come questi apprezzino favorevolmente una manifestazione, che sostanzialmente implica da parte della Francia e dell'Inghilterra una non dubbia acquiescenza acciò la questione egiziana, nel caso in cui dovesse provocare una azio::J.e esteriore, abbia a considerarsi e a trattarsi come questione europea, e tale da doversi dibattere tra le sei potenze e la Sublime Porta. Più esplicito ancora fu, secondochè Ella mi telegrafò il 14 di questo mese (3), il linguaggio

del conte Kalnocky, il quale, dopo avere espresso verbalmente la sua soddisfazione al rappresentante di Francia, che per il primo gli rimise la nota anglofrancese, si proporrebbe ancora di rispondere con un documento scritto.

Noi siamo, su quest'ultimo punto, perfettamente d'accordo col ministro ~ustro-ungarico degli affari esteri. Ond'è che, seguendo anche un suggerimento che ci viene da Berlino, noi vorremmo anzi tutto procedere con esso, circa il testo della risposta da farsi, o almeno circa il suo tenore generale, a preliminari intelligenze, salvo a concertarci indi, per lo stesso oggetto, con gli altri due gabinetti. Così Le telegrafai ieri (l), entrando in minuti particolari che qui mi giova riprodurre con alcuna maggior ampiezza, non senza ripetere l'avvertenza che noi non intendiamo punto di prendere una iniziativa formale, sibbene di scambiare col Gabinetto di Vienna le nostre idee, porgendogliene fin d'ora una schietta esposizione.

lion fummo i soli a notare che, mentre le quattro potenze, nel definire lo statu quo in Egitto, e nel riferirlo, non solo ai firmani imperiali, ma anche agli accordi esistenti (arrangements existants), punto non hanno voluto alludere ad accordi speciali che abbiano potuto stringersi tra il Governo vicereale e le due potenze occidentali; ma i Gabinetti di Parigi e Londra hanno invece cura di includere esplicitamente nello statu quo anche questi speciali accordi. II Gabinetto di Pietroburgo, come telegrafa il cav. Nigra (2), parrebbe voler interrogare quei due Gabinetti per sapere in che precisamente essi consistano. Però a noi sembra che sia più conveniente di non soffermarci su questo punto. Imperocchè, per una parte, non vedremmo la opportunità di prestarci a sancire, anche solo con la nostra tacita acquiescenza, stipulazioni che non potremmo più ignorare dal momento che ce ne fosse data officiale e specifica notizia; nè d'altra parte vorremmo che una intempestiva discussione alterasse, con un qualsiasi dissenso, la benefica autorità di una concorde attitudine delle sei potenze, col pericolo altresì di turbare uno stato di cose che esiste in fatto e al quale sono oramai connessi troppi e troppo legittimi interessi. Noi stimeremmo adunque che la risposta dei quattro Gabinetti dovrebbe per ora sostanzialmente riportarsi al punto di vista stesso che fu enunciato nella nota verbale del 2 febbraio, pigliando atto della dichiarazione, contenuta nella nota anglofrancese, che la situazione in Egitto spetta alla competenza del concerto europeo e non dipende dal placito di alcuna potenza soltanto, ed offrendoci disposti ad uno scambio anticipato di vedute sulle condizioni ed i modi migliori di una eventuale intervenzione collettiva di qualsiasi natura, in Egitto, tostochè possa conoscersi ed apprezzarsi quella concreta situazione di fatto che fosse per crearne i:t un caso estremo la manifesta necessità.

Se poi, dopo che la risposta delle quattro potenze già fosse, almeno in massima, concordata, sembrasse espediente al Gabinetto di Vienna che i quattro Governi si premuniscano contro il rischio di essere colti all'improvviso da avvenimenti che oggi si giudicano improbabili, ma potrebbero ad un tratto farsi imminenti, noi non avremmo difficoltà alcuna ad inoltrarci con esso,

mediante uno scambio intimo e confidenziale di comunicazioni, nell'esame della contingenza in cui, contrariamente alle speranze attuali, un intervento nelle cose egiziane divenisse inevitabile. I nostri concetti, di fronte a simile previsione, sono fermi sin dal cominciare delle novità egiziane, e già avemmo occasione di manifestarli quando, nello scorso settembre, l'Egitto pareva sul punto di sottostare ad una crisi decisiva. Ond'è che tanto meno ho ritegno di ripeterne qui la schietta dichiarazione, acciò possa V. E. valersene nei suoi colloquii col conte Kalnocky.

Agli occhi nostri è sommamente desiderabile, come già dissi, che si eviti ogni intervento da parte di chicchesia, e che nulla venga a turbare il procedimento normale di uno stato di cose, da cui hanno ricavato e ricavano giovamento e guarentigia di sicurezza i molteplici interessi che sono impegnati nel vicereame. Per questa stessa ragione, ci parrebbe di gran lunga preferibile, data la inevitabilità di un intervento, che questo si compia per opera della potenza alto-sovrana, essendo manifesto che per tal guisa saranno minori le scosse a cui potrebbe soggiacere, per un fatto d'indole cosi eccezionale, il presente equilibrio politico in Egitto. Bensì noi pensiamo che lo stesso intervento ottomano dovrebbe apparire come effetto altresì d'una delegazione europea, ed essere preceduto da tali accordi preliminari, tra la Sublime Porta e le potenze, per cui sia assicurato il carattere temporaneo della occupazione, e sia garantito non solo il mantenimento dello stato attuale dei rapporti tra il Sultano e il Vicerè, ma altresì quel complesso di accordi che sono base alle riforme saviamente inaugurate nel vicereame, e l'ulteriore cauto e progressivo sviluppo delle istituzioni locali.

* A nostro avviso, sarebbe solo nella ipotesi della impossibilità di provvedere in siffatto modo ad un indispensabile intervento, che se ne dovrebbe escogitare un altro, quale sarebbe l'invio, per mandato europeo, di un corpo misto di occupazione. Però, in tale ipotesi estrema, dovrebbe esaminarsi la convenienza di escludere, quasi a titolo pregiudiziale, l'intervento della sola Francia, o della sola Inghilterra, o di queste due potenze soltanto. Dovrebbe invece trattarsi di un corpo misto, formato di contingenti di parecchie potenze; e il mandato dovrebbe per tal guisa determinarsi in anticipazione da limitarne la durata, e scongiurare ogni pericolo di contrasti nello svolgimento ulteriore della operazione. *

Queste che qui Le esposi sono le nostre idee circa l'argomento dell'intervento eventuale. Ripeto, ad ogni buon fine, che, mentre autorizzo V. E. a farne oggetto di amichevoli spiegazioni col conte Kalnocky, quante volte questi volesse fino da ora intrattenersene con Lei, l'intento immediato dello scambio di comunicazioni confidenziali che vorremmo avere con codesto Gabinetto potrebbe, se così piace a codesto signor ministro degli affari esteri, limitarsi all'altro tema, cui pm mnanzi accennai, alla ricerca, cioè, dei termini più convenienti per la risposta immediata che i quattro Gabinetti dovrebbero fare alla recente nota franco-britannica.

(l) -Con t. 133 del 20 gennaio, non pubblicato, Mancini autorizzava Menabrea a proporre uno scambio di lettere purché da esse risultassero chiaramente le idee espresse nel n. 564. (2) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, pp. 87-89. (3) -T. 207, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 569. (2) -T. 216 del 15 febbraio, non pubblicato.
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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 853. Cairo, 19 febbraio 1882 (per. il 26).

La proposta anglo-francese, che l'E. V. si è benignata communicarmi con telegrammi del 14 e 15 (2), di entrare in uno scambio d'idee con le altre potenze per concertarsi sulla migliore condotta a tenersi negli affari d'Egitto, in caso di eventuali avvenimenti, parmi che nella forma voglia escludere la pretesa d'aver sole il diritto di ingerirsene, ma che in fatto tenda a farlo riconoscere, e consolidarlo.

Esse propongono come basi del concerto: l) Mantenimento dei diritti del Sultano e del Khedive. 2) Mantenimento degli impegni internazionali, e degli accordi che ne derivano sia con la Francia e l'Inghilterra, sia con esse riunite alle altre potenze.

:l) Rispetto delle garanzie concesse dai Firmani.

4) Sviluppo prudente delle istituzioni egiziane.

Il programma sarebbe perfetto * per secondare, con l'accordo di tutte le grandi Potenze, le giuste aspirazioni dell'Egitto, e del partito nazionale, * se dalla seconda base non risultasse il dubbio che ho accennato.

Gli impegni internazionali che l'Egitto deve rispettare, e che dichiara solennemente di voler rispettare, si concretano nella legge di liquidazione, approvata e consentita da tutte le potenze. Ma le due potenze chiedono riconosciuto da tutte le potenze il rispetto degli accordi contratti con esse sole, e con ciò intendono il Controllo, come derivante dagli impegni internazionali, che sono la legge di liquidazione. Ora questa legge non ha menomamente contemplato il Controllo, bensì ha mantenuta come garanzia d'esecuzione l'istituzione della Cassa del debito pubblico. Il Controllo è nato dalle ceneri del Ministero anglofrancese, in apparenza come sola garanzia del debito pubblico, in realtà per dominare, come quello, nell'amministrazione interna e generale del paese. Il decreto costitutivo del Controllo ne determina le attribuzioni per la garanzia del debito pubblico, ma abusivamente ha usurpato tali poteri onnipotenti che di fatto può considerarsi per il vero Governo dell'Egitto.

Il nuovo Governo egiziano e il partito nazionale, non solo intendono rispettare l'accordo con le due Potenze, ma chiedono il Controllo, nei limiti però del decreto costitutivo. La legge organica della Camera lo afferma, ed ha respinto soltanto quella onnipotenza che costituiva il dominio delle due potenze. In questi termini anche le quattro potenze possono chiedere il rispetto del Controllo, perchè valevole garanzia del debito pubblico; m&. associarsi ad imporlo con quei poteri come intenderebbero le due Potenze, sarebbe riconoscere il loro

dominio assoluto sull'Egitto. Ed è perciò da sperarsi che le quattro Potenze, parlando nella nota verbale, presentata alla Sublime Porta. di accordi esistenti in Egitto, abbiano fatto allusione agli accordi generali ed internazionali, e non agli accordi speciali tra l'Egitto e le due potenze occidentali.

Con il precedente rapporto del 12 corrente (l) ho dato succintamente all'E. V. tutte quelle informazioni che potessero contribuire a dare qualche luce sulla situazione locale delle cose.

Il linguaggio dei due Agenti è sempre più conciliante. * Il signor Malet, forse per progredire a grado a grado, accenna ancora che la legge organica della Camera dei delegati abbia violato il più importante accordo con le due potenze; ma soggiunge esser assai difficile per il suo Governo, e per l'Inghilterra, di osteggiare le aspirazioni dell'Egitto d'introdurre istituzioni liberali per governarsi da sè. *

Il collega francese loda l'andamento delìe cose, e l'attitudine e fermezza del nuovo Ministero, * ed il suo silenzio sulla questione del Controllo è interpretato come poco favorevole a quella istituzione. Infatti il signor Baravelli, che per la sua posizione di Commissario della Cassa del debito pubblico (2), * ha facile entratura con i due Controllori, mi dice, che questi si lamentano fortemente della debolezza dei due Agenti a difendere la loro causa.

* L'Agente russo, come ho già riferito all'E. V., è il solo che apertamente condanna il Controllo, ed in modo da far supporre che esprima un intendimento prefisso del suo Governo. *

Tanto il Presidente del Consiglio che il Ministro degli Affari Esteri chiedono che tutti i Governi, interessati al bene dell'Egitto non si rinserrino in attitudine di aspettativa ma che lo secondino, e lo ajutino a consolidarsi paese libero e civile.

(l) -Ed. ad eccezione dei brami fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 99-100. (2) -Cfr. n. 552 e n. 552, nota, l, p. 552.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (3)

T. 134. Roma, 20 febbraio 1882, ore 16,20.

Je constate avec plaisir que les idées du comte Kalnocky au sujet de l'affaire égyptienne coi:ncident avec les nòtres. J'ai développé dans une dépéche (4), que V. E. recevra après demain, les vues que j'avais sommairement énoncées dans mon télégramme de avant hier (5). Je pense maintenant, comme question de procédure, qu'il sera facile pour V. E. d'arréter, d'après cette déréche et d'accord avec Kalnocky, le teneur de la réponse à faire à la dernière note anglo-française, après quoi le Cabinet de Vienne lui méme s'il tient à en avoir l'initiative pourrait en faire l'objet d'une communication à Berlin

et à Pétersbourg. Quant à l'éventualité d'une intervention, je pense qu'il y a lieu tout d'abord d'épuiser entre nos deux cabinets, l'échange intime de communications que le comte Kalnocky parait avoir agré:. Nous verrons plus tard si et dans quelle forme la conclusion de ces pourparlers préliminaires et confidentiels entre Rome et Vienne pourra etre portée à la connaissance soit de l'Allemagne et de la Russie, soit des deux puissances occidentales.

(l) -R. 852, non pubblicato. (2) -Ln LV 35: «Persona che per la sua posizione». (3) -Ed., parzialmente in italiano, in LV 35, p. 98. (4) -Cfr. n. 574. (5) -Cfr. n. 568.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 242. Costantinopoli, 20 febbraio 1882, ore 21,49 (per. ore 9,45 del 21).

L'ambassadeur d'Angleterre a communiqué l'article additionnel au premier ministre en recommandant vivement prompte acceptation de la convention. Son Altesse a réitéré ses dispositions personnelles favorables, et a dit qu'il porterait la question devant le prochain conseil des ministres. Elle a ajouté que l'opposition principale venait toujours de l'Egypte et qu'il faudrait exercer une pression au Caire. * Demain j'irai voir le premier ministre (2). *

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AI MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1607. Vienna, 20 febbraio 1882 (per. il 23).

Il 15 corrente il Conte Kalnoky al suo solito ricevimento ebdomadario dicevami aver avuto conoscenza da Berlino del colloquio avvenuto fra il Principe di Bismarck ed il Conte De Launay (3) nonché della favorevole accoglienza stata fatta in quell'occasione dal Cancelliere alle nostre entrature onde stabilire un più preciso intimo accordo fra l'Italia ed i due Imperi. S. E. mostravami non dissimularsi la difficoltà che s'incontrerebbe nella ricerca di una pratica applicazione di quel progetto ed esprimevami quindi il desiderio di studiare ancora meglio la questione prima di riparlarmene: conseguentemente davami appuntamento per la fine della settimana.

Andai jeri da lui aderendo al fattomene invito il giorno prima e tosto S. E. esordì ripetendomi ciò che già mi aveva detto le altre volte intorno alle difficoltà che egli vede a proporre qualche cosa di pratico e che quindi esca dagli

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41 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

inutili termini generali cionondimeno egli mostravasi desiderosissimo di discorrere meco, di espormi le sue idee onde sentire poi più tardi quelle dell'E. V.

Il punto di partenza, osservava egli, è chiaro e preciso «si tratta di trovare il modo di far constare a mezzo di un atto segreto l'accessione dell'Italia al sistema politico che vi è rappresentato dall'alleanza dei due Imperi». Ciò detto chiesemi se le sue parole esprimevano rettamente il nostro concetto, lacchè io confermai dicendogli che in altri termini «noi siamo pronti a concretare degli impegni precisi onde meglio stabilire e regolare la solidarietà dei nostri comuni interessi monarchici e pacifici».

Mi parve a proposito a togliere ogni ragione d'equivoco servirmi della stessa ben appropriata frase impiegata dal Conte De Launay nel cominciare il suo discorso col Principe di Bismarck.

S. E. ammise la concordanza delle nostre due definizioni della situazione a cui ebbe a dare espressione la visita dei nostri Sovrani a Vienna e passò ad indicare che a suo modo di vedere i comuni interessi di cui è caso vanno considerati sotto un duplice aspetto, di politica interna l'uno dovendo i Governi monarchici darsi mano onde difendersi reciprocamente contro le mene dei partiti sovversivi che si fanno ogni giorno più minacciosi; di politica estera l'altro. Non parvemi opportuno il provocare una discussione sulla questione degli interessi di natura interna degli Stati, di cui S. E. faceva menzione, alludendo anche a ciò che in proposito sarebbe stato detto dal Principe di Bismarck al Conte De Launay: mi limitai colla mia attitudine e con qualche parola a far intendere che non ravvisavo che ciò che ha tratto agli affari interni dello Stato abbia a far oggetto d'accordo fra i due Governi e mostrai desiderare conoscere il suo modo di vedere relativamente al secondo aspetto della questione.

S. E. dissemi allora che anzitutto si doveva scartare l'idea d'una guarentigia territoriale, cosa che nelle condizioni delle frontiere esistenti dei tre Stati non presenterebbe convenienza per nessuno.

A questa affermazione io credetti dover osservare che sebbene non avessi istruzioni di proporre una guarentigia territoriale pure non potevo astenermi dal discutere la sua recisa ripulsa a quell'idea, onde almeno conoscerne le ragioni, a me personalmente sembrando che in tesi generale ed anche nel caso nostro la cosa meriterebbe pure la discussione. Ma di rimando S. E. replicommi, doversi assolutamente scartare l'idea della guarentigia territoriale, essendovi dei casi in cui ripugnerebbe all'opinione pubblica l'applicarla, qualora se ne presentasse la necessità; i governi costituzionali dovere di ciò tener conto ancorchè si tratti di un patto segreto oggi. Volendo citarmi un esempio onde avvalorare la sua affermazione dissemi che per esempio gli Ungheresi non intenderebbero mai p~rchè dovrebbero guarentire il nostro territorio il giorno in cui i Francesi ci minacciassero... alla nostra frontiera.

Parvemi inopportuno insistere maggiormente a questo proposito: la vera ragione per cui non s'intende a Vienna stringere con noi un trattato di guarentigia territoriale, mostravasi troppo chiaramente essere quella da me con precisione preveduta nel mio rapporto del 13 gennaio 1881 (1). Era quindi inutile

farcela meglio spiegare, lacchè del resto saremo sempre in tempo di fare se ciò piacesse all'E. V.: tacqui dunque lasciando che il Conte proseguisse il suo discorso, ciò che egli fece dicendomi:

Che invece sembravagli potersi trovare una base per l'accordo ch'egli desidera non meno di noi in una reciproca guarentigia di neutralità che troverebbe la sua applicazione tanto per la Germania quanto per l'Austria, la prima potendosi trovar impigliata in una guerra contro la Francia e la seconda contro la Russia come potrebbero far presumere, osservommi sorridendo, i discorsi del Generale Skobeleff.

A ciò io risposi che il suo ragionamento mi persuadeva benissimo degli interessi che un patto di quella natura potrebbe presentare per i due imperi, ma che non sapevo in verità vedere il vantaggio che ne ridonderebbe dalla sua applicazione all'Italia e che quindi quell'opinione pubblica di cui mi aveva parlato non si capaciterebbe da noi al momento dato della nostra inazione così vantaggiosa per i due Imperi senza che a noi ce ne venisse vantaggio di sorta. Al che egli osservò che in caso di una guerra dell'Italia colla Francia la neutralità simpatica dell'Austria ci permetterebbe di sguarnire intieramente la nostra frontiera settentrionale ed orientale con sommo nostro beneficio. Non credetti però dover ammettere l'importanza di un simile servizio, dicendo che se per avventura fossimo in guerra colla Francia potremmo sempre ritirare le nostre truppe dal confine austriaco, persuasi che l'Austria-Ungheria non coglierebbe quel momento per piombarci alle spalle alleandosi colla Francia, nulla avendo la monarchia da venir a cercare in Italia. S. E. ringraziommi di questa mia dichiarazione di fiducia, però mi disse essere sempre meglio per noi in un caso simile aver una guarentigia ben assicurata; essere stato precisamente un patto di quella natura che nel 1870 aveva permesso alla Prussia di rovesciare tutto il suo esercito sulla Francia sguarnendo la frontiera verso la Russia, mentre aveva dovuto tenere assai tempo due corpi d'esercito in Slesia onde tutelarsi da un possibile movimento offensivo dell'Austria. «Del resto, soggiungevami ancora, si potrebbe trovare qualche cosa d'altro da raggruppare attorno a quella prima base, cercate dal canto vostro, cercheremo noi dal nostro, e continuando lo scambio d'idee arriveremo ad una conclusione che spero prossima, poiché a malgrado non ci sia fretta è però meglio non tirar la cosa soverchiamente in lungo».

Discorrendo a modo di privata conversazione su questa seconda idea generale credetti potere, ben dichiarando esplicitamente di manifestare soltanto un primo pensier mio, senza avere istruzioni di sorta, accennare che pure ci sarebbe un ordine d'idee secondario su cui ci potremmo anche intendere e questo sarebbe il convenire siccome patto sussidiario da aggiungersi a quello che formerebbe la principal base del trattato, di procedere d'accordo in certe questioni europee a determinarsi con precisione, scegliendo anzitutto quelle che presentano un effettivo comune interesse e contemplandone poi anche altre che interessarebbero bensì solo una delle parti ma al cui riguardo vi sarebbe mezzo di stabilire una equa compensativa reciprocità. Questa mia idea che il Conte Kalnoky mostrommi trovare potersi discutere, l'E. V. è pienamente libera di prenderla in contemplazione o di respingerla, come meglio crederà, essendo

stata da me posta innanzi ben accentuando essermi cosa del tutto personale e più che altro impressione del momento.

Del resto nel fare quell'entratura avevo due scopi, l'uno di scandagliare il terreno ed invitare così il mio interlocutore a meglio chiarire i suoi intendimenti, l'altro di aprirmi la via a tener parola degli affari d'Egitto al cui riguardo la sera prima precisamente l'E. V. avevami diretto un telegramma Cl) che per l'appunto dimostrava il desiderio del R. Governo di entrare in quella speciale questione in un intimo e preciso scambio d'idee col Governo imperiale. Parvemi quindi acconcio di notare che precisamente nella questione dell'Egitto, senza voler per ora cercare chi fra noi due vi avesse un maggior interesse, non potevasi però disconoscere l'esistenza su quel terreno di uno di quei comuni interessi a cui avevo accennato. S. E. tuttochè dichiarasse l'Italia avere in Egitto indubbiamente maggiori interessi che non l'Austria, pure ammise pienamente l'esistenza colà di un interesse comune ai due paesi.

Conchiuderò questa mia già abbastanza lunga relazione riferendo che il Conte Kalnoky pregommi di far conoscere all'E. V. il risultato della nostra conversazione e di pregarla al tempo stesso ad indicare dal canto suo le idee che coerentemente a quelle svolte dal Principe di Bismarck ed a quelle da Lui espostemi il Governo italiano ravviserebbe potrebbero procurare quell'incontro su di una stessa base degli intendimenti dei tre Governi che è manifesto sono del pari animati da un comune unico desiderio.

Non devo poi omettere di dire che il Ministro imperiale divide l'apprezzamento dell'E. V. e di S. A. il Principe di Bismarck intorno alla convenienza che l'accordo di cui è caso non sia stipulato a lunga scadenza riservando però in esso la possibilità di prolungarne la durata esplicitamente e tacitamente.

Da quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. parmi si possa constatare che ammesso il principio fondamentale posto come punto di partenza del R. Governo la questione ha fatto da jeri un passo abbastanza decisivo.

Certo però si è che la guarentigia di neutralità posta innanzi dal Conte Kalnoky in una forma troppo precisa perchè non n'abbia a ritenere sia già il risultato di un primo scambio d'idee fra i Gabinetti di Berlino e Vienna presenta per l'Italia un assai mediocre vantaggio. Però dal momento che il R. Governo ha creduto fosse di sua convenienza non differire maggiormente ad addivenire a precise stipulazioni come conseguenza del viaggio dei nostri Augusti Sovrani in questa capitale, si potrebbe ove non si voglia tornare indietro rompendo ogni cosa, accettare la base indicataci procurando di ottenere il corrispondente compenso mediante opportune proposte accessorie, fra le quali una fu da me più sopra indicata, altre l'E V. sarà meglio in grado di me di escogitare.

Ad ogni modo non ripiglierò la conversazione fino a che nuove istruzioni di natura a far progredire la questione mi siano pervenute. Speranzoso d'essermi tenuto nei limiti tracciatimi dalle istruzioni dell'E. V. ed indicati dall'andamento del discorso del mio Eccellentissimo interlocutore...

(l) -Ed. in itaUano, ad eccezione del brano tra asterischi, !n LV 35, p. 172. (2) -Cfr. n. 580. (3) -Cfr. ill. 525.

(l) Cfr. n. 465.

(l) Cfr. n. 569.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1608. Vienna. 20 febbraio 1882 (per. il 23).

Ebbi ieri prop1z1a occasione d'intrattenere il Conte Kalnoky della questione d'Egitto a senso del telegramma direttomi la sera prima dall'E. V. (2). Avendo espresso al Ministro imperiale il desiderio del R. Governo di addivenire col Gabinetto di Vienna ad uno scambio d'idee su quell'argomento prendendo a punto di partenza la nota identica franco-inglese del 12 corrente, S. E. dissemi tosto, che il Principe di Bismarck già aveva manifestato il suo pensiero intorno a quella nota nella prima udienza da Lui data all'Ambasciatore francese a Berlino; e che dal canto suo si riservava come già mi aveva detto, di rispondere per iscritto a mezzo dell'Ambasciata Imperiale a Parigi. Il Conte Kalnoky mostravasi lieto che le dichiarazioni dei due Governi occidentali avessero del pari prodotto favorevole impressione sul Gabinetto di Roma.* Concordava anche col parere espresso dall'E. V., si abbia nella risposta a fare intieramente astrazione dai singoli punti di vista contemplati dal documento franco-inglese limitandosi a prender atto del riconoscimento esplicito formulato dai due Gabinetti occidentali della competenza del Concerto europeo intorno alle ulteriori decisioni a prendersi ove il bisogno se ne presentasse. S. E. diceva non convenire di entrare maggiormente nell'argomento, anche perché non consta se tutti gli accordi speciali esistenti fra i Gabinetti occidentali e l'Egitto siano noti alle altre potenze.

Avendo poi io detto che lo scambio d'idee desiderato dall'E. V. si riferiva pure alla previsione che lo svolgersi degli avvenimenti rendesse più tardi necessario un intervento, il Conte Kalnoky espressemi il parere, che tutto ciò che può aver l'aria di un intervento a cominciare da una conferenza, deve essere scrupolosamente evitato fino acché non se ne presenti la necessità assoluta: ma che se un intervento materiale si rendesse indispensabile, Egli ravviserebbe questo potersi solo effettuare dalla Porta, poiché la presenza di forze militari di qualsiasi Potenza europea avrebbe indubbiamente funestissime conseguenze, ben essendo noto quanto in questo momento sia eccitato il fanatismo dei musulmani in Egitto contro l'ingerenza europea. Ciò dissemi aver Egli dichiarato al Conte Duchatel che aveva creduto dover scandagliare il pensiero suo a proposito di un possibile intervento. Il Conte Kalnoky non crede la Porta essendo Potenza Sovrana, che gli si potrebbe affidare un mandato in proposito, converrebbe dunque trovare un'altra espressione per farmolare l'assenso delle potenze all'invio di truppe turche in Egitto, ben inteso che colla massima precisione si dovrebbe stabilire il vero limitato carattere della occupazione, ed assegnarne la durata*.

Il Ministro imperiale sentì con piacere che l'idea dell'intervento turco è anche contemplata dall'E. V., discorrendo però meco su tutta questa questione senza riserva alcuna, evitò di accettare esplicitamente l'invito da me fattogli d'intendersi con noi in proposito mediante uno scambio d'intime comunicazioni. Ad ogni modo sarebbe opportuno dacché l'E. V. ebbe ad incaricarmi di fare una prima apertura ben volesse farmi conoscere i di Lei apprezzamenti intorno alle cose dettemi dal Conte di Kalnoky onde io possa continuare seco Lui la conversazione presentandosene l'opportunità. * Avendo così confermato il mio telegramma di ieri (1) ... *

(l) -Ed., con alcune varianti e ad eccezione dei brani fra asterischi, !n LV 35 p. 97. (2) -Cfr. n. 569.
580

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 244. Costantinopoli, 21 febbraio 1882, ore 17,30 (per. ore 4,40 del 22).

Je viens d'avoir conférence avec le premier ministre sur Assab. J'ai usé tous les arguments pour lui prouver combien la convention serait conforme aux intéréts de la Turquie. Son Altesse a été très réservée; elle s'est bornée à dire que le Khédive avait envoyé toute la correspondance échangée avec l'agent italien et que la question serait de nouveau soumise au conseil des ministres. J'ai tenu méme langage avec le ministre des affaires étrangères.

S. E. m'a dit que la Porte se trouvait devant la demande réitérée du Khédive de ne faire aucun arrangement là-dessus, préférant de régler la question directement, et que les intéréts politìques exigeraient beaucoup de prudence de la part du Gouvernement ottoman, puisque l'administration de ces provinces ~vait été confiée au Khédive. * J'ai vivement insisté pour que la Porte, comme pouvoir souverain, se prononce. * S. E. m'a dit qu'elle me fera connaitre la décision du conseil des ministres qui devra, en tout cas, ètre soumise au sultan.

* Le grand cordon pour Correnti vient d'ètre donné par le sultan. *

581

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 196/1266. Londra, 21 febbraio 1882 (per. il 25).

Nel convegno che ho avuto oggi col Conte Granville, io gli ho domandato quale importanza egli attribuiva ai discorsi del Generale Skobeleff, e specialmente a quello che pronunziò ultimamente a Parigi.

Egli mi disse che avendo interpellato in proposito l'Ambasciatore di Russia, Principe Lobanow, questi gli aveva risposto che non bisognava attribuire importanza alle parole di quel generale che è bensì un valente soldato, ma non ha alcun peso politico.

Tuttavia non mi pare che il Gabinetto inglese veda le cose così pacatamente. Lord Granville mi disse che il Principe di Bismarck attribuiva al Generale Skobeleff un'ambizione smisurata e credeva che il medesimo aspiri nientemeno che ad assumere la dittatura in Russia dove egli ha per sè tutta la parte più ardente del partito panslavista. Da un'altra parte l'Imperatore sembra insufficiente a reggere il peso dello scettro, egli è ammalato, e la fiducia nella forza dello Czar pare venir meno, come lo prova l'obiurgazione fatta dal Metropolitano di Mosca. Intanto, credendo imminente l'arrivo del Generale Skobeleff a Londra, i più alti personaggi (cosa singolare) hanno già fatto passi per poterlo incontrare in qualche convegno che sarebbe appositamente fissato.

(l) -T. 237, non pubblicato. (2) -Ed., !n italiano ad eccezione del brani tra asterischi, in LV 34, p. 173.
582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 141. Roma, 22 febbraio 1882, ore 13.

*Le comte Corti ayant vivement insisté hier pour l'affaire d'Assab auprès du mìnistre des affaires étrangères, celui-ci lui a dit que la Sublime Porte se trouvait devant la demande réitérée du Khédive de ne faire aucun arrangement là-dessus préférant régler lui-meme directement la question * et que le Gouvernement ottoman devait user beaucoup de prudence, le Khédive ayant l'administration de ces provinces. * Ceci est loin de coincider avec les déclarations de Cherif pacha *. Tàchez maintenant d'en obtenir la confirmation par le Khédive et ses ministres actuels, à savoir que sauf l'approbation du Sultan, le Gouvernement vice royal n'aurait en ce qui le concerne difficulté à admettre notre projet de convention.

583

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 249. Vienna, 22 febbraio 1882, ore 18,46 (per. ore 19,30).

Je recevrai, je pense demain, dépeche de V. E. (2) qu'elle m'annonce par son télégramme d'avant'hier (3) sur question Egypte. En attendant je regrette ne pas m'etre exprimé avec assez de clarté dans mon télégramme du

19 (1), car je vois que V. E. a cru que Kalnoky acceptait entrer avec nous dans un échange intime de communications à ce sujet, ce qui n'est pas. Il a causé avec moi de tout cela encore hier, mais toujours pour me dire ce qu'il fera, évitant de se montrer disposé à modifier ses vues si elles n'étaient pas conformes aux siennes et n'oublions du reste pas que Cabinet de Vienne n'a et ne veut avoir d'échange d'idées intimes qu'avec celui de Berlin. Je constate qu'on ne me dit rien sur aucun sujet avant de s'etre mis d'accord avec Bismarck, à qui on dit les moindres choses que je dis ici. Ceci posé, je dois ajouter que Kalnoky m'a dit hier qu'il compte dans peu de jours faire à Paris et Londres une communication sous la meme forme que celle qu'il en a reçu dans laquelle prenant acte des déclarations qui y ont été faites sur la compétence du concert européen il se déclare pret à s'entendre avec la France et l'Angleterre si elles le désirent et si les circonstances le rendent nécessaire. Il ne trouve pas opportun que les réponses des quatre Cabinets soient identiques; au contraire il le croirait fachEux; il suffit qu'elles soient analogues dans la substance. Tout ceci m'a été dit de meme mot par mot par le prince de Reuss. Si donc V. E. croit faire ce que feront les deux autres Cabinets, il me parait qu'elle possède déjà suffisantes indications à ce sujet. Ce que me parait essentiel c'est de bien marcher avec eux; mains quant à prendre avec nous de véritables préalables accords intimes c'est une autre affaire.

(l) -I brani fra asterischi sono editi In Italiano In LV 34, p. 173. (2) -Cfr. n. 574. (3) -Cfr. n. 576.
584

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 250. Cairo, 22 febbraio 1882, ore 20 (per. ore 21).

Il y a quelques heures ministre des affaires étrangéres m'a dit que

l'Egypte, mandataire (,ies droits de la Sublime Porte par les firmans, ne peut pas de son fait céder territoire et qu'il revient à la puissance souveraine de lui prescrire les bases de convention. Il a été étonné des déclarations du premier ministre. Demain je demande explications sur votre télégramme d'aujourd'hui (3) reçu en ce moment (4).

585

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (5)

R. 2293. Costantinopoli, 22 febbraio 1882 (per. il 27).

L'Ambasciatore d'Inghilterra mi fece conoscere il 18 del presente avere ricevuto da Lord Granville un telegramma il quale era concepito ne' seguenti

termini: «Il Governo italiano ha acconsentito al seguente articolo pel quale è riconosciuta la Sovranità della Porta e dell'Egitto sulla costa al nord ed al Sud di Assab da inserirsi nella convenzione (segue il testo dell'articolo). Ho detto che con questa aggiunta la convenzione potrebbe convenientemente (properly) essere accettata dalla Porta e dall'Egitto, ed invito quindi l'E. V. a procurare (endeavour) congiuntamente al suo collega d'Italia, d'indurre il Ministro degli Affari Esteri ad accettarla ~.

Mi trasferii immediatamente presso S. E. affine di concertarmi con esso sul modo di procedere. L'E. V. mi aveva opportunamente telegrafato il 16 corrente (l) l'urgente essere ora di fare alla Porta la dichiarazione richiesta dal Primo Ministro riguardo al riconoscimento della Sovranità ottomana al nord ed al sud di Assab. Conveniva per tale scopo di ristabilire i negoziati nella posizione in cui si trovavano allorché S. A. faceva quella comunicazione all'Ambasciatore d'Inghilterra. E fu convenuto che Lord Dufferin si recherebbe il posdomani lunedì presso il Primo Ministro affine di significargli essere noi pronti a fare quella dichiarazione. Di che diedi contezza telegrafica all'E. V. il 18 stesso (2).

Il signor Ambasciatore d'Inghilterra vedeva infatti Said Pascià ed Assiro Pascià il 20. S. E. comunicava il testo dell'articolo addizionale al primo, il quale gli significava essere egli tuttavia nelle medesime disposizioni favorevoli al progetto di convenzione; l'articolo addizionale lo rendeva ancor più conforme agli interessi della Turchia; sottometterebbe la questione al prossimo Consiglio dei Ministri, faceva però osservare, quanto alla redazione dell'articolo addizionale, che non s'avrebbe a dire «la Sovranità della Porta e dell'Egitto » poiché la Sovranità apparteneva esclusivamente alla prima. Cui Lord Dufferin replicava senz'altro quella frase potersi facilmente modificare, e si potrebbe invece sostituirle o le sole parole « della Porta » omettendo «e dell'Egitto» oppure «della Porta e l'autorità dell'Egitto». Proseguiva il Primo Ministro essere egli ed il Ministro degli Affari Esteri favorevoli alla Convenzione, ma alcuni colleghi, innanzi alla strenua opposizione incontrata in Egitto, non volere acconsentirvi; la precipua resistenza venire infatti dall'Egitto, opportuno sarebbe di esercitare una forte pressione al Cairo. Rispondeva vivamente il signor Ambasciatore, a Costantinopoli dirsi che l'accettazione dipendeva dall'Egitto, al Cairo che dipendeva dalla Porta, tempo sarebbe di mettere in chiaro la vera posizione delle cose, epperò insisteva perché questa formulasse la sua accettazione. E Lord Dufferin prendeva indi congedo da S. A. senza portare una propizia impressione del colloquio. Lord Dufferin nulla !;rasse dal Ministro degli Affari Esteri. Del colloquio di S. E. col Primo Ministro ebbi l'onore di dare poco appresso contezza telegrafica all'E. V. (3).

E ieri mi trasferii presso il Primo Ministro al quale esposi brevemente lo stato della questione. Dissi trovarsi l'Italia in possesso di Assab, desiderare di ottenere il riconoscimento della Sublime Porta, il progetto di convenzione contenere siffatte garanzie e sì evidenti vantaggi per la Turchia, che non

potevo dubitare dell'assenso del Governo ottomano, e m'allargai soprattutto sulla poca entità del possedimento italiano e sull'interesse della Turchia di ottenere il riconoscimento della Sovranità ottomana sul resto della costa. S. A. fu assai riservata, disse il Kedive avere fatto tenere alla Porta copia di tutta la corrispondenza che era stata scambiata fra quel Ministro degli Affari Esteri e l'Agente d'Italia sulla questione, questa corrispondenza avrebbe ad essere presa in considerazione dal Consiglio dei Ministri al quale S. A. sottometterebbe nuovamente l'affare; il Ministro degli Affari Esteri, mi farebbe conoscere il risultato della deliberazione. Rinnovai le più vive raccomandazioni a S. A. onde venire ad una pronta e soddisfacente soluzione, e ne presi congedo.

Andai indi a vedere il signor Ministro degli Affari Esteri al quale tenni analogo linguaggio. S. E. mi disse la Sublime Porta trovarsi in presenza di reiterate comunicazioni del Kedive per le quali S. A. le raccomandava di non venire ad alcun componimento sulla pendenza; egli cercherebbe d'aggiustarsi direttamente colla Compagnia; aggiunse l'amministrazione di quelle provincie essere affidata al Kedive; alti interessi politici consigliavano di non porre in non cale le domande di esso; meglio sarebbe di trattare la questione al Cairo ed intendersi col Governo egizio; però in seguito alla nuova comunicazione fatta dall'Ambasciatore d'Inghilterra, ed alle istanze di quello d'Italia, la quistione sarebbe nuovamente discussa nel Consiglio dei Ministri; la decisione che sarebbe per prendersi avrebbe in ogni modo ad essere sottomessa a S. M. il Sultano. Esposi, in risposta, le ragioni per cui il concetto di trattative fra il Governo egizio e la Compagnia non poteva avere alcun serio fondamento, ed insistetti strenuamente onde la Sublime Porta, la quale rappresentava pure il potere sovrano, si pronunziasse sulla Convenzione proposta. S. E. concluse mi farebbe conoscere la risoluzione che sarebbe presa dal Consiglio dei Ministri. E dei miei colloquii diedi immediatamente avviso telegrafico all'E. V.

* -Fu ora convenuto con Lord Dufferin, che, pel seguito delle trattative, S. -E. ed io andremmo insieme alla Sublime Porta ogniqualvolta sia per occorrere, ed i nostri dragomanni ne farebbero altrettanto. *
(l) -T. 237, non pubblicato, ma cfr. n. 579. (2) -Ed. in italiano LV 35, p. 174. (3) -Cfr. n. 582. (4) -Questo t. fu comunicato a Corti con t. 143 del 23 febbraio. (5) -Ed., ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, pp. 176-177. (l) -Cfr. n. 561, nota l, p. 560. (2) -Cfr. n. 570. (3) -Cfr. n. 580.
586

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 778. Pietroburgo, 22 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

Mi perviene oggi regolarmente il dispaccio della Serie Politica n. 767, in data 15 febbraio corrente (l) col quale l'E. V., a conferma del suo telegramma della stessa data (2) che conteneva il sunto della comunicazione fattale dal

l'Incaricato d'Affari di Francia a Roma al riguardo delle cose d'Egitto, mi trasmette ora il testo stesso di quella comunicazione.

Fino dal giorno stesso in cui ricevetti il predetto telegramma mi diedi premura di avere un colloquio su tale argomento col signor de Giers. Egli mi disse avere pure ricevuto un'identica comunicazione dal Governo francese, e avere telegrafato agli Ambasciatori di Russia a Roma, Berlino e Vienna per sapere quale accoglimento vi avesse incontrato. S. E. il signor de Giers mi disse avere risposto a questo Incaricato d'Affari di Francia: che avrebbe preso gli ordini dell'Imperatore, ma che intanto chiedeva al Governo francese di fargli conoscere la natura e l'importanza degli accordi particolari tra l'Egitto da una parte e la Francia e l'Inghilterra dall'altra, dei quali è fatta menzione nella suddetta comunicazione.

Il signor de Giers mi disse poi che questa comunicazione avevagli lasciato buona impressione, e sembravagli conforme in principio al programma delle quattro Potenze. Per parte mia mi sono limitato a insistere presso S. E. perché le quattro Potenze continuino anche in questa nuova fase della questione a camminare d'accordo come fecero sin qui.

Mi affrettai di rendere conto all'E. V. di questa conversazione, col mio telegramma in data del 15 corrente (1).

Fino allora il signor de Giers non aveva ricevuto alcuna comunicazione in proposito dal Governo inglese. Ma ora sono informato che Sir C. Thornton ha fatto al Gabinetto russo una comunicazione testualmente identica, e ne ha ricevuto una risposta identica.

P. S. Ho veduto oggi il signor de Giers, il quale mi disse che, secondo un telegramma che ha ricevuto dal signor d'Oubril, il Conte Kalnoky si proponeva di rispondere per iscritto alla comunicazione anglo-francese, prendendo atto del contenuto di tale comunicazione e dichiarandosi pronto ad un ulteriore scambio d'idee in proposito.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 552.
587

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 256. Berlino, 23 febbraio 1882, ore 18,20 (per. ore 20).

Je vois que l'idée émise par Bismarck dans son entretien avec moi (2) d'un accord de neutralité reparait à Vienne. Une semblable neutralité semblerait impliquer une certaine défiance mutuelle; ce serait en quelque sorte une trève, nous offrant sans doute l'avantage de n'avoir plus à nous prémunir que contre la France, mais tournant plus au profit de l' Allemagne et de l'Autriche qu'au nòtre. E~tre véritables amis on devrait autrement procéder.

S'il est assez indiqué qu'on ne se Ile pas les mains pour 1e cas où l'un d'eux voudrait se lancer dans une guerre aventureuse et non justifiée, dans le cas où il prendrait l'offensive pour un intérH à lui spécial, la question change d'aspect si l'ami est attaqué, alors la défense devrait devenir commune comme l'attaque, du moment où ce serait le meilleur moyen de se défendre. On a beau dire et beau faire, le ròle de neutre est plein d'inconvénients et de dangers; il mécontente les parties en litige et on court le risque que la paix soit conclue aux dépens du neutre, ou tout au moins sans tenir spécial compte de ses intérets. Si à Berlin et à Vienne on ne désire que notre neutralité, pourquoi alors de Berlin nous pousse-t-on à donner à notre armée un caractère plus offensif qu'elle ne l'a jusqu'à présent? Il me semble que nous devrions, en donnant par là une preuve de plus de notre ferme propos de nous rapprocher intimement des deux Cours du Nord, chercher à écarter, s'il est possible, ce pacte de neutralité et lui subroger une alliance défensive dans le but d'assurer, au besoin, le maintien de la paix générale sur la base des traités en vigueurs, entre autres dans la péninsule des Balkans. Si ces vues ne sont pas admises, ou du moins qu'à Vienne et à Berlin on ne veuille pas encore stipuler une alliance proprement dite, et que la simple neutralité soit momentanément préférée, il faudrait tacher d'entourer celle-ci d'une caractère qui la rende essentiellement bienveillante de part et d'autre, et accompagnée d'une intimité comportant une entente préalable entre les trois puissances sur les questions d'intéret commun qui pourraient surgir. L'idée de Kalnoky de grouper autre chose autour de cette neutralité a beaucoup de bon, surtout si elle est complétée par les suggestions de Robilant qui cadrent à ce que j'ai déjà indiqué dans mon rapport n. 2969 (1). Ce serait, sans prononcer les mots alliance ou garantie de territoire, le moyen de tourner la question et d'obtenir le meme but ou de nous y acheminer. Un accord, en tout cas, est nécessaire, autrement nous resterions isolés en présence d'une France qui d'un jour à l'autre peut nous chercher querelle. Telles sont les impressions produites dans mon esprit par la lecture du télégramme de V. E. du 22 courant (2).

(l) -T. 216, non pubbl!.cato. l (2) -Cfr. n. 525.
588

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

T. 255. Costantinopoli, 23 febbraio 1882, ore 19,15 (per. ore 6,20 del 24)

... (4) a dit aujourd'hui à l'ambassadeur d'Angleterre que le Conseil des ministres s'était occupé hier de la question d'Assab, que le résultat de la délibération avait été que la Porte était d'avis que la convention était acceptable pour l'Egypte, mais que la Sublime Porte ne pouvait pas la lui imposer, la

majorité du conseil des ministres refusant d'aller au delà de déclarer la convention acceptable, et qu'une communication officielle serait adressée à Dufferin dans un ou deux jours. * A nos deux dragmans... (l) a dit que la majorité du conseil des ministres s'est prononcée pour laisser au Khédive le soin de régler cette affaire avec la compagnie Rubattino. On porterait... (l) à la connaissance du sultan le projet de convention. Vernoni a naturellement déclaré que la compagnie n'entrait plus pour rien dans l'affaire. *

(l) -Cfr. n. 555. (2) -T. 140 non pubblicato con cui veniva ritrasmesso il t. 238 da Vienna del 19 febbraio dal contenuto analogo a quello del n. 578. (3) -Ed. in italiano, ad. eccezione del br!l>no tra asterischi, in LV 34, p. 174. (4) -Gruppo indecifrato.
589

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 779. Pietroburgo, 23 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

L'Alleanza austro-germanica, conchiusa or fa poco più di due anni, è un fatto di tanta importanza, e peserà di tale un peso sulla bilancia degli eventi in quest'ultimo scorcio del nostro secolo, che ogni notizia la quale vi si riferisca, non può a meno di presentare un interesse di primo ordine. Perciò stimo utile di esprimere all'E. V., in forma confidenziale, alcuni particolari relativi a questo fatto, che giunsero recentemente a mia notizia da fonte autorevole e sicura.

L'alleanza fu pattuita nell'autunno del 1879 all'epoca della visita fatta in Vienna dall'Imperatore di Germania all'Imperatore d'Austria, auspici i due ministri rispettivi degli Affari Esteri, il Gran Cancelliere Principe di Bismarck ed il Conte Andrassy. Il patto fu scritto ma non firmato, ed il relativo protocollo ebbe soltanto la sanzione della parola dei due Imperatori. Il Principe di Bismarck aveva proposto la firma dei due Ministri, ma il Conte Andrassy si ricusò, dichiarando essere sufficiente la reciproca promessa data dai Sovrani contraenti.

Il patto stabilisce una reciproca alleanza definitiva nei quattro casi seguenti: 1° In caso di guerra della Francia contro la Germania; 2° In caso di guerra della Russia contro la Germania; 3° In caso di guerra della Russia contro l'Austria-Ungheria; 4° In caso di guerra dell'Italia contro l'Austria-Ungheria.

Naturalmente ed a maggior ragione il casus foederis è considerato come esistente se l'una delle due Potenze contraenti fosse aggredita da due o più altre Potenze estranee all'alleanza.

L'Imperatore di Germania, per un riguardo speciale verso il suo antico alleato e nipote, l'Imperatore Alessandro II, gli fece lealmente conoscere la sostanza del patto di Vienna.

Un eminente uomo di Stato russo, che era nei consigli dell'Imperatore Alessandro e che ebbe occasione di parlare al Principe di Bismarck poco dopo la conclusione dell'alleanza austro-germanica, espresse al Gran Cancelliere tedesco la sua meraviglia perchè fra gli eventi più o meno probabili che dovevano dar luogo al casus joederis fosse stato compreso quello che gli sembrava del tutto inverosimile di un'aggressione della Russia verso la Germania. Al che il Gran Cancelliere rispose, ch'egli era d'un contrario avviso, e che credeva invece che dei quattro casi contemplati nel patto d'alleanza, il più probabile era appunto questo che il suo interlocutore stimava inverosimile, finchè almeno prevaleva in Russia la tendenza di ostracismo al Niemetz (cioè: al tedesco, etimologicamente al muto).

(l) Gruppo indecl!rato.

590

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 1609. Vienna, 23 febbraio 1882 (per. il 26).

Segno ricevuta all'E. V. del Suo dispaccio del 19 corrente n. 1264 (2) che conferma i telegrammi già direttimi in data 18 e 20 (3) di questo stesso mese in ordine alla recente nota anglo-francese circa le cose egiziane. A mia volta mi riferisco ai miei telegrammi del 19 (4) e 22 (5) nonchè al rapporto del 20

n. 1608 (6).

Ad ogni modo credo opportuno riassumere qui quanto già ebbi in proposito a portare alla conoscenza dell'E. V. coll'aggiunta di quelle considerazioni suggeritemi dal contenuto del dispaccio a cui rispondo oggi.

Siccome già riferii all'E. V. ebbi a fare argomento di conversazione col conte Kalnoky di tutte le idee svolte nelle summentovate importanti comunicazioni direttemi in questi ultimi giorni; ed anzitutto dovetti constatare che se il Ministro imperiale accettò di buon grado di discorrere meco a fondo su quelle questioni di tanto interesse, parlandone anche mi è parso senza riserva alcuna, evitò però anzi in assai marcata maniera di rispondere all'invito da me fattogli a nome dell'E. V. di entrare con noi al riguardo in un preliminare e speciale scambio confidenziale d'idee. Il Conte Kalnoky manifestommi le sue vedute; dissemi ciò che intendeva fare; si mostrò lieto di sentire che l'E. V. mi aveva espressi apprezzamenti analoghi ai suoi, ma non mostravami desiderio di conoscere le ulteriori risposte che mi sarebbero fatte alle comunicazioni che in conseguenza di quelle conversazioni avrei diretto al mio Governo. Come sempre in passato anche questa volta il Gabinetto di Vienna si compiace di

588 vederci associare alla sua azione, ma non è disposto a concertarla in modo speciale seco noi. È questo uno stato di cose sul quale non conviene farci illusione, la cortesia di forma non potendo mutare la sostanza dei fatti, la cosa è d'altronde troppo spiegabile perchè non riesca facile l'intenderla. I legami che uniscono l'Austria-Ungheria alla Germania sono di natura tale che su ogni qualsiasi questione europea il Gabinetto di Vienna non pronuncia parola alcuna prima di essersi posto in pieno accordo con quello di Berlino, è questa una verità di cui è impossibile dubitare allorchè si vedono le cose da vicino come le vedo io qui ammaestrato dall'esperienza di ogni giorno.

Ciò premesso passando alle cose dettemi dal Ministro imperiale S. E. mi manifestò onde dimostrarmi che non aveva fretta, essere suo intendimento aspettare l'arrivo del signor Mayer che deve assumere il dipartimento degli affari orientali per incaricarlo di fargli un progetto di risposta alla Nota identica anglo-francese. Questa si dovrà limitare a prendere atto della fatta dichiarazione che la questione d'Egitto abbia eventualmente a considerarsi ed a trattarsi siccome questione europea, manifestando al tempo stesso di essere pronto ad intendersi colla Francia e l'Inghilterra ove lo desiderino e le circostanze lo rendano necessario. * S. E. troverebbe non opportuno che le risposte delle quattro potenze ·fossero identiche -un passo di tal natura essendo fatto per prolungare quel dualismo che anzitutto conviene fare sparire -basterà dunque che siano analoghe nella sostanza.

Il Gabinetto di Vienna ravvisa al pari di quello di Roma non essere conveniente fare cenno di sorta in quella risposta dei varii punti contemplati nella nota anglo-francese tanto più che fra essi sono menzionati accordi speciali tra i due Gabinetti occidentali e l'Egitto che potrebbero fino ad ora non essere conosciuti dagli altri quattro Gabinetti. Egli è poi anche alieno dall'entrare per ora in più ampii particolari, osservando che il ciò fare sarebbe dare corpo ad una questione d'Egitto che pel momento non ha ragione di esistere ed a cui non conviene dare vita.

Ciò però non impedì al Ministro imperiale di accettare meco il discorso a riguardo dell'eventuale necessità di un intervento armato; ed il fece séartando recisamente l'ipotesi dell'impiego di forze di qualsiasi fra le grandi potenze, esprimendo con precisione il parere: che se dopo impiegati tutti gli altri mezzi fosse riconosci\lto indispensabile l'invio in Egitto di un corpo di truppe per ristabilirvi l'ordine, questo non potrebbe essere costituito che da truppe turche. Ben s'intende che in tal caso il necessario assenso (e non mandato) alla Porta dovrebbe essere dato precisando con tutte le migliori guarentigie lo scopo i limiti e la durata dell'occupazione. Qui mi cade in acconcio rilevare che avendo incontrato all'uscire dell'udienza il mio collega di Germania che aspettava nell'anticamera dovetti convincermi che tutto ciò che il Conte Kalnoky mi aveva detto era stato antecedentemente concordato col Gabinetto di Berlino direi quasi parola per parola.

Devo poi ancora aggiungere il Cònte Kalnoky avermi detto, che uguale linguaggio intorno all'ipotesi dell'occupazione era stato da lui tenuto al Conte Duchatel, che nel rimettergli la nota del 12 febbraio aveva creduto potere scandigliare il pensiero suo su quel delicato argomento, volendogli precisamente fare intendere che il Gabinetto di Parigi non crederebbe opportuno all'evenienza un intervento turco temendo che la presenza di truppe ottomane sul suolo egiziano potesse avere pericolosa influenza sugli spiriti lungo tutta la costa Africana del Mediterraneo. Ipotesi che il Conte Kalnoky combattè, osservando che ben maggior eccitazione potrebbe produrre sugli indigeni di tutte quelle terre l'intervento di una, due od anche di tutte le Potenze europee in Egitto. *

Dal fin qui detto sembrami l'E. V. possieda sufficienti informazioni onde procedere nella presente fase della questione egiziana in conformità delle vedute del Gabinetto di Vienna, che mi fu dato constatare essere identiche a quelle del Gabinetto di Berlino, ed in pieno accordo cogli intendimenti che trovano completa espressione nel dispaccio del 19 febbraio. * Il ricercare un ulteriore scambio di idee parrebbemi per lo meno inutile. *

(l) -Ed. ad eccezione dei brani fra asteriS{!hi e con alcune varianti, in LV 35, p. 101. (2) -Cfr. n. 574. (3) -Cfr. nn. 569 e 576. (4) -T. 237, non pubblicato. (5) -Cfr. n. 583. (6) -Cfr. n. 579.
591

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 20. Belgrado, 23 febbraio 1882.

I discorsi recenti del generale Skobeleff, che sollevarono tanto rumore in tutta Europa, non potevano fare a meno di produrre una particolare impressione in Serbia. A Parigi infatti il generale russo rivolgeva più specialmente alle popolazioni di razza serba il suo appello in favore della causa slava, per la quale hanno ora, a suo parere impegnata la lotta gli insorti dell'Erzegovina. È perciò mio dovere quello di riferire a V. E. nel miglior modo che potrò, di quale lndole siena le impressioni che destarono qui le parole dirette dal generai Skobeleff agli studenti Serbi di Parigi considerate, non già come la imprudente manifestazione dell'animo di un prode ed indomito soldato che sarà più

o meno apertamente sconfessato dal suo Sovrano, ma come l'espressione di un sentimento nazionale che, ripudiando ogni straniero dominio, troverà sempre un'eco nel cuore dei patriotti slavi.

In Serbia, malgrado la politica di buon accordo con l'Austria-Ungheria che il Principe ed il suo Governo mostrano di voler energicamente seguire, si andrebbe errati qualora si attribuissero alle popolazioni, sovratutto a quella rurale che è in grande maggioranza, simpatie austriache piuttosto che russe. I sentimenti di questo popolo sono quelli· di una cordiale avversione tanto per l'Austria-Ungheria che fa sentire al Principato il peso della sua gelosa amicizia, quanto per la Russia che pochi anni or sono lasciò travedere intendimenti tutt'altro che amichevoli per la Serbia. I volontari russi accorsi qui durante l'ultima guerra lasciarono tristissimo ricordo in queste contrade, e nessuno dimentica che a S. Stefano come a Berlino i russi disputarono palmo a palmo alla Serbia tutte le concessioni e gli ingrandimenti di territorio ai quali essa aspirava. È generale la convinzione che, per gli slavi del Sud, il disegno accarezzato dalla Russia è quello di una grande Bulgaria, retta da un Principe russo

590 o interamente devoto alla Russia, e che assorbirebbe con altri territori anche il Principato di Serbia.

Siffatti timori sono senza dubbio esagerati, ma valgono a temperare per quanto riguarda l'Impero Russo, quella simpatia che diversamente sarebbe naturale in un popolo slavo come il Serbo, ed alla quale il Governo principesco fa in ogni caso prevalere attualmente la ragione di Stato, in un interesse di conservazione e di pace. E pertanto l'appello del Generale Skobeleff ai Serbi se varrà come non è da dubitare di eccitamento al patriottismo slavo e di incoraggiamento agli insorti della Bosnia e dell'Erzegovina, non può a meno di ridestare al tempo stesso in Serbia il sospetto dei secondi fini che si attribuiscono alla Russia.

Stando ad informazioni confidenziali che raccolsi all'infuori del Governo, si ritiene qui che la situazione si vada facendo assai pericolosa. Senza averne la prova assoluta, si crede che alla formazione di comitati segreti, già constatata, non sia completamente estranea la mano del Governo russo. La qual cosa, insieme ad altri sintomi, all'agitazione crescente in Bulgaria, al concentramento sempre maggiore di volontarii che da varie parti tentano di trovare un varco per la Bosnia-Erzegovina, dà fondato timore di intendimenti bellicosi che finirebbero per trascinare la Russia in nuova guerra, malgrado e quasi all'insaputa dello Tsar; ho inteso enunciare il convincimento che, se il Conte Ignatiev rimane al potere e se ottiene come si pretende il portafogli degli Affari Esteri, una guerra sarà inevitabile a breve scadenza fra la Russia e l'Austria-Ungheria.

V. E. è in grado, per altre e più autorevoli informazioni, di giudicare se siffatte previsioni abbiano qualche peso o se debbano essere considerate come vuote congetture. Da parte mia, tenendo conto di certe intimità che il Gabinetto di Vienna ha interesse di coltivare a Belgrado, non credo di far cosa superflua riferendoLe le impressioni delle quali ho notizia in questo momento. Esse si riducono in sostanza ad un serio timore che la Russia sia incamminata volens nolens, a scendere in campo nei Balcani contro l'Austria-Ungheria. Qualora ciò dovesse realmente accadere, il momento sarebbe molto decisivo per la Serbia, giacché sul capo del suo Governo si vanno accumulando le ire dei cosi detti panslavisti.

592

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 262. Parigi, 24 febbraio 1882, ore 19,30 (per. ore 20,55).

Dans la réponse de Freycinet à l'interpellation sur l'Egypte, les phrases suivantes tirées du texte officiel méritent d'ètre signalées. «Dans l'échange de vues que nous avons avec Europe, il est parfaitement spécifié que cette situation exceptionnelle de la France et de l'Angleterre est maintenue et reconnue juste sur cette base, que les échanges de vues ont lieu avec les puissances européennes et que notre agent en Egypte a pour mandat de communiquer

42 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

avec le nouveau Gouvernement égyptien. Le Cabinet français a dit à son agent de ne faire aucun acte qui put l'engager vis-à-vis de ce Gouvernement dont il ne peut apprécier encore l'esprit et les tendances. On lui a recommandé de maintenir fermement la situation prépondérante de la France». Freycinet a dit aussi que l'Angleterre et la France ont convié l'Europe, non pas à une solution, mais à un échange de vues dont il résulterait tout au moins une tendance à adopter d'un commun accord une solution si le besoin s'en faisait sentir. Freycinet affirme qu'aucune politique d'aventure n'est à redouter pendant qu'il sera au pouvoir.

593

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

PROMEMORIA RR. Roma, 24 febbraio 1882.

Le nostre relazioni colla Francia sono andate peggiorando dopoché i convegni del 1873 e del 1875, senza darci la sicurezza che sarebbe risultata per npi da una vera alleanza colla Germania, provarono alla Francia che erano passati i giorni dell'alleanza franco-italiana. Il peggio fu, che, come disse allo scnvente un eminente statista francese, non esistette più negli ultimi anni, fra la rappresentanza d'Italia a Parigi ed il Governo francese, quel contatto diplomatico continuo col quale si era fino allora chiarita e trattata, volta per volta, ogni difficoltà, continuata la tradizione d'incessanti scambi d'idee e di laboriose transazioni sugli incidenti occorrenti in Egitto ed a Tunisi, mantenuti insomma regolari rapporti tra i due Ministeri degli Esteri. L'Ambasciata italiana si limitò negli ultimi anni a coprire la propria responsabilità coll'annunziare vagamente pericoli futuri, senza scongiurare le difficoltà col trattarle a fondo; e si credette fare abbastanza col mantenere intelligenze colle personalità politiche più spiccate, ma non al potere, del partito repubblicano, cosicché l'Europa potè dire e disse non esistere tra i due paesi relazioni regolari controllabili, ma solo connivenze irregolari con personalità senza responsabilità e senza mandato ufficiale in Francia, e per dire la parola cooperazione fra i due radicalismi invece di intelligenza fra i due Governi.

Fu denunziato più volte, a Vienna e a Berlino, dalle Ambasciate di quegli Imperi, il fatto che l'irredentismo in Italia, come certe manifestazioni panslaviste in Russia, erano macchine da guerra montate dal partito d'azione francese, di cui le polizie austriaca e tedesca pretesero di avere sorpreso le fila, tese specialmente nelle nostre logge Massoniche, allo scopo d'inimicare l'Italia all'Austria e alla Germania, anche suscitando in Italia, all'occorrenza, un movimento repubblicano con tendenze irredentiste, per paralizzare l'Austria e renderne l'alleanza inutile alla Germania.

Per una infelicissima contemporanità e coincidenza, quella denunziata infiltrazione della propaganda del partito d'azione francese in Italia apparì

all'Europa essere collegata a quella politica della Consulta, che, secondo lo scrivente, fu un anacronismo, di considerare tuttora l'Austria come una naturale nemica nostra e delle sub-nazionalità del Danubio e dei Balcani, e di non capire come l'Italia abbia un comune interesse colla Germania ad inorientare l'Austria.

Mentre così giungemmo fino al trovarci alla vigilia di una guerra coll'Austria, le nostre relazioni colla Francia non furono punto vantaggiate dal sistema di compromissioni extra ufficiali con uomini politici francesi. Mentre questi ci lusingavano, il loro Governo ci escludeva dall'Egitto e si assicurava Tunisi, di modo che la politica di compromessi occulti colla democrazia francese aveva per effetto non solo di renderei sospetti a tutti i Governi regolari, e di apparire minacciosa alle nostre istituzioni monarchiche, ma anche di abbandonarci piedi e mani legate ai soprusi del Governo francese stesso, il quale non sacrificò punto a considerazioni sentimentali di fratellanza democratica con le razze latine le sue tradizionali ambizioni, rivali delle nostre nel Mediterraneo.

Quale fu il concetto che prevalse alla Consulta dopo che l'invasione di Tunisi ci ebbe aperto gli occhi? Esso si può riassumere così:

Ristabilire relazioni di mutua sicurezza e possibilmente di reciproche guarentigie coll'Austria e la Germania, su quella solida base, la quale sola può stornare il pericolo di una nuova guerra tra la Francia e la Germania; adoperarci, con moderati ma solidi ed efficaci armamenti, alla conservazione della pace, che la Germania e l'Austria desiderano al pari di noi, e che col nostro concorso esse possono anche imporre moralmente alla Francia, la quale è meno bellicosa e più sollecita di interessi materiali che non si creda generalmente, infine, diventati con tali alleanze più ·rispettati e tenuti in maggior conto dalla Francia stessa, ristabilire le buone relazioni colla Francia.

Per fare una simile politica conveniva anzitutto interrompere assolutamente la corrente di solidarietà e di combinazioni occulte esistenti tra i due radicalismi. Fu detto da un nostro diplomatico che è imprudenza il voler resistere di fronte all'influenza repubblicana francese in Italia. Fu detto da tutti, dagli uni come elogio, dagli altri come biasimo, che si faceva alla Consulta una politica anti-francese. Lo scrivente respinge l'elogio ed il biasimo. Ripudiare le relazioni tra i due radicalismi è anzi stato il primo passo per ristabilire relazioni regolari e sicure tra i due Governi.

Già si vede, d'altronde, che, lungi dal nuocere alle nostre relazioni colla Francia, il nostro ravvicinamento all'Austria e alla Germania le ha migliorate. Strana politica antifrancese, quella che nel momento del viaggio del Re a Vienna conchiude il Trattato di commercio, che ottiene dall'Inghilterra alleata della Francia appoggio per la soluzione della quistione di Assab; e che coll'unirsi ad un passo dei tre Imperi del Nord conduce la Francia a riconoscere in principio il nostro diritto, finora negato, in Egitto!

Da un pezzo lo scrivente è in dubbio che, se avessimo con maggiore coraggio e sincerità posto in chiaro le nostre difficoltà verso la Francia, con comunicazioni al Parlamento nelle quali si sarebbe omesso tutto quanto poteva offen

dere la Francia; anche coi soli documenti finali coi quali si chiudono gli incartamenti relativi a Marsiglia, Tunisi e Sfax, si sarebbe forse assai più vicini ad un componimento di quelle quistioni. Forse ci conveniva porre noi per i primi, con moderazione e lealtà, i termini esatti di quel che crediamo nostro diritto in quelle vertenze; ed il Governo francese, sopratutto essendo al potere Freycinet, tratterebbe forse con maggior deferenza quistioni già da noi dilucidate e sottoposte all'opinione universale. Non pare sia stato utile, a giudicare dai risultati, un silenzio ed un procedere misterioso avente apparenza di timidità o di rancore, e che diede luogo di supporre o che non eravamo sicuri del nostro diritto,

o che da noi si riservavano quei gravami per una futura resa dei conti.

È tradizione diplomatica questa, che, quando vi è possibilità di conciliazione in una difficoltà colla Francia, è meglio prendere l'iniziativa, poichè l'amor proprio francese si acconcia più facilmente ad avvicinarsi ad una posizione già presa di fronte a lui, che non a retrocedere da una posizione presa invece prima da esso stesso. E che il Ministero Freycinet sia disposto ad attenuare l'asprezza delle relazioni attuali tra Francia e Italia, non si può negare. Ad ogni modo, si pubblichino o no i documenti, conviene negoziare con altri e più efficaci procedimenti che non si fece sin qui, e con forme ed intermediarii diplomatici piuttosto che politici. La quistione d'Egitto è ricondotta a termini soddisfacenti; quelle dei fatti di Marsiglia e di Sfax sono di facile componimento; quella di Tunisi è più grave assai, ma lo scrivente non crede impossibile una transazione dilatoria che, riservando il diritto, preservando l'avvenire, ci permettesse di ristabilire colla Francia relazioni politicamente e diplomaticamente corrette. E sia lecito accennare qui come sembri strano che contro il parere del Ministero degli Esteri si sia concesso alla Francia il trattamento della nazione più favorita per la navigazione per tutta la durata del trattato di commercio, senza corrispettivo, mentre questa concessione avrebbe potuto essere efficacissimamente utilizzata per ottenere in ricambio dalla Francia le necessarie transazioni sulle altre quistioni sopra accennate.

Un tale scopo non è solo desiderabile per gli interessi economici che ci rilegano alla Francia; esso è consigliato anche in vista del carattere schietto e pienamente rispettabile che debbono assumere le nostre relazioni coll'Austria e la Germania.

Sarebbe utilissimo togliere di mezzo quelle difficoltà speciali esistenti tra Italia e Francia, le quali danno al nostro ravvicinamento ai due Imperi apparenza di secondi fini bellicosi, o di ambizioni interessate, o di segreti rancori e desideri di rivincita. Saremmo più forti, più sicuri e più creduti se, come l'Austria, non avessimo verso la Francia nessuna cagione propria ed imminente di conflitto, e se fossimo con l'Austria alleati alla Germania solo per il grande scopo della difesa comune e della conservazione della pace europea. Una tale alleanza non avrebbe nulla di offensivo, né dovrebbe essere segreta. Essa sarebbe un servizio reso a quell'immensa maggioranza in Francia, che abborrisce da nuove guerre; e così eviteremmo la ripetizione del rimprovero che ci fece, dopo il 1870, un membro della famiglia imperiale di Francia, il quale ci disse che l'Italia e l'Austria avrebbero potuto persuadere Napoleone III di non

fare quella guerra funesta, se da amici sinceri, leali e coraggiosi gli avessimo detto che egli non poteva sperare nulla da noi per tali disegni.

È profondo convincimento dello scrivente che la politica disegnata in questo e nel precedente promemoria del 15 corrente (l) è non solo l'unica che possa efficacemente contribuire al mantenimento della pace europea, ma che è proprio in nostro potere, collo svolgerla fermamente ed operosamente, di porci in quella situazione di pace sicura e durevole che è voto più caro del paese entrato oramai in una via feconda di sviluppo economico.

(l) Da ACS, Carte Cr!sp!.

594

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Costantinopoli, 24 febbraio 1882.

Per l'ultimo e per l'odierno corriere ebbi l'onore d'indirizzare all'E. V. la mia corrispondenza officiale sulla quistione di Assab. Stimo ora mio debito d'aggiungere alcune osservazioni particolari che getteranno maggior luce sopra di essa.

Le mie visite al Primo Ministro ed al Ministro degli Affari Esteri mi diedero il convincimento che i negoziati non fecero alcun passo innanzi durante questi tre mesi. Said Pascià non fece a me le professioni personali già ripetute a Lord Dufferin, ed alle quali io non prestai mai inconcussa fede. Il tuono di S. A. fu anzi meco grave e riservato, come di persona cui si tocca un penoso tasto. Il Ministro degli Affari Esteri vaga tuttavia nelle regioni rubattiniane, quantunque l'assicurassi che Rubattino era morto e sepolto, e la compagnia nulla aveva a fare con Assab. Ma era evidente dal contegno d'entrambi che l'orizzonte era oscuro.

Io sono d'avviso che Lord Dufferin ha fatto quello che poteva, poiché so per ,esperienza quanto sia arduo d'ottenere alcuna cosa dalla Sublime Porta, anche quando trattasi della rivendicazione de' più sacri diritti. Ma è pur mestieri riconoscere che sono sopravvenuti nell'intervallo alcuni fatti che non potevano a meno d'aggravare le difficoltà. L'incidente di Makalla, le complicazioni del Yemen, le vicende dell'Egitto hanno inspirato a Palazzo ed alla Porta il grave sospetto che il Governo britannico ordisca nere trame contro gli interessi del Sultano in quelle regioni. E posso assicurare l'E. V. che nulla uguaglia le ire che S. M. il Sultano nutre attualmente contro il Gabinetto di San Giacomo. II che doveva necessariamente esercitare una influenza sfavorevole sulle disposizioni della Porta.

Le recenti complicazioni dell'Egitto sono pure venute in mal punto, imperocché è naturale, in presenza della dubbiosa posizione in cui versa il Kedive, il Sultano, non che essere disposto a fargli cosa sgradita, raddoppi anzi di sforzi per attirarlo a sé. Nè comprendo come il signor De Martino possa seria

mente sostenere che tutto dipende dalla Porta. Egli conosce pure la serie d\ documenti emanati da quel governo, e fra gli altri il memorandum del 6 dicembre ultimo che ci fu comunicato dal governo inglese, conosce le gravi comunicazioni da esso recentemente dirette alla Porta, conosce il tentativo da parte delle forze egizie d'occupare Raheita, mentre la Porta non si rammentava neppure dell'esistenza di Assab. E poi insinua che un telegramma di Said Pascià basterebbe per indurre il Governo egizio ad accettare la convenzione. Senonché, anche il Ministro che forniva al De Martino l'occasione d'emettere quell'opinione se n'è ito, e rimangono quelli i cui sentimenti ostili sono ben noti all'E. V.

Ed è in queste congiunture che io ebbi ad iniziare la mia azione congiuntamente a quella dell'Ambasciatore d'Inghilterra. Né alcuna cosa al mondo mi sarebbe più grata che di poter riuscire nell'intento. Ma è pur mio dovere, sia nell'interesse del pubblico servizio, sia per ispiegare le ragioni della mia debolezza, di far preventivamente conoscere all'E. V. in quali acque s'ha a navigare. Ed in ogni modo farò del mio meglio per attenermi alle istruzioni che l'E. V. sarà per impartirmi.

(l) -Cfr. n. 559. (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.
595

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 264. Cairo, 25 febbraio 1882, ore 14,10 (per. ore 17,40).

Ministre des affaires étrangères ne croit pas que Viceroi ait demandé traiter directement affaire Assab et le vérifiera. Il m'a dit que l'Egypte n'a pas été favorable à une cession territoire, mais qu'il n'a fait qu'en exposer les raisons et qu'il revient à la Sublime Porte de Ies apprécier et déterminer les bases d'un arrangement. Jamais Egypte pouvait désobéir ordres Sultan. Président du conseil, nouveau dans la questione, a demandé tous les documents; il s'est engagé à répondre catégoriquement à toutes les questions. Après la déclaration de la Sublime Porte aux Puissances de sa souveraineté absolue sur l'Egypte, les réponses de ses ministres sur cette question sont surprenantes.

596

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 265. Berlino, 25 febbraio 1882, ore 16,56 (per. ore 17,45).

V. E. se souviendra de la réponse que j'ai faite au secrétaire d'Etat parlant de la difficulté de combiner les termes d'un arrangement de l'Italie

avec l'Autriche-Hongrie et l'Allemagne. Je viens de préparer le projet qui suit dans lequel, en tenant compte des répugnances de l'Autriche, sont évités les mots « garantie de territoire ). En me référant à mon télégramme d'avant'hier (l) j'ai aussi fait abstraction d'une garantie de neutralité.

«S. M. le Roi d'Italie, S. M. l'Empereur d'Autriche etc. animés du désir de rendre plus étroite encore l'amitié qui existe entre leurs dynasties et leurs états respectifs, et de contribuer au maintien de la paix européenne, ont résolu de conclure à cet effet un traité et ont nommé pour leurs plénipotentiaires etc.

Art. 1er. Les Hautes parties contractantes constatent la solidarité de leurs intéréts au point de vue monarchique et pacifique. Art. 2. Elles s'emploieront en parfaite intelligence à tout ce qui pourrait garantir et protéger la tranquillité générale;

Art. 3. Pour mieux déjouer les espérances et repousser au besoin les attaques de ceux qui voudraient troubler cette paix, les Gouvernements respectifs se réservent une entente ultérieure par un accord préalable qui devra etre établi sur des bases conformes aux intérets réciproques des trois puissances.

Art. 4. En attendant ils procèderont à un échange de vues sur les questions qui pourraient surgir et seraient de nature à les intéresser en ce qui concerne la conservation de la paix;

Art. 5. La durée de ce traité est fixée à etc. avec faculté d'en prolonger le terme par une entente ultérieure >.

Je n'ai pas la prétention de devancer le cours des négociations, ni de suggérer le quid agendum au Gouvernement du Roi; mais je crois de mon devoir d'indiquer par là ce qui me semble utile et désirable.

(l) Ed. in italiano in LV 34, p. 174.

597

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 781. Pietroburgo, 25 febbraio 1882 (per. il 5 marzo)

Mi pregio d'informare l'E. V. che, in seguito al discorso da lui tenuto a Parigi nelle circostanze che ho riferito in precedente dispaccio, il Generale Skobeleff ricevette l'ordine dal Governo russo di fare immediatamente ritorno in patria. Il Generale è difatti atteso qui fra breve. Il signor de Giers, dal quale ebbi conferma di questa notizia, ignorava se e come lo Skobeleff potesse essere biasimato o punito in via gerarchica. Comunque sia l'ordine di richiamo e la sconfessione ufficiale del di lui linguaggio, sono di già un'aperta disapprovazione della sua condotta la quale del resto è qui generalmente biasimata nei circoli ufficiali.

Ho chiesto al signor de Giers se qualche osservazione gli fosse stata fatta direttamente o indirettamente dai Gabinetti di Vienna o di Berlino intorno

ai discorsi del generale Skobeleff. S. E. mi rispose che non gli era stata mossa parola in proposito da nessun luogo. L'incidente che tanto commosse la pubblica stampa in Russia, in Germania, in Austria ed altrove, non diede quindi luogo ad alcuna comunicazione, ad alcun passo diplomatico, il che tuttavia non prova punto che non ne sia stata presa nota dove occorreva.

(l) Cfr. n. 587.

598

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Belgrado, 25 febbraio 1882.

In questi ultimi giorni gli affari non politici di questa Legazione furono tutti di indole urgente e dovetti perciò mandare tutto per la posta. Mi valgo della cassetta per spedire soltanto quel poco di politica che si può mietere negli aridi campi di Belgrado. Legga con indulgenza, e non si burli di me se entro nella politica generale ed in serii pronostici.

Ella saprà che questo Principe gioca realmente in certe eventualità la sua corona, mettendosi risolutamente nel campo odiato dai Panslavisti: è naturale che da Vienna cerchino di sostenere tali suoi propositi e lo tengano al corrente dei timori e delle speranze, fino a un certo punto comuni in questo caso al potente ed al debole collegati. Ciò che riferisco può quindi avere un certo valore, come riflettente idee che non sono nate in Serbia.

Le sarei grato di voler anche spedire per corriere o per occasione sicura la lettera qui unita (l) al Conte De Launay a Berlino:

Il Conte De Launay mi ha detto nella sua ultima lettera qualche cosa della conversazione che ebbe con il Principe di Bismarck. Non credo che questa volta il Principe di Bismarck abbia tentato, indicando la via di Vienna, di opporre di nuovo una «fin de non recevoir » cortese. Credo invece che, prevedendo la eventualità di una guerra austro-russa con tutto ciò che ne risulterà, egli questa volta abbia realmente voluto aprire un po' la porta anche all'Italia: nel suo interesse, bene inteso: ma il suo interesse sarebbe secondo me anche il nostro. Se effettivamente le cose s'incamminano male, Ella ne avrà la migliore delle prove incontrando nel Gabinetto di Vienna la disposizione di dare un valore pratico alle tante reciproche proteste di platonica simpatia.

L'ottimo nostro Ministero, che mi annunziò già un console che non arrivò mai, mi annunzia ora un addetto giovanissimo, di nome Marchese de Gregorio, siciliano. Intanto però continuo a far qui tutti i mestieri.

P. S. Dimenticavo di ringraziarLa della lettera del 18 corrente (2) che trovai nella cassetta. Lo faccio in poscritto, e Le sono molto grato delle parole incoraggianti che Ella mi scrisse.

(l) -Non allegata. (2) -Cfr. n. 572.
599

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT (l)

T. 145. Roma, 26 febbraio 1882, ore 1,30

Les deux Cabinets se trouvent donc d'accord, en fait, au sujet de la réponse qu'il y aurait lieu d'adresser à Paris et à Londres pour l'affaire égyptienne. Nous estimons, en effet, comme le Cabinet de Vienne qu'il y a lieu de répondre à la dernière communication franco-anglaise par une communication ayant la meme forme que celle-ci. Les quatre Cabinets l'adresseraient respectivement à leurs représentants à Paris et à Londres et ceux-ci la porteraient à la connaissance des deux Cabinets. Cette réponse ne serait ni collective ni identique. Quant à la substance nous estimons, comme le Cabinet de Vienne, qu'il y a lieu de prendre acte des déclarations faites dans la note franco-anglaise sur la compétence du concert européen et de se déclarer prets à s'entendre avec la France et l'Angleterre si elles le désirent et si les circonstances le rendaient nécessaire. Il ne nous reste maintenant qu'à chercher de savoir quand le Cabinet de Vienne compte donner suite à cette réponse, car s'il y a, d'une part peut etre avantage à ne pas adopter la forme d'une communication identique ou collective, il n'est pas douteux, d'autre part qu'il convient de répondre à peu près simultanément pour ne pas laisser supposer l'existence, entre les quatre Cabinets, d'une divergence de vues. Veuillez je vous en prie interroger Kalnoky sur ce point (2).

600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A PIETROBURGO, NIGRA (3)

T. 146. Roma, 26 febbraio 1882, ore 13,30.

Nous nous trouvons d'accord avec le Cabinet de Vienne à penser qu'il y a lieu de répondre à la dernière communication franco-anglaise par une communication ayant la meme forme que celle-ci. Les quatre Cabinets l'adresseraient respectivement à leurs représentants à Paris et à Londres et ceux-ci la porteraient à la connaissance des deux Cabinets. Cette réponse ne serait ni collective ni identique. Quant à la substance nous estimons, comme le Cabinet de Vienne, qu'il y a lieu de prendre acte des déclarations faites dans la note franco-anglaise sur la compétence du concert européen et de se dé

clarer prets à s'entendre avec la France et l'Angleterre si elles le désirent et si les circonstances le rendaient nécessaire. Je prie V. E. de porter ce qui précède à la connaissance du Cabinet allemand, (russe) et de me faire savolr ce qu'il pense ou compte faire à ce sujet (1). * Nous lui serions fort reconnaissants de tout avis au conseil qu'il croirait pouvoir nous donner, et il nous serait utile d'etre avertis à l'avance de sa démarche afin de nous régler de façon à pouvoir y procéder, nous aussi en meme temps.*

(l) -Ed., parzialmente in italiano in LV 35, p. 102. (2) -Per ·la ri&posta cfr. n. 615. (3) -Ed. in italiano, ad eooezione del brano fra asterischi, in LV 35, p. 102.
601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (2)

T. 148. Roma, 26 febbraio 1882, ore 17,20.

Voyant par votre télégramme d'hier (3) que les nouveaux ministres témoignent intention de s'occuper sérieusement d'Assab, je vous prie d'avoir avec eux le plus tòt possible un entretien à fond sur cette question qui traine déjà depuis trop longtemps. Voici selon mai les points essentiels que vous devez faire bien ressortir. Nous croyons etre fondés à affirmer que ni la Porte ni l'Egypte n'ont des droits quelconques sur la partie de la cote de la Mer Rouge où Assab est situé; c'est ce que nous pourrions aisément prouver d'une manière catégorique le jour où l'an reprendrait la discussion historique et géographique qu'on a tenue en suspens en vue de la présente négoclation qui trancherait tout différend ultérieur. Mais il est en tout cas tout-à fait incontestable, que jamais l'Egypte a fait acte d'autorité ni eu un intéret matériel quelconque dans cette plage restée déserte et abandonnée jusqu'au jour de notre occupation. Ce n'est dane point une cession territoriale ni un sacrifice que l'Egypte s'imposerait par son acquiescement à la convention. Elle en tirerait, au contraire, des avantages fort appréciables: d'abord la reconnaissance de notre part sur le reste de la cote, au sud aussi bien qu'au nord d'Assab, d'une souveraineté que personne n'a jusqu'ici officiellement admise et que I'Angleterre elle-méme a, à une époque récente, contestée; en second lieu la certitude absolue qu'il n'y aura jamais plus à craindre dans ces parages d es aliénations territoriales pouvant nuire à sa position; en troisième lieu, la consécration par un accord où l'Egypte, la Turquie, l'Italie et l'Angleterre se trouveraient toutes engagées, d'un état de choses stable, clairement réglé donnant pleine satisfaction à tous les intérets réels et légitimes, avec des restrictions à notre charge et au profit de l'Egypte que sans la convention nous n'accepterions certainement pas. Vous devez, d'ailIeurs faire comprendre aux ministres égyptiens combien il leur convient à un point de vue d'ordre général de s'assurer de plus en plus notre amitié, nous

rendant, à leur marché, le service de nous mettre en mesure de remplacer un fait simplement accompli, par une situation conventionnellement arr~tée. Mais vous devez aussitòt ajouter que, forts de la conscience de notre droit, nous sommes bien résolus à n'abandonner, en aucune hypothèse notre position à Assab, de sorte que la chose se pose pour l'Egypte entre un statu quo qui ne saurait se changer malgré toutes réserves ou protestations, et un arrangement amicai faisant à l'Egypte sa juste part de bénéfice. Après tout cela nous comprenons que le Gouvernement vice royal ne peut pas empiéter sur les droits de la Sublime Porte et que le consentement de celle-ci est indispensable pour la signature de la convention; mais ce qui nous importe est de sortir de l'impasse où les déclarations contradictoires du Caire et de Constantinople nous retiennent jusqu'ici. Il faut donc que le Gouvernement vice royal nous dise franchement que, pour sa part, il n'a en fait aucune objection contre la convention projetée et qu'il doit seulement s'en remettre pour la décision définitive à la sagesse de la Sublime Porte. Toute réponse des ministres égyptiens qui ne serait pas ainsi conçue devrait désormais ~tre nécessairement considérée par nous comme un refus dissimulé.

(l) -Per le risposte cfr. nn. 602 e 604. (2) -Ed. in italiano. ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, pp. 175-176. (3) -Cfr. n. 595.
602

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 782. Pietroburgo, 26 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

Il signor de Giers mi ha partecipato il modo di vedere del Governo russo rispetto alla risposta da farsi alla comunicazione anglo-francese sugli affari d'Egitto. Dal mio lato feci conoscere a S. E. l'avviso del Governo del Re espostomi dal telegramma speditomi jeri sera dall'E. V. (2), il quale concorda pienamente con quello di questo Gabinetto imperiale. Il signor de Giers mi notificò poi che aveva diretto un dispaccio conforme agli Ambasciatori di Russla a Parigi ed a Londra, i quali avevano istruzione di parteciparne il contenuto ai Governi di Francia e d'Inghilterra. Il dispaccio russo, secondoché mi disse S. E., è molto conciso. In esso il signor de Giers invita i rappresentanti di Russia ad informare rispettivamente i due Governi presso cui sono accreditati che il Gabinetto di Pietroburgo prende atto della comunicazione anglofrancese e si dichiara pronto ad ulteriori intelligenze quando ciò sia stimato opportuno.

Comunicazione di questa risposta fu fatta dal signor de Giers agli Ambasciatori di Russia a Roma, a Vienna ed a Berlino.

(l) -Ed. in LV 35, p. 103. (2) -Cfr. n. 600, in realtà del 26.
603

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (l)

D. Roma, 27 febbraio 1882.

Par dépeches identiques dont l'ambassadeur d'Angleterre et le chargé d'affaires de France m'ont laissé copie, les Cabinets de Londres et de Paris ont déclaré s'etre trouvés d'accord à reconnaitre qu'il était désirable de se mettre en communication avec ceux de Berlin, de Rome, de St. Pétersbourg et de Vienne pour leur proposer d'entrer avec eux dans un échange d'idées, au sujet de la meilleure conduite à tenir pour les affaires égyptiennes.

J'ai remercié l'ambassadeur d'Angleterre et le chargé d'affaires de France. Je viens maintenant vous charger de porter à la connaissance du cabinet auprès duquel vous etes accrédité, que le gouvernement du Roi prend acte avec satisfaction de cette déclaration constatant la compétence du concert européen pour tout règlement éventuel des affaires égyptiennes. Je vous autorise à ajouter que le Gouvernement du Roi, appréciant une initiative visant à amener, vis-à-vis des éventualités possibles en Egypte, l'entente entre les grandes puissances, est disposé à prendre part, au point de vue des intérets européens, à l'échange d'idées projeté, entre les six cabinets et avec la Sublime Porte, dans la forme et au moment dont on conviendra.

Veuillez donner lecture de cette dépeche à S. E. M. le ministre des affaires étrangères et lui en laisser copie s'il le désire.

604

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 2977. Belgrado, 27 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

Hier, dimanche, je n'ai pas rencontré le Sous-Secrétaire d'Etat. Aujourd'hui seulement j'ai pu lui parler dans le sens du télégramme de V. E., en date du 26 février (3), sur l es affaires égyptiennes.

Il semblait déjà au courant de ce que l'an pensait à Vienne, camme à Rome, sur le mode à suivre pour la réponse à faire à la dernière communication anglo-française, à savoir sous la meme forme adoptée par les Cabinets de Paris et de Londres.

Quant au Gouvernement impérial interpellé sur ses intentions, il a chargé ses représentants auprès de ces Puissances de laisser entendre qu'il acceptait

l'échange de vues proposé, mais qu'avant d'émettre une opmwn sur le fond de la question, il tiendrait à étre renseigné sur la manière de voir des autres Cabinets. En attendant, il avait invité les Gouvernements français et anglais, à communiquer leurs idées ou propositions sur les modalités de l'échange de vues, à savoir sous quelle forme et en quel lieu il conviendrait d'y procéder.

M. Busch avait motif de croire que, de son còté, l'Autriche avait elle aussi déjà répondu au moins verbalement dans le sens que vous m'indiquiez, c'est-àdire en prenant acte des déclarations contenues dans la note anglo-française sur la compétence du Concert européen. * Il n'est nullement prouvé que de Vienne on se montre déjà prét à une entente sous la réserve qu'elle soit rendue nécessaire par les circonstances. Il ne semble pas d'ailleurs indiqué de formuler méme indirectement, une pareille réserve, puisque selon l'avis clairement exprimé par la France et l'Angleterre, il conviendrait de chercher à se mettre d'accord sur certaine éventualité, lors méme que la situation eut perdu de sa gravité et n'offrit plus dès lors le méme caractère d'urgence. *

On ne sait rien encore sur 1es dispositions de la Russie.

Le Sous-Secrétaire d'Etat s'abstenait d'entrer dans d'autres détails, et de donner des conseils. Il se réservait seulement de m'informar des réponses qu'il recevrait de Paris et de Londres.

Dans ces conjonctures, nous devons, me parait-il, continuer à marcher d'accord avec l'Autriche dans une voie ou nous retrouverons l'Allemagne.

(l) -Ed. in LV 35, p. 104. (2) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 35, pp. 103-104. (3) -Cfr. n. 600.
605

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI

D. 1346. Roma, 28 febbraio 1882.

Ho preso in attento esame il rapporto confidenziale del 17 corrente

n. 2291 (1), col quale V. E. chiede precise istruzioni in vista della ripresa dei negoziati per la convenzione d'Assab e delle cresciute difficoltà per venire ad una conclusione.

Non posso che riferirmi al lungo carteggio telegrafico e scritto, scambiato con cotesta R. ambasciata, dal quale emerge quale azione sia ora da esercitarsi presso la Sublime Porta.

La progettata convenzione, mi pare superfluo spendere altre parole per dimostrarlo, non lede nessun interesse ottomano; giova anzi alla Sublime Porta, implicando, a suo benefizio, il riconoscimento d'una situazione controversa e mal definita. È certo che se la Sublime Porta negasse piu o meno indirettamente il suo consenso, noi dovremmo provare un sentimento di penosa meraviglia, non potendosi concepire la ragione per cui non voglia, senza ombra di danno da parte sua, far cosa che a noi riesce vantaggiosa per certi rispetti.

La Sublime Porta dovrebbe anche apprezzare la cortesia del nostro procedimento, mentre, a stretto rigore, consci del nostro buon diritto, noi potremmo far di meno d'ogni accordo con essa e tenerci paghi di un possesso che noi riteniamo legittimo e che certamente nessuno oserà turbare. Invece noi abbiamo preferito di cercare anche a questo riguardo la base d'un accordo con la Sublime Porta con la quale noi desideriamo d'aver sempre ed in ogni argomento rapporti amichevoli e schietti.

Se tutte queste considerazioni non approdassero, converrà nondimeno evitare un reciso rifiuto. Si lascerebbero le cose nello statu quo, e non verranno certo mai da parte nostra difficoltà o litigi; ma, anche in questa ipotesi la Porta dovrebbe esser ben persuasa che è nostro fermo intendimento di non abbandonare la nostra posizione ed i nostri diritti.

(l) Clr. n. 567.

606

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2979. Berlino, 28 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

Je profite du Courrier de Cabinet pour vous remercier du télégramme (l) par lequel V. E. me transmettait le récit de l'entretien qui a eu lieu le 19 février, entre le Général Comte de Robilant et le Comte Kalnoky, sur un sujet aussi important que celui d'un rapprochement intime de l'Italie avec l'Autriche et par conséquent avec l'Allemagne.

Je me suis empressé par mon télégramme du 23 de ce mois (2) de vous communiquer mes impressions, en rappelant que le Prince de Bismarck, dans la conversation que j'eus avec lui le 31 janvier échu (rapport n. 2961) (3), glissait déjà les mots neutralité bienveillante comme base d'un arrangement avec l'Allemagne. Appliquée du moins à l'Autriche envers laquelle certes nos intérets n'ont pas toujours convergé, il paraitrait qu'une semblable combinaison pourrait impliquer une certaine défiance mutuelle. Ce serait en quelque sorte une treve nous offrant sans doute l'avantage de n'avoir plus à nous prémunir que contre la France, mais tournant plus au profit de l'Autriche et de l'Allemagne qu'au nòtre. Une telle attitude de notre part permettrait à l'Autriche de dégarnir ses frontières méridionales, de dìsposer de toutes ses forces en cas de guerre avec la Russie, ou avec la France, ou avec ces deux puissances, si l'Allemagne requérait le secours de son allié. De son còté, l'Allemagne profiterait de notre neutralité soit dans une campagne contre la Russie ou contre la France, soit contre les deux à la fois. Selon les calculs de probabilité, nous n'aurions qu'un seul ennemi, la France, tandis qu'en restant neutres vis-à-vis de l'Autriche et de l'Allemagne nous servirions les convenances

de la prermere vers la Russie, et de la seconde vers la Russie et la France. Il est vrai que nous écarterions par là l'intimité de l'Allemagne et surtout de l'Autriche et qu'elles respecteraient notre territoire, meme à défaut d'une garantie formelle, car c'est là une condition réciproque et implicite d'une neutralité mutuelle. C'est déjà beaucoup. Mais, dans l'ensemble de la situation, il n'y aurait pas à tous égards parité parfaite de position. En tout cas, il faudrait que les conditions fussent nettement définies de part et d'autre. Je ne veux point pour autant décrier le système de neutralité qui plus d'une fois a rendu de grands services, pour ne citer que les guerres de 1866 et 1870, où la conduite de la Russie envers la Prusse plaçait l'Autriche et la France dans un isolement complet. Il ne faut pas oublier cependant que le Cabinet de

S. Pétersbourg, en 1866 au moins, se montrait pret à mobiliser vers ses frontières une centaine de mille hommes pour paralyser au besoin l'Autriche.

Quoi qu'il en soit, il parait qu'entre amis on devrait procéder autrement que par simple neutralité. S'il est assez indiqué qu'on ne se lie pas les mains pour le cas où l'un d'eux voudrait se lancer dans une guerre aventureuse et non justifiée, dans le cas par exemple où il prendrait l'offensive pour des intérets à lui spéciaux, la question change d'aspect si l'ami est attaqué injustement. La défense devrait alors, et surtout quand les pays sont limitrophes, devenir commune, camme l'attaque du moment où ce serait le meilleur moyen de se défendre. On a beau dire et beau faire, le ròle des neutres est d'ordinaire plein de périls et d'inconvénients. Il mécontente parfois les parties belligérantes, et on court le risque que la paix se fasse aux dépens des neutres, ou tout au moins sans tenir compte de leurs intérets. Si à Berlin et à Vienne on ne désire que notre neutralité, pourquoi alors de Berlin surtout recevons-nous l'avis de donner à notre armée un caractère plus offensif qu'elle ne l'a jusqu'à présent?

J'estime que nous devrions, en fournissant par là une nouvelle preuve de notre ferme résolution de nous lier étroitement avec les deux Cours du Nord, chercher à écarter, s'il est possible, ce mot de neutralité et lui substituer une alliance défensive dans le but d'assurer le maintien de la paix générale sur la base des Traités en vigueur.

Si ces vues ne sont pas admises, ou du moins qu'à Vienne et à Berlin on ne veuille pas encore stipuler une alliance proprement dite, et qu'on préfère la formule de neutralité, il faudrait tàcher d'entourer celle-ci d'un caractère qui la rende essentiellement bienveillante de part et d'autre, et l'accompagner d'une clause stipulant des pourparlers préalables entre les trois puissances sur les questions qui pourraient surgir. La pensée du Comte Kalnoky de grouper autre chose autour de la neutralité, a beaucoup de bon, surtout si on lui donne le complément des suggestions émises par le Comte de Robilant lesquelles cadrent avec ce que j'ai déjà indiqué dans mon rapport du 14 février (1). Sans prononcer les mots alliance ou garantie de territoire, ce serait un moyen de tourner la question et d'obtenir le meme but ou de nous y acheminer. Un accord en tout cas est nécessaire. Autrement nous resterions isolés en face d'une France qui d'un jour à l'autre peut nous chercher querelle.

Il me semblait qu'on pouvait combiner une rédaction qui rapprocherait davantage les divers points de vue, tout en tenant compte de certaines répugnances actuelles du Cabinet de Vienne. J'ai meme préparé un projet de Traité dans ce sens. Il serait susceptible par quelques modifications de forme, d'etre converti en déclaration, ou en simple note à échanger. Je joins ici une copie de ce projet que je me suis permis de soumettre à V. E. par mon télégramme du 25 février (1). Camme je l'ajoutais, je n'avais pas la prétention de devancer le cours des pourparlers, ni de vouloir indiquer au Gouvernement du Roi la vaie à suivre. Je croyais néanmoins de mon devoir de signaler ce qui me semblait utile et désirable. Je dois toutefois faire le remarque que vu la diversité des positions topographiques des Pays en cause, il conviendra peut ètre de formuler avec l'Autriche un accord séparé en quelques parties de celui qui serait fait avec l'Allemagne.

Il est une autre considération sur laquelle j'appelle l'attention de V. E. Les conjonctures nous sont favorables pour conduire cette affaire à bon terme. L'Autriche a sur les bras une insurrection dans le Sud de la Dalmatie et dans l'Herzégovine, mouvement qui risque de se propager dans les Balkans, si se~ troupes ne parviennent pas à dompter bientòt la révolte. Le Cabinet de Vienne a dane un grand intérèt à s'assurer de notre amitié. La Russie vient de réveiller bien des soupçons par les intempérances de langage des panslavistes. Dans quelques semaines le vent peut tourner. D'un autre còté, M. Gladstone en butte à tant de défiances, à Vienne camme à Berlin, perd du terrain en Angleterre. Un autre Cabinet, surtout un retour des Tories au pouvoir renouerait peut-ètre avec l'Allemagne et l'Autriche les négociations d'alliance entamées dans les derniers mais du Ministère Beaconsfield. Notre alliance ou la garantie de neutralité perdrait alors de sa valeur. Il conviendrait dane de pousser à une prompte solution, autant que cela dépend de nous, et d'une manière conforme à notre dignité.

En accusant réception des dépèches jusqu'au n. 1256 (2) ...

(l) -Cfr. n. 587, nota 2, p. 586. (2) -Cfr. n. 587. (3) -Non pubblicato, ma cfr. n. 525.

(l) n. 555.

607

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1614. Vienna, 28 febbraio 1882 (per. il 5 marzo).

I successivi discorsi del Generale Skobeleff così accentuatamente ostili all'Austria produssero qui somma impressione che non potrà essere cancellata dalle dichiarazioni del giornale ufficiale di Pietroburgo, nè dalle misure già prese o che potrà prendere ancora in seguito il Governo russo, onde mostrare al troppo loquace Generale la sua disapprovazione del linguaggio da lui tenuto. Uomune è qui il convincimento, che i sentimenti espressi dallo Skobeleff sono

divisi dalla maggioranza della nazio~e russa, e che quindi tosto o tardi un conflitto è inevitabile fra i due Imperi.

Il potente appoggio della Germania dà bensì la sicurezza all'Austria-Ungheria che pel momento nulla essa ha da temere dalla Russia. ma oltrechè la situazione si muterebbe grandemente, ove scoppiasse una nuova guerra francotedesca, la di cui probabilità già ritenevasi in vista allorchè il signor Gambetta reggeva le sorti della Francia, conviene anche aver presenti i pericoli che presenta per la Monarchia Austro-Ungarica l'eco che non possono a meno di trovare nei paesi Balkanici, le incendiarie parole pronunciate da un uomo che viene indicato siccome il Garibaldi degli Slavi. L'insurrezione nell'Erzegovina aspramente combattuta in questi giorni, non è ancora domata, e probabilmente no1 sarà così presto: ciò costituisce già uno stato di cose assai grave ma che potrebbe diventarlo ben maggiormente se il movimento che è del tutto Panslavista si estendesse alla Bosnia, alla Serbia, Bulgaria e Montenegro. Fino ad ora parlavasi sempre di pochi facinorosi di una ribellione importata; illusione che i Governi accarezzano sempre in simili casi, i recenti combattimenti provarono però e certo non si dice tutto al pubblico, che gli. abitanti in alcune regioni prendono parte attiva alla resistenza.

Il Ministero degli Affari Esteri pare non sia soverchiamente impensierito dell'andamento delle cose a malgrado che la permanenza al potere del Generale Ignatiew non sia certo di natura ad ispirare al Gabinetto di Vienna una completa fiducia sull'attitudine amichevole e corretta del Governo russo. Ma mi risulta invece, che al Ministero della Guerra si vedon le cose sotto colori meno rosei e che le preoccupazioni a riguardo dell'avvenire sarebbero grandi da parte dei militari.

Ad ogni modo il Conte Kalnoky continua come dissi a mostrarsi molto fiducioso intorno agli intendimenti dello Tzar, ma non è però men vero che il prolungato indugio a coprire la vacante Ambasciata di Pietroburgo, è l'espressione dì qualche cosa di anormale nelle relazioni fra i due Governi, e cw anche alimenta l'inquietudine da cui l'opinione pubblica è travagliata in modo assai più notevole dopo l'incidente Skobeleff.

(l) -Cfr. n. 596. (2) -Non pubblicato.
608

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1615. Vienna, 28 febbraio 1882 {per. il 5 marzo).

All'infuori del cortese telegramma che l'E. V. si compiacque rìvolgermi il 21 corrente (l) esprimendomi la sua approvazione pel linguaggio da me tenuto al Conte Kalnoky durante la conversazione ch'io ebbi secolui il 19 corrente non ebbi ancora preciso riscontro alle comunicazioni da me direttele in

60'7

43 -Documenti diplomatici -Serle Il -Vol. XIV

proposito, e quel silenzio mi è oggi spiegato risultandomi non esserLe fin qui pervenuto il mio rapporto del 20 n. 1607 (l) a malgrado l'avessi spedito fino dal giorno 20 in piego raccomandato. Intanto credo opportuno sottoporre alla

E. V. alcuni miei apprezzamenti a riguardo dei negoziati che abbiamo intrapresi qui, valendomi della propizia occasione del prossimo corriere che ritorna in Italia.

Sta di fatto che l'Austria-Ungheria attraversa una fase assai difficile. La rivolta rumoreggia nelle Provincie turche che come titolo legale essa amministra ma che di fatto già sono sue; il domarla interamente costerà ancora molti sacrifizii, ed a vittoria compiuta grave sarà il da farsi onde impedire la rinnovazione dell'insurrezione; e trovatolo, applicarlo.

Ai suoi confini stanno piccoli Stati che la Monarchia contiene colla pressione morale nel dovuto rispetto, ma che nutrono pel potente vicino profonda avversione, fronteggiante poi un'estesa parte della sua frontiera havvi la Russia che se ufficialmente oggi si raccoglie ed è prodiga anche di dichiarazioni d'amicizia è però quasi indubbiamente il nemico del primo giorno in cui le circostanze le permetteranno di riprendere la sua secolare politica. All'interno grave è la discordia fra le varie nazionalità che servono anche di scudo ai partiti politici più che mai eccitati.

Con tutto ciò l'Austria conserva il sentimento della sua forza, che le viene dall'onnipossanza del Sovrano dinanzi a cui tutte le razze, le nazionalità, i partiti. si piegano riverenti come dinanzi ad un Dio e che mantiene a malgrado tutto l'unità dello Stato in faccia all'Estero.

Nell'alleanza colla Germania che si esplica perfino nelle questioni in apparenza più indifferenti la Monarchia degli Asburgo trova per intanto quell'efficace appoggio che la guarentisce contro chi vorrebbe attentare all'integrità del suo territorio o contrastarle quella missione in Oriente che il Principe di Bismarck volle le fosse affidata in parziale adempimento di quei suoi piani che crearono alla Germania la posizione preponderante in Europa ch'essa occupa oggi.

Tali sono, descritte a grandi tratti, le condizioni dello Stato col quale ci troviamo, diciamolo pure astretti dalle circostanze a negoziare oggi un trattato d'alleanza le di cui condizioni, se si discutono in apparenza a Vienna, non facciamoci illusioni, vengono formulate a Berlino in quella maniera perentoria che è nelle abitudini del Cancelliere germanico. Conviene dunque avere presente che il vero nostro interlocutore ci sfugge, e la conversazione quindi va condotta con una terza interpo~ta persona.

Quanto questo stato di cose sia poco a noi vantaggioso è facile il comprendere, ma un'altra difficoltà e non lieve ci si affaccia ancora, e si è che siamo noi che abbiamo cercato di stringere quei patti d'alleanza, quindi se non ci contentiamo di ciò che ci si offre, ci si dirà sempre che siamo padronissimi di rifiutarlo e di continuare nello statu quo, l'Austria-Ungheria e la Germania potendo benissimo come già ci fu detto far senza del nostro concorso. Ma tale asserzione è esatta entro certi limiti, non lo è però in modo assoluto poiché

potrebbe venire il giorno e non lontano in cui alle due potenze alleate riuscirebbe di grande vantaggio e di molta sicurezza anche l'averci in loro compagnia. Ma pel momento intanto i Gabinetti di Berlino e di Vienna non hanno d'uopo di noi mentre invece l'Italia sentirebbe un notevole benefizio uscendo dal suo isolamento, e trovandoci anche in seconda linea a fronte di quell'alleanza che in oggi signoreggia l'Europa tanto più che non dipenderebbe che da essa ordinandosi all'interno e costituendo il suo esercito in tal maniera da renderne l'azione pronta ed efficace per una guerra all'estero di mettersi in situazione da prendere in un momento dato la posizione che le spetterebbe in quel concerto.

Queste sono le considerazioni che m'ispirano nell'esprimere il parere, non si abbia ad indietreggiare sulla via su cui ci siamo già tanto inoltrati. Lottiamo quanto più sarà possibile onde ottenere migliori condizioni, ma non recediamo dal nostro proposito; meglio patti mediocri oggi che niente; ed anzitutto non facciamo a fidanza coll'avvenire aspettando inoperosi lo svolgersi degli avvenimenti per trarne profitto, poiché troppi esempii dimostrano quanto sia fatale l'aspettare a pronunciarsi all'ultima ora.

Del resto sto in attesa delle nuove istruzioni che l'E. V. sta per trasmettermi ed a cui mi atterrò scrupolosamente (1).

(l) T. 135, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 578.

609

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 28 febbraio 1882.

Je vous remercie de votre intéressante lettre portant double date des 18 et 19 février (2). J'ai eu camme vous l'impression que c'est bien a stento que les trois Empires nous ont admis dans leur démarche à Constantinople sur la question d'Egypte, et il me semble qu'il se font un peu tirer l'oreille aussi pour se concerter préalablement avec l'Italie sur la réponse à faire à la dernière note de Londres et de Paris. Tout cela est plus que pénible pour nous et on semble se bercer d'illusion à Rome. A propos de ces affaires, quand on vous a mandé de chez nous que le conseil de nous entendre d'abord à ce sujet avec le Cabinet de Vienne, venait aussi de Berlin, c'était mai qui avais donné ce conseil. Ne pouvant rien tir,er ici d'essentiel de mon interlocuteur, j'ai cru à propos d'émettre l'avis qu'il faudrait d'abord nous concerter avec Vienne où l'an est plus au fait et plus intéressé que l'Allemagne dans la question.

M. Mancini vient de me communiquer quelle est la pensée du Comte Kalnoky et la nòtre (3). J'en ai référé à M. Busch qui fait l'intérim du Comte Hatzfeldt

malade et à la veille de se rendre en congé en France et en Italie, et j'ai cru comprendre que d'ici on s'était déjà montré disposé à accepter l'échange de vue proposé par la France et l'Angleterre, mais que ces Puissances avaient été invitées à exprimer leurs idées sur les modalités de cet échange, à savoir sous quelle forme et en quel lieu il conviendrait d'y procéder. Pourvu que tout cela n'aboutisse pas à une conférence à Berlin surtout. Ce serait une rude corvée, sans qu'on puisse en prévoir des résultats bien satisfaisants.

Passons maintenant à la grosse affaire.

Je vous suis très reconnaissant des premières indications que vous m'avez fournies sur votre entretien du 19, avec le Comte Kàlnoky (1). Si nous ne touchons pas encore au but, vous avez admirablement manoeuvré. Il est évident que la défiance plane sur ces négociations. On ne veut pas de garantie territoriale à Vienne pour le motif que vous signalez fort justement. Là comme ici on laisse entendre le mot de neutrrJité. C'est bien un minimum dont, faute de mieux, il faudrait se contenter, surtout si on l'entourait de quelque chose de plus, et si on lui donnait le complément de vos sages suggestions. Cependant le mot de neutralité sonne mal à mes oreilles. Je voudrais d'autres engagements. C'est ce que j'ai développé dans un télégramme (2) en réponse à celui (3) par lequel on me transmettait le récit de votre entretien avec Kàlnoky. Tout en tenant compte des répugnances actuelles de l'Autriche, je voudrais qu'on essayàt de tourner la position, en arrivant presqu'au meme but sans énoncer les mots alliance ou garantie de territoire. Je me suis meme essayé à combiner une rédaction qui pourrait rapprocher J.a divergence entre nous et l'Allemagne et l'Autriche, et j'ai soumis ce projet à Mancini. Vous en aurez certainement déjà connaissance, ainsi je m'abstiens de le transcrire. Je n'ai pas la prétention de dévancer le cours des pourparlers, ni de croire que je vois juste, mais j'ai cru de mon devoir de dire toute ma pensée. Je fais au reste remarquer qu'il s'agisse de Traité, de déclaration, ou de notes à échanger, il faudra peut-ètre en dernière analyse, vu la diversité des positions topographiques des Etats en cause, convenir avec l'Autriche d'un arrangement quelque peu distinct de celui à faire avec l'Allemagne.

J'ai aussi appelé l'attention sur ce qu'il conviendrait que de Rome on répondìt le plus tòt possible à la mise en demeure qui nous est adressée à Vienne de préciser nos idées. Certaines conjonctures présentes nous sont favorables: l'insurrection dans le Sud de la Dalmatie et dans l'Herzégovine, les intempérances de langage [del Skobelew et de son parti, la présence de Gladstone au pouvoir qui ne cesse d'etre en butte aux soupçons de l'Allemagne et surtout de l'Autriche. Le vent peut changer et enlever du prix à notre rapprochement avec Vienne et Berlin. On croit en effet ici que la révolte dans !es Balkans sera domptée dans quatre semaines, si elle ne se propage pas plus loin. Quoique l'irritation soit extrème contre le double jeu de la Russie, !es dispositions peuvent aussi se modifier, si le Tsar est en état de donner ses garanties sérieuses d'une meilleure politique. Enfin pour ce qui concerne l'An

gleterre, Gladstone commence à perdre du terrain; le jour où il tomberait, un autre Ministère, surtout s'il était Tory, travaillerait à renouer les négociations entamées dans les derniers mois du Cabinet Beaconsfield, pour une alliance avec l'Autriche et l'Allemagne. Ce serait là autant d'arguments pour que de Ftome on pousse autant qu'il dépend de nous à la roue, bien entendu d'une manière conforme à notre dignité. Il me tarde de nous savoir engagés non seulement moralement, camme nous le sommes déjà, mais d'une manière plus formelle et sur des conditions de réciprocité simplement acceptables lors méme qu'elles ne répondraient pas entièrement à notre désideratum.

Le Prince de Bismarck est très courroucé de l'incident Skobelew mais on aftecte le plus grand calme. L'incident était méme presque clos -il n'a donné lieu à aucune réclamation officielle -lorsqu'il a paru un étrange article dans le Nouveau Temps de Pétersbourg, journal inspiré par le Ministre de l'Intérieur Général Ignatiew. Le Prince de Bismarck a repris un accès de colère, et la Norddeutsche Allgemeine Zeitung a été chargée de répondre sur un ton plein d'amertume. Quelqu'indirect qu'il soit, c'est là un sèrieux avertissement, et si l'Empereur Alexandre ne parvient pas à imposer silence aux Panslavistes qui prèchent la haine de races, le mot d'ordre sera donnè ici à la presse officieuse de recommencer à son tour une polémique sur ee ton très vif. Il me semble que d'ici on voudrait arriver à renverser le Général Ignatiew. Mais on le dit très fort et très solide au poste. Quoi qu'il en soit, le Prince de Bismarck ne prévoit pas la guerre. Seulement il ne se lasse pas de dire qu'il faut tenir roeil très ouvert sur les menées, qui, en prenant un jour le dessus, pourraient conduire à une révolution et méme à une guerre. Voici une lettre pour Tosi, que je vous serais obligé de lui transmettre par le service de la cassette.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova .Ja seguente annotazione di Malvano: «Avverto ad ogni buon fine che da diligente inchiesta da me fa~ta ci risulta che i1 ri!tal'do di quattro giorni, verificatosi sull'arrivo del Rapporto n. 1607 del 20 febbraio, ha dipeso da causa puramen:te fortuita. Il piego giunse regolarmente a Roma, e fu regolarmente portato al Ministero. Ma, per un caso sfortunato rimase dimenticato nella cassetta che giornalmente contiene l pieghi raccomandati. È esclusa ogni ipotesi di avvenuta !n'discrezione. Ho spegato queste cose, già, privatamente al Conte di Robilant ». (2) -Non rinvenuta. (3) -Cfr. n. 578. (l) -Cfr. n. 578. (2) -Cfr. n. 587. (3) -Cfr. n. 587, nota 2, p. 586.
610

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 288/925. Londra, 1° marzo 1882, ore 13,29 (per. ore 15,15).

Enfin hier au soir je reçus de Granville la réponse en date du 28 à ma lettre du 23 dernier relative à la convention d'Assab, en voici la traduction littérale: «Le Gouvernement de Sa Majesté examine le projet de convention relative à Assab, dont V. E. a envoyé une copie dans votre lettre du 23 courant;. il partage l'avis du Gouvernement italien que la prompte conclusion de la convention est désirable dans l'intérét des pouvoirs qu'elle concerne, et il consent à ce que la convention doit désormais étre prise camme une prévision pour le réglement des rapports entre le Gouvernement de Sa Majesté, et le Gouvernement italien, dans toutes les matières qui regardent Assab, sur entente que le Gouvernement de Sa Majesté, ne soit pas obligé pour celà à reconnaitre la souveraineté de l'Italie sur Assab, jusqu'à ce que la convention ait reçu valeur obligatoire d'après la Porte, et le Gouvernement égyptien )). Ma lettre dont j'expédie une copie à V. E. ne contient rien qui se réfère à cette dernière réserve. J'envoie aussi copie lettre Granville.

611

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 291/926. Londra, 1° marzo 188<, ore 18,03 (per. ore 21,40).

Aujourd'hui ayant rencontré à la Cour Granville, je l'ai remercié de sa lettre que j'ai télégraphiée ce matin à V. E. (1). Mais en meme temps, je me suis plaint de la réserve relative à la souveraineté de l'Italie sur Assab, que je vous ai signalée. Je lui ai fait observer que tout en étant sans portée réelle cette réserv'e semblait atténuer les déclarations précédentes. Il m'a avoué qu'il cède à l'opinion de quelqu'un de ses collègues; puis après s'etre éloigné pendant quelques instants, il est revenu vers moi, et m'a prié de lui renvoyer sa lettre. Je pense donc que V. E. ne doit pas faire usage ostensible de celle que j'ai télégraphié, avant de savoir si Granville y introduira quelque changement, ainsi qu'il m'a semblé y etre disposé.

612

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2299. Costantinopoli, 1° marzo 1882 (per. il 7).

Iersera venne a mie mani il telegramma (2) col quale l'E. V. si compiaceva significarmi confidenzialmente, per mia norma, il signor De Martino avere telegrafato: «il Vicerè stesso avergli negato che avesse domandato al Sultano di trattare direttamente la questione di Assab, ed avergli fatto intendere essere il Sultano che gli scriveva di essere ostile ». Aggiungeva l'E. V. correre a Aden la voce che l'Inghilterra tratti con la Turchia per la cessione di Moka, ciò che a dir vero non le sembrava credibile. E prego l'E. V. d'aggradire i miei distinti ringraziamenti per questa comunicazione.

A proposito del telegramma del signor De Martino ho l'onore di sottomettere all'E. V. le seguenti considerazioni:

Col telegramma del 24 febbraio (3) l'E. V. mi faceva l'onore di ragguagliarmi il R. agente domanderebbe in giornata al signor ministro degli Affari Esteri delle spiegazioni categoriche sull'argomento. Ed ora egli trasmette, in risposta, le asserzioni del Viceré. Ma chi non sa che l'autorità di Sua Altezza è completamente annullata in Egitto? Più importante sarebbe stato di verificare l'opinione di Mahmud pascià, di Mustafà pascià, e sopratutto di Arabi bey. Ed il Kedivè nega di aver domandato al Sultano di trattare direttamente. Io ho avuto cura di far conoscere all'E. V. le comunicazioni che la Sublime

Porta ricevette dall'Egitto. Ma anche lasciando da banda queste informazioni, non puossi negare che il memorandum, rimesso il 6 dicembre ultimo scorso dal ministro egiziano a sir A. Male t, contiene le seguenti parole: « Toutefois le Gouvernement de Son Altesse désireux de persévérer dans la vaie de conciliation qu'il s'est tracée dans ses rapports avec les puissances amies, serait disposé, ainsi qu'il a eu l'occasion de le dire dans ses communications adressées au représentant d'Italie en Egypte, à ouvrir des négociations pour régulariser, dans des conditions à fixer, la situation de la compagnie Rubattino à Assab. un arrangement sans aucun caractère politique entre le Gouvernement de Son Altesse et la compagnie Rubattino, par lequel la jouissance d'une certaine étendue de terrain avec certains privilèges serait accordée à cette dernière, tout en réservant, de la manière la plus expresse, tous les droits de la souveraineté et de la juridiction territoriale ». E, se non erro, questo memorandum era l'opera dello stesso Mustafà pascià che fu conservato in qualità di ministro degli affari esteri da Arabi bei, nè vi ha dubbio che esso fui comunicato alla Sublime Porta.

Senonché il Vicerè dice non aver diretta quella domanda al Sultano. È anzi possibile che non siano state scambiate corrispondenze sulla questione di Assab fra il Kedivè ed il Sultano. L'E. V. conosce come io sia sempre stato d'avviso la questione di Assab non essere stata sottomessa a S. M. il Sultano. Ed anche mentre sto scrivendo queste linee, ho delle ragioni per dubitare che finora alcuno dei ministri ne abbia intrattenuto Sua Maestà. La quale esitazione da parte dei consiglieri della corona io attribuisco precipuamente alla tema che hanno di far cosa non grata al Sovrano, epperò nociva a se stessi.

La voce che il Governo britannico tratti colla Turchia per la cessione di Moka è troppo assurda per avere alcun fondamento di vero. Nell'accusare ricevuta dei recenti dispacci dell'E. V. n. 1339 in data 15, n. 1340, 1341, 1342 in data 16 e n. 1343 in data 19 febbraio u. s. (l) ...

(l) -Cfr. n. 610. (2) -T. 150 del 28 febbraio, non pubblicato. (3) -Cfr. 584, nota 4.
613

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 1616. Vienna, 1° marzo 1882 (per. il 5).

Il mio collega di Russia parlandomi jeri nell'anticamera del conte Kalnoky dell'incidente Skobeleff lo lamentava altamente, e mostravasi lieto che fosse ora, siccome Egli aggiungevami, questione completamente finita. Egli soggiungeva però le seguenti parole: «Certo è deplorabile che fatti simili si producano. Ma ove si voglia cercarne le cause non si può a meno di riconoscere che il linguaggio dei giornali austriaci e tedeschi che da un anno non cessano dall'eccitare l'opinione pubblica contro la Russia, ed i discorsi pronunciati in ogni occasione dal signor Tisza e dal Conte Andrassy, che anche

senza ragione alcuna, essenzialmente il primo dei due, agitano di continuo in Parlamento lo spauracchio del Panslavismo, sono fatti che ùmpiamente spiegano e giustificano pure il procedere di un vero russo dello stampo di Skobeleff, che non potendo a sua volta sfogarsi in un'Assemblea Parlamentare, rompe ogni freno e pronuncia dove e come può uno di quei discorsi di cui, tenendo conto delle predette circostanze, non si può onestamente fargli un crimine».

Parvemi oppòrtuno riferire confidenzialmente all'E. V. le parole dettemi dal signor d'Oubril sebbene rivestissero del tutto il carattere di una privata conversazione, poiché esse caratterizzano assai meglio lo stato di tensione esistente effettivamente nelle relazioni fra la Russia e l'Austria-Ungheria, di quanto possono farlo le dichiarazioni ufficiali ed ufficiose che emanano dai due Governi.

(l) Non pubblicati.

614

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1617. Vienna, 1° marzo 1882 (per. il 5).

Ho tenuto parola ieri al conte Kalnoky dell'eventualità che la grande Skupchina serba allorché dovrà riunirsi per rivedere la Costituzione, colga quell'occasione per proclamare il Principe Milano Obrenovich «Re di Serbia » ed il feci a senso del dispaccio direttomi dall'E. V. in data 23 scorso mese sotto il n. 1268 O). S. E. dissemi che in verità dopo di aver riconosciuto il titolo reale assuntosi dal Principe di Romania, in egual maniera non vi sarebbe ragione di usare un diverso trattamento a riguardo del Principe di Serbia. «Sarebbe desiderabile» eg;i aggiungevami «non si affrettasse a cingere la corona reale, il suo stato non essendo ancora nelle condizioni pienamente corrispondenti a quel nuovo rango, ciò gli fu detto a Vienna a Berlino ed a Pietroburgo allorché l'anno scorso visitò le tre capitali all'unico scopo di scandagliare il terreno su quella questione; però ripeto non ci sarebbe dopo il rammentato precedente, più ragione alcuna per rifiutare all'evenienza il riconoscimento, che è probabile ci verrebbe chiesto per telegrafo subito dopo che la deliberazione della Scupchina sarà promulgata ». Altre parole ancora dettemi nello stesso senso dal Conte Kalnoky mi persuasero che allorquando il fatto di cui è caso si verificherà il Governo imperiale non farà aspettare l'annuncio del suo riconoscimento ritenendo miglior consiglio a fronte di una cosa inevitabile non mostrarsi esitante a compiere un atto che dimostri il suo buon volere verso il vicino Stato.

Conviene però aver presente che se questi sono gli intendimenti del Gabinetto di Vienna oggi che il Ministero che governa a Belgrado ha le sue simpatie non significa che non muterebbero se sopraggiungesse una crisi che facesse prendere dal Principe Milano nuovi Consiglieri, nel partito manifesta

mente ostile all'Austria Ungheria. Come osservazione di nessuna importanza ma curiosa farò notare qui, che mentre il Conte Kalnoky mi diceva ieri che unico scopo del viaggio a Vienna ed altrove del Principe Milano, era stato la questione del titolo reale di cui aveva lungamente discorso' coll'Imperatore e col suo defunto predecessore, il Barone Haymerle invece assicuravami a quell'epoca che neppur una parola era stata pronunciata su quell'argomento.

(l) Con tale dispaccio Mancini chiedeva a Di Robilant quali fossero le intenzioni del governo austriaco in merito alla proclamazione di Milan Obrenovic a re di Serbia.

615

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 294. Vienna, 2 marzo 1882, ore 15,06 (per. ore 18,10).

Ce qui est arrivé avec dépeche autrichienne du 24 dernier concernant Egypte, confirme à l'évidence ce que j'ai constaté au commencement de ces négociations, que si on nous a:dmet à la suite on n'entend pas se concerter avec nous. Kalnocky m'a montré aussi clairement que possible qu'il ne voulait pas accepter l'entente confidentielle et particulière, que nous lui proposions: il me semble que je l'ai télégraphié et écrit sans réticence. Voyant que nous ne voulions pas comprendre il a parlé avec le fait; en effet après m'avoir dit qu'il attendait M. Meyer pour rédiger dépéche, il l'a expédiée immédiatement, et avant hier, me disant qu'il avait expédié par poste le texte à Wimpffen, il a ajouté qu'il en avait fait de meme pour tous les autres ambassadeurs, paroles qui ne laissaient aucun doute sur leur signification. Il est bien que nous nous rappellions de ce qui est arrivé sans le relever, ce qui ne servirait à rien.

616

APPUNTO (l)

2 marzo 1882.

Il Principe di Bismarck dimostrò grande benevolenza nel tacere sulla pubblicazione nel Secolo di una nota riservata che toccava ad un argomento delicato per la Germania come per l'Italia (2). Ma non è men vero che tale pubblicazione, e l'uso invalso che un Ministro si porti in casa i documenti più riservati, sarebbero addotti dal Principe di Bismarck in risposta ad ogni domanda che facesse l'Italia di prendere colla Germania impegni precisi, scritti e segreti; perciò non si può praticamente pensare per ora che ad impegni verbali e generici.

(l) -L'appunto, privo di firma, tratto dalle Carte Blanc, reca l'indicazione: «Linguaggio del Signor K » verosimilmente Kalnoky. (2) -Cfr. n. 525.
617

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 1159. Roma, 3 marzo 1882, ore 12,45.

Ministre du Roi à Belgrade télégraphie ce qui suit (l): «Ministre des affaires étrangères me dit confidentiellement que dans ces jours ici le prince Milan sera proclamé Ro.i de Serbie par les Chambres. M. Christisch à l'ordre de se rendre immédiatement de Vienne à Rome pour en informer V. E. Je pense qu'il sera le cas dès que cette proclamation aura lieu de m'autoriser à reconnaitre nouveau Roi ». Il nous importe en vue de pareille eventualité de connaitre le plus tòt possible disposition de Cabine t impérial (2).

618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 161. Roma, 3 marzo 1882, ore 12,30.

En acceptant, sur votre proposition, pour Assab au lieu d'un protocole un simple échange de notes, je devais naturellement penser que celles-ci avant d'ètre échangées seraient préalablement concertées entre le Foreign Office, et l'ambassade. Je reçois maintenant par votre télégramme d'avant'hier (3) le texte de la note Granville et je vois qu'il ne saurait ètre agréé ni accepté par nous. Il y est dit, d'abord, que la convention projetée doit ètre prise désormais « comme une prévision pour le règlement des rapports », ce mot prévision a le double inconvénient d'ètre bien moins explicite que les déclarations réitérées par lesquelles le Gouvernement britannique a approuvé les clauses de la convention modifiées d'après ses conseils mèmes, et de ne nous rien accorder en fait alors qu'il laisse d'autre part ce produire le doute que nous soyons dès à présent liés, envers l'Angleterre, par les engagements et les restrictions que la convention contient.

En second lieu la réserve que lord Granville énonce dans sa note, ne fait qu'aggraver à notre détriment la situation. Nous n'allons pas jusqu'à demander à l'Angleterre une reconnaissance formelle et directe de notre souveraineté sur Assab. Mais en proposant de constater par un document diplomatique l'accord qui existe en fait, quant au modus agendi entre les deux Gouvernements nous avions compris que l'Angleterre dut en attendant admettre notre état de possession, l'uti possidetis, à Assab. Rassurée par les

engagements que nous sommes prets à assumer par la convention projetée, n'ayant par conséquent aucun intéret spécial à ce que le territoire d'Assab appartienne plutòt à la Turquie, qu'à l'Italie, l'Angleterre devrait en un mot nous accorder un traitement conforme à la situation de fait qui implique l'exercice de la souveraineté à Assab. Il est évident au contraire, que la réserve explicite par laquelle la note Granville se termine, bien loin de nous faire atteindre ce résultat, a le caractère et la portée d'une opposition formelle au droit que nous estimons nous appartenir. Veuillez dire franchement à lord Granville, que pour etre satisfaisante et de nature à pouvoir etre exibée à notre Chambre avec effet utile, il faudrait au moins que sa note contint les mots « camme règle des rapports », au lieu des mots « camme une prévision pour le règlement des rapports ». Et qu'en outre elle finit avec les mots « les matières qui concernent Assab ». Si lord Granville se faisant une idée exacte du service que nous lui demandons, et persistant à vouloir nous le rendre consent à ces modifications nous lui en saurions gré. S'il en était autrement, je devrais prier V. E. de vouloir bien lui expliquer le malentendu qui s'est produit, et lui proposant d'annuler les deux notes, ajouter que nous préférerions en ce cas garder jusqu'à une conclusion avec la Turquie et l'Egypte, l'intégrité de notre position juridique.

(l) -T. 295 del 2 marzo. (2) -Robilant rispose con t. 304 del 4 marzo facendo riferimento alle notizie trasmesse con Il n. 614 ed esprimenJC!o l'avviso che fosse opportuno riconoscere n Regno di Serbia wppena avuta notizia ufficiale della proclamazione. (3) -Cfr. n. 610.
619

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 301. Belgrado, 3 marzo 1882, ore 16,15 (per. ore 18).

Ministère serbe qui dispose de la majorité de la Chambre, n'a pas adopté décision que j'ai télégraphié hier (l) sans s'etre assuré d'avance adhésion du Cabinet autrichien. Le ministre des affaires étrangères en me priant de transmettre à V. E. sa communication confidentielle fai t entr'autres observer combien il importe dans les circonstances actuelles, que la Serbie soit plus que jamais à meme de soutenir énergiquement contre ses adversaires dans l'intéret du maintien de la paix dans les Balkans, le programme pacifique et indépendant qu'elle a adopté. Le ministre des affaires étrangères exprime l'espoir du Gouvernement serbe de rencontrer en cette occasion, aussi chez le Roi notre Auguste Souverain, et son Gouvernement, le meme bon vouloir qu'à Vienne. C'est pourquoi je me suis permis d'exprimer avis, qu'il nous conviendrait reconnaitre Roi, dès que proclamation aura eu l'eu.

(l) Cfr. n. 617.

620

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 23. Belgrado, 4 marzo 1882 (per. il 17).

Mi sono affrettato di comunicare confidenzialmente a questo ministro

degli affari esteri il contenuto del telegramma (l) che ricevetti nella notte scorsa, secondo il quale, salvo difficoltà imprevedute, il Governo del Re era disposto, come quello dell'Austria-Ungheria, a riconoscere il Re di Serbia tosto che gli sarebbe stata ufficialmente notificata la proclamazione. Il signor Pirotchanaz accolse con la più viva soddisfazione la notizia che gli recavo, e mi pregò di esprimere i suoi più sinceri ringraziamenti a V. E. Seppi da lui, nel medesimo incontrò, che il Gabinetto di Berlino aveva parimenti già fatte conoscere le sue buone disposizioni per il riconoscimento del nuovo regno.

Entrando a discorrere dei motivi che avevano indotto il ministero serbo ad affrettare la proclamazione del regno, senza aspettare come si era prima divisato la convoca'zione della grande Skoupcina, S. E. il signor Pirotchanaz faceva rilevare l'importanza che vi era nel momento attuale di dare nuovo e maggior vigore ad uno stato come la Serbia, che è chiamato a sostenere, nell'interesse del mantenimento della pace nei Balcani, una parte che in date circostanze può essere delle più decisi ve. Osteggiato da nna opposizione accanita, la quale per secondi fini potrebbe trarre partito dal danno arrecato alla Serbia dal di::;astro finanziario dell'Union Générale per rovesciare un governo che, d'accordo col Sovrano, è risoluto di tenere il paese all'infuori delle complicazioni che minacciano la pace, e di seguire invece una politica indipendente e pacifica, il r· inistero aveva la fiducia, nell'affrettare ora la proclamazione del regno, di incontrare la simpatia e l'appoggio di tutte le potenze le quali ripugnano al pensiero di veder rinnovati quei fatti che, pochi anni or sono, furono causa nei Balcani di quelle conflagrazioni che ora d1 nuovo si temono.

Conoscendo in tal materia i sentimenti del Governo del Re e più specialmente quelli di V. E. riguardo alla Serbia, ho assicurato il signor Pirotchanaz che la politica alla quale egli accennava, siccome quella che è essenzialmente intesa al mantenimento della pace, non poteva a meno di essere debitamente apprezzata dall'Italia e di avere il suffragio del governo del Re.

Nel riferirmi al mio telegramma di iersera (2), mi permetto di rinnovare l'osservazione che, a mio parere, sarebbe il caso di autorizzarmi a riconoscere presto il nuovo Re, compiendo un atto contro il quale si può essere certi che da nessun gabinetto saranno sollevate serie obiezioni.

(l) -T. 164 del 4 marzo, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 619.
621

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 308. Vienna, 6 marzo 1882, ore 14,30 (per. ore 15).

Plus de quinze jours sont écoulés depuis ma conversation avec Kalnoky (l) et n'ayant depuis lors reçu un mot de V. E. à ce sujet, je me trouve dans une position très embarrassante, étant demain mardi son jour d'audience. Notre silence trop prolongé n'est guère explicable par l'incroyable retard subi par mon rapport; fera croire à une arrière pensée de notre part, de faire dépendre d'autres événements la continuation des négociations. Je prie vivement V. E. de me mettre immédiatement en mesure d'exprimer demain au moins une première impression quelconque au sujct de l'ideée que Kalnoky m'a développé dans son entretien avec moi du 19 du mais passé (2).

622

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 313. Berlino, 6 marzo 1882, ore 18 (per. ore 18,50).

Je confìrme contenu du premier télégramme d'aujourd'hui (3). Après avoir pris les ordres de l'Empereur, le sous-secrétaire d'Etat, vient de télégraphier au ministre d'Allemagne à Belgrade de règler entièrement sa conduite sur celle de son collègue d'Autriche, quant au mode à suivre après notification officielle du nouveau titre de prince de Serbie. Ainsi reconnaissance du Cabinet de Berlin est déjà assurée implicitement, et l'Allemagne s'en remet à l'Autriche. Quant à la question de forme à suivre à l'effet de procédcr à l'acte de reconnaissance, tellcs sont les indications qui me sont fournies par le sous-secrétaire d'Etat: je pense que l'Autriche adoptera dans cette circonstance la meme forme dont elle a usée en circonstances analogues avec la Roumanie, et de concert avec l'Allemagne et la Russie, à savoir que le représentant autrichien à Belgrade, remettra au ministre des affaires étrangères une note en réponse à la notification, déclarant reconnaissance du titre royal, et exprimant l'espoir que le nouveau Royaume verra dans l'accord des puissances un motif de plus pour persévérer dans une politique de paix et de tranquillité. Il me semble indiqué que M. Tosi reçoive l'instruction de marcher d'accord avec collègues d'Autriche et d'Allemagne (4).

(l) -Cfr. n. 578. (2) -Per la risposta cfr. n. 624. (3) -T. 312, non pubblicato. (4) -Cfr. n. 623 .
623

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AL MINISTRO A BELGRADO, TOSI

T. 167. Roma, 6 marzo 1882, ore 22,2().

Je vous autorise à répondre à la note du ministère des affaires étrangères (l) par note déclarant que le Gouvernement du Roi, heureux d'avoir l'occasion de témoigner de ses sympathies envers un pays auquel nous rattachent des liens d'une ancienne et sincère amitié, et dont nous avons contribué à établir l'indépendance, prend acte de la communication que vient de lui étre adressée par votre entremise, reconnaissant dès aujourd'hui à la Serbie, et à son Souverain le titre royal que les pouvoirs établis ont sanctionné. Veuillez, aussitòt après avoir expédié cette note, demander audience au Roi pour lui présenter, au nom du Gouvernement de Sa Majesté les félicitations d'usage. Je désire que dans toutes les démarches que la présente affaire comporte vous marchiez autant que possible d'accord avec vos collègues d'Allemagne et d'Autriche.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 170. Roma, 6 marzo 1882, ore 22,20.

J'ai été pendant dix jours malade dans l'impossibilité absolue d'assister à la Chambre et au conseil des ministres ainsi que de m'occuper d'affaires.

V. E. peut assurer à Kalnoky que mes premiers soins vont étre consacrés à chercher formule d'une proposition d'entente que je espère pouvoir vous transmettre dans le courant de la semaine. Télégraphiez moi après entrevue de demain avec Kalnoky (2).

625

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 318. Vienna, 7 marzo 1882, ore 16,35 (per. ore 18,55).

Je me suis empressé de faire connaitre aujourd'hui à Kalnoky la cause indépendante de la volonté de V. E. du retard à me donner instruction pour

continuer la conversation du 20 février (1). Il savait déjà la maladie de V. E. par le comte Wimpffen, et il s'est montré satisfait de votre intention de chercher, quand vous le pourrez formule apte à amener entente. Je prie

V. E. d'agréer tous mes voeux pour un prompt rétablissement.

(l) -Con t. 311 dello stesso 6 marzo, non pubblicato Tosi aveva informato di aver ricevuto dal ministro degli Esteri comunicazione della proclamazione del Regno di Serbia e dell'assunzione da parte del principe Milan del titolo di Re di Serbia. (2) -Cfr. n. 625.
626

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

T. 319/930. Londra, 7 marzo 1882, ore 17,25 (per. ore 20).

Je viens de recevoir la lettre par laquelle Granville a remplacé sa précé· dente relative à la convention pour Assab. Ce nouveau texte dit: «Le Gouvernement anglais partage l'opinion du Gouvernement italien, que la prompte conclusion de la convention est désirable dans l'intérét des puissances, que elle concerne, et dans l'espoir de son acceptation par la Sublime Porte et le Gouvernement égyptien, il est disposé à prendre une base provisoire pour régler les rapports entre le Gouvernement anglais et celui d'Italie, dans les matières qui regardent l'établissement italien d'Assab ~.

Je prie V. E. de me télégraphier (3) si elle est satisfaite de cette réponse;

*après le premier changement obtenu il serait fort difficile d'en obtenir un autre *. J'attends votre télégramme pour voir Granville.

627

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 317. Berlino, 7 marzo 1822, ore 17,40 (per. ore 18,10).

Il ne me sera pas facile d'obtenir de l'Etat Major éclaircissements ultérieurs (4). Je ferai de mon mieux avec Biserti. Vous connaissez ma manière de voir sur les pourparlers qui ont eu lieu à Vienne entre Kalnoky et Robilant, le 19 février (5). Je ne m'explique pas pourquoi ces pourparlers n'ont pas été repris. Si nous ne saisissons pas l'occasion au vol, nous nous exposons à ce que les circonstances deviennent moins favorables. En tout cas ces retards inexplicables à moins de les attribuer à un défaut d'entente dans notre Ministère, ne peuvent que produire de facheux effets. Je vous serai bien obligé de me télégraphier un mot là dessus (6).

(l) -Cfr. n. 624. (2) -Ed., in italiano, ad e<:cezione del br&no tra asterischi, in LV 34, p. 181. (3) -Cfr. n. 630. (4) -Con t. 169 del 6 marzo, non pubbUcato, Blanc aveva invitato de L&unay a procurarsi maggiori informazioni sull'opinione tedesca circa la modifica dell'esercito italiano. (5) -Cfr. rn. 578. (6) -Con t. 176 dell'8 marzo, non pubblicato, Blanc informò de Launay che il ritardo nella presentazione delle proposte italiane era dovuto alla m81lattla di Mancini e Depretis.
628

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 25. Belgrado, 7 marzo 1882 (per. il 17).

La notte scorsa mi pervenne il telegramma in data di ieri (1), col quale

V. E. si compiaceva di autorizzarmi a dichiarare a questo ministero degli affari esteri che il Governo del Re prendeva atto della comunicazione che avevo trasmessa a Roma il 6 corrente (2), riconoscendo alla Serbia ed al suo Sovrano il titolo reale proclamato dall'assemblea nazionale serba.

In conformità delle istruzioni contenute in siffatto telegramma, ho tosto diretto al ministro serbo degli affari esteri la lettera della quale unisco qui una copia, ed immediatamente dopo, ho scritto allo stesso ministro per chiedere di essere ricevuto in udienza da S, M. il Re di Serbia.

Come ebbi a riferire con un mio telegramma in cifra (3), il ministro di Austria-Ungheria aveva già avuto l'occasione sin da ieri di annunziare a questo sovrano che l'imperatore Francesco Giuseppe ed il suo governo riconoscevano il titolo reale proclamato dalla Skoupcina, e di recare a Sua Maestà l'espressione delle felicitazioni dell'Imperatore e del Governo I. e R. Iersera sul tardi, il mio collega di Germania riceveva da Berlino la medesima istruzione, e la sua udienza veniva fissata per oggi alle 4 ore pomeridiane: egli pure, nel dichiarare il riconoscimento fatto dalla Germania, era incaricato di presentare al Re le felicitazioni dell'Imperatore Guglielmo. Non era pertanto difficile per me di uniformarmi al desiderio di V. E.', che la mia condotta fosse in questa circostanza conforme per quanto possibile a quella dei miei colleghi di Germania e d'Austria-Ungheria. Ebbi cura di informarmi del tenore delle parole che essi avrebbero rivolte al Re di Serbia, e stimai di corrispondere alle intenzioni di V. E. !imitandomi, come il ministro di Germania, a pronunziare parole di felicitazione ed a parlare delle simpatie del nostro Sovrano e del suo Governo per il Re Milan e per la Serbia, senza toccare a speciali considerazioni politiche come il ministro di Austria-Ungheria.

Il ministro degli affari esteri mi aveva risposto che sarei stato ricevuto dal Re alle 5 pomeridiane di oggi. All'ora indicata fui condotto al palazzo dal maresciallo di corte, con vetture di gala e scorta d'onore, e ricevuto con il medesimo cerimoniale in uso qui per la presentazione delle lettere credenziali. Sua Maestà si dimostrò sommamente commossa dalla nuova prova di amicizia e di simpatia data dall'Italia alla Serbia con l'immediato riconoscimento del titolo reale. Mi pregò di essere presso il Governo del Re l'interprete dei suoi ringraziamenti per le felicitazioni che ero stato incaricato di esprimergli. Sua Maestà si proponeva di telegrafare direttamente i medesimi ringraziamenti al Re nostro augusto sovrano.

Ebbi l'onore nel medesimo incontro di presentare l'omaggio delle mie felicitazioni a Sua Maestà la Regina.

Domani questo ministro di Rumenia sarà ricevuto in udienza solenne egli pure per riconoscere e felicitare il nuovo Re. Gli altri miei colleghi attendono tuttora l'autorizzazione dei loro governi per compiere l'atto del riconoscimento del regno di Serbia.

ALLEGATO

TOSI A PIROTCHANAZ

L. Belgrado, 7 marzo 1882.

Je me suis empressé de communiquer à mon gouvernement le contenu de la lettre que V. E. a bien voulu m'adresser, en date d'hier, pour m'informer que, en vertu d'une loi votée le méme jour par l'assemblée nationale, la Serbie avait été proclamée royaume, et que S. A. le prince Milan Obrénovitch IV avait pris le titre de Roi de Serbie sous le nom de Milan I.

J'ai à mon tour la satisfaction de pouvoir porter à votre connaissance M. le ministre, que le gouvernement du Roi mon auguste souverain heureux d'avoir une occasion de témoigner de ses sympathies envers un pays auque>l .l'Italie est rattachée par des liens d'une ancienne et sincère amitié, et dont elle a contribué à établir l'indépendance, a pris acte de la communication qui lui a été adressée par mon entremise, en reconna.issant aussitòt à la Serbie et à son souverain le tttre royaL

(l) -Cfr. n. 62.3. (2) -Cfr. n. 62.3. nota l. (3) -T. 307 del 6 marzo, non pubblicato.
629

IL MINISTRO A BELGRADO, TOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 26. Belgrado, 7 marzo 1882 (per. il 17).

Nell'udienza d'oggi, il Re di Serbia dopo avere risposto alle felicitazioni che era stato incaricato di esprimergli, mi invitò gentilmente a prendere posto accanto alla Regina, e ponendo fine in certo modo al ricevimento ufficiale, si compiacque di trattenersi per qualche tempo in conversazione famigliare.

Mi narrò come stamane la lettera (l) che, a norma delle istruzioni datemi per telegrafo da V. E. (2), avevo diretta a questo ministro degli affari esteri per dichiarare che l'Italia riconosceva alla Serbia ed al suo Sovrano il titolo reale, era stata ricapitata a S. E. il signor Pirotchanaz, e da quest'ultimo comunicata al Re, nel momento in cui Sua Maestà congedava i membri della Skoupcina, i quali erano stati ammessi a presentarle le loro felicitazioni. Sua Maestà aveva appunto annunziato agli astanti che il nuovo regno era già stato riconosciuto dagli imperatori di Germania e d'Austria-Ungheria. Egli chiamò di nuovo attorno a sè i rappresentanti della nazione e partecipò loro il riconoscimento dell'Italia. I deputati acclamarono tale notizia, prorompendo a tre riprese nel grido di «Viva il Re d'Italia».

Il Re prese argomento da siffatto incidente, per rinnovare l'assicurazione che i sentimenti i quali si manifestano in Italia per questo popolo, son ben

44 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

corrisposti dalla Serbia. Il Principe come il popolo, diceva egli, intendono di contribuire per quanto dipende da essi al mantenimento della pace, sono contrari a tutto ciò che può turbare la tranquillità generale, e il regno di Serbia è e sarà incontestabilmente per l'Europa un elemento di pace. Sua Maestà esprimeva il convincimento che una siffatta politica incontrerebbe il plauso e le simpatie dell'Italia e del suo Governo. Non mancavano in Serbia come in ogni altro Stato, le voci discordanti. Ma il Re da parte sua era risoluto di attenersi strettamente al programma così accennato, e di adoperarsi perché fosse scrupolosamente osservato. La Serbia non era ancora giunta a quel grado di educazione politica che permette ad un Sovrano di abbandonare intieramente nelle mani di altri la condotta della cosa pubblica, specialmente in fatto di politica estera. Sua Maestà sapeva di potere a tale riguardo fare assegnamento sul buon senso e sull'affetto del suo popolo, ed era convinta di agire per il bene del suo paese, che gli starà a cuore più di ogni altra cosa.

Non ho mancato, nel corso della conversazione di manifestare da parte mia la convinzione che, al pari e forse più di ogni altro Governo, quello del Re seguirebbe con simpatia ed interesse lo svolgimento di un programma pacifico, improntato di tanta saviezza, come quello che il principe di Serbia aveva iniziato e che ora il nuovo regno faceva suo. Nulla potrebbe infatti meglio corrispondere ai voti ed all'aspettazione delle potenze firmatarie del trattato di Berlino.

Nel mentre mi fo un dovere di riferire confidenzialmente a V. E. questa conversazione...

(l) -Cfr. n. 628, allegato. (2) -Cfr. n. 623.
630

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA (l)

T. 174. Roma, 8 marzo 1882, ore 12.

Veuillez remercier lord Granville. Sa note concernant Assab (2) me parait maintenant tout-à-fait satisfaisante. Priez-le de charger Dufferin et Malet de faire connaitre à Constantinople et au Caire l'accord intervenu entre les Gouvernements anglais et italien, *et d'insister énergiquement pour une réponse claire et définitive, avec espoir qu'elle sera favorable. *

631

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 324. Vienna, 8 marzo 1882, ore 16,50 (per. ore 18,15).

Tous les journaux de Vienne et les officieux de la province avaient hier un entrefilet identique, évidemment un communiqué du Presse bureau, qui disait que

jusqu'à présent il n'a été prise aucune disposition à l'égard de visite que Leurs Majestés rendraient à la cour d'Italie, mais que si elles se dècidaient à ce voyage ce serait pour la fin d'avril, et Turin serait le lieu de l'entrevue. Il me semblerait trés indiqué en présence d'une information aussi précise, que de notre còté d une manière également officieuse, on déclarat que jusqu'à present on a lieu de croire, qu'il n'a pas été question de cette entrevue; mais qu'en tout cas elle n'aurait pas lieu à Turin, un séjour de Leurs Majestés dans cette ville n'étant point dans leurs projets de cette année. Je crois indispensable montrer ainsi carrément à l'avance que l'idée peu patriotique mise en avant par le syndic de Turin, et naturellement accuellie avec empressement .ici, ne serait pas acceptée par notre Auguste Souverain, il n'y a certes pas illusions à se faire sur Rome, car l'Empereur ne consentirait jamais à y venir, et n'irait pas non plus à Naples. Il serait du reste par trop de raisons impossible de le lui proposer; mais on pourrait le jour où le désir de la visite sera exprimé ici, mettre en avant Florence et en faire question sine qua non, quitte à se passer de la contrevisite si on ne voulait pas la faire d'une manière convenable. En tout cas, je crois indispensable qu'on s'arrete sans retard à une idée quelconque à ce sujet, si non nous serons pris à l'improviste te nous nous trouverons encore une fois engagés d'une manière peu digne pour la Couronne.

(l) -Ed. in italiano, ad eccezione del brano tra asterischi, in LV 34, p. 181. (2) -Cfr. n. 626.
632

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

T. 326/931. Londra, 8 marzo 1882, ore 18,16 (per. ore 20,20).

Aujourd'hui j'ai au nom de V. E. remercié Granville pour sa dernière lettre relative à Assab (2) qui a eu l'entier assentiment de V.E. (3). Je l'ai prié de charger Dufferin et Malet de faire connaitre l'accord à Constantinople et au Caire, et d'agir avec énergie afin d'y obtenir une réponse definitive et prompte au sujet de la convention. Granville m'a promis tous ses bons offices dans ce sens, mais il m'a dit que les choses « allaient pas aussi promptement qu'il le désirait ). Dufferin informe que la Sublime Porte prétend que l'Egypte s'oppose à la conveption tandis qu'au Caire on assure que la Sublime Porte n'en veut pas. J'ai dit à Granville que nous espérions que l'Angleterre ne se laisserait pas arreter par ce jeu, qu'elle insisterait énergiquement et qu'ainsi nous serions surs d'arriver à une solution d'autant plus que la Sublime Porte et l'Egypte ont intéret à etre bien avec nous. A propos de l'Egypte Granville m'a dit que les choses n'allaient pas bien que l'équilibre financier était ébranlé par suite de nouvelles dépenses militaires. Il paraissait un peu inquiet à ce sujet.

(-2) Cfr. n. 626.
(l) -Ed. !n italiano, con alcune varianti, In LV 34, p. 181 e in L'Italia tn A/rtca, vol. clt. pp. 228-229. (3) -Cfr. n. 630.
633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 179. Roma, 8 marzo 1882, ore 23,45.

Nous avons lieu d'etre étonnés de ne plus entendre parler de l'enquete à

Beilul. Après qu'on a malheureusement déjà assez fait pour la rendre, cette fois encore, à peu-près dérisoire, nous avons, ce me semble, au moins le droit d'exiger qu'on exécute sans délai la promesse formelle qu'on nous a faite.

Notre sympathie et nos efforts pour aider la marche regulière du gouvernement en Egypte sont, soit dans cette affaire soit dans celle de la convention pour Assab, bien mal payès de retour. Ayez avec le ministre des affaires étrangères un langage ferme et exprimant notre légitime mécontentement. Un a viso vient bientòt remplacer à Alexandrie «l'Affondatore» qui rentre en Italie. Nous le mettons à la disposition du gouvernement égyptien pour transporter à Beilul le commissaire vice-royal avec le nòtre.

634

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1618. Vienna, 8 marzo 1882 (per. l'11).

Il Conte Kalnoky tennemi jeri parola del dispaccio diretto a Parigi e Londra dagli altri quattro Gabinetti in risposta a quello identico del 12 febbraio, ed a questo proposito dicevami che il Gabinetto di Berlino avendo in quel suo documento accennato alla eventualità di una conferenza, il Governo francese se n'era inquietato e senza ritardo aveva fatto dichiarare a mezzo del suo Ambasciatore a Berlino, che non aveva mai inteso avanzare una proposta in tal senso.

Ignoro se S. E. abbia avuto conoscenza del testo del dispaccio diretto dall'E. V. al R. Incaricato d'affari a Parigi; credetti però non fosse il caso ch'io facessi cenno del tenore tanto più che non mi s'interpellava in maniera alcuna in proposito; e che la maniera incidentale ed anche poco riguardosa colla quale il R. Governo aveva avuto conoscenza dal Conte Wimpffen dell'analogo documento emanato dalla Cancelleria austriaca, non sembravami fosse di natura a consigliarci di procedere dal canto nostro con maggiore deferenza verso il Gabinetto di Vienna.

Il Conte Kalnoky ragionando poi ancora meco in termini generali sullo scambio di dichiarazioni a cui ebbe a dare luogo fin ad ora la questione egiziana fecemi anche cenno del fatto, che le quattro potenze avevano indicato colla

denominazione di «Suzeraineté » il vincolo che lega l'Egitto alla Sublime Porta mentre invece avrebbesi dovuto impiegare quello di «Souveraineté » ed anzi aggiungevami di avere autorizzato il Barone Calice a dichiarare esplicitamente che quello scambio di denominazione era unicamente il risultato di un involontario errore.

(l) Ed. in L'Italia in Africa, vol. clt., p. 229.

635

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 183. Roma, 9 marzo 1882, ore 17.

Nous tacherons que des journaux de Turin, prennent l'initiative d'annoncer que la visite impériale n'est pas annoncée et qu'en tout cas elle n'aura pas lieu à Turin. Nous sommes très sensibles à la préoccupation que semblent indiquer les communiqués officieux de la restitution par Leurs Majestés Impériales de la visite de nos Souverains. Naturellement toute marque d'empressement ne peut qu'étre accueillie avec reconnaissance en Italie; mais on ne saurait méconnaitre que S. M. l'Empereur ayant spontanèment désigné au lieu d'une ville secondaire, qui nous semblait préférable, la capitale méme pour la visite royale, il serait plus convenable de notre part du moment où la venue de Leus Majestés Impériales à Rome présenterait des difficultés de nous abstenir de toute sollicitation qui puisse le moins du monde engager la haute courtoisie de l'Empereur, soit quant au temps, soit quant au lieu de la visite. Veuillez à l'occasion vous exprimer dans ce sens, en montrant que nous nous en rapportons aux sentiments chevaleresques de l'Empereur.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1349. Roma, 10 marzo 1882.

Da Assab e da Aden ricevo delle singolari notizie su quel che accade nello stabilimento francese di Obock. Alla modesta Compagnia che vi si era impiantata, ve n'è subentrata un'altra con due milioni di capitale e due vapori che faranno i trasporti fra Obock ed altri porti del golfo di Aden, e si parla anche d'una terza compagnia più potente con 20 milioni. Il personale intanto di quella già costituita arrivò in Obock con un carico di fucili a retrocarica e di munizioni. Tutto ciò venne portato prima in Aden, trasbordato sotto gli occhi delle autorità inglesi che non dissero verbo e sbarcato felicemente a Obock, d'onde senza opposizione, anzi con l'aiuto di Abubeker pascià e di altre autorità egiziane, partirà per lo Scioa. Ad Aden pure il viaggiatore francese Soleillet, giunto anch'egli a Obock, ingaggiò a paghe altissime diversi servi

abissini, alcuni dei quali avevano fatto parte della Carovana Cecchi ed Ant::>nelli. Havvi anche di più. Riferisce il R. Commissario in Assab che un tale che si dà il titolo di Commissario governativo in Obock, certo signor Revoil, giunse in Aden ove dice di aspettare nuovi ordini per recarsi al suo posto.

Noi non intendiamo denunciare questi fatti, ma ci par lecito domandare come mai mentre le autorità inglesi ed egiziane si mostrano tanto restie e diffidenti verso di noi, sono poi così arrendevoli verso i francesi; e potremmo logicamente dedurre che nulla ci vieta di fare in Assab quello che i francesi fanno in Obock.

Questi fatti almeno potranno servire a V. E. per dimostrare quanto sia regolare ed amichevole il nostro modo di procedere neUa vertenza per Assab. Ne ho anche fatto cenno al Comm. De Martino (l) per uno scopo identico.

637

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

APPUNTO. Roma, 10 marzo 1882, sera.

S. E. Keudell mi fece leggere un rapporto riservatissimo dell'Ambasciatore di Germania a Parigi dal quale risulterebbero certi sospetti sul contegno del Governo italiano, il quale da due o tre settimane darebbe motivo di supporre che pressioni russe e francesi tenderebbero nuovamente ad allontanare l'Italia dalla Germania e dall'Austria.

638

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 12 marzo 1882.

Je vous suis particulièrement obligé pour votre lettre du 4 de ce mais (3). Camme ici on emboite le pas avec Vienne notamment dans la question d'Egypte, on m'a aussi laissé dans le clair obscur sur la dernière réponse à la Note Anglo-Française. Pour ne pas avoir l'air d'etre trop distancés, nous avons dù antidater au 27 mars (4) notre réponse dont on vous aura donné connaissance par un télégramme dans la nuit du 1•r au 2 Mars (5).

Pour érection de la Principauté de Serbie en Royaume, il m'avait été dit d'ici qu'on avait les meilleures dispositions, mais qu'on s'en remettait entièrement à l'Autriche sur les modalités à suivre pour procéder à la reconnaissance après notification officielle, du nouveau titre. C'est ce que j'avais télégraphié à Rome (l) en conseillant de nous piacer sur la meme ligne. Dans la nuit du 6 au 7 un télégramme de Mancini (2) annonçait dans quels termes le Chevalier Tosi avait l'ordre de répondre à la communication du Ministre des Affaires Etrangères Serbe, réponse par laquelle nous reconnaissions immédiatement le fait accompli. Je pense qu'à Rome on ne s'est pas rendu compte que la notification, selon tous les usages, devait etre faite de Souverain à Souverain par lettre de Cabinet contresignée par le Ministre compétent, et qu'on a cru que l'avis donné par ce dernier à notre représentant à Belgrade était suffisant. Et nous avons passé outre. Cela me semble peu régulier. Je n'ai pu m'empecher de le laisser entendre dans ma correspondance officielle. Nous mettons trop de précipitation dans les affaires qui exigeraient plus de mesure, et trop de lenteur dans celles d'un caractère plus urgent, comme par exemple dans les pourparlers entamés pour un rapprochement plus intime avec Vienne et Berlin.

L'incident que votre rapport sur votre entretien du 19 février avec Kàlnoky (3), ait pu s'égarer durant plusieurs jours dans les bureaux de la Consulta, est fort peu édifiant. Le 7 mars j'ai cru devoir télégraphier à Blanc (4) pour lui demander le motif de l'interruption de ces pourparlers. Il m'a répondu dans la nuit du 8 au 9 (5), que la maladie de M. Mancini et Depretis avait retardé les propositions qui seraient probablement formulées le lendemain et in1médiatement télégraphiées à vous et à moi. Rien ne m'est encore parvenu. Je suis très curieux de savoir en quoi consisteront ces propositions. Je ne vous ai pas communiqué les miennes. Je supposais que vous aviez reçu copie de ma correspondance. Vous les trouverez ci-jointes (6). Je doute fort qu'elles seraient acceptées à Rome. J'en doute davantage pour ce qui concerne Vienne surtout. Je voulais plutòt suggérer comment et sous quelle forme, qui au reste pourrait etre modifiée on pourrait arriver à tourner cette question de neutralité qui ne me plait guère. Ma formule, sans nommer cette neutralité qui ne me plait guère. Ma formule, sans nommer cette neutralité, ne rexclut pas dans le fond, mais laisse la porte ouverte à une entente ultérieure. Selon vos impressions Kàlnoky est mal disposé à notre endroit. Ainsi il n'y a pas grand espoir à fonder sur des négociations allant au dehors d'un minimum. Ici le Prince de Bismarck se dit très satisfait de notre attitude, mais on me rapporte qu'il émet l'avis que le moment n'est pas encore venu pour stipuler une alliance proprement dite du moins entre l'Allemagne et l'Italie, mais il verra de très bon oeil tout ce qui serait concerté entre l'Italie et l'Autriche.

Si cependant les deux Empires avaient plus de confiance en nous, le moment serait assez indiqué pour lier partie. On est ici très ému de ce qui se passe en Russie. Jusqu'à présent on s'est borné au rappel du Génér'il Skobelew, ce qui indique assez que l'Empereur Alexandre n'a pas le courage ou les moyens de le désavouer plus sévèrement. D'ailleurs le Général Igniatew ne branle pas au manche. Or tant qu'il restera au Ministère, la confiance ne renaitra pas. En attendant le parti panslaviste continue à s'agiter, des comités fuurnissent des volontaires, armes et munitions aux révoltés dans les provinces avoisinantes l'Autriche. Le Russie officielle dégage sa responsabilité, mais laisse faire. Heureusement que les troupes autrichiennes dans ces derniers jours ont eu des succès notables, mais parviendront-elles à dompter complètement l'insurrection fomentée du dehors? Le fait est que la Russie peut créer de tels embarras à l'Autriche dans la Péninsule des Balkans, qu'un beau jour elle se trouverait dans la nécessité pour se défendre d'attaquer la Russie. Dans ce cas l'Allemagne mobiliserait probablement les corps d'observation vers la frontière de la Russie, sauf à sortir de la neutralité armée si la Russie menaçait l'existence de !"Empire des Habsbourg. En outre si le Ministère actuel en France se montre très correct, on sait ici que M. de Freycinet conserve ses anciens rapports d'amitié intime avec M. Gambetta qui n'attend que le moment favorable pour lever le masque et entrainer la France à faire irruption, de concert avec la Russie, en Allemagne. Méme en faisant la part de certaines exagérations dans ce jugement qui a court ici, il n'est pas moins vrai que la situation est assez précaire en Europe, et que nous devrions étres les bien-venus dans nos offres de coopération au maintien de la paix générale. Mais le sentiment de défiance est attaché à notre corps camme une tunique de Nessus. Nous puons trop la démocratie. Notre loi électorale nous fera faire un pas de plus dans ces doctrines, et maintenant on est en train de désarmer le Gouvernement en attribuant aux communes le droit d'élire les maires. Entre les coups de la démocratie et du clergé, et avec une France ennemie à nos portes, nous risquons fort d'étre écrasés. Mais c'est un motif de plus dans l'intérét de notre Monarchie et du Pays, de nous préserver au moins autant que possible, si non du premier danger intérieur, au moins de celui extérieur. Sous ce rapport un accord allant au delà d'une simple neutralité vaudrait indubitablement mieux, mais à défaut de cela il faudrait bien nous contenter d'un minimum. Je n'ai pas pu vérifier quel sera l'itinéraire du Prince A. Radziwill; d'après les journaux il y aurait eu ordre et contre ordre. Au reste s'il allait à Rome il ne serait certes pas muni d'instructions du Prince de Bismarck qui ne le range point parmi ses amis politiques. Mais l'Empereur aurait pu le charger de s'assurer des dispositions personnelles du Pape, car les négociations entre M. Schlozer et le Cardinal Jacobini, n'avancent guère.

Je vous remercie de m'envoyer la lettre de Tosi, et de donner cours aux miennes. En voici encore une pour lui que je vous prierais de transmettre par le service de la Cassette.

(l) -D. 460 dell'8 marzo, non pubblicato. (2) -Da Museo Centra-le del Risorgimento, carte Mancini. (3) -Non rinvenuta. (4) -Sic, evidentemente per février. (5) -T. 157 del 1o marzo, non pubblicato. (l) -Cfr. n. 622. (2) -T. 168 del 6 marzo, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 578. (4) -Cfr. n. 697. (5) -Cfr. n. 627, nota 6. (6) -Non si pubblica l'allegato, ma cfr. n. 596.
639

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1624. Vienna, 14 marzo 1882 (per. il 17).

Certamente non si potrebbe dire che i discorsi pronunciati dal Generale Skobeleff e gli apprezzamenti a cui essi diedero luogo nella stampa di tutti i paesi ed essenzialmente di quelli più direttamente interessati, non abbiano reso assai difficili le relazioni fra l'Austria-Ungheria e la Russia lasciando anche poco dubbio intorno all'eventualità più o meno lontana a seconda dell'andamento generale delle cose in Europa, di un conflitto fra i due Imperi. L'opinione pubblica qui ne è infatti grandemente impressionata ed il Governo ne è esso pure seriamente impensierito benché eviti in tutti i modi di dare espressione alle sue apprensioni. Preparativi militari in vista di una guerra contro la Russia non se ne fanno oltre quelli che si mantengono entro i limiti degli studii, e della preparazione sulla carta di tutte quelle disposizioni occorrenti in un momento dato. Ciò parmi necessario constatare risultandomi che il Governo inglese credeva in questi giorni avere dati sufficienti per giudicare si facessero qui effettivi preparativi militari in vista di una prossima guerra contro la Russia.

Il Conte Kalnoky dal canto suo non lascia sfuggire occasione per togliere importanza qualsiasi all'incidente Skobeleff mostrando di considerarlo siccome un fatto isolato e senza conseguenza per le relazioni fra i due Stati; ed accentuando sempre la sua piena fiducia negli amichevoli e pacifici intendimenti dell'Imperatore Alessandro. La Corte Imperiale austriaca del pari nulla tralascia onde dimostrare che i legami che sempre unirono le due Dinastie non sono per niente affievoliti. Il prossimo passaggio da Vienna di S. A. I. il Granduca Wladimiro colla Granduchessa Sua Consorte per recarsi a Palermo, fu anzi colto con premura come propizia occasione di dare espressione a quegli intendimenti. Le Loro Altezze Imperiali furono invitate a prendere alloggio nella Hofburg durante il loro breve soggiorno in questa Capitale, sebbene ciò non si usi fare quando non si tratta di una visita propriamente detta ma sultanto di un occasionale passaggio. I vagoni Imperiali furono del pari mandati al Confine Russo per prendervi gli Augusti Viaggiatori, e resteranno a loro disposizione fino, a quanto mi si disse, al porto Italiano dove prenderanno imbarco per la Sicilia. Tali cortesi offerte furono tutte accettate.

Stando dunque alle apparenze le relazioni fra i due Governi sarebbero non solo regolari ma anche cordiali; ma considerando le cose quali veramente sono non si può a meno di constatare che l'avvenire si presenta assai buio in quella direzione. Il giornalismo in Austria ed in Ungheria eccita ogni giorno maggiormente l'opinione pubblica contro la Russia; non deve quindi fare meraviglia se quelle provocazioni trovano un'eco al di là della frontiera, e se così verrà il giorno in cui la saviezza dei rispettivi Governi non varrà più a impedire quei fatti che renderanno inevitabile un cozzo fra i due Stati che duolmi dire qualunque ne sia l'esito non sarà favorevole al progresso della civiltà in Europa.

640

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 14 marzo 1882.

Votre télégramme de hier Cl) me donne la clef d'une situation qui était vra~ment inexplicable pour mai. Malheureusement l'enigme continuera à subsister pour le comte Kalnoky, qui croira en trouver le mot dans les pourparlers que les journaux disent engagés entre la France et nous, pour arriver à un modus vivendi par rapport à la question Tunisienne.

Pour mon compte je n'ai jamais désiré une alliance avec l'Autriche engagée camme nous nous y sommes pris. Il fallait faire en sorte qu'on nous recherche, mais nous n'avons pas eu la patience nécessaire, et en nous présentant en mendiants on nous offre un morceau de pain sec et voilà tout. Néanmoins puisque nous nous sommes résignés à cette situation il faut soutenir notre ròle jusqu'au bout, reculer ne nous est plus possible, et je ne vous cacherai pas que ce que nous faisons maintenant est pis que de reculer. Je dirai tout bonnement à Kalnoky que M. Mancini est encore dans un état de santé qui ne lui permet pas de s'occuper; si les informations qu'il reçoit de Wimpfen lui confirment ce fait, il me croira, sinon il se confirmera dans l'opinion que nous jouons double jeu, et il nous tiendra la dragée bien autrement haute encore le jour où nous reprendrons les négociations.

Le télégramme de M. Mancini (2) par rapport à la contrevisite de l'EmIJereur, éclaircit la situation car il dit clairement que de notre còté nous accepterons tout ce qu'on voudra, et ceci posé il est plus que probable que la visite se fera à Turin. Je n'ai plus rien à dire à ce sujet, ma responsabilité est désormais dégagée, je me tiendrai strictement aux instructions qui m'ont été données. Je vous remercie vivement pour vos télégrammes qui me sont toujours de véritables rayons de Iumière, continuez !es moi donc je vous prie.

641

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 358. Vienna, 15 marzo 1882, ore 16,16 (per. ore 18,25).

Pour expliquer notre retard à continuer les négociations avec le Cabinet de Vienne, j'ai cru devoir dire à Kalnoky que V. E. n'étant pas encore entièrement rétablie en santé n'avait pas pu jusqu'ici préparer !es propositions qu'elle se proposait m'envoyer selon ce que je lui avais déjà annoncé. Il m'a répondu qu'en effet bien du temps s'est passé depuis notre derniére conversation (3)

et que tant l'Empereur que l'ambassadeur d'Allemagne lui avaient déjà plus d'une fois demandé si aucune réplique de notre part n'était venue depuis lors. Je ne peux dissimuler à V. E. que notre silence aussi prolongé, nous crée une position qui s'aggrave de jour en jour, car j'ai la conviction qu'on croit ici qu'il est conséquence de notre part de l'attente d'événements qui modifient la situation. Si le Gouvernement du Roi ne croit pas accepter le projet de la neutralité mis en avant par Kalnoky, qui en effet nous conviendrait bien peu, faisons de notre còté une autre proposition qui sans etre trop éxigeante soit cependant acceptable par ie Cabinet de Vienne, et si il n'y avait puis pas moyen de trouver une formule d'accord équitable nous serions parfaitement en dro i t de suspendre les négociations; laissant la porte ouverte aux deux parties de les reprendre quand elles le jugeront, mais ne tardons pas davantage à faire nos contre-propositions, car notre abstention actuelle ne fait que raviver la défiance à notre égard qui existe encore toujours, et rendra peut-etre impossible un rapprochement plus tard.

(l) -Non rinvenuto. (2) -Cfr. n. 635. (3) -Cfr. n. 578.
642

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 367. Vienna, 16 marzo 1882, ore 16,03 (per. ore 19).

Je prie V. E. me faire connaitre jusqu'à quel point elle a entretenu Wimpffen du contenu de la dépeche qu'elle m'a expédié (l) car évidemment si le comte Kalnoky est déjà au courant de tout ce que j'ai à lui dire avant que je m'acquitte de ma commission, toute réticence que les circonstances pourraient m'indiquer serait non seulement inutile mais dangereuse; je trouverais d'ailleurs mon interlocuteur préparé à la risposte et il ne me restera qu'à répéter ce que je suis chargé de dire et à recueillir ses réponses: si au contraire V. E. n'a touché que quelques points avec Wimpffen sur ce qui n'est pas encore à connaissance de Kalnoky. je pourrai au moins me régler pour l'ordre dans lequel j'exposerai les idées de V. E. d'après mes appréciations et selon les circonstances du moment (2).

643

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 17 marzo 1882.

Dopoché, con ritardo di cui le fu spiegata la fortuita cagione, mi fu pervenuto il Rapporto 20 febbraio (3) con cui V. E. mi riferiva particolareggia

<3l Cfr. n. 578.

Lamente il Suo colloquio del giorno innanzi col Conte Kalnoky, ed ebbi di poi ricevuto, non prima del 5 marzo, il rapporto del 28 febbraio (1), contenente maggiori informazioni circa lo stesso soggetto, non potei, impedito da sopraggiuntami malattia, occuparmi del grave argomento con quella sollecitudine che era nel mio desiderio. Però, appena ne fui in grado, impresi tosto accuratamente ad esaminare le osservazioni e le proposte contenute nei rapporti di Lei, raffrontandole, sia con quel che già in precedenza mi era stato riferito dall'E. V., sia con le avvertenze che circa lo stesso soggetto eranmi pervenute dal R. Ambasciatore in Berlino. V. E. conosce ed apprezza il nostro fermo proposito, non mai taciuto a Vienna, anzi costì espressamente gradito, che il presente negoziato confidenziale proceda in guisa da riuscire, quando sia maturo a conclusione, perfetto l'accordo nostro non solo col Gabinetto austro-ungarico, ma altresì col Gabinetto germanico.

I concetti di codesto Signor Ministro degli Affari Esteri possono essere così riassunti. Il Conte Kalnoky ammette la opportunità di fissare, mediante un atto segreto, la solidarietà d'interessi pacifici che esiste tra i due Stati; ammette altresì che a questo risultamento si giunga senza soverchio indugio; escluderebbe, però, che l'impegno debba implicare una garantia assoluta dei rispettivi territorìi; preferirebbe invece una garantia re:::iproca di neutralità; non sarebbe alieno dal raggruppare attorno a questo altri accordi quale sarebbe la mutua promessa di voler procedere di conserva in certe quistioni, sia di interesse comune, sia di interesse particolare per l'una o per l'altra potenza, ma suscettibili di fornire materia a compenso di vicendevole concorso. Sarebbe, infine, ammesso il principio che l'accordo abbia durata limitata, con facoltà di proroga mutuamente consentita.

Da questo succinto sommario delle idee messe innanzi dal Conte Kalnoky nel colloquio del 19 febbraio, si raccoglie come in sostanza egli escluda la garantia territoriale; proponga, invece, la garantia di neutralità; ammetta, in ultimo, come tema di studio, la ricerca di accordi accessorii che aggiungano valore pratico al patto, e ne raffermino l'efficacia.

Di fronte alla manifestazione, che per tal modo da noi si ebbe, del pensiero del Conte Kalnoky, una prima osservazione sorge ovvia e spontanea. Il Conte Kalnoky ripudia il concetto di una garantia territoriale; ma a noi era sembrato, per verità, che, col metterlo innanzi, da noi si porgesse prova non dubbia di volere, nei nostri rapporti con l'Austria-Ungheria, la solenne sanzione di quello statu qua dei rispettivi territorii che da codesto Gabinetto e dal Gabinetto di Berlino erasi costantemente additato come base fondamentale di una politica concorde. Nè sarebbe, d'altronde, malagevole dimostrare che un patto di garantia territoriale sostanzialmente gioverebbe all'AustriaUngheria e alla Germania assai più che non all'Italia, per la quale la incolumità dello Stato e l'integrità del suo territorio sono per la specialità delle nostre condizioni politiche, termini intrinsecamente equipollenti.

Ciò malgrado, noi non vorremo insistere su questo punto dal momento che V. E. crede assoluta la ripugnanza del Conte Kalnoky a questo riguardo. Bensì ci preme di mettere in sodo che, se pure non si assume la garanzia

dei rispettivi territorii, la quale implicherebbe l'obbligo di una difesa armata manu in qualunque ipotesi di combinazioni politiche, e qualunque sia l'obiettivo delle minacce, le parti contraenti non si negano, anzi reciprocamente dichiarano, il riconoscimento del presente stato territoriale.

Eliminata la garanzia territoriale, il Conte Kalnoky mette innanzi un patto di neutralità obbligatoria in tutti i casi nei quali l'altra parte o le altre parti contraenti siano in conflitto con terza potenza. Noi non esitiamo ad affermare che un simile patto, quando fosse unico intento essenziale. dell'accordo, ci parrebbe affatto inaccettabile. Ne sono evidenti le ragioni; nè a V. E., fin dal primo momento, sono sfuggite.

Un patto di mera neutralità, utile ai due Imperi, che acquisterebbero così la piena e sicura disponibilità di tutte le loro forze contro quel nemico esterno da cui o l'uno, o l'altro, o entrambi fossero minacciati, non avrebbe per l'Italia un valore pratico ed apprezzabile. Anche ammessa l'ipotesi di una aggressione da parte della Francia (ipotesi che noi ci applicheremo a rendere, in quanto da noi dipende, improbabile, mercé il proposito di serbare verso quella Potenza un contegno corretto ed escludente ogni pretesto), nessuno vorrà presumere che quella paia all'Austria-Ungheria o alla Germania occasione propizia per una coalizione contro l'Italia, che condurrebbe a rinvigorire, sia militarmente, sia politicamente, in Europa, la posizione di una naturale avversaria, e sarebbe per essa come un volontario ritorno al più tormentoso e funesto ciclo storico di cui si abbia ricordanza.

Un patto di neutralità avrebbe inoltre, per le speciali condizioni in cui gli avvenimenti anteriori collocarono l'Italia, quasi il significato e l'apparenza di una nostra riluttanza a correre i rischi d'ogni guerra; e sarebbe grave, irreparabile danno morale per una Potenza non ancora circondata da quella aureola di gloria militare per cui può essere immune la dignità nazionale malgrado il dichiarato e fermo proponimento di volere, checché accada, rimanersi in quiete.

Anche senza ricorrere agli insegnamenti della storia circa i pericoli della neutralità forzata, è evidente che le particolari circostanze in cui l'Italia è costituita, mentre rendono ancor più grave l'alea cui soggiacerebbe se fin da ora e in anticipazione abdicasse a qualunque sua eventuale libertà di azione, le additano, invece, come assai più conveniente e conforme ai suoi interessi, una politica che le permetta di deliberare e di operare a seconda delle speciali condizioni e cause del conflitto.

Soprattutto, poi, importa per chi ha la responsabilità di risoluzioni implicanti le più essenziali conseguenze per l'avvenire del paese, che si tenga conto scrupoloso dello stato dello spirito pubblico nel paese stesso. In Italia, di fronte a controversie, come quella di Tunisi ed altre che nel loro stadio attuale si risolvono in una mera competizione di influenza prevalente, punto non si invoca, né si desidera l'aiuto di alcuna estera potenza. L'istinto popolare, tra noi, si svolge a quella contingenza cui già più innanzi fu accennato, e che, in quanto possa dipendere dagli intendimenti nostri, dichiarammo di voler tener lontana e quasi esclusa da ogni ragionevole previsione: alla contingenza cioè di una aggressione da parte della Francia. In questa eventualità, sentimento comune è che anche la Germania e l'Austria-Ungheria, non potendo rimanere indifferenti ad un eventuale successo delle armi frances1, e allo smisurato incremento che ne deriverebbe per l'influenza francese in Europa, sarebbero tratte dal loro stesso evidente interesse, e anche senza che esista, da parte loro, impegno convenzionale, ad accorrere a mutua difesa con l'Italia. Che anzi, per essere schietti, se si desidera in Italia l'alleanza austro-germanica, ciò accade sostanzialmente perché in tal guisa provvedesi a quell'unico scopo di eventuale tutela in comune, eliminandosi nel più sicuro modo, e per sempre, il temuto pericolo.

Un'ultima considerazione è da aggiungersi in questo ordine di idee. Anche indipendentemente da dichiarazioni di manifesta sincerità ed efficacia, è chiaro che la Germania e l'Austria-Ungheria, sia con lo stringersi in mutua alleanza, sia col ricercare un patto anche con noi, si propongono, non già uno scopo di aggressione, sibbene l'intento di assicurare la pace in Europa. Ora chi è che non vede come questo benefico ed altamente legittimo intento, assai meglio che con un patto di reciproca neutralità, si raggiunga con un patto di mutua difesa, mercé il quale ogni contingenza di aggressione o di conflitto sarebbe definitivamente allontanata? Il semplice patto di neutralità è, adunque, agli occhi nostri insufficiente, ed appunto perché insufficiente, infesto alla nostra dignità e pieno di pericoli. L'Italia (questo è il nostro sostanziale pensiero), non si contenta di non ammettere che possa mai accaderle, in qualunque guerra sia per combattersi in Europa, di trovarsi schierata tra i nemici della Germania e dell'Austria-Ungheria, con le quali ha ormai contratto l'impegno morale di salda e incrollabile amicizia; ma, pur non potendo, per le ragioni qui sopra svolte, accettare un patto di mera neutralità, è disposta a porgere un pegno più solenne del suo sistema politico, frutto di meditato convincimento circa i vitali interessi del paese. Noi non accettiamo il patto di neutralità per la contingenza di una guerra qualsiasi in cui o l'una o l'altra delle due Potenze contraenti siano implicate, che sotto la condizione che sia contratto simultaneamente un patto di mutua difesa per lo meno in un caso determinato dalla identità del pericolo, quale sarebbe l'ipotesi di una aggressione da parte della Francia contro qualunque delle tre Parti contraenti.

Tale è, secondoché qui francamente le esposi, il nostro pensiero. Volendosi por mano a tradurlo in atto, due distinti sistemi si presentano, di cui giova brevemente discorrere.

Un primo sistema consisterebbe nello stabilire fin da ora in massima l'obbligo della comune difesa in eventualità fin da ora determinate. Bensì sarebbe riservata ad altre convenzioni speciali, da pattuirsi quando già sia per affacciarsi la contingenza contemplata dal presente accordo, la precisa determinazione dei mezzi e delle condizioni del concorso delle forze rispettive.

Un secondo sistema consisterebbe, invece, nel limitarsi, per ora, ad affermare e promettere che, nella ipotesi in cui fosse per verificarsi la contingenza a cui si riferisce il presente accordo, si conchiuderanno quelle speciali convenzioni per la fissazione dei modi e delle condizioni della cooperazione reciproca per la comune difesa.

Il secondo sistema si tradurrebbe in quello che i giuristi sogliono chiamare pactum de paciscendo, rimanendo unicamente affidata alla mutua lealtà tutta l'efficacia pratica dell'impegno. Il primo sistema, invece, già fin dal primo momento creerebbe in massima l'obbligazione imprescindibile della reciproca tutela, rimanendo solo a definirsi la modalità del concorso, senza che questo possa negarsi in quella misura che si dimostri proporzionata ai mezzi di cui ciascuna Parte contraente dispone. La semplice enunciazione dell'uno e dell'altro sistema basta a far manifesto di quanto il primo superi il secondo per pregio e per importanza. La nostra preferenza, mi affretto a dichiararlo, è per il primo, essendone agli occhi nostri vantaggi singolari e decisivi sia la chiarezza del patto, con la conseguente miglior definizione delle reciproche obbligazioni, sia la più perfetta espressione di quello che è nostro proposito altrettanto maturamente deliberato quanto irremovibilmente adottato e prefisso. Nulla vorremo tralasciare perché quel primo sistema sia il prescelto. Che se gli sforzi nostri non tornassero sufficienti all'ottenimento dell'effetto, avremmo almeno dato prova non dubbia del nostro fermo volere e del saldo convincimento che sono nostra guida; volere e convincimento, che imprimono alla nostra politica una direzione la quale non può subire alterazione per accidentalità di circostanze o sopraggiungere di secondarie contingenze. Mi giova anzi avvertire che, qualora, contro la dichiarata nostra predilezione, prevalesse invece il secondo sistema, noi desidereremmo, quanto meno, che tale formola si adoperasse la quale, se non esplicitamente, implicitamente e quasi per sottinteso, recasse in principio la promessa di reciproco appoggio salvo il libero negoziato circa i modi e le condizioni.

All'infuori di quella che sarebbe la parte primaria e sostanziale dell'accordo, una seconda si aggiungerebbe rispetto alla quale già ci consta non essere dissenso tra i Gabinetti di Roma e di Vienna. Questa seconda parte figurerebbe indifferentemente nell'uno e nell'altro dei due sistemi più addietro accennati, e sancirebbe l'impegno vicendevole di addivenire ad uno scambio di idee fra i tre Gabinetti sia sulle questioni di interesse generale o che interessino la conservazione ed incolumità degli Stati rispettivi, sia su quelle che concernano od interessi comuni, od interessi particolari per cui possa concepirsi la possibilità di proficua compensazione di mutua assistenza. Questa stipulazione accessoria non avrebbe certo, isolatamente, un grande valore, ma costituirebbe, come primo e immediato risultamento, un vincolo morale. di non dubbia efficacia in determinate circostanze, e creerebbe altresì, per effetto della pregnante esplicazione del patto, quasi una consuetudine e tradizione di accordo che certo conferirebbe al prestigio di ciascuna delle tre Potenze partecipanti al patto.

Né è fuori di luogo l'osservare come in pieno e anticipato consentimento tra i due Imperi nelle principali quistioni che si agitano in Europa, faccia sì che questo patto, vincolando in certo modo ad una maggioranza già acquisita la nostra libertà di azione, torni essenzialmente piuttosto a vantaggio della Germania e dell'Austria-Ungheria, anziché dell'Italia.

Le idee che emergono dal tenore del presente dispaccio sono consegnate in due schemi preliminari, che qui acchiudo. V. E. non dovrebbe, a mio avviso, fare di questi due schemi oggetto di ufficiale presentazione, come se fossero opera del R. Governo. L'E.V. dovrà invece dichiarare di avere soltanto ricevuto

637 le minute e precise istruzioni che questo mio dispaccio contiene, ed insistere acciò, comunicate le nostre idee al Conte Kalnoky e con quest'ultimo dibattutele, lo stesso Ministro austro-ungarico si assuma, dato che si chiarisca consenziente, la cura di tradurle in una formala. Qualora il Conte Kalnoky declinasse l'incarico, potrebbe V.E. offrirsi a compilare Ella stessa un progetto preliminare, e, dopo averlo discusso e concordato col Ministro l. e R., trasmetterlo al R. Governo affinché da parte nostra, ottenuta la sicurezza dell'assentimento del Governo germanico, si esamini se per avventura occorra alcuna modificazione di compilazione, o se invece si possa senz'altro accettare.

Rimarrebbe ora a trattarsi della quistione di forma; quale forma cioè sia da darsi all'accordo fra i tre Governi. Dal canto nostro, noi siamo disposti ad ammettere quella forma più efficace e stringente che sembri opportuna a codesto Gabinetto; tantoché, se una convenzione solenne, per quanto segreta, si dovesse firmare, tosto mi affretterei a munire V. E. dei pieni poteri sovrani. Se però fosse meglio gradita costì una forma diversa, noi ci rimettiamo, per questo rispetto, a quanto sarà per prescegliere e decidere il Gabinetto austroungarico.

L'importanza e la delicatezza del soggetto mi dispensano dall'aggiungere raccomandazioni o premure presso l'E.V., la quale d'ogni argomento attinente all'avvenire del Regno ha nozione precisa, e dell'altezza della propria missione ha perfetta coscienza.

Credo poi superfluo avvertire che, per le stesse considerazioni d'importanza e di delicatezza cui testè accennai, il presente negoziato è tenuto gelosamente segreto e al sicuro contro ogni rischio di indiscrezione, essendomi astenuto da farne qui cenno con altri tranne S. M. il Re e il Presidente del Consiglio (l).

ALLEGATO I

SCHEMA N. I

S. M. l'Imperatore di Germania, S. M. l'Imperatore d'Austria-Unghel'ia e S. M. il Re d'Italia,

Proponendosi lo scopo di rendere più intimi e permanenti i rapporti di am1c1Z1a che esistono tra i tre Sovrani e fra i loro Governi, e di facilitare la loro concorde azione politica nell'interesse della difesa comune dei loro Stati, e nell'interesse generale della pace europa,

hanno d'accordo convenuto quanto segue:

Art. I

I Sovrani contraenti per mezzo dei loro Governi procederanno ad un reciproco scambio preliminare d'idee e di comunicazioni per operare di accordo nelle quistioni che si riferiscano alla conservazione ed incolumità dei rispettivi Stati, alla tutela d'interessi comuni ed al mantenimento della pace e della tranquillità generale d'Europa.

Potrà anche uno solo dei tre Governi chiedere l'appoggio degli altri in quistioni che riguardino esclusivamente il proprio 1interesse, assumendo in compenso l'obbligo di reciprocità in quistioni di esclusivo interesse degli altri due Governi.

Art. II

I Sovrani contraenti, con la riserva delle ulteriori stipulazioni da enunciarsi nell'articolo seguente, si impegnano alla comune difesa dei rispettivi Stati nella eventualità di una aggressione che avesse luogo, contro qualunque dei tre Stati, sia da parte della Francia, sia da parte di altra Potenza col concorso militare della Francia.

Fuori di tali ipotesi, ovvero se uno dei tre Stati si trovasse impegnato in una guerra senza la partecipazione delle armi francesi, l'Italia dal suo canto e i due Imperi reciprocamente nei rapporti con l'Italia, s'impegnano ad una neutralità obbligatoria, salvo sempre il concorso facoltativo per la difesa dei propri alleati.

Art. III

Quando sorgano cause perturbatrici della pace Europea, o di minaccia alla conservazione dei rispettivi Stati, le Alte Parti contraenti conchiuderanno accordi speciali per regolare, in conformità degli interessi delle tre Potenze, i modi, le condizioni e la misura della prestazione di uno scambievole ajuto, ed al bisogno del concorso delle loro forze per la comune difesa.

Art. IV

La presente Convenzione avrà effetto obbligatorio per la durata di anni ......, salvo il sùo tacito od espresso prolungamento.

ALLEGATO II

SCHEMA N. 2

s.M. l'Imperatore di Germania, S.M. l'Imperatore d'Austria-Ungheria, e S.M. il Re d'Italia,

Proponendosi lo scopo di rendere più intimi e permanenti i rapporti di amicizia che esistono fra i tre Sovrani e i loro Governi, e di facHitare la loro concorde azione politica nell'interesse della difesa comune dei loro Stati, e nell'interesse generale della pace europea,

hanno d'accordo convenuto quanto segue:

Art. I

I Sovrani contraenti per mezzo dei loro Governi procederanno ad un reciproco scambio preliminare d'idee e di comunicazioni per operare d'accordo nelle quistioni che si riferiscano alla conservazione ed incolumità dei rispettivi Stati, alla tutela d'interessi comuni, ed al mantenimento della pace e alla tranquillità generale di Europa.

Potrà anche un solo dei tre Govern~ chiedere l'appoggio degli altri in questioni che riguardino esclusivamente il proprio interesse, assumendo in compenso l'obbligo di reciprocità in quistioni di esclusivo interesse degli altl'i due Governi.

Art. II

Quando sorgano cause perturbatrici della pace Europea, o di minaccia alla conservazione dei rispettivi Stati, le Alte Parti contraenti conchiuderanno accordi speciali per regolare, in conformità degli interessi delle tre Potenze, i modi, le condizioni e la misura della prestazione di uno scambievole ajuto, e, al bisogno del concorso delle ·loro forze per la comune difesa.

Art. III

La presente Convenzione avrà effetto obbligatorio per la durata di anni. ....... , salvo il suo tacito od espresso prolungamento.

45 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

(l) -Cfr. n. 643, il cui invio era stato preannunciato con t. 192 del 15 marzo, non pubblicato. (2) -Per la risposta cfr. n. 645.

(l) Cfr. n. 608.

(l) Copia di questo dispaccio fu inviata in pari data a De Launay.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 17 marzo 1882.

Mille remerciements très sincères, pour les deux dernières lettres, dont V. E. m'a honoré. Je me suis permis de vous télégraphier la démarche de Wimpffen (l) pour votre conservation si nécessaire au poste de Vienne, non pas qu'aucune éventualité de changement eut jamais été envisagée, mais simplement camme information sur un nouveau témoignage des sentiments du Gouvernement Impérial pour vous. On a fait trop d'honneur au zèle du Gouvernement français en supposant que le Marquis de Noailles traitait ici pour Tunis. Il n'arien proposé et o n ne lui a rien proposé; il a seulement taché de faire prévaloir l'idée que l'envoi d'un ambassadeur à Paris faciliterait l'aplanissement des difficultés de fait sur Tunis et Sfax, auquel cas de la nomination immédiate d'un ambassadeur d'Italie, le Marquis de Noailles serait peut-étre resté à Rome. Mais on lui a dit Cplus ou moins correctement, car le re)et par un Parlement d'un traité de commerce n'est pas une raison de ne pas envoyer ou de rappeler un Ambassadeur) que l'ambassadeur ne serait envoyé qu'après que le traité serait voté par le Sénat français. Quel sera cet ambassadeur, le Conseil des Ministres n'en a plus reparlé depuis plusieurs mois et le choix ne me parait pas si prochain qu'il serait peut-étre désirable. Le retard excessif, absurde de notre réponse aux ouvertures du 19 février (2) n'a vraiment eu d'autre cause que les maladies simultanées de M. et de D. Le présent courrier vous apporte une expédition dont la partie sérieuse consiste en deux projets d'engagement (3) à signer ou à reconnaitre verbalement, dont on désire que V.E. d'après ses conversations avec le Conte K. fasse un projet définitif qui seralt. camme formulé par vous. Les conversations de ces derniers jours de M. M. de Keudell et de Wimpffen avec M. Mancini nous ont donné une notion que M.

D. surtout tendait à accepter la neutralité réciproque avec l'Autriche pour le cas de guerre contre la Russie en y ajoutant le pacte d'alliance défensive avec les deux empires pour le cas de guerre avec la France. Ils ne savent pas, au moment, où le courrier part, si cette idée a prévalu, ou si on est disposé à entrer plutòt dans les iùées d'engagement de s'engager pour la défense commune en général telles quelles nous ont été suggérées de Berlin par le Comte de Launay qui a envoyé ici un projet dans ce sens (4), et ici à moi-méme par MM. de Kendell et de Wimpffen, qui, en gardant les formes de langage les plus académiques, ne m'ont pas moins énoncé des formules verbales semblables, et que j'ai consignées camme aide mémoire dans le projet de texte ci-joint, A (5) marqué de bleu, projet à peu près semblable à celui du Comte de Launay. Maintenant permettez-moi quelques détails de ménage. Je me permets de joindre

(-4) Cfr. n. 596.

à ce projet A mes appréciations personnelles préparées pour l'usage du ministre seul, mais que je ne lui ai pas encore remises, parce que je suis arreté par un doute que V. E. confirme en moi par le passage de la lettre où il est dit qu'il aurait fallu faire en sorte qu'on nous recherchàt. Je ne veux pas vous fatiguer, mon cher Comte, avec la répétition de mon opinion que notre initiative, que vous critiquez avec grande justesse au point de vue diplomatique, était indispensable au point de vue de l'urgence d'imprimer une direction conservatrice à notre politique générale; et que ce n'est pas petite chose pour les intérets du Roi que les engagements déjà pris par le parti qui est au pouvoir. Je désire seulement vous faire connaitre que je seconde dans ma petite sphère le désir du Ministère que vous soyez le plus possible juge de ce qu'il y a à faire, et je n'ai voulu dire aucune parole qui pùt préjuger votre opinion si vous étiez d'avis que nous pouvons et devons tenir un peu la dragée haute à l'Autriche en la prenant au mot pour la neutralité en ajoutant autour l'engagement d'alliance défensive pour le cas de guerre avec la France. Les considérations marquées de rouge sont donc restées sans aucun emploi, le ministre meme ne les ayant pas lues, et je me permets de vous les envoyer simplement pour que vous puissiez, avec votre bonté accoutumée, réctifier s'il y a lieu en quelque mots mes premières impressions. Encore une fois

K. et W. ne savent pas quel parti a prévalu et nous leur avons seulement dit que vos instructions vous donnaient une assez grande latitude de concerter une conciliation entre les premières dispositions du Conte Kàlnoky et les no tres.

Quant à la restitution de la visite souveraine, le télégramme du 9 (l) a été mal rédigé, puisqu'il vous a donné l'impression que le Gouvernement acceptera le lieu qu'on voudra à Vienne. Le choix, fait par l'Empereur, de Vienne pour lieu de la visite royale a engagé la question de la manière la plus difficile pour une visite impériale hors de notre capitale. D'autre part il serait de mauvais goùt et indiscret de paraitre embarrasser la haute courtoisie et la chevaleresque délicatesse de Leurs Majestés Impériales et de paraitre vouloir les amener à procurer au Cabinet un succès. Ne serait-il pas possible de faire comprendre que dans cet état de choses la restitution de la visite pourrait etre différée dans l'espoir d'une solution des difficultés de haute étiquette soulevées par un projet de visite vivement désirée d'ailleurs par la famille royale? Ces difficultés ne sauraient en effet demeurer indéfiniment insolubles. On ne peut guère considérer comme normale entre deux Etats amis et alliés, entre deux familles souveraines parentes et politiquement solidaires désormais, une impossibilité pour les Souvemins de l'un d'aborder la capitale de l'autre. Il n'est pas chimérique de chercher une transaction entre le cérémonial qui permet la coexistence à Rome de deux Représentants de la personne de l'Empereur et un cérémonial qui permettrait à un Souverain ami du S. Père et du Roi de faire visite à l'un et à l'autre. La personnalité de Léon XIII n'opposerait peut etre pas des obstacles aussi forts que celle du dernier Pape à un tel arrangement si les ambassades Impériales et Royales à Rome étaient · chargées de le préparer. L'Auguste Mère de l'Impératrice, conservant, il est

vrai, l'incognito dans ses voyages en Italie, ne parait pas éviter Rome ni Naples, etc. etc. Ce n'est pas à moi de devancer le jugement de V. E. sur ces points délicats, mais le ministère désire vraiment que l'on ne croie pas à Vienne que la date de la visite soit aussi importante à nos yeux que le lieu; et 'il vous laisse, mon cher Comte, le soin de faire sentir qu'un retard aurait infiniment moins d'inconvénients que le choix, dans les circonstances actuelles, d'un autre lieu de visite que Rome.

Je ne manquerai pas de vous écrire, mon cher Comte, puisque vous voulez bien me le permettre, par chaque courrier.

(l) -T. 175 dell'B marzo, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 578. (3) -Cfr. n. 643, allegati. (5) -Gli allegati furono rinviati a Blanc come risulta dal n. 669. Essi sono stati rinvenuti.

(l) Cfr. n. 635.

645

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. 196. Roma, 18 marzo 1882, ore 15,55.

La dépeche (l) est partie ce matin. Vous la recevrez par le courrier d'Udine. Avec Wimpffen je me suis borné à dire que vous alliez recevoir instructions, vous laissant certaine latitude, et de nature à vous mettre en mesure de faire à Kalnoky des propositions conciliantes. Le compte Wimpffen ne peut avoir tiré de ses entretiens que l'impression de notre répugnance à admettre soit un accord qui serait trop vague et indéfini, soit un simple engagement réciproque et général de neutralité. Je me fais un plaisir d'annoncer à Galvagna, par votre obligeante entremise, que le Roi a signé le décret, le nommant conseiller de légation. Je prie V. E. de lui présenter mes félicitations bien sincères.

646

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 2991. Berlino, 19 marzo 1882 (per. il 22).

Je remercie V. E. de m'avoir communiqué par sa dépeche N. 1259 du 6 mars (2) l'intéressant mémoire de son honorable collègue le Ministre de la Guerre, sur le projet de réorganisation de notre armée.

J'ai invité M. le Chevalier Bisesti à tàcher d'éclaircir avec le tact voulu et avec I'aide de ce mémoire, l'équivoque prétendue entre l'opinion du Maréchal de Moltke favorable à la formation des quatre nouvelles divisions, et celle attribuée au Grand Etat Major Allemand, a savoir qu'il conviendrait peutètre davantage de songer d'abord à renforcer ce qui existe pour lui donner

les facultés offensives qui lui manqueraient, sauf à pourvoir plus tard à augmenter le nombre des combattents. Le Militar-Wochenblatt penchait pour cette dernière opinion.

Notre Attaché militaire s'est appliqué, dans la mesure requise, à remplir mes instructions. Il y avait eu déjà quelque chose d'inusité dans les premiers poUrparlers sur un sujet où, en définitive, nous restons les meilleurs juges. Il ne pouvait donc revenir à la charge que d'une manière indirecte et en quelque sorte académique.

Vérification faite, il résulte qu'il ne serait pas exact d'établir une contradiction entre le Comte de Moltke et le Bureau dont il est le Chef éminent. Le jugement émis par le Maréchal ne varie pas, et équivaut à un mot d'ordre donné au Grand Etat Major pris dans son ensemble. Quelque officier supérieur a pu énoncer des idées qui ne semblaient pas cadrer entièrement avec cette manière de voir. Le Militar-Wochenblatt paraissait aussi en quelque désaccord. Mais du moment où il lui est dénié tout caractère officiel ou officieux, il ne représentait plus dès lors que des opinions individuelles. Et meme, d'après les impressions reçues par M. le Major Bisesti, l'auteur de l'article y inséré aurait peut-etre écrit dans un sens moins accentué, s'il avait eu connaissance préalable du mémoire précité.

Sur cet argument où ma compétence fait défaut, je craindrais de dire des hérésies et je dois m'en remettre aux rapports de notre actif et intelligent Attaché militaire. Ayant appris néanmoins que le Comte de Moltke assisterait à un diner chez l'Ambassadeur de Russie pour la fete de l'Empereur Alexandre III, diner où le Corps diplomatique avait été convié, je ne voulais pas laisser échapper cette occasion de parler moi-meme au Maréchal, et je le fis prévenir de mon intention et du sujet sur lequel je porterais l'entretien. Un des officiers de son bureau, déjà instruit par le Major Bisesti, avait été chargé de lui donner lecture du mérru>ire susdit. J'y voyais d'autant moins d'inconvénient que l'Italia Militare l'avalt déjà à peu près intégralement reproduit.

Quand nous nous sommes rencontrés, je rappelais au Maréchal l'avis qu'il émettait récemment sur le projet de réorganisation de notre armée. Il déclarait nouvellement que l'augmentation des quatre divisions, étai,t désirable. Il ne voulait pas néanmoins se prononcer d'une manière trop catégorique. Pour procéder en parfaite connaissance, il devrait se livrer sur nos conditions à un examen approfondi que nous sommes plus compétents à faire nous memes. Nous sommes en effet les meilleurs juges. Il disait toutefois qu'en thèse générale le qualitatif aussi bien que le quantitatif ne pouvaient à moins que d'entrer, en ligne de compte; car une armée inférieure en n ombre, mais composée d'éléments ayant acquis le degré voulu de solidité et d'instruction, est en état de rendre, soit à l'intérieur, soit à l'extérieur, des services plus utiles que les troupes d'un chiffre supérieur, mais qui n'auraient pas encore atteint le développement nécessaire. En d'autres termes, avant de créer de nouvelles divisions, ne nous conviendrait-il pas de consolider d'abord l'effectif actuel? C'est à nous seuls qu'il appartient d'en décider. Il est une autre considération. Une augmentation d'une centaine de mille hommes dans nòtre armée de première ligne nécessiterait un nombre proportionnel d'officiers et de sous-officiers qui ne se trouvent ni facilement, ni promptement. Il resterait d'ailleurs à démontrer si avec des alliés et dans une guerre offensive, nous aurions vraiment besoin de porter au delà de nos frontières 300.000 combattants.

A deux reprises, je faisais allusion à certaines appréciations -je n'en ai pas cité les auteurs -d'après lesquelles notre projet pourrait au point de vue militaire, constituer quelque obstacle au rapprochement intime désiré avec l'Allemagne. Sans répondre aussi nettement que je l'eusse voulu, le Maréchal ne semblait pas admettre une semblable supposition. Il allait de soi, ajoutait-il pourtant, que plus nous serions forts, et plus nous serions appréciés et recherchés.

Ainsi que je l'ai télégraphié à V. E. le 15 mars (l), j'ai rapporté de cet entretien la méme impression déjà manifestée dans un précédent rapport, à savoir que le Maréchal se dit favorable au projet des quatre divisions, pour autant que cet accroissement se relie à un système combiné au double point de vue de l'attaque et de la défense.

Tout ce dont je rends compte a pris du temps. Dans l'intervalle je télégraphiai à V. E. (2) pour demander que notre Attaché militaire fù.t autorisé à se rendre à Rome, parce que je croyais très utile qu'il donnàt de vive voix des explications, et communiquàt mieux qu'on ne peut le faire par écrit, les impressions qu'il a recueillies sur un sujet qui nous intéresse à si juste titre. Je me suis empressé de lui remettre hier au soir le télégramme du Ministre de la Guerre qui lui donne l'ordre de venir conférer avec S. E. Il partira demain. Je lui confie ce rapport auquel est annexée une lettre que, selon mon désir, il m'a adressée et contenant le très intéressant récit de ses conversations au Bureau du Grand Etat Major etc. etc.

Je partage entièrement l'avis que nous ne saurions insister davantage pour pressentir quelles sont les vues à l'étranger sur une question que nous sommes parfaitement aptes à résoudre nous-mémes pour le mieux des intéréts du Roi et du Pays. Certes les capacités militaires ne nous font pas défaut. C'est à elles à s'entendre, en ne consultant que leur patriotisme, sur une organisation autant que possible à la hauteur de toutes les exigences. Un Ministre des Affaires Etrangères ne peut établir des calculs de probabilité pour le succès d'une politique militante en cas de complications européennes, qu'avec l'arrière-garde d'une armée dont les ressorts solides peuvent jouer dans les différentes directions. La moindre illusion est fatale. Les revers de la Russie en 1854, de l'Autriche en 1859 et 1866, et de la France en 1870 sont des enseignements d'une date trop récente pour ne pas servir de sérieux avertissements.

Il ne reste qu'à former des voeux pour que notre armée soit mise, le plus tòt que faire se pourra, en état de répondre au double but de la défense et de l'attaque, afin de rendre toujours plus utile et appréciable l'action de l'Italie, soit pour soutenir ses intéréts particuliers, soit pour remplir un ròle digne d'elle dans la sauvegarde des intérets généraux. L'ennemi sera plus aisément tenu en respect quand, loin de lui laisser · barre sur notre territoire, il saura que nous pourrions aller au devant de lui pour le repousser et le rechercher au besoin.

(l) -Cfr. n. 643. (2) -Non pubbllcato. (l) -T. 357, non pubblicato. (2) -T. 363 del 16 marzo, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 22 marzo 1882, ore 17,32 (1).

J'ai reçu votre dépeche du 17 (2) et j'ai eu tout à l'heure ma conférence avec Kalnoky.

J'ai le plaisir d'annoncer à V. E. que le résultat en est fort satisfaisant.

Kalnoky m'a déclaré accepter personnellement vos propositions, qui sont celles contenues et développées dans l'article 2ème du projet n. l, en se réservant cependant d'en référer à l'Empereur, et de se renseigner à Berlin. Comme de raison, je n'ai pas dit que j'eusse déjà un projet préparé. Il le rédigera lui meme et me le soumettra. Nous sommes convenus que la forme serait celle d'un traité à trois.

Quant aux autres articles, nous les avons également discutés superficiellement, et je n'ai pas manqué de lui indiquer précisément les dispositions contenues dans le meme projet n. l. Je crois avoir développé avec précision les idées contenues dans la dépeche de V. E. par rapport aux dangers que la France peut faire courir à la paix de l'Europe; mais ce qui l'a surtout poussé à accepter l'alliance défensive contre cette puissance, c'est l'inquiétude qu'il a de la situation actuelle des choses et de l'alliance éventuelle entre les deux Etats.

En nous quittant il m'a exprimé sa satisfaction du grand pas que la question a fait, m'ajoutant que, si on s'apercevait, en Europe, que les trois grandes puissances centrales sont étroitement unies, aucun Etat n'oserait plus troubler la paix.

Je crois que nous sommes en bon chemin, mais je me permets de recommander encore vivement la continurution du secret le plus absolu; car, si la France venait à se douter de quelque chose, elle pourrait parvenir à déjouer n otre entente (3).

Je ne dois pas omettre d'ajouter qu'ayant insinué, pour le préambule, une phrase ayant rapport à l'intégrité des territoires, j'ai constaté qu'elle n'a pas été accueillie avec empressement, et je prévois qu'on tachera de l'éliminer. La raison est la question de Rome, qui domine toujours ici toute autre considération. Je tacherai de l'emporter, mais, sauf ordres spéciaux, je n'en ferai pas une question essentielle.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1630. Vienna, 22 marzo 1882 (per. il 26).

Il Conte Kalnoky tennemi ieri parola della situazione della Russia e dissemi non potersi assolutamente ammettere la credenza che i giornali vorrebbero accre

ditare, che per fare una diversione alle sue gravi condizioni interne quell'Impero potrebbe intraprendere una guerra all'estero; tale ipotesi ripetevami Egli essere a suo avviso completamente inammissibile, il Governo russo ben potendo comprendere quanto il rimedio aggraverebbe il male; del resto dicevami ancora troppo ben conoscere Egli la rettitudine di carattere dell'Imperatore Alessandro III ed i suoi veri sentimenti, per ritenere possibile voglia appigliarsi al partito che condusse la Francia alla guerra del 1870. A meglio provare il suo asserto soggiungevami inoltre potermi guarentire, che fino ad ora nè la Russia né la Germania nè l'Austria avevano mosso neppure un soldato! A dir il vero quest'asserzione, che nessuna notizia in senso contrario avrebbe fin ad ora motivata, mi fece una certa impressione; ma mi limitai a rispondere che se non vi fossero maggiori guarentigie di pace, questa che Egli mi dava non sarebbe in verità di gran peso; le tre potenze da lui accennatemi avendo le loro truppe così bene scaglionate lungo la frontiera da non avere d'uopo di spostarne in antecedenza. anche se la guerra fosse in vista. Questa mia osservazione fece sorridere il Conte Kalnoky che però ripostò dicendomi, che l'opportuna dislocazione di cui par· lavo non sarebbe ancora sufficiente da parte della Russia per muovere repentinamente guerra ai suoi vicini, facendogli intieramente difetto il treno d'Armata che non esiste nell'Esercito russo. Ma neppure questo argomento credetti io ammettere come buono ed osservai che se il difetto di treno d'Armata bastasse ad impedire la guerra la pace non correrebbe pericolo in nessun luogo quel servizio nel tempo di guerra lasciando immensamente a desiderare presso tutti gli eserciti.

S. E. passò allora a discorrere delle condizioni interne dell'Impero russo che qualificava sommamente gravi, il Generale Ignatiew non essendo riuscito a migliorarle in maniera alcuna e non potendosi intravedere ormai mezzo di sorta di portarvi rimedio. Il Governo non funzionando più bene si può dire una grave scossa può prodursi da un momento all'altro, che ripercuotendosi su altri paesi potrebbe avere gravissime conseguenze: questo, dicevami, essere il pericolo che Egli più teme.

Come l'E. V. vede questo discorso è manifesta espressione di quella apprensione che qui regna a riguardo della Russia; e che a malgrado la si voglia dissimulare pure si mostra in tutti i modi; e mantiene un'assai pericolosa inquietudine di cui già ho fatto cenno in altri miei rapporti.

(l) -Manca l'indicazione dell'ora d'arrivo. (2) -Cfr. n. 643. (3) -Con t. del 23 marzo, non pubblicato, Mane!ni assicurò che il segreto più assoluto sarebbe stato mantenuto.
649

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

T. P. 211. Roma, 23 marzo 1882, ore 18,10.

M. Mancini consent à ne pas insister sur la demande d'un désaveu formel du général Jappy, pour l'affaire Perrera (1). Quant à l'affaire de Sfax je pense que vous devez vous en tenir strictement aux instructions ministérielles contenues dans le télégramme du 16 février (2).

francesi alla Goletta.

(l) -Si riferisce all'arresto del suddito italiano Paolo Perrera effettuato dalle autorità (2) -Cfr. n. 563.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1631. Vienna, 23 marzo 1882 (per. il 26)

Da alcuni giorni leggevansi in tutti i giornali di Vienna notizie locali o telegrammi particolari spediti dall'Italia in cui annunciavasi la partenza di S. M. l'Imperatore per il giorno 8 prossimo Aprile onde recarsi a contraccambiare in Torino la visita fatta in Vienna dai Nostri Augusti Sovrani nel passato Ottobre.

Una smentita al riguardo veniva bensì pochi giorni fa pubblicata dalla Gazzetta del Popolo di Torino, ma chi legge quel giornale al di qua della Sesia? Nessun periodico di Roma, che mi sappia riprodusse l'articoletto di cui è caso e la sola Neue Freie Presse di Vienna ne fece menzione in un suo telegramma particolare, a cui nessuno badò; infatti tutti i giornali continuarono come pel passato ad annunciare perentoriamente il giorno ed il luogo del convegno siccome cose stabilite.

Jeri finalmente la Politische Correspondenz pubblicò un ufficioso comunicato in proposito, che conchiudeva colle seguenti parole: «A riguardo della controvisita di Sua Maestà l'Imperatore non vi furono fino ad ora trattative di sorta, molto meno quindi sarebbero stati fissati i preparativi pel tempo e luogo della visita:~>. Stamane poi la Wiener Zeitung riportava il detto comunicato in prima pagina del foglio, in testa della sua «Parte non ufficiale '>.

Giova sperare che questa recisa smentita, porrà termine pel momento a dicerie e polemiche anche, che se mancano di tatto difettano pure grandemente di opportunità. Sarei quindi per conto mio lietissimo che finalmente l'organo ufficiale dell'Impero si sia fatto sentire in proposito; se non mi rincrescesse assai che il silenzio su quel cosi delicato affare non fosse stato in antecedenza imposto da un comunicato di ugual natura, che come l'E. V. ben sa, io ravvisavo da assai tempo conveniente avesse a comparire in uno di quei giornali di Roma che tanto all'estero quanto all'interno hanno voce autorevole.

651

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S. N. Vienna, 23 marzo 1882.

Pervennemi il 21 corrente il dispaccio dell'E. V. del 17 s.n. (1) relativo ai speciali negoziati pendenti col Gabinetto di Vienna e ieri ebbi col Conte Kalnoky la conferenza da me chiestagli onde adempiere alle impartitemi istruzioni.

Cominciai il discorso col dire che V. E. aveva altamente apprezzato il desiderio, conforme al nostro, da Lui manifestato di stabilire un accordo fra i due

Stati che poggi sopra basi ben precise e che constati la comunanza delle nostre tendenze conservatrici e pacifiche; ma tosto soggiunsi non potergli nascondere che il principio da lui posto innanzi della neutralità era stato, siccome fin dal primo momento gli avevo fatto rilevare, trovato anche a Roma di natura a lasciare molto anzi moltissimo a desiderare.

A questa mia osservazione il Conte Kalnoky ripetemmi come già l'altra volta che attorno alla neutralità si potrebbero aggruppare altre cose al che io risposi che a nostro avviso, come gli direi in appresso, prendendo a base dell'accordo altro principio la neutralità potrebbe invece far parte delle cose ad aggrupparglisi attorno. Credetti poscia opportuno dire che, sebbene non ne avessi fatto parola nel nostro primo colloquio, stava di fatto che il mio Governo avrebbe considerato siccome ottima base pel nostro accordo la reciproca guarentigia dci territori non essendovi principio che meglio affermi l'idea conservatrice del mantenimento dello statu quo. Dissi inoltre che se sarebbe stata da noi volontierissimo posta innanzi quella guarentigia si era perché essa implicherebbe una nuova solenne conferma dell'attuale stato di cose territoriale che dovevamo avere ogni ragione di credere sarebbe gradita al Governo Imperiale e di natura a dissipare intieramente talune mal fondate diffidenze, che non è a nascondersi ebbero talvolta a farsi giorno. Ma, dissi, questa reciproca guarentigia venne da voi respinta a priori ed invece fu escogitata la neutralità.

Il Conte Kalnoky mostrò di annuire a talune delle mie osservazioni, ma senza sollevare obbiezioni di sorta e neppure accettando per intiero il mio ragionamento, lasciommi proseguire il mio discorso prestandomi cortese anzi simpatica attenzione.

Entrai allora a discorrere della neutralità, e qui non mi farò a ripetere tutto ciò ch'io ebbi a dire onde provare quanto quel principio preso siccome base di un accordo fra i due Stati sarebbe insufficiente allo scopo, nocivo non solo per noi, ma anche per l'Austria e per la Germania, in conseguenza, preso così isolatamente, inaccettabile da parte del Governo italiano. Il dispaccio dell'E. V. ebbe a fornirmi a sostegno della mia tesi validissimi argomenti ed altri pure non senza peso mi si presentarono alla mente e mi aiutarono a dimostrare il mio asserto.

Il Conte Kalnoky avendomi invitato conseguentemente a proporgli altra cosa che riuscisse a comune soddisfazione mi richiamai alle considerazioni già da me svoltegli a riguardo della Francia nel discorrere della neutralità, tendenti a dimostrare di quanto debole giovamento quella nostra attitudine sarebbe all'Austria ed alla Germania, il giorno in cui si troverebbero a fronte della Russia rafforzata dall'appoggio militare della Francia. Dissi che se i Parigini avevano fatto fredda accoglienza ai discorsi di Skobelew e se la Repubblica è oggi governata da uomini che non mostrano caldeggiare idee di avventure nessuno può prevedere ciò che succederà domani e difficile anzi è l'immaginarsi che la Francia s'astenga dal tentare la rivincita il giorno in cui la Russia scenderebbe in campo contro la Germania e l'Austria. D'altra parte, mentre dichiarai esplicitamente che il Governo italiano è alienissimo da ogni provocazione, e che la pendente questione di Tunisi unicamente relativa a rivalità d'influenze si è di quelle che a parer mio si possono risolvere colla penna e coll'inchiostro, non esclusi la possibilità che per colpa degli incalcolabili nostri vicini, la cosa mutasse aspetto; ed ove ciò avvenisse posi in sodo essere impossibile alla Germania ed all'Austria di mantenersi freddi spettatori del conflitto che fatalmente le avrebbe anche esse trascinate alla guerra. Parvemi poi acconcio far rilevare che se 1a Francia è per noi temibile come nemica non lo sarebbe meno come amica per la propaganda repubblicana che è troppo chiaro le conviene di fare in casa nostra, pericolo questo da prendersi anche in ben dovuta considerazione dalle altre due Potenze. Conchiusi il mio ragionamento col dire che conseguentemente non vi ha dubbio essere la Francia il pericolo serio contro il quale tutti tre dobbiamo premunirei se vogliamo conservarci la pace e guarentirla all'Europa.

Il Conte Kalnoky che man mano aveva dimoskato dividere i miei apprezzamenti, convenne meco pienamente nella mia conclusione. Giunto a questo punto parvemi opportuno non tardare maggiormente a chiarire intieramente il pensiero dell'E. V., ed il feci dicendo che partendo dal punto di vista testè sviluppatogli ero incaricato di proporgli la stipulazione di un patto in cui il punto sostanziale sarebbe « l'impegno da parte dei tre Sovrani alla comune difesa nell'eventualità di un'aggressione che avesse luogo da parte della Francia contro qualunque dei tre Stati e da parte di un'altra potenza col concorso militare della Francia riservandosi ad ulteriori stipulazioni il modo e la forma dell'aiuto a prestarsi. All'infuori di tale ipotesi uno dei tre Stati trovandosi impegnato in una guerra sem~a la partecipazione della Francia, l'Italia dal suo canto, ed i due Imperi reciprocamente nei loro rapporti con essa, s'impegnerebbero alla neutralità salvo sempre il concorso facoltativo per la difesa dei proprii alleati».

Questa proposta fu accolta dal Conte Kalnoky colle seguenti parole (dopo ch'Egli ebbe a farmela ripetere e che lui stesso ebbe a ripetermela a sua volta per ben assicurarsi di non avermi frainteso) «Personalmente accetto pienamente la vostra proposta, dovendo ben inteso riservarmi di riferirla all'Imperatore onde averne l'approvazione, e conoscere come di ragione il parere del Gabinetto di Berlino che però parmi non potrà dissentire dal mio».

Si venne allora a discorrere della forma da darsi all'accordo. Io dissi non avere istruzioni precise in proposito, ma sembrarmi più conveniente un trattato formale. Quest'idea ebbe pure l'approvazione del Conte Kalnoky che anzi soggiunse ciò sembrargli tanto più indicato, volendo porre quel patto all'infuori delle fluttuazioni politiche derivanti dall'alternarsi dei partiti nei paesi costituzionali. Avendo poi io invitato il mio nobile interlocutore a preparare egli stesso lo schema di trattato locché accettò, si venne a discorrere di ciò che dovevasi contemplare negli articoli. Si cominciò dal preambolo e si cadde d'accordo sulle espressioni generali solitamente usitate in simili casi ed accennatemi anche nelle istruzioni di V. E.: senonchè credetti opportuno d'introdurvi anche quella relativa all'integrità dei tre Stati, la cui conservazione è pure uno degli scopi del trattato da stipularsi. L'E. V. vorrà, 1a prego, compiacersi di significarmi se devo insistere al riguardo, oppure rinunciare a quella frase ove la sua adozione incontrasse soverchia opposizione. Come di ragione un articolo conterrebbe la prescrizione del reciproco scambio preliminare di idee e di comumcazioni per operare d'accordo nelle questioni d'interesse generale ed europeo o speciale ai tre Stati. Insomma mi attenni, nel porgere dal canto mio quelle indicazioni,

alle istruzioni impartitemi dalla E. V. Del resto allorchè il Conte Kalnoky mi presenterà il suo schema, dopo d'averlo secolui esaminato e discusso mi farò dovere di trasmetterlo a V. E. per quelle osservazioni ed aggiunte che Ella crederà incaricarmi di fare in suo nome.

Dopo aver convenuto, come dissi, il progetto di trattato nelle sue linee generali il Conte Kalnoky mi parlò della Russia, mostrandomi che da quella parte essenzialmente potrebbe venire il pericolo di una guerra, ogni eventualità essendo temibile in un paese profondamente scosso come lo è quell'Impero. Io convenni in quei suoi apprezzamenti osservandogli però, come già l'avevo fatto prima, che senza l'eventuale aiuto delle armi francesi la Russia non s'arrischierebbe ad urtarsi contro le forze della Germania e dell'Austria, e che la nostra triplice alLeanza paralizzerebbe precisamente la possibilità di quell'aiuto. Il Conte Kalnoky ne convenne meco e felicitandosi del notevole passo che la nostra conferenza aveva fatto fare alla questione mi soggiunse che allorquando l'Europa si accorgerebbe che le tre grandi potenze centrali sono strettamente unite tra di loro per la conservazione della pace nessuno stato si attenderebbe più di turbarla, e quindi ciò solo basterà ad assicurarla.

Parvemi conveniente altresì di assicurare che il segr.eto di queste nostre trattative sarebbe col massimo scrupolo mantenuto a Roma, non essendovi oltre Sua Maestà e l'E. V. che il solo Presidente del Consiglio che ne sia a giorno. Il Conte Kalnoky mostrò compiacersi di quella mia assicurazione, ed in particolare fecemi marcatamente sentire la sua soddisfazione di constatare così che le proposte ch'io ebbi dall'E. V. l'incarico di fargli ottenere pure l'assenso di

S. E. il Cavaliere Depretis al cui riguardo egli si esprime sempre meco con massima speciale considerazione.

Dopochè il Ministro ebbemi detto che tosto sarà in grado di sottopormi lo schema di trattato compilato sulle basi tra di noi convenute in termini generali, si farebbe premura di rendermene avvisato, presi commiato; e fatto ritorno all'Ambasciata diressi all'E. V. il telegramma (l) che confermo col presente rapporto, e nel quale aggiunsi alcuni speciali apprezzamenti che mi astengo dal ripetere qui, non avendo oggi altro mezzo di spedizione che la posta, e dovendomi quindi limitare a fare una genuina esposizione della nostra conferenza.

Speranzoso di avere colla voluta precisione dato eseguimento alle impartitemi istruzioni ...

(l) Cfr. n. 64.3.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

L. P. Pietroburgo, 24 marzo 1882.

Alla sua cortese lettera del 7 corrente (2) non volli rispondere per la posta, ed aspettai l'arrivo d'un corriere per poterle scrivere più liberamente.

Ebbi qui, per due anni circa, come collega il Conte Kàlnoky. Durante questo tempo ci fecimo sempre reciprocamente buona compagnia e ci frequentammo continuamente. Io fui cortese verso di lui; ed egli verso di me. Più anziano di lui nel posto, potei rendergli nei primi tempi dopo il suo arrivo a P1etroburgo qualche leggiero servizio, facilitandogli lo studio degli uomini e delle cose di questo paese. Della qual cosa egli si mostrò sempre obbligato. Ma intelligente com'è, e pratico del suo mestiere, e preparato da una non breve e varia carriera, seppe subito mettersi a giorno d'ogni cosa e crearsi qui una buona posizione. Come accennai, egli fu verso di me cortese e benevolo. Ma non posso dire che vi sia stata tra noi famigliarità od intrinsichezza. Ho la convinzione che non sarebbe più espansivo con me di quanto lo sia col conte di Robilant, pel quale so che nutre stima e considerazione. Quantunque il Conte Kàlnoky ne' suoi discorsi famigliari sia solito parlare con abbastanza grande libertà, vi sono certi argomenti sui quali, finchè era qui, usava molta riserva. E questi argomenti sono appunto le relazioni dell'Austria-Ungheria colla Germania dall'un lato, e coll'Italia dall'altro. Per contro, egli non faceva mistero, parlando con me, de' suoi giudizii assai severi suna politioa della Russia e sulla sua amministrazione e sopratutto sulle tendenze moscovite e slavofile di certi funzionarii e di gran parte della stampa russa. Su tal materia egli non celava nè misurava il biasimo. Così pure egli si mostrava avverso al movimento democratico che va svolgendosi sempre più in Francia e si mostrava preoccupato dello stabilimento della forma repubblicana in quel paese, che egli considerava come un pessimo esempio ed un pericolo futuro pel principio monarchico in Europa. Intorno alla Germania egli serbava un prudente silenzio. Ma, o io m'inganno, o mi parve travedere in lui un certo sentimento d'impazienza della specie di tutela e di supremazia che l'Impero Germanico esercitava sul suo paese ed in generale sull'Europa. Ma il Kàlnoky è in certo modo creatura dell'Andrassy e segue la politica di quest'uomo di stato, la quale d'altronde egli trovò inaugurata ed impiantata quando fu chiamato a succedergli. Del resto questa politica gli s'impone come una necessità finché dura la sorda ostilità e l'antagonismo delle razze slave contro le altre razze, e specialmente contro l'Austria, il di cui Impero contiene tanta parte d'elementi slavi.

Rispetto all'Italia, nei primi tempi ch'egli fu qui, il Conte Kàlnoky evitò con me ogni conversazione speciale, ed io non la provocai, !imitandomi ad esprimergli incidentemente la mia convinzione che l'agitazione irredentista, di cui si fece tanto rumore, era cosa effimera e superficiale e non era minacciosa per nessuno dal momento che il Governo del Re, appoggiato dal consenso dell'intero paese era ben deciso ad impedire che si convertisse in un atto qualunque d'ostilità verso l'Austria. In appresso, quando quest'agitazione scomparve, mi parve che il Conte Kàlnoky avesse ,apprezzato gli sforzi fatti dal nostro Governo per avvicinarsi all'Impero Austro-Ungarico, e credo ch'egli vide con piacere il viaggio dei nostri Sovrani a Vienna. Io non ho più neveduto il Kàlnoky dopo quell'epoca, ed anzi, com'Ella sa, quando io partii di qui in congedo, quel viaggio non era affatto deciso. Ma mi sembra evi:dente che un uomo di Stato, come il Kàlnoky, che pone in cima a' suoi pensieri l'interesse del suo paese, e che ha la netta intelligenza dello stato politico attuale dell'Europa, deve tenere in alto conto l'amicizia dell'Italia, la quale dà all'Austria un'assoluta sicurezza su tanta parte delle sue frontiere di terra e di mare, e rendendogli meno urgente e necessaria l'alleanza germanica la mette in una posizione meno disagiata e più indipendente.

Che il Conte Kàlnoky, pur mostrandosi verso di noi correttissimo e benevolo, usi ancora un certo ritegno, non deve meravigliarci, nè trattenerci dal proseguire nella politica inaugurata dal viaggio reale a Vienna. La fiducia non s'ingenera d'un tratto. Il Conte Kàlnoky, non bisogna dimenticarlo, è cattolico e conservatore, senza essere però nè un clericale nè un reazionario. Questi suoi sentimenti spiegano fino ad un certo punto il suo contegno di benevola, ma non calda aspettazione verso il nostro Governo che è il più democratico dei reggimenti monarchici ed è in ostilità col papato. Ma l'interesse politico, nell'animo del Conte Kàlnoky, avrà sicuramente il sopravvento su questi sentimenti personali. Bisogna tenere anche conto dell'impressione che ha potuto produrre all'estero la troppo rapida successione de' varii Gabinetti che furono chiamati a reggere la cosa pubblica in Italia. Anche ora noi siamo alla vigilia d'un esperimento elettorale, di cui non si può pregiudicare l'esito. Questa instabilità, comunque più formale che reale, non temperata da una camera ereditaria come in Inghilterra, né da una vera autorità regia, come in Germania ed in Austria, spiega, se non giustifica, certe riserve in chi deve impegnarsi con noi per un più o meno lungo avvenire. Finalmente non dobbiamo dimenticare, che il Ministro degli affari esteri dell'Austria deve tener gli occhi costantemente rivolti a Berlino, e regolare un po' la sua attitudine su quella del Gran Cancelliere di Germania. Il quale desidera certamente che l'Italia si stringa all'Austri'a ed alla Germania e si scosti affatto dalla Francia, ma vedrebbe forse con gelosa diffidenza che l'Austria cerchi in una troppo stretta alleanza coll'Italia un mezzo di acquistare una troppo grande libertà d'azione per sè. Ma quest'argomento mi condurrebbe al di là dei limiti della risposta ch'io Le debbo, e mi spingerebbe alle vane speculazioni della politica congetturale contro ogni mia abitudine. Conchiudo quindi: il Conte Kàlnoky è tal uomo da comprendere ed apprezzare l'amicizia dell'Italia. Continui Ella ad agire con fermezza e con perseveranza, e la fiducia verrà.

Qui la situazione continua la stessa, incerta, mal definita. Persiste nel Gabinetto il dualismo Giers-Ignatieff. La maréa moscovita e slavofila va pur sempre mantenendosi allo stesso livello, se pur non monta. Il nichilismo non è spento. L'astio contro gl'Israeliti nelle campagne, e contro tutto ciò che non è russo nelle città va aumentando. La stampa soffia ìn questo fuoco con imprudente leggerezza. Tuttavia devo notare che l'Imperatore ed il Governo Imperiale colsero l'occasione dell'anniversario dell'Imperatore Guglielmo per fare dimostrazioni d'amicizia verso la Germania. Lettere e telegrammi di cordiali ed affettuose congratulazioni furono scambiati fra i due Sovrani. Anche alcuni giornali importanti ebbero l'ordine di tenere un linguaggio benevolo verso la Germania. Adunque non v'è per ora alcun pericolo che la pace dell'Europa sia turbata, se nuovi incidenti non sopraggiungono. Due soli punti neri stanno in vista, cioè la possibilità (non vicina in vero) che il Montenegro possa entrare in ballo, nel qual caso sarebbe difficile alla Russia di star tranquilla, e l'eventualità d'un

tentativo della Turchia (spinta da altri) d'occupare i passi dei Balcani, usando del diritto concessole dal trattato di Berlino. Ma sia l'una che l'altra eventualità mi sembrano per ora lontane e poco probabili.

(l) -Cfr. n. 647. (2) -Non rinvenuta.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 27 marzo 1882, ore 23,15.

J'ai reçu et lu ave c intéret votre lettre confidentielle du 23 (l). Votre langage a été parfait et nous avons tout lieu de nous féliciter du résultat obtenu. Nous attendrons maintenant la formule du conte Kalnoky. Nous n'insisterions pas, le cas échéant, pour que les mots « intégrité territoriale» y figurent, mais, camme nous devons supposer qu'il s'agit de la part du Gouvernement austrohongrois, d'un simple scrupule et non pas d'une arrière-pensée, je pense qu'on ne devrait pas avoir de difficulté à admettre l'expression «conservation des Etats respectifs », que j'ai employé dans ma formule et qui implique au fond, la meme idée. Quant à la question de forme, tout en répétant que nous accepterions à cet égard la proposition du comte Kalnoky, quelle qu'elle soit, je prie V. E. de considérer si la forme adoptée entre l'Allemagne et l'Autriche n'aurait pas certains avantages, entre autres celui de nous mettre en mesure d'opposer un démenti à toute interrogation qui serait faite sur l'existence ou non d'un traité formel d'alliance.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI (2)

D. 1356. Roma, 27 marzo 1882.

Qui acchiudo copia di una Memorir-, (3) che incarico il R. agente in Egitto di presentare al Governo vicereale, come pure del dispaccio che dirigo, sullo stesso proposito, al comm. De Martino (4).

V. E. può scorgere da questo secondo documento non essere punto animo nostro di continuare una discussione che reputiamo oramai esaurita. Bensì ci preme di dimostrare ancora una volta, con ogni desiderabile pienezza di prove, la evidenza del nostro buon diritto; dopodiché, e segnatamente dopo di avere provato che il governo vicereale d'Egitto, non solo non ha vaUda obbiezionP da addurre, ma travasi dai limiti stessi dei suoi firmani d'investitura posto

fuori causa, noi lasceremo alla Sublime Porta la cura di pronunciarsi su quella nostra proposta di accordo amichevole che, senza nulla aggiungere alla efficacia delle nostre ragioni, e senza imporre alla Porta alcun onere concreto, anzi procacciandole manifesti beneficii, creerebbe nella parte meridionale del Mar Rosso uno stato di cose ben definito, e nel comune interesse mutuamente riconosciuto.

Come la Sublime Porta ebbe comunicazione dal Cairo di documenti intesi a revocare in dubbio il nostro diritto, così desidero che V. E. consegni al signor ministro degli affari esteri il secondo esemplare, qui pure acchiuso, della sopradetta Memoria. V. E. ne prenderà occasione per far conoscere al ministro ottomano l'avvenuto scambio di note, circa la progettata convenzione, tra il R. governo e il Governo britannico, aggiungendo come non ci rimanga ora che affidarci al senno del Sultano e dei suoi consiglieri acciò quella convenzione passi, quanto prima, nell'ordine de fatti. L'E. V. dovrebbe segnatamente far comprendere ai ministri del Sultano che, essendo noi ben risoluti a non abbandonare in qualsivoglia ipotesi una posizione giuridicamente incontrastabile, dipende oramai dalla Sublime Porta lo assicurarsi, con la stipulazione, senza ulteriore indugio, del divisato accordo, i vantaggi che dall'accordo stesso le deriverebbero.

Un terzo esemplare della Memoria è del pari qui unito, acciò V. E. possa officiosamente rimetterlo al collega brittanico.

Come Le telegrafai (1), non vedo allo stato delle cose ragione alcuna perché Ella debba ancora differire la Sua venuta in congedo. La partenza di Lei varrà anzi ora a chiarire, agli occhi del Governo ottomano, come, esaurito ormai lo stadio delle trattative, si commetta a lui stesso la cura di prendere, nella coscienza della propria responsabilità, quelle risoluzioni che sinceramente ci auguriamo conformi al comune interesse. Mediante opportune istruzioni che Ella impartirebbe al R. incaricato d'affari, questi si troverebbe, invocando sempre l'assistenza del collega brittannico, in grado di sollecitare e comunicarci la decisione della Sublime Porta.

Mi sta a cuore di porgerle, in questa circostanza, le più vive grazie per l'opera da Lei prestata in questo difficile, minuto e spesso delicatissimo negoziato. * Il presente cenno di piena approvazione e di elogio riesce per me stretto debito, e vorrei che Le fosse di alcun compenso per il sacrificio da Lei fatto nel trattenersi costì, per più mesi ancora, dopo l'ottenuto congedo, mentre ragioni di salute La richiamavano in patria. *

(l) -Cfr. n. 651. (2) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi, in LV 34, pp. 188-139. (3) -Non pubblicata. cfr. LV 34, pp. 199-227. (4) -Cfr. n. 655.
655

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, DE MARTINO (2)

D. 465. Roma, 27 marzo 1882.

L'acclusa Memoria, che La prego di voler rimettere a codesto signor ministro degli affari esteri, risponde a quella del 6 luglio 1881, che, essendole

654 stata inviata con lettera 7 luglio da S. E. Fakhri pascià, mi fu da Lei comunicata con rapporto dell'H luglio (1).

Già prima d'ora avremmo voluto, replicando alla argomentazione del Governo vicereale, dimostrare come ci assista, nella controversia relativa ad Assab, un buon diritto manifesto e incontestabile. Nondimeno ci parve preferibile di non fuorviare, con discussioni che potevano divenire superflue, i negoziati pendenti con la Sublime Porta e con l'Egitto per una convenzione, la quale con reciproco vantaggio avrebbe eliminato la controversia stessa. La dimostrazione nostra, dopo quell'accordo, avrebbe avuto il carattere, anziché d'un documento litigioso, di una amichevole dichiarazione delle ragioni nostre e viemmeglio fatto apparire gli intendimenti concilianti da cui mai non cessammo d'essere animati nella trattazione di questo argomento.

Ma poiché il ritardo di troppo si protrae, e noi siamo obbligati di prendere, rispetto a:d Assab, provvedimenti per cui è necessario il concorso del Parlamento, ci importa, anche indipendentemente dal negoziato pendente coll'Egitto e con la Turchia, di far chiara e rettamente giudicabile sotto ogni suo aspetto, la presente questione. Al quale intento mira, in quanto concerne il lato politico e giuridico della qui!stione stessa, la qui acclusa Memoria, della quale dovremo, per quanto presumo, fare tra non molto pubblico uso, contrapponendola, insieme con gli altri documenti nostri, a quelli della cancelleria vicereale.

La Memoria, compilata con diligente studio e con fermo proposito di accertare imparzialmente, ma con prove rigorose, la realtà delle cose, esclude oramai ogni dubbiezza.

Nel 1866, quando il Khedive d'Egitto ottenne la investitura della caimakamia di Massaoua, questa non si estendeva (secondoché da noi se ne fornisce la prova perentoria) al di là della punta estrema della peni:sola (la penisola di Buri) che chiude a sud-est la baia di Adoolis (Annesley Bay) ad oltre duecento miglia marittime al nord di Assab. Altra investitura non mai fu concessa dipoi dalla Sublime Porta in quei paraggi. Il governo vicereale di Egitto travasi quindi, in certo modo, fuori causa. Vi furono bensì, in epoche posteriori, la compera di Edd nel 1867, e l'occupazione di Beilul, la quale, ad ogni modo, sarebbe avvenuta quando già Assab era acquisto e possesso italiano. Ma è manifesto che nè dall'uno né dall'altro di questi fatti può venire in alcuna guisa alterata la pienezza del nostro diritto su Assab, mentre, per quanto concerne ogni altra parte della costa, rimarrebbero solo quelle vaghe e indeterminate aspirazioni d'indole politico-religiosa le quali non potrebbero, naturalmente, invocarsi da altri tranne che dallo stesso Sultano.

Riportandoci alla convenzione che, per intromissione o.fficiosa dell'Inghilterra, si viene da parecchi mesi negoziando, è quindi evidente, per noi, che erroneamente il Governo egiziano mette innanzi il concetto di do'Ver consentire ad una cessione territoriale, là dove si tratta invece del semplice riconoscimento di una posizione giuridica già efficace e valida per se stessa, e indipendente dal consentimento del governo vicereale e della Sublime Porta.

46 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

Da questo punto di vista, il beneficio che noi saremmo per ricavare dalla divisata convenzione non è certo maggiore di quello che sarebbe per trame il governo ottomano il quale, mentre in realtà non si impone sacrificio alcuno

o rinuncia di sorta, vedrebbe per la prima volta riconosciuto, nei modi e nei termini che dallo schema di convenzione appariscono, i diritti nascenti da atti di occupazione che, al sud di Annesley Bay, non hanno certo mai avuto, giuridicamente parlando, valore comparabile con quello della occupazione nostra, ben altrimenti effettiva e feconda già di pratici risultamenti.

Che se, malgrado queste considerazioni, noi abbiamo opinato ed opiniamo tuttora che sia desiderabile la stipulazione dell'ideato accordo, le ragioni ne sono ben note a V. S., a cui furono da ultimo sommariamente esposte in un mio telegramma del 26 febbraio (l). Noi siamo ben risoluti, in qualsiasi ipotesi, a non abbandonare una posizione che ci spetta per buon diritto incontrastabile. Ma a noi era sembrato conveniente, nel comune interesse di tutti, che il fatto compiuto si trovasse altresì corroborato da un amichevole patto, in virtù del quale nella parte meridionale del Mar Rosso subentrasse alle precedenti incertezze e complicazioni uno stato di cose chiaro, definitivo, solennemente sancito, e tale che lasci a ciascuno la sua giusta parte di benefici.

Noi ci lusinghiamo ancora che il Governo vicereale, mosso tanto dal proprio interesse, quanto da un sentimento d'amicizia verso l'Italia e dal desiderio di assicurarsene la reciprocanza, non tarderà a prendere risoluzioni conformi alla sua più manifesta convenienza.

La domanda nostra, enunciata nel precitato telegramma del 26 febbraio, è che il Khedive dichiari formalmente a Costantinopoli di non avere abbiezione alcuna contro la proposta convenzione, rimettendone l'accoglimento all'alta saviezza del Sultano. Però, allo stato delle cose, e dopo che da parte nostra si è dimostrato, con ogni modo di amichevoli offici e argomenti, che, per quanto in ispecie riguarda il Governo vicereale di Egitto, esso non è in grado di enunciare un titolo qualsiasi di valida opposizione, nè potrebbe giammai elevare alcuna fondata pretensione alla sovranità di Assab, sarebbe fuori di luogo il persistere indefinitamente, verso il medesimo, nella linea di condotta che finora tenemmo per amore di conciliazione. La S. V. vorrà, a:dunque, limitarsi, nel rimettere l'acclusa memoria, a dichiarare, con ferma schiettezza di linguaggio, che noi non abbiamo desiderio di protrarre ancora una discussione che reputiamo invece conclusa. Ed a meno che, dopo la rimessione della memoria, a noi non venga comunicata una definitiva accettazione della progettata convenzione dal Governo vicereale, la S. V. dovrà chiaramente far palese che il Governo italiano intende mantenersi svincolato da qualunque obbligazione che in essa offrivasi di assumere, e saprà far valere i diritti che legittimamente gli appartengono, tanto in questa, come in altre vertenze, in cui parimente non ebbe a sperimentare benevole disposizioni da parte del Governo egiziano.

(l) -T. 206 del 22 marzo, non pubblicato. (2) -Ed. in LV 34, pp. 186-.1818. (3) -Cfr. n. 654, nota 3.

(l) Cfr. n. 96.

(l) Cfr. n. 601.

656

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S. N. Berlino, 27 marzo 1882 (1).

La longue interruption de nos pourparlers avec Vienne et Berlin, lors meme qu'elle fut parfaitement motivée par l'état de santé de V; E., me fa:isait en quelque sorte subir une torture morale. Je craignais qu'il ne survint quelque obstacle qui nous éloignàt du but désiré. Dans l'intervalle, j€ n'ai négligé aucune occasion de maintenir le Cabinet de Berlin dans ses bonnes dispositions. Ignorant vos impressions sur l'échange de vues entre le Comte de Robilant et le Comte Kalnoky à la date du 20 février dernier (2), je ne pouvais émettre que des idées à moi personnelles. C'est ainsi que, en présence du Sous-Secrétaire d'Etat, je combattais un accord reposant sur une simple garantie de neutrali:té. Je me servais des memes arguments déjà indiqués dans ma correspondance. ns trouvaient un accueil favorable, soit auprè's de M. Busch, soit auprès de mon collègue d'Autriche, lorsque celui-ci m'interpellait sur la marche des négociations. Ils avaient l'un et l'autre le sentiment que je me plaçais sur ce terrain pour témoigner toujours plus de tout le sérieux de toute la cordialité de notre politique. M. Busch n'aura pas manqué d'en faire rapport au Chancelier, et de son propre mouvement le Comte Széchényi me disait qu'il s'était empressé de rendre compte à Vienne de mon langage.

Le 22 courant, à l'occasion de la féte de l'Empereur et à un diner offert par le Chancelier aux Chefs de mission ici, j'ai pu échanger quelques phrases avec Son Altesse. Je ne connaissais pas encore la teneur des dernières instructions transmi:ses à notre ambassadeur à Vienne {3). Je rappelais néanmoins, croyant ne pas fa:ire fausse route, que j'avais soulevé de fortes objections contre l'insuffisance du projet mis en avant par le Ministre austro-hongrois. Le Prince de Bismarck me déclarait sans détours qu'il pensait camme moi et qu'une alliance formelle serait de beaucoup preférable. Il ajoutait au reste, sans s'expliquer davantage, que les négociations étaient bien acheminées.

Le lendemain arrivait ici le Courrier du Cabinet qui m'apportait une copie des instructions précitées, jointes à la dépéche du 17 courant. J'ai lu avec une véritable satisfaction que V. E. partageait ma manière de voir contraire à la combinaison d'une neutralité obligatoire. Soit dit en passant, quand je me permettais d'envoyer un proje,t d'accord (4), j'était sous le coup du la:ngage très positif tenu par le Comte Kalnoky, et j'essayais de tourner la position pour donner aux arrangements éventuels une forme qui nous ouvrit au moins la voie à une entente ultérieure et plus complète. C'était un minimum dont se rapproche le projet n. 2 de V. E. Tant mieux si, camme le laisse prévoir le résumé que le Comte de Robilant m'a fait parvenir de sa conversa

(4} Cfr. n. 596.

tion à la date du 22 avec le Comte Kalnoky (1), on adopte en substance le projet n. l, ou quelque chose d'analogue. Ce serait un grand succès pour notre politique, la véritable consécration de la visite Royale à Vienne.

Un traité d'allianoe défensive à trois constituerait un acte si important dans les annales de l'Italie, que je demanderais camme une faveur spéciale d'y attacher mon nom (en étant munì des pleins pouvoirs) pour ce qui concerne nos rapports avec l'Allemagne. C'est là une ambition qui m'est peutetre permise après avoir, durant ma première mission à Berlin, préparé dans une certaine mesure le terrain à l'alliance de 1866. Transféré à Saint Pétersbourg en 186,5, c'est mon successeur qui a eu la chance de jouer un ròle dans les événements décisifs de cette époque. Depuis mon retour ici en 1867, durant quinze années, je n'ai cessé de pousser à la roue dans la meme direction. Il me semble donc que j'aurais quelque titre à ne point passer inaperçu, lorsque viendrait le moment de la signature du Traité. Au reste tout me porte à supposer que le Prince de Bismarck tiendra à y apposer lui aussi sa signature qui donnerait, il faut bien le reconnaitre, une valeur de plus en plus saillante et historique à nos acco11ds. Il me parait que des signatures peuvent etre réservées à Berlin aussi bien qu'à Vienne. D'ailleurs il serait aisé, sous un prétexte quelconque, d'y faire une course sans que le véritable motif en soit divulgué.

Le Chancelier s'est rendu dans ses terres du Lauenburg. Avant son départ, je me suis assuré qu'il ne variait pas dans ses excellentes dispositions pour un traité d'alliance ·à trois. Dans l'entretien que je me suis ménagé avanthier avec le Sous-Secrétaire d'Etat, j'en ai reçu l'assurance. Je lui avais parlé en termes généraux des instructions que vous aviez expédiées au Comte de Robilant et de la réponse préalable donnée à notre Ambassadeur. Le langage de M. Busch me laisse la conviction que le terrain est favorablement préparé pour recevoir les communications que le Comte Kalnoky ne tardera pas à faire à Berlin avant de reprendre la conversation avec nous. Si les conjonctures politiques actuelles nous ont servi, V. E. a le grand mérite d'avoir su en profiter pour conduire les négociations de manière à en amener le prochain succès.

En me référant à mas télégrammes des 23 et 25 mars (2) ...

(l) -Manca l'indicazione del giorno di arrivo. (2) -Cfr. n. 578. (3) -Cfr. n. 643.
657

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (3)

D. Roma, 28 marzo 1882.

L'ambassadeur d'Angleterre et le chargé d'affaires de France m'ont donné lecture et laissé copie, le 21 de ce mois, d'une dépeche identique qu'Us avaient

reçue de leurs Gouvernements au sujet de la nouvelle loi organique relative aux pouvoirs de la Chambre des notables en Egypte.

Les cabinets de Londres et de Paris, après examen de cette loi, ainsi que d'une note explicative que le ministre égyptien des affaires étrangéres avait remise, à ce sujet, le 8 du mois dernier, aux agents d'Angleterre et de France au Caire, expriment, en s'adressant aux cabinets de Rome, de Vienne et de St-Pétersbourg, l'avis que pour la sauvegarde des intérèts des créanciers, on devrait obtenir la modification de l'art. 34 selon une nouvelle formule que la note identique reproduit intégralement, et dont j'insère ici, à toute bonne fin, le texte:

« Article 34. Dans aucun cas la Chambre n'a le droit de discuter n'importe quelle obligation de l'état résultant de la loi de liquidation, ou encore des conventions conclues entre les puissances étrangéres et le Gouvernement égyptien, ou de l'emprunt demanial.

Sont notamment comprise, parmi les obligations internationales visées par les dispositions qui précèdent, celles afférentes au service du tribut dtl à la Sublime Porte; au service des intérèts des actions du canal de Suez dtls au Gouvernement anglais; au service de la dette publique, réglé par les décrets, conventions et actes internationaux y relatifs; ainsi que ·toutes charges résultant de la loi de liquidation, de conventions internationales et de conventions concernant l'emprunt domanial, de m~me que tout ce qui concerne l'administration et les budgets de la Dai"ra Sanieh et les domaines de l'état.

La partie du budget égyptien afférente aux dites obligations et charges et comprenant, pour certains chapitres, des dépenses et des recettes, continuera à etre préparée et arrètée dans des formes et des conditions ìdentiques à celles qui ont été adoptées pour les précédents budgets sui:vant les accords et engagements internationaux préexistants. Par application de ce principe, seront ainsi fixées notamment les dépenses administratives des provinces de Garbieh, Menoufieh, Behera et Siout, ainsi que celles des douanes, des chemins de fer, des télégraphes, et du port d'Alexandrie, dont les revenus sont affectés à la Dette publique ,,

• La démarche des deux cabinets impliquant la confirmation du principe de la ·compétence du concert européen en tout ce qui concerne le régime poHtique du vice-royaume, ne saurait ne pas ètre prise par nous en bienveillante considération. Ayant, d'ailleurs, porté notre attention sur l'amendement que les deux cabinets proposent, nous n'hésitons pas à reconnaitre qu'il présente, pour les créanciers de l'Egypte, dont les puissances ont à plusieurs reprises, par des engagements internationaux, assuré les droits et la situation juridique, l'avantage d'une garantie plus efficace. Aussi, nous référant aux stipulations auxquelles l'Italie a pris part, n'avons-nous aucune difficulté à donner à l'agent du Roi au Caire l'instruction de s'associer, avec ses collégues d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie et de Russie, à toute démarche qu'il paraitrait opportun de faire, soit individuellement, soit collectivement, pour recommander au gouvernement vice-royal l'adoption, par les voies légales de l'amendement que les Gouvernements d'Angleterre et de France suggèrent • (1).

Vous etes autorisé à donner lecture de cette dépeche à M. le ministre des affaires étrangères et à lui en laisser une copie s'il le désire (1).

(l) -Cfr. n. 651. (2) -Non pubblicati. (3) -Ed. in LV 35, pp. 112-113.

(l) n brano fra asterischi fu trasmesso alle ambasciate a Berlino, Costantino.poll, Londra, Parigi e Vienna e all'agenzia in Egitto con t. 241 del 31 marzo.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 29 marzo 1882, ore 15,35.

Hier Kalnoky m'a dit que l'Empereur, à qui il a soumis son rapport sur notre dernière conversation, s'est montré très-satisfait des propositions de V. E., auxquelles cependant il entend ajouter quelque chose. Le ministre ne m'a pas dit quoi. Il s'est réservé de reprendre l'entretien quand, après s'etre entendu avec Bismarck, il aurait formulé son projet.

J'ai profité de cette occasion pour parler de nouveau de la forme. Lui ayant rappelé de lui avoir dit que je n'avais pas reçu des instructions à ce sujet, je lui ai dit ce que vous m'aviez fait connaitre par le télégramme de la nuit précédente (2); mais il a maintenu avec fermeté la convenance de signer un traité, en disant que, si l'accord avait dù etre seulement conçu en termes généraux, un Aide-Mémoire aurait suffi; mais que, du moment où il s'agit d'une véritable alliance, un traité forme! est indispensable. Je n'ai pu lui citer l'exemple de la forme adoptée pour l'accord entre l'Allemagne et l'AutricheHongrie, car, que je sache, personne n'a une notion précise à ce sujet.

Je n'ai dit mot de la question de l'intégrité territoriale. J'attends, pour cela, la formule qu'on nous présentera; mais je ne puis cacher à V. E. que je ne trouve pas les mots « conservation des Etats respectifs » impliquer la meme idée, car, en Iangage diplomatique, un Etat est conservé meme quand il est amoindri. Pour exprimer notre pensée, il faudrait ajouter: « tels qu'ils sont aujourd'hui »; et, comme ce serait là le véritable équivalent, si on refuse la première formule, on n'acceptera pas davantage cette seconde. L'Autriche ne songe point à faire restituer Rome au Pape; mais je crois que l'Empereur se ferait une question de conscience de prendre un engagement contraire à cette éventualité. C'est là une question à débattre se tenant toujours sur la générale; afin d'éviter que le nom de Rome soit prononcé; car cela pourrait amener une réserve qui n'a jamais, jusqu'ici, été formulée à Vienne et qu'il faut avant tout éviter.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 439. Parigi, 29 marzo 1882, ore 16,05 (per. ore 18,15).

Le directeur politique m'a demandé aujourd'hui un rendez-vous, pour m'entretenir de la Iettre, que suivant les instructions ministérielles (3) j'ai

écrit à Freycinet, le 24 courant pour rappeler l'affaire de Sfax, en y joignant l'aide-mémoire annexé à la dépeche politique n. 1095 du 14 février (l) et l'exemplaire des procès verbaux. J'envoie aujourd'hui à V. E. copie de ma lettre. Directeur a prétendu n'en avoir encore parlé à Freycinet, mais il a insisté très amicalement, du reste, sur son embarras pour nous répondre par suite de l'aide mémoire, qu'il à qualifié de dur, et auquel il reproche de piacer la question toujours sur le terrain du droit. Il a tenté meme de me le faire retirer, mais comme ma lettre d'accompagnement ne formule aucune appréciation, il a terminé en disant, qu'il chercherait à y répondre de façon à ménager les susceptibilités de part et d'autre.

(1) -Con t. 408 del 22 marzo Mancini aveva comunicato a De Martino la nuova formula proposta per l'articolo 34 richiedendo di inviare al più presto le sue osservazioni in proposito. (2) -Cfr. n. 653. (3) -Cfr. n. 649.
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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2316. Costantinopoli, 29 marzo 1882 (per. il 3 aprile).

Ieri il signor ambasciatore d'Inghilterra mi diede comunicazione confidenziale della sostanza di un telegramma da sir E. Malet indirizzato a lord Granville, il 27 marzo, dal Cairo. Ed esso è concepito nei seguenti termini: «Ieri fu tenuto un consiglio dei ministri, presieduto dal Kedive, nel quale fu deciso di rifiutare di stipulare una convenzione coll'Italia relativamente ad Assab. Il consiglio fu tuttavia d'avviso essere disposto a trattare per una concessione commerciale ad una compagnia privata, Rubattino od altra». Della quale notizia diedi immediatamente avviso telegrafico (2) all'E. V. Né dubito che a quest'ora la decisione del consiglio dei ministri egizio sia nota eziandio alla Sublime Porta.

Fino a iersera il signor Ambasciatore di Inghilterra non aveva ricevuto dal suo governo contezza delle lettere recentemente scambiate sulla materia fra

S. E. il generale Menabrea e lord Granville, nè alcuna ulteriore istruzione sull'azione da interporsi presso la Sublime Porta.

Nell'accusare ricevuta dei riveriti dispacci n. 1352 in data 15 e n. 1353 in data 20 corrente (3) ...

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1635. Vienna, 29 marzo 1882 (per. il 1° aprile).

Tosto ricevuto il telegramma dell'E. V. del 21 corrente (4), relativo all'identica comunicazione fattaLe lo stesso giorno dai Rappresentanti di Francia

e d'Inghilterra circa le cose egiziane di cui compiacevasi poscia trasmetterml copia con Suo riverito dispaccio del 22 n. 1284 (l) non mancai interpellare in proposito S. E. il Conte Kalnoky, che limitassi a dirmi come già riferii avere rimesso quel documento al competente ufficio affinchè Io si studiasse; constami però che immediatamente Egli si era espresso in senso assai favorevole sì col Conte Duchatel che con Sir Henry Elliot. Jeri poi avendo rinnovato la mia interpellanza, S. E. dissemi che risponderebbe l'indomani (oggi 29) con un telegramma diretto agli Ambasciatori imperiali a Parigi e Londra in cui dichiarerebbe di dividere il modo di vedere dei due Gabinetti sulla questione di cui è caso e di essere disposto a dare loro il suo appoggio in tal senso. S. E. che aveva ricevuto poco prima il Principe Reuss aggiungevami che il Gabinetto di Berlino risponderebbe allo stesso modo; e che quanto al Gabinetto di Pietroburga Egli ignorava ancora la decisione presa. Il Conte Kalnoky non mi fece interpellanza di sorta intorno al modo di vedere del R. Governo su quella questione e per conto mio mi astenni dal muovere osservazione qualsiasi intorno alla determinazione a cui Egli dicevami essersi appigliato, il dispaccio di cui sopra è caso non facendo cenno alcuno degli apprezzamenti ed intendi

menti della E. V.

Confermando cosi il mio telegramma di jeri ... (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 429 del 28 marzo, non pubbUcato. La stessa no,tizia era stata comunicata da De Martino con t. 424 del 26 marzo. (3) -Non pubblicati. (4) -T. 204, non pubbliJCato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1636. Vienna, 29 marzo 1882 (per. il 3 aprile).

Il mio collega di Francia nel tenermi parola obbiettivamente delle cose d'Egitto ebbe poi più d'una volta a dirmi che il male più grave stava nella posizione molto minacciata del Kedive, sembrando alludere alla possibilità che Egli sia fra breve detronizzato. Avendo constatato che di quell'eventualità pur si fa cenno nei telegrammi provenienti da Parigi, feci cenno di ciò al Conte Kalnoky chiedendogli quali notizie Egli avesse in tal senso. S. E. risposemi star di fatto che la situazione del Kedive è assai pericolante, tanto più che i competitori alla successione non mancano ed a tal proposito indicavami il Pachà che risiede a Costantinopoli ed Ismail che «avete a voi a Roma:., cosi Egli si esprimeva sorridendo. Del secondo si asteneva di parlare in quanto al primo dicevami che sarebbe assai difficile addivenire a quella sostituzione, il cambiamento dell'ordine di successione in Egitto sancito con un firmano della Porta essendosi precisamente fatto a danno suo. Io convenni seco Lui nella difficoltà di quella eventuale soluzione osservando che le Potenze avendo precisamente or ora solennemente dichiarato di voler il mantenimento dei firmani non potrebbero disdirsi a così breve intervallo. Ma a questa mia osservazione S. E. replicò immediatamente che questa difficoltà non sarebbe grave;

bastando che la Porta faccia un nuovo firmano. Non avendo nè istruzioni nè ragioni per continuare quella conversazione mi astenni dal rispondere altro; e cosi fini il discorso, bastandomi di essermi potuto formare l'impressione che se effettivamente per segreti maneggi della Francia e dell'Inghilterra d'accordo od in contrario senso l'una dell'altra l'attuale Khedive venisse sbalzato dal suo seggio, le simpatie del Gabinetto di Vienna non sarebbero per Ismail ed assai probabilmente esso appoggerebbe la candidatura di Hali se questi avesse anche l'appoggio della Porta. Queste mie indicazioni ed apprezzamenti sono evidentemente di natura assai vaga, ho però creduto opportuno farne cenno all'E. V. sembrandomi non del tutto inopportuno che il R. Ministero abbia il maggior numero di dati possibili ond'essere in grado d'apprezzare cosi assai difficile situazione che può presentarsi da un giorno all'altro, ed anche in modo assai acuto.

(l) -Non pubbl!cato. (2) -T. 433 del 28 marzo, non pubblliCato.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 449/938. Londra, 30 marzo 1882, ore 18,06 {per. ore 20,35).

J'ai communiqué aujourd'hui à Granville, substance télégramme de V. E. en date d'hier (1), relatif à la proposition égyptienne pour Assab, que V. E. déclare inacceptable, j'ai insistè sur l'idée émise par E. V. de laisser pour le moment de còté et de tacher d'obtenir acquiescement du sultan à la convention d'Assa'b; j'ai ajouté qu'en faisant ainsi comprendre à l'Egypte qu'elle n'est pas indépendante le sultan saisirait peut-etre cette occasion de !aire acte de souveraineté plus explicite sur elle. Granville pense que la proposition égyptienne a été suggérée par la Sublime Porte elle meme, qu'il serait possible que celle-ci adhère à notre demande dans le but de confirmer sa souveraineté sur l'Egypte. Ayant engagé le noble lord à envoyer à Dufferin des instructions dans ce sens, il a voulu prendre temps pour réflexion, et m'a promis de m'envoyer une réponse avant son départ pour la campagne qui aura lieu après demain.

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L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2318. Costantinopoli, 31 marzo 1882 (per. il 6 aprile).

In seguito ad invito mandatomi da S. M. il Sultano per mezzo del Segretario di Essa, Rachid Bey, ieri mi trasferii a Palazzo. Sua Maestà incominciò

Assab e proposta di trattare una concessione commerciale alla compagnia Rubattlno o ad altra çompaJPlia.

dal domandarmi notizie delle Loro Maestà, cui risposi convenienti parole. Essa m'invitava indi ad esporre qualche idea sulle presenti condizioni d'Europa. Replicai in brevi termini, conchiudendo l'alleanza Austro-Germanica costituire la migliore garanzìa pel mantenimento della pace europea che si potesse immaginare. Sua Maestà fece indi un lungo discorso pel quale passò in rivista le varie quistioni internazionali che si stanno ora agitando. Disse essere Essa stata oltremodo soddisfatta della comunicazione fatta alla Porta dalle quattro potenze riguardo all'Egitto, la quale dovevasi alla Sua iniziativa, poiché i Ministri erano d'avviso di rivolgersi solo alla Francia ed all'Inghilterra; si lodò specialmente delle disposizioni indi manifestate dall'Italia, dalla Germania e dall'Austria-Ungheria; e deplorò la condotta del Governo britannico il quale non comprendeva come fosse suo interesse di sostenere l'autorità di Sua Maestà in Egitto. Passando indi alla Tunisia, Sua Maestà disse in quella questione gli interessi della Turchia e dell'Italia essere perfettamente uniformi, il Governo francese aver dato ultimamente qualche segno di comprendere la difficoltà della sua posizione nella Reggenza e di volersi ritirare dal mal passo, però l'Ambasciatore di Essa a Parigi Le aveva indirizzato un telegramma il 24 del presente, il quale era assai grave, e mi faceva dar lettura di un telegramma concepito presso a poco ne' seguenti termini: «Il signor Freycinet mi disse la Francia manderebbe, se fosse d'uopo cento mila uomini verso la frontiera tripolitana per impedire il passaggio delle armi, munizioni e volontari, badasse la Turchia se ciò le conveniva~. Aggiungeva Sua Maestà esistere nella condotta del Gabinetto francese una contraddizione difficile a spiegarsi. Sua Maestà veniva poscia a parlare della Bulgaria e della Romelia Orientale; in queste quistioni l'Austria-Ungheria e la Turchia avevano interessi comuni, poiché si trovavano innanzi allo stesso nemico, era opportuno esse s'intendessero per provvedere ai pericoli che sovrastavano. Conchiuse Sua Maestà suo precipuo desiderio essere il mantenimento della pace in Europa, non cesserebbe di cooperare a questo scopo. Dal mio canto feci intendere a Sua Maestà analoghi sentimenti animare il Governo di S. M. il Re, niuna Potenza essere più dell'Italia interessata a sostenere l'integrità, a promuovere la prosperità della Turchia, a questo intento s'inspiravano costantemente i nostri sforzi. E Sua Maestà mi congedava infine con espressioni di speciale cortesia.

Era stato mio primo intendimento d'intrattenere Sua Maestà della quistione di Assab. Se non che, avendo indagato il terreno, ne venni al convincimento che sarebbe stato pericoloso nelle presenti congiunture d'insistere presso Sua Maestà affine d'avere una risposta definita. Innanzi alle poco favorevoli disposizioni della Sublime Porta, e sopratutto in seguito alla risoluzione presa dal Consiglio dei Ministri egizio, la risposta avrebbe potuto riuscire non conforme ai desiderii del R. Governo. Ed a me incombeva, sia in conformità dell'ordine contenuto nel riverito dispaccio dell'E. V. del 28 febbraio N. 1346 (l) d'evitare un reciso rifiuto, sia affine di non compromettere gli interessi d'Italia di non spingere le cose agli estremi, e di aspettare in ogni modo le ulteriori istruzioni che l'E. V. si compiacque annunziarmi pel telegramma davant'ieri (2).

(l) T. 230, non pubblicato: rlfiuto dell'Egitto di condudere la convenzione con l'Italia per

(l) -Cfr. n. 605. (2) -T. 229 d~! 29 marzo, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Berlino, 31 marzo 1882.

Votre dernière lettre du 20-22 mars (l) m'a délivré d'une torture morale que je subissais depuis un mois en suite du silence qui régnait sur toute la ligne à propos de la grande affaire en cours. Je vous félicite du premier résultat d'avoir gagné l'assentiment personnel du Comte Kalnoky au projet

N. l (2). Ses premières déclarations avaient été si catégoriques qu'il ne semblait plus y avoir d'espoir qu'il les modifieraìt. C'est pourquoi je m'étais permis de suggérer une combinaison qui laissàt du moins la porte entrebàillée pour un arrangement plus complet qu'une simple garantie réciproque de neutralité que je persistais à trouver par trop insuffisante, et contre la quelle je me suis escrimé de mon mieux. Maintenant je m'inquiète de nouveau de l'interruption des pourparlers. Avant hier encore le Comte Széchényi n'avait pas reçu un traitre mot de Vienne et hier j'ai constaté que rien n'était parvenu ici de la part du Prince Reuss. Le zèle se serait-il ralenti en suite des déclarations d'amitié prodiguées par la Russie? Ici du moins on ne les accueille que sous bénéfice d'inventaire. Il faut plutòt admettre que l'Empereur François Joseph très absorbé par les soins et les attentions dont il a entouré le GrandDue Wla:dimir n'aura pas eu le temps de s'entendre avec son ministre des Affaires Etrangères pour reprendre la conversation interrompue depuis le 22. Vous aurez vu par mes deux télégrammes du 23 et 25 mars (3) qui vous seront, je pense, arrivés régulièrement, que le terrain est bien préparé ici pour recevoir les communications ultérieures de Vienne. A propos de télégrammes j'ai eu le vòtre du 24 courant (4), il n'était pas en effet nécessaire après ce que vous m'aviez écrit l'avant veille de m'envoyer le résumé de votre dernier entretien avec Kalnoky. Le courrier m'avait aussi apporté copie de vos instructions (5). J'étais ainsi amplement informé.

Il me tarde que tout soit réglé pour qu'il ne vienne pas de la traverse quelque incident qui nous éloigne du but. Gare entre autres, camme vous le faites observer, si le secret était divulgué.

Dans un de mes rapports (6) j'ai émis le desir dans le cas où l'on concluerait un pacte à trois d'y apposer ma signature comme Plénipotentiaire en ce qui concerne les rapports entre l'Italie et l'Allemagne. Après avoir poussé pendant tant d'années à la roue pour une alliance entre les deux Pays je tiendrais beaucoup, je l'avoue à ne point passer inaperçu. Il est une autre consrdération à Vous et moi, selon tous les calculs de probabilité, nous resterons plus longtemps en piace que MM. Mancini ou Depretis, et l'un et l'autre nous sommes appelés à représenter dans nos postes respectifs la continuité

d'une politique qui doit mettre nos relations extérieures à l'abri des fluctuations des partis à l'intérieur. Un argument de ce genre n'efit pas été de mise dans la correspondance officielle, mais vous comprendrez qu'il n'est pas sans importance que d'abord votre nom figure en ce qui tient à nos relations avec l'Autriche et le mien en ce qui a trait à nos rapports avec l'Allemagne. Nous resterons en quelque sorte la tradition vivante de cette politique avec notre part de responsabilité, et notre voix aura d'autant plus d'autorité, si, contre toute attente, il survenait quelque écart du còté de Rome. Il me parait donc qu'une signature pourrait m'etre réservée Cl). Vienne est assez rapprochée d'ici, et sous un prétexte quelconque je pourrais m'y rendre sans appeler l'attention des curieux. Ce serait d'ailleurs une excellente occasion de nous revoir et de vider le fond de notre sac dans des causeries intimes qui valent beaucoup plus que de simples lettres. Je vous serai obligé, si vous le jugez à propos, d'appuyer cette idée à la Consulta.

J'ignorais complètement que le Cabinet de Vienne reconnattrait immédiatement le changement de titre en Serbie sans attendre l'accomplissement des formalités d'usage. Ici méme on semblait de prime abord ne pas le prévoir, tellement qu'a mots couverts le Sous-Secrétaire d'Etat me disait que nous avions pris les devants. Depuis lors il se reparait et trouvait que l'on avait marché pour le mieux. J'ai donc dfi rectifier les premières impressions communiquées à Rome.

Je reviens sur nos négociations. Je regrette que dans le préambule on ait omis, comme je l'avais proposé, d'insérer quelques mots que le but de l'accord est aussi de constater la solidarieté des intérets monarchiques.

Je suggère à M. Mancini de donner, autant qu'il peut dépendre de nous, à cet accord une durée d'une dizaine d'année, le temps qu'il nous faut encore pour développer nos ressources de tout genre jusqu'au point où il nous serait moins malaisé qu'aujourd'hui de fixer les conditions et les profits d'une alli ance.

Vous aurez la visite un de ces jours du mayor Bisesti qui revient de Rome où il avait été appelé sur ma demande pour fournir des renseignements au sujet des jugements portés ici sur notre projet d'augmenter notre armée de quatre division. M. Bisesti sera à meme de vous donner à cet égard des indications fort intéressantes. Comme il a vu le Roi, le Ministre de la Guerre et

M. Mancini, vous aurez ainsi des nouvelles de très fraiche date.

(1) -Non rinvenuta. (2) -Cfr. n. 643, allegato. (3) -Non rinvenuti. (4) -Non rinvenuto. (5) -Cfr. n. 643. (6) -Cfr. n. 656.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 469/942. Londra, 2 aprile 1882, ore 18,25 (per. ore 21).

Me référant à mon télégramme n. 938 (2), j'envoie à v. E. traduction lettre privée que j'ai reçu hier au soir de Granville: «J'ai examiné attenti

vement proposition suggérée par Mancini que vous m'avez communiquée 30 mars dernier, et dont la teneur est que puisque le Gouvernement égyptien refuse convention relative à Assab, cette convPntion devrait étre conclue avec la Sublime Porte seule. Dans notre opinion un tel procédé impliquerait abandon décidé du statu qua à l'egard du Kedive, et comme pour plusieurs motifs nous sommes anxieux de maintenir statu qua nous ne pensons pas qu'il serait opportun d'adopter cette mesure. Nous serons toutefois heureux de donner pour instruction à Malet, de choisir favorable opportunité pour presser Gouvernement égyptien de revenir sur sa décision relative à la convention. Signé Granville ~.

Je dois vous faire remarquer que comme je l'ai réferé dans mon télégramme n. 938 j'avais dit que la proposition de V. E. était de laisser pour le moment Egypte de còté, et de se contenter de acquiescement de la Sublime Porte à la convention; Granville a peut-étre interprété cette proposition d'une manière trop absolue, en croyant que V. E. voulait désormais complètement exclure l'Egypte de cet arrangement. Granville qui doit étre parti pour la campagne ne rentrera pas probablement à Londres avant la réunion Parlement.

(l) -De Launay aveva già espresso analoghi concetti ln una l. p. del 28 marzo a Blanc, non pubblicata. (2) -Cfr. n. 663.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 1642. Vienna, 2 aprile 1882 (per. il 5).

La Budapester Carrespandenz organo ufficioso del Governo Ungarese, ed assai meglio informato di quello che lo siano gli ufficiosi di Vienna, poiché in Ungheria funzionando ben altrimenti il parlamentarismo che non qui molti sono a giorno delle segrete cose pubblica intorno al viaggio Imperiale in Italia la seguente informazione: «Il momento il più appropriato per compiere il viaggio potrebbe essere quello in cui la Coppia Reale si troverà in soggiorno estivo a Monza, dove la vicinanza di Milano presenterebbe eventualmente tutte le località necessarie, per le Feste •·

Il Giornale conchiude poi dicendo che del resto fino ad ora nessuna conclusione fu presa a riguardo di detto viaggio.

Per conto mio credo in base anche ad alcuni apprezzabili indizii che vedendo irrealizzabile il progetto della visita a Torino a cui aveva dato luogo il desiderio in proposito poco opportunamente espresso dal Sindaco di quella città sarà effettivamente il momento in cui le loro Maestà saranno a Monza, che S. M. l'Imperatore sceglierà per manifestare il Suo desiderio di andarle a visitare. La cosa non soddisferà in verità il sentimento pubblico in Italia ma non vedo come si potrebbe al momento dato trovare un pretesto per rifiutare colle dovute forme che la controvisita abbia luogo in quella località mentre secondo ogni usanza la scelta del momento è sempre devoluta al Sovrano che si muove e non vi ha dubbio che se l'Imperatore si reca in

Italia nel forte dell'estate, per ogni ragione non sarebbe ammissibile annunciargli che si va ad attenderlo nella capitale, da dove a quell'epoca fuggono quanti possono per timor delle malattie. Mi permetterò del resto di far presente esservi un precedente che prova che il sistema a cui s'appiglierebbe l'Imperatore fu già applicato e trovato corretto. Infatti ricorderò all'E. V. che Napoleone III restituì a Salisburgo la visita fattagli a Parigi dall'Imperatore Francesco Giuseppe (l).

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

R. 861. Cairo, 2 aprile 1882 (per. il 9).

Con rapporto di n. 855 (3) ebbi l'onore di riferire all'E. V. le mie ultime conferenze con questo Governo sulle trattative per la Convenzione d'Assab; e che soprassedevo per qualche giorno a mettere in esecuzione gli ordini datimi da V. E. con telegramma del 26 febbraio (4), onde Mahmud Pascià, secondo i ripetuti impegni presi col signor Malet, e con me, potesse aver acquistato una qualche cognizione della questione, dovendo, diceva Egli, ricercare tutti i documenti sparsi in vari Ministeri, ed anche nel Gabinetto del Khedive.

Trascorsa oltre una settimana, non credetti dover più indugiare, ed ebbi una lunga conferenza a fondo con Mahmud Pascià, sulla questione, che riassunsi nelle conclusioni concretate nel telegramma di V. E. del 26, del quale ne diedi anche lettura al Presidente del Consiglio. Egli ripetendo sempre di non aver raccolti tutti i documenti, su che gli feci delle osservazioni assai ironiche, mi chiese dargli copia del telegramma di V. E. Credetti di trascriverlo letteralmente sotto forma di nota verbale che gli rimisi in data del 7 marzo.

Dovendo agire d'accordo col signor Malet, gli comunicai il telegramma sopracitato, appena lo ricevetti, e partendo Egli per l'Alto Egitto con i Principi di Galles, fummo d'accordo sulle pratiche che avrei fatte durante la di lui assenza presso il Presidente del Consiglio.

Pochi giorni prima del suo ritorno, il collega d'Austria ebbe a ripetermi, come cosa di poca importanza, avergli detto il Khedive che Mahmud Pascià aveva scritto a Costantinopoli per la questione d'Assab, e che attendeva una

risposta. Ciò mi mise in gran sospetto sul linguaggio evasivo del Presidente del Consiglio, tanto al signor Malet, che a me.

Il collega inglese riprese la direzione dell'Agenzia la sera del 25 scorso mese, ed il giorno seguente nel mentre mi accingevo d'andar da lui, venne da me, e mi annunciò che il Consiglio dei Ministri, presieduto dal Khedive rifiutava la Convenzione per Assab.

Ne informai l'E. V. con telegramma del 26 stesso (1), chiedendo istruzioni.

Mi trattenni da qualsiasi communicazione e col Khedive, e coi Ministri, e per attendere delle istruzioni, e per sapere esattamente quel che si era passato nel Consiglio dei Ministri. Ricevuto il telegramma di V. E. del 28 (2) ed informato di quanto volevo sapere, chiesi un'udienza che ebbi per la mattina del 30.

Per ottenere il mio intento, incominciai col dire a Sua Altezza che declinavo di discutere se il suo Governo aveva presa saggia od inconsulta decisione. Che su questa non avevo altro a dirgli che il R. Gov,erno la deplora come indizio di una falsa politica del suo Governo, che rende sempre più irremovibile la risoluzione di garantire con tutti i mezzi il possesso d'Assab, ed assicurarne l'avvenire; ma che avevo a lamentarmi di non averne ricevuta una diretta comunicazione dai suoi Ministri. Non gli dissi nulla sulla seconda parte del telegramma dell'E. V., per non aver potuto incontrarmi col signor Malet. Sua Altezza mi rispose che in giornata sarebbe venuto da me il Ministro degli Affari Esteri. Quindi Egli entrò sul soggetto, e riassumo esattamente le sue parole.

«In Francia, per ogni evento si dice: cherchez la temme. In Egitto non si sbaglia, se per qualsiasi cosa, si dica: cherchez Araby Pachà. Egli solo ha voluto tutti i documenti, e la mia corrispondenza con la Sublime Porta, ed ha preteso ch'Egli solo dovesse studiarla, ed ora Egli solo conoscerla, e capace di giudicarla, e decidere la questione. Egli che comanda in tutto, e su tutti, ha imposta la sua opinione, la sua volontà, senza far caso,

o comprendere, qualsiasi ragionamento ». A questa parte seria, soggiunse il Khedive, debbo aggiungere la parte ridicola: «Non potrei ripetere tutte le stravaganze dette da Araby Pascià, sull'intendimento di respingere con la forza qualunque Potenza Cristiana che voglia metter piede su terra Musulmana. Avendogli fatto osservare che l'Italia ha delle corazzate per difendere Assab, e ch'Egli non può disporre che di una vecchia Corvetta, che non può navigare, Egli rispose che come ultimo espediente colmerebbe il Canale di Suez per non farle passare. E ripetendogli il Khedive che le corazzate italiane arriverebbero per il Capo di Buona Speranza ad Assab, rimase Egli interdetto a sentire che si può entrare per un'altra porta nel Mar Rosso.

Io sapevo tutto questo, nei più minuti dettagli, ma ho voluto averlo confermato dal Khedive stesso, e non potetti trattenermi di esprimergli tutto il mio pensiero sulla posizione umiliante, nella quale è caduto. compromettendo e il suo avvenire, e quello del paese.

Appena ritornai a casa, arrivò Mustapha Pascià, che mi nm1se la nota verbale, annunziata all'E. V. con telegramma del 30 scorso mese (l) e della quale ne unisco una copia (2).

Ora qui abbiamo due versioni sul movente che avrebbe guidato il Consiglio dei Ministri a rifiutare la Convenzione per Assab.

Secondo il K.hedive sarebbe la prepotenza di Araby Pascià, secondo la nota ministeriale, è il Governo iii).periale di Costantinopoli, al quale è stato comunicato l'affare d'Assab, con tutti gli incidenti sopravvenuti riguardo questa quistione, che ha riconosciuto ed affermato i diritti dell'Egitto su di Assab.

Non si può non tenere a calcolo la prima versione, che Sua Altezza non me solo, ma tutti i miei Colleghi ne ha informato. Ma la nota officiale di questo Governo è tale documento, sul quale non saprei come potrebbe pesare un dubbio.

Oso sperare che la nota di Mustapha Pascià varrà a giustificarmi presso

S. E. il Conte Corti, per il quale ho tanta osservanza, dei rimproveri, benché benevolmente accennati, che traspariscono nel suo rapporto all'E. V. in data 1° marzo (3).

Le spavalderie di Araby son talmente ridicole da non doverne tener nessun conto, e sappiamo di quali mezzi offensivi possa disporre l'Egitto. Ma sarebbe ben capace di eccitare, per mezzo di emissari, quelle selvagge tribù contro noi. E perciò l'E. V., non per allarme, ma per prudenza, vorrà invitare il R. Commissario, ed il Comandante della stazione navale, di non trascurare un'attiva vigilanza.

Avendo chiesto al signor Malet la di lui opinione sulla seconda parte del telegramma di V. E. del 28 marzo, Egli ha creduto che, la decisione del Consiglio dei Ministri essendo un fatto compiuto, ogni pratica officiosa da parte nostra sarebbe un atto di deferenza, e soggiunse «ni vous, ni moi, nous sommes dans le cas de faire, à l'égard de cette question, une démarche amicale envers le Gouvernement égyptien ,.

In attesa delle istruzioni annunziatemi, e che eseguirò con la massima esattezza, sopprimendo però, come mi è ordinato col telegramma del 31 marzo (4), ogni allusione ad un'aspettativa ulteriore da parte nostra delle decisioni del Governo egiziano ...

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano: «Ringraziaredi questo rapporto. I commenl>i e le dicerie di cui formicolano i giornali dall'una e dall'altra parte, circa così delicato argomento sono senza dubbio spiacevoli. Ma non era in poter nostro di impedire la cosa, tanto più che la polemica ebbe per punto di partenza il primo comunicato del giornale austriaco circa la scelta di Torino come luogo del ritrovo. Intanto sta in fatto che il R. Governo non si è menomsmente dipartito in questa circostanza del grande riserbo che si addice a cosi delicato argomento». (2) -Ed. in Italia in Africa, vol. cit., pp. 230-232. (3) -Non pubblicato. (4) -C!r. n. 601. (l) -T. 424, non pubblicato. (2) -T. 227, non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 2 aprile 1882.

Je vous remercie bien pour votre lettre du 17 mars (5); et par la meme occasion je vous remercie aussi d'avoir bien voulu me donner connaissance

de la démarche à mon égard faite par Wimpffen, ceci ne prouve pas encore qu'on tienne immensement à moi, mais ça veut plus tòt dire qu'on n'aime pas faire de nouveUes connaissances.

Je suis toujours dans l'attente de l'invitation de Kalnoky à reprendre la conversation avec lui; je crains que les Vespri Siciliani soyent pour quelque chose dans ce retard un peu trop prolongé, on veut d'abord voir comme ça finira. Il parait jusqu'à présent qu'il n'y aura aucun excès à déplorer, mais le voyage de Garibaldi et le ròle qu'il joue à Palerme ne nous fait pas de bien, car il est une preuve de plus de la toute puissance du parti révolutionnaire en Italie. Malgré tout cependant nous finirons pour signer quelque chose, mais ce sera je le crains l'alliance du pot de terre avec les deux pots de fer dont l'issue nous a été enseignée par le bon La Fontaine. Ne nous imaginons pas que nous aUons nous trouver sur un pied d'égalité avec ces deux Puissances, leur manière d'agir avec nous au sujet de la question d'Egypte, qui se maintient toujours la méme en est une preuve suffisante. Je comprends parfaitement qu'il était urgent pour nous de nous engager, mais vous m'avouerez également que ça ne nous fait pas la position bonne, de devoir rechercher avec insistance une alliance qu'on ne sollicitait pas.

Je vous renvoie le projet de Traité que vous aviez préparé en l'accompagnant de considerando, fort justes, ce n'est évidemment plus le cas d'en parler, le schema n. l du Ministre ayant été accepté en principe; il faudra puis voir la forme que Kalnoky soufflé par Bismarck lui donnera, et surtout les attendre à l'application, car le texte d'un traité de ce genre n'est pas grand chose si les faits n'en imposent pas la stricte application aux deux parties. Pour en finir pour aujourd'hui avec cette question du Traité, je dois vous demander de m'autoriser quand Kalnoky m'aura communiqué son projet, de pouvoir l'expédier ainsi que mon rapport relatif jusqu'à la frontière au moyen d'un de mes att:tchés. Cette permission devrait m'étre donnée d'avance une fois pour toutes pour la durée des présentes négociations. ça va sans dire que je n'en abuserai pas, je suis trop économe des deniers de l'Etat pour occasionner un surcroit de dépences sans une vraie nécessité.

Parlons maintenant de la visite Impériale. Nos journaux ont teUement mis les pieds dans les plats, en criant ces jours-ci sur tous le tons «Roma o niente~. que la question est gravement compromise. Je m'imagine qu'on n'en soufflera pas mot ici pour le moment, et qu'on attendra que le Roi soit à Monza cet été pour lui annoncer qu'on a l'intention de l'y aUer visiter. Ne vous bercez pas de l'espoir que l'Empereur pourra aUer à Rome cette année-ci ou une autre; pour amener une décision pareille il faudrait que nos armées victorieuses fussent aux portes de Vienne ... ou bien qu'une conciliation absolue (et impossible) fùt intervenue entre le Pape et le Gouvernement Italien. ça a été une faute de l'Empereur de vouloir que la visite de nos Souverains ait lieu à Vienne et non dans une ville de Province, mais pour ce qui est d'ici, ça ne change rien à la chose, a Roma no, je ne dis pas surtout après le ton que nos journaux ont

47 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

assumé à cet égard, car ils se seraient bù que ça n'aurait rien changé. Les criaillerces de notre presse n'auront d'autre résultat que de mettre le Gouvernement dans une situation fort embarrassante, le jour où l'Empereur voudra aller à Monza ou ailleurs. Nos journaux prennent toujours à partie dans cette question-là le Gouvernement Impérial, mais il n'y a pas ici de Gouvernement pour ce qui regarde l'Empereur, c'est lui seui qui décide. Du reste si Kalnoky était dans le cas de se risquer à donner un conseil, il n'y a pas le moindre doute à avoir sur la direction dans la quelle il serait, car c'est un clericalone di tre cotte, ce qui constitue précisément une de ses principales forces aujourd'hui, vu que ce sont là Ies principes aux quels s'informe aujourd'hui la politique autrichienne. Tous nos plus beaux raisonnements ne changent rien à la chose. Les apparences constitutionnelles qui enveloppent le Gouvernement autrichien font prendre aux Italiens des vessies pour des Ianternes, quand on connait le Pays comme je le connais moi, on ne se trompe pas.

J'ai vu ces jours derniers un article de la Riforma (26 mars) signé par le sénateur Alvisi qui était en grande partie un attaque à fond contre moi qui d'après ce qui résulte par les Livres verts (!) n'aurais rien vu, rien prévu. Nos Ministres quand ils sont attaqués eux se font défendre vigoureusement par les journaux amis, mais quand on nous attaque nous, silence complet. Cet article m'a agacé je vous l'avoue; mais je me suis bien vite calmé car j'ai compris qu'au fond il ne s'agissait que de perdre ma piace le jour où les amis de la Riforma viendraient au pouvoir, ça m'a paru bien inoffensif, vu que personne plus que moi ne serait heureux de Iacher sa piace au premier venu le jour où on ne voudra plus de moi. A propos de poste vous ne m'avez rien répondu au sujet de mes démarches réitérées pour ne pas avoir M. Franchetti; j'ai pris votre silence pour un acquiescement, mais c'est égal un mot qui me rassure complètement me serait agréable, car ce serait réellement facheux si un beaujour on me l'envoyait, et si je devais alors me raidir complètement, ce serait un scandale pénible et compromettant.

Je suis vraiment peiné mon cher Baron de vous causer tant d'ennuis, mais votre constante amabilité à mon égard et la part si prépondérante que vous avez pris à tout ce qui touche nos rélations avec l'Autriche, me fait peut-etre à tort imposer silence à mes scrupules. Vous voyez qu'au lieu de reconnaitre mes torts, j'en reverse la faute sur vous!

Pardonnez moi cela avec beaucoup d'autres choses ...

P. S. -Je reçois à l'instant Votre lettre du 30 (1). En vérité j'aurais préféré un autre que De Martino à Sofia, mais je n'ai rien d'assez grave à lui reprocher pour pouvoir prononcer un quos ego, il me semble donc que des instructions bien précises de marcher dans la voie où nous nous sommes engagés suffisent pour le moment. Je vais adresser au Ministère un rapport à ce propos. Si puis ça ne produ.isait pas l'effet voulu, il serait toujours temps d'aviser. En attendant merci de l'avertissement.

(l) -T. 444, non pubbllcato. (2) -Non rinvenuta. (3) -Cfr. ·n. 612. (4) -T. 239, non pubbllc&to. (5) -Cfr. n. 644.

(l) Non pubblicata.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

L. P. Vienna, 3 aprile 1882.

Mon silence très prolongé à dù vous prouver que notre grande affaire n'a point fait de chemin depuis ma lettre du 22 (1). Je suis toujours dans l'attente que Kalnoky m'invite à reprendre la conversation, mais comme Soeur Anne je ne vois rien venir. Je garde du reste pour moi mes commentaires au sujet de ce retard pour le moins singulier, et m'en afflige fort peu ayant la conviction que dans nos conditions, qui ne sauraient changer de sitot, nous n'avons rien à gagner à nous unir étroitement à l'Allemagne et à l'Autriche, ce sera le voyage du pot de terre en compagnie du pot de fer, raconté par le bon Lafontaine. Le seul avantage que nous en retirerons sera que ça nous forçera d'ètre sages! Ce que nous pourrions faire sans y ètre forcés, est de nous ouvrir le chemin à quelque chose de plus pratique un jour ou l'autre, les circonstances aidant.

Tout ceci posé, venons à la question qui vous regarde plus spécialement et dont vous m'entretenez dans votre lettre du 31 dernier (2). S'entend que comme toujours aussi à ce propos je vous dirai avec pleine franchise toute ma manière de voir. Ainsi donc, avant tout je vous avouerai, que je ne comprendrais pas la possibilité si un Traité se signait à Vienne, l'Autriche y étant représentée par un seul plénipotentiairie Kalnoky, et l'Allemagne par un seul aussi Reuss, que l'Italie en eùt deux; ça me paraitrait anormal, sauf si vous veniez ici avant pour mener à terme ces négociations, mais en ce cas évidemment le secret n'existerait plus, car dès le lendemain de votre arrivée à Vienne tout les journaux signaleraient votre présence, et en devineraient la raison. Mais en dehors de ce système qui me semble défectueux, il me semble qu'il y en a d'autres de nature à vous faire atteindre le mème but que j'apprécie hautement.

l) D'abord on pourrait signer ici un Traité uniquement Austro-Italien que je signerais moi. Après ça on pourrait en signer à Berlin un d'accession au premier, qui porterait votre signature.

2) Rien n'empèche qu'après que nous sommes tombés d'accord ici, on transporte à Berlin le siège des négociations finales, et par conséquent la signature. L'Ambassadeur d'Autriche signerait pour Kalnoky, et la sìgnature de l'Italie serait donnée uniquement par vous.

3) Que le Traité se signant à Vienne ce soit vous seul qui receviez les pleins pouvoirs pour venir le signer ici.

De ces trois systèmes, le 2° me semble le plus pratique, on s'y prèterait ici par égard pour l'Allemagne, et de notre coté un Traité signé à Berlin aurait plus de poids que s'il était signé à Vienne.

Proposez à la Consulta celui de ces trois systèmes qui vous semblera meilleure, et si je serai interpellé je m'engage à appuyer vos propositions.

Le n. 2 et le n. 3 me laissent ainsi complètement en dehors, mais que ceci ne vous arrete pas. Si je serai forcé de signer, je le ferai par devoir, mais avec plaisir non; ce que je vous ai dit au commencement de cette lettre vous explique mon sentiment à cet égard.

Je ne me sens du reste pas appelé à faire longuement appliquer le Traité qu'on pourra signer. Je n'ai aucune ambition, je ne désire rien, et n'ai plus rien à attendre. Le Roi et l'Etat n'ont aucun besoin de mes modestes services, et je suis travaillé par une envie féroce de tirer mon épingle du jeu, et de me retirer complètement et à tout jamais pour consacrer les dernières années de ma vie uniquement à ma famille.

Vous voyez que dans ces conditions là ça ne peut pas faire question pour moi de mettre ou non mon nom sous un Traité comme celui qu'il s'agit de stipuler. Ainsi donc c'est entendu, ne vous genez pas. Laissez vous uniquement conduire dans les propositions que vous ferez à Rome par l'intéret du Roi et du Pays, seui guide de vos actions comme des miennes; vous me trouverez tout pret à disparaitre de la scène sans me faire prier.

Le Major Bisesti qui vous remettra cette lettre m'a raconté beaucoup de choses qui m'ont laissé une bien triste impression sur nos affaires intérieures, en confirmant du reste pleinement celle que déjà je m'étais formé. Nous sommes bien mal acheminés, et ce ne seront point nos efforts combinés qui parviendront à tirer du fossé la Monarchie et le Pays.

(l) -Non rinvenuta ln Carte Robllant. (2) -Cfr. n. 665.
671

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 4 aprile 1882, ore 17,10 (1).

Après avoir parlé de différentes choses, Kalnoky m'a dit qu'il ne pouvait encore reprendre avec moi nos négociations, Bismarck étant absent de Berlin, ce qui ne facilite pas l'entente avec lui, nécessaire avant de formuler un projet. II m'a ajouté, en outre, que l'Empereur, de son còté, a aussi quelques idées à lui, qu'il n'a pas encore précisées, mais tout cela, disait-il. ne changera pas la substance de votre proposition. J'ai remercié pour ce qu'il m'avait dit, sans témoigner aucun empressement. Je viens de communiquer ce meme télégramme au comte Launay.

672

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO A BELGRADO, TOSI

L. P. Vienna, 6 aprile 1882.

Questa volta la cassetta giunsemi che già il corriere era partito da alcuni giorni per Roma, ma ciò non di meno potei spedire immediatamente di Lei

pieghi alla Consulta avendoli affidati a Christich che partiva ieri per andare a presentare le sue nuove credenziali. La di lei lettera per De Launay dovrà aspettare sino alla metà del mese, salvo mi si presenti prima una sicura occasione.

Con ragione Ella s'immagina ch'io abbia ricevuto istruzioni positive ed anche pratiche. Le ho ricevute, e posso dire che le nostre proposte trovarono qui favorevolissima accoglienza... ma una risposta veramente positiva l'aspetto da tre settimane, e non la vedo venire. Pare che il gran mago di Berlino non abùia ancora fatto conoscere qui le sue superiori decisioni; e forse vi sono anche altre circostanze, che fanno esitare intorno al modo di stringerei più efficacemente 1a mano, in maniera da non !asciarci più scappare!

La questione della controvisita è più che mai all'ordine del giorno nei giornali, ma altrimenti non ne fu mai detta parola alcuna nè direttamente nè indirettamente. Da noi si grida Roma o morte! Ma questo non è il mezzo di conseguire il nostro scopo, tanto più con quel po' di proclami e di discorsetti che il Signor Garibaldi vomita a Palermo.

Ritengo assolutamente infondate tutte le voci poste in giro intorno a speciali accordi fra l'Austria-Ungheria e la Serbia. Kalnoky non mi pare affatto essere uomo di avventure, e d'altronde il momento non vi sarebbe qui affatto propizio, il Paese ha già abbastanza le tasche piene, pardon volevo dir vuote, di dover pagare il conto dell'insurrezione Erzegovese.

M'interessa assai ciò ch'Ella mi dice di Mjatovich, essendomi venuto all'orecchio che lo si voglia mandare Ministro a Vienna, il Christich prendendo sede stabile a Roma, eventualità che quest'ultimo non mi negò in modo assoluto.

Sta di fatto che volere o non volere la guerra colla Russia è in vista, però qui si farà di tutto per allontanarne l'epoca, e pel momento intanto vi ha una vera sosta.

Galvagna è a Vienna e la ringrazia per le sue felicitazioni.

(l) Manca l'indicazione dell'ora d'arrivo.

673

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

D. 1368. Roma, 8 aprile 1882.

Ho ricevuto il Rapporto di V. E. n. 1308, in data 2 di questo mese (1), contenente la replica di Lord Granville alla nostra proposta di lasciare per il momento in disparte l'Egitto, dopoché esso respinse il progetto di convenzione per Assab, e di cercare d'ottenere il consenso del Sultano alla convenzione stessa.

Sarà conveniente che l'equivoco in cui sembra caduto Lord Granville interpretando la nostra proposta in modo troppo assoluto, attribuendoci cioè l'intendimento di voler escludere interamente l'Egitto da quell'accordo, sia tosto chiarito. A questo scopo parrebbe opportuno uno scambio di lettere particolari segnatamente se avesse a protrarsi il ritorno del Ministro britannico.

(l) Non pubblicato, ma cfr. n. 666.

674

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Berlino, 9 aprile 1882 (l).

Depuis mon rapport s.n. du 30 mars échu (2), j'ai revu le 3 avril le sous secrétaire d'Etat. Il me disait, et cela m'était confirmé par le Comte Széchènyi, que jusqu'à cette date aucune communication n'avait encore été faite de Vienne sur l'entrevue du Comte de Robilant avec le Comte Kalnoky, du 22 mars (3). Sans dépasser la mesure que comporte notre dignité, je continuais à entretenir les bonnes dispositions du Cabinet de Berlin dans l'ordre d'idées développées dans l'annexe à la dépéche de V. E. du 17 mars (4).

Hier, je rencontrais nouvellement le Sous-Secrétaire d'Etat. J'avais reçu dans l'intervalle un télégramme duplicata de notre Ambassadeur à Vienne (5) indiquant les motifs de retard allégués par le Ministre Austro-Hongrois des Affaires Etrangères. M. le Docteur Busch me donnait l'assurance que les pourparlers engagés sur l'entente à trois, quelles que fussent les idées non encore précisées par l'Empereur François-Joseph, ne s'écartaient pas en substance des bases que nous avions indiquées et qui ont trouvé ici bon accueil. Le Prince de Bismarck était attendu à Berlin vers le 20 de ce mais; mais d'ici là les négociations auront certainement progressé vers une solution satisfaisante.

Après cette seconde entrevue, il me parvenait un autre télégramme duplicata de mon collègue à Vienne (6), qui m'annonçait que le Comte Kalnoky venait de recevoir une réponse satisfaisante de Berlin, et que les négociations seraient reprises après les fétes de Paques.

Le Sous-Secrétaire d'Etat, quoiqu on put l'induire de son langage pronostiquant avec certitude le résultat désiré, ne me disait pas positivement qu'une réponse eut été déjà expédiée d'ici à Vienne. Mais cette fois encore je constatais que les vues que j'avais exposées, à maintes reprises, d'après les instructions vrecitées de V. E., trouvaient à Berlin un accueil favorable.

En me référant à mon télégramme d'hier (2), dont j'ai transmis un double au Comte de Robilant...

675

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 469. Roma, 11 aprile 1882.

Ho ricevuto il rapporto del 2 corrente n. 861 (7), insieme ad una copia della nota verbale con la quale il Governo egiziano espone le ragioni che lo

indussero a respingere la convenzione per Assab, propostagli dal Governo britannico.

Non ci sembra conveniente, dopo la comunicazione del nostro memorandum, di continuare una discussione qualsiasi col Governo egiziano. Però, alla S. V. non sarà sfuggito come la nota verbale egiziana del 25 marzo contenga affermazioni che, da un punto di vista intrinseco, ben meriterebbero di essere rilevate. È naturale, infatti, che l'on. Cairoli ammettesse, il 17 maggio 1880 (1), la possibilità, per il Governo egiziano, di addurre le prove della sua vantata sovranità, come è naturale che il Governo italiano sia reciso, ora, nella sua opinione negativa a questo riguardo, dopochè non un solo valido argomento se ne seppe addurre dal Governo nel suo memorandum del 6 luglio 1881 (2), e fummo noi, invece, a fornire, nel nostro recente memorandum, la prova categorica della inanità delle pretese egiziane. La nota verbale del 29 marzo fa poi equivoco quando, ricordando, non sappiamo con quanta opportunità, la nomina di un console inglese per Assab, la quale, divisata due anni or sono, in realtà non venne mai effettuata, riferisce il consenso intervenuto tra il Governo italiano e il Governo britannico circa la questione relativa alle condizioni di sovranità lungo le coste occidentali del Mar Rosso, argomento sul quale il Governo della Regina non ha inteso di pronunziarsi, mentre invece tale consenso concerne (e su questo punto non può cadere dubbio dopo le note scambiate tra il generale Menabrea e lord Granville) la progettata convenzione che regolerebbe tutti i rapporti attinenti direttamente o indirettamente ad Assab. Dobbiamo infine, in presenza delle precise informazioni giunteci da Costantinopoli, considerare quanto meno come assai arrischiata l'asserzione, contenuta nella nota verbale, che, cioè, la Sublime Porta, dopo maturo esame della questione, ha «riconosciuti ed affermati, i diritti dell'Egitto, sopra Assab ».

Questi nostri rilievi non pensiamo doversi punto eccepire ufficialmente al Governo vicereale, appunto perchè, come già fu detto, la discussione è da noi riguardata come terminata. Ma la S. V. potrà valersene nei suoi colloquii ulteriori sia col Kedive, sia coi colleghi che si trovassero al fatto della controversia.

Nei rapporti verso i ministri, Ella nulla ha oramai da aggiungere alle dichiarazioni che già avrà fatte in base al dispaccio del 27 (3) e al telegramma del 31 marzo (4). Noi abbiamo, oramai, in Assab una posizione che, come è inoppugnabile nel fatto, così è anche incontrastabile in diritto. Abbiamo già fatto assai più di quanto ce ne incombesse l'obbligo col somministrare una dimostrazione della quale avremmo potuto, a rigar di termini, dispensarci, lasciando che l'Egitto adducesse, se pur mai poteva riuscirgli possibile, le prove delle sue rivendicazioni. Abbiamo, inoltre, per ispirito di condiscendenza e per deferenza all'officiosa intromissione di una grande potenza amica, accettato, per parte nostra, un accordo che avrebbe preservato e favorito tutti gli interessi concreti connessi con la presente questione. Dopo tutto ciò, possiamo ben continuare, senza preoccupazione od esitanza, l'opera di civiltà e di legittimo svolgimento econo

mico intrapresa ad Assab per opera di iniziativa privata la quale, per obbligo di buon Governo, deve essere ora assecondata e completata dall'azione governativa.

(l) -Manca l'indicazione del giorno d! arrivo. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. nn. 647 e 651. (4) -Cfr. n. 643. (5) -Cfr. n. 671. (6) -T. de11'8 aprL!e, non pubblicato. (7) -Cfr. n. 668. (l) -Cfr. serie II, vol. XIII, n. 62. (2) -Cfr. n. 96. (3) -Cfr. n. 655. (4) -T. 239, non pubblicato.
676

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Vienna, 12 aprile 1882 (1).

Ebbi stamane la già annunziataLe conferenza col conte Kalnoky e pregiomi ora trasmettere all'E. V. il progetto di Trattato a tre, che conseguentemente a quella nostra conversazione Egli ebbe a farmi tenere poco fa.

S. E. davami anzitutto lettura di un progetto le di cui lievi differenze col testo che trasmetto, sarà mia cura di far rilevare all'E. V. nel prendere ad esame i singoli articoli. Finita quella lettura il Conte Kalnoky, invitavami ad un'ampia discussione in proposito, da protrarsi anche a domani se occorreva. Io credetti però non dovere accettare quella proposta osservando che a fronte di un jactum completo suo, dovevo lasciare all'esame del mio Ministro il documento che mi veniva presentato, e dissi che mi sarei limitato a chiedergli le occorrenti spiegazioni intorno ai concetti espressi in quell'atto, nonchè a fargli quelle osservazioni che sono conseguenza diretta delle istruzioni già da me ricevute.

Esaminando il preambolo parvemi acconcio discutere la questione della garanzia dei territori, offerendomi di proporre altra espressione analoga se quella non gli conveniva, pur di far risultare il concetto. Osservai a questo proposito che un trattato del genere di quello che intendiamo gli uni e gli altri sottoscrivere, esprimerebbe un'idea troppo indeterminata ove non si pattuisse che l'aiuto che dobbiamo reciprocamente prestarci, dovrà andare fino a guarentirci ad ognuno il possesso degli attuali Stati, aggiunsi che ove ciò non si facesse, resterebbe aperta la porta ad ognuno dei tre alleati di abbandonare la partita al momento in cui più non troverebbe di sua convenienza di continuare la lotta in difesa dell'alleato.

Il Conte Kalnoky che mi aveva attentamente ascoltato risposemi, che la conservazione degli Stati attuali e la garanzia dei territori sono sinonimi, che quindi non potrebbe piegarsi a pattuire quella a vece di questa, essendo il principio in se stesso che l'Austria-Ungheria ripudia. Egli dissemi che l'Imperatore non intendeva assumere un impegno al disopra delle sue forze, e che al modo stesso ch'Egli non guarentirebbe mai alla Germania il possesso dell'Alsazia e della Lorena e che del pari la Germania non guarentirebbe all'Austria quello della Bukovina, così l'Imperatore non poteva assumersi l'impegno di guarentirci il nostro territorio. Essendo io ritornato alla carica con nuovi argomenti il Ministro Imperiale mantenne ferma la sua dichiarazione autorizzandomi a ripetere formalmente in suo nome all'E. V., che ciò che il Gabinetto di Vienna non farebbe per noi, non l'aveva fatto nè il farebbe per la Germania, cioè che, come già mi aveva detto, non consentirebbe a guarentire all'Impero tedesco

l'Alsazia e la Lorena. Qui è dover mio il dire, che sono convinto che qualsiasi tentativo nostro onde ottenere quella guarentigia non avrebbe risultato. Se fossero state l'Austria e la Germania che avessero ricercata la nostra alleanza, potremmo stabilire quel patto come condizione sine qua non, ma l'iniziativa essendo invece tutta nostra, ci faressimo rispondere che siamo padronissimi di non firmare e non se ne parlerebbe più, salvo venisse il momento in cui l'alleanza con noi fosse un assoluto bisogno degli altri due.

Devo poi ancora notare qui che il Conte Kalnoky mi disse che in fin dei conti, siccome loro dalla Francia nulla hanno da temere direttamente, così tutto il vantaggio ch'essi ricavano da quel Trattato si è la nostra eventuale neutralità in caso essi fossero impegnati colla Russia, servizio questo non proporzionato a quello che ci presterebbero sobbarcandosi alle conseguenze della guarenzia del nostro territorio. Non mancai evidentemente di far rimarcare l'importanza della nostra eventuale azione contro la Francia che impedirebbe assai probabilmente la Russia dal muover guerra all'Austria, e posi anche in rilievo gli immensi vantaggi che ricaverebbe l'Austria dalla nostra neutralità; ma sebbene il Conte Kalnoky non contraddicesse il valore dei miei argomenti pure, come già dissi, mantenne risolutamente il suo punto di vista, da cui ritengo non recederà.

La redazione dell'Articolo I come mi fu presentato stamane conteneva neì suo secondo alinea soltanto l'impegno del mutuo appoggio, nel limite dei proprii interessi, in quelle questioni d'interesse politico od economico che si potrebbero presentare; suggerii ciò si facesse precedere dall'impegno dello scambio d'idee nelle predette circostanze, facendo osservare che ciò sarebbe un fatto di natura a guarentire la pace, facendo presupporre agli altri Gabinetti che speciali impegni esistessero fra di noi di più larga natura. Quella mia idea fu accettata e trovasi espressa nel progetto qui unito.

L'Articolo II è il più importante del Trattato: con esso si stabilisce che nel caso l'Italia sia provocata dalla Francia gli altri due Stati sono in dovere dl prestargli soccorso ed assistenza con tutte le loro forze. La reciprocità incombe solo all'Italia a riguardo della Germania. In questo caso, siccome dicevami il Conte Kalnoky, l'Austria non sarebbe impegnata che alla neutralità. Feci rilevare che l'espressione provocazione è molto indeterminata sempre, poiché non vi ha caso di guerra in cui le due parti non si siano rimandate l'accusa della provocazione. Il Conte Kalnoky, ammettendo la giustezza della mia osservazione è.issemi, che quella parola era stata voluta dal Principe di Bismarck. Devo dire che non credetti opportuno far di ciò oggetto di questione, poichè l'esistenza di un Trattato e la disposizione contemplata dal successivo articolo V permetterà pur sempre di stringere maggiormente i nodi all'occasione per quel tanto che le circostanze il consentiranno. Non devo però tacere che il Conte Kalnoky nel dirmi che quella parola era stata voluta dal Principe Bismack mi aggiunse il Cancelliere aver detto: «C'est une réserve nécessaire, car sans cela les Italiens assurés de notre appui ne tarderaient pas à provoquer les français ». La com·· memorazione dei Vespri siciliani entrò evidentemente per qualche cosa in questa faccenda, ciò nondimeno io credetti dover dichiarare quella supposizione non aver fondamento di sorta, l'Italia avendo troppo desiderio e bisogno di pace per provocare una guerra contro la Francia, i di cui mali sarebbero pur sempre gravi, anche avendo a fianco forti alleati. Di ciò convenne pure il Conte Kalnoky; ma dinanzi ad un'idea emessa dal Principe di Bismarck, come di ragione, ogni discussione da parte sua doveva cessare, e non si disse più altro nè da una parte né dall'altra.

L'Articolo III è chiaro abbastanza da non aver bisogno di essere spiegato; ed anche su questo mi fu detto esserne stata la redazione suggerita dal Principe di Bismarck onde, per riguardo al vecchio Imperatore, non nominare la Russia. A ciò osservai che nella formola da me indicatagli il primo giorno non si faceva del pari menzione della Russia. I due Gabinetti vollero poi introdurre le parole « dans ~ne guerre avec deux ou plusieurs grandes Puissances non signataires etc. » per comprendere il caso in cui l'Inghilterra fosse alleata della Russia. Il Conte Kalnoky dicevami però ritenere affatto improbabile quella supposizione, ma quella locuzione essere stata voluta dal Principe di Bismarck per sempre maggiormente eliminare un diretto accenno alla Russia.

All'Articolo IV ho osservato essere conveniente l'aggiunta, che fu effettivamente introdotta, «saut à intervenir avec les armes en taveur de leur allié si elles le jugeaient à propos », ritenendola di somma importanza, sebbene il Conte Kalnoky mi dicesse che ciò non aveva bisogno dì essere pattuito. A me pare che se ciò non fosse convenuto ci potrebbero all'evenienza dire, che non hanno d'uopo del nostro concorso, ed escluderci così dal cogliere noi pure eventualmente i frutti della guerra mentre che, con quella riserva, se siamo padroni di non entrare in azione, è pure in nostra facoltà di entrarvi a quel momento che ci parrà di nostra convenienza. Forse quest'articolo IV che contiene un principio generale starebbe meglio sotto l'art. II, e si potrebbe dar a questo il n. IV; ma è questa una questione di forma di cui l'E. V. nella sua saviezza ed esperienza apprezzerà la convenienza.

Gli articoli V e VI non diedero luogo ad osservazioni per parte mia: restarono quindi tal quali.

Sull'articolo VII che stabilisce la durata di cinque anni dichiarai non essere in grado dì dire se sarebbe accettato dall'E. V. avendo io omesso di provocare istruzioni in proposito. L'E. V. vedrà quindi se quel limite di tempo Le convenga o no: francamente, se spettasse a me decidere l'accetterei tal quale, del resto non credo che qui si farebbe difficoltà a stabilire la durata anche soltanto a tre o quattro anni; ma oltre i cinque, ritengo non s'impegnerebbero.

Come l'E. V. vede, lo spirito essenziale del Trattato si è di assicurare alla Germania l'appoggio nostro se fosse attaccata dalla Francia, siccome all'Austria è già assicurato quello della Germania se venisse attaccata dalla Russia. All'Italia poi è guarentito l'appoggio della Germania e dell'Austria se fosse provocata alla guerra dalla Francia.

Non vi ha dubbio che questo, come tutti i trattati lascia molte questioni indeterminate, e non è un cuscino su cui si possa poggiar sopra la testa per dormirvi con ogni sicurezza: esso varrà solo quel tanto che sapremo noi farlo valere, costituendoci fortemente all'interno, completando attivamente i nostri armamenti, dando solida guarentigia agli Imperi alleati dei nostri fermi propositi, procedendo in ogni circostanza senza transazioni di sorta con quel partito

che ha per programma la distruzione della nostra arca santa la gloriosa Monarchia Sabauda, e l'anarchia in Italia ed ovunque.

Come dissi non ho impegnto in maniera alcuna la decisione dell'E. V., che resta quindi libera di accettare, modificare o rifiutare anche completamente il progetto che per mio mezzo il Conte Kalnoky Le sottopone. A parer mio, tal quale esso è o con lievissime modificazioni di forma, (lasciando questa assai a desiderare) non esiterei ad accettarlo; ma non intendo che esprimere un rispettoso parere, di cui Sua Maestà ed i suoi competenti Ministri responsabili faranno il caso che crederanno.

Chiedo finalmente venia pel presente rapporto che ho dovuto scrivere con straordinaria fretta per non ritardarne la spedizione a Roma visto che dal momento che ci siamo posti in questa via il meglio si è di conchiudere senza ritardo. Evidentemente quindi mi saranno sfuggite molte osservazioni che l'E. V. è d'altronde ben altrimenti meglio di me in grado di fare.

Aspetterò le istruzioni che Le piacerà impartirmi e che eseguirò col massimo zelo e con ogni cura. Non si è parlato del luogo in cui il Trattato si firmerebbe ma mi pare evidente ch'esso deve essere Vienna.

ALLEGATO

PROGETTO DI TRATTATO PRESENTATO DAL CONTE KALNOKY

L'Empereur d'Autriche-Hongrie, l'Empereur d'Alleroagne et le Roi d'Italie, animés du désir d'augmenter les garanties de la paix générale, de fortifier le principe monarchique et d'assurer par cela meme le maìntien intact de l'ordre social et politique dans leurs Etats respectifs, sont tombés d'accord de conclure un traité qui par sa nature essentiellement conservatrice et défensive ne poursuit que le but de Les prémunir contre les dangers qui pourraient menacer le repos de Leurs Etats et de l'Europe.

A cet effet. . . . . . . . . . . . .

Article I

Les parties contractantes se promettent mutuellement paix et amitié et n'entreront dans aucune alliance ni engagement dirigés contre l'un de Leurs Etats.

Les parties contraotantes s'engagent à procéder à un echange d'idées sur les questions politiques et économiques dune nature génerale qui pourTaient se présenter et se promettent en outre Leur appui mutuel, dans la limite de Leurs propres intérets.

Article II

Dans le cas où l'ltalie, sans provocation de sa part, serait attaquée par la France pour quelque motif que ce soit, les deux autres parties contractantes sont tenues à preter à la partie attaquée secours et assistance avec toutes leurs forces. Cette meme obligation incombe à l'Italie dans le cas d'une agression non-provoquée de la France contre l'Allemagne.

Article III

Si une ou deux des parties contractantes sont engagées dans une guerre avec deux ou plusieurs grandes puissances non-signataires du présent traité, le casus /oederis se présente simultanément pour toutes les parties contractantes.

Article IV

Dans le cas où l'une des parties contractantes, sans provocation directe, se verrait forcée de fadre la guerre à une puissance non signataire du présent traité, les deux autres s'obligent à observer une neutralité bienveillante à l'égard de celle des parties contractantes qui se trouve en guerre, sauf à intervenir avec Ies annes en faveur de leur alliée si Elles le jugeaient à propos.

Article V

Si la paix de l'une des parties contractantes venait à etre menacée dans Ies circonstances prévues par les articles précédents, les parties contractantes se concerteront en temps utile sur les mesures militaires à prendre en vue d'une coopération éventuelle.

Article VI

Les hautes parties contractantes se promettent mutuellement le secret sur le contenu et sur l'existence du présent traité.

Article VII

Le présent traité restera en vigueur durant l'espace de cinq ans à partir du jour de l'échange des ratifications.

(l) Manca l'indicazione del giorno di arrivo.

677

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 12 aprile 1882.

J'espère que vous serez content de moi, mais maintenant il faut mener les choses rudement. Tachez que le Ministre me télégraphie au plus tòt sa première impression et qu'il ne me fasse pas attendre plus de deux jours sa réponse que

M. Costa devra me rapporter. (Ce qu'il y a de dròle c'est qu'on a insistè ici pour l'envoi d'un courrier parce que on ne se fie pas de leur propre Cabinet noir qui ne travaille pas seulement pour le compte du Ministère des Affaires Etrangères, c'est un fait que j'ai déjà constatè d'autres fois). Certes ce traité n'est pas tout ce que nous pouvions désirer, mais n'oublions pas que nous n'avons pas su nous faire rechercher et que nous avons... demandé nous l'alliance. Dans ces circonstances mieux que cela nous ne pourrions pas avoir aujourd'hui, car il nous est interdit de poser des conditions, sine qua non! Ainsi puisque nous voulons le traité et que d'ailleurs il est trop tard pour reculer, sautons le fossé et acceptons, s'il ne s'agissait que de petites modifications on pourrait méme me donner les instructions nécessaires par télégraphe.

Je regrette vivement le transfert de M. Bottaro Costa, mais au moins en le nommant dès à présent Secrétaire et en le transférant à Pétersbourg, laissezle moi au moins encore pour un mois, tant d'ici là il n'y aura pas de couronnement. J'ai évidemment beaucoup à faire ces jours ci, et il m'est nécessaire d'avoir de jeune personnel en état de faire aller les affaires courantes dont peuvent moins s'occuper Galvagna et Calvi qui doivent chiffrer et copier tout ce qui a trait à la grande question.

Je .finis car il est tard, et que je n'en puis plus aujourd'hui, ça a été une rude journée.

678

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Berlino, 15 aprile 1882, ore 8,18.

Courrier de Cabinet ne devant arriver que le 18 ou le 19 il serait utile que je connaisse plus tòt si le projet de traité élaboré à Vienne (l) est vraiment conforme en substance au projet n. l de Mancini (2). Avez vous réussi à faire admettre garantie réciproque territoriale? Dans le cas où vous auriez des motifs pour retarder vous mème de quelques jours ces éclaircissements je pourrais si vous ne voyez pas d'inconvénient demander à notre ministère des affaires étrangères de me les fournir (3).

679

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. Vienna, 15 aprile 1882.

Projet traité élaboré par Kalnoky d'accord presque mot par mot avec Bismarck par entremise Reuss, est en substance conforme au projet n. l de Mancini (4), mais le principe d'une garantie territoriale quelconque ou phrase équivalente a été repoussé ici de la manière la plus absolue. Kalnoky m'a déclaré formellement m'autorisant à le répéter à Mancini, qu'Autricfie ne garantirait jamais Alsace Lorraine à l'Allemagne qui à son tour ne lui garantit pas Bukowine, par conséquent Empereur n'accepte pas de nous garantir nous mème avec réciprocité. Demandez au Ministère copie de mon rapport (l) vous verrez ce que nous nous sommes dit à ce sujet. Je n'ai jamais douté dès le premier jour qu'on ne voudrait pas de ça ici vu la question de Rome. Je crois que c'est à prendre ou à laisser vu la fàcheuse position dans laquelle nous nous sommes mis. Le traité devra rester secret et on propose durée de cinq ans.

680

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (5)

R. CONFIDENZIALE 465/1322. Londra, 15 aprile 1882 (per. il 20).

Ho l'onore di partecipare all'E. V. che ho testè ricevuto da lord Granville una lettera in data del 13 corrente, segnata confidenziale, che si riferisce alla convenzione di Assab.

(-4) Cfr. n. 676, allegato.

Essa è del tenore seguente:

« Mahmud pascià Sami, presidente del consiglio dei ministri del Kedive, ha asserito all'agente e console generale della Regina in Egitto, che la Sublime Porta non ha raccomandato in alcuna guisa d'accettare la proposta convenzione relativa ad Assab; e che il Governo egiziano non aveva alcuna facoltà di stipulare siffatta convenzione, giacché, in conformità dei termini del firmano imperiale, il territorio dello stato è inalienabile. Il presidente del consiglio soggiunse poi che, quand'anche il Governo egiziano fosse stato in grado di accettare quella convenzione, la Camera l'avrebbe respinta».

(l) -Cfr. n. 676. (2) -Cfr. n. 643. (3) -Per la risposta cfr. n. 679.

(5) Ed. in l'Italia in Africa, vol. cit., p. 233.

681

IL CONSOLE A TRIPOLI, DE GOYZUETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 114. Tripoli, 15 aprile 1882.

Sono assicurato che il Governo ottomano abbia deciso di armare alcune migliaja di Arabi, i quali verrebbero istruiti al maneggio del fucile Martini.

Queste Autorità sembrano molto preoccupate dalla prossimità delle truppe francesi e dalla possibilità di un pretesto qualsiasi per varcare la frontiera. È ben vero che attaccare la Tripolitania sarebbe dichiarare guerra all'Impero ottomano, ma altrettanto si credeva della Tunisia. Qualora si volesse dalla Francia trovare un pretesto, questo sarebbe, a mio modo di vedere, bello e pronto. Essa direbbe: «Voi Turchi non siete capaci di garantirmi la tranquillità della Tunisia colla vostra occupazione della Tripolitania » (Dico occupazione, pel modo con cui la Turchia travasi possedere questo paese).

Del resto, voi non avete maggiori diritti sulla Tripolitania di quelli che potrei vantare io per diritto di accessione, e non ne siete in possesso che per un atto di tradimento commesso, quarant'anni or sono, verso il Caramanli, atto non riconosciuto dagli Stati Uniti di America etc. Quindi, io occupando la Tripolitania, non intendo di muovere guerra a voi, Turchia, ma semplicemente di tutelare la tranquillità dei miei possedimenti. Ed il ragionamento fila più

o meno bene.

Da qualche tempo gli arabi si sono alquanto elettrizzati contro l'elemento europeo, e ne feci menzione nel mio rapporto di n. 112 di questa Serie (1), a proposito del trasporto di un Krupp. Talvolta accade che ragazzi arabi, al passare di qualche europeo, gridano: el rumi, el rumi (il cristiano) il che avvenne anche a me ieri l'altro, fuori di città, ma ciò è di nessuna importanza; ma abbastanza significante è il fatto di un arabo adulto il quale apostrofò un Europeo (il Cancelliere del Consolato degli Stati Uniti di America, Maltese) nel seguente modo: «Voi Cristiani, starete qui fintantoché noi lo vorremo».

Da qualche giorno tutta la guarnigione ha lasciato i quartieri ed è accampata a qualche kilometro dalla città, sotto il pretesto della igiene, ma mi si

(l} Non pubblicato.

dice che il vero motivo sia quello di non dare sospetti, colle partenze notturne di distaccamenti per la frontiera.

Questa mattina sono giunti, col Piroscafo Postale, « Mahsousse », da Costantinopoli, cinquecento soldati, e duemila cinquecento cavalli sono stati acquistati per la cavalleria Ottomana.

Il Jérik, che nella scorsa settimana si era recato alla frontiera Tunisina, è di ritorno.

P. S. Mi si disse con una certezza matematica che il Generale Jorgemol sia stato in Tripoli nella scorsa settimana. Assunte informazioni, il personaggio in questione sarebbe stato un medico francese qui di passaggio.

682

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 17 aprile 1882, ore 14,15 (per. ore 16,50).

Le prince de Reuss, dans une visite qu'il m'a faite, a abordé pour la première fois la question du traité à trois. De la longue conversation que nous avons eue il résulte ce qui suit:

1° que l'Allemagne et l'Autriche ont exclu a priori la garantie des territoires ou autre chose équivalente. Le prince de Reuss m'a si bien fait entendre que c'est à cause de Rome, que j'ai du couper court pour éviter qu'il ne prononce ce nom. Il m'a fait remarquer que Kalnoky avait, dès le commencement, fait contre une garantie des territoires une déclaration explicite. Il m'a cependant fait observer que l'article 5 ouvre la porte à des engagements plus précis, le jour où il faudrait entrer en action. J'ai, du reste, fort bien vu qu'ils comprennent eux-memes qu'un traité de telle nature, sans une garantie quelconque, est chose inusitée et bien indéterminée; mais tout de méme on ne transigera pas.

2° Kalnoky a proposé à Berlin que le traité soit signé à Vienne par lui pour l'Autr,iche, le prince de Reuss pour l'Allemagne, et mai pour l'Italie, proposition qui sera acceptée par Bismarck, à ce qu'il m'a dit, vu qu'elle répond au principe qu'il a posé « qu'on passàt par Vienne pour arriver à Berlin ». J'ai indiqué, en causant, autres systèmes signatures: à Berlin, au lieu qu'à Vienne, par Bismarck, Szecheny et de Launay; ou bien signature à Vienne et à Berlin, et peut etre aussi dans les trois capitales; mais il a écarté toutes ces idées, insistant sur la signature à Vienne, camme le propose Kalnoky.

3° Les pourparlers qui ont eu lieu à Rome avec Keudell et Wimpffen ont donné motif à des confusions. Le prince de Reuss m'a dane clairement fait comprendre qu'il vaut mieux que toutes les discussions sur le traité aient lieu exclusivement à Vienne.

683

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 18 aprile 1882, ore 15,15 (per. ore 16,25).

Je remercie vivement V. E. pour son télégramme de cette nuit (1), dont je me suis déjà servi dans la juste mesure. On avait, du reste, déjà des informations par Wimpffen. A ce propos je prie de parler le moins possible de toute cette affaire avec les ambassadeurs d'Autriche et d'Allemagne à Rome pour éviter les confusions, et aussi afin qu'on ne soit préparé ici aux objections que je puis etre chargé de faire. Le prince de Reuss m'a dit aujourd'hui que le projet de traité est revenu de Berlin approuvé en entier par Bismarck. Ce matin l'Empereur à une parade à laquelle j'ai assisté m'a dit qu'il se félicitait vivement du bon pii que prennent nos négociations. Il a ajouté: «Vous devez aussi etre content de nous, car nous avons été aussi loin que possible pour vos intérets. Du reste tout porte à croire que la France ne bougera pas; mais si elle bougeait nous n'avons qu'à lui déclarer que nous sommes unis tous les trois, que nous ne formons qu'un; et elle sera réduite à l'immobilité ». Sa Majesté m'a dit ces paroles avec beaucoup de fermeté et de animation. J'ai répondu disant que je ne doute pas du prochain résultat fina! satisfaisant, vu qu'il ne sera pas difficile de mieux préciser quelques points restés obscurs, et d'introduire quelques modifications de forme qui me semblent désirées par mon Gouvernement. Sa Majesté a été tout particulièrement gracieux pendant l'entretien dont il m'a honoré.

684

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 19 aprile 1882, ore 10,35.

V. E. a parfaitement raison de désirer qu'ici les ambassadeurs d'AutricheHongrie et Allemagne n'aient aucune connaissance de nos observations (2), et qu'elles soient communiquées exclusivement à vous. Mais Keudell est absent, et je ne vois Wimpffen depuis dix jours. Blanc m'assure qu'il lui a dit seulement que le projet était arrivé, qu'il était l'objet d'un examen bienveillant de ma part, et que nous aurions communiqué à V. E. quelques modifications, à son avis, non essentielles. J'ai recommandé au baron Blanc, j'impose à moi méme, la réserve la plus absolue. Soyez parfaitement tranquille.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. n. 686. (2) -Cfr. n. 683.
685

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 20 aprile 1882, ore 7,42 (per. ore 10,50).

Le Cabinet autrichien tient peut-ètre à ce que la signature du traité que nous négocions avec l'Autriche et l'Allemagne soit apposée à Vienne, centre principal des pourparlers. Si le Cabinet de Berlin a été déjà consulté, il ne pouvait à moins de se rendre, tout d'abord, à ce désir. Il est certain, pourtant, que le prince de Bismarck serait très flatté si j'étais chargé d'exprimer le désir que son nom figuràt aussi camme plénipotentiaire; ce serait donner à cet acte toute sa valeur historique et politique. La vaie à suivre serait facile à trouver: celle, à savoir qu'il fut indiqué à la fin du préambule que l'Empereur d'Allemagne désigne pour ses plénipotentiaires so n chancelier et le prince de Reuss. Le Roi me conférerait pleins pouvoirs de méme manière qu'au comte de Robilant. Les signatures seraient données à Vienne et à Berlin. Il serait dit « fait à Vienne le ... à Berlin le ... ». Cette combinaison n'est pas inusitée. Quand j'y faisais allusion dans un entretien avec le sous-secrétaire d'Etat, il l'a trouvée parfaitement de mise. Il avait méme l'air personnellement de la suggérer. Je prie V. E. de m'autoriser par le télégraphe (l) à en faire ici la proposition. Ce serait, quel que soit le résultat, un bon procédé de plus à l'égard de Bismarck. Il nous importe beaucoup d'engager en quelque sorte et toujours plus san amour propre personnel dans notre système politique défensif. Il est d'ailleurs de fait que le traité a été aussi discuté à Berlin.

686

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 20 aprile 1882.

Lo schema di Trattato segreto che V. E. mi trasmise con Rapporto confidenziale del 12 aprile (2) è stato da me esaminato con la ponderazione che si addiceva alla gravità dell'argomento e con quella sollecitudine che si richiedeva a manifesta dimostrazione del vivo nostro desiderio di riuscire senza indugio a definitivo accordo. Già con telegramma del 17 (3). Le significai la favorevole mia impressione personale sull'insieme del propostoci schema, riservandomi, nel telegramma stesso, di comunicarle indi quelle osservazioni che un più maturo studio m'avrebbe suggerito. Mi piace oggi di aggiungere, prima

(-2) Cfr. n. 676.

-!cl --Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

d'ogni altra cosa, che lo spirito essenzialmente pacifico e conservativo del testo propostoci dal Conte Kalnoky, e già assentito dal Principe di Bismarck, è stato altamente apprezzato da S. M. il Re, che mi concesse, perché io potessi meglio udirne il pensiero e la volontà, l'onore di reiterate udienze, e dal Presidente del Consiglio, col quale ancor più lungamente e a più riprese me ne intrattenni.

Conclusione nostra è questa: che il testo compilato dal Conte Kalnoky ci sembra accettabile quando ci siano consentite poche e non sostanziali varianti, delle quali qui Le darò brevemente ragione.

Alcune di esse sono di mera redazione, intese cioè, a rendere più chiaro il significato che già apparisce essere stato nell'animo di chi apprestava il testo comunicatoci; altre, benché non siano di pura forma, sono però, a nostro avviso, non altro che una espressione più rigorosamente esatta di quel concetto fondamentale a cui l'intero atto si informa.

Acciò riesca a V. E. più agevole di seguire e direttamente valutare le osservazioni che La pregherei di comunicare, a suffragio delle singole nostre proposte, a S. E. il Conte Kalnoky, mi atterrò, puramente e semplicemente, all'ordine del testo stesso che, da Lei trasmessomi, ho in questo istante sott'occhio. La distinzione tra le varianti di mera redazione e quelle di maggior momento apparirà di per se stessa, ed appena sarà mestieri che io la faccia rilevare all'E. V. Non occorrerà neppure, nel manifestarle schiettamente e nella sua interezza il pensier mio, che io segni quasi una linea di separazione tra le considerazioni che possono essere senz'altro da Lei presentate al Ministro Austro-ungarico e quelle che, destinate a farle ben palese la nostra mente, siano però di tal natura da dover rimanere per Lei riserbate. V. E. meglio di chicchessia, e traendo, del resto, consiglio dallo svolgimento stesso del suo colloquio, saprà discernere quanto debba dirsi, quanto tacersi, e quanto accennarsi in giusta misura senza aperta dichiarazione.

Preambolo

Il preambolo può accettarsi cosi come è proposto, tranne che vorremmo veder lievemente modificata la chiusa, là dove, enunciandosi l'intendimento delle Parti contraenti, si parla dei pericoli « qui pourraient menacer le repos de Leurs Etats et de l'Europe ». Queste parole « repos de Leurs Etaits » sono, o almeno appariscono, certo contro la volontà del redattore, ambigue e tali da prestarsi all'equivoco; imperocchè taluno potrebbe includere nella dizione così foggiata, anche i pericoli cui soggiaccia l'ordine interiore in ogni singolo Stato, e presumere che il Trattato abbia anche lo scopo di una eventuale intromissione nella politica interna degli Stati contraenti.

Noi avremmo desiderato, e ancora desidereremmo che fosse adottata tale locuzione la quale apertamente esprimesse il concetto della reciproca guarentigia territoriale. Ma se questo nostro desiderio incontrasse, secondo che V. E. mi ha già significato, una opposizione assoluta e irremovibile, ci sembrerebbe almeno più acconcia quest'altra redazione: «la sauvegarde (ovvero la sécurité) de Leurs Etats et le repos de l'Europe ». Le quali parole avrebbero anche il vantaggio di ravvicinarci, quanto meno, a quel concetto della <<conservazione» degli Stati spettanti attualmente alla Sovranità delle Parti contraenti, che, agli occhi nostri, come già ebbi a dirle altra volta, ha pur sempre notevole valore morale ancorché non implichi propriamente, verso tutti, e in tutti i casi, una vera garantia territoriale.

Art. I e II

Accettiamo l'art. I così come ci è proposto. E del pari accettiamo l'articolo II; però con due lievi varianti, intese, a nostro avviso, a viemmeglio precisare il concetto essenzialmente pacifico e difensivo che, con l'articolo stesso, si volle esprimere. Là dove, in principio, si dice «sans provocation de sa part », come pure là dove, più innanzi, si parla di «agression non provoquée », vorremmo che si intercalassero, rispettivamente, le parole «directe » e «directement »; mercè le quali queste due locuzioni divrrebbero, la prima «sans provocation directe de sa part », e la seconda «agression non directement provoquée ». La variante da noi proposta ha una evidente ragione. Anzitutto, mentre noi ammettiamo una restrizione avente per iscopo di impedire che una Parte contraente, pur astenendosi da aggressione che le toglierebbe il beneficio della pattuita alleanza, si procacci, a suo arbitrio, il casus joederis costringendo, in certa guisa, con la propria provocazione, altra Potenza a dichiararle la guerra, non possiamo però consentire che la formala di tale restrizione sia così vaga ed elastica da lasciare in balia delle Parti contraenti (qui, beninteso, si ragiona a titolo di ipotesi) lo affermare o il negare, a suo beneplacito, la esistenza o la inesistenza dell'assunto obbligo convenzionale. Perché l'aggressione da parte dell'avversaria Potenza costituisca il casus joederis deve bastare che non siavi stata provocazione aperta e diretta, nè puossi lasciare adito a ricercare, con più o meno sottile indagine, se il fatto dell'aggressione abbia alcuna apparenza o pretesto alcuno di indiretta giustificazione. Del resto, che, nella mente stessa del compilatore del testo austro-ungarico, debba intendersi qui significata la « provocation directe », apparisce chiaramente dal successivo articolo IV, ove la neutralità obbligatoria è pattuita appunto sotto la condizione che la Potenza contraente si trovi impegnata in guerra « sans provocation directe ». L'analogia tra le due situazioni è troppo manifesta perchè valga, a far perdere il beneficio del patto, nell'un caso la provocazione diretta soltanto, e nell'altro, che importa la conseguenza di più gravi obblighi, una provocazione qualsiasi, la quale potrebbe anche dipendere da apprezzamenti soggettivi e variabili.

Art. III

Vengo ora all'art. III, ove mi sembra, per verità che il testo compilato dal conte Kalnoky si diparta notevolmente dal concetto fondamentale dell'Alleanza. La locuzione «Si una ou deux des Parties contractantes sont engagées dans une guerre » è così ampia da includere anche il caso in cui piaccia a una o a due delle Parti contraenti di muovere, senza provocazione o proporzionata causa, spontanea guerra, sia alla Francia e alla Russia, sia alla Francia e all'Inghilterra, sia, infine, all'Inghilterra e alla Russia. V. E. ricorda che, nel nostro progetto primitivo, il casus toederis avrebbe dovuto consistere esclusivamente nella aggressione da parte della Francia, o sola, o col concorso di altra Potenza. Noi potremmo ora, per entrare francamente e senza restrizione nel concetto difensivo dell'alleanza e nell'ordine di idee preferito a Vienna, ammettere tale redazione per cui il casus joederis consista anche nell'aggressione da parte di Potenze che non siano la Francia, semprechè due siano le Potenze avversarie. Ma non potremmo indurci ad accogliere tale formala che, attribuendo il carattere di casus joederis anche alla aggressione di cui venisse l'iniziativa da uno o due degli Stati alleati, altererebbe radicalmente l'indole della alleanza stessa, la quale da difensiva, come fu dichiarata fin dai primordii del negoziato ed è pur qualificata nel preambolo stesso del Trattato, si muterebbe in offensiva, prescinderebbe totalmente da quelle savie condizioni restrittive che nel precedente articolo si vollero sancite in correlazione con l'iniziativa e la responsabilità della guerra, porrebbe, in una parola, la Unione delle tre Potenze alla mercè di quella politica temeraria e provocatrice che giustamente dichiarassi di voler sbandire dalla Alleanza. Noi crediamo che sia puro e semplice ritorno ad un concetto concordemente voluto il surrogare, nell'art. III, al testo venutoci da Vienna quest'altra redazione: «Si une ou deux des Parties contractantes, sans provocation directe de leur part, viennent à etre attaquées et à se trouver par ce fait engagées dans une guerre, etc.».

Art. IV

Anche l'art. IV, benché miri solo a garantire la mutua neutralità, e non g1a a creare il casus joederts, ci sembra men conforme al concetto difensivo che è proprio dell'intero Trattato.

Il redattore del testo austro-ungarico, come ben si scorge dall'adoperata locuzione . . . «sans provocation directe se trouverait forcée de faire la guerre, etc. », ha già voluto evidentemente esprimere il pensiero che lo stesso obbligo della neutralità non sia assunto che a patto di un atteggiamento pacifico e alieno da ogni provocazione. Ma poiché tale era indubbiamente il concetto, non si vede perché non lo si abbia ad enunciare con maggiore precisione, con l'adoperare cioè, come in tutti gli altri articoli del Trattato, così anche nel presente articolo IV, tale formala che conservi scrupolosamente a ogni singolo patto dell'alleanza il carattere difensivo che le è proprio, e ne limiti gli obblighi alle sole contingenze della iniziativa od aggressione altrui. E, poiché anche qui si ragiona per ipotesi, è evidente che, qualora l'articolo non fosse opportunamente corretto, potrebbe avvenire che, in una vertenza determinata, uno dei tre Stati, avendo, mercè il patto di neutralità, sicure le spalle, si avventuri in arrischiate intraprese, con la mira di interessi suoi particolari, costringendo i due alleati ad optare tra una volontaria cooperazione che potrebbe essere repugnante o altrimenti non desiderabile, e una inazione che annulli ogni loro legittima influenza.

Queste sono, circa la parte sostanziale del propostoci testo per l'art. IV, le nostre obbiezioni ed avvertenze. Noi vorremmo suggerire, anche per questo articolo, la formola già adoperata negli articoli precedenti, e sarebbe: «Dans le cas où l'une des Parties contractantes, sans provocation directe de sa part, viendrait à étre attaquée par une Puissance non signataire, etc.».

Nello stesso articolo, in fine, noi suggerimmo una lieve variante di reda-· zione, nell'unico scopo di rendere più chiaro il significato della clausola. Invece di dire « sauf à intervenir avec les armes en faveur de leur alliée ) noi vorremmo si dicesse «se réservant, d'ailleurs, la faculté d'intervenir avec les armes (oppure ... de prendre part à la guerre) pour faire cause commune avec Leur alliée ».

Art. V

In quanto concerne l'art. V, di cui accettiamo il testo propostoci, vorremmo tuttavia che il concetto fosse completato con l'aggiunta d'un comma così concepito:

«Elles s'engagent dès-à-présent, dans tous les cas de participation commune à une guerre, à ne conclure ni paix, ni armistice, ni aucune espèce de traité, que d'un commun accord entr'elles ».

La ragione di questa clausola aggiuntiva, che è, del resto, consueta nei Trattati di simil genere, anzi inerente alla natura stessa dei rapporti d'alleanza, è di per se stessa troppo evidente perché sia necessario corroborarla con maggiore svolgimento del nostro pensiero. Non è, a parer mio, probabile che essa incontri, a Vienna, o a Berlino, ostacolo od abbiezione di sorta.

Nondimeno, affinché V. E. sia conscia dell'importanza che noi annettiamo e dobbiamo annettere a siffatta clausola, mi giova porgerle alcuna avvertenza confidenziale.

Nel dispaccio del 17 marzo (l), trasmettendole il primo nostro schema di trattato, mi soffermai a dimostrare gli inconvenienti ed i pericoli che, per la nostra peculiare situazione, nascerebbe da una neutralità obbligatoria, puramente e semplicemente pattuita. Tra gli svantaggi è sopratutto questo, che la nostra influenza sarebbe annullata quante volte sorgesse, in Europa, alcuna di quelle grosse guerre nelle quali l'nlea maggiore non è per chi combatte, bensì per chi sta spettatore inerte della lotta. Eliminato oramai, per mutuo consenso, il concetto di una pura e semplice garantia di neutralità, ogni rischio di così grave natura vien meno per i casi di guerra contemplati negli art. II e III del Trattato. Importa che l'Italia ne sia premunita anche nel caso di guerra con gli Stati minori, d'Europa non solo, ma altresì del continente americano, dove noi abbiamo non pochi interessi; e l'intento si raggiunge m9rcè il combinato effetto della clausola (art. IV) che ci offre il modo di associarci, se così ci giova, alla guerra, e di quest'altra da noi ora proposta (art. V), che inibisce di escluderci dalle successive trattative di pace. Noi abbiamo, per tal modo, agio di schermirci contro l'eventualità che si conchiudano accordi, o si pattuiscano modificazioni territoriali senza il consenso nostro, e in conseguenza senza le necessarie riserve o compensazioni a nostro beneficio. Qui, però, non è fuori luogo ricordare, ad ogni buon fine, che, in tutto ciò che riguarda lo status quo in Oriente, qual è sancito e garantito dal Trattato di Berlino, già allo stato attuale delle vigenti convenzioni, e indipendentemente, quindi, da ogni ulteriore pattuizione, essendo l'Italia una delle Potenze segnatarie del Trattato, non potrebbe arrecarsi mutazioni, territo

riali o politiche, nel presente assetto della penisola balcanica, senza la partecipazione e il concorso dell'Italia in ogni futuro eventuale accordo.

Non mi occorre di fare osservazione alcuna circa gli art. VI e VII; e sarebbe così esaurita con l'esame del testo austro-ungarico, la giustificazione delle nostre contro-proposte. Queste, per maggior chiarezza e migliore agio dell'E. V., vennero, nel foglio qui acchiuso (1), da me segnate di fianco al testo austroungarico, con brevi cenni che servirono di guida alla compilazione del presente mio dispaccio.

Altri desiderii ancora avremmo, per verità, da manifestare; ma, volendo conservare ai nostri negoziati un carattere corrispondente all'importanza dello scopo e dar prova di deferenza verso l'eminente Uomo di Stato autore del progetto austro-ungarico, abbiamo preferito astenercene, restringendo le nostre osservazioni ai punti nei quali le modificazioni ci pajono non solo necessarie, ma altresì di più facile accoglimento.

Non so se si preferisca, a Vienna e a Berlino, un testo unico in lingua francese. Se si volesse un duplice testo, tedesco e italiano, V. E. potrebbe incaricarsi della nostra traduzione. In questo caso amerei che, nel preambolo, le parole « sauvegarde ~ o « sécurité » fossero tradotte in « incolumità »; la quale parola, pur essendo fedele versione, meglio d'ogni altra esprime il concetto che ci sta a cuore d'enunciare.

Per quanto concerne il luogo della firma, la nostra preferenza è per Vienna, sia perchè è naturale che si firmi là dove fu negoziato, sia perchè così si eviterà meglio il pericolo di pubblicità o indiscrezione, contro il quale, ad ogni modo, furono prese le più rigide precauzioni.

Non potrei chiudere questo mio dispaccio senza dichiarare, ancora una volta, quanto il Re ed il suo Governo apprezzino l'opera da Lei già fino ad ora prestataci in questo arduo negoziato, e che V. E. vorrà continuare con pari zelo e perspicacia. Il nostro giudizio sull'importanza dell'argomento è avvalorato dalle parole stesse che S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe Le rivolgeva testè e l'E. V. mi riferiva con telegramma del 17 di questo mese (2). Certo è che la riuscita del negoziato imprimerà sicuro indirizzo alla politica dei tre Stati e sarà, per l'Europa tutta, validissimo pegno di conservazione e di pace.

(l) -Cfr. n. 691. (3) -Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 643.

687

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

D. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 20 aprile 1882.

Nell'altro mio dispaccio di questo stesso giorno (3) non Le ho taciuto come lo estendere il casus foederis anche all'ipotesi della aggressione che, contro uno degli Stat:ì. componenti l'Alleanza, avvenisse da parte dell'Inghilterra unita, non già alla Francia, ma alla Russia, fosse tale patto che non tralasciava di suscitare da parte nostra, alcuna ripugnanza, ma che pur ci siamo indotti ad

.

accettare, sia per agevolare la riuscita del negoziato, sia per dare prova di conciliazione, sia, infine, per consentire a che abbia piena esplicazione il concetto della comune difesa.

Nondimeno a noi premerebbe assai che questa clausola, nel pensiero stesso delle tre Parti contraenti, non abbia punto indole o intento ostile contro una Potenza dalla quale avemmo frequenti dimostrazioni d'amicizia e simpatia, e che, quando pure si spingano molto innanzi le previsioni di un remoto futuro, non apparisce nutrire o meditare disegni tali per cui i tre Stati alleati abbiano a preoccuparsi o ad adombrarsi. Noi reputiamo di avere, su questo punto, consenzienti i due Gabinetti coi quali stiamo negoziando; e, del resto, già lo stesso Conte Kalnoky ammetteva, nel colloquio con Lei avuto (1), la somma improbabilità ed inverosimiglianza di un conflitto coll'Inghilterra.

Ci parrebbe che lo scopo qui accennato non sia malagevole a raggiungersi, e in tale forma che menomamente non alteri gli obblighi del Trattato, nè contraddica agli interessi, presenti od ulteriori delle tre Potenze, rimanendo anzi perfettamente integro l'obiettivo dell'alleanza. Noi penseremmo che sia a ciò acconcio un separato protocollo, del pari segreto, che lasci adito alla accessione, da parte dell'Inghilterra, se non a tutti i patti dell'alleanza, almeno a quello della mutua neutralità; con che l'ipotesi di un conflitto con quella Potenza rimarrebbe affatto esclusa. Tale riserva di possibile accessione da parte dell'Inghilterra dovrebbe naturalmente essere per siffatta guisa concepita da far ben comprendere che non solo l'accordo eventuale col Gabinetto di Londra, ma l'apertura stessa di negoziati intesi a quel fine, siano tassativamente subordinati, per il tempo e le modalità dell'accessione, al previo e mutuo consentimento delle tre Parti contraenti.

Affido all'E. V. la cura di mettere innanzi questa nostra proposta nel momento e nei termini che Le parranno più opportuni. Non tacerò, bensì, che alla accettazione della proposta stessa annettiamo un pregio affatto speciale, comecchè ci sembri che, per tal modo. sia pienamente e sotto ogni suo aspetto, assicurata e garantita la situazione di pace e di in..:olumità in cui siamo solleciti di veder costituita l'Europa. Però, non credetti, d'altra parte, di introdurre la proposta nell'altro mio dispaccio di pari data. contenente le generali Sue istruzioni, acciò essa non fosse da Lei considerata come una delle condizioni dell'accordo, bastando invece, per noi, il tentativo e l'offerta a significare lealmente le nostre intenzioni.

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 683, in realtà del 18 aprile. (3) -Cfr. n. 686.
688

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. CONFIDENZIALISSIMA. Roma, 20 aprile 1882.

Je puis enfin vous remercier de vos prec1euses lettres du 2 (2), du 4 (3), et du 12 (4) avril. J'ai fait de mon mieux pour seconder vos intentions.

Permettez -mai de vous féliciter de votre oeuvre. Je persiste à croire que vous avez tout simplement remis la dynastie et le pays sur la vaie où ils pourront et où ils devront se sauver, ce qui vaut mieux que de leur avoir fourni un oreiller pour y dormir.

Pour ne pas oublier encore une fois, camme j'ai eu le tort de le faire précédemment, les petites choses, je puis vous assurer que Franchetti ne sera pas destiné à Vienne; que les élucubrations Alvisi (j'en suis faché pour le sénat) obtiennent si peu d'attention et sont si manifestement dépourvues d'une valeur quelconque, qu'on eiìt été partout surpris d'une rectification quelconque, laquelle d'ailleurs, dans nos mauvais journaux officieux, aurait manqué d'élégance et d'effet utile, et dans les journaux de la droite aurait eu un caractère inopportun, qu'une fois pour toutes vous avez été autorisé par télégraphe (l) à disposer du personnel de l'ambassade pour des envois en courrier; et que personne ne parle plus du lieu de la visite impériale.

Comme il n'est conforme ni à notre intérèt ni aux intentions de nos futurs alliés que nous continuions à avoir avec la France des difficultés menues et irridantes de détail, j'ai été autorisé par le ministre à conférer personnellement avec le marquis de Reverseaux, qui s'y déclairait prèt et en avait pris l'initiative, sur les améliorations de fait à apporter aux rapports des deux pays. Après un premier échange d'idées, M. de Reverseaux me promit d'écrire à Paris pour que l'agence Havas fiìt invitée à cesser de répandre des télégrammes malveillants pour nous sur l es petits incidents entre italiens et français à Tunis; en considération de quoi je lui ai dit que l'agence Stefani s'abstiendrait tout naturellement de rectifications de fait qui n'auraient plus de raison d'ètre. La question de l'envoi des ambassadeurs respectifs (le choix des personnes étant réservé quant à présent) fut aussi résolue en principe entre nous dans le sens de l'envoi simultané des deux ambassadeurs après la votation par nos chambres du traité de commerce. (J'espère que Nigra retournera à Paris. Rien ne pressera pour le remplacer à Pétersbourg). Enfin sur l'exhibition que M. de Reverseaux m'a fait d'une lettre confidentielle et conciliante de M. de Freycinet, j'ai été autorisé à lui écrire personnellement, sans engager le ministre, la lettre ci jointe (2) que j'ai montrée confidentiellement aussi à M. de Wimpffen et à M. Derenthal. Inutile de dire que ces deux messieurs ne sont pas au courant des observations faites ici sur le projet austro-allemand et qu'il savent seulement que vous avez des pouvoirs très étendus pour traiter les quelques difficultés qui restent.

Je ne crois pas de mon devoir de vous soumettre d'autre observation sur nos contre propositions et sur la dépèche d'accompagnement, l'une et l'autre concertées avec M. Depretis, sinon en ce qui concerne la modification de l'art. 4, exigée jusqu'à présent par M. Depretis. A cet égard j'ai de grandes craintes que si une telle modification était effectivement proposée au Gouvernement impérial il n'y vit un reste de tendances suspectes relativement à notre politique dans les Balkans. Elle est du reste en contradiction avec notre premier projet où la neutralité était convenue pour tout cas de guerre offensive ou défensive qui ne comportat pas le casus toederis. C'est là à mon avis une question préalable,

et puisque vous vous etes déjà exprimé dans ce sens avec le comte Kalnoky en vertu de vas instructions précédentes, c'est à vous de voir si vous pouvez vraiment revenir là dessus avec le comte Kalnoky.

(l) -Cfr. n. 676. (2) -Cfr. n. 669. (3) -Non rinvenuta. (4) -Cfr. n. 677. (l) -T. 255 del 6 aprile, non pubblicato. (2) -Non rinvenuta.
689

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 21 aprile 1882.

Non voglio lasciar partire il plico officiale senza aggiungere alle controproposte da me formulate (l) l'espressione anche personale del mio vivo compiacimento per l'opera intelligente ed onorevole da V. E. prestata in un negoziato delicatissimo, destinato a produrre, secondo la nostra comune convinzione, alla patria nostra, all'Augusta Dinastia che ne regge i destini, ed ai grandi interessi morali dell'Europa, benefizi grandi, anzi inestimabili. Abbiasi dunque ancora una volta i miei vivi ringraziamenti.

Non voglio !asciarle ignorare che mentre nel Re ho trovato immediata e piena adesione al nostro operato, ho dovuto durare qualche fatica per dileguare i dubbi e le incertezze del Presidente del Consiglio sopra alcune parti del Progetto, specialmente sugli articoli 3 e 4. Anzi ancor più dell'art. 3, era per lui soggetto di gravi difficoltà la neutralità obbligatoria pattuita nell'art. 4, reputando egli questo patto rovinoso ad ogni nostra futura legittima influenza sui minori Stati, in Oriente, ed in America. Su questo argomento lo rassicurai, e finalmente egli cedè in vista della condizione, che si propone ancor più precisamente d'introdurre nelle prime parole dello stesso articolo, e del patto aggiunto in fine del successivo art. 5. Le dico ciò, affinché Ella possa adoperare tutti i suoi sforzi per attenerne l'accettazione. Per altro, io feci comprendere al mio collega, ed anche rispettosamente a Sua Maestà, benché non ve ne fosse necessità, che dopo l'indirizzo da me creduto utile e necessario nella politica estera dell'Italia, ed al punto in cui i negoziati a Vienna ed a Berlino si trovano pervenuti, laddove per fatto nostro, o per eccessivi scrupoli, essi dovessero abortire, io non potrei conservare la responsabilità della partecipazione al Governo, e rassegnerei subito le mie dimissioni, naturalmente motivandole per impedimenti di salute, e senza che alcuno potesse pur lontanamente conoscerne o sospettarne la vera ragione. È bene che ciò sia noto a V. E.. per poter essere persuaso che io so apprezzare la suprema importanza dell'atto che si compie, e che non mancherò al mio dovere di cittadino, di consigliere della Corona.

Ma voglio ora sperare bene, affidandomi pienamente alla Sua esperienza ed abilità, per aggiungere quest'altro grande servizio ai tanti da Lei già resi alla Casa di Savoia ed all'Italia.

Prima di chiudere queste mie parole confidenziali, voglio pregarla di darmi nella stessa forma affatto privata quelle notizie attinenti al negoziato che V. E.

Cl) Cfr. n. 686.

reputa inopportuno di consegnare alla corrispondenza officiale. Così per esempio bramerei sapere, se Le riuscirà scoprire qual fosse la qualche cosa che

S. M. l'Imperatore abbia voluto aggiungere nel Progetto del Kalnoky.

690

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 22 aprile 1882, ore 22,06 (1).

Je viens de voir le sous secrétaire d'Etat. Il maintient l'avis que la signature de Bismarck camme plénipotentiaire est indiquée de toute manière, et que la combinaison suggérée par mon télégramme (2) arrangerait toute chose. Il me demandait en meme temps pourquoi nous n'en faisions pas à Berlin la proposition. Il ajoutait que jusqu'ici cette question n'avait été décidée ni meme soulevée entre Vienne et Berlin. Je vous serais obligé de me répondre par télégraphe sur ce point de meme que sur la marche des négociations que le soussecrétaire d'Etat déclare satisfaisante (3).

691

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. Roma, 23 aprile 1882, ore 1,52.

Ainsi que Robilant le mandait par un télégramme du 17 avril (4), Kalnoky a déjà proposé à Berlin qu'on signe à Vienne, et le prince Reuss croit que Bismarck accepte. Robilant avait suggéré de faire signer à Berlin par Bismarck,

V. E. et Szecheny, ou bien signature simultanée dans les deux, voire meme dans les trois capitales, mais ces combinaisons ont été toutes écartées par Reuss, ce dernier insistant à cet égard pour le maintien de la proposition Kalnoky. Cela étant, je pense que, pour éviter les malentendus et les susceptibilités, V. E. doit s'abstenir de toute initiative ou démarche sur ce point. Mais je vais télégraphier à Robilant votre appréciation (5), l'autorisant à déclarer à Kalnoky, le cas échéant, que nous serions heureux de voir le prince de Bismarck s'associer avec sa signature personnelle à l'oeuvre qui se poursuit en ce moment entre les trois Cabinets. Nos contrepropositions (6) arrivent à Vienne demain soir dimanche.

(-3) Cfr. n. 691.
(l) -Manca l'indicazione dell'ora d'arrivo. (2) -Cfr. n. 685. (4) -Cfr. n. 682. (5) -Cfr. n. 692. (6) -Cfr. n. 686.
692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 23 aprile 1882, ore 2.

De Launay télégraphie qu'il a raison de croire que Bismarck serait très flatté si o n lui exprimait le désir que sa signature figure au traité (l). Je réponds à de Launay (2) lui faisant connaitre ce que V. E. nous mandait, à ce sujet, par so n télégramme du 17 (3). Si, cependant, votre entretien avec Kalnoky le comportait, vous pourriez dire que, si la proposition nous en était faite, nous serions heureux de voir le prince de Bismarck s'associer avec sa signature personnelle à l'oeuvre qui se poursuit en ce moment entre les trois Cabinets. Il est bien entendu que, le traité étant signé en ce cas simultanément à Vienne et à Berlin, V. E. devrait toujours y apposer sa signature (4).

693

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 23 aprile 1882, ore 14,35 (per. ore 16).

Comme ce n'est que le prince de Reuss qui m'a parlé du mode de signature du traité à trois, je pourrais fort bien mettre en avant avec Kalnoky l'idée que la signature ait lieu à Berlin et à Vienne. Il est cependant clair que, si ces deux Cabinets sont déjà d'accord que la signature ait lieu seulement ici, notre proposition ne sera pas agréable à Kalnoky; mais ce n'est pas une raison qui devrait nous retenir, s'il est avéré que Bismarck serait flatté d'apposer son nom à cet acte, chose qui me parait peu probable. De toute manière, si V. E. me donne explicitement l'ordre de mettre en avant cette idée, il serait absolument indiqué que de Launay fasse en méme temps une démarche analogue auprès de Bismarck, et en ce cas, en parlant avec Kalnoky, je devrais dire que l'ambassadeur de Sa Majesté à Berlin a reçu des instructions dans ce sens. V. E. ayant jugé que c'était un devoir de haute courtoisie de notre part d'exprimer ce désir au chancelier; ils s'entendront alors entre eux, et nous accepterons leur décision. Quant à l'assurance que V. E. veut bien me donner que ma signature figurerait dans tous les cas sous le traité (5), je dois déclarer de la manière la plus absolue que je n'y tiens pas le moins du monde. Ainsi si V. E. croit préférable que le traité ne soit signé qu'à Berlin, ou bien, qu'étant signé ici, ce soit de Launay

(-3) Cfr. n. 682. (-4) Per la risposta cfr. n. 693.

qui reçoive Ies pleins pouvoirs pour venir signer à ma piace, je m'emploierai de mon mieux pour faire prévaloir I'idée que V. E. aura jugée plus conforme aux intérets de l'Etat. Je serai reconnaissant à V. E. si elle veut bien mettre sous Ies yeux de Sa Majesté le présent télégramme, et en donner connaissanc€' textuelle à mon collègue de Berlin.

(l) -Cfr. n. 690. (2) -Cfr. n. 691. (5) -Cfr. n. 692.
694

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 23 aprile 1882, ore 20 (per. ore 20,35).

Je me conformerai aux instructions transmises par le télégramme de la nuit dernière (1). Je ne comprends pas néanmoins que par un excès de scrupule, par la crainte de froisser des sentimens peu avouables d'amour propre de Kalnoky et du prince de Reuss, nous Iaissions échapper cette occasion de faire directement chose agréable et flatteuse pour Bismarck: meme s'il devait décliner notre proposition, je ne comprends pas davantage que nous nous en remettions à Kalnoky du soin de décider la question. C'est trop de condéscendance envers qui joue de comparse, tandis que c'est le chancelier qui diete et dirige. Je ne m'explique pas non plus à quoi sert le dictionnaire spécial, puisque depuis cinq semaines le ministère n'informe plus cette ambassade. N'ayant été appelé à émettre avis ni sur le projet de traité rédigé à Vienne, ni sur nos contrepropositions, il ne me reste qu'à former des voeux pour que Ies accords soient basés sur une juste réciprocité. et ne donnent lieu à aucune équivoque.

695

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

L. P. Roma, 23 aprile 1882.

Ricevo da Ressman l'unita lettera; mi affretto a sottoporla all'E. V.

ALLEGATO RESSMAN A BLANC

L. P. Parigi, 20 aprile.

Je crois que vous m'avez fait enfoncer une porte ouverte (3). Voici ce qui vient de se passer.

Le Baron A. de R[otschild] est venu ce matin chez moi pour me prévenir que

M. Léon Say désirait me voir aujourd'hui meme, à une heure.

Je sors à l'instant du Cabinet du Ministère des Finances, avec lequel j'ai eu un long .entretien. Il m'a appris que le samedi, premier avril, M. de Freycinet a saisi le conseil des Ministres de la question du futur Ambassadeur d'Italie à Paris et qu'il a demandé à ses collègues s'ils avaient quelque objection à ce que le choix de M. Nigra fO.t agréé. Par exception, m'a dit M. Léon Say, le Président du Consci! invita ~es Ministres à se prononcer individuellement, chacun à son tour. 'l'ous répondirent que M. N. ne pourrait étre que le bienvenu ici et qu'ils seraient « enchantés » de le voir nommer. Je répète textuellement les paroles de M. Say.

Il a ajouté que lui, aussi bien que ses collègues, avaient cru l'interpellation du Président du Consci! faàte à la suite d'une proposition formelle du Gouvernement italien et qu'ils avaient considéré, par conséquent, comme il considérait lui-méme,

•-la question de la personne résolue, à sa grande satisfaction. «Et quant au sentiment personnel de M. de Freycinet et à son idée que le choix de M. Nigra est arrété, m'a dit ensuite M. Léon Say, je puis avoir d'autant moins un doute que le Président vient d'écrire à M. de Reverseaux de mettre M. N. en garde contre les velléités que pourraient avoir quelques bonapartistes de lui tendre, dès son retour officiel à Paris, un piège, dans la pensée de l'accaparer par quelque manifestation sympathique ». M. -Say, pour sa part, ne croit point à ce danger, et moi non seulement j'y crois encore moins, mais je connais aussi fort bien le moyen de l'écarter, si besoin en était. J'ai demandé à M. Léon Say s'il m'autorisait à faire connaitre à Rome tout ce qu'il venait de me dire. Il m'y a non seulement autorisé, mais encouragé. Vous pouvez donc faire de tout ce qui précède l'usage que vous jugerez convenable.

Pour vous seul.

Pour le cas où vous voudriez vous servir de la lettre ci-jointe, j'ajoute confidentiellement sur ce feuillet que M. Léon Say, qui m'a parlé à coeur très ouvert, ne m'a pas caché que lui et ses collègues éprouveraient quelque étonnement si après l'interpellation de M. de Freycinet au sujet de N. on venait les interroger de nouveau sur un autre candidat. Il lui paraitrait méme peu conforme à la dignité du Gouvernement italien de laisser au Gouvernement français le choix entre M. N. et M. Corti, et il le comprendrait d'autant moins que le premier est agréé. Le vent est très favorable ici à une franche réconciliation et il ne faudra que de la benne volonté, du tact et du savoir faire pour réaliser le programme que vous m'avez tracé.

M. de R. m'écrira une petite lettre, constatant, de son còté, que le choix de

M. N. sera agréable et agréé, et je la transmettrai à M. Magliani, à qui j'ai écrit hier quelqucs mots sur la participation des Rothschild à l'émission de la seconde partie de notre emprunt.

«Si M. Nigra V·ient ici, m'a dit le Baron Alphonse, il faudrait que quelque fai t, ayant une portée favorable sur opinion publique, suivit dt> près sa nomination ». «Eh bien!, lui répondis-je, il dépendra de vous d'accomplir un fait de cette

nature, en prétant votre concours à la nouvelle émission. Si vous avez l'occasion de voir M. Magliani, veuillez lui dire ceci, en ajoutant que le prince des banquiers n'a point dit non. Si, toujours dans l'intérét du but visé dans votre lettre du 7 avril, vous désirez que je fasse autre chose, donnez-moi vos ordres, et, au besoin, télégraphiez-moi.

Le Comte Greppi, lui aussi, a trouvé une àme charitable qui l'a désigné pour ce poste. On suppose que c'est son marchand de teinture qui lui témoigne ainsi une reconnaissance due en vérité au meilleur client.

(l) -Cfr. n. 691. (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Annotazione a margine di Blanc: <<Suppongo che ciò si riferisce a qualche incarico riservato presso il Barone Rothschlld ».
696

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 217. Parigi, 23 aprile 1882 (per. il 27).

Ho l'onore di trasmettere all'E. V. un estratto del Journal Ojjiciel (23 avril 1882) (l) che contiene il Rapporto al Presidente della Repubblica fatto dal Ministro degli Affari Esteri, nonchè il decreto che vi fa seguito, allo scopo di riattaccare ai dipartimenti ministeriali corrispondenti, i diversi servizi funzionanti in Tunisia e di regolare i rapporti del Ministro residente a Tunisi coi Ministri della Repubblica.

All'alto senno dell'E. V. non isfuggirà l'importanza di questa misura per la quale si viene affermando sempre più il principio d'una definitiva annessione amministrativa. Vedrà infatti l'E. V. come l'attuale decreto, togliendo, in massima, ai rapporti tra la Repubblica e la Reggenza il carattere politico-internazionale avuto finora poichè trattati finora esclusivamente coll'intermediario del Ministro degli Affari Esteri; e facendo invece dipendere in modo stabile e definitivo gli affari della Reggenza, secondo l'indole loro, dai Ministri della Repubblica; rende la prima quasi una provincia della seconda.

Questo è lecito affermare malgrado le precedenti restrizioni di cui fa parola l'art. 3 dell'annesso decreto. Per esso infatti «les communications échangées entre le ministre résident et les membres du Gouvernement français passeront par l'intermédiaire du Ministre des Affaires Etrangères que les examinera au point de vue spécial de l'action diplomatique et des intérets nationaux et indiquera, s'il y a lieu, les observations que suggérera cet examen )).

A tal uopo, come vedrà l'E. V. nell'arrété che segue il decreto, un nuovo officio è creato al Ministero degli Affari Esteri sotto la dominazione d'« Officto degli Affari tunisini ». Non è forse difficile svelare lo scopo dell'art. 3 del decreto, nonché dell'arreté che provvede alla sua applicazione. Parmi infatti che sì l'uno che l'altro, lungi dal limitare l'azione del Governo della Repubblica sugli affari della Reggenza, mirano evidentemente il premunire il Governo istesso dai possibili imbarazzi diplomatici che l'attuale misura potrebbe suscitare.

Del resto, meglio che nel decreto, l'E. V. troverà il vero significato di esso manifestato con minore reticenza nelle parole stesse del signor de Freycinet, secondo il quale, come dice nel suo rapporto: «cette intervention de notre par est desti.née à s'accroitre dans l'avenir par l'effet naturel de notre protectorat :». E in seguito: «Il est permis de prévoir l'époque où la régence offrira sur son territoire une répresentation plus ou moins exacte de nos divers services ».

(l) Non si pubblica.

697

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 524/949. Londra, 24 aprile 1882, ore 16 (per. ore 19,55).

Hier au soir à la Chambre des Communes en réponse à interpellation de Wmms sur la question d'Assab, Dilke a répondu en substance ce qui suit: Gouvernement anglais a recommandé au Gouvernement de l'Egypte de conclure une convention avec l'Italie afin de définir les droits de cette dernière sur le territoire d'Assab, obtenu et occupé d'abord par la compagnie Rubattino et ensuite par le Gouvernement italien. Gouvernement anglais était d'avis qu'il aurait fallu stipuler cette convention dans l'intérét de l'Egypte dans le but d'éviter des complications qui pourraient surgir, si occupation italienne était restée sur une base non reconnue et indéterminée, aussi bien que pour obtenir la reconnaissance de la part de l'Italie de la souveraineté du Sultan et de l'autorité du Khédive sur la còte occidentale de la Mer Rouge. Le projet de convention stipulait que l'établissement d'Assab aurait un caractère purement commerciai, il contenait en outre des dispositions relatives à la prohibition transport des armes et de la traite des esclaves. Gouvernement égyptien a refusé convention, mais la correspondance sur cette question continue toujours, et le Gouvernement anglais ne pourrait pas communiquer à la Chambre documents relatifs sans consentement des autres Gouvernements. Quant à ce qui concerne insinuation de Worms, que l'action du Gouvernement anglais dans cette affaire était en désaccord avec la politique suivie par l'Angleterre relativement aux établissements étrangers sur la còte de la Mer Rouge, Dilke fit remarquer que le Gouvernement anglais n'avait à s'occuper que de faits accomplis et d'une concession territoriale déjà obtenue, et qu'il avait suivi conduite qui paraissait plus apte à protéger l'intéret de l'Angleterre et de l'Egypte. En réponse à une demande de Bourke, Dilke déclara ensuite que la compagnie Rubattino avait obtenu, à ce qu'il parait, des concessions de territoires de divers Sultans de l'endroit, et qu'elle avait effectivement occupé territoire d'Assab depuis un temps considérable. «Je pense, ajouta-t-il, que lorsque Bourke était au pouvoir, le pavillon italien flottait à Assab ». Worms répondit que, par suite de réponse du sous-secrétaire d'Etat, il croyait son devoir d'appeler l'attention de la Chambre sur cette affaire et de faire une motion. En lisant texte réponse Dilke, publié par le Times, il me parait que Dilke a exposé question d'une manière favorable à nos intérèts.

698

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 24 aprile 1882 (1).

M. Costa m'a remis hier soir les dépéches de V. E. (2) pour les quelles je la remercie vivement. Je ferai de mon mieux pour obtenir les modifications désirées au projet de traité qui nous a été soumis. Cependant je crois devoir dès-à présent dire quà mon avis l'addition à introduire à l'article 5 du projet rencontrera grande difficulté, car il est évident que celle des Puissances qui aurait perdu dans la guerre une portion de son territoire ne voudrait ni armistice ni paix, jusqu'à ce qu'elle lui soit rendue. Notre clause est donc une manière indirecte d'obtenir le méme résultat que par la garantie territoriale. Je me battrai cependant à outrance pour obtenir cette addition, car je la crois vraiment juste en théorie au moins, vu que dans la pratique elle ne nous a pas servi grand chose en 1866.

699

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. Roma, 25 aprile 1882 (3).

Il a été convenu avec Kalnoky qu'aucune communication du texte en discussion ne se ferait qu'au moyen de courrier spécial, la poste n'étant pas assez sure et le chiffre pouvant danner lieu à des canfusians. J'ai dane prié le général Rabilant de vaus faire apparter par quelqu'un les textes du prajet autrichien que le prince Bismarck avait intégralement approuvé et de nas amendements arrivés à Vienne seulement avant hier sair, dimanche (4). Veuillez, cependant, garder ces renseignements pour vous seul et pour me donner votre avis, car il est canstaté, d'après ce qui naus revient de Vienne, que le prince de Bismarck veut que la négaciation ait lieu exclusivement à Vienne et que, paur sa part, il n'a pas jusqu'ici jugé à prapas d'en instruire le saussecrétaire d'Etat. Quant à la signature, je persiste à penser que naus devons éviter, sait de fraisser, par l'initiative d'une démarche intempestive, la légitime susceptibilité du camte Kalnaky, dant naus ne saurians assez apprécier, dans la présente négaciatian, la franchise et l'esprit amicai, sait de naus expaser par une sallicitation dont le succès n'est pas assuré, à un refus désagréable. Cependant, camme naus avans également intéret à témoigner du prix que naus attacherians au concours personnel de la haute individualité du prince

(-4) Cfr. nn. 676 e 686.

chancelier, je vous autorise à lui faire parvenir, soit directement, soit par l'entremise du sous-secrétaire d'Etat, mais sans aucun commentaire, le message suivant de ma part: «La négociation à Vienne parait heureusement à la veille d'aboutir. Je viens d'ètre interrogé par notre ambassadeur au sujet du lieu où le traité doit ètre signé. Avant de donner instructions sur ce point, j'attacherais du prix à connaitre là dessus les intentions du prince de Bismarck. Nous serions heureux si la combinaison qui va ètre adoptée avait pour effet d'ajouter, par la signature personnelle du prince-chancelier, à la valeur historique et politique de l'acte. Mais nous sommes dès aujourd'hui bien décidés, sans faire aucune proposition, à nous en remettre totalement à ce qui va ètre, à cet égard, décidé entre Vienne et Berlin ~.

(l) -Manca l'indicazione delle ore di pal'tenza e di arrivo. (2) -Cfr. nn. 686, 687 e 688. (3) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza.
700

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 25 aprile 1882 (1).

M'associant à vos justes considérations (2), je persiste à penser qu'il serait tout à fait inopportun de faire, pour la signature personnelle de Bismarck, une sollicitation qui pourrait nous exposer au plus désagréable des refus. Le comte Launay, que j'ai prié de s'abstenir de toute démarche directe en ce sens, va donc se borner à remettre sans commentaire au sous secrétaire d'Etat un message ainsi conçu, dont V. E. peut également donner connaissance au comte Kalnoky: «La négociation à Vienne, ecc. (v. nel telegramma di pari data a Berlino) » (3). Le comte Launay m'ayant exprimé le désir d'ètre tenu au courant de la marche de la négociation, je prie V. E. de vouloir bien lui faire parvenir, par quelqu'un dont la course à Berlin ne puisse pas ètre remarquée, copie du texte autrichien et de nos amendements (4). J'ai prévenu Launay que, la négociation devant se poursuivre exclusivement à Vienne, il doit garder ces renseignements pour lui seui.

701

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 25 aprile 1882, ore 16,32 (5).

J'ai aujourd'hui annoncé à Kalnoky ètre munì des instructions nécessaires pour reprendre la négociation (6). La conférence a été fixée à jeudi.

(-4) Cfr. nn. 676 e 686.

Kalnoky ayant abordé la question de la signature, se référant à ma conversation avec Reuss, je lui ai dit que V. E. était prÉ!te à se ranger à sa proposition de signer à Vienne par lui, Reuss et moi; que, cependant, m'avait laissé juger s'il n'aurait pas été courtois d'offrir à Bismarck que la signature ait lieu à Berlin et à Vienne (1). Il m'a répondu que c'était plus simple et plus pratique de signer seulement ici, et que, du reste, Bismarck n'attachait aucune importance à ces sortes de chose, opinion à laquelle je me suis associé ajoutant, cependant, qu'une démarche de courtoisie ne pourrait jamais déplaire et je l'ai engagé, vu que la première proposition relative à la signature était partie de lui, à se charger également de la seconde. Il a montré apprécier la délicatesse de ma proposition et m'a répondu qu'il s'en chargerait aussitòt pour régler définitivement la chose. Je me permets de soumettre à V. E. une observation sur l'article 4. Il me semblerait opportun où il est dit «une Puissance non signataire etc. » de mettre « une Grande Puissance non signataire etc.» Ceci obvierait beaucoup d'éventualités prévues au sujet de cet article dans la dépèche de V. E.

Je prie V. E. de répondre immédiatement (2).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di partenza. (2) -Cfr. n. 693. (3) -Cfr. n. 699. (5) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (6) -Cfr. n. 686.
702

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 25 aprile 1882, ore 23,55.

Votre télégramme d'aujourd'hui (3) s'est croisé avec le mien (4), mais je vois avec plaisir que la démarche toute réservée dont j'ai chargé Launay à l'égard de la signature de Bismarck n'est pas en contradiction avec votre langage. Je vous remercie des observations contenues dans vos deux télégrammes concernant les articles IV et V (5). L'addition à l'article V nous parait tout à fait essentielle et je compte pour la faire admettre, sur l'efficacité de votre argumentation. Quant à l'art. IV nous avions tout d'abord pensé à l'intercalatlon du mot «grande» mais nous avons craint qu'on n'y vit l'arrière pensée, de notre part, de garder liberté d'action pour le cas de guerre contre le& petits Etats des Balkans. Si l'insertion de ce mot vous parait, cependant, possible et convenable, je vous y autorise ainsi qu'à toute autre restriction de l'obligation de neutralité, qui résulterait de votre entretien de peudi. L'essentiel pour nous est d'obtenir qu'on admette, pour la première partie de l'art. IV, notre amendement conservant à cet article aussi la portée purement défensive qui caractérise le traité tout entier.

(-3) Cfr. n. 701.
(l) -Cfr. n. 699. (2) -Cfr. n. 702. (4) -Cfr. n. 700. (5) -Cfr. nn. 698 e 701.
703

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 26 aprile 1882, ore 14,10 (1).

J'espère que V. E. en recevant mon télégramme d'hier (2) par rapport à la signature éventuelle du traité aura révoqué les instructions données à de Launay qu'elle m'a communiquées par son télégramme d'hier soir (3), car notre démarche à Berlin serait difficilement explicable ici après les inteiligences qu'à défaut d'instructions précises j'avais dù prendre avec Kalnoky qui avait abordé lui la question. Si cela n'a pas été fait je tacherai d'expliquer ici d'une maniere quelconque ce qui est arrivé; mais je crains que l'impression en sera mauvaise.

704

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 26 aprile 1882, ore 23.

En recevant hier soir votre télégramme (2) j'ai pensé tout d'abord révoquer l'instruction que j'avais donnée à Launay (4). Mais, vu qu'il n'y avait pas au fond contradiction entre les deux démarches, j'ai laissé les choses aller leur train dans la crainte surtout de mettre Launay dans une situation embarrassante. Je crois maintenant que V. E. devrait dire à Kalnoky la simple vérité c'est à dire qu'avant de recevoir le compte rendu de votre entretien d'hier, j'avais, en réponse aux télégrammes réitérés de Launay, chargé ce dernier de se rendre, après du prince Bismarck, l'intreprète du meme sentiment que vous avez exprimé au comte Kalnoky et que celui-ci a justement apprécié en acceptant de s'en faire l'organe à Berlin. V. E. devrait, comme preuve irrécusable de notre loyauté, faire connaitre totalement à Kalnoky le message que Launay a eu ordre de communiquer purement et simplement et sans commentaires.

705

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Berlino, 27 aprile 1882 (5).

Dans son télégramme du 25 avril (4) V. E. me dit que je dois garder pour moi seui et pour Lui donner mon avis, les renseignements et documents que le Comte de Robilant a l'instruction de me communiquer sur le Tralté qui se négocie à Vienne.

Quant au premier point, je prends toutes les mesures pour que le secret soit scrupuleusement maintenu.

Quant au second point, l'expression de ma manière de voir devient presque superflue du moment où elle n'a plus qu'un caractère retrospectif ne pouvant en rien modifier la marche des négociations. Je savais, il est vrai, que le projet élaboré à Vienne (l) était en substance conforme à vos propositions n. l qui formaient un annexe à la dépèche du 17 mars échu (2), mais le texte mème de ce projet ne m'est parvenu que le 20 avril. Le Comte de Robilant avait dù attendre le passage à Vienne du Courrier Signoroni pour en faire l'envoi. Depuis le 14 il était déjà soumis à l'examen de V. E. dont les contre-propositions (3) devaient arriver à Vienne le 23. C'est aujourd'hui seulement que par l'entremise du Général de Robilant, je suis informé des amendements que nous voudrions introduire, et sur lesquels la réponse de M. le comte Kalnoky est probablement déjà fixée.

Je me permets néanmoins quelques considérations.

Pour se rendre compte de la distance que nous avons franchi, il faut se replacer au point de départ. Tout d'abord, le Comte Kalnoky ne voulait entendre parler que d'une garantie réciproque de neutralité. Vos premières propositions admises dans leur partie essentielle, ont replacé la question sur un bien meilleur terrain. Je regrette seulement que nous ayons rencontré une résistance absolue à faire admettre le principe d'une garantie territoriale. Mais par le fait mème de nous ètre montrés disposés à entrer dans cet ordre d'idées, nous avons fourni une nouvelle preuve de nos intentions les plus loyales à l'égard de l'Autriche intéressée autant, et peut ètre davantage que nous, à l'adoption de ce principe.

Si je passe à l'examen du projet Kalnoky, le préambule ne laisse rien à désirer surtout avec l'amendement indiqué par V. E. La solidarité pour le principe monarchique s'y trouve constatée, et c'est là un point sur lequel j'avais insistè dès le début.

Il n'y a rien, il me semble, à objecter à l'article l"r.

Vos amendements aux articles II, III et IV en précisent mieux la portée et seraient de nature à écarter, autant que possible, des équivoques en fixant les conditions du casus foederis. Il était, entre autres, nécessaire de stipuler nettement l'attitude réciproque dans le cas prévu à l'article IV. Je me demande seulement si en s'appesantissant sur les mots « sans provocation directe » et sur les mots «Vient ou viennent à ètre attaquées », nous ne suscitons pas une discussion d'une nature très délicate et d'une solution difficile, à savoir sur ce que l'an entend par une provocation directe ou indirecte. L'équipée de la France en Tunisie, par exemple, devait-elle ètre envisagée ou non camme une provocation directe? Entre puissances, mème à la veille de devenir des alliées, la prudence exige sans doute de se prémunir contre des entrainements pouvant dépasser la juste limite, mais encore convient-il de n'avoir pas l'air de trop marquer ses précautions, de crainte qu'on ne les attribue à un sentiment de défiance, à des arrière-pensées.

L'adjonction proposée à l'article 5 me semble prématurée. Ces sortes

d'engagements trouvent tout naturellement place lorsque les parties contractantes sont appelées à se concerter ultérieurement. Au reste, nous aurions raison de chercher à nous mettre en garde contre des faits semblables à ceux qui se sont produits en 1859 et en 1866.

Le Traité que nous allons conclure, s'il ne contient past tout le desideratum, répond du moins à ce qu'il était possible d'obtenir dans les conjonctures actuelles. Il y a deux années et demie environ, le Prince de Bismarck, dans sa visite à Vienne, se constituait le défenseur de l'Autriche contre l'Italie. Maintenant l'Allemagne et l'Autriche vont se liguer avec nous pour le maintien de la paix. C'est là, soit dit en passant, un des motifs pour lesquels il serait désirable et d'un effet piquant que le Chancelier apposàt lui-meme son nom à un Traité qui forme un tel contraste avec le protocole de 1879.

Au reste, l'essentiel était de nous mettre à couvert d'une attaque de la France. Ce résultat va etre obtenu, selon toutes les probabilités. Si cependant, frappée d'aveuglement, elle voulait s'en prendre à nous, meme avec le concours de la Russie, la guerre se présenterait pour nous dans des conditions de succès, sO.rs camme nous le serions de l'alliance de l'Allemagne et de l'Autriche. Si par contre la France devenait agressive envers l'Allemagne, les mèmes conditions de réussite se présenteraient, et certainement nous en retirerions plus d'un bénéfice. Da cosa nasce cosa. Montrons nous des alliès fidèles, développons, autant que le comporte le budget, les forces de notre armée, afin de ne pas ètre réduits au ròle de simple auxiliaire; suivons en mème temps à l'intérieur une politique sagement libérale; le reste viendra par surcroit et par la force des choses. Lorsque les dés sont jetés en l'air, Dieu seul sait de quel còté ils retombent. Aussi rien de plus nature! que d'hésìter et de chercher jusqu'au dernier moment à s'assurer du plus de chances. Mais lorsqu'on a fait son possible pour enlever à la fortune -suivant le mot d'un profond penseur -ce qu'on lui enlève par conseil et par prévoyance, il faut lui sacrifier le reste et se confier à elle et à la justice de la propre cause.

P.S. -Je serais très obligé à V. E. de me faire tenir une copie du rapport par lequel le Comte de Robilant accompagnait l'envoi du projet de Traité rédigé à Vienne. C'est lui-mème qui m'engage à la demander. Le temps lui manque pour en préparer un duplicata.

(l) -Manca !"indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Cfr. n. 701. (3) -Cfr. n. 700. (4) -Cfr. n. 699. (5) -Manca l'indicazione del giorno d! arrivo. (l) -Cfr. n. 676, allegato. (2) -Cfr. n. 643. (3) -Cfr. n. 686.
706

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 1651. Vienna, 28 aprile 1882 (per. il 5 maggio).

Discorrendo in questi giorni col mio collega di Germania in maniera per dire così accademica, intorno alla questione dell'opportunità da parte dell'AustriaUngheria di procedere dall'occupazione della Bosnia ed Erzegovina alla definitiva annessione di quelle provincie, S. E. conveniva meco che ciò nulla cambierebbe alla situazione di fatto e quindi non renderebbe pm facile l'azione pacificatrice e riparatrice del Governo I. e R. in quelle Provincie. Il Principe Reuss facevami però rilevare che il solo vero ostacolo a quell'annessione si è il dualismo; Egli osservava quindi che nulla vi ha a guadagnare coll'aspettare a compiere quell'atto la difficoltà di cui è caso non potendosi appianare col tempo; e tosto mi soggiungeva con marcata premura astenersi però Egli completamente nei suoi colloqui col Conte Kalnoky dall'eccitarlo a procedere alla annessione.

Questa dichiarazione non richiesta ed anzi non motivata affatto dall'andamento della nostra conversazione, mi dà fondata ragione di credere che la Germania temendo che un giorno o l'altro l'opinione pubblica in Austria-Ungheria riesca ad imporsi al Governo od ottenga così l'abbandono di quelle Provincie che ben si può dire sono la vera piaga della Monarchia, voglia spingere all'annessione che costituirebbe il fatto irrevocabilmente compiuto. Evidentemente è del tutto improbabile che il Governo I. e R. abbia mai a decidersi alla rinuncia di cui è caso; non è però men vero che l'avvenire nessuno può guarentirlo con certezza, e quindi non mi pare sia a sc?Ttarsi la supposizione che la Germania voglia tutelarsi contro un'eventualità anche fuori d'ogni supposizione.

Ad ogni modo credetti opportuno prendere nota nella mia corrispondenza all'E. V. di questa mia conversazione coll'Ambasciatore Germanico nonché delle conghietture da essa suggeritemi.

707

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3007. Berlino, 29 aprile 1882 (per. il 5 maggio).

Il me revient indirectement que le Cabinet de Londres se sépare en une certaine mesure de la France dans l'appréciation des faits relatifs à une occupation turque en Egypte. Le Cabinet de Paris non seulement est opposé à une semblable intervention, mais voudrait écarter le Vice-Roi actuel et lui donner comme successeur Halim-Bey; tandis que l' Angleterre se pron once pour le maintien du status quo, ne voulant dévier de cette conduite que si l'Egypte tombait dans l'anarchie. Et mème dans cette éventualité, elle pencherait pour une occupation mixte avec participation de la Turquie. L'échange de vues n'ayant amené jusqu'ici aucune entente, les deux Puissances occidentales se seraient adressées, il y a quelques jours, au Cabinet de Berlin pour le consulter confidentiellement sur la meilleure voie à suivre. Le Comte de Hatzfeldt a pris la chose ad referendum. Le Prince de Bismarck, à son tour, ne met aucune hàte à répondre. Il laisse seulement entendre qu'avant d'émettre un avis, il faudrait préalablement que les Gouvernements français et anglais présentassent quelques propositions de nature à ètre soumises à un examen sérieux.

Il résulte déjà de ma correspondance que le Chancelier a des préférences pour une intervention éventuelle du Sultan. S'il s'agissait d'une occupation mixte, le Prince de Bismarck la subordonnerait probablement à un mandat européen. On ne saurait avoir aucun doute à Paris et à Londres, que dans la question égyptienne les Gouvernements italien, allemand, autrichien et russe marchent d'un commun accord. C'est là une garantie contre une politique aventureuse de le France. En tout cas, la démarche récente faite à Berlin par les Cabinets de Paris et de Londres démontre une fois de plus de quelle influence et de quelle autorité le Prince de Bismarck jouit en Europe et mème en Turquie.

Depuis la mission du Prince Radziwill, le Sultan accorde la plus grande confiance à l'Allemagne. Sa position est prépondérante sur le Bosphore. Sans prendre d'engagements, elle a su manoeuvrer en sorte de gagner la haute main en Turquie, qui de son còté se piace publiquement sous l'égide d'un ami qu'elle voudrait faire passer pour un allié. Le Chancelier se garde bien de se livrer, mais il a là un pion qu'il peut faire mouvoir à son gré, selon les circonstances, et surtout selon ses convenances, qui aujourd'hui sont toutes pour la conservation de la paix.

708

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Berlino, 29 aprile 1882 (l).

Le Secrétaire d'Etat vient de me dire que le jour mème où je lui en faisais la communication par écrit, il s'était empressé de transmettre au Prince de Bismarck à Friedrischruhe le message dont les termes m'étaient fournis par le télégramme de V. E. du 25 avril (2).

Jusqu'ici il n'y avait pas eu de réponse. Le Comte de Hatzfeldt pensait qu'elle se ferait encore attendre, car il fallait d'abord se concerter avec Vienne. J'ai fait observer que c'est bien ainsi que vous l'entendiez, puisque le message précité portait textuellement que vous vous en remettiez entièrement à ce qui serait décidé entre Vienne et Berlin.

709

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S.N. Vienna, 29 aprile 1882 (1).

A conferma del mio telegramma del 27 corrente (3) pregiomi riferire all'E. V. il risultato della conferenza da me avuta quel giorno col Conte Kalnoky conseguentemente alle istruzioni impartitemi coi riveriti due dispacci del giorno 20 statimi consegnati dall'addetto, signor Bottaro Costa (4).

L'E. V. essendosi compiaciuta segnarmi di suo pugno su di un foglio annesso a detti dispacci, le modificazioni ch'Ella intendeva io proponessi allo Schema di Trattato a tre presentatoci dal Gabinetto di Vienna, stesi il testo di cui unisco qui copia, in cui sono sottolineate le varianti da V. E. indicatemi e ne diedi lettura al Conte Kalnoky motivando con opportuni ragionamenti le mutazioni di cui è caso. Del risultato della nostra discussione in tal maniera stabilitasi rendo qui conto passando in rivista i singoli articoli del Trattato.

Preambolo

Giunto alla parola: «la sécurité de leurs Etats et le repos de l'Europe », non esitai a dire da parte nostra si desiderava quella mutazione, visto che la frase propostaci « les dangers qui pourraient menacer le repos de Leurs Etats et de l'Europe » ci sembrava troppo elastica, essendovi varie maniere di apprezzare i pericoli che possono minacciare il riposo di uno Stato ed evidentemente doversi escludere ogni interpretazione che possa riferirsi a condizioni interne il di cui apprezzamento non può in nessun caso essere lasciato ad un altro Stato. Parvemi opportuno di ciò dichiarare ben esplicitamente a scanso d'equivoci in qualsiasi circostanza avvenire. Il Conte Kalnoky ammise completamente la giustezza delle considerazioni da me svoltegli ed accettò senz'altro la propostagli modificazione.

Art. I Essendo identico tanto nello schema presentatoci che nel contro progetto nostro non diede luogo ad osservazioni.

Art. II

A motivare l'aggiunta delle parole « directe » e « directement » là dove parlasi dell'eventualità che la Francia ci attacchi, senza provocazione diretta da parte nostra, e poscia dove si fa cenno del caso in cui a sua volta la Germania senza aver direttamente provocata la Francia dovesse subirne l'aggressione, misi in luce la necessità di meglio precisare in quelle parole per quanto almeno è possibile, la portata della espressione provocazione che in ogni guerra ha sempre dato motivo ad interminabili discussioni. Il carattere spiccatamente difensivo del Trattato che stiamo per conchiudere esigendo d'altronde che ciò chiaramente apparisca in ogni sua parola, al che a parer nostro gioverebbe precisamente tutto ciò che meglio chiarirebbe il preciso volere degli alleati di non muover guerra se non costretti da ineluttabile necessità.

Il Conte Kalnoky dissemi apprezzare il valore della nostra argomentazione, non farvi dal canto suo opposizione: doversi però riservare di procurarsi anche l'adesione del Principe di Bismarck alla variante da noi suggerita.

Art. III

Assai più grave si è la modificazione proposta dall'E. V. a quest'articolo, poichè i Gabinetti di Vienna e Berlino nel testo presentatoci indicavano con esso la eventualità senz'altro che una o due delle parti contraenti si trovassero impegnate (engagées) in una guerra con due o parecchie potenze non firmatarie, senza precisare il modo con cui devesi intendere che quest'eventualità abbia a verificarsi per dar luogo al casus joederis. Molto giustamente l'E. V. volle s'introducesse anche qui la clausola della provocazione diretta, ed io non ebbi difficoltà a dimostrare come questa fosse necessaria per conservare l'omogeneità di quel carattere puramente difensivo che di comune accordo si vuole attribuire al Trattato. Ricordai inoltre la prima formala del patto a stipularsi da me indicata nella prima nostra conversazione, e che sebben fosse stata abbandonata, poichè allora noi non indicavamo che il caso che alla Francia esplicitamente nominata si unisse un'altra Potenza, pure desideravamo non ne fosse alterato il carattere difensivo. Feci notare tutta l'importanza della questione per noi e lasciai credere che difficilmente ci arrendessimo a ritirare la nostra contro proposizione, trattandosi qui del casus joederis a cui non ci potressimo impegnare leggermente.

Il Conte Kalnoky che anche questa volta mostrò apprezzare il peso dei nostri ragionamenti da cui in massima non dissentiva, dissemi però non poter far altro se non di prendere ad referendum la nostra contro-proposta trattandosi di una sostanziale modificazione su di cui incombevagli prendere gli ordini dell'Imperatore e conoscere gli intendimenti del Principe di Bismarck.

Art. IV

Qui la divergenza fra i nostri apprezzamenti e quelli degli altri due Gabinetti si fece sentire più gravemente che in tutti gli altri articoli, poiché per difetto di precisione nel formolare il testo presentatoci, era nato a parer mio un vero equivoco che chiaro apparisce dal concetto che ispirava quell'articolo così formolatomi dal Conte Kalnoky. «Nel pensiero nostro con quella stipulazione intendiamo prevedere il caso che le cose in Russia assumano un carattere così grave e minaccioso per la pace dei vicini che il tollerarne la continuazione provochi spese non sopportabili lungamente: oltrechè potrebbe verificarsi il pericolo che un bel giorno la Russia rovesci tutto ad un tratto, senza un previo atto di provocazione diretta da parte sua le sue orde sopra di noi. Si é a fronte di una situazione dì quella natura che noi intendiamo assicurarci della vostra neutralità se noi giudicassimo del nostro interesse di muovere senz'altro guerra a quel vicino Impero senza che occorra che in questo caso la nostra aggressione sia motivata dalle provocazioni dirette accennate negli altri articoli~. Il Conte Kalnoky soggiungevami con ragione che, in tale eventualità, la nostra neutralità, poichè qui non si tratta d'altro, sarebbe già implicitamente assicurata dal disposto dell'art. l, ma che però, trattandosi di un caso così grave ed in cui precisamente da parte nostra verificherebbesi l'eventualità di contraccambiare colla nostra neutralità il servizio attivo a cui l'Austria s'impegnerebbe a nostro riguardo coll'articolo II, si era creduto bene farne oggetto di un patto speciale.

Nel ciò sentire non esitai a dichiarare che la questione, posta in questi termini, differiva così sostanzialmente dal concetto che, per conto mio almeno, mi ero formato considerando il testo quale ci era stato presentato nella sua stilizzazione assai oscura [che] non mi trovavo in grado di discutere quell'articolo le istruzioni corrispondenti a r~uell'interpretazione facendomi difetto: dissi dunque che prendevo la cosa ad referendum, lacchè il Conte Kalnoky fece dal canto suo a riguardo della nostra controproposta.

Non devo qui omettere di far rilevare che, se i due Gabinetti di Vienna e Berlino si persuadessero della necessità di meglio formolare il loro pensiero in modo da far sparire ogni equivoco, essi però non recederanno dalla loro proposta, ed a me pare che dal canto nostro non dobbiamo esitare ad accettare il patto che corrisponde all'idea svoltami non trattandosi qui che della nostra neutralità, tanto più che l'aggiunzione della qualifica « Grande » alla parola « Puissance » che il Conte Kalnoky non mostrò difficoltà da parte sua di accettare, ammettendo pienamente la validità dei ragionamenti da me svoltigli onde avvalorare la convenienza di quell'aggiunzione, toglierebbe assai valore alle apprensioni che l'E. V. giustamente risentiva nell'apprezzare le conseguenze per noi di quell'articolo. Staremo del resto ad aspettare la risposta che il Conte Kalnoky mi darà in proposito, e su qu:}lla il R. Governo potrà prendere quelle decisioni che più gli sembreranno convenienti. Dal canto mio mi riservo di farmolare in proposito il mio rispettoso preciso parere: ma non esito a dire che evidentemente qui trattasi di un caso in cui i due Gabinetti ci faranno dell'accettazione della loro proposta condizione sine qua non. Devo poi ancora menzionare che il Conte Kalnoky chiesemi se colle parole « Grande Puissance » intendevamo anche la Turchia, ciò essendo essenziale precisare visto che l'Austria-Ungheria potrebbe pur sempre un giorno trovarsi in guerra con quel suo vicino. A tal riguardo sarà bene spiegarci con precisione.

L'aggiunta poi sull'eventuale partecipazione volontaria alla guerra siccome fu stilizzata da V. E. fu accettata senza osservazioni.

Art. V Prima di dar lettura dell'appendice cosi opportunamente aggiunta dalla

E. V. a quest'articolo, ricordai al Conte Kalnoky come egli avesse scartato a priori il patto di una reciproca guarentigia dei territori al cui riguardo non si era fatto insistenza da parte nostra; essere però indispensabile che in un trattato di alleanza siccome quello che stiamo per stipulare vi sia una condizione almeno che indichi i limiti che gli alleati s'impegnano a raggiungere nella loro azione comune; altrimenti il primo giorno in cui uno degli alleati non trovasse più di sua convenienza di proseguire l'intrapresa guerra in comune, sarebbe in pienG diritto di conchiudere senz'altro la pace col nemico, lasciando che i suoi confederati se la cavino dal canto loro senza il suo concorso. Evidentemente sostenni la mia argomentazione coll'appoggio di ipotetici casi pratici e col sussidio di tutti quei migliori ragionamenti che seppi trovare. Ciò fatto diedi lettura dell'aggiunta di cui è caso, dichiarando che agli occhi del R. Governo il patto in essa espresso provvederebbe precisamente a rimuovere gli accennati pericoli.

Il Conte Kalnoky che mi aveva ascoltato con molta attenzione, tosto ch'io ebbi finito di parlare dissemi apprezzare pienamente l'importanza delle considerazioni da me svoltegli, ed anzi, senza dichiararmelo esplicitamente, lasciommi intendere che per conto suo non sarebbe contrario ad accettare l'aggiunta da noi proposta, trattandosi però di cosa di non lieve importanza, mi diceva dover anche quest'articolo cosi modificato prenderlo ad referendum onde aver in proposito il parere del suo Sovrano, nonchè quello del Cancelliere Germanico.

A parer mio su quest'articolo dobbiamo tener fermo in modo assoluto: farne anche questione sine qua non: anzi, onde meglio far rilevare l'importanza che da parte nostra si annette alla sua adozione, non esitai a dichiarare per conto mio che, ove il patto da noi proposto non venisse accettato, mi sarei astenuto dal raccomandare al mio Governo l'accettazione del Trattato così gravemente mutilato, ripugnandomi personalmente di apporre la mia firma ad un patto siffattamente indeterminato e pieno quindi di incontestabili pericoli per l'avvenire.

Art. VI ed Art. VII

Furono letti senza osservazioni non essendovisi da parte nostra proposte modificazioni.

Si parlò poscia della firma del Trattato, ed a questo proposito io fecl cenno del passo che il Conte de Launay era stato incaricato di fare a Berlino unde scandagliare gli intendimenti in proposito del Principe di Bismarck; ed a tal effetto anzi diedi lettura del telegramma direttogli al riguardo dall'E. V. (1). A dissipare ogni equivoco che avrebbe potuto nascere su questa questione più che altro d'etichetta, in conseguenza delle conversazioni al riguardo ch'io già aveva avute seco lui e col Principe di Reuss, ravvisai necessario esporgli colla massima franchezza tutta la genesi di quest'affare. Il Conte Kalnoky si mostrò persuaso non esservi stato in tutto ciò da parte dell'E. V. e mia il menomo atto non pienamente corretto, e dichiarommi che così stando le cose egli aspetterebbe, senza intromettersi in maniera alcuna, che il Cancelliere Germanico si fosse pronunziato ed avesse fatto conoscere le sue intenzioni o per mezzo del Conte de Launay o pel canale del Principe Reuss.

Stante la necessità di aspettare che le nostre controproposte abbiano il tempo di ritornare da Berlino cogli apprezzamenti del Principe di Bismarck, le nostre conferenze furono per intanto sospese e rimandate ad alcuni giorni che a parer mio saranno forse una diecina.

Ad ogni modo anche stando le cose come già sono, parmi ci possiamo felicitare della buona piega che i nostri negoziati accennano a voler prendere. Se non ho mancato di accentuare quanto Sua Maestà ed i suoi primi consiglieri ebbero ad apprezzare, l'opera così amichevolmente conciliante fin qui spiegata dal mio illustre co-negoziatore degno interprete dei sentimenti così amichevoli del nostro Augusto Sovrano dimostrati da S. M. l'Imperatore in occasione della visita a Vtenna delle Loro Maestà, parv,emi opportuno di accentuare pur anche che, fin dal giorno in cui l'E. V. ebbe ad assumere la direzione della politica estera dell'Italia, ogni suo atto, ogni suo sforzo, sempre furono, con una costanza e pertinacia di volontà che non avrebbe potuto essere maggiore, intesi a conseguire l'intento che siamo per raggiung,ere. A questi miei apprezzamenti mi è grato il dire che il Conte Kalnoky mostrassi pienamente assenziente.

Al punto in cui siamo giunti, i più grossi ostacoli già si possono dire

superati: continuando sulla strada su cui il Governo del Re si è posto, spiegando in ciò che è necessario la maggior voluta fermezza e transigendo all'uopo su ciò che non può ledere in avvenire nessun nostro assoluto legittimo interesse, la conclusione definitiva di un patto che mette a riparo l'Italia dalle burrasche che purtroppo si mostrano minacciose all'orizzonte, non può tardare a verificarsi.

Non saprei poi chiudere questo rapporto senza ringraziare l'E. V. per le lusinghiere espressioni con cui Le piacque apprezzare la debole mia opera fin qui in questi negoziati (1), e più ancora per la costante fiducia che non cessò mai di dimostrarmi accogliendo con somma indulgente benevolenza le osservazioni che mano mano mi sono creduto in dovere di rispettosamente presentarLe a riguardo dei pendenti negoziati.

ALLEGATO

L'Empereur d'Autriche-Hongrie, l'Empereur d'Allemagne, et le Roi d'Italie, animés du désir d'augmenter les garanties de la paix générale, de fortifier le principe monarchique, et d'assurer par cela méme le maintien intact de l'ordre social et po1itique dans Leurs Etats respectifs, sont tombés d'accord de conclure un Traité qui, par sa nature essentiellement conservatrice et défensive, ne poursuit que le but de les prémunir contre les dangers qui pourraient menacer la sécurité de Leurs Etats et le repos de l'Europe.

A cet effet .....

Article I

Les Hautes Parties contractantes se promettent mutuellement paix et amitié; et n'entreront dans aucune alliance ou engagement dirigé contre l'un de Leurs Etats.

Les H. P. C. s'engagent à procéder à un échange d'idées sur les questions politiques et économiques d'une nature générale qui pourraient se présenter, et se promettent en outre Leur appui mutue! dans la limite de Leurs propres intéréts.

Article II

Dans le cas où l'Italie, sans provocation directe de sa part, serait attaquée par la France pour quelque motif que ce soit, les deux autres Parties Contradantes sont tenues à préter à la Partie attaquée secours et assistance avec toutes Leurs forces. Cette méme obligation incombe à l'Italie dans le cas d'une agression non directe:ment provoquée de la France contre l'Allemagne.

Article III

Si une ou deux d es H. P. C. sans provocation directe de Leur part, v.iennent à étre attaquées et à se trouver par fait engagées dans une guerre avec deux ou plusieurs Grandes Puissances non signataires du présent Traité, le «casus foederis • se présente simultanément pour toutes les H. P. C.

Article IV

Dan le cas où l'une des H. P. C., sans provocation directe de sa part, venait à. étre attaquée par une Grande Puissance non signataire du présent Traité, .!es deux autres s'obligent à observer une neutralité bienveillante à l'égard de celle des H. P. c. qui se trouve en guerre, en se réservant chacune la faculté de prendre part à la guerre, si Elles jugeaient à propos pour faire cause commune avec Leur allié.

Article V

Si la paix de l'une des H. P. C. venait à etre menacée dans les circonstances prévues par les Articles précédents, les H. P. C. se concerteront en temps utile sur les mesures miHtaires à prendre en vue d'une coopération éventuelle.

Elles s'engagent dès à présent, dans tous les cas de participation commune à une guerre, à ne conclure ni paix ni armistice, ni aucune espèce de Traité que d'un commun accord entre Elles.

Article VI

Les H. P. C. se promettent mutuellement le secret, sur le contenu et sur l'existence du présent Traité.

Article VII

Le présent Traité restera en vigueur durant l'espace de cinq ans à partir du jour de l'échange des ratiHcations.

(l) -Manca l'indicazione del giorno di arrivo. (2) -Cfr. n. 699. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. nn. 686 e 687.

(l) Cfr. n. 699.

(l) Cfr. n. 689.

710

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 29 aprile 1882.

Con ispeciale dispaccio confidenziale del giorno 20 aprile (1), l'E. V. compiacevasi di significarmi essere suo desiderio di far risultare che, nell'estendere il casus joederis anche tacitamente all'ipotesi dell'aggressione che contro uno degli Stati componenti l'alleanza avvenisse da parte dell'Inghilterra unita non già alla Francia ma alla Russia, emergesse che quella clausola nel pensiero stesso delle tre Parti contraenti non ha intento ostile contro quella Potenza cui ci lega una catena di frequenti dimostrazioni di simpatia e di amicizia. Dissi al Conte Kalnoky trattarsi di una questione di delicatezza e di onestà che ci sta sommamente a cuore. Feci osservare non esservi convenienza per alcuno dei tre alleati che, il giorno in cui l'esistenza della nostra alleanza si farebbe palese coi fatti, l'Inghilterra avesse a rimproverarci un atto ostile a suo riguardo; posi anzi in sodo quanto ci tornerebbe utile di non attirarci la inimicizia di quella Potenza che con la sua marina potrebbe recarci tanto danno a tutti tre. Ad avvalorare i miei ragionamenti presi su di me di leggere al Conte Kalnoky, facendogliene la traduzione in francese, il dispaccio a ciò relativo di V. E. tacendone però l'ultimo periodo. Spero che l'E. V. non avrà rincrescimento ·ch'io mi sia arbitrato a ciò fa11e, il linguagg,io di quel dispaccio è improntato a sentimenti troppo nobili e troppo giusti perché vi fosse inconveniente acché il Conte Kalnoky ne udisse la testuale lettura.

Del resto il fatto provò che mi ero ben apposto nella scelta dei mezzi onde persuadere il mio interlocutore; poiché S. E. non solo mostrò di apprezzare altamente i ragionamenti tutti svolti da V. E., ma anzi dichiarò esplicitamente di aderirvi nel modo più completo, il Gabinetto di Vienna avendo sempre altamente apprezzata anche dal canto suo la convenienza di mantenere cor

diali relazioni coll'Inghilterra; stargli dunque al pari di noi sommamente a cuore di togliere al nostro Trattato quel qualsiasi anche velato carattere di eventuale ostilità verso quella Potenza, che gli si potesse in seguito attribuire. Egli aggiungevami che, malgrado l'estrema antipatia, che il Cancelliere Germanico nutre contro l'attuale Primo Ministro di S. M. Britannica, pure egli non dubitava che, a riguardo della Nazione Inglese, i sentimenti del Principe di Bismarck non differivano da quelli che per conto suo mi aveva espressi.

S. E. pregavami dunque di rimettergli un breve appunto nel quale fosse formulata la proposta di V. E. relativa al protocollo segreto da firmarsi in un col Trattato, onde averne norma nella compilazione del pro-memoria che, facendone cosa sua, Egli intendeva di sottoporre pure all'accettazione del Principe di Bismarck.

Conseguentemente a quell'invito feci tenere in giornata al Conte Kalnoky l'appunto di cui compiego qui copia, senza accompagnamento di sorta. Spera:r1zoso di aver così interpretato gli intendimenti dell'E. V. a questo riguardo ...

ALLEGATO

DI ROBILANT A KALNOKY

PROMEMORIA. Vienna, 27 aprile 1882.

Il sérait désirable que par un Protocole séparé et secret, signé en mème temps que le Traité, on laissat la porte ouverte à l'Angleterre pour accéder sinon à tous les accords de l'alliance à trois, au moins à celui qui fixe la neutralité mutuelle; moyennant quoi l'hypothèse d'un conflit avec cette Puissance resterait exclue des vues des trois Puissances Alliées. Cette réserve d'une possible accession de la part de l'Angleterre devrait ètre conçue de manière à faire bien comprendre que, non seulement l'accord éventuel avec le Cabinet de Londres, mais aussi l'ouverture mème de négociations dans ce but, seraient explicitement subordonnés, tant pour le moment que pour les modalités de l'accession, au préalable consentement mutuel des trois Puissances contracta.ntes.

(l) Da Museo Centrale del Risorgimento, Corte Mancini.

711

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 29 aprile 1882.

Discutendo col Conte Kalnoky i termini dell'aggiunta proposta dall'E. V. all'articolo V parevami opportuno di far notare, a seconda del pensiero espresso nel Suo dispaccio del 20 corrente (l), che, nel provvedere così alla partecipazione di ognuno dei singoli alleati ai negoziati e trattati che potrebbero essere conseguenza di una guerra verificatasi nelle condizioni previste dai precedenti articoli, noi intendevamo di non ledere in maniera alcuna il preesistente diritto che, quali firmatarii del Trattato di Berlino, ci spetta intorno a tutto ciò che

riguarda lo status qua in Oriente, e quindi quello di prender parte ad altri eventuali successivi trattati in proposito, ciò indipendentemente da qualsiasi ulteriore pattuizione.

Feci osservare che, forse, a maggior guarentigia al riguardo, si avrebbe potuto introdurre nel Trattato una clausola speciale; ma che però non credevamo necessario di farlo, se Egli mi dichiarava esplicitamente riconoscere la giustezza di questa nostra riserva, e se anzi ben voleva dichiararmi di prenderne atto. Il Conte Kalnoky avendo immediatamente e nel modo più esplicito aderito al desiderio da me espressogli, la nostra conversazione su quell'argomento ebbe così termine.

Ho ravvisato conveniente di consegnare tutto ciò nel presente speciale rapporto, affinché se ne trovi, all'evenienza, traccia negli archivii di codesto Ministero, a più retta interpretazione del disposto dell'Articolo V del Trattato che si sta negoziando.

(l) Cfr. n. 686.

712

IL CONSOLE A TRIPOLI, DE GOYZUETA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. R. 119. Tripoli, 29 aprile 1882.

Il signor Drummond Hay, Console Generale britannico, in una visita fatta, giorni or sono, al Vali, lo intrattenne, ufficiosamente, dell'allarme destato in paese dalle grida entusiastiche di Djahad (guerra santa) Moudjahdin (guerra agli infedeli) (mio rapporto del 22 aprile volgente mese di n. 118 di questa Serie) (l) e questi, nell'assicurarlo che nulla eravi a temere, gli ha osservato che si meravigliava come i cattolici, i quali nelle feste religiose non si peritano dal fare uno schiamazzo infernale coi così detti mortaretti, in un paese musulmano, e col suono delle campane (da non fare udire la voce degli arabi che dai minareti invitano i fedeli alla preghiera), possano trovare strane le grida degl'indigeni.

In vero tale osservazione mi sembra, in parte, fondata; dico in parte perché né il suono delle campane né lo sparo dei mortaretti sono minacce, come quelle che profferivano gli arabi. Però da qualche giorno hanno cessato.

Lo stesso signor Hay, in una conversazione alquanto animata avuta col Collega dl Francia, signor Féraud, (anche a proposito di dette grida minacciose, aalle quali, come già dissi nel citato mio rapporto, questi vedeva scaturire funestissime conseguenze, mentre il signor Hay non vi scorgeva nessuna gravità) gli disse: «Io vorrei farvi una domanda, ma me ne astengo perché voi non mi rispondereste ». Sulle insistenze però del signor Féraud, continuò a dire: «Se la Francia agisce in Tripolitania senza simulazione, in tal caso le grida degli arabi non vi debbono punto preoccupare, ma se cerca pretesti onde ripe

tere i fatti di Tunisi, non vi sarà difficile di trovarne; persuadetevi che i francesi hanno fatto tutto il possibile per farsi detestare a cominciare dal Marocco fino alle Indie ».

A tale linguaggio franco ed esplicito il signor Féraud ha risposto, assicurandolo, sulla sua parola d'onore, la Francia non cercare pretesto alcuno per la Tripolitania. Il signor Hay gli ha replicato: «Vi credo, giacché se fosse altrimenti, voi non avreste risposto, assicurando il vostro dire sulla vostra parola d'onore».

Mentre questo rappresentante inglese è molto preoccupato -come ho anche detto in precedenti rapporti -di un possibile colpo di mano della Francia sulla Tripolitania, tanto che desiderava moltissimo di avere una dichiarazione in proposito dal collega francese, vediamo che il signor Reade, a Tunisi, nel banchetto di Monsignor Lavigerie, propina non solo al neo porporato, ma altresì alle recenti istituzioni di lui in Tunisia, il che vale quanto dire alle istituzioni francesi. Non credo, per altro, che ciò debba meravigliarci da parte de' rappresentanti del Governo britannico.

Nella conversazione suddetta del signor Hay col Vali, questi gli ha fatto qualche lagnanza sul contegno poco rispettoso degli europei allorché egli passa per le pubbliche vie. Detto mio collega gli ha osservato di non essere in potere dei Consoli di fare ai loro amministrati ingiunzioni di tale natura, assicurandolo però che, per quelli che lo riguardano, egli ne avrebbe tenuto proposito ai più influenti della sua colonia, affinché diano il buon esempio, aggiungendo che i Consoli stessi non possono esigere dai loro stessi connazionali il saluto, essi che sono i loro giudici naturali. Il Valì obbiettò: «ma io sono qui a tutelare le loro vite e loro sostanze e le tutelerò».

Sebbene di lieve entità, pur tuttavia stimo opportuno di riferire a V. E. tali conversazioni avute dal collega d'Inghilterra con quello di Francia e col Vali. Jeri è qui giunto, da Costantinopoli, un Piroscafo del Lloyd Austro-Ungarico,

carico di grano per queste truppe.

(l) Non pubblicato.

713

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

L. P. Vienna, .... (2).

Ringrazio vivamente l'E. V. per la lettera particolare (3) che ella compiacevami rivolgermi in accompagnamento alla spedizione ufficiale del 20 corrente e tengo a dirle quanto Le sono riconoscente per la stima e fiducia che mi dimostra, e che anche si degnò esprimermi ufficialmente e particolarmente. Nel

suo procedere a mio riguardo trovo la forza che mi è necessaria per coadiuvarla il meglio che posso al conseguimento del grande risultato a cui Ella con tanta sagacia e singolare fermezza ha dedicato l'opera sua dacché ha assunto le redini del Ministero degli Esteri.

Parmi siamo già a buon punto ed anzi ho ottimi dati per crederlo. Le di lei controproposte saranno sembrami accettate in massima senza soverchia difficoltà. Dal canto nostro dobbiamo tener fermo sull'aggiunta all"art. V ed a questo proposito, Ella vedrà dal mio rapporto ufficiale (l) che ho già preso posizione in maniera da mostrare la fermezza dei nostri intedimenti. Intorno all'art. IV, evidentemente converrà accettare il concetto del Conte Kalnoky e quindi quella nuova redazione corrispondente che ci verrà proposta: tanto più che la neutralità che con essa ci viene imposta è già obbligatoria per noi in base al primo capoverso dell'art. l0 Potremo però tener fermo sulla parola

Grande Puissance che sarà accettata dagli altri due, se sotto una forma da determinarsi dichiareremo che per gli effetti di quell'articolo ed in quel caso speciale intendiamo abbiasi pur a comprendere la Turchia sotto la denominazione di Grande Potenza.

Non ho mancato di fare tutte le volute indagini onde scoprire quali fossero gli speciali pensieri dell'Imperatore che avessero trovato posto nello schema propostoci e siamo venuti alla conclusione che la frase dettami al riguardo dal Kalnoky altro non era se non una formula oratoria diplomatica onde coprire le sue spalle colla persona del Sovrano, sistema qui che viene applicato in larga scala.

La questione speciale relativa all'Inghilterra mi pare anche ben avviata, Kalnoky si è mostrato desideroso al pari di V. E. di trovar mezzo che quella Potenza non sia affatto presa di mira dal nostro Trattato. L'affare della firma del Trattato era assai delicato dopo ciò che avevo detto a Kalnoky ma Egli si persuase facilmente che nulla vi era sotto di meno corretto sì da parte di V. E. che dalla mia avendo già avuto conoscenza dall'Ambasciatore A. U. a Berlino, del non dubbio desiderio del Conte di Launay di far pur figurare la sua firma sotto quell'atto, ed anzi dei molti passi già da noi fatti a tale scopo. Aspetteremo ora la decisione del Principe di Bismarck, che voglio sperare sarà favorevole alla prima proposta venuta da qui poiché a dir il vero la firma in sui luoghi garberebbe assai poco al Conte Kalnoky ed al Principe Reuss, quindi creerebbe mal'umori che ci potrebbero nuocere in seguito. Questo episodio per quanto sia di poca importanza è più increscioso poiché davvero non è all'altezza della situazione, del resto lo prevedevo da assai tempo, non ne fui quindi meravigliato. Ho creduto opportuno entrare in questi particolari a spiegazione di un mio telegramma sull'argomento (2) di cui forse non le sarà apparsa così chiara la portata. Premevami essenzialmente far risultare che allorquando sono in giuoco gli interessi del Re e dell'Italia la mia persona sparisce e non saprei mai fare questione d'amor proprio personale.

50 -Documenti diplomatici -Serle II -Vol. XIV

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento. Carte Mancini. (2) -Privo di data. si Inserisce sotto II 29 aprile tenendo conto del contesto. (3) -Cfr. n. 689. (l) -Cfr. n. 709. (2) -Cfr. n. 693.
714

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO (l)

T. 292. Roma, 30 aprile 1882, ore 11,30

J'examinerai aussitòt reçue la note egyptienne (2) et je vous télégraphierai, le cas échéant, instructions ultérieures. Veuillez en attendant répondre au ministre des affaires étrangères, en constatant la facheuse impression que l'annonce de pareilles difficultés a produit sur nous, alors que la préoccupation du Gouvernement Vice-Royal devait, à l'égard de cette malheureuse affaire n'ètre, que de nous rendre enfin une justice qui s'est déjà faite trop longuement attendre. Une commission d'enquète est libre, sans doute, d'apprécier d'après ses propres convictions tout document ou renseignement qui lui serait soumis, quels qu'en soient le caractère et la source. Mais on ne saurait convecoir une commission d'enquète s'interdisant a priori de prendre connaissance des pièces d'informations, que la partie la plus directement intéressée croit devoir lui communiquer. M. Branchi n'a d'autre but en se rendant à Beilul, que de fournir aux membres italiens de l'enquète, les données de fait qu'il possède, après quoi son instruction est de rentrer à Assab. Je pense que la prétention du Gouvernement égyptien ne va pas jusqu'à vouloir empècher deux fonctionnaires italiens de communiquer librement entre eux à Beilul comme partout ailleurs. J'ai enfin de la peine à comprendre, comment et pourquoi le Gouvernement v'iceroyal pourrait défendre au navire de guerre d'une nation arnie, l'accès et le séjour à Beilul, tant que cela nous paraitrait convenable. Nous ne voulons certes pas engager ni accepter une dlscussion sur ces points avec le Gouvernement égyptien. Nous tenons seulement à établir que si jamais la nouvelle enquète allait ètre abandonnée, le Gouvernement vice-royal s'assumerait toute entière et sans l'ombre d'une atténuation quelconque, la lourde responsabilité d'un déni de justice. Si cette éventualité se produisait, le Gouvernement du Roi serait forcé d'y voir un parti pris d'hostilité aussi que l'oubli des devoirs qu'on se doit entre Gouvernements, et nous devrions nous régler en conséquence.

715

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI

D. 1122. Roma, 30 aprile 1882.

Segno ricevuta a V. S. dei tre rapporti in data 20, e 23 aprile, segnati coi numeri 215, 216 e 217 di questa serie (3).

(-3) Cfr. n. 696, i R. 215 e 216 non sono pubblicati.

no

Sarebbe vano dissimularsi che i provvedimenti circa la Tunisia, contenuti nei decreti presidenziali del 22 aprile, tendono a stabilire uno stato di cose che non solo introduce tra la Francia e la Tunisia il rapporto permanente di un protettorato che non vedesi stabilito in verun articolo del trattato del Bardo, anzi ne è evidentemente escluso, atteso il carattere di temporaneità, ivi esplicitamente pattuito, della occupazione francese; ma attribuendo ai diversi Ministeri della Repubblica una competenza anche sull'amministrazione interna della Tunisia, trascende ben al di là dei limiti di un protettorato, ponendo effettivamente il Governo della Reggenza in balia della Francia, come se fosse diventata sua provincia.

Nondimeno, per ora, pur mantenendo intatta ed impregiudicata la posizione giuridica dell'Italia e degli interessi della sua politica internazionale, il Governo del Re è fermamente risoluto a non dipartirsi dal riserbo che s'è imposto in questo argomento.

(l) -Ed. in italiano l:n LV 41, pp. 12-13. (2) -Con t. 547 del 28 aprlle, non pubblicato, De Martino aveva comunicato che il ministro degli Esteri egiziano gli aveva indirizzato una nota nella quale dichiarava di opporsi a che w commissione di inchiesta esaminasse dei documenti raocoHi da Branchi e richiedeva che fosse impedito l'accesso a Beilul a Branchi.
716

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

APPUNTO. Roma, 30 aprile 1882.

Keudell è venuto a dirmi che il suo governo ha dato istruzione all'incaricato d'Affari di Germania a Costantinopoli di raccomandare confidenzialmente alla Porta di procedere con prudenza nella quistione assai delicata d'un intervento eventuale in Egitto.

717

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 1° maggio 1882, ore 0,15.

Sa Majesté à qui j'ai soumis ce matin votre télégramme de jeudi (2), s'en est montrée fort satisfaite. Je compte sur vas efforts pour obtenir l'acceptation de nos contrepropositions sur les articles IV et V ou quelque chose d'analogue. Il n'y a maintenant qu'à attendre la réponse de Berlin. Veuillez télégraphier vous méme à Launay le résumé de votre entretien (3). Je vais, de mon còté, lui télégraphier (4) que ces renseignements continuent d'étre pour lui seui. Quant à la question que Kalnoky vous a posée, nous pensons que la Turquie n'a jamais été considérée camme grande puissance selon l'acception conventionnelle du mot.

(l) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (2) -Non pubblicato ma cfr. n. 709. (3) -Robilant telegrafò tale riassunto a De Launay con t. del lo maggio, non pubblicato. (4) -Non pubblicato.
718

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 2 maggio 1882, ore 3,15 (1).

Je remercie V. E. pour son télégramme d'hier. (2) J'espère que notre contreproposition à l'article 5 passera. Je me battrai pour cela avec toute l'énergie voulue; mais quant à l'article 4 il faudra forcément accepter une rédaction qui exprime la stipulation dont Kanlnoky m'a développé clairement la portée, car c'est là le seul vrai équivalent assuré à l'Autriche par notre traité. Si nous hé~itions à l'accepter, nous ferions douter de notre loyauté. Quant à la question de la Turquie, je m'en remets à mon rapport du 29 (3); mais il est évident que, si nous ne trouvons pas un biais pour la comprendre pour !es effets de l'article 4 sous la dénomination de «grandes Puissances », on n'admettra pas le mot «grandes », qui cependant résoudrait bien des difficultés. Je prie V. E. de me faire connaitre mieux son avis sur toutes ces questions lorsqu'elle aura reçu mon rapport, qui doit arriver aujourd'hui à Rome.

719

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 2 maggio 1882, ore 12,26.

Déchiffrez vous meme. Mon opmwn est qu'il serait dangereux de recommencer à discuter ici le texte du traité. Il pourrait surgir toujours des difficultés nouvelles, il est d'une très grande importance selon moi que V. E. trouve le moyen de conclure définitivement avec Kalnoky après retour du texte de Berlin.

720

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (4)

APPUNTO. Roma, 2 maggio 1882

Il Conte Wimpffen è venuto a darmi comunicazione verbale e confidenziale delle istruzioni del suo Governo al Barone Calice relativamente alla domanda fatta dalla Porta del parere dell'Austria, della Germania e dell'Italia circa la situazione dell'Egitto.

Il Governo imperiale suppone che l'intervento eventuale cui la Porta allude sia di carattere diplomatico. Per dare un consiglio positivo il governo imperiale ritiene di non essere abbastanza informato sulla situazione vera delle cose in Egitto; ma esprime piena fiducia che il Sultano, continuando nella prudenza dimostrata sin qui, saprà porre i suoi intendimenti ed interessi in accordo cogli interessi della pace generale. Qualunque provvedimento poi fosse la Porta per prendere riguardo all'Egitto, farebbe bene, a quanto sembra al Governo imperiale, di assicurarsi anticipatamente presso le due grandi potenze occidentali della impressione di queste riguardo al provvedimento medesimo.

Il Barone Calice ha ricevuto ordine di unirsi al suo collega di Germania per esprimersi in tale senso verso la Porta; ed il Conte Wimpffen è stato autorizzato a comunicare verbalmente e confidenzialmente quanto precede al governo del Re.

Il Conte Wimpffen mi ha inoltre espresso il desiderio di avere da noi partecipazione della sostanza della risposta che S. E. il Ministro crederà di fare alla Porta (l).

(l) -Manca l'indicazione dell'ora di arrivo. (2) -Cfr. n. 717. (3) -Cfr. n. 709. (4) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.
721

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLWBIANO

T. 298. Roma, 2 maggio 1882, ore 23,55.

Nous n'avons pas assez de données précises sur la demarche que le Sultan se proposerait de faire auprès du Khédive (2). Mais présumant qu'il s'agit de simples remontrances, et non pas d'une intervention directe dans l'adminlstration du pays, nous avons pleine confiance dans la haute sagesse de Sa Majesté, qui a su toujours concilier envers l'Egypte l'exercice de sa souveraineté, avec l'intéret supreme de la paix générale. Nous pensons d'ailleurs que la Sublime Porte agirait, le cas échéant avec sa pru::cnce habituelle si elle s'assurait auparavant de l'impression que sa démarche pourrait produire sur les deux puissances occidentales. Je vous autorise à vous concerter pour la réponse à faire en ce sens au secrétaire du Sultan, avec les ambassadeurs d'Allemagne et d' Autriche-Hongrie.

722

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 2331. Costantinopoli, 2 maggio 1882 (per. il 9).

Come ebbi l'onore di riferire per telegrafo all'E. V. (3), Rechid Bey venne da me jeri per chiedermi se mi fosse pervenuta una risposta alla comunicazione

da me fatta ad istanza del Sultano il 24 ultimo (l). Egli mi disse che il Sultano avrebbe desiderato di potere, col consenso delle potenze, agire efficacemente per ricondurre l'ordine in Egitto ed intimare ad Araby Pascià di cessare da quella politica che può avere funeste conseguenze.

In giornata l'Incaricato d'affari di Germania ricevette un telegramma pel quale il Principe Bismarck lo incaricava di informare Sua Maestà che il governo germanico non consideravasi sufficientemente informato per poter enunciare un giudizio sui fatti e che presumendo che si trattava di rimostranza diretta dal Sultano al Khedive senza intervento nell'amministrazione del paese, confidava nel senno e nella prudenza di Sua Maestà e che inoltre consigliava a Sua Maestà di rivolgersi pure alle potenze occidentali. Il Barone Calice ricevette in giornata un telegramma analogo.

Queste risposte produssero poco buon effetto sull'animo del Sultano che, da quanto mi si riferisce da buona parte, desidera ottenere dalle potenze, che egli stima essere più interessate al mantenimento della sua sovranità in Egitto, l'approvazione e l'appoggio necessario per riaffermare i suoi diritti che teme possono essere disconosciuti da Araby Pascià e dal partito nazionale.

Il Sultano continua ad essere assai impensierito della condizione delle cose in Egitto dove vede ora rivolgersi contro di lui gli elementi sui quali contava di più per rinforzarvi la sua autorità.

Ho ricevuto stamane il telegramma di V. E. (2) e ne darò comunicazione, come fu fatto dalle Ambasciate di Germania e d'Austria-Ungheria a Rachid Bey.

(l) -Cfr. n. 721. (2) -Cfr. n. 722. (3) -T. 557 del 2 maggio, non pubblicato.
723

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

L. P. Vienna, 2 maggio 1882.

Fino ad un'ora fa il Principe Reuss non aveva ricevuto risposta di sorta da Berlino, speriamo arrivi presto poichè il Conte Kalnoky dovendo assentarsi al fin della settimana per andare a Pest ci manderebbe le cose alquanto in lungo.

Del resto mi pare tempo di finirla presto, a quest'ora sappiamo gli uni e gli altri ciò che vogliamo. Non dubito che il Trattato ritornerà da Berlino modificato a seconda dei nostri desideri; salvo nell'art. IV che forzatamente dovrà rappresentare le idee statemi svolte qui. Ne faranno sono persuaso questione sine qua non. Arrestarsi dinanzi a quella condizione non sarebbe ammissibile visto essenzialmente che il principio che essa applica ad un caso speciale è già implicitamente ammesso nell'art. l! Ma essenzialmente ciò che voglio dire si è che bisogna finirla, una soverchia, prolungata discussione in questioni così

delicate, è di natura a far rivivere quelle diffidenze che abbiamo durato tanta fatica a far sparire. Ove l'E. V. consentisse in questo mio apprezzamento voglia La prego autorizzarmi a dichiarare qui, allorché avrò constatato che il Trattato comprende nelle sue linee generali altre importantissime istruzioni, che mi ritengo in grado di accettare in principio il testo presentatomi, riservando la definitiva formale accettazione dell'E. V. Ove tirassimo in lungo, correnti contrarie potrebbero prendere il sopravvento a Roma: il Principe di Bismarck dal canto suo si impunterebbe, e tutto correrebbe rischio di finir in niente locché sarebbe male assai peggiore che se non avessimo cominciato a trattare, poiché non si farebbero dispetti a Berlino di far sapere alla Francia gli infruttuosi negoziati da noi tent8.tl. Kalnoky che ho veduto oggi mi ha parlato del protocollo relativo all'Inghilterra proposto dall'E. V.; e mi faceva osservare che o ve si facesse un cenno in proposito al Gabinetto di Saint James, Dilke avrebbe .indovinato il resto e non avrebbe tardato ad informare i suoi amici di Parigi. A ciò ho risposto che non credevo fosse mai venuto in mente all'E. V. di fare fin d'ora una comunicazione qualsiasi al riguardo all'Inghilterra, a cui si dovrebbe solo dar conoscenza della porta che gli si lascerebbe aperta, il giorno in cui la nostra alleanza dovesse in forza dei fatti diventare di pubblica ragione. Il Conte Kalnoky fece buon viso a questa mia spiegazione, ripetendomi che per conto suo nulla desiderava meglio che di fare atto amlchevole per l'Inghilterra, mi aggiunse poi .tosto temer del Principe di Bismarck <<qui comme vous savez abhorre Gladstone et Dilke et à aucun prix ne voudra jamais avoir rien de commun avec le Gouvernement Anglais, tant qu'E est entre leurs mains :..

Aspettiamo anche su di ciò la risposta definitiva da Berlino. Mi scordavo di dire che Kalnoky tiene ed anzi insiste pel testo unico in lingua Francese.

(l) -T. 534 del 24 aprile, non pubblicato. (2) -Sembra riferirsi al n. 721 che però risulta spedito alle ore 23,55 del 2. (3) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini.
724

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 2 maggio 1882.

Je vous remercie vivement pour votre lettre du 20 du mois dernier (l) par la quelle il vous a également plu de répondre aux différentes petites choses mèlées par ci par là à la grande affaire, dans mes précédentes lettres.

Ce que vous me dites de la direction prise par rapport à nos relations avec la France m'a vivement intéressé. Le but essentiel du Traité que nous négocions est d'assurer la paix, tout ce qui tendra donc à écarter les causes d'un conflit entre nous et la France sera très bien vu je n'en doute pas à Berlin et autant ici. Je vous renvoie ci joint la copie de votre lettre à M. de Reverseaux que vous avez bien voulu me communiquer. Votre manière de voir à l'égard de l'Article IV ne pourrait pas ètre plus juste, surtout depuis qu'on nous a mis les

points sur les i. Du reste comme pourrions nous après avoir accepté l'article 1•r refuser l'engagement explicite de notre neutralité, pour le cas où d'une manière quelconque, l'Autriche et l'Allemagne se trouvassent engagées dans une guerre avec la Russie ou bien mieux seulement avec la Turquie? Est-ce que nous voudrions par hasard nous reserver la faculté de leur tomber sur le dos?

Tous nos efforts doivent se concentrer sur la clause à ajouter à l'article V, qui nous donnera la garantie (pour ce qu'elle peut valoir) qu'on ne signera pas la paix sans notre consentement.

Je compte sur vous pour que M. Mancini employe toute son énérgie à vaincre les résistances de M. Depretis qui pourraient s'étre augmentées depuis l'arrivée à Rome de notre Ministre à Bukarest.

La question de forme pour la signature du Traité soulevée, personne ne sait mieux que moi comment est fort désagréable et m'est tout particulièrement pénible car elle risque d'altérer mes rapports avec un collègue à qui j'étais lié par une amitié qui a plus de trente ans de date. Le Comte Launay aurait voulu venir signer ici avec moi, c'est à dire donc comme premier plénipotentiaire. Ceci je ne pouvais pas l'accepter, mais j'étais tout prét et le suis encore, à lui céder mon ròle pour le jour de la signature. Du reste une décision quelconque ne tardera pas à étre prise, et pour mon compte j'en faciliterai de mon

.

mieux l'application quelle qu'elle puisse étre, sauf bien entendu qu'il s'agisse de m'adjoindre un autre plénipotentiaire tandis que l'Autriche et l'Allemagne n'en auraient qu'un, sur ça je ne transigerai d'aucune manière. Mais je ne veux pas vous importuner davantage pour une affaire qui au fond n'est qu'un pettegolezzo c'est cependant dommage qu'on soit venu en fourrer un dans une aussi grave négociation.

P. S. -Je reçois à l'instant votre télégramme particulier d'aujourd'hui midi (1). Je conviens avec vous qu'il est dangereux de soumettre à une nouvelle discussion à Rome le texte du Traité qui nous reviendra de Berlin; je ne vois cependant pas le moyen que je conclue définitivement avec Kalnoky sans que le Gouvernement en aye pris connaissance et m'aye autorisé à accepter. Je suis cependant disposé après que Kalnoky m'aura remis ses nouvelles décisions, si je les trouve acceptables et correspondantes dans les lignes générales avec les vues de M. Mancini à mettre le pied au mur et à déclarer que pour mai c'est à prendre ou à laisser que s'est là mon avis absolu, et que je ne puis plus continuer la discussion ici. Je demanderai promptement un oui ou un non par télégraphe; voilà tout ce que je puis faire. Reuss n'a encore reçu jusqu'à il y a une heure aucune réponse de Berlin, espérons qu'elle lui arrive vite car Kalnoky doit aUer à Pest à la fin de la semaine, et ça porterait un retard fini d'une huitaine de jours. Tàchez je vous prie que M. Mancini ayant maintenant sous les yeux mon rapport du 29 (2) me donne une réponse télégraphique par rapport à l'Article IV (3).

(l) Cfr. n. 688.

(l) -Cfr. n. 719. (2) -Cfr. n. 709. (3) -Cfr. n. 735.
725

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI. AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA DI ROBILANT

T. 302. Roma, 3 maggio 1882, ore 15,20.

De Martino télégraphie (l) que le Vice Roi voudrait refuser sanctionner sentence du conseil de guerre. L'agent anglais l'a fortement engagé à résister, et à profiter de l'occasion avec l'appui des puissances et de la Porte, pour mettre fin à l'anarchie. M. de Martino, que son collègue anglais a déjà prié de l'appuyer, demande, en prévision d'un appel du Vice Roi, des instructions précises. Tachez de me dire ce que le Cabinet allemand (austro-hongrois) pense d'une pareille situation (2).

726

IL MINISTRO A MADRID, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 594. Madrid, 3 maggio 1882 (per. il 9).

Nella visita da me fatta ieri al Ministro di Stato, questi non mi nascose le sue preoccupazioni sulle incessanti mene dei francesi nel Marocco.

I fogli infatti annunziano che il signor Ordega, nuovo inviato di Francia al Marocco, recatosi in forma ufficiale presso il Sultano nella città di Marocco, ottenne di conchiudere una convenzione in forza della quale la Francia terrebbe facoltà d'inseguire gli arabi insorti sopra un tratto di terreno entro i confini di quell'impero.

Il Marchese de la Vega de Armijo mi faceva osservare che le tribù marocchine le quali stanziano sui confini dell'Algeria, sono precisamente le più belligere ed al tempo stesso quelle che più accentuano la loro indipendenza verso il Sultano. Ne verrebbe perciò, a suo credere, che, trovato i francesi facile pretesto di provocarle, combatterle e quindi di sottometterle, stante lo stato di debilità militare in cui è caduto il restante di quell'impero, nulla più s'opporrebbe alla completa invasione del Marocco, invasione la cui conseguenza immediata, non v'ha luogo a dubbio, sarebbe la occupazione, per parte degli inglesi, del litorale che sta di fronte a Gibilterra.

Il ministro di stato nutre sempre il convincimento che la Francia vuole fortemente stabilirsi a Figuig, punto che le è necessario per assicurare la grande intrapresa della via ferrata dello Sahara, mediante il cui sviluppo agogna di raggiungere i suoi possessi dello Senegal, e qui mi permetto rammentare quanto ebbi l'onore di riferire all'E. V. nel mio rapporto di questa Serie n. 551 (3). Il Ministro di Stato mi disse inoltre di avere a più riprese, per mezzo del rap

presentante di Spagna a Londra, cercato di attirare l'attenzione di Lord Granville su queste velleità della Francia. Lord Granville sembra siasi rifiutato di associarsi alle considerazioni del governo spagnuolo, osservando che nulla, almeno per ora, accennava che la Francia meditasse novità d'importanza in quella parte dell'Africa e che solo le necessità impostegli dalla guerra per sottomettere gli arabi insorti, la spingevano a prendere delle precauzioni che, a suo credere, non oltrepassavano i limiti d'una legittima difesa.

Mentre il ministro di Stato ammetteva che il governo francese non era avaro di proteste sulla purezza delle sue intenzioni verso il Marocco, mi confidava prestarvi assai poca fede, e siccome la questione del Marocco è vitale per la Spagna, cosi aveva cercato d'intavolare qualche accordo col Portogallo, il quale del pari tiene interesse a vegliare sulla questione africana. Il Portogallo però rimase freddo e non si prestò ad uno scambio di pensamenti, ed il ministro di stato ispiegava questa ritenutezza col timore di far cosa poco grata all'Inghilterra.

Un desiderio mi espresse del pari il Marchese de La Vega de Armijo, quello di vedere l'Italia, colla quale, specialmente nel Mediterraneo. la Spagna ha comuni tanti interessi, simpatizzare colle mire che qui si nutrono riguardo alla questione marocchina, considerando che il disturbo recato nell'equilibrio del Mediterraneo dalle intraprese francesi nella Tunisia, rinnoverebbesi con maggior gravità a danno del Marocco se a tempo opportuno non vi si ponesse riparo.

Si tenne discorso anche sul grado d'influenza che converrebbe:· la Turchia er,ercitasse sulle cose del Marocco. Il Ministro di Stato accennò che all'invero sarebbe assai utile che questa influenza si facesse sentire nel senso di svilupparvi lo spirito militare in oggi colà tanto depresso, ma al tempo istesso mi dimostrò che l'insediare l'influenza ottomana nel Marocco, male si accorderebbe cogli interessi della civiltà, non possedendo la Turchia né la forza ne la volontà per recare luce fra quelle tenebre.

È assai probabile cile il ministro di Stato trovi prossima opportunità di palesare parte almeno di questi suoi apprezzamenti, stante che tanto al Senato quanto nel congresso dei deputati si preparano delle interpellanze sui rapporti tra la Spagna e il Marocco (l).

(l) -T. 562 del 2 maggio, non pubblicato, ma cfr. n. 733. (2) -Per le risposte cfr. nn. 728 e 730. (3) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 4 maggio 1882 (2).

J'ai remis sans retard et textuellement au secrétaire d'Etat le message contenu dans le télégramme de V. E. du 26 avril (3). Il s'est empressé de le

!aire parvenir au prince de Bismarck, qui ne pourra répondre à ce message si gracieux qu'après s'étre concerté avec Vienne. Hier encore le secrétaire d'Etat me dit qu'aucune réponse n'est arrivée de Friederichsruhe. D'après avis reçu avant-hier de Robilant, on attendait réponse à ce message, mais Kalnoky lui avait déclaré qu'il s'en remettra entièrement à ce que Bismarck décidera pour la signature. J'avais dane raison d'affirmer, malgré l'assertion contraire, que cette question n'avait pas encore été résolue entre Vienne et Berlin. Robilant m'envoyait en méme temps le résumé de son dernier entretien avec Kalnoky (1), mais V. E. comprendra qu'il m'est difficile de me faire une idée exacte des négociations si je ne connais pas le texte méme des instructions de V. E. et des rapports de mon collègue à Vienne. Je vous serai obligé de me les faire parvenir; étant appelé à suivre de près tout ce qui concerne les engagements réciproques c'est bien le moins que j'en connaisse, quoique tardivement, jusqu'aux moindres détails pour pouvoir remplir ma tache de la manière la plus consciencieuse.

(l) -Allegata al presente rapporto si trova la seguente annotazione di Malvano dell'll maggio 1882: «Assicurare il Ministro degli Affari esteri della nostra simpatia nel considerare assieme con la Spagna, queste questioni attinenti all'equilibrio del Mediterraneo. Però il Conte Greppi continui a mantenersi in grande riserbo». (2) -Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. (3) -Cfr. n. 699, in realtà del 25 aprile.
728

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 577. Berlino, 5 maggio 1882, ore 7,56

(per. ore 8,55).

Réponse au télégramme V. E. du 3 mai au soir (2). Le sous-secrétaire d'Etat envisage la situation actuelle des choses en Egypte camme très grave. Le consul d'Allemagne n'a pas demandé instructions en prévision du refus du Vice Roi de sanctionner la sentence, mais d'après ses instructions générales il s'abstiendra de toute démarche au Conseil. Le Cabinet de Berlin n'est point disposé à prendre initiative: mais s'il se produisait quelque proposition il l'examinerait en s'inspirant aux vues qui ont dicté la démarche à quatre en février dernier. Il répugnerait du reste au chancelier de !aire une politique dont le but et les moyens de l'atteindre ne seraient pas nettement définis. L'Angleterre mémement cherche elle méme sa vaie et se montre hésitante; il serait également peu disposé à transmettre au consul d'Allemagne, malgré le calme et tout le tact, l'autorisation de se concerter avec ses cÒllègues, car d'autres agents en Orient sont parfois trop enclins à dépasser la juste mesure. Nous avons dans ees dernières années beaucoup perdu de notre influence; nous ne pourrons pas la regagner peu à peu que par une extréme prudence et en subordonnant pour le moment toute considération à celle d'une entente avec l'Allemagne et l'Autriche. J'ai parlé au secrétaire d'Etat du télégramme de V. E. ar

rivé dans la nuit du 2 au 3 (1), il n'a pas donné, comme nous à Collobiano instructions aussi précises au chargé d'affaires d'Allemange à Constantinople. Le secrétaire d'Etat s'est borné à renseigner ce diplomate sur la réponse verbalement faite à l'ambassadeur de Turquie, en l'autorisant à s'expliquer à l'occasion dans le sens de cette réponse indiquée dans mon télégramme du 29 avril (2). Il n'est pas di t pourtant qu'il so i t autorisé à se concerter avec d'autres collègues.

(l) -Cfr. n. 717, nota 3. (2) -Cfr. n. 725.
729

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 5 maggio 1882 (3).

Reuss est venu me dire ètre chargé par Bismarck de communiquer à Kalnoky au sujet de la démarche que Launay a été chargé de faire par rapport à la signature que, conséquemment au point de vue auquel il s'est toujours placé, il désire que ce soit uniquement à Vienne que la signature du traité ait lieu. Egale communication le comte de Hatzfeldt est chargé de faire à Launay. Nous avons ensuite causé du traité. Lui-mème, Reuss, n'a pas encore reçu des instructions définitives, mais il parait d'après ce qu'on lui a déjà écrit, qu'on ne fera pas de grandes difficultés à accepter la pluspart des modifications proposées par V. E. pour l'article 4. Pour l'article 5 il parait qu'on voudrait éliminer les mots « ni aucune espèce de traité », prétextant qu'en généraltsant la chose à tout traité quelconque, cela pourrait faire naitre des équivoques. Sur cela je suis d'avis de tenir ferme, quitte à modifier la phrase de manière à la mieux pré:iser dans le sens que nous entendons. Mais sur l'article 4 mon opinion absolue est d'accepter la proposition dans le sens qui m'a été indiqué. Evidemment je n'aurai pas une conférence avec Kalnoky avant le 9 ou le 10. Veuillez d'ici-là me faire parvenir instructions, car, au point où nous en sommes, il faut en finir. Nous touchons au but que Sa Majesté, suivant les conseils de V. E. et de M. Depretis, avait en vue en venant à Vienne l'automne dernier. Il ne dépend plus que de nous d'assurer notre position politique sur une base digne et stable. Si nous laissons échapper ce moment, nous ne le retrouverons plus. Ce serait là une faute irréparable; comme à l'époque du voyage du Roi, nous sommes aujourd'hui engagés. Reculer n'est plus possible; il n'y a qu'à avancer hardiment, ne perdant jamais de vue qu'il ne dépendra que de nous de tirer de ce traité un profit pour les intérèts de la monarchie de Savoie, qui sont inséparables de ceux de l'Italie.

(l) -T. 300 del 2 maggio, non pubblicato co[ quale veniva ritrasmesso a Berlino e Vienna il n. 721. (2) -T. 552 del 29 aprile, non pubblicato: intenzione del Governo tedesco di non intromettersi nella questione egiziana non conoscendo a fondo la situazione interna del paese. (3) -Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo.
730

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 580. Vienna, 6 maggio 1882, ore 15,45 (per. ore 18,10).

Kalnoky chez qui j'ai été me renseigner sur affaires d'Egypte, m'a également donné connaissance télégramme consul autrichien qui rend compte convocation consuls chez vice-roi dans lequel il est dit que De Martino s'est associé aux conseils du collègue d'Angleterre. Il ajoute l'avis qu'il a émis lui mème, qui est que s'il ne saurait conseiller résistance au désir exprimé par le Sultan il ne veut pas non plus s'assumer la responsabilité des grands dangers que pourrait faire courir à l'ordre public le refus de sanction de la sentence. Kalnoky s'est abstenu de lui envoyer des instructions, et M. de Kallay a répondu à mon identique demande qu'on ne prendrait aucune détermination à ce sujet, ne croyant due reste pas le cas grave.

731

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Berlino, 6 maggio 1882 (1).

Le secrétaire d'Etat vient de me dire que Bismarck avait été très sensible à notre message (2) plein de courtoisie, et qu'il vous en exprimait ses remercements; mais qu'il croyait préférable qu'il y efrt un acte seul signé à Vienne, puisque c'était là le centre des négociations. Quant à ce qui me concernait, il appréciait toute la valeur des raisons qui rendraient aussi ma signature désirable, puisque l'acte dont il s'agit établirait une alliance à laqueìle j'avais toujours voué mes efforts, et dont j'étais appelé à suivre le développement. Il regretterait donc que mon nom ne figurat pas parmi Ies plénipotentiaires. J'ai alors donné lecture du télégramme de V. E. d'hier au soir, per lequel vous me communiquez ce que vous avait télégraphié Robilant (3) d'après les assertions de Reuss. Hatzfeldt trouvait que ce qu' il venait de me dire était plus exact. Je suis convaincu que si nous n'avions pas fait une interpellation dans des termes impliquant d'avance la réponse, nous aurions réussi à concilier toute chose. Il est évident entre autres que, par la combinaison que je vous indiquais et que nous avons négligé de signaler, on aurait eu un acte seui, puisque, après avoir reçu les signatures à Vienne, il aurait reçu ensuite sur la mème page les signatures à Berlin. Quoi qu'il en

soit, j'ai du moins le sentiment d'avoir rempli mon devoir en mettant les bons procédés de notre còté. Reuss et le comte Kalnoky, pour des motifs qui ne sont pas connus, n'ont certes pas contribué à faciliter ma tàche.

(l) -Manca l'Indicazione delle ore di partenza e di arrivo. (2) -Cfr. n. 699. (3) -Cfr. n. 729.
732

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 307. Roma, 7 maggio 1882, ore 12.

Après mure considération, je pense que votre attitude doit etre envers les ouvertures du Khédive, celle d'une abstention absolue (1). J'ajoute à toute bonne fin que dans un télégramme d'un de vos collègues (2), on vous fait figurer comme vous étant associé aux conseils de résistance de votre collègue britannique.

733

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (3)

R. 869. Cairo, 8 maggio 1882 (per. il 12).

Prima che la sentenza del Consiglio di Guerra fosse pubblicata, e comunicata al Khedive, e da esso sanzionata, fu resa di pubblica ragione dall'Agenzia Havas.

Io ne fui informato dal signor Malet, che dopo averne conferito col Khedive, venne a comunicarmi il telegramma Havas; e mi soggiunse che Sua Altezza sarebbe deciso a rifiutare la sanzione della condanna, ma che ne temeva le conseguenze; e che Egli lo aveva consigliato fortemente alla resistenza, e profittare, a qualunque evento, di una sì bella occasione, per la quale e la Turchia, e le potenze, gli avrebbero di certo dato ogni ajuto per porre un termine allo stato attuale delle cose. Egli mi prevenne che il Khedive si proponeva di convocare nelle ore pomeridiane gli Agenti delle grandi potenze, e mi pregava di appoggiare la di lui opinione.

Discorrendo amichevolmente col signor Malet mi uniformai al suo modo di vedere, che il Khedive dovesse realmente profittare della occasione, ma gli soggiunsi ben chiaramente che non potrei in nessun modo pronunciarmi senza ricevere istruzioni dell'E. V., che avrei subito chieste telegraficamente.

Pochi momenti dopo che mi lasciò, il signor Malet mi scrisse un biglietto per informarmi che il collega francese, il quale fu dopo lui dal Khedive, gli

diceva che Sua Altezza aveva deciso di discutere la questione con i Ministri, prima di convocare i rappresentanti esteri.

Di quanto precede ne informai l'E. V. con telegramma del 2 (1).

Non avendo ricevute istruzioni mi astenni di recarmi a palazzo; ma la mattina del giorno 4 fui pregato dal Khedive, con un biglietto particolare del suo segretario, di passare a vederlo, e fui sorpreso di trovarmi con i miei colleghi d'Austria e di Russia, invitati nello stesso modo.

Prima che Sua Altezza facesse conoscere lo scopo del suo invito, il collega d'Austria gli domandò se il telegramma Havas riproduceva correttamente le disposizioni della sentenza, perché il giorno precedente il Ministro degli Affari Esteri si era recato dai colleghi di Francia e d'Inghilterra per assicurare che il telegramma era inesatto, e che la sentenza non faceva menzione alcuna dell'ex-Khedive. Il Vicerè ci assicurò che l'Agenzia Havas ne aveva avuta la redazione dalla presidenza del Consiglio, e non solo diede una smentita al suo Ministro, ma fatta venire la sentenza ne lesse e tradusse le disposizioni riportate dall'Havas, letteralmente esatte. Si ebbero invece a rimarcare due omissioni, non senza ragione fatte dal Ministero, nella pubblicazione Havas. Nella comunicazione all'Agenzia telegrafica è detto «le jugement concernant les circassiens compromis dans le récent complot dirigé contre S. E. Araby Pacha » ... mentre la sentenca dice . . . «nella congiura diretta contro Araby Pascià, Abdallah Pascià, Tulba Pascià. e Aly Femi Pascià », (gli ex quattro Colonnelli) ed i tre ultimi fanno parte del Consiglio di guerra che ha pronunciata la condanna.

La seconda omissione si è che nella sentenza sono indicati come sospetti complici oltre trecento altri individui, tra quali figurano i nomi di tutti i Pascià turchi, non eccettuato un solo.

Dupo ciò il Khedive dimandò se le potenze l'appoggerebbero rifiutando Egli di sanzionare la condanna, e ci diede lettura di un telegramma giuntagli in quel momento da Costantinopoli col quale gli s'ingiungeva di ritardare a prnnunciarsi, ed espresse il dubbio che Araby Pascià volesse accettare indugio qualsiasi.

Il collega d'Austria ragionò lungamente per dimostrare di non poter dare un consiglio che potesse menomamente ledere i diritti del Sultano, potendo questi diritti esser lesi dalla sanzione della sentenza, e dall'altra parte non poter assumere la responsabilità delle conseguenze consigliando al Khedivé la resistenza e si astenne di pronunciarsi nell'uno o nell'altro senso.

Il collega russo accennò a trattative con Araby per una commutazione di pena. Infine sulle reiterate istanze del Khedive s'impegnarono entrambi di chiedere istruzioni per telegrafo. Io presi parte alla conversazione generale ma alla dimanda del Khedive, risposi: « J'ai déja, depuis deux jours, télégraphié à mon Governement et j'attends ses instructions qui doivent guider ma conduite ».

Non chiamato sopraggiunse il signor Malet, il quale in nostra presenza ripeté il consiglio già datogli di resistenza. Noi partimmo ed Egli restò con

Sua Altezza che si decise a guadagnar tempo per conoscere l'attitudine della Turchia, e delle potenze.

Ieri mattina il Khedive mi chiamò ancora con un biglietto privato, e mi disse di aver il giorno precedente comunicato al Consiglio dei Ministri un telegramma della Sublime Porta che gli ordina di rifiutare la sanzione della sentenza, e di attendere ordini, se è vero che un ferik, l'ex Ministro della Guerra, sia condannato da un Consiglio di guerra in Egitto e la sua risposta alla Porta, vera la condanna, e che Egli saprebbe garantire i diritti del Sultano. Soggiunse che questa comunicazione produsse grande irritazione contro di lui nel Consiglio, perché rispondendo in tal modo avrebbe compromessa l'autonomia egiziana, che si separarono con minacce di aperta rottura; ma che la sera stessa, ad ora tardissima, tutti i Ministri si recarono a Palazzo, e facendo appello alla di lui magnanimità, gli presentarono una dimanda di voler commutare la pena dei condannati ad un esilio, fuori dal territorio egiziano, a libera scelta di ciascuno ed aver Egli risposto non poter ormai pronunciarsi in qualsiasi senso, senza ordini del Sultano

Risposi a Sua Altezza che la questione entrava in una nuova fase, di tanta gravità, che mi rendeva ancor più impossibile di dargli un consiglio senza istruzioni dell'E. V., poiché se da una parte sono in giuoco i diritti del Sultano, non è men vero che dall'altra lottano quei privilegi che garantiscono l'autonomia dell'Egitto.

Di quanto precede ne informai l'E. V. con telegramma in data di jeri (1), ed oso sperare di non aver menomamente compromesse le istruzioni ricevute jeri sera (2), di astenermi in modo assoluto * di corrispondere alla richieste del Khedive.

Benché avessi qualche indizio per ritenerlo certo, non avrei osato affermarlo, se i miei colleghi d'Austria, e di Germania, non lo ripetessero ad esuberanza, che la moderazione inattesa dei Ministri è dovut::t alle manovre dell'Agente francese contro la politica del signor Malet. Questi ha fatto chiaramente vedere di spingere il Khedive alla resistenza per far nascere delle complicazioni da rendere inevitabile un intervento, credo, turco. Invece l'Agente francese vuole a qualsiasi costo fare evitare il pericolo, dic'Egli, d'intervento *.

(l) -Questa istruzione data a De Martino fu comunicata alle ambasciate a Berlino c Vienna con t. 308, pari data, non pubbilcato. (2) -Cfr. n. 730. (3) -Ed., ad eccezione del brano fra asterischi e con alcune varianti, in LV 35, pp. 117-119

(l) T. 562, non pubblicato.

734

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 594. Cairo, 9 maggio 1882, ore 12,20 (per. ore 15).

Hier président du Conseil a déclaré officiellement à l'agent anglais, qu'on s'opposerait meme avec la force à des commissaires tures, et qu'on n'obérait

pas aux ordres du Sultan contre la sentence. Ce matin Vice Roi nous a convoqués et communiqué télégramme du Sultan, qui lui ordonne de lui envoyer tout le dossier de l'instruction malgré ses instances de lui permettre, à cause de la gravité de la situation actuelle des choses, d'adhérer à la demande de ses ministres d'une commutation de peine. Son Altesse a esprimé la certitude que le ministère refuserait obéir au Sultan. Les agents français anglais ont répondu etre autorisés par leurs Gouvernements dire au Vice Roi, qu'il doit exercer ses prérogatives, sans attendre les ordres du Sultan. Avec les collègues allemand, autrichien, russe, nous nous sommes abstenus absolument d'exprimer une opinion quelconque.

(l) -T. 584, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 732.
735

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 10 maggio 1882, ore 15.

J'apprécie, comme V. E., la nécessité d'en finir aussitòt que le texte reviendra de Berlin avec la réponse de Bismarck. Je vous laisse, pour l'addition que nous avons suggéré à l'art. 5, le soin d'arranger, si cela est absolument indispensable, une nouvelle formule pourvu qu'elle exprime bien nettement notre pensée, que V. E. a parfaitement saisie, c'est-à-dire qu'elle interdise pendant la guerre toute convention particulière qui lèserait les alliés. Quant à l'art. 4 je dois ne pas vous cacher que je rencontre, auprès du président du Conseil, la plus grande difficulté à lui faire admettre une formule comprenant aussi l'hypothèse de l'offensive et visant également la Turquie. Vous devriez donc épuiser, d'abord, tous vos efforts pour faire accepter une formule purement défensive. Si cela est absolument impossible et si vous croyez qu'il est tout autant impossible de faire accepter une formule embrassant aussi l'hypothèse de l'offensive, mais visant les seules grandes puissances à l'exclusion de la Turquie, nous pourrions essayer de résoudre le problème dans le sens des déclarations que Kalnoky vous a franchement faites, en maintenant d'une part la formule défensive envers toutes puissances quelconques, mais en ajoutant d'autr~ part un alinéa éteindant l'obligation de la neutralité au cas où l'AutricheHongrie ou l'Allemagne se verraient forcées, sans provocation directe de leur part, à faire la guerre à la Russie ou à la France. S. M. le Roi à qui j'ai soumis vos rapports, en a témoigné pleine et entière satisfaction envers V. E. Elle reconnait, avec le président du Conseil et avec moi, que l'attitude du comte Kalnoky dans toute cette affaire a été excellente. Nous attendons avec confiance l'issu~:: de votre prochaine entrevue pour vous télégraphier résolution définitive.

51 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

736

IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 39. Bruxelles, 10 maggio 1882 (per. il 17).

In questi ultimi tempi non pochi giornali hanno raccolto la voce che la Germania, in previsione di future complicazioni europee, avesse gettato le basi di eventuali accordi con parecchi piccoli stati, non eccettuato il Belgio.

Parmi appena necessario asserire che siffatte versioni le quali di tanto in tanto, per così dire, periodicamente vengono diffuse, non ebbero, più delle altre volte, fondamento di sorta.

Per ciò che concerne la Svezia, la notizia è stata formalmente smentita, sebbene il ricupero della Finlandia possa essere tale una potente attrattiva per il regno scandinavo, da rendere plausibile, in date condizioni, la conclusione di una alleanza sopra simile base. Per l'Olanda, sarebbe prematuro il volere indagare quale sorte possa serbarle la probabile estinzione della linea maschile della Dinastia di Orange. Ma, per adesso, altrettanto che in !svezia, nulla potrebbe dare credito a progetti di segreti accordi, ed ove ne facesse d'uopo, e ciò fosse nel compito mio, potrei citare l'autorità del Barone di Gericke von Herwijnen ex Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri dei Paesi Bassi, attualmente rappresentante neerlandese in Bruxelles.

M'incombe ora parlare del Belgio, ed è per questo che mi sono permesso la digressione che precede, a parer mio necessaria, a viemmeglio porre in rilievo la situazione tutta speciale di questo paese, il quale ha poi meno ancora degli altri due Stati sovraccennati, ragion d'essere attirato in una alleanza, che, per primo risultato, gli farebbe perdere quanto maggiormente brama conservare intatta, vale a dire la propria neutralità.

Benchè, adunque, non potessi avere su ciò dubbiezza alcuna, tuttavia non ho trascurato verun mezzo per ottenere la riconferma che nessuna circostanza ha potuto giustificare le voci, cui facevo in alto allusione.

In un rapporto delli 16 scorso settembre (1), io avevo cura di esporre a

V. E. tanto il mutamento avvenuto nelle simpatie di questo paese, dopo la guerra del 1870, quanto l'influenza che, sul Re e sulle sfere della Corte, possono esercitare i legami di famiglia colle dinastie di Asburgo e di Hohenzollern che fatte queste riserve, ben si può affermare che il Belgio non aspira che ad una cosa sola: al mantenimento della sua neutralità.

V'ha però una circostanza di cui bisogna tener conto. Mentre la nazione belg::t sa che l'idea di attentare alla sua indipendenza, per conto proprio, non attraverserà mai la mente, anche del più ardente annessionista tdesco, essa

rammenta non essere remoto il tempo in cui governanti francesi ne hanno accarezzato il pensiero, e ciò forse eziandio con una potente spinta germanica. Questa persuasione, senza dubbio, profondamente radicata negli animi, potrebbe ad un momento dato avere le sue conseguenze. Ma, giammai quella di fare nascere altra aspirazione, all'infuori del desiderio, lo ripeto anche una volta, di mantenersi nella posizione che le potenze hanno al Belgio guarentito.

D'altronde, neppure la Germania ha interesse a stringere fin d'ora alleanze qm, oppure all'Aja o a Stoccolma. Ad essa basta di avere alle tre Corti dei diplomatici i quali, per la loro posizione personale appo le rispettive famiglie regnanti, siano in grado, giunto l'istante opportuno, di profittare di tutti quei vantaggi che oggi alla Germania accorda il prestigio che ha saputo conquistare, e che ha perduto la Francia. Così, anche oltre i confini della Svezia, è noto nei circoli diplomatici che il Signor de Pfuel, Ministro di Germania a Stoccolma, ha presso il Re Oscarre una posizione di intimità tutta eccezionale. A Bruxelles, ho già detto a V. E. (rapporto delli 16 settembre u.s.) come il Conte di Brandenburgo occupi, in fatto d'influenza di corte, il primo posto fra questo corpo diplomatico. All'Aja poi, il recente richiamo del Barone di Canitz, il quale per avere sposato una olandese finì per essere considerato a Berlino come istrumento non sufficientemente adatto della politica tedesca nei Paesi Bassi, prova quanto il Gran Cancelliere germanico sia lungi dall'essere indifferente alla scelta del rappresentante Imperiale nella capitale neerlandese.

Non posso infine terminare questo rapporto senza chiamare l'attenzione di v. E. sul fatto rilevante che, nella sua lotta per la supremazia dell'influenza, la Germania non ha bisogno presentemente di ordire occulti intrighi diplomatici cogli Stati di cui qui è cenno. La poca attrattiva esercitata sui loro vicini dai vari governi che hanno avuto in questi ultimi anni il reggimento della repubblica francese, è la migliore arma che possa bramare l'Impero tedesco. L'ulteriore rigetto, da parte della camera olandese del trattato colla Francia, per quanto possa essere stato motivato da cause interne, non cessa di costituire un sintomo molto significante, che viene in appoggio al mio dire. A questo riguardo, appunto, il Barone di Lambermont, Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, in un recentissimo colloquio, ripetevami un giudizio già da lui anteriormente espressomi. Che cioè la odierna politica commerciale francese aveva di molto raffreddate le simpatie del Belgio, recando ingiuria a non poche delle sue più fiorenti industrie, e ciò sempre per quell'incubo che pesa sugli uomini di stato in Francia, di non fare concessioni di cui abbia ad avvantaggiarsi la Germania, la quale, mercè l'articolo 11 del trattato di Francoforte, si è assicurata la clausola della nazione la più favorita.

Nella esposizione che con questo rapporto ho l'onore di compiere, ho procurato rappresentare a V. E. il più fedelmente possibile una situazione assai delicata e di certo non senza importanza, e ciò feci colla scorta, non solo delle mie proprie osservazioni, ma giovandomi di quelle ancora di coloro, le cui opinioni passano qui per più competenti ed autorevoli.

(l) Non pubblicato.

737

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 616. Parigi, 11 maggio 1882, ore 18,15 (per. ore 20).

Répondant interpellation Freycinet fait l'histoire des derniers événements d'Egypte, et dit que le Kédive après avoir eu la facheuse inspiration de consulter la Porte, s'est adressé aux consuls anglais et français. Le Gouvernement français s'est mis en communication avec le Gouvernement anglais. Une dépeche a été adressée ce matin à l'ambassadeur de France à Londres, on attend sa réponse; la France maintiendra avec fermeté son influence prépondérante en Egypte, et ne souffrira pas qu'une atteinte soit portée à la liberté et à l'indépendance de l'Egypte. L'Egypte relève de la Porte en ce qui concerne le choix du Souverain en dehors de l'héredité prévue, et en ce qui concerne ses forces militaires et son action diplomatique, mais en toute autre matière elle est indépendante, et cette indépendance sera maintenue grace à l'accord intime qui existe entre les Cabihets de Paris et de Londres. Les faits peuvent prendre une importance telle, que l'équilibre européen se trouve intéressé, il y aura lieu de s'entendre avec les grandes puissances pour régler la question. Les puissances sont unanimes à reconnaitre que l'influence française-anglaise doit rester prépondérante. Le langage ferme de Freycinet a été très applaudi.

738

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 11 maggio 1882 (1).

J'ai eu hier longue conférence avec Kalnoky, ce matin nous avons de nouveau été ensemble pendant une heure et demie, et demain nous aurons une troisieme réunion, qui doit etre définitive. Il est à regretter que le télégramme de V. E. d'hier (2) soit arrivé après la première conférence; tous les amendements de V. E. ont été acceptés, sauf quelques modifications tout à fait insignifiantes; mais l'article 4 a été la pierre d'achoppement. Là dessus il n'y a pas eu moyen de s'entendre, car Kalnoky n'admet pas . une formule purement défensive, et surtout ne veut pas exclure que cet article vise aussi éventuellement la Turquie. La discussion a été très chaude; toute modificatian à cet article, meme si elle était acceptée par Kalnoky, causerait retard de quinze jours, devant etre soumise à Bismarck et aux deux Empereurs. Kalnoky espère pouvoir me soumettre demain une solution acceptable pour la forme car pour

le fond il ne démordra pas, d'autant moins que le premier alinea de l'article premier implique déjà le meme principe de la neutralité de la manière la plus large. Je ne cache pas à V. E. que si l'accord s'établit demain entre Kalnoky et moi, le texte du traité, comme nous l'aurions accepté, à nous deux, ne pourrait plus etre sujet à ultérieure discussion. Ce serait à prendre ou à laisser en entier.

(l) -Manca nndkazione delle ore di partenza e di arrivo. (2) -Cfr. n. 735.
739

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

APPUNTO. Pietroburgo, 11 maggio 1882.

Ho esaminato la questione sotto tutti i suoi aspetti. Ho studiato il recente decceto del Governo francese sugli affari di Tunisi. Ormai la quistione di Tunisi non si può più risolvere in modo soddisfacente per la pubblica opinione in Italia, la quale non ha ancora preso il partito di una definitiva ed irrevocabile sconfitta sul terreno africano. Dall'un lato è follia sperare che la Francia receda, e dall'altro è chiaro che l'Italia si sente offesa e che rinnoverà il corruccio ad ogni incidente che si produrrà (e se ne produrranno ancora molti) nell'applicazione e nell'esercizio del protettorato francese. È una piaga codesta che mette ancora sangue e non sarà cicatrizzata per lungo tempo. Vi sarà quindi nelle relazioni tra i due paesi un periodo lungo e doloroso di acrimonia, di diffidenza, di corrucci, di reciproci rimproveri, di cui la stampa si farà l'interprete appassionata, e che amareggeranno l'esistenza di chi rappresenterà l'Italia a Parigi. Il mio invio a Parigi o sarebbe una mistificazione, o significherebbe una politica di ,conciliazione ed amicizia r,eciproca. Ora io non son sicuro che sia a Parigi che a Roma si voglia proprio ora quest'ultimo risultato, né sono sicuro poi di attenerlo quando lo si volesse a Parigi, nello stato attuale delle cose, logorerei le mie forze e la mia reputazione senza un beneficio apprezzabile per il paese.

740

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 12 maggio 1882, ore 2,30.

Je prie V. E. de vouloir bien considérer que mon télégramme d'hier (1), bien qu'arrivé après votre première conférence avec Kalnoky, mais alors que le débat durait encore et le désaccord n'était pas éliminé par l'assentiment de notre négociateur, devrait nous fournir le moyen de faire prendre en considération des propositions moyennes pour arriver à une solution équitable. Si réellemente M. Kalnoky vise la nécessité d'une offensive contre la Russie, et le prince de Bismarck peut avoir égal intéret vis-à-vis de la France, notre solution devrait satisfaire à leurs exigences. Il n'y a, outre celles-ci, d'autres éventualités

non comprises dans le parti de neutralité, sauf le cas d'une offensive contre l'Angleterre, qu'on nous déclare n'étre dans les intentions d'aucune des parties contractantes, ou le cas d'une offensive contre la Turquie. La réserve d'une pareille offensive paraitrait au moins ne devoir pas s'étendre au cas où l'attaque se ferait par l'Autriche et l'Allemange contre la Turquie seule et sans alliés. Si dane il vous est impossible d'obtenir l'exclusion absolue de l'offense contre la Turquie, on pourrait limiter à cet égard la portée de la clause par des conditions restrictives camme par exemple si la Turquie se trouvait appuyée par l'alliance d'autres grandes puissances, ou autres du méme genre que vous pourriez proposer. Veuillez faire apprécier ce qui précède dans votre entrevue. J'ai confiance dans votre haute capacité et expérience pour m'épargner une difficulté qui est sérieuse malgré ma ferme volonté d'arriver au plus tòt à un~ entente complète. V. E. comprend facilement que dans cette question spéciale l'intérét principal est de l'Autriche et si Kalnoky accepte, Bismarck ne refusera pas son adhésion. Le retard de trois ou quatre jours pour obtenir réponse de Berlin sur ce seul point ne doit pas nous faire abandonner la partie, ni renoncer à une tentative raisonnable.

(l) Cfr. n. 735.

741

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E A VIENNA DI ROBILANT (l)

T. 323. Roma, 12 maggio 1882, ore 14.

En présence des graves événements d'Egypte il est évident, surtout après les déclarations d'hier de M. de Freycinet, que des pouparlers vont s'ouvrir là dessus entre les Cabinets. Nous sommes bien résolus à nous tenir sur la plus grande réserve, mais il nous importe de connaitre les intentions de la France et également de l'Angleterre, aussi que toute prévision d'une négociation éventuelle qui toucherait à des intéréts, où nous avons une part considérable. Je compte à cet effet sur votre active surveillance, et sur votre habilité. Tachez en tout cas de me renseigner le plus tòt possible car je tiens à ne pas devoir me prononcer en présence de décisions arrétées, et de faits accomplis.

742

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. CONFIDENZIALE 325. Roma, 12 maggio 1882, ore 16,30.

Nous savons, à ne pas pouvoir en douter, qu'une grosse escadre française est prete à se rendre en Egypte au premier ordre (2). Tachez de me dire, si ce

mouvement obtiendra le concours ou la tolérance du Cabinet de Londres. Si Gladstone et Granville abandonnent leur préférence, en cas de nécessité, pour une intervention turque temporaire et réglée par un accord européen, auquel nous serions disposés à prendre part avec les autres grandes Puissances, enfin si le Gouvernement anglais ne juge arrivé le moment de faire des propositions concrètes pour demander l'opinion des quatre Cabinets réunis, par leur note collective et de provoquer l'accord réservé dans une question reconnue d'intéret et de compétence de l'Europe.

(l) -Ed. parzialmente in italiano in LV 35, p. 119. (2) -Questa notizia fu comunicata alle ambasciate a Berlino e Vienna con t. confidenziale 324, con la richiesta di informazioni circa l'atteggiamento di quel Governi.
743

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 621/954. Londra, 12 maggio 1882, ore 18,12 (per. ore 20,50).

Granville vient de me dire avoir reçu du Caire télégramme annonçant que le président des notables a déclaré ne pas les réunir sans ordre écrit du Kédive. Granville craint toutefois qu'on exerce violence contre ce dernier. Cabinet français étant en pourparlers avec celui-ci pour affaires d'Egypte. Ambassadeur de France a eu hier long entretien à ce sujet avec Granville. La France repousse absolument intervention de la Turquie. Angleterre tout en ne la désirant pas, ne la refuse point. Demain probablement Cabinet anglais recevra réponse de celui de France. Quoi qu'il en soit Granville m'a dit qu'on ne s'arréterait à aucune résolution sans en prévenir Gouvernement du Roi.

744

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 12 maggio 1882 (1).

Je viens de chez Kalnoky. Il a accepté rédaction suivante de l'article 4, que j'avais proposée hier matin: « Dans le cas où une Grande Puissance non signataire du présent traité menacerait la sécurité des états de l'une des hautes parties contractantes, et la partie menacée se verrait par là forcée de lui faire la guerre, les deux autres s'obligent à observer à l'égard de leur allié une neutralité bienveillante; chacune se réserve dans ce cas la faculté de prendre part à la guerre, si elle le jugeait à propos, pour faire cause commune avec son allié. «De plus nous nous sommes réciproquement déclaré de la manière la plus formelle que la Turquie, n'étant point une Grande Puissance n'est pas comprise parmi les puissances ainsi désignées dans le présent traité. Kalnoky m'a déclaré explicitement qu'ayant été jusqu'au bout des concessions à nos demandes, on

n'accepterait plus aucune modification de mots. Pour mon compte, tout en réservant, camme il était de mon devoir, l'approbation définitive de mon Gouvernement, je ne puis cacher à V. E. que je me suis engagé personnellement à l'acceptation pure et simple du traité tel qu'il est actuellement rédigé. Il me serait dane absolument impossible de formuler de nouvelles demandes, fusse méme pour le changement d'un seui mot. Kalnoky m'a répondu de l'acquiescement de son Souverain et de Bismarck. Il part aujourd'hui pour Pesth. Je prie V. E. de me faire connaitre sa résolution (l) par télégraphe, ayant promis à Kalnoky que je la lui ferai tenir à Pesth. Je prie V. E. de me faire expédier de votre còté les pleins pouvoirs, Reuss les ayant déjà.

(l) Manca l'indicazione deUe ore di partenza e di arrivo.

745

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (2)

APPUNTO. Roma, 12 maggio 1882.

Ambassadeur d'Allemagne m'a communiqué qu'en vue des complications en Egypte, le Cabinet de Berlin pense qu'il faut avant tout ménager l'entente des Puissances et ne pas entraver l'action des Anglais et Français, qui, plus directement intéressés, admettent coopération des autres Puissances.

Ce point de vue est partagé à Vienne et le Cabinet Impérial y adhère également pourvu que l'action de la France et de l'Angleterre ne porte aucune atteinte à l'intérét des autres Puissances.

746

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3020. Berlino, 12 maggio 1882 (per. il 17).

Par mes rapports n. 3001 et 3009 (3), j'ai transmis quelques considérations sur le choix de M. le docteur Nachtigal pour gérer le Consulat d'Allemagne à Tunis, et sur sa présentation au Bey par le Résident français. Dans ces contrées cumme dans d'autres parties de l'Afrique du Nord, nous voyons le Cabinet de Berlin suivre une politique qui ne tient guère compte de nos intérets. Nous devons ne point le perdre de vue, mais ne pas nous en préoccuper outre mesure. Il vise à éviter toute provocation envers la France pour ne pas la rejeter dans les bras de la Russie. Il tient à ce que ses voisins de l'ouest soient distraits de

toute tentation de revanche. La paix lui est nécessaire pour conduire à bon terme des réformes sociales et économiques qui consolident l'oeuvre de l'unification de l' Allemagne. Mais en meme temps il prend toutes l es mesures pour s'assurer des alliances ou des neutralités, si une lutte devenait inévitable vers l'Est ou l'Ouest, ou des deux cotés à la fois. Le concours de la Turquie en certaines éventualités ne peut lui manquer contre la Russie, et tout porte à présumer que l'aide du panislamisme ne ferait pas défaut si la France déjà engagée en Algérie, en Tunisie et en Egypte voulait marcher vers le Rhin ou les Vosges.

Des hommes tels que M. Nachtigal sont de taille à bien comprendre leur mission en pareille éventualité, et à renforcer l'action du Prince de Bismarck qui sait si bien profiter de tous les ressorts dont il dispose.

Je me souviens que M. le docteur Nachtigal -vers l'époque où la France se lançait dans son équipée de Tunis -critiquait vivement les prétextes frivoles mis en avant par cette Puissance pour chercher à justifier son expédition: « Pour qui connait comme moi ces contrées ajoutait-il, rien de plus aisé que d'inventer des Kroumirs ». Et il serait homme, si cela devenait nécessaire, à en improviser à son tour pour la cause de son pays.

Puisque je pa:rle de ce célèbre voyageur devenu Consul, V. E. saura qu'il est partisan du régime colonial. Il y verrait une déversion au mouvement de l'émigration allemande qui se dirige sans esprit de retour vers les Etats-Unis d'Amérique. Avec des colonies conservant des liens avec le pays d'origine, les capitaux matériels et immatériels transportés au delà des mers pourraient encore etre utilisés au profit de la mère-patrie. Il est utile d'ailleurs qu'une nation qui se trouve trop à l'étroit dans les limites de son territoire, s'épande au dehors en cultivant des terres fertiles que des races encore barbares laissent en friche. Si je suis bien informé, M. le docteur Nachtigal et quelques-uns de ses confrères suggéraient, entre autres, des établissements dans la Cyrénaique.

Mais ces arguments et suggestions n'ont pas eu jusqu'ici le don d'émouvoir le Prince de Bismarck dont l'esprit est trop pratique pour ne pas se rendre compte dM difficultés et des risques dont seraient environnées ces entreprises pour la Allemagne dans ses conditions actuelles.

(l) -Cfr. n. 751. (2) -Da Museo Centrale del Risorgimento, Carte Mancini. (3) -Non pubblicati.
747

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. S.N. Berlino, 12 maggio 1882 (1).

Durant l'intervalle écoulé entre le passage des deux derniers courriers de Cabinet, V. E. a reçu par le télégraphe deux versions sur la réponse du Prince dP-Bismarck au message dont Elle m'avait chargé. Celle fournie par le Comte de Hatzfeldt (2) était, disait-il, plus exacte, dans la forme du moins, que

celle donnée par le Comte Kalnoky au Comte de Robilant (1). Le Chancelier se montrait très sensible à votre message d'une exquise courtoisie. Il vous en exprimait ses meilleurs remerciments, lors meme qu'il estimàt préférable un seul acte signé à Vienne, puisque c'était là le centre des négociations. En ce qui me concernait, il écrivait au Secrétaire d'Etat (qui en avait touché un mot en suite de nos entretiens académiques avant que V. E. eut jugé à propos de me recommander la plus grande réserve), qu'il appréciait toute la valeur des motifs pour lesquels ma signature aussi serait désirable. Il s'agissait en effet d'une alliance à laquelle j'avais voué de constants efforts et dont j'étais appelé à suivre le développement. Chacun aurait donc trouvé très indiqué que mon nom figuràt parmi les Plénipotentiaires.

Ainsi que je le mandais à V. E., je suis convaincu que si au lieu d'interpeller dans des termes impliquant, suggérant meme la réplique, nous avions, d'après mes indications, signalé la voie à suivre, on serait parvenu à la combinaison désirée et, à mon avis, de beaucoup la meilleure. C'eut été du meme coup un acheminement à ne pas concentrer à Vienne tout ce qui se rattache à cette nouvelle politique. En tout cas il eut été digne et utile à la fois de laisser comprendre à mots couverts que nous visons à déshabituer peu à peu le Cabinet de Berlin de se servir de l'Autriche camme d'un porte-voix à notre égard. Telles circonstances peuv·ent en effet se présenter où il nous importerait d'entrer en explications directes et sans truchement.

Quoi qu'il en soit, j'ai le sentiment d'avoir rempli mon devoir en soulevant une question où certes les bons procédés restent de notre còté, fait dont le Prince de Bismarck porte bon témoignage. Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'il ne m'est jamais venu dans l'esprit la mesquine pensée d'empiéter sur le terrain du Comte de Robilant, mais il me paraissait assez nature! que nos deux signatures fussent apposées au Traité. Et si les négociations, après les premiers pourparlers engagés dans les deux capitales, se fussent poursuivies à Berlin, je n'aurais pas manqué de prendre l'initiative pour que le Gouvernement du Roi nous accordàt à l'un et à l'autre, et au méme titre, ses pleins-pouvoirs. L'objection que dans ce cas l'Italie serait représentée par deux Plénipotentiaires, tandis que l'Allemagne et l'Autriche n'en auraient chacune qu'un seul, n'a aucune valeur. Il suffit d'ouvrir un recueil de Traités pour voir que le nombre des Plénipotentiaires dépend du bon plaisir de chaque Puissance.

(l) -Manca !"indicazione del giorno di arrivo. (2) -Cfr. n. 731.
748

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 225. Parigi, 12 maggio 1882 (per. il 15).

I giornali annunciavano già da parecchi giorni che il signor Villeneuve, deputato di Saint Denis appartenente alla Sinistra radicale, aveva intenzione

di interrogare il Ministro degli Affari Esteri sulla politica che egli contava seguire in Egitto, la questione fu svolta nella seduta di ieri, dietro accordo preventivamente seguito fra il Ministro e l'interrogante, ed il signor Villeneuve esordì col dichiarare che gli ultimi gravi avvenimenti di Egitto gli imponevano il dovere di chiedere informazioni sulla situazione attuale, prodotta, secondo le sue parole, sopratutto dall'ingerenza politica del controllo anglofrancese, e dalla deposizione dell'antico Khedive. Egli formulò quindi le sue domande in tal modo: se il Ministro intende seguire ancora la politica di subordinare l'autorità dei consoli a quella del controllo, se ha intenzione di sostenere il firmano del 1873 o quello del 1879 e finalmente se conta di dare comunicazione alla Camera dei documenti diplomatici.

L'oratore terminò facendo vedere i pericoli che possono derivare dall'odierno stato di cose in un paese che è alla porta dei possessi francesi in Africa, e nel quale la Turchia cerca ogni occasione d'intervenire.

Il signor de Freycinet, in un discorso breve, ma preciso ed energico, cominciò col rispondere intorno alla pubblicazione dei documenti diplomatici. Un fascicolo ne fu già distribuito, relativo agli avvenimenti del principio dell'anno scorso; un altro sarà pubblicato fra una quindicina di giorni e comprenderà tutto l'anno 1881 andando quindi più avanti che la pubblicazione Inglese, la quale si ferma al 4 novembre. Quanto al terzo fascicolo, che renderà conto della fase più recente, esso non potrà vedere la luce, che dopo un accordo preventivo col Gabinetto di Londra, il quale manifestò il desiderio di sospendere per ora la pubblicazione.

II signor de Freycinet passò quindi a narrare le ultime vicende dell'Egitto, e dopo aver fatto la storia dei casi precedenti, insistendo in modo speciale sulla cattiva ispirazione che aveva avuto il Vice Re nel chiedere consiglio alla Porta, accennò ai gravi avvenimenti che gli erano stati comunicati la mattina stessa dal Console francese al Cairo, e che l'E. V. già ben conosce. In seguito alla decisione presa dai Ministri egiziani di convocare l'Assemblea dei notabili senza la partecipazione del Khedive, egli qualificò la situazione del ViceReame come avente un carattere assolutamente rivoluzionario.

Dietro le notizie ricevute, fu sua prima cura di mettersi in relazione coll'Inghilterra, colla quale da molti anni si è stabilito un intimo accordo, che sempre portò i migliori frutti. Egli diede quindi immediatamente avviso telegrafico all'Ambasciatore a Londra, e sta ora aspettando la sua risposta per vedere quale linea dovrà seguire la politica francese in Egitto.

Fin d'ora però il signor de Freycinet non esita ad indicare la direzione generale di tale politica. Essa dovrà tendere specialmente a due scopi: conservare alla Francia la situazione particolare, giustamente privilegiata, che le hanno acquistato i concorsi di ogni genere che essa ha prodigato all'Egitto da più di un secolo, e l'importanza della sua colonia; mantenere l'indipendenza dell'Egitto quale l'hanno stabilita i firmani riconosciuti dalle potenze europee. Dopo avere spiegato in che consista tale indipendenza, e come l'Egitto dipenda dalla Porta per ciò che concerne la scelta del Sovrano all'infuori dell'ordine preveduto, l'esercito e l'armata, i trattati di pace o di guerra colle altre nazioni, il Ministro affermò in termini espliciti che la Francia non soffrirà che alcuna offesa sia recata a tale stato di cose, e che non sottoscriverà mai ad alcun passo che possa diminuire la completa libertà d'azione dell'Egitto nel dominio amministrativo, finanziario ed economico. Questa libertà essa intende rispettarla e farla rispettare dagli altri; e nella sua linea di condotta non farà concessioni nè transazioni, in omaggio a quanto è imperiosamente reclamato dalle tradizioni, dalla storia, dalla dignità del paese.

Quanto ai mezzi che si impiegheranno per raggiungere lo scopo prefisso, il signor de Freycinet indica in primo luogo l'intimo accordo coll'Inghilterra, la cui continuazione sarà sempre desiderata con uguale sincerità dai due Governi; in secondo luogo «la voie du Concert européen ». Egli dichiarò esplicitamente che, quando i fatti che si compiono in Egitto prendono tale importanza da avere influenza sull'equilibrio europeo, è sua opinione che le questioni relative debbono essere discusse e regolate d'accordo colle grandi potenze dell'Europa. Esse sono unanimi, egli dice, a riconoscere che la situazione della Francia e dell'Inghilterra è preponderante in Egitto, che il loro avviso debba prevalervi; il concorso degli altri Governi darà quindi alle due potenze occidentali una gran forza per far fronte a tutte le eventualità che vi si potranno produrre.

Finalmente il Ministro, dopo avere alluso, con parole «di colore oscuro» alla natura dei possibili avvenimenti, e dei mezzi che egli potrà usare, perché non sia offesa la dignità della Francia senza offendere la dignità altrui, terminò dichiarando che in ogni occasione le risoluzioni e gli atti del Ministero saranno all'altezza dei doveri che pesano sopra di lui, e dei quali esso accetta ogni responsabilità.

Il. signor Villeneuve si dichiarò soddisfatto della risposta datagli; ed il linguaggio fermo e netto del Ministro fu assai applaudito dalla Camera, e generalmente approvato. Al Ministero degli Affari Esteri si vantava ieri l'energia di cui aveva dato prova il signor de Freycinet, e si faceva assegnamento sulla buona impressione che avrebbero qui prodotto le sue parole.

(l) Cfr. n. 729.

749

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 328. Roma, 13 maggio 1882, ore 13.

Indépendamment de la démonstration navale que la France et l'Angleterre pourraient vouloir faire en Egypte, la sécurité de nos nationaux pourrait exiger la présence de quelque navire à Alexandrie, d'où nous avons récemment retiré l'« Affondatore». Mais avant de nous décider nous désirerions sur ce point aussi, savoir ce que l'Autriche et l'Allemagne compteraient faire de leur còté (l).

(l) Per le risposte cfr. nn. 755 e 769.

750

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 329. Roma, 13 maggio 1882, ore 13.

Granville, s'étant limité à vous dire qu'on ne s'arréterait à aucune résolution sans en prévenir le Gouvernement du Roi (1), il faudrait lui rappeler que d'après les déclarations échangées entre les six Cabinets, tous seraient appelés à se prononcer sur des propositions relatives à une intervention en Egypte. De Berlin on nous fait savoir que jusqu'à hier aucune proposition concrète n'y était parvenue de la part du Cabinet britannique (2), tandis que Freycinet annonce un plan complètement arrété avec l'assentiment de l'Angleterre. Je prie V. E. d'insister afin que le Cabinet de Londres, avant de s'engager d'une manière definitive sur une mesure déterminée, consulte les autres Cabinets, qui en attendant gardent une réserve amicale qui mérite bien d'étre appréciée.

751

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 13 maggio 1882, ore 14.

Du moment que le maintien pur et simple de la formule défensive que nous avions proposée pour l'art. IV n'a absolument pas été possible, la solution indiquée dans votre télégramme d'hier (3) me parait acceptable. Nous attacherions seulement du prix, afin d'écarter toute possibilité de malentendu, à ce que la déclaration verbale que vous avez déjà échangée avec Kalnoky au sujet de la Turquie soit textuellement consignée dans une pièce écrite, par échange de notes, par insertion au protocole de signature, ou dans une autre forme à votre choix. Le protocole de signature pourrait également contenir la réserve concernant l'accession éventuelle de l'Angleterre, que je présume admise et au sujet de laquelle je prie V. E. de me télégraphier une assurance positive (4). Le Roi étant attendu la nuit prochaine, j'aurai demain matin avec Sa Majesté et avec le président du conseil une conférence après laquelle j'espère pouvoir vous confirmer, en leur nom aussi et d'une manière définitive, l'approbation que je m'empresse maintenant de vous télégraphier en mon nom personnel. Je vous enverrai les pleins pouvoirs pa1 le courrier d'après demain 15. Pour ne pas éveiller des soupçons, à Vien

ne ou à Rome, V. E. pourrait se mettre dès aujourd'hui d'accord avec le comte Calvi, que je vois etre dans le secret, afin que, sous prétexte d'un court congé par raisons de famille, il m'apporte l'instrument originai du traité et vous rapporte ensuite les deux instruments de ratification. Je prie V. E. de vouloir bien, par le courrier, expédier au comte Launay copie du texte définitif du traité ainsi que des pièces concernant l'accession éventuelle de l'Angleterre.

(l) -Cfr. n. 743. (2) -T. 620 del 12 maggio, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 744. (4) -Cfr. n. 756.
752

L'AMBASCIATORE A VIENNA DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 624. Vienna, 13 maggio 1882, ore 15,40 (per. ore 16,30).

J'ai sondé Kalnoky à deux repriser sur Ies graves événements d'Egypte, il m'a toujours répondu en termes généraux que la déclaration faite à la Chambre par M. de Freycinet est très correcte, et il ajoutait que Ies français et Ies anglais ont là une grosse affaire sur les bras, et qu'il faut voir comment ils s'en tireront. Ce langage trouve explication dans pensée exprimée à Pétersbourg par Cabinet de Berlin que V. E. m'a communiqueé hier au soir (1). Il est évident pour moi qu'on ne se mèlera d'aucune manière aux événements d'Egypte, au moins Angleterre et France ne feront pas appel aux autres puissances. Kalnoky n'est pas ici, il m'est donc difficile de savoir quelque chose.

753

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 626. Cairo, 13 maggio 1882, ore 19,05 (per. ore 21).

On craint que la Chambre commence à fléchir devant menaces Araby. Vice Roi ayant refusé catégoriquement son intervention comme médiatrice d'une réconciliation, la nouvelle d'une intervention armée déjà décidée à jeté alarme panique dans les colonies. On croyait aujourd'hui à une démonstration militaire, que le Vice Roi vient de dire à quelqu'un ètre renvoyée à mardi. Le commandant d'Alexandrie a reçu ordre de repousser tout attaque.

(l) T. 326 del 12 maggio. non pubbllcato, di contenuto analogo al n. 745.

754

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 628/955.

(per. ore 12 del 14).

Granville, que je viens de voir, m'a dit que l'Angleterre et la France sont à peu près d'accord au sujet de l'Egypte: il n'y a que quelques légers détails à régler, pour lesquels les deux Cabinets doivent échanger quelque correspondance... (l) que les arrangements concordés seront agréés par les puissances. Demain probablement il me fera connaitre en quoi il consistent; mais aujourd'hui il ·a voulu conserver la plus grande réserve à ce sujet. Granville a tenu langage identique aux autres ambassadeurs avec lesquels je me trouvais au Foreign Office. Lundi prochain Granville à la Chambre des Lords, et Dilke à la Chambre des Communes, répondront aux interrogations annoncées sur l'Egypte; ils auro n t à se défendre d'avoir été trop complaisants pour la France ... on di t que celle ci pousse à la déchéance du Kédive actuel, pour le faire remplacer par S. A. le prince Halim.

755

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 627. Berlino, 13 maggio 1882, ore 22,30 (per. ore 23,33).

Gouvernements français et anglais en sont toujours à la phase des pourparlers entre eux, accord n'a pas encore passé du désir à l'état de fait. Cabinet impérial jusqu'à ce jour du moins, n'a reçu de leur part aucune communication; il attendait dane qu'une entente s'établisse entre eux, et de connaitre leurs intentions. Secrétaire d'Etat que je viens de voir, persistait à croire que la paix générale ne serait pas compromise par la crise égyptienne puisque si le moyen de l'apaiser ne serait pas encore trouvé, toutes les puissances du moins ne voulaient qu'un seui but, celui de procéder avec une entente commune pour le maintien du statu quo dans les grandes lignes. Si la France et l'Angleterre savent user des égards voulus envers le Sultan, on parviendra aussi de ce còté à tourner la difficulté. J'ai parlé aussi de la dépèche télégraphique communiquée par l'ambassadeur de Russie (2). Secrétaire d'Etat m'assuré qu'un tel langage se trouvait manifesté plusieurs fois, mais qu'il n'avait pas été dans le cas de répéter dans ces derniers temps. Sécrétaire d'Etat me dit aussi que jusqu'à présent, la question d'envoyer navire de guerre à Alexandrie (3), n'a pas été examinée ici.

(l) -Gruppo indeclfrato. (2) -Cfr. n. 752, nota l. (3) -Cfr. •n. 749.
756

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 13 maggio 1882 (1).

Dans mon télégramme d'hier (2) j'ai omis de dire que Kalnoky et Bismarck acceptent que les trois Cabinets fassent résulter au moment de la signature par une déclaration que le traité ne vise pas l'Angleterre. Pour le moment c'est-à-dire tant que dure le Cabinet de Gladstone Bismarck ne veut pas admettre possibilité que l'Angleterre entre d'une manière quelconque dans l'alliance. Il serait tout disposé à l'accepter avec un autre Ministère. Kalnoky prie V. E. de rédiger le projet de la dite déclaration qu'il faudrait m'envoyer par télégraphe.

757

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 14 maggio 1882 (1).

Kalnoky en me faisant verbalement, au sujet de l'article 4, la déclaration relative à la Turquie, a formellement déclaré: qu'il ne la faisait pas sous forme officieHe, vu que ces sortes de déclaration en se multipliant infirment la valeur du traité, créant équivoques pour tout ce qui ne fait pas l'objet d'une décìaration spéciale. Une demande de notre part à cet égard nous expose à un refus à-peu-près assuré, sauf que nous acceptions une déclaration qui entrerait, peut-etre, dans des commentaires au sujet de l'article 1•r, qui en accentuant la pensée du Cabinet autrichien seraient plus dangereux que le silence absolu. En présence de cet état de choses, je me permets prendre sur moi de considérer l'incident comme clos, et ne plus en souffler mot. V. E., je ne doute pas, m'approuvera quand elle aura pris connaissance de mon rapport (3), qui part ce soir pour Udine par com·rier arrivé ce matin de Berlin. Il est, comme l'autre fois, adressé personnellement à V. E. il est scellé avec mon cachet particulier; il arrivera à Rome mardi dans l'après-midi; et je prie v. E. de m'en annoncer de suite réception pour ma tranquillité. Je prie instamment

v. E. de me tél«graphLer (4) sans retard son acceptation du traité sans aucune réserve, car toute discussion ultérieure tendant à préciser question hautement délicate, ne pourrait que la faire accentuer dans le sens que nous avons tout intéret à éviter. Quant à comprendre dans la déclaration relative à l'Angleterre son accession éventuelle, il ne faut pas y songer, car vu la vraie haine de Bismarck contre Gladstone, le Cabinet de Berlin n'y consentira absolument pas.

(-4) Cfr. n. 760.
(l) -Manca l'indicazione delle ore di partenza e di arrivo. (2) -Cfr. n. 744. (3) -Cfr. n. 759.
758

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 14 maggio 1882.

Je viens simplement vous remercier pour votre dernière lettre (1). Je n'ai rien à ajouter, sinon mes modestes félicitations, à ce que le Courrier vous apporte.

Après avoir affirmé le Concert européen, on laisse donc se rétablir, par une démonstration qui formera un grave précédent, la prépondérance anglofrançaise en Egypte. On risque de resserrer ainsi les liens des deux puissances occidentales si un replàtrage des affaires d'Egypte couronne leur démonstration armée. L'Autriche et l'Allemagne ont-elles fait leur deuil de leurs intérets en Egypte? Et dans. quel but se croit-on obligé à de tels sacrifices? Le but de neutraliser la France en vue d'une guerre contre la Russie n'expliquerait ces concessions faites à la puissance française que si on avait obtenu de la France des engagements siìrs de neutralité pour plusieurs années. Mais ce serait payer cette neutralité bien cher, contre les intérets austro-allemands et contre les notres, que d'abandonner la Méditerranée à la France et à l'Angleterre. L'inquiétude est grande en Italie pour ce qu'on appelle déjà une nouvelle affaire de Tunis.

Vvus aurez vu, mon cher comte, par nos débats parlementaires, qu'au lieu de consolider l'armée existante nous consacrons ce que M. Magliani nous laisse pour le budget de la guerre à préparer une armée de l'avenir sur un pied plus étendu. Mes faibles lumières ne me permettent pas d'apprécier suffisamment la sagesse de ces mesures dans les circonstances actuelles.

Je m'arrète, mon cher Comte. Je ne veux pas vous ennuyer de mes appréhensions sur la manière dont sera exécuté ce qui vient d'ètre stipulé par nous. En tout cas, et au pire, ce que vous venez de faire devait ètre fait, pour le Roi et pour le pays.

759

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE S.N. Vienna, 14 maggio 1882.

Col presente rapporto adempio al mio dovere di rendere minutamente conto all'E. V. dei miei negoziati col Ministro Imperiale degli Affari Esteri nelle tre conferenze ch'io ebbi seco lui nei giorni 10, 11 e 12 del corrente mese.

Il Conte Kalnoky di ritorno da Budapest il 10 mi rivolgeva tosto gentile invito di recarmi da lui in giornata, onde siccome egli esprimevasi, conferir meco in modo definitivo intorno all'ultima comunicazione da me fattagli il

52 -Documenti dtplomattct -Serle II -Vol. XIV

27 dello scorso mese, di cui rendevo conto all'E. V. coi miei tre rapporti del 29 (1).

Prendendo ad esaminare assieme il testo del Trattato quale risultava dalle modificazioni introdottevi dall'E. V., il Conte Kalnoky dichiaravami di accettare d'accordo col Principe di Bismarck la variante introdotta in fine del preambolo, cioè «la sécurité de Leurs Etats et le repos de l'Europe », invece delle parole «le repos de Leurs Etats et de l'Europe ».

L'art. I era mantenuto tal quale non essendovi state osservazioni da parte nostra. L'Art. II era accettato colle due aggiunte, directe et directement chieste da V. E. onde meglio precisare la provocazione.

L'Art. III era accettato nella seguente redazione «Si une ou deux des Parties contractantes sans provocation directe de leur part venaient à etre engagées dans une guerre etc.,, invece di... «viennent à etre attaquées et à se trouver par ce tait engagées dans un guerre », locuzione proposta da V. E.

L'Art. IV dava luogo alla maggior variazione poichè il Conte Kalnoky pretese tosto ch'esso fosse mantenuto nella redazione esistente nel suo primo progetto, salvo che invece di «Puissance » ammetteva si dicesse «grande Puissance ». L'aggiunta infine implicante la volontaria partecipazione alla guerra era accettata.

L'Art. V veniva mantenuto tal quale pel primo alinea, e pel secondo il Conte Kalnoky chiedevami la soppressione delle parole ni aucune espèce de Traité dicendo essere troppo indefinito, e poter quindi far nascere il dubbio che uno dei tre alleati non possa più in nessuna circostanza stipular Trattati quaisiasi senza l'assenso degli altri due.

I successivi articoli erano mantenuti tal quali.

S. E. poscia informavami, che il Principe di Bismarck gli aveva fatto sapere essere suo preciso desiderio che il Trattato sia unicamente firmato a Vienna dove ebbero luogo i negoziati.

Ultimata la lettura di cui sopra io dichiarai volermi per quel giorno limitare ad una sommaria discussione più che altro intesa a chiarirci reciprocamente le nostre idee, riservandomi di esaminare con miglior agio a casa mia il testo del Trattato così emendato.

Evidentemente nè il preambolo nè gli articoli I e II non diedero luogo a discussione di sorta, l'accordo sul loro testo essendo completo.

All'articolo III io insistetti sul carattere difensivo che lo stesso preambolo dà al Trattato e sulla gravità della stipulazione con esso sancita, trattandosi del « casus toederis » per ristabilirvi le parole etre attaquées et à se trouver par ce tait engegées dans une guerre etc. Ma il Conte Kalnoky tenne fermo per la soppressione delle parole etre attaquées et à se trouver par ce tait, etc. Io mi riservai di tornarvi sopra più tardi.

Sull'art. IV la discussione si fece più viva poichè il Conte Kalnoky tenne fermo in modo assoluto sul concetto espresso dalla sua redazione, mentre io desideravo ch'egli la modificasse per lo meno in un senso che mentre gli toglierebbe

la possibilità di dubbia interpretazione, gli darebbe un carattere più difensivo. A questo proposito però devo confessare ch'io mi trovavo assai imbarazzato, non avendo ricevuto fino a quel momento istruzioni di sorta dall'E. V. in risposta al mio rapporto del 29 e successivi telegrammi. Il silenzio meco serbato in tutti quei giorni a malgrado io non avessi mancato di avvisar in tempo che la ripresa dei negoziati avrebbe avuto luogo il 9 od il 10, doveva da me essere interpretato siccome un tacito invito di regolarmi a seconda delle circostanze della discussione accettando anche alla peggio la richiestaci stipulazione. Di ciò ero tanto più persuaso che in fin dei conti quell'articolo non implica altro dovere per noi che quello della neutralità in determinati casi, obbligo a cui già ci astringe con precisione anche senza quell'articolo il primo alinea dell'art. I. Cionondimeno dopo di avere alquanto discusso accademicamente la redazione propostaci dichiarai, che mi riservavo rispondere nella prossima nostra riunione già fissata per l'indomani mattina.

All'art. V mantenni la necessità vi si facesse cenno dei Trattati da stipularsi dopo la guerra fatta in comune. Il Conte Kalnoky obbiettavami ciò essere implicito nella parola «pace » ma non me ne accontentai osservando, che le condizioni a cui la pace si fa e che precisamente costituiscono il Trattato che mette termine ad una guerra, interessano troppo gli alleati perchè questi possano ammettere l'esclusione del loro accordo in proposito. Dopo una lunga discussione il Conte Kalnoky accettò fossero menzionati i Trattati purchè si eliminassero le parole, «aucune espèce », e quest'emendamento fu da me accettato. Finita così quella prima sommaria discussione ci demmo appuntamento per l'indomani alle 10 a.m. Nella notte intanto pervenivami il telegramma dell'E. V. del giorno 10 ore 5,15 pom. (1), che mi poneva in verità in assai serio imbarazzo, dovendo constatare la somma ripugnanza del Governo di Sua Maestà ad accettare quell'Art. IV. Pensai quindi dargli una forma più in armonia col carattere difensivo dell'intero Trattato e preparai la redazione seguente:

« Dans le cas où une grande Puissance non signataire du présent Traité menacerait la sécurité des Etats de l'une des Hautes Parties contractantes et la partie menacée se verrait par là forcée de lui faire la guerre, les deux autres s'obligent à observer à l'égard de Leur Allié une neutralité bienveillante. Chacune se réserve dans ce cas la faculté de prendre part à la guerre si elle le jugerait à propos, pour faire cause commune avec son Allié ». Riservandomi di trovar modo di far eliminare la Turchia dalle Potenze contemplate da quest'articolo.

Recatomi alle ore dieci del mattino dal Conte Kalnoky, non gli nascosi essermi pervenuto nella notte un telegramma che meglio precisavami gli intendimenti del R. Governo, e quindi aver io dovuto rimaneggiare alquanto un articolo del Trattato onde meglio armonizzasse con quel concetto difensivo ed altamente pacifico, che da parte nostra s'intende abbia a rivestire quel patto di alleanza.

Quindi dopo di aver accennato ad alcune variazioni puramente di sintassi introdotte qua e là, e che non diedero luogo ad osservazioni, cominciai col

chiedere che nell'art. III dopo le parole ...sans provocation directe de leur part, si aggiungesse quella venaient à etre attaquées. Dopo un momento di esitazione il Conte Kalnoky accettò quest'aggiunta.

Essendo poscia venuti all'art. IV il Conte Kalnoky protestò innanzi tutto di non poter ammettere un così completo rimaneggiamento della sua redazione, osservando ch'egli ciò non potrebbe fare senza l'assenso dell'Imperatore che travasi a Pest, e senza mettersi d'accordo col Principe di Bismarck che trovandosi a Friedrichsruhe dovrebbe a sua volta far sottoporre la cosa all'Imperatore Guglielmo a Berlino; negoziati questi che farebbero perdere una quindicina di giorni almeno ed indispettirebbero il Principe di Bismarck, che se annette grande importanza ai principi non ama le soverchie discussioni sulle parole che devono esprimerli.

Ammisi per conto mio l'esistenza di tutte queste difficoltà, facendo però osservare che stante il nato equivoco intorno al senso di quell'articolo (IV) ed anzi l'assoluta contraddizione esistente fra gli intendimenti in proposito dei due Governi, eravamo si può dire a caso vergine al riguardo, e quindi non potevasi a meno anche volendo da parte nostra andare fino all'estremo limite della condiscendenza astenerci dal discutere la redazione di quell'articolo. Questa difficoltà forse si sarebbe appianata in quella stessa seduta se io non mi fossi ritenuto in dovere di dichiarare, che siccome egli mi aveva chiesto se sotto la denominazione di Grande Potenza intendevamo anche la Turchia, questione che allora per difetto d'istruzioni avevo lasciata indecisa, doveva ora dirgli essere preciso intendimento del mio Governo di non ammettere quella interpretazione: la Turchia non dovendo anzi tutto secondo il nostro modo di vedere essere contemplata fra le Potenze che colla loro attitudine minacciosa potrebbero rendere necessaria un'offensiva ch'essa non avesse direttamente provocata. Qui la discussione si fece viva assai, ben inteso conservando sempre quel carattere cortese assai e moderato da cui non si diparte mai il linguaggio del Conte Kalnoky ed a cui naturalmente informai costantemente il mio.

S. E. rifiutassi a far risultare, a seconda della proposta da me fattagliene, da una dichiarazione ministeriale che la Turchia non era contemplata, (visée) in quell'articolo: dissemi che la Turchia è la vicina dell'Austria-Ungheria, che l'impero ha a cuore quanto noi la sua conservazione, che l'opinione pubblica nelle due parti della Monarchia è assolutamente avversa a che la si aggredisca ma cionondimeno essa è un vicino che dà assai a temere pel suo avvenire stante le sue condizioni interne, e che quindi è impossibile eliminare completamente la possibilità di un conflitto con essa. Egli aggiungevami che in fin dei conti altro non ci si chiedeva che la nostra neutralità in quell'evenienza, come solo corrispettivo all'Austria-Ungheria dell'appoggio che con tutte le sue forze la Monarchia s'impegna darci se fossimo provocati dalla Francia. Credetti dover tosto rilevare quest'osservazione rispondendo che come compenso all'AustriaUngheria della stipulazione dell'Art. II noi avevamo accettata quella non meno grave contemplata dall'Art. III, poichè essa ci può condurre ad una guerra nel caso di un'alleanza Franco-Russa contro la Germania e l'Austria, eventualità in cui la nostra neutralità sarebbe stata di sommo vantaggio a quelle due Potenze e che quindi ce ne avrebbero tenuto grande conto.

Il Conte Kalnoky ammise il peso di questa mia osservazione, ma nel fondo della questione si mostrò irremovibile a segno tale da farmi ritenere che ben più che la Russia quell'articolo avesse di mira la Turchia. Lasciammo dunque in sospeso la redazione dell'Art. IV non avendo egli voluto accettare il precitato testo di carattere difensivo da me sottopostogli, ben inteso, come già dissi colla riserva di dichiarare ch'esso non mirava alla Turchia.

Sugli altri articoli non ci fu più discussione l'accordo essendo perfetto.

Il 12 di buon mattino pervenivami il telegramma dell'E. V. della notte ore 2.50 (l) che non semplificava la questione non !asciandomi dubbio sulle difficoltà quasi insormontabili che l'E. V. mostravami incontrare ad accettare una clausola che implicasse l'eventualità di una aggressione alla Turchia. La situazione infatti era rimasta il giorno prima assai tesa fra il Conte Kalnoky e me, pretendendo Egli che senz'ambagi il Trattato ammettesse l'eventualità di una offensiva contro l'Impero ottomano, e dal canto mio avendogli dichiarato recisamente che ciò non lo ammetteressimo mai, la conservazione dell'Impero Ottomano essendo sempre stato uno dei cardini della politica dell'Italia.

Mi presentai quindi quel giorno alla una all'appuntamento fissatomi dal Conte Kalnoky ben deciso a non transigere sul conto della Turchia, ma pronto a girar la questione se mi si faceva una proposta che vi si prestasse. Le così fiduciose espressioni direttemi dall'E. V. non mi consentivano la menoma esitazione nell'adempimento del mio dovere.

II Conte Kalnoky accoglievami dicendo essersi ispirato durante le trascorse 24 ore al suo vivo desiderio di veder troncati gli indugi, e conchiuso finalmente il patto già oggetto di sì prolungati negoziati, sperar dunque che la proposta che stava per farmi sarebbe stata da me accolta, ma non nascondermi che dopo quest'ultima concessione tanto per deferenza al suo Sovrano, come per riguardo al Principe di Bismarck, non potrebbe più accogliere nessuna variazione, fosse anche di una parola. Egli chiedevami quindi di accettare o respingere semplicemente il Trattato nella sua totalità. Essendomi io riservato di rispondere dopo che avrei avuto conoscenza della sua proposta, Egli dissemi che accettava tal quale l'Art. IV redatto da me il giorno prima. Nel ciò sentire io gli chiesi se ammetteva del pari che la Turchia non fosse compresa sotto la denominazione di Grande Potenza tanto in quell'articolo. come negli altri articoli del Trattato dove si parla di Grande Potenza. S. E. dichiarommi nel modo il più esplicito che la Turchia non essendo una Grande Potenza non deve intendersi contemplata nelle stipulazioni del presente Trattato né all'art. IV nè in quegli altri dove è fatto cenno di Grande Potenza. Egli dicevami farmi questa dichiarazione nel modo più preciso, non intendere però di farne oggetto di una speciale dichiarazione ministeriale non volendo aprir l'adito a successive dichiarazioni di tal genere che tolgono forza ad un Trattato. Mi accontentai quindi della dichiarazione verbale ed a mia volta gliene feci una negli stessi termini. L'uno e l'altro abbiamo preso atto delle nostre reciproche dichiarazioni e così io accettai per intiero la soluzione offertami a riguardo di quell'Art. IV che poco aveva mancato far rovinare tutto il Trattato.

Devo però ancora riferire qui che il Conte Kalnoky dopo la mia accettazione della sua proposta aggiungevami che non aveva creduto opporre maggiore resistenza ai nostri desideri, in considerazione che per tutti i casi nè preveduti nè prevedibili l'essenza stessa del Trattato provvede per tutti tre gli Alleati tanto col preambolo quanto coll'Articolo I. Questo suo apprezzamento concordava troppo pienamente col mio perch'io potessi tentare di confutarlo anche astrazione fatta dalla non opportunità di aprire una nuova discussione al riguardo, e quindi aderii semplicemente alla fattami osservazione.

Si venne quindi a parlare della Dichiarazione ministeriale che già eravamo convenuti i tre Governi si scambiassero nell'atto della firma del Trattato relativamente all'Inghilterra, a seconda degl'intendimenti manifestatimi dall'E. V. Il Conte Kalnoky dicevami il principio essere stato ammesso dal Principe di Bismarck, ma Sua Altezza desiderava però che la dichiarazione si limitasse a porre in sodo che il presente Trattato non prende di mira in maniera alcuna l'Inghilterra (ne vise pas) riservando ad altra epoca l'aprire la porta al Gabinetto di St. James ad accedere all'alleanza. S. E. mi incaricava inoltre di pregare V. E. a volere se lo crede formolare in tal senso lo schema della progettata dichiarazione.

Qui unito trasmetto a V. E. il progetto di Trattato quale fu convenuto fra il Conte Kalnoky e me (1). Siccome ebbi a riferirle telegraficamente (2) non mi sarebbe più possibile proporvi modificazioni di sorta, poichè ben si può dire che quel testo contiene l'ultimo limite delle concessioni che i Gabinetti di Berlino e di Vienna sarebbero disposti a farci.

Non dobbiamo dissimularci che da noi fu mosso il primo passo per stipulare una in allora non ben definita alleanza, molte difficoltà, dirò anzi somme ripugnanze avevamo da vincere, ma mercè il costante fermo proposito di V. E. ho luogo di ritenere siamo giunti alla meta, cioè sta per cessare quel nostro isolamento causato da troppi passati falli. D'ora in poi non dipenderà più che da noi di assicurarci nella nuova alleanza quel posto che spetta alla dignità del Nostro Augusto Sovrano e della Nazione italiana. V. E. ha ben d'onde felicitarsi del risultato ottenuto poichè nell'incominciare i presenti negoziati non ci era dato sperare ciò che si conseguì. Basta infatti rileggere i due schemi di Trattato trasmessimi con dispaccio del 17 marzo (3) per convincersi dei migliori patti ottenuti; essenzialmente assai più conforme ai nostri intendimenti pacifici e difensivi si è l'attuale articolo IV che non lo era la stipulazione sancita al riguardo dalla seconda parte dell'art. II che del pari prescriveva la neutralità obbligatoria, ma estesa ad ogni eventualità di guerra in cui si potrebbe trovar impegnata una delle tre potenze con una potenza qualunque anche senza la partecipazione della Francia.

Ho omesso fino ad ora di riferire all'E. V. che avendo posto in discussione la questione del testo unico francese, e del doppio testo italiano e tedesco il Conte Kalnoky pronunciassi in modo assoluto pel testo unico francese che io pure accettai essendo sempre preferibile il testo unico, tanto più poi quando

esso deve essere in Francese, lingua che meglio di ogni altra è appropriata alla redazione degli atti diplomatici moderni. In attesa che piaccia all'E. V. trasmettermi i necessari pieni poteri ed impartirmi la voluta autorizzazione per firmare il Trattato (1)...

(l) Cfr. n. 724.

(l) Cfr. nn. 709, 710 e 711.

(l) Cfr. n. 735.

(l) Cfr. n. 740.

(l) -Non si pubblica, il testo del rapporto contiene già i riferimenti riguardanti ,Ja versione definitiva. (2) -Cfr. n. 744. (3) -Cfr. n. 643.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 15 maggio 1882, ore 2,15.

J'ai été ce matin reçu par le Roi. Ayant été moi-mème occupé au Sénat toute la journée, j'ai pu ce soir seulement voir le Président du Conseil qu'une recrudescence de son indisposition retient chez lui. Je suis heureux de vous annoncer, au nom aussi de Sa Majesté et de M. Depretis, l'acceptation définitive, et sans réserve, du traité. Le courrier de Cabinet part après-demain matin, mardi, directement de Rome vous apportant les pleins pouvoirs. Je vous télégraphierai demain (2) un projet de formule pour la déclaration concernant l'Angleterre. Nous n'insistons pas pour celle concernant la Turquie, du moment que le texte de l'art. IV ne parle que de grandes puissances, la Turquie n'étant pas de ce nombre, et du moment aussi qu'au surplus votre rapport constate sans doute la reconnaissance formelle du comte Kalnoky que la qualification de grande puissance ne comprend pas la Turquie. La distribution des lettres recommandées se faisant seulement le matin, je ne pourrai vous télégraphier que mercredi matin l'accusé de réception de votre expédition.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 334. Roma, 15 maggio 1882, ore 18,30.

Veuillez télégraohier au Ministère le sens de tout article de journaux important, ou autre manifestation de l'opinion publique contre intervention anglo-française et en faveur du Concert européen, dans les affaires d'Egypte. Nous avons besoin de rassurer l'opinion alarmée, et de faire comprendre au pays que la situation pour nous n'est pas la mème aujourd'hui que l'an dernier à Tunis (3).

(l) -Cfr. crJ.. 760. (2) -Cfr. n. 765. (3) -Per la risposta da Berlino cfr. n. 770.
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L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 643. Londra, 15 maggio 1882, ore 21 (per. ore 4,15 del 16).

J'ai vu aujourd'hui un instant Granville au moment où il se rendait à la Chambre pour y exposer arrangement pris avec la France au sujet de l'Egypte. Il s'est montré étonné de ce que je n'avais pas reçu ce matin lettre qu'il m'avait adressée à cet égard, il m'a donné rendez-vous pour demain à trois heures. En attendant je me suis fait remettre copie de la lettre qui m'avait été destinée avec l'annexe; en voici la traduction; «Nous sommes arrivés à une entente avec la France et on a envoyé aux ambassadeurs anglais et français à Rome, dont la substance est si jointe. Le temps presse, et j'ai confiance, que la politique du maintien du statu-quo en Egypte, à laquelle nous adhérons tous, sera couronnée de succès ~. Voici maintenant dont il est question et dont V. E. aura peut etre déjà connaissance: «En conséquence derniers événements d'Egypte Gouvernements anglais français ont pensé qu'il était opportun d'envoyer à Alexandrie une escadre qui en ce moment se réunit à Suda Bay en Crète. Objet de cette démonstration est de fortifier l'autorité du Kédive, et de sauvegarder en Egypte, l'état légal des choses, qui a été reconnu par l'Europe, et au maintien duquel l'Europe est intéressée. Afin de ne pas compliquer situation les deux Gouvernements ont pensé à leurs ambassadeurs respectifs à Constantinople l'instruction de recommander à la Sublime Porte, de s'abstenir de toute intervention et de toute intromission en Egypte se réservant toutefois de faire plus tard d'ultérieures propositions à la Sublime Porte en cas de besoin ~. Demain je tàcherai d'avoir explications precises, sur la portée de cette entente anglofrançaise que l'Allemagne et l'Autriche semblent avolr provoquée.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. CONFIDENZIALE. Roma, 15 maggio 1882.

Secondo l'annunzio preventivo che già ne diedi telegraficamente (1), spedisco a V. E. i pieni poteri in regola che l'autorizzano alla stipulazione dell'importantissimo trattato di alleanza tra l'Italia, l'Austria-Ungheria e la Germania. Compiacciasi accusarmene per telegrafo la ricevuta per mia tranquillità. Potendo adoperi in cifra la frase « Ricevei documenti; dispaccio trasmesso pel Corriere di Gabinetto~.

Attenderò poi col mezzo già indicatole il testo del trattato co' relativi poteri, e con la dichiarazione secreta che debbe essere parimenti sottoscritta. Con la stessa scrupolosa riserva indi procederemo all'invio degli istrumenti delle ratifiche da scambiarsi.

Ora che questo laborioso negoziato è compiuto, e lo scopo desiderato dall'Italia nostra e dal nostro amato Sovrano può dirsi felicemente raggiunto, io mancherei non solo ad un dovere, ma farei forza a' sentimenti dell'animo mio, se non Le esprimessi di cuore, e con pieno convincimento, la mia riconoscenza per lo zelo, l'intelligenza sagace, e l'efficacissima cooperazione, con cui si è compiaciuto di ajutare l'opera mia in questo così difficile e delicato negoziato, che sarebbe inevitabilmente naufragato, specialmente condotto da lontano e con istruzioni in gran parte telegrafiche, se non si fossero da Lei spiegate quelle rare qualità e quella eccezionale diligenza di cure e precauzioni che hanno prevenuto qualunque pericoloso conflitto di opinioni, e con comune soddisfazione eliminato ogni dissenso. Nella nostra coscienza dobbiamo compiacerci del risultato che abbiamo assicurato, e delle garanzie [per] l'avvenire che abbiamo conquistato in pro della Patria nostra. Pel segreto impenetrabile, che dovrà forse anche per sempre ricoprire questo atto solenne, non possiamo aspirare ad altro premio che alla testimonianza della nostra coscienza. Ella ha ben meritato, anche in questa occasione, come in tante altre, dal Re e dal paese.

Se mai Ella abbia alcuna notizia, che stimi utile portare a mia conoscenza, ma senza carattere ufficiale e specialmente se avrà occasione di conoscere, come siano alla prova rimasti contenti di noi i due Imperatori ed i loro Ministri partecipanti al negoziato, e quale concetto ormai costà si abbia della serietà dei nostri propositi, della scrupolosa e leale fedeltà nostra ad impegni di cui abbiamo anticipatamente apprezzato il valore e le conseguenze, e sopra tutto la nostra costanza ed irrevocabile persistenza nella linea di condotta politica che abbiamo adottata e che seguiremo non meno all'interno che all'estero; gradirò di averne dall'E. V. private comunicazioni in lettere che si compiacerà a me dirigere in via affatto confidenziale.

(l) Cfr. n. 760.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

L. P. Roma, 15 maggio 1882.

Dopo avere chiusa la mia lettera particolare (1), sento il bisogno di aggiungere ad essa un'altra preghiera.

Qui, secondo le reiterate avvertenze ricevute per mezzo di V. E., io mi sono astenuto dal far conoscere al Wimpffen ed al Keudell il corso dei negoziati, e delle peculiari discussioni intorno all'elevate quistioni, e tanto più il tenore delle consacrate e conchiuse stipulazioni. Essi però sapevano perfet

tamente di che ci stavamo occupando, e non ignorano che un Trattato è ormai conchiuso, od è sul punto di stipularsi.

Ora a me importa di sapere positivamente, se nell'opinione del Conte Kalnoky e del Principe di Bismarck i loro Ambasciatori in Roma debbono rimanersi contenti a sapere solo genericamente che un patto di alleanza fra l'Italia e i due Imperi è stato sottoscritto, senza doverne conoscere punto il testuale tenore; o se il testo del Trattato possa o debba mettersi sotto i loro occhi, acciò non ne ignorino i particolari. Con l'assoluto rigore dello impenetrabile segreto che ci siamo imposti, come un affare di tal natura esigeva, e con piacere veggiamo da ogni parte gelosamente mantenuto, io non intendo far nulla di più di quello che gli altri due Ministri delle altre parti contraenti stimino prudente ed opportuno verso le persone dei loro Ambasciatori.

Voglia dunque interpellare in proposito categoricamente il Conte Kalnoky, e mettermi al più presto in grado di uniformare alle sue risposte la norma della mia condotta al riguardo.

(l) Cfr. n. 763.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT

T. Roma, 16 maggio 1882, ore 2,30.

J'avais, avant de recevoir votre télégramme d'hier (1), déjà préparé pour la déclaration concernant l'Angleterre, une formule que V. E. lira ci-après. Vous verrez que l'accession éventuelle de cette puissance ne serait, selon cette formule, admise que sous l'expresse et formelle condition d'un accord préalable des trois puissances quant au mode et au temps de toute communication qui devrait, à cet effet, étre adressée au Cabinet britannique. Ceci me parait répondre exactement à l'idée de Bismarck qui ne veut pour le moment entendre parler de cette accession. Si cependant la dernière partie de ma formule, par le fait seul de la mention qu'on y fait de la possibilité de cesse accession, soulève des objections insurmontables, je vous autorise à ne pas y insister et à completer la première partie de la formule par une conclusion exprimant nettement le but de la déclaration. Voici maintenant mon projet de formule:

«Les plénipotentiaires soussignés, dùment autorisés par leurs Gouvernements, déclarent, que les stipulations du Traité conclu et signé ce méme jour entre l'Allemange, l'Autriche-Hongrie et l'Italie, dans l'intention commune et préalablement exprimée des Parties contractantes ne visent aucune offensive contre l'Angleterre; et que au contraire les dites Parties contractantes accepteront l'accession de l'Angleterre au dit traité d'alliance, ou méme seulement au pacte de neutralitè, mais en se réservant de déterminer d'un commun accord entre les trois alliés le temps et la forme de toute communication qui pourrait éventuellement étre adressée dans ce but au Cabinet Britannique. Fait à Vienne en trois expéditions le ... ».

(l) Cfr. n. 757.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 645. Cairo, 16 maggio 1882, ore 9,50 (per. ore 11,35).

Hier au soir par conseil des agents anglo-français le Kédive a accepté maintien ministère, les ministres ont fait acte de soumission. Son Altesse leur a dit qu'il cède pour conjurer de graves dangers au pays, et il leur a annoncé pour demain arrivée escadre anglo-française. On m'assure que l'agent anglais ait assuré le Kédive que les puissances exigeront le bannissement d'Araby, et la dissolution de l'armée.

767

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, E A VIENNA, DI ROBILANT, AGLI INCARICATI D'AFFARI, A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, E A PARIGI, MAROCHETTI, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 335. Roma, 16 maggio 1882, ore 12.

L'ambassadeur d'Angleterre et le chargé d'affaires de France m'ont fait hier, au sujet de l'Egypte une communication identique, dont voici la substance. En conséquence des derniers événements dans le Vice Royaume, les Gouvernements d'Angleterre et de France, ont pensé qu'il y avait lieu d'envoyer à Alexandrie une escadre qui se réunit en ce moment à la Suda dans l'ìle de Crète. L'objet de cette démonstration, est, nous dit-on, de renfoncer l'autorité du Kédive et de sauvegarder l'état légal des choses en Egypte qui a été reconnu par l'Europe et au maintien duquel l'Europe est intéressée. Afin de ne pas compliquer la situation, les deux Gouvernements ont pensé qu'il y avait lieu de donner instructions, à leurs ambassadeurs à Constantinople de recommander à la Porte de s'abstenir de toute intervention ou immixtion en Egypte, se réservant eux mémes cependant, de faire plus tard, si besoin en était à la Porte des propositions ultérieures. Les deux représentants m'ont dit que leurs Gouvernements nous sauraient gré de donner des instructions en ce méme sens à notre ambassadeur à Constantinople. J'ai répondu que je me réservais d'examiner leur communication, me mettant à cet effet en rapport avec les trois autres Cabinets.

(a Vienna, Berlino, Pietroburgo) Tachez de me télégraphier le plus tòt possible l'attitude que le Cabinet auprès duquel vous étes accrédité, va prendre en présence de cette demande anglo-française, la réponse qu'il se propose faire, et quelles instructions il va donner à son ambassadeur à Constantinople. Une résolution identique des trois Cabinets nous parait à cet égard désirable bien que nous ne puissions pas dissimuler les graves préoccupations de n otre tres nombreuse colonie (l).

(al Cairo) J'ai régulièrement reçu vos télégrammes. Renseignez moi avec promptitude, dans le cas surtout où la sécurité des colonies viendrait à etre sérieusement menacée. Je me réserve de vous faire part le plus tòt possible des conclusions de notre échange d'idées avec les trois autres Cabinets.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, MENABREA, A PIETROBURGO, NIGRA, A VIENNA, DI ROBILANT, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, E A PARIGI, MAROCHETTI

T. 336. Roma, 16 maggio 1882, ore 13,10.

L'ambassadeur de Turquie m'a fait hier une communication dont voici le résumé: «La Sublime Porte désire la maintien du statu quo, et de l'ordre en Egypte. Si la situation s'aggravait elle en donnerait avis aux puissances comptant sur leur concours bienveillant.

L'Egypte faisant partie de l'Empire la Sublime Porte apprend avec regret l'intention de la France et de l'Angleterre, d'envoyer leurs flottes à Alexandrie. Si una expédition devait ètre faite, elle ne saurait, se rattachant aux droits de souveraineté du Sultan, ètre faite que par le Gouvernement ottoman. Mais cette nécessité n'existe pas dans les conditions actuelles, et la Sublime Porte ne peut pas non plus admettre l'adoption de pareilles mesures par d'autres puissances.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 646. Vienna, 16 maggio 1882, ore 14,45 (per. ore 18).

J'ai eu ce matin avec Kalnoky arrivé hier au soir, une conversation sur affaires d'Egypte. Il s'est montré très embarrassé de ce qu'il y a à faire en présence communication Cabinet anglais au sujet envoi de trois navires pour l'Angleterre, et trois par la France, sans qu'avis en ait été donné d'avance, et encore moins attendue approbation des autres quatre puissances; mais on ne sait pas ici ce que Bismarck en pense, et par conséquent on ne se

prononce pas. J'ai vivement insisté sur nécessité d'arreter par une réponse précise à la communication anglaise, la reproduction d'autre faits accomplis très graves. Kalnoky m'a montré apprécier ma manière de voir, mais sans que l'inspiration vienne 'de Berlin on ne fait rien ici, en attendant on me parait decidé à ne pas envoyer de batiments. Je dois du reste constater que tant opinion publique ici, comme journaux, ne s'occupent à peu près pas des affaires d'Egypte, qui semblent n'intéresser l'Autriche-Hongrie jusqu'à présent que très médiocrement. On nous montre désirer vivement que nous procedions d'accord avec eux et l'Allemagne, mais nous ne pouvons pas nous attendre, à ce que les puissances, qui n'ont recherché question, en dehors intéret général européen, assument une attitude énergique en fase de l'Angleterre et de la France. Je ne dois pas non plus omettre d'observer, qu'on a la persuasion que ces deux puiss:lnces n'iront pas trop loin sur la voie de l'intervention, un accord véritable à ce sujet n'étant pas possible entre elles.

(l) Per le risposte cfr. nn. 776, 777 e 778.

770

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 649. Berlino, 16 maggio 1882, ore 18 (per. ore 21,20).

Voici le sens articles journaux allemands publiés ou reçus hier à Berlin: Le Post: il existe une notable différence entre le programme du ministère précédent et celui du Cabinet actuel à Paris, dont la politique en Egypte est basée sur l'entente avec l'Europe; l'accord anglais-français est maintenant la résultante du Concert européen. La Gazette d'Allemagne du Nord reproduit sans commentaires observations insérées dans numero du Journal de Saint Pétersbourg du 14 mai, et qui donnait entière approbation à ce que question égyptienne fiìt du ressort du Concert européen. La Gazette Nationale dit que le règlement de cette question est unanimement envisagé comme question européenne, et par conséquent elle est l'objet de pourparlers diplomatiques entre les Cabinets, et jusqu'à un certain point direction à la France. La Gazette de Cologne dit que l'initiative laissée aux puissances occidentales, est comprise dans le sens que les autres Cabinets attendent leurs propositions et les appuieront après s'etre entendues. Dans ces deux numéros du 15 mai, ce mème journal dit à l'occasion que l'Allemagne et l'Autriche qui agissent en commun sont disposées à faire autant que possible bon accueil aux vues de Paris et de Londres, mais elles maintiennent ce qu'elles ont déclaré dès le début, à savoir que l'affaire egyptienne doit ètre traitée comme question européenne, et que les puissances occidentales ne doivent pas prendre séparément des décisions: on leur a laissé initiative de propositions tandis que l'exécution a lieu en vertu d'un mandat européen. Le journal précité défend en outre les droits de la Turquie, comme puissance européenne.

771

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 653/960. Londra, 16 maggio 1882, ore 21 (per. ore 1,15 del 17).

Je viens d'avoir un entretien avec Granville au sujet du discours relatif à l'Egypte, qu'il a prononcé hier à la Chambre des Lords. et dont j'ai télégraphié ce matin resumé à V. E. (1). Il espère avoir agi dans le sens désiré par les quissances, qui est celui du maintien du statu quo dans ce pays. Il m'a dit que l'accord avec la France n'avait pas été sans difficultés; que si, de son còté, il avait du faire quelque légére concession, l!l. France du sien en avait fait de plus grandes en admettant intromission éventuelle du sultan dans cette affaire. M. Freycinet a désavoué le projet de prépondérance de la France qu'on lui avait attribué. J'ai fait observer à Granville que l'envoi d'une escadre combinée devant Alexandrie n'était que le prologue d'une action qui pourrait devenir très serieuse; d'autant plus qu'Araby Pacha avait donné ordre aux réserves de se réunir à Alexandrie pour s'opposer à toute tentative de la part des escadres; qu'il était par conséquent nécessaire avoir prévu ce qu'il adviendrait si cette première démonstration échouait. Granville m'a dit que des mesures avaient été concertées, en vue des éventualités qui pouvaient se présenter; qu'il ne pouvait rien communiquer en ce moment, quoiqu'il espérait que ces mesures seraient agréées par les puissances, toutefois il m'a dit que si les troupes égyptiennes devenaient menaçantes les amiraux étaient autorisés à faire un débarquement de marins, pour favoriser la retraite des européens mais que ces marins ne devaient pas s'éloigner de la plage au delà d'une portée de fusil. Je fis alors observer que tout ceci annonçait des complications dans lesquelles nos intéréts seraient d'autant plus compromis, que nous avons en Egypte une nombreuse colonie qui ne se contenterait pas de la protection que pourrait lui donner escadre anglo-française, mais qui réclamerait la protection directe du Gouvernement du Roi, qui n'aurait pu la lui refuser d'autant plus que lui aussi a des vaisseaux qui ne sauraient pas rester inactifs dans un moment de danger. Je rappelai à Granville ce que j'avais dit autrefois à ses prédécesseurs, lorsqu'on a éloigné du Gouvernement de l'Egypte, l'Italie, qui aurait été un élément modérateur, et qui le serait encore à l'avenir si elle reprenait dans ce pays la position qu'elle doit y avoir, sans avoir la prétention de porter atteinte à la position des autres puissances, et surtout à celle de l'Angleterre qui trouvera toujours en nous un concours qui pourra lui étre utile. Je lui répétai que nous avions toute confiance dans le ministère anglais actuel, et je le priai d'éxaminer les éventualités que j'ai signalé précédemment, afin de n'etre pas pris à l'improviste, et de pouvoir marcher d'accord. Granville m'a répondu que le ministère avait accepté la condition de l'Egypte telle quelle avait été faite par ses prédéces

seurs; qu'il s'agissait aujourd'hui de maintenir le statu qua. Si d'autres circonstances survenaient, ce serait le cas d'y pourvoir. Du reste il a pris avec beaucoup de bienveillance note des observations que je lui ai soumis, et surtout de celle qui se réfère à notre concours éventuel actif. En le quittant je lui ai dit que je serais revenu encore sur ces arguments, lorsque l'opportunité s'en serait présentée. Je crois avoir ainsi justement intérprété les instructions contenues dans le dernier télégramme de V. E. (1).

(l) T. s. n. del 16 maggio, non pubblicato.

772

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 650. Costantinopoli, 16 maggio 1882, ore 23,11 (per. ore 10,15 del 17).

Ambassadeurs de France et d'Angleterre ont fait aujourd'hui communication à la Porte relative aux affaires d'Egypte. Les deux Gouvernements ont informé la Porte de l'envoi de la force navale à la Suda, et de l'envoi le cas échéant en Egypte, comme démonstration pour renforcer l'autorité du Kédive en Egypte. Les ambassadeurs ont recommandé à la Porte, de s'abstenir de toute intervention. Le Sultan est très préoccupé de cette communication, et on m'assure qu'il adressera une communication aux puissances, pour obtenir que les flottes soient renvoyées.

773

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. Vienna, 16 maggio 1882.

Comme j'ai déjà communiqué à V. E. (2), c'est une déclaration ministèrielle, et non pas un protocole, que les Cabinets de Berlin et de Vienne acceptent de signer par rapport à l'Angleterre. Bismarck tient absolument à cette forme. J'ai cependant soumis à Kalnoky la formule proposée par V. E.: il n'a pas témoigné beaucoup de difficulté à l',accepter telle quelle, en lui donnant, bien entendu, la forme d'une déclaration ministérielle; mais il doit, avant tout, prendre aussi l'avis du chancelier, et il se réserve donc de me soumettre les modifications que éventuellement ils y auront apportées. D'après les instructions que vous m'avez données (3), j'accepterai en votre nom la formule qu'on me présentera, si elle exprime nettement le but que V. E. se propose. Je ferai connaitre ensuite par télégraphe (4) le texte qui aura été ainsi concordé pour que V. E. puisse, de son còté, m'envoyer, signée par elle, la déclaration en question.

(l) -Cfr. n. 767. (2) -Cfr. n. 757. (3) -Cfr. n. 765. (4) -Ofr. n. 790.
774

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. 3022. Berlino, 16 maggio 1882

(per. il 20).

Hier les télégrammes transmis par V. E. (l) me fournissaient l'occasion de m'aboucher avec le Sous-Secrétaire d'Etat. Je n'apprenais de lui aucun fait nouveau. L'ambassadeur de Turquie, ni mes collègues de France et d'Angleterre ne s'étaient encore présentés au Département des relations extérieures.

Aujourd'hui, aussitòt après avoir recu les télégrammes que Vous m'avez expédiés dans l'après midi (2), je me suis ménagé un entretien avec le secrétaire d'Etat. J'ai su alors que, la veille, lord Ampthill, après ma visite à M. le docteur Busch, et aujourd'hui le baron de Courcel avaient fait leur communication identique dont la substance est tout-à-fait conforme à vos indications.

Le Secrétaire d'Etat leur a dit qu'avant de répondre il se réservait de solliciter des instructions de Friederichsruhe, lesquelles arriveraient probablement demain. S'il avait été ministre des affaires, il aurait répondu tout d'abord camme V. E. à savoir qu'il allait se mettre en rapport avec les trois autres cabinets.

En me donnant ces détails, il ajoutait qu'il avait maintes fois énoncé combien il serait désirable que les deux puissances occidentales se missent d'accord entre elles et de leur laisser l'initiative de propositions ultérieures. Il s'attendait donc à une communication de leur part, et il devait constater que la communication précitée ne s'écartait pas du point de vue sur lequel on se plaçait ici également à l'égard de l'affaire égyptienne camme ne pouvant etre soustraite au Concert Européen. Aussi présumait-il que le chancelier, dont il a du réserver l'approbation, se montrerait favorable au désir exprimé par les cabinets de Paris et de Londres. Au reste S. E. envisageait qu'il y avait une détente sensible dans la situation depuis que le Khédive a reçu et accepté les excuses de son ministère.

J'ai fait la remarque que cette réconciliation à la dernière heure, lorsque surtout Arabi pacha restait au pouvoir, ne semblait pas très-sérieuse. On serait presque induit à croire que de part et d'autre on cherche à gagner du temps. Dans ces circonstances, les puissances occidentales donneront-elles suite à une démonstration navale contre laquelle la Turquie proteste d'avance? La présence des escadres de ces nations n'aurait-elle pas pour effet de surexciter en Egypte des passions qui tendent à se calmer?

Le comte de Hatzfeldt disait que le baron de Courcel exprimait l'avis que pareille démonstration, meme dans les conjonctures présentes, ne perdrait pas de son utilité.

Demain seulement je saurai quelque chose de plus précis.

En me référant à mon télégramme de ce jour (l) ...

(l) -T. 332 e 333 del 15 maggio, non pubblicati e t. 334 ed. al n. 761. (2) -Cfr. nn. 767 e 768.
775

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 654/961. Londra, 17 maggio 1882, ore 4,10 (per. ore 6,35).

Correspondant parisien du Times continue à donner beaucoup de détails, sur les combinaisons concertées entre l'Angleterre et la France en cas d'éventualité à la suite de la démonstration navale, qui doit avoir lieu en Egypte. Il parle entre autres de la formation d'un corps de gendarmerie turque. Granville à qui je demandais ce qu'il y avait de vrai dans ces bruits, me répondit qu'en général il n'y a pas de fumée sans feu; mais que selon son habitude le correspondant du Times s'abandonnait volontiers à son imagination, et qu'il ne fallait pas toujours s'en rapporter à ce qu'il affirme. Toutefois sans nier l'idée de la gendarmerie turque pour l'Egypte, Granville n'a pas voulu s'ouvrir sur les questions, tout en assurant que les combinaisons projetées seraient de nature à etre agréées par les puissances.

776

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 655. Vienna, 17 maggio 1882, ore 17,10 (per. ore 19,05).

Je suis chargé par Kalnoky de communiquer à V. E. qu'il a répondu à France et Angleterre: 1° -qu'il ne pouvait donner réponse avant de s'étre entendu avec les autres Cabinets; il a ajouté: 2° -que quant aux instructions qu'on le prie de donner à ambassadeur à Constantinople, il ne peut que s'abstenir trouvant difficile d'engager Sultan souverain à ne pas faire ce que font les autres puissances, qui n'ont pas les memes titres que lui à s'intéresser aux affaires d'Egypte; 3° -que du reste, développement ultérieur de la question dépend de la manière avec laquelle les deux puissances expliqueront leur attitude à Constantinople et parviendront à rassurer le Sultan. Kalnoky me charge puis de prier V. E. comme elle a fait avec mes collègue d'Allemagne

53 -Documenti diplomatici -Serie II -Vol. XIV

et de Russie de vouloir lui faire connaitre sa mamere de voir, par rapport à l'envoi des navires. On tient absolument ferme ici à l'abstention, tant que le besoin ne s'en montrerait pas d'une manière absolue, et dans ce cas, cela devrait se faire par toutes les puissances. Kalnoky a encore ajouté avoir dit à Elllot que l'affirmation de Granville que toutes les puissances avaient approuvé préalablement la démonstration navale n'est pas exacte vu que pour son compte, au moins, il n'a pas été dans le cas d'exprimer préalablement son avis. Mon impression est qu'on espère ici par une attitude passive de l'Allemagne, Autriche-Hongrie, et Russie, mettre dans l'embarras France et Angleterre, yui se trouvant singulières sans l'appui moral des autres seront bientòt en plein désaccord; le cas écheant, puis on pense que l'envoi des cuirassées turques, acheverait de porter le désaccord dans la soi-disante entente des deux puissances. Je crois que toute démarche isolée de notre part serait funeste, rompant cet accord passif qui peut-etre moyen efficace de déjouer projets de France: abstenons nous donc d'envoyer bàtiments ni d'autres mesures, qui ne seraient pas prise de parfait accord avec les autres.

(l) T. 648, non pubblicato.

777

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 656. Berlino, 17 maggio 1882, ore 17,40 (per. ore 20).

Secrétaire d'Etat n'a pas encore reçues instructions demandées hier; il dit qu'il n'y a ni urgence ni péril dans la demeure, il ne s'agit point pour le moment d'intervention armée; les puissances occidentales qui ont eu déjà de la peine à s'entendre pour une démonstration navale éventuelle, déclarent ne vouloir que le maintien du statu quo, et sollicitent un concours des autres Cabinets. Tout cela équivaut de nouveau à affirmer que l'affaire égyptienne est du ressort du concert européen. Il avait pris, ad referendum note de la communication de l'ambassadeur de Turquie dont vous m'avez transmis résumé par votre tél«gramme d'hier (1), au reste, ajoutait-il personne ne conteste le droit de souveraineté à la Turquie, et certes l'Allemagne ne le révoquera pas en doute; mais il faudra voir s'il ne sera pas le cas, camme on le désire à Paris et à Londres, de lui demander de n'en pas faire usage dans un moment où il pourrait en résulter quelques complications. D'après nos journaux l'opinion publique est surexcitée chez nous, il me semble qu'elle devrait se rendre compte: 1° que la situation pour nous, n'est pas mème auiourd'hui en Egypte que l'an dernier à Tunis, nous sommes sur la meme ligne que l'Allemagne, l'Autriche et la Russie, les Cabinets anglais, français prouvent par leur démarche qu'ils ne veulent pas se séparer du concert européen, pour la conservation du statu quo; 2° que la France agissait seule contre Tunis, et l'Europe se taisait tandis que vis-à-vis de l'Egypte se sont

deux puissances rivales qui ne se donnent [la mainJ que pour mieux se surveiller, et qui ne s'entendront jamais à deux, pour changer radicalement la condition actuelle des choses. Je n'ai rien relevé de marquant depuis hier dans les journaux allemands; ils se montrent d'ailleurs très réservés dans leurs appréciations, et confiants dans la politique de Bismarck. Il me parait donc superflu d'envoyer des extraits.

(l) Cfr. n. 768.

778

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 657. Pietroburgo, 17 maggio 1882, ore 19,40 {per. ore 21,30).

Giers a demandé aux trois Cabinets de Rome, Berlin, Vienne, leur opinion sur la communication identique anglo-française relativement à l'envoi de l'escadre à Alexandrie; en attendant de connaitre cette opinion Giers s'est exprimé avec mes collègues et avec moi dans le sens suivant, savoir: Cabinet de Pétersbourg ayant adhéré aux principes de l'entente européenne sur les démarches à faire par l'Angleterre, et par la France, pense que ces deux puissances ne devront pas se borner à annoncer des faits accomplis. Gouvernement russe ne peut pas non plus partager sans réserve la proposition d'exclure la Turquie de toute intervention en Egypte; d'après l es nouvelles reçues par Giers, le Cabinet de Vienne semble étre du méme avis; quant à M. de Bismarck on ne savait pas encore son opinion mais le langage de M. de Hatzfeldt fait pressentir que le chancelier adhère aux instances des deus puissances occidentales.

779

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 660. Costantinopoli, 18 maggio 1882, ore 14,30 (per. ore 14,45) (1).

Porte a adressé hier une communication aux puissances pour protester contre l'envoi des flottes anglaise française en Egypte. Ambassadeurs de France et d'Angleterre ont informé le ministre des affaires étrangères que la mesure adoptée par leurs Gouvernements ne doit pas étre considérée camme attentatoire aux droits du Sultan, mais qu'elle avait été prise dans son intérét méme, et pour maintenir état de choses légal en Egypte, que leurs Gouvernement sont résolus à ne pas laisser compromettre par les agissements du ministère égyptien. Ambassadeurs ont déclaré que l'envoi des flottes était décì.dé; d'après les informations reçues ici une partie des escadres a quitté la Souda pour Alexandrie.

(l) Sic nel registro dei telegrammi in arrivo.

780

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 662. Berlino, 18 maggio 1882, ore 17,44 (per. ore 18,49).

Les instructions attendues sont arnvees ce matin; elles cadrent avec le langage qui m'a été tenu par le secrétaire d'Etat. Son Altesse estime que la situation actuelle n'offre ni urgence ni danger, qu'il convient, tout d'abord, de procéder à un échange de vues avec les autres Cabinets. M. de Kaudell comme ses collègues à Vienne et à Pétersbourg recevra à cet effet instructions. Le Cabinet de Berlin n'entend pas énoncer lui mème un programme; mais se concerter avec les trois Cabinets sur une attitude continuant à avoir pour base essentiellement l'intérèt européen, dont au reste les puissances continentales ont été amenées à tenir compte, ainsi que le démontre leur démarche. Le sous-secrétaire d'Etat me disait en outre comme idée à lui personnelle, que si l'on donnait à Paris et Londres des réponses de nature à mécontenter les deux Cabinets, on n'obtiendrait d'autre résultat, que celui de les rapprocher davantage. Certains ménagements étaient aussi indiquées envers la Turquie. En attendant l'Allemagne, dont les nationaux en Egypte sont fort peu nombreux, n'enverra aucun navire de guerre à Alexandrie ou sur d'autres points. Le Cabinet de Berlin est d'ailleurs convaincu, si d'autres complications jusqu'ici non à prevoir se vérifiaient, que les puissances, dont les pavillons seraient représentées protégeraient aussi les nationaux allemands. Le comte de Hatzfeldt est parti hier au soir pour ses terres, d'où il se rendra directement en Suisse, pour les fètes d'ouverture du Gothard.

781

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA

T. 341. Roma, 18 maggio 1882, ore 23,55.

Dans votre télégramme d'hier (l) vous m'annonciez avoir dans votre conversation avec Granville regretté l'exclusion de l'Italie de l'accord entre la France et l'Angleterre sur les affaires d'Egypte, et que vous aviez laissé entendre que l'Italie pourrait au besoin prèter aux deux puissances occidentales un concours éventuel actif. Votre langage a été très correct quant au passé, mais dans la situation faite maintenant à l'Italie, ayez soin de ne pas vous exprimer de manière à faire supposer que l'Italie puisse s'éloigner du concert des puissances d'accord avec lesquelles elle regarde le réglement des affaires d'Egypte, comme étant de compétence européenne. Nous ne prétendons aucunement à

partager avec' la France et l'Angleterre en Egypte une action isolée du concert européen, ni une prépondérance, dont ni nous, ni d'après nos renseignements, les autres grandes puissances n'ont jusqu'ici admis l'existence, ni en toute hypothèse défini les conditions et la portée. Veuillez à l'occasion éclaircir dans le sens du présent télégramme le langage que vous avez précédemment tenu à lord Granville (1).

(l) Cfr. n. 771.

782

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, DI ROBILANT

T. 343. Roma, 18 maggio 1882, ore 23,55.

J'apprends que le Gouvernement grec se dispose, sur les rapports inquiétants de son consul, à expédier deux navires à Alexandrie pour la protection de ses nationaux. Ceci va devenir pour nous une grave question de responsabilité, et nous devons insister pour qu'une mesure puisse étre prise, à cet égard, d'accord entre les trois Cabinets. Il est bon de remarquer que la présence simultanée d'un ou deux navires appartenant à plusieurs pavillons ne saurait avoir aucun inconvénient, tandis que la présence du seui pavillon italien pourrait, le jour ou elle serait absolument indispensable, avoir, contrairement à la réalité et à nos intentions bien arrétées, l'apparence d'une participation à la démonstration franco-anglaise.

783

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

R. CONFIDENZIALE 3027. Berlino, 18 maggio 1882 (per. il 22).

Dans l'entretien que j'ai eu aujourd'hui avec le Sous-Secrétaire d'Etat, il énonçait comme une idée à lui personnelle que si on donnait à Paris et à Londres une réponse de nature à mécontenter ces Cabinets, elle aurait pour résultat de les rapprocher davantage. Certains ménagements seraient aussi indiqués à l'égard de la Turquie. Il me demandait ensuite si je croyais à la durée d'une entente entre les Puissances occidentales en ce qui concerne l'Egypte.

J'ai dit que n'étant pas initié aux vues échangées entre elles dans ces derniers temps, je ne pouvais me prononcer en parfaite connaissance de cause sur leurs relations réciproques. Mais il y a lieu de croire qu'il ne s'agit que de un compromis. Du moment où l'an touche à la partie sérieuse de la question, les divergences doivent se faire jour. Une prépondérance, ou un condominium, à

deux, sont des termes qui s'excluent. Le conflit se produirait nécessairement du moment où l'une des parties engagées sur ce terrain, ferait mine de vouloir évincer l'autre. On en viendra là avec le temps, par la force des choses. En attendant, aprés avoir reconnu l'impossibilité de s'entendre au delà de certaines Iimites, Ies Cabinets de Paris et de Londres tiennent du moins à ce que la position privilégiée dont ils jouissent et acceptée, à tort ou à raison, par Ies autres Puissances, soit maintenue. Ils ont besoin à cet effet de notre appui mora! ou de notre consentement tacite. Ils se considérent camme Ies mandataires de l'Europe. Mais il existe dans Ieur for intérieur un Ievain de défiance de facheux augure pour l'avenir.

M. Busch, à en juger du moins par quelques mots qu'il melait à la conversation, semblait admettre que ces remarques avaient quelque raison d'etre.

Au reste pour ce qui regarde l'attitude du Gouvernement du Roi, je l'ai représentée camme dictée par Ies sentiments de ne pas susciter des complications, lors meme que nous ayons de graves intérets à sauvegarder en Egypte. Mais nous pensons que la meilleure politique à suivre est celle de nous piacer sur le terrain qui nous est commun avec l'Allemagne et l'Autriche, c'est-à-dire que le statu quo dans ces contrées ne saurait etre modifié que du consentement ae toutes les Grandes Puissances. M. Busch l'entendait bien ainsi.

J'ai parlé de la défiance entre la France et l'Angleterre. A ce propos, Lord Ampthill m'avouait aujourd'hui qu'à Londres on avait trop bonne mémoire pour oublier, et pour ne pas en tirer un enseignement, que c'était la France qui avait abandonhé l'Angleterre dans les affaires de la Gréce. La conduite de la France, Iors de la démonstration navale de Dulcigno, était également l'objet de bien des critiques. Je pourrais à mon tour, disais-je à mon collégue britannique, récriminer sur le passé au sujet de Tunis. Mais il vaut mieux s'abstenir. Le Cabinet de Paris certes n'a pas tenu compte de nos légitimes exigences. Ce que je m'expliquais moins encore, c'est que I'Angleterre ne dise mot quand la France gagne en influence dans toute l'Afrique Septentrionale. De l'Algérie elle passe à Tunis, se rapproche de Tripoli et du Maroc. Elle vise maintenant à le Egypte. Quand l'Italie se trouverait bloquée dans la Méditerranée, l'Angleterre regretterait peut-etre que nous ne puissions dans ces conditions lui tendre la main, le jour où elle ferait appel à notre ancienne amitié.

Ces propos, il va sans dire, ont été échangés sous forme tout-à-fait privée.

(l) Questo telegramma fu comunicato a Berlino, Vienna, Pietroburgo e Costantinopoli con t. 342 pari data.

784

L'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 668/963. Londra, 19 maggio 1882, ore 12,49 (per. ore 16,05).

Je reçois en ce moment télégramme de V. E. de cette nuit (l) d'après lequel je m'aperçois qu'on a donné à une partie de mon télégramme relatif à

l'Egypte (l) une interprétation inexacte que les mots ne me semblent pas comporter. J'ai simplement exprimé à Granville la pensée que, si après la démonstration anglo-française, l'ordre ne se rétablit pas, en Egypte et que nos intérets et nos compatriotes y soient sérieusement menacés, nous ne pourrions rester inertes, et devrions les protéger activement, désirant rester d'accord avec l'Angleterre sans nous écarter du concert européen. A cette occasion j'ai rappelé à Granville quelle était la nature de ces intérets. J'espère que V. E. v:erm par mon rapport sur ma conversation avec Granville (2) que je ne me suis pas écarté des principes exprimés par V. E., mais que, en meme temps, j'ai fait valoir les droits qui compètent à l'Italie dans la Méditerranée.

(l) Cfr. n. 781.

785

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 667. Costantinopoli, 19 maggio 1882, ore 14,05 (per. ore 14,25) (3).

Sultan a fait dire hier au soir aux ambassadeurs de France et d'Angleterre, qu'il serait disposé à s'entendre avec les puissances pour la solution des affaires d'Egypte, à la condition qu'on renonce à la démonstration navale. Les ambassadeurs ont répondu que les flottes étant déjà en route pour Alexandrie, il était impossible d'adhérer au désir de Sa Majesté et que si le Gouvernement ottoman avait des propositions à faire, il serait désirable qu'elles fussent formulées officiellement.

786

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 672. Vienna, 19 maggio 1882, ore 18 (per. ore 19,20).

L'opinion de Bismarck au sujet de la question d'Egypte développée dans un télégramme que Kalnoky m'a lu, est en résumé qu'il faut faire bonne mine à mauvais jeu. En présence de la démonstration navale franco-anglaise, une opposition de la part des autres puissances cémenterait leur union, tandisque, en les laissant aller de l'avant il ne doute pas qu'elles seront bientòt en désaccord. L'Allemagne est bien résolue à ne pas envoyer navires et l'Autriche ne compte nullement le faire actuellement. L'opinion publique ici ne se préoccupe nullement des affaires d'Egypte. Cabinet de Vienne trouve d'ailleurs qu'un ou deux

bàtiments pourraient se trouver dans une position très fausse vis-à-vis de la grosse escadre des puissances occidentales sans pouvoir du reste, à cause du fort d'Alexandrie, prèter aucun appui aux nationaux, qui pourraient se trouver en danger au Caire. Kalnoky apprécie parfaitement la situation spéciale de l'Italie, il ne jugerait pas que l'envoi d'un ou deux navires italiens sortirait du cadre de l'accord des Puissances, mais il trouverait cependant que cela l'affaiblirait. Quant à l'envoi de la part de la Grèce de deux mauvais navires, il trouve la chose sans conséquences. Je me permets d'insister encore pour que nous ne nous détachions pas de l'Allemagne et de l'Autriche dans cette question, car nous nous mettrions dans une fausse position d'où personne ne nous aiderait à sortir; d'ailleurs je vois par télégramme de V. E. (l) que d'après les rapports de notre agent au Caire aucun danger pour le moment menace nos nationaux. Tenons des navires a Messine, préts à partir si le besoin s'en fait sentir, voilà tout.

(l) -Cfr. n. 771. (2) -R. confidenziale 669/1366 del 17 maggio, non pubblicato. (3) -Sic nel registro dei telegrammi in arrivo.
787

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, MENABREA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, MAROCHETTI (2)

D. Roma, 19 maggio 1882.

Ebbi l'onore di telegrafarle la scorsa [notte] (l) che secondo i rapporti pervenutici dall'Agente e Console generale di S. M. al Cairo, il mantenimento dello statu quo in Egitto e la sicurezza degli stranieri colà stabiliti non corrono pel momento altri pericoli, fuorché quelli che potrebbero sorgere da un intervento europeo. È inoltre impressione nostra che il principio del concerto europeo, ormai ammesso per le questioni internazionali relative all'Egitto, non sarebbe rispettato qualora l'Inghilterra e la Francia si limitassero a far note alle altre Potenze le risoluzioni prese senza che prima esse se ne siano consultati cogli altri Gabinetti. E quanto ai consigli che dalle due potenze occidentali fummo richiesti di dare al Sultano, è d'uopo osservare che questi vanta sull'Egitto diritti di sovranità, mentre la Francia e l'Inghilterra non potrebbero in alcun modo far valere un titolo uguale. Epperò ci par difficile che le altre potenze vogliano assumere la responsabilità di raccomandare alla Porta di astenersi da ogni · intervento ed anche da ogni intromissione nelle cose egiziane, prima di aver conosciuto ed approvato le intenzioni delle due potenze, ed i provvedimenti che, all'occorrenza, esse si propongono di adottare, pei quali, secondo lè dichiarazioni fatte dai due Governi ai rispettivi Parlamenti, furono già stabiliti fra di essi gli opportuni accordi.

Non intendiamo con ciò rispondere alla comunicazione identica fatta dall'Inghilterra e dalla Francia, ed Ella avrà anzi cura, qualora le accadesse di far

parola di tale argomento con codesto Ministro degli affari esteri, di mantenere la massima riservatezza, non dicendo altro se non che il Governo del Re risponderà soltanto dopo essersi messo d'accordo cogli altri Gabinetti. Questo dispaccio non ha quindi altro scopo se non quello di farle conoscere, per sua informazione personale, le nostre prime impressioni e di manifestarle ad un tempo quale sia il pensiero che, nel nostro vivissimo desiderio di contribuire da parte nostra ad allontanare ogni complicazione, vorremmo che fosse espresso nella risposta da concertarsi fra i quattro Gabinetti alla comunicazione anglofrancese.

(l) -T. 339 del 18 maggio, non pubblica-to. (2) -Ed., con alcune varianti, in LV 35, pp. 132-133.
788

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI (l)

R. 3028. Berlino, 19 maggio 1882

(per. il 23).

Je remercie V. E. de m'avoir transmis, la nuit dernière, le duplicata des deux télégrammes adressés à nos ambassades à Paris et à Londres (2). Presque en meme temps, je recevais vos deux autres télégrammes de la meme date (3), et ceux-ci m'ont fourni l'occasion d'un entretien avec le Sous-secrétaire d'Etat.

Je lui faisais part des dispositions du gouvernement héllénique à expédier deux navires à Alexandrie, et j'insistais pour que l'an avisat d'un commun accord à la protection des nationaux. M. Busch me disait sur ce point que, de son propre mouvement, le Cabinet de Vienne avait fait savoir qu'il n'enverrait pas de batiments de sa marine militaire. Quant à l'Allemagne, son abstention nous avait été déjà déclarée. Depuis l'affaire de Dulcigno, le prince de Bismarck manifeste une forte répugnance contre des mesures semblables, à moins que la nécessité ne s'en fasse sentir plus que dans le cas présent.

Il me semble, camme je l'ai télégraphié (4) aujourd'hui à V. E., qu'il conviendrait tout d'abord de s'assurer si le Cabinet d'Athènes, qui a tout intérét à ne pas se mettre en avant, persiste dans sa résolution. Au reste, l'exemple de la Grèce n'est pas un argument pour l'Italie. Il me parait aussi, du moment où l'Allemagne et l'Autriche se tiennent à cet égard dans la réserve, que nous pourrions en faire autant, lors meme que nos intérets soient bien plus considérables que les leurs dans ces parages. J'ignore si la Russie inclinerait à faire acte de présence. * Mais nous devrions éviter de nous associer de la sorte à une puissance assez suspecte à Vienne, à Berlin et meme à Londres, malgré

certaines sympathies attribuées à M. Gladstone. Une telle attitude de notre part, malgré nos soins à l'isoler de l'action anglo-française, revètirait, camme V. E. en faisait déjà la remarque, une apparence contraire à nos intentions, et nous placerait sous un faux jour vis-à-vis des autres cabinets.

Dans ces conjonctures, le parti le plus sage serait peut-etre de tenir, à Palerme, par exemple, quelques uns de nos navires prèts à prendre la mer quand la nécessité deviendrait évidente de pourvoir à la protection de nos nationaux. Il resterait encore à vérifier si le port d'Alexandrie. d'une dimension assez restreinte, permettrait l'entrée de nouveaux batiments en sus de ceux qui y auraient déjà jeté l'anche. Quant à la rade d'Abouckir, on la représente camme peut abritée et nullement appropriée aux navires cuirassés. *

En attendant, le Sous-Secrétaire d'Etat croyait que la crise égyptienne avait perdu de son intensité. Le caractère aigu avait cessé, au moins pour un certain temps, et l'approche de la flotte anglo-française avait certainement contribué à une détente de la situation. Il croyait d'ailleurs, si les puissances occidentales méditaient de passer d'une simple démonstration à une intervention plus active, qu'elles ne manqueraient pas de s'adresser préalablement aux autres cabinets.

* J'ai répondu qu'en agissant autrement, elles iraient à l'encontre du principe du concert européen, que les quatre puissances ne sauraient admettre dans les sens d'une simple notification des décisions arrètées sans entente préalable. On ne glisse déjà que trop sur cette pente. *

L'ambassadeur de Turquie a fait ajourd'hui la communication dont V. E. me donne la substance par un des télégrammes précités. Le Sous-Secrétaire d'Etat l'a prise ad referendum, * mais en laissant entendre à Sadoullah pacha qu'il ne fallait pas trop «s'échauffer la bile » lorsque le danger n'était plus imminent. * J'ai fait à ce sujet l'observation, que chacun devait former des voeux pour que les choses ne se compliquent pas davantage, et qu'entre autres il ne surgisse par un conflit de compétence. En tout cas, ai-je ajouté, camme idée à moi toute personnelle, qu'il « paraissait difficile, camme on le désirerait à Paris et à Londres, de recommander unanimement l'abstention de la Turquie, avant d'avoir connu et approuvé les plans et les mesures éventuelles que les puissances occidentales ont en vue, et sur lesquelles elles ont déclaré devant les parlements respectifs s'ètre déjà entendues ». M. Busch me répétait qu'il fallait s'attendre à des communications ultérieures si les escadres combinées de ces états, ou leurs agents, voulaient engager une action allant au delà de certains limites.

C'est aujourd'hui aussi que M. Busch annonçait à mes collègues des grandes puissances que le gouvernement impérial, avant de répondre à la dernière démarche anglo-française, allait se mettre en rapport avec les trois autres cabinets. Il alléguait, camme il s'était déjà expliqué hier avec moi, que ce mode de procéder semblait d'autant plus indiqué que les aUaires d'Egypte n'offrent plus le meme caractère de danger et d'urgence.

(l) -Ed., ad eccezione dei brani fra asterischi e con aicune varianti, in LV 35, pp. 133-134. (2) -Cfr. nn. 781, nota l e 787, nota l. (3) -Cfr. n. 782 e il t. 344 del 18 maggio, non pubblicato. (4) -T. 673 del 19 maggio, non pubblicato.
789

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

T. 678. Cairo, 20 maggio 1882, ore 15,55

(per. ore 19,45).

Escadre anglo-française sept frégates arrivée aujourd'hui. Collègue autrichien a laissé son Gouvernement juge si pour dignité nationale Empire, serait

nécessaire envoyer batiments de guerre, et il s'est réservé de le demander par télégraphe en cas de besoin. Nous sommes d'accord qu'il n'y a pas de danger imminent; en tous cas les coloni es d'Alexandrie seraient protégées par escadre

anglo-française pendant que la présence batiments de guerre n'offre aucune protection à celle du Caire.

790

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MANCINI

H. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 20 maggio 1882.

Pregiomi di segnare ricevuta a V. E. del suo riverito dispaccio confidenziale del 15 corrente (l) che accompagnava i Sovrani pieni-poteri che mi davano f&.coltà di stipulare e firmare, coi Plenipotenziarii dell'Imperatore d'Austria Ungheria e dell'Imperatore di Germania, il 'l~rattato d'amicizia e di alleanza di cui già fra i tre Gabinetti si erano concretati i precisi termini.

Al tempo stesso mi onoro di trasmetterle qui acchiuso il precitato Trattato che oggi in una delle sale del Ministero Imperiale degli Affari Esteri venne da me firmato per l'Italia, da S. E. il Conte Kalnoky per l'Austria-Ungheria, e da S. A. il Principe Enrico VII Reuss per la Germania.

Contemporaneamente le trasmetto lo schema di Dichiarazione Ministeriale relativa all'Inghilterra (2) quale risultò dai negoziati in proposito ch'io ebbi coi prefati Plenipotenziari miei Colleghi. Attenderò che l'E. V. si compiaccia di trasmettermi firmata quella Dichiarazione ch'io scambierò quì nell'atto stesso che si scambieranno le ratifiche Sovrane del Trattato.

Professandomi oltremodo riconoscente per l'indulgente benevolenza che l'E. V. ebbe a dimostrarmi durante il corso dei negoziati oggi ultimati ...

(l) -Cfr. n. 763. (2) -Cfr. volume seguente.
791

L'AMBASCIATORE A VIENNA, DI ROBILANT, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, BLANC

L. P. Vienna, 20 maggio 1882.

Je ne veux pas laisser s'écouler ce jour à jamais historique pour l'Italie sans vous adresser quelques mots au moins de félicitations car vous avez eu une part bien grande à toute la phase qui vient de se découler et qui a eu son dénouement aujourd'hui.

Puissent la Dynastie et l'Italie marquer toujours cette date parmi celles des jours heureux: le tout dépendra de nous.

Le navire est heureusement lancé, il faut maintenant savoir le diriger, lui faire éviter les écueils. Si je pourrai y aider en quelque chose continuez à me donner vos directions si éclairées, et je vous seconderai de mon mieux.

La question d'Egypte est je le sens parfaitement une bien grosse affaire pour nous, mais n'oublions pas qu'elle commence précisément avec notre traité, étudions nous donc d'affirmer dès ce premier moment la solidarité qui unit les trois Etats. Si nous faisions ainsi réussir bien cette première épreuve ce sera déjà un pas énorme de fait.

La dépéche de M. Mancini à Menabrea (l) était bien dopée mais il s'était réellement emballé camme il n'est pas permis de le faire. J'espère qu'on reprimera de méme tout écart de quelquonqu'autre de nos diplomates grands ou petits. Voilà Wimpffen qui nous quitte, le Comte Ludolf qui le remplace est un homme qui n'a aucune autorité ici, mais il est très bien sous tous les rapports, c'est un homme très modéré qui fera de son mieux pour maintenir les bons rapports entre le deux Pays, c'est tout ce que nous avons à lui demander.

Je finis à la hàte car le temps presse...

792

TRATTATO DI ALLEANZA TRA L'AUSTRIA-UNGHERIA, LA GERMANIA E L'ITALIA

Leurs Majestés

l'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc. et Roi Apostolique de Hongrie, le Roi d'Italie et l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, animées du désir d'augmenter les garanties de la paix générale, de fortifier le principe monarchique et d'assurer par cela-méme le maintien intact de l'ordre social et politique dans Leurs Etats respectifs, sont tombées d'accord de conclure un Traité qui, par sa nature essentlellement conservatrice et défensive, ne poursuit que le but de Les prémunir contre les dangers qui pourraient menacer la sécurité de Leurs Etats et le repos de l'Europe.

A cet effet Leurs Majestés ont nommé, savoir Sa Majesté l'Empereur d'Autriche, Roi de Bohème etc. et Roi Apostolique de Hongrie le Comte Gustave Kàlnoky, Général, Son Ministre de la Maison Impériale et des affaires étrangères; Sa Majesté le Roi d'Italie le Comte Charles Félix Nicolis de Robilant, Lieutenant-Général, Son Ambassadeur Extraordinaire et Plénipotentiaire près Sa Majesté Impériale et Royale Apostolique; Sa Majesté l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse le Prince Henri VII de Reuss, Aide-de-Camp Général, Son Ambassadeur Extraordinaire et Plénipotentiaire près Sa Majesté Impériale et Royale Apostolique; lesquels munis de pleins pouvoirs qui ont été trouvés en bonne et due forme, sont convenus des articles suivants:

Article I

Les Hautes Parties Contractantes se pro:mettent mutuellement paix et amitié, et n'entreront dans aucune alliance ou engagement dirigé contre l'un de Leurs Etats.

Elles s'engagent à procéder à un échange d'idées sur les questions politiques et économiques d'une nature générale qui pourraient se présenter, et se promettent en outre Leur appui mutue! dans la limite de Leurs propres intérets.

Article II

Da1.1s le cas où l'Italie, sans provocation directe de sa part, serait attaquée par la France pour quelque motif que ce soit, les deux autres Parties Contractantes seront tenues à preter à la Partie attaquée secours et assistance avec toutes Leurs Forces.

Cette meme obligation incombera à l'Italie dans le cas d'une agression non directement provoquée de la France contre l'Allemagne.

Article IH

Si une ou deux des Hautes Parties Contractantes sans provocation directe de Leur part, venaient à etre attaquées e't à se trouver engagées dans une guerre avec deux ou plusieurs Grandes Puissances non signataires du présent Traité, le «casus foederis » se présentera sirnultanément pour toutes les hautes Parties Contractantes.

Article IV

Dans le cas où une Grande Puissance non signataire du présent Traité menacerait la sécurité des Etats de l'une des Hautes Parties Contractantes et la Partie menacée se verrait par là forc:ée de lui faire la guerre, les deux autres s'obligent à observer à l'égard de Leur Allié une neutralité bienveillante. Chacune se réserve dans ce cas la facultè de prendre part à la guerre, si Elle le jugeait à propos pour faire cause commune avec Son Allié.

Article V

Si la paix de l'une des Hautes Parties Contractantes venait à étre menacée dans les circonstances prévues par les articles précédents, les Hautes Parties Contractantes se concerteront en temps utile sur les mesures militaires à prendre en vue d'une coopération éventuelle.

Elles s'engagent dès à présent, dans tous le cas de participation commune à une guerre, à ne conclure ni armistice, ni paix, ni traité que d'un commun accord entr'Elles.

Article VI

Les Hautes Parties Contractantes se promettent mutuellement le secret sur le contenu et sur l'existence du présent Traité.

Article VII

Le présent Traité restera en vigueur durant l'espace de cinq ans à partir du jour de l'échange des ratifications.

Article VIII

Les ratifications du présent Traité seront échangées à Vienne dans un délai de trois semaines ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi les Plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité et y ont apposé le sceau de leurs armes. Fait à Vienne, le vingtième jour du mois de Mai de l'an mil huit cent quatre-vingt deux.

Kalnoky C. Robilant H. VII Princt;l Reuss

(l) Cfr. n. 781.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al 1° gennaio 1882)

ARGENTINA

Buenos Ayres -CovA Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuAsco Dr Brsro Alessandro, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NICOLIS DI ROBILANT conte Carlo Felice, ambasciatore; GALVAGNA barone Francesco, segretario; CALVI DI BERGOLO Giorgio, segretario; BoTTARO CosTA Francesco, addetto; SELLA Vittorio, addetto onorario; DELLA CROCE Felice, addetto onorario; LANZA conte Carlo, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -ULrssE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE NITTO Enrico, segretario.

BELGIO

Bruxelles -MAFFEI DI BoGLIO marchese Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziarlo; GERBAIX DE SONNAZ Carlo Alberto, consigliere; DE FoRESTA conte Ernesto, segretario.

BOLIVIA La Paz -VrVIANI Giovanni Battista, incaricato d'affari (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FORESTA Alberto, segretario.

CILE Santiago -SANMINIATELLI Fabio, ministro residente.

54 -Documenti Diplomatici -Serle II -Vol. XIV

CINA

Pechino -DE LucA Ferdinando, ministro residente.

COLOMBIA Bogotà -CASTELLI Pietro, incaricato d'affari.

DANIMARCA

Copenaghen -DELLA CROCE DI DoJoLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BECCARIA INCISA Emanuele, segretario.

FRANCIA

Parigi -N. N., ambasciatore; MAROCHETTI barone Maurizio, consigliere; AvARNA DI GUALTIERI Giuseppe, segretario; FOSSATI REYNERI Giacinto, segretario; BOLLATI Riccardo, segretario; GALLETTI-CAMBIAGI Arturo, addetto; MARCHESI Carlo, colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; TUGINI Salvatore, segretario; DALLA VALLE DI MIRABELLO Alessandro, segretario; FERRARA DENTICE D'AccADIA Enrico, addetto; DEsMÉ Giulio, addetto onorario; BISESTI Luigi, maggiore di fanteria, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario, incaricato d'affari.

GRAN BRETAGNA

Londra -MENABREA conte Luigi Federico, marchese di Val Dora, senatore del regno, tenente generale, ambasciatore; RESSMAN Costantino, consigliere; CATALANI Tommaso, segretario; CERIANA MAYNERI Lodovico, addetto; MENABREA conte Carlo, addetto onorario; NocE Raffaele, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -CuaTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CANTAGALLI Romeo, segretario.

GUATEMALA

Guatemala -MARTUSCELLI Ernesto, ministro residente.

MAROCCO

Tangeri -ScovAsso Stefano, ministro residente.

MESSICO

Messico -JoANNINI CEVA DI S. MICHELE conte Luigi, ministro residente.

MONTENEGRO DURANDO Cesare, incaricato d'affari.

PAESI BASSI L'Aia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIGONI Giorgio, segretario. PERù Lima -VIVIANI Giovanni Battista, ministro residente.

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; COTTA Francesco, segretario.

ROMANIA

Bucarest -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PANSA Alberto, segretario.

RUSSIA

Pietroburgo -NIGRA Costantino, ambasciatore; ZANNINI conte Alessandro, segretario; SIMONETTA Luigi, segretario; GALLINA Giovanni, addetto; VICINO PALLAVICINO Francesco, capitano di Stato Maggiore addetto militare.

SERBIA Belgrado -Tosi Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SPAGNA

Madrid -GREPPI conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TERZAGHI Carlo, segretario; BAGLIO Beniamino Arcangelo, segretario.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -FAVA barone Francesco Saverio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BECCADELLI BoLOGNA Paolo, principe di Camporeale, segretario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

SVIZZERA

Berna -FÉ D'OSTIANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIVA Alessandro, segretario; MELEGARI Giulio, segretario.

TURCHIA

Costantinopoli -CORTI conte Luigi, senatore del regno, ambasciatore; CoLOBIANO ARBORIO Luigi, segretario; PANERAI Giuseppe, segretario; PoLAcco Giorgio, addetto; PoRCINARI Filippo, addetto onorario; CAGNOLA Guido, addetto onorario; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete.

EGITTO

Alessandria -DE MARTINO Giuseppe, agente e console generale.

TUNISIA

Tunisi -MAcCiò Licurgo, agente e console generale (assente); RAYBAUDI MASSIGLIA, Annibale, reggente l'agenzia e consolato generale.

BULGARIA

Sofia -DE MARTINO Renato, agente e console generale.

URUGUAY

Montevideo -GARROU Ippolito, incaricato d'affari.

VENEZUELA

Caracas -STELLA Enrico, incaricato d'affari.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al 1° gennaio 1882)

MINISTRO

MANCINI Pasquale Stanislao, ministro di Stato, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE

BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI E DEGLI UFFICI AMMINISTRATIVI

MALVANO Giacomo, direttore generale.

DIVISIONE POLITICA

(sotto l'immediata dipendenza del direttore generale)

UFFICIO I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del ministro Trattati politici -pubblicazioni diplomatiche -Citra e telegrammi

BIANCHI DI LAVAGNA conte Francesco, capo di sezione; BARDI Alessandro, segretario; MAYOR Edmondo, segretario; HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario di legazione di l a classe; MALASPINA DI CARBONARA Obizzo, segretario di legazione di 28 classe; IMPERIALI DI FRANCAVILLA Guglielmo, addetto di legazione; ALBERTINI Pietro, addetto onorario di legazione; MAISSA Fe

8

lice, vice console di classe; MINA Giuseppe Camillo, vice console di 3• classe; Buzzo Giuseppe, ufficiale d'ordine; CAQUET DUBOIS Attilio, ufficiale d'ordine.

INTERPRETI

TKALAC Emerico, interprete di la classe; VALERGA don Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

UFFICIO II

Personale del ministero, delle legazioni e dei corrieri di gabinetto Ordini cavallereschi nazionali ed esteri -Atti pubblici -Notariato della Corona -Cerimoniale di corte -Cancelleria dell'ordine della SS. Annunziata -Biblioteca -Archivi

BERTOLLA Giuseppe, capo degli uffici d'ordine; ALINARI Enrico, archivista; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista.

RAGIONERIA

CATTANEO Angelo, direttore capo di divisione di ragioneria.

Bilancio -Contabilità generale degli uffici diplomatici e consolari Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa

BERNONI Luigi, capo di sezione di ragioneria; LoNGO VASCHETTI Giovanni Battista, segretario di ragioneria; GUGLIELMINETTI Giuseppe, segretario di ragioneria; BELLISOMI Ludovico, segretario di ragioneria; CALVARI Ludovico, vice segretario di ragioneria; BONAMICO Cesare, vice segretario di ragioneria.

CORRIERI DI GABINETTO

ANIELLI Eugenio; SIGNORONI Elia Camillo.

ECONOMATO E SPEDIZIONE

Spese d'ufficio -Contratti -Spedizioni -Servizio interno del Ministero

BROFFERIO Tullio, segretario; DE ANGIOLI Eugenio, archivista.

PASSAPORTI E LEGALIZZAZIONI

BENETTI Carlo. archivista.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli agenti consolari esteri

BARILARI Federico, segretario; ROGERI DI VILLANOVA Filippo, vice segretario; ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio, Ufficiale d'ordine.

DIVISIONE I

BIANCHINI Domenico, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza in tutte le materie non politiche nè commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti negli Stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli agenti 'diplomatici e consolari di detti Stati in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati

CAVACECE Emilio, capo di sezione; MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario; VACCAJ Giulio, segretario; FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, segretario; DE GAETANI Davide, segretario; DURANDO Vittorio, vice segretario; SERRA Carlo, vice segretario; ANDREOZZI Pietro, addetto di legazione.

UFFICIO II

Corrispondenza in tutte le materie non politiche nè commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'impero ottomano, in Asia, in Africa, America ed Oceania, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti paesi in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati

MoNTERSINO Francesco, capo di sezione; MARGARIA Augusto, capo di sezione; MASSA Nicolò, segretario; CUGNONI Guglielmo, vice segretario; DE GOYZUETA Luigi, vice console di la classe; DURAND DE LA PENNE Enrico, vice console di 3a classe; PREYER Giovanni, ufficiale d'ordine; NEGRI Rodolfo, ufficiale d'ordine.

DIVISIONE Il

ScHMUCKER barone Pompeo, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione dei trattati e delle convenzioni commerciali, di navigazione, di estradizione, consolari, monetarie, doganali, postali, telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni commerciali -Bollettino consolare

BoREA n'OLMO marchese Giovanni Battista, capo di sezione; PucciONI Emilio, segretario; 0RFINI Ercole, segretario; PISANI Dossi Alberto, vice segretario; RIZZETTO RIZZARDO, vice segretario; VALSECCHI Celestino, Vice segretario; ARBORIO DI GATTINARA Mercurino, addetto onorario di legazione; n'AVANZO Carlo, ufficiale d'ordine; CASADIO Carlo, ufficiale d'ordine.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni de' nazionali all'estero ed agli atti di stato civile tatti all'estero

SANTASILIA Nicola, capo di sezione; CASELLI Carlo, segretario; BERTOLLA Cesare, segretario; MINA BoLZESI Giuseppe, segretario; BARILARI Pompeo, segretario; LANDI VITTORJ Vittorio, vice segretario; BoNGIOVANNI Marco Federico, archivista; BENFENATI Enrico, ufficiale d'ordine.

ISPETTORE GENERALE ONORARIO DEI CONSOLATI

NEGRI barone Cristoforo, console generale di l a classe in riposo, col titolo d'inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Questioni di diritto internazionale, interpretazione di trattati, ecc.

PRESIDENTE

N. N.

VICE PRESIDENTE

MIRAGLIA Giuseppe, senatore del regno, primo presidente della corte di cassazione di Roma.

CONSIGLmRI

ALFIERI DI SOSTEGNO marchese Carlo, senatore del regno; TABARRINI Marco, senatore del regno, consigliere di stato; MAURI Achille, senatore del regno, consigliere di stato; PIERANTONI Augusto, deputato al parlamento; MAURIGI DI CASTEL MAURIGI marchese Ruggero, deputato al parlamento; SPANTIGATI Federico, deputato al parlamento; CARACCIOLO DI BELLA marchese Camillo, senatore del regno.

CONSIGLIERE SEGRETARIO

Il segretario generale del ministero degli affari esteri.

SEGRETARIO AGGIUNTO

PucciONI Emilio, segretario nel ministero degli affari esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione al 1° gennaio 1882)

Austria-Ungheria -VoN WIMPFFEN conte Felix, ambasciatore; VoN TAVERA Ernst, consigliere; SCHWARZ-MOHRENSTERN Alfred, segretario; AMBRÒ VON ADAMocz Bela, segretario; VoN LuTzow conte Heinrich, segretario; VoN CHOTEK conte Karl, addetto; OLIVA Karl, addetto; VoN RIPP barone Isidor, tenente colonnello, addetto militare.

Baviera -VoN TAUTPHOEUS barone Rudolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN DER PFORDTEN barone, segretario.

Belgio -VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LE GHAIT Alfred, segretario.

Brasile -DE JAVARY Joao, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIEIRA DE CARVALHO Joào, segretario; ITIBERÉ DA CUNHA Brasilia, addetto.

Cina -LI FONG-PAO, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

Costarica -DE LINDEMANN conte Alfonso Cristiano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Danimarca -DE HEGERMANN-LINDENCRONE Johan Enrik, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -N. N., ambasciatore; REVERSEAUX DE RouvRAY Frédéric, marchese de, primo segretario; DE NAVENNE Ferdinand-Henri, terzo segretario; PASTEUR Jean Baptiste, terzo segretario; MARCHAND Hippolyte, terzo segretario; BRuNET J~es, maggiore, addetto militare.

Germania -VoN KEUDELL Robert, ambasciatore; VoN DERENTHALL Eduard, consigliere; VoN WRANGEL conte Gustav, segretario; VoN STUCKRAD Paul, luogotenente, addetto; VoN ZEHMEN conte Armand, addetto.

Giappone -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenzlario; SAITOW Touta Row, addetto.

Gran Bretagna -PAGET sir Augustus Berkeley, ambasciatore; FRASER Hugh, primo segretario; TRENCH Power Henry Le Poer, segretario; NELTHORPE BEAUCLERK William, secondo segretario; PoRTAL Gerald Herbert, addetto; RrcE Ernest, capitano, addetto navale.

Grecia -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAPPARIGOPOULOS Michael, incaricato d'affari.

Messico -SANCHEz-AzcoNA Juan, ministro residente; HIJAR Y HARO Juan Bautista, primo segretario; PACHEco DE ScHIAFINO Manuel, secondo segretario.

Monaco -BENTIVOGLIO-MIDDLETON conte Henri, incaricato d'affari; FURSE Eduard, addetto.

Paesi Bassi -DE WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Perù -CrsNEROS Luciano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Portogallo -DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE FARlA GENTIL Bernardino Antonio, primo segretario; DE SA'NoGUEIRA Miguel, tenente, addetto militare.

Romania -MAUROJENY Petru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0BEDENARE Mihai, primo segretario; MITILINEU Costantino, secondo segretario.

Russia -D'UxKULL GYLLENBANDT barone Karl, ambasciatore; SEVIé Dimitrij, primo segretario; WENEVITINOV Vladimir, secondo segretario; PONTUS DE KNORRING Karl, addetto; DE WAGNER barone Eugenij, addetto; ROSEN barone Grigorij, capitano, addetto militare.

Serbia -CHRISTié Filip, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Spagna -DEL MAzo Y GHERARDI Cipriano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LAS LLANAS Y LOPEZ DE LA HUERTA Joaquin, primo segretario; LARIOS RICARDO, secondo segretario; DE REINOSO Y MATEO Francisco, addetto; DE AzcARRAGA José, addetto militare; DE DOMINÉ Y DESMAISIERES luan, capitano, addetto militare; GARCIA Y ANGULO Enrique, addetto navale.

Stati Uniti -PERKINS MARSH George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WURTS George, segretario.

Svezia e Norvegia -LINSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WACHTMEISTER conte Federico, addetto.

Svizzera -PIODA Jean Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Louis, consigliere; PIODA Jean Baptiste junior, segretario.

Turchia -MusuRus bey, ambasciatore; MIHRAN effendi, primo segretario; MEHMED N uri bey, secondo segretario; EMIN bey, segretario.

Uruguay -ANTONINI Y DIEZ Paulo, ministro residente; SONEIRA VILLA DE MOROS Federico, addetto.